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PDL 3059

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3059



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DONADI, COSTANTINI, BELISARIO, MURA, PALOMBA, BORGHESI, PEDICA

Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone

Presentata il 24 settembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il mondo che stiamo vivendo è oramai profondamente diverso da quello in cui le ultime generazioni sono nate, sono cresciute e si sono formate. Negli ultimi venti anni si sono verificati cambiamenti epocali che hanno determinato una realtà nuova, complessa e in continua mutazione.
      Immediatamente dopo il crollo del Muro di Berlino, in molti si affrettarono ad ammonire che quello era un evento destinato a segnare il futuro dell'umanità, che si sarebbero verificati cambiamenti e trasformazioni radicali, che il mondo sarebbe rapidamente cambiato. Ebbene, quelle trasformazioni sono in effetti avvenute e hanno realmente trasformato la realtà che viviamo, i rapporti sociali, politici, economici e culturali di milioni di persone.
      Appare evidente, però, che di quel monito in troppi paiono essersene dimenticati, tanto che la lettura di molti fenomeni e avvenimenti che caratterizzano l'ultimo ventennio resta spesso limitata a un'interpretazione parziale, a cui sembra
 

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mancare la reale consapevolezza che quello che stiamo vivendo è un mondo diverso da quello in cui siamo cresciuti.
      I rapporti internazionali, quelli politici ed economici, così come molte delle dinamiche interne ai singoli Stati nazionali, sono spesso legati dal fatto di essere conseguenza più o meno diretta di una nuova realtà, molto più dinamica, probabilmente fragile e indeterminata rispetto a quella consolidatasi fino all'ultimo decennio del secolo scorso. È necessario fare uno sforzo perché questa diventi una consapevolezza acquisita che ci permetta di affrontare e di governare il cambiamento. Questa è infatti la sfida fondamentale che la politica ha oggi davanti a sé.
      A pochi mesi dalla caduta del Muro di Berlino scoppiò il primo conflitto iracheno, con l'intervento militare diretto degli Stati Uniti d'America e di altre nazioni occidentali nel Golfo persico: fino a pochi mesi prima questo sarebbe stato di fatto impossibile. Negli stessi anni, al di là di quella che una volta era la «cortina di ferro», tutti i Paesi dell'ex blocco sovietico si incamminarono sulla strada della democratizzazione e dell'economia di mercato, verso quel modello occidentale di democrazia che era risultato vincente, alla fine di uno scontro durato per tutto il novecento, con diversi modelli e sistemi totalitari.
      Tale percorso non è stato per tutti i Paesi dell'ex blocco sovietico uguale e spesso, anzi, è stato caratterizzato da sviluppi traumatici e drammatici. In generale, nel breve periodo, tale passaggio ha creato, e non poteva essere altrimenti, forti ed evidenti contraddizioni. Milioni di uomini ne hanno pagato, e continuano a pagarne, le conseguenze; intere popolazioni sono state coinvolte da questi cambiamenti e sarebbe impensabile che tutto potesse essere risolto nell'arco di pochi anni.
      Come inevitabile conseguenza di cambiamenti così profondi e radicali è apparsa evidente l'esigenza di ripensare i termini della convivenza e di farlo su un piano non più meramente nazionale, all'interno di un mondo diviso in blocchi. Un mondo nel quale le comunicazioni, il commercio, gli spostamenti e le relazioni internazionali erano vincolati, «costretti» all'interno di un determinato assetto geo-politico, di un mondo, appunto, diviso in blocchi.
      In primo luogo sono fisiologicamente apparse nuove esigenze economiche e la necessità di ripensare l'economia nazionale su una scala differente, in un panorama molto più vasto di quello precedente. Sono apparsi una realtà mondiale, con potenzialità enormi, e un mercato globale, molto più selettivo e competitivo.
