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PDL 3087

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3087



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CECCUZZI, TOLOTTI, LULLI, SANGA, DEL MESE, AMENDOLA, FIANO, FOGLIARDI, NANNICINI, STRIZZOLO, VICHI, VICO, FRANCI, SAMPERI, CARRA, RUGGHIA, CRISCI, RUSCONI, RAZZI, VILLARI, ZACCHERA, VANNUCCI, MARANTELLI, VELO, INCOSTANTE, OSSORIO, FILIPPESCHI, SERVODIO, CARTA, MISIANI, DE BRASI, FERRIGNO, RUGGERI, DELBONO, MIGLIOLI, FEDI, TOMASELLI, ZELLER, D'IPPOLITO VITALE, SPINI, BRUGGER, OTTONE, PEDULLI, BENZONI, LENZI, MARIANI, FARINONE, DE BIASI, MANTINI, FERRARI

Disposizioni in materia di accertamenti effettuati sulla base degli studi di settore

Presentata il 27 settembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La disciplina degli studi di settore è stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
      Nel corso degli anni la normativa vigente è stata modificata più volte: in particolare la legge 8 maggio 1998, n. 146, reca disposizioni in materia di accertamento, di riscossione, di contrasto all'evasione fiscale e di funzionamento dell'amministrazione finanziaria; il decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha innovato la disciplina delle modalità di accertamento dei redditi basata sugli studi di settore; la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007), con il comma 13 dell'articolo 1, ha previsto la revisione degli studi di settore da effettuare al massimo ogni tre anni, e con il comma 14 ha introdotto, in via sperimentale, gli indicatori di normalità economica.
 

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      In particolare, il citato comma 14 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2007 ha disposto, in via transitoria, che fino all'elaborazione e alla revisione degli studi di settore, mediante l'impiego degli indicatori di coerenza previsti dal comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, per l'applicazione degli studi esistenti si tenga anche conto di specifici indicatori di normalità economica idonei all'individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Tali indicatori devono essere forniti di significativa rilevanza. Si applica a questo riguardo il comma 4-bis dell'articolo 10 della medesima legge n. 146 del 1998 (inserito dal comma 17 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006).
      Il comma 2 dell'articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, stabilisce inoltre che per l'elaborazione e la revisione degli studi di settore si deve anche tenere conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.
      Gli indicatori di normalità economica sono stati approvati con decreto del Vice Ministro dell'economia e delle finanze 20 marzo 2007 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 2007, n. 76 - supplemento ordinario). In particolare con il suddetto decreto sono stati determinati i valori soglia di alcuni parametri delle attività economiche ricomprese nei vigenti studi di settore.
      Va ricordato però che il 14 dicembre 2006 era stato sottoscritto un protocollo d'intesa sugli studi di settore tra le associazioni di categoria, il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero dello sviluppo economico. Il protocollo ritiene prioritaria l'esigenza di migliorare la capacità d'intervento selettivo degli studi di settore e, quindi, riconferma la volontà di non modificarne la natura per evitare di trasformarli in uno strumento automatico con azione indiscriminata; conferma la necessità di proseguire nell'attuazione del processo - iniziato a seguito della sottoscrizione del protocollo firmato nel 1996 - per portare il sistema fiscale italiano a costituire una componente sempre più funzionale allo sviluppo del sistema produttivo, distributivo e dei servizi, agevolando i processi di riorganizzazione e ristrutturazione delle imprese.
      Il documento prevede poi l'applicazione e la valorizzazione di specifici indici di coerenza nell'ambito della metodologia di elaborazione e revisione degli studi, con la partecipazione degli esperti delle categorie interessate, al fine di consentire loro di esprimere un proprio parere tramite l'apposita commissione. Va poi aggiunto che il protocollo riconosce l'assoluta opportunità di riequilibrare il prelievo fiscale, attraverso una progressiva riduzione dello stesso in misura proporzionale alla emersione di base imponibile, in modo da migliorare l'equità del sistema.
      Tale protocollo riconosce poi l'assoluta esigenza di confermare la metodologia seguita che vede la partecipazione degli esperti delle organizzazioni di categoria, nelle diverse fasi di costruzione ed evoluzione degli studi, come momento di confronto imprescindibile per la manifestazione di un parere sulle capacità dei singoli studi di rappresentare la realtà a cui si riferiscono. Il documento prevede inoltre criteri di affinamento degli indici di territorialità e rivisitazione del sistema di operatività degli osservatori, per rendere i risultati degli studi di settore ancora più aderenti alla realtà mediante una nuova articolazione territoriale degli osservatori stessi e l'attribuzione di nuove funzioni.
      Nel mese di aprile 2007, allorquando i contribuenti hanno iniziato ad applicare i nuovi strumenti sugli indici di normalità economica, si è verificato un impatto rilevante sui casi concreti, avendo riscontrato un numero di soggetti che, a causa dell'introduzione di nuovi indicatori, venivano a perdere la congruità.
      Con gli studi del 2005, circa il 70 per cento dei soggetti interessati era congruo, anche a seguito del regolamento spontaneo; con gli studi del 2006, pur non
 