      Lo Stato nazionale, in particolare in Europa, dove è nato caratterizzandone gli ultimi secoli di storia, ha mostrato i suoi limiti di competitività, in una realtà decisamente più vasta di quella precedente, nella quale sarebbero apparsi nuovi e aggressivi protagonisti, basti pensare alle nuove potenze asiatiche: India e Cina possono contare su risorse umane e non solo inesauribili, su un mercato interno nazionale vastissimo, praticamente di dimensioni continentali rispetto agli Stati nazionali europei, quasi senza confini, su costi di produzione enormemente più bassi di quelli occidentali. Il mercato asiatico nel suo complesso appare come nuova frontiera dello sviluppo e della crescita economici mondiali, una realtà capace di essere sia una fonte di nuova ricchezza e investimenti sia una minaccia concreta per la competitività occidentale, in particolare della vecchia Europa.
      L'Europa si è trasformata così, rapidamente, da una chimera ad una necessità economica, unico strumento per garantire il mantenimento del livello di vita dei suoi abitanti. Una necessità economica che aveva due fondamentali esigenze: la prima, estendersi, rafforzandosi come soggetto capace di competere su scala mondiale; la seconda, riflettere e ragionare sui motivi fondanti del suo esistere, che non possono essere di sola natura economica. Entrambi i processi sono ancora in corso e destinati a caratterizzare lo sviluppo politico, economico, sociale e culturale dei prossimi anni.
      Le comunicazioni e la loro trasformazione hanno contribuito, in maniera determinante,
 

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a segnare la fine del «vecchio mondo» e l'inizio di quello nuovo. Sono state probabilmente il tratto caratterizzante di questo passaggio. La «esplosione» delle comunicazioni, l'enorme potenzialità che la tecnologia ha dimostrato di avere in questo settore sono uno degli snodi principali per comprendere e interpretare la realtà contemporanea. In pochi anni abbiamo scoperto che informazioni di ogni tipo possono essere trasmesse in pochi secondi tra luoghi di continenti diversi.
      Tale potenzialità si è affermata per molti aspetti «democraticamente», diventando presto patrimonio collettivo. Questo aspetto, così dirompente, ha contribuito e contribuisce tuttora a creare momenti di riflessione e timori. Se da una parte appare necessario estendere la conoscenza dei nuovi linguaggi e delle tecnologie necessarie per utilizzarli a più cittadini del mondo possibili, per evitare che la capacità di condividere informazioni, di scambiarle, di accrescere la propria conoscenza diventi un nuovo fattore di discriminazione, contemporaneamente, dall'altra parte, si riflette sui limiti e sull'eventuale necessità di controllare questi flussi informativi, di come farlo, di chi possa farlo e, anche, non si può non riflettere sulla proprietà e sulla gestione di questi mezzi di comunicazione, sul fatto che i centri di diffusione potrebbero diventare patrimonio esclusivo di quella che potrebbe essere una nuova élite mondiale.
      La globalizzazione, il fenomeno che è da qualche anno così denominato, non è solo davanti ai nostri occhi ma è una realtà che stiamo vivendo, una realtà che la politica ha il dovere di governare.
      Questo fenomeno, questa nuova realtà, non è solo caratterizzato dalla presenza di una sola «grande potenza» mondiale, da un nuovo scenario di relazioni internazionali, dalla nascita di nuovi soggetti politici sopranazionali, dall'apertura di mercati mondiali, dall'affermazione di nuovi metodi di comunicazione, da una comunicabilità generale di uomini, merci e idee, enormemente più vasta rispetto al più recente passato, dall'ingresso sul panorama mondiale di nuovi protagonisti, ma anche da una nuova e molto più incisiva mobilità degli individui.
      I flussi migratori rappresentano una parte integrante e non eliminabile del processo di globalizzazione e non sarebbe concepibile ipotizzare l'apertura dei mercati e l'abbattimento delle barriere economiche senza considerare contestualmente la possibilità di un incremento della mobilità degli individui e di un incremento costante dei flussi migratori, in particolare, dai Paesi più poveri e meno avanzati verso quelli più ricchi e sviluppati.
      Se, dunque, la globalizzazione nel suo complesso va governata, è evidente come sia necessario governare anche i flussi migratori che la caratterizzano. È necessario prendere atto di questa nuova realtà, aggiornare gli strumenti che abbiamo a disposizione, predisporne degli altri e affrontare anche i relativi costi, inevitabilmente connessi a tale necessità.
      In particolare i flussi migratori vanno governati per permettere uno sviluppo armonico, fondato su princìpi come la tolleranza, il reciproco rispetto, il confronto tra diverse culture, senza pensare di eliminare le differenze, che esistono e che vanno tutelate armonizzandole tra loro, con l'obbiettivo di allargare l'area di sviluppo e di benessere.
      Appare evidente che tale obiettivo non può essere perseguito affermando una linea di confuso e controproducente generalismo. Dobbiamo avere presente che se da una parte esistono i diritti dei popoli migranti, dall'altra resistono legittimamente i diritti delle popolazioni residenti. Tali diritti vanno evidentemente e inevitabilmente contemperati, senza che gli uni prevalgano sugli altri.
      Il terreno della sicurezza e del rispetto della legalità è, ad esempio, uno dei più delicati sul quale appare necessario intervenire con la giusta fermezza, per rispetto non solo ai cittadini italiani, ma anche ai tanti stranieri onesti che pagano quotidianamente il ricorso strumentale, che spesso è fatto, all'immigrazione clandestina. L'obiettivo deve essere quello di salvaguardare quella che potremmo definire la «buona immigrazione» da quella che invece
 

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è la «cattiva immigrazione». Quest'ultima si presta, infatti, ad uno sfruttamento inumano e sistematico dei cittadini stranieri e alla pratica inaccettabile del commercio di esseri umani: dobbiamo impedire che questo triste e inqualificabile fenomeno possa continuare a sopravvivere.
      Lo spirito della presente proposta di legge è quello di puntare a governare il cambiamento e per farlo riteniamo che sia necessario definire regole chiare, che possano anche servire come deterrente alla pratica della clandestinità. La legge e il suo rispetto sono i princìpi fondamentali su cui costruire una società che sappia essere davvero tollerante e inclusiva, mantenendo alto il suo livello di coesione sociale.
      Al 31 dicembre 2006, secondo i dati ufficiali del Ministero dell'interno-Dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, servizio immigrazione, il numero degli stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale è di 124.383, con un aumento del 3,7 per cento. L'attività delle organizzazioni criminali che organizzano gli sbarchi clandestini, in particolare di quelle operanti in Libia, appare essere ancora molto redditizia, tanto che i natanti sequestrati sono passati dai 187 dell'anno 2005 ai 327 dell'anno 2006.
      Si segnala, in particolare, come sia notevolmente aumentato il flusso di cittadini clandestini marocchini passati dalle 3.624 unità dell'anno 2005 alle 8.146 unità dell'anno 2006, aumento dovuto in massima parte al contenimento del fenomeno migratorio illegale da parte delle autorità spagnole, attuato a decorrere dai mesi estivi dell'anno 2005.
      Persistono anche le altre modalità e rotte di arrivo clandestino, tra cui il ricorso alla falsificazione dei documenti necessari: fenomeno che lascia riflettere su quanto potrebbe essere necessario provvedere a un controllo della documentazione non solo alle frontiere italiane, ma direttamente presso i consolati italiani all'estero.
      Secondo l'ultimo dossier statistico sull'immigrazione realizzato da Caritas-Migrantes, nel 2006 solo il 36,5 per cento (45.449) dei 124.383 stranieri individuati in posizione irregolare dalle Forze dell'ordine è stato rimpatriato. Rispetto al 1999 si registra, quindi, una preoccupante diminuzione: in tale anno, infatti, la percentuale dei rimpatri era del 64,1 per cento.