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disponendo di dati certi, si stima che il numero dei soggetti congrui sia non superiore al 50 per cento.
      A seguito di queste prime elaborazioni e di queste risultanze, è stato avviato un confronto fra le associazioni firmatarie dei suddetto protocollo 2006 e il Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di discutere l'applicazione dei protocollo ed i problemi emergenti dall'introduzione dei nuovi indicatori di normalità economica. Un confronto che è proseguito per alcuni mesi e che ha raccolto l'interesse di numerosi parlamentari sia alla Camera dei deputati che al Senato e l'approvazione di una risoluzione da parte della VI Commissione della Camera dei deputati a cui ha fatto seguito un ordine del giorno da parte dell'Assemblea del Senato.
      Questi rilievi hanno indotto il legislatore ad apportare alcune modifiche alla disciplina degli studi di settore: il comma 3-bis dell'articolo 15 del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, stabilisce infatti che gli indicatori di normalità economica, per l'anno 2006, hanno natura sperimentale. Rimangono comunque in vigore le norme previste dalla legge finanziaria 2007 per gli anni 2008 (relative ai redditi 2007) e 2009 (relative ai redditi 2008).
      In relazione a quanto esposto si rende pertanto necessario prevedere alcuni aggiustamenti alla disciplina degli studi di settore in sede di accertamento e per la gestione del contraddittorio, atti ad aumentare le garanzie dei contribuenti in regola in ordine alla possibilità di far valere le proprie ragioni, anche tramite una modulazione dei poteri dell'amministrazione finanziaria, confermando, comunque, l'esigenza di rendere lo strumento più affidabile in sé.
      Gli studi di settore devono rappresentare, infatti, il risultato concertato dell'accordo di reciproca collaborazione tra l'amministrazione finanziaria, le associazioni di categoria e gli ordini professionali, introducendo nel rapporto tra fisco e contribuente elementi di certezza, di trasparenza e di perequazione del prelievo. Solo in questo contesto gli studi potranno consentire al «sistema-Paese» di disporre di uno strumento per monitorare le attività presenti sul territorio, distintamente per settori e localizzazione, da utilizzare nelle scelte di programmazione economica da parte degli organi di governo.
      Gli studi di settore, del resto, sono stati introdotti dal legislatore proprio quali strumenti atti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d'impresa e da lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.
      L'amministrazione finanziaria ha sempre ribadito la volontà di non voler cambiare, in alcun modo, la filosofia degli studi di settore, di non considerarli in alcun modo una minimum tax e di considerarli uno strumento generalmente apprezzato come misura di contrasto all'evasione fiscale.
      La presente proposta di legge riconosce pertanto la piena validità dello strumento degli studi di settore e, nel proporsi di rafforzare il rapporto di fiducia tra lo Stato e i cittadini, tra l'amministrazione finanziaria e il contribuente, si pone l'obiettivo di perfezionare lo strumento degli studi di settore proprio nell'ottica dell'equità e della perequazione.
      Vediamo ora nel dettaglio i contenuti e le finalità dell'articolato della presente proposta di legge.
      Con l'articolo 1 si intende rispondere ad una forte esigenza di equità maturata nell'esperienza applicativa degli studi di settore. Attualmente, infatti, lo studio di settore revisionato può essere applicato anche al periodo d'imposta antecedente a quello in cui viene pubblicato. Il contribuente, di conseguenza, si trova nell'impossibilità di poter verificare tempestivamente la congruità della sua posizione fiscale rispetto alle attese dell'erario. Si tratta, allora, di ristabilire un principio di civiltà fiscale coerente con la filosofia che ha guidato il legislatore nella redazione dello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000).
 