      Nel contesto generale dei fenomeni migratori, e della loro metodologia, è però necessario tenere in debita considerazione l'entità dei flussi provenienti dagli altri Paesi dell'area Schengen, dalle cosiddette «frontiere interne» e, ancora di più, il fenomeno dei cosiddetti «overstayer», quegli stranieri, cioè, che entrati regolarmente nel territorio italiano o in quello dell'area Schengen vi rimangono anche dopo la scadenza del visto o dell'autorizzazione al soggiorno.
      Proprio questa tipologia, quella degli «overstayer», sembra essere, in effetti, la principale fonte della clandestinità, sia in Italia che in tutti gli altri Paesi dell'area Schengen. Dai dati in nostro possesso sembra che più del 60 per cento della popolazione clandestina presente in Italia sia rappresentata da stranieri che entrano regolarmente sul nostro territorio e che poi vi rimangono dopo la scadenza del loro visto o permesso di soggiorno.
      Appare, dunque, evidente come spesso la richiesta di ingresso regolare sia del tutto strumentale alla possibilità di permanenza clandestina. Alla luce di questo fenomeno appare necessario, in primo luogo, ribadire quanto sarebbe utile un controllo della documentazione dei richiedenti nei loro Paesi di origine e, in secondo luogo, riflettere su come il fenomeno della clandestinità si stia evolvendo e si realizzi in maniera differente dall'immaginario collettivo.
      In questo contesto, inoltre, appare necessario valutare con attenzione il reale grado di collaborazione da parte dei diversi Paesi stranieri con i quali l'Italia ha firmato specifici accordi bilaterali in tema di politiche migratorie (attualmente sono 27), tenendo presente che non sempre tali
 

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accordi riescono ad essere efficaci. Molti Paesi stranieri, infatti, gestiscono i loro flussi migratori utilizzandoli anche come strumento di pressione politica e diplomatica.
      È evidente, inoltre, che l'organizzazione dei flussi migratori clandestini conosce bene la nostra legislazione e sa sfruttarne i vuoti e le lacune.
      In particolare, oggi sappiamo, come detto, che l'origine della clandestinità non è più legata a ingressi già in origine illegali, ma molto di più a ingressi di stranieri regolari che una volta scaduto il loro permesso decidono di rimanere nella clandestinità. Questo è possibile perché attualmente appare sostanzialmente impossibile, per le autorità competenti, predisporre il rimpatrio del clandestino.
      Il problema principale rispetto alla gestione dei flussi migratori appare, dunque, essere quello della possibilità concreta di rimpatriare l'eventuale clandestino. In mancanza del suo riconoscimento e della possibilità di risalire alla sua nazionalità, diventa di fatto impossibile predisporne il rimpatrio, lasciando di fatto alla discrezionalità del clandestino la decisione di ritornare nel Paese di origine, una contraddizione questa che deve essere risolta.
      È necessario intervenire con misure idonee affinché i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio siano facilmente identificabili, anche nell'ottica di garantire i giusti livelli di sicurezza sociale che abbiamo il dovere di difendere nell'interesse della collettività.
      Non appare possibile permettere che si possa pensare di vivere nel nostro Paese al di fuori delle leggi che lo governano, di soggiornare in Italia senza essere identificabili e, dunque, evitando volontariamente di essere ricondotti alla responsabilità delle proprie azioni. Questa distorsione deve essere superata attraverso una legislazione capace di garantire a tutti cittadini, italiani e stranieri, il rispetto delle leggi e, dunque, la giusta coesione sociale.
      Bisogna inoltre considerare che attualmente nella legislazione vigente appare necessario inserire norme specifiche finalizzate a un controllo effettivo sui soggetti richiedenti forza lavoro straniera. Non è stabilito, infatti, alcun meccanismo di previsione circa il volume d'affari delle imprese e delle attività commerciali operanti sul nostro territorio che fanno ottenere, con la richiesta di occupazione, il permesso di soggiorno a moltissimi stranieri.
      L'immigrazione resta un'opportunità di crescita e di sviluppo economico e culturale per il nostro Paese, un'opportunità che bisogna essere in grado di valorizzare al massimo. Per farlo le politiche migratorie vanno affrontate senza lasciare spazio a impostazioni di carattere ideologico, che spesso risultano controproducenti anche per i soggetti che si vorrebbe con queste tutelare. È necessario affrontare i flussi migratori con serietà e pragmatismo, al di fuori di schemi ideologici superati e inadeguati. La tolleranza, il rispetto e l'accoglienza non possono essere travisati e confusi con generale permissivismo.
      Il rischio di un atteggiamento del genere è quello di provocare, in primo luogo, la crescita nella popolazione residente di un diffuso sentimento di insicurezza, ostacolo principale a un processo di coerente integrazione; in secondo luogo, quello di offrire effettivamente il fianco a comportamenti illegali; in terzo luogo, quello di favorire, da un lato, un vero e proprio traffico di esseri umani, e, dall'altro, di lasciare il campo alla crescita del lavoro nero, di cui troppo spesso gli stranieri clandestini diventano vittime.
      Abbiamo bisogno di regole chiare, in particolare degli strumenti necessari affinché si possa risalire facilmente all'identificazione dei cittadini stranieri presenti in Italia. Regole che avrebbero anche un carattere fortemente dissuasivo fungendo come un forte deterrente nei confronti del ricorso strumentale all'immigrazione clandestina.
      Siamo coscienti che il problema di una coerente gestione dei flussi migratori non è un problema esclusivamente italiano. Manca, al riguardo, una normativa comune per la lotta all'immigrazione clandestina valida per tutti i Paesi membri dell'Unione europea, che possa impedire agli stranieri irregolari di muoversi da un
 

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Paese all'altro aggirando di volta in volta la normativa dei singoli Stati. In questo senso gli accordi di Schengen non paiono in grado di dettare delle linee guida sufficientemente stringenti per coordinare la legislazione in materia di immigrazione dei vari Paesi aderenti. Si segnala, al riguardo, che uno straniero clandestino una volta entrato nei confini dell'area Schengen può muoversi tra i vari Paesi senza controlli o, comunque, aggirandoli facilmente.
      Dobbiamo essere particolarmente attenti nei confronti di un altro aspetto direttamente collegato all'immigrazione clandestina, cioè al rapporto esistente tra questa e il ricorso al lavoro nero, che negli ultimi anni si è particolarmente radicato. Un rapporto, questo, che può essere interrotto intervenendo sulla diminuzione della clandestinità.
      Aumentare i livelli di integrazione sociale, promuovere una immigrazione sostenibile, contrastare la tratta di esseri umani, combattere il ricorso al lavoro nero, aumentare il livello di sicurezza nel nostro Paese, mettere in campo politiche autenticamente tolleranti e integrative, sostenere lo sviluppo e la crescita dell'economia italiana, offrire un futuro migliore a molti stranieri: questi gli obiettivi principali della presente proposta di legge, che riteniamo possibile conseguire attraverso una politica capace di governare il cambiamento, una politica fondata sul rispetto del prossimo e, dunque, delle leggi e delle regole che governano una società, che vanno aggiornate e rese coerenti, al di là di controproducenti impostazioni ideologiche, con le necessità reali della modernità.
      Il capo I (articoli 1-24) della presente proposta di legge reca modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico».
      L'articolo 1, al fine di promuovere l'immigrazione regolare attraverso una migliore gestione delle «quote», dispone: la programmazione triennale delle quote di cittadini stranieri da ammettere annualmente in Italia (comma 1, lettera a)); la destinazione di parte delle quote d'ingresso a lavoratori che hanno frequentato nei Paesi di origine dei corsi di formazione professionale finanziati dal Governo italiano (comma 1, lettera b)).