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      Con l'articolo 2 si intende abrogare la disposizione introdotta dall'articolo 34 della legge n. 311 del 2004 (finanziaria 2005), con la quale si è data facoltà all'amministrazione finanziaria di reiterare l'accertamento, per la stessa categoria di reddito e per la stessa annualità, «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi», dopo l'applicazione dell'accertamento a mezzo di studi di settore o parametri per il medesimo anno.
      La disposizione introdotta dall'articolo 2 della proposta di legge intende pertanto eliminare questo principio, visto come antigiuridico anche dalla stessa Avvocatura generale dello Stato, espressasi nell'ordinanza della Corte costituzionale del 24 aprile 2003, n. 141, e cioè della possibilità che una volta che si sia formato il giudicato in fase pre-contenziosa (accertamento con adesione, definizione agevolata o acquiescenza) sia possibile correggere un accertamento (basato sugli studi di settore) senza che siano emersi ulteriori elementi.
      In assenza di ulteriori elementi, la rettifica di un accertamento già effettuato può essere determinata solamente da un errore di applicazione dello studio di settore o di valutazione degli elementi rilevanti ai fini dell'applicazione dello studio stesso, da parte del soggetto che ha effettuato il controllo. Errore di valutazione che non può essere opposto al contribuente, ma solamente all'amministrazione finanziaria stessa che dovrà provvedere nei confronti del proprio funzionario. Tale principio giuridico è ora espressamente attuato dall'articolo 43, quarto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, secondo il quale non è possibile integrare (in aumento) un avviso di accertamento se non nel caso in cui siano sopravvenuti nuovi elementi, peraltro non conoscibili al momento del primo accertamento (si vedano Cass. 17 gennaio 2002, n. 451, e Cass. 11 aprile 1995, n. 4164) i quali devono essere specificati nel nuovo avviso di accertamento.
      L'Avvocatura generale dello Stato nell'ordinanza della Corte costituzionale citata, sebbene affrontando un caso che non poteva ricondursi nell'ambito di applicazione dell'articolo 43, quarto comma, indica chiaramente che la costituzionalità di questo ultimo articolo, tenendo conto degli articoli 53 (capacità contributiva) e 97 (imparzialità degli atti amministrativi) della Costituzione, è legata strettamente:

          a) alla necessità di rispettare comunque il termine di prescrizione dell'accertamento;

          b) al vincolo di indicazione dei nuovi elementi non conoscibili al momento di effettuazione del primo accertamento.

      Si ritiene, pertanto, che qualsiasi norma, come quella che si intende emendare, che dia la possibilità di reiterare accertamenti sullo stesso periodo d'imposta e sulla stessa categoria di reddito per il medesimo soggetto, potrebbe incorrere in una censura di incostituzionalità, perché contraria ai predetti articoli 53 e 97 della Costituzione.
      Con l'articolo 3 si intende riconoscere la congruità a coloro che dichiarano un volume di ricavi di importo superiore al ricavo minimo che emerge dall'intervallo di confidenza stabilito dall'applicazione degli studi di settore. Si vuole prendere atto che gli studi di settore non stimano un solo valore di congruità che può essere attribuito all'impresa con una precisione intorno al 99 per cento, ma una fascia di valori, appunto rappresentata dall'intervallo di confidenza. Si pensa, pertanto, che il ricavo cui il contribuente deve fare riferimento per raggiungere la congruità sia quello individuato come ricavo minimo dall'intervallo di confidenza. È evidente che, qualora il contribuente non intende adeguarsi a tale valore in sede di presentazione della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria in ipotesi di accertamento potrà fare riferimento al ricavo cosiddetto puntuale individuato dallo studio di settore, qualora, ovviamente, lo ritenesse rappresentativo della posizione fiscale del contribuente.
      Con l'articolo 4 si intende sostituire la possibilità diretta dell'applicazione degli studi di settore per i soggetti che, per

 

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opzione o per obbligo, sono in contabilità ordinaria, con la possibilità comunque vincolata alla dimostrata inattendibilità della contabilità. Al fine di individuare i criteri per stabilire quando la contabilità è inattendibile si propone di integrare i criteri stabiliti con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 570 del 1996, peraltro raramente applicato, con nuovi criteri di più immediata applicabilità, da individuare con uno strumento normativo più agile quale un decreto ministeriale. Si ritiene, infatti, che qualora si imponga o si scelga di adottare la contabilità ordinaria non si può poi prescindere totalmente da essa a meno che non si intenda eliminare totalmente la contabilità ai fini fiscali.
      Con l'articolo 5 si intende modificare la valenza probatoria degli indicatori di normalità da inserire a regime nei successivi studi di settore o nelle prossime revisioni degli studi di settore già approvati. In primo luogo si intende evitare che gli indicatori di normalità economica partecipino direttamente alla formazione del ricavo di congruità. Essi devono essere utilizzati solamente come campanelli d'allarme utili per selezionare i contribuenti da sottoporre ad accertamento a mezzo di studi di settore.
      La disposizione che si intende inserire prevede poi che l'utilizzo degli indicatori in sede di accertamento deve essere corroborato di ulteriori elementi probatori tesi ad evidenziare la concretezza dell'anomalia riscontrata. I volumi di ricavi che emergono dall'applicazione degli indicatori di normalità non devono entrare nella formazione del ricavo di congruità.
      Da ultimo, con l'articolo 6 si vuole prendere atto di un fatto ormai riscontrato nella realtà, e cioè che i soggetti che lavorano in prevalenza con altre imprese, hanno scarse possibilità di occultare i corrispettivi. Si tratta, pertanto, di inserire a sistema la considerazione precisa di questa eventualità nelle disposizioni programmatiche che rinviano al noto decreto che fissa i criteri per la selezione delle posizioni fiscali da sottoporre a verifica.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Applicazione degli studi di settore e delle successive revisioni).