      Con l'articolo 2, al fine di promuovere l'immigrazione regolare, si è cercato di favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieri attraverso la previsione che, per determinate categorie di lavoratori subordinati, possano essere superate le quote nella misura di un numero prefissato di richieste eccedenti la stessa quota (ad esempio, per le categorie delle domestiche e badanti), a condizione che il settore di attività non possa essere cambiato prima che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di instaurazione del primo rapporto di lavoro.
      All'articolo 3, al fine di ridurre il fenomeno della falsificazione dei documenti utili per l'ingresso nel territorio italiano, è stata prevista la presenza, presso i nostri consolati all'estero, di un nucleo di Forze di polizia che attesti l'autenticità della documentazione presentata dagli stranieri per il rilascio dei visti (comma 1, lettera b)). Al fine di allineare il nostro Paese alla normativa comunitaria si modifica, poi, la disciplina degli ingressi per soggiorni inferiori a tre mesi: non si richiede più il permesso di soggiorno ma una semplice dichiarazione che lo straniero, entro otto giorni dall'ingresso, deve fornire all'autorità di frontiera o al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno (articolo 3, comma 1, lettera c); si noti che disposizioni simili sono contenute nella legge 28 maggio 2007, n. 68, fortemente voluta dal Governo proprio per bloccare la procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia promossa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee). Si sono però inseriti parametri stringenti intesi nel senso di limitare, per quanto possibile, l'utilizzo strumentale di questo tipo di ingresso.
 

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      Con l'articolo 4, al fine di semplificare la disciplina dei permessi di soggiorno, per promuovere l'immigrazione regolare e combattere il fenomeno dell'immigrazione clandestina si è prevista la possibilità di procedere, accanto alla richiesta di rilievi fotodattiloscopici, ad ulteriori esami, a discrezione delle autorità competenti, che consentono l'identificazione certa della persona (ad esempio, esame della retina) (comma 1, lettera b)). Inoltre, i dati acquisiti a seguito degli esami vanno raccolti in un'apposita banca dati istituita presso il Ministero dell'interno (comma 1, lettera c)); si dispone, inoltre, che il permesso di soggiorno non sarà più necessariamente legato al contratto di lavoro (comma 1, lettera e)), in quanto, con l'introduzione nel testo unico dell'articolo 5-ter (articolo 6 della presente proposta di legge), è reintrodotta la figura dello «sponsor». Sono stati poi prorogati i termini di scadenza dei permessi di soggiorno (comma 1, lettera f)) muovendoci nell'ottica secondo cui si tratta, in questo caso, di stranieri già identificati e con esperienze lavorative alle spalle e, dunque, presumibilmente, di casi di «buona immigrazione». Inoltre, viene introdotto un nuovo tipo di permesso di soggiorno, quello per la ricerca di lavoro, per il quale sono previsti comunque parametri stringenti (comma 4-ter dell'articolo 5 del testo unico, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera f), della presente proposta di legge); tale permesso, infatti, ha una durata di dodici mesi, rinnovabile una sola volta e per non più di sei mesi, per dare la possibilità a chi ha il permesso di soggiorno in scadenza di poter cercare un'occupazione senza entrare nella clandestinità. Il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro può essere concesso però solo agli stranieri che hanno lavorato o studiato in Italia per almeno un anno e che dimostrano di essere in possesso dei mezzi materiali necessari al proprio sostentamento durante il loro soggiorno e di avere un preciso domicilio in Italia. Si è inoltre voluta rendere più rigida la valutazione, da parte del giudice, della «pericolosità dello straniero», considerando le condanne per taluni reati cause ostative (ovvero di revoca) alla concessione e al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia (comma 1, lettera h)). Lo straniero condannato negli ultimi cinque anni per i reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (omicidio, estorsione, rapina, sequestro, violenza sessuale, detenzione di armi, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, banda armata, associazioni sovversive), di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e per quelli di cui all'articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina) non può ottenere né rinnovare il permesso di soggiorno e, se ne è già in possesso, gli viene immediatamente revocato (comma 1, lettera i)).
      L'articolo 5 dispone che al fine di controllare effettivamente i soggetti richiedenti forza lavoro straniera, questi devono presentare, in allegato al contratto di soggiorno per lavoro subordinato, idonea documentazione attestante il volume d'affari ai sensi dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda.
      Con apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale, sarà indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volumi d'affari, potranno assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d'affari sarà disposta dal medesimo decreto; inoltre, gli stessi soggetti dovranno dimostrare di avere almeno due bilanci in attivo negli ultimi tre anni di attività.
      Al fine di agevolare l'ingresso regolare degli immigrati, con l'articolo 6 si reintroduce, come già rilevato, la figura dello «sponsor»: il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante che intenda farsi garante dell'ingresso di uno straniero per consentirgli l'inserimento nel mercato del lavoro, ma solo per necessità legate alla propria sfera personale.
 

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      Altri soggetti che possono farsi «garanti» dell'ingresso dello straniero in Italia sono le aziende, a seconda del proprio fatturato, e le cooperative.
      I «garanti» devono presentare apposita richiesta nominativa alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all'ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il richiedente deve dimostrare di poter effettivamente assicurare allo straniero alloggio e copertura dei costi per il sostentamento per la durata del permesso di soggiorno, oltre a provvedere alle spese di viaggio dello straniero (articolo 5-ter, comma 2, del testo unico). Le aziende richiedenti sono poi tenute a presentare idonea documentazione attestante il volume d'affari e la situazione finanziaria della propria attività, secondo quanto stabilito dalle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 dell'articolo 5-bis del testo unico, introdotte dall'articolo 5 della presente proposta di legge.
      Nel complesso, al contratto di soggiorno, che non è eliminato, affianchiamo, dunque, come ipotesi alternativa lo «sponsor», ma non l'auto-sponsorizzazione. Si affianca, inoltre, anche il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, subordinandolo però a parametri stringenti. Si creano dunque più modalità di ingresso e di permanenza nel territorio italiano per facilitare la «buona immigrazione», seguendo in questo modo un'impostazione evidentemente scevra da influssi ideologici.
      L'articolo 7, al fine di combattere il fenomeno dell'immigrazione clandestina prevede, innanzitutto cercando di risolvere il problema dell'identificazione degli stranieri, che le procedure per l'identificazione vanno avviate fin dal momento del fermo (comma 1, lettera c)). Inoltre si predispone il trattenimento preventivo presso i centri di identificazione amministrativa istituti ai sensi dell'articolo 13-ter del testo unico, introdotto dall'articolo 15 della presente proposta di legge.
      L'articolo 8 è finalizzato a garantire la massima reperibilità degli stranieri presenti nel territorio italiano con un semplice visto per soggiorni di breve durata per motivi di visite, studio, affari e turismo (previsto dall'articolo 4 del testo unico, come modificato dall'articolo 3 della presente proposta di legge). Si è introdotta, con una modifica all'articolo 7 del testo unico, la previsione secondo la quale chiunque dia alloggio ovvero ospiti uno straniero deve non solo darne comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza, ma deve altresì richiedere e conservare una copia della sua dichiarazione di presenza.
      Coerentemente con quanto disposto già nell'articolo 4, comma 1, lettera h), della presente proposta di legge, si specifica con l'articolo 9 che, nel valutare il grado di «pericolosità» dello straniero ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo, occorre considerare le eventuali condanne per taluni reati come cause assolutamente ostative, e non come semplici elementi di cui si deve «anche tenere conto» (comma 1, lettere a) e b)).
      Gli articoli 10 e 11 della presente proposta di legge recano norme di coordinamento al testo unico al fine di adeguarlo alle modifiche introdotte dagli articoli precedenti.
      All'articolo 12, al fine di assicurare una più puntuale applicazione della legge e un maggiore controllo, è prevista l'istituzione