      1. All'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. Gli studi di settore e le successive revisioni dei medesimi si applicano a partire dagli accertamenti relativi al periodo d'imposta successivo a quello nel quale il relativo decreto di approvazione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale».

Art. 2.
(Accertamenti a mezzo di studi di settore ed esigenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi).

      1. Al primo periodo dell'alinea del comma 181 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e successive modificazioni, dopo le parole: «con riferimento alle medesime» sono inserite le seguenti: «qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi,».
      2. All'articolo 70 della legge 21 novembre 2000, n. 342, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, dopo le parole: «con riferimento alle medesime» sono inserite le seguenti: «, qualora sopravvenga la conoscenza di nuovi elementi,»;

          b) al comma 2, le parole: «indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza» sono sostituite dalle seguenti: «qualora

 

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sopravvenga la conoscenza» e le parole: «e dai limiti» sono sostituite dalle seguenti: «e nei limiti».

Art. 3.
(Rilevanza del valore minimo dell'intervallo di confidenza).

      1. Al comma 1 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, e successive modificazioni, le parole: «risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi» sono sostituite dalle seguenti: «risulta inferiore al valore minimo dei ricavi determinato sulla base dell'intervallo di confidenza come individuato in sede di applicazione dei singoli studi di settore; tuttavia, in caso di accertamento, al fine di determinare i tributi dovuti si fa riferimento al ricavo puntuale emergente dagli studi stessi».

Art. 4.
(Valenza probatoria della contabilità ai fini dell'accertamento a mezzo di studi di settore).

      1. All'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, dopo il comma 1, come da ultimo modificato dall'articolo 3 della presente legge, sono inseriti i seguenti:

      «1-bis. Nei confronti degli esercenti attività d'impresa in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, la disposizione del comma 1 trova applicazione quando emergono significative situazioni di incoerenza rispetto ad indici di natura economica, finanziaria o patrimoniale, individuati con apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, sentito il parere della commissione di esperti di cui al comma 7.
      1-ter. Indipendentemente da quanto previsto dal comma 1-bis, nei confronti dei contribuenti in regime di contabilità ordinaria, anche per effetto di opzione, l'ufficio procede ai sensi del comma 1 quando

 

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dal verbale di ispezione, redatto ai sensi dell'articolo 52, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, risulta motivata l'inattendibilità della contabilità ordinaria in presenza di gravi contraddizioni o l'irregolarità delle scritture obbligatorie ovvero tra esse e i dati e gli elementi direttamente rilevati in base ai criteri stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 570».

      2. Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze previsto dal comma 1-bis dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, introdotto dal comma 1 del presente articolo, è adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 5.
(Valenza probatoria degli indicatori di normalità economica previsti per le successive revisioni).

      1. All'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

      «2-bis. In sede di elaborazione o di revisione degli studi di settore sono introdotti indici di normalità economica tesi ad evidenziare eventuali anomalie nei dati dichiarati in sede di applicazione degli studi di settore.
      2-ter. Gli indici di normalità economica di cui al comma 2-bis sono presi in considerazione esclusivamente ai fini della selezione dei contribuenti da sottoporre ad accertamento in sede di applicazione degli studi di settore e costituiscono delle mere presunzioni semplici prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza di cui agli articoli 39, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e 55 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni. In caso di accertamento, spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di

 

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prova a sostegno degli scostamenti riscontrati».

Art. 6.
(Criteri selettivi per l'accertamento a mezzo di studi di settore).

      1. Al primo comma dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».
      2. Al primo comma dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I criteri selettivi per l'attività di accertamento di cui al periodo precedente, compresa quella a mezzo di studi di settore, sono rivolti prioritariamente nei confronti dei soggetti diversi dalle imprese manifatturiere che svolgono prevalentemente la loro attività in conto terzi per altre imprese».


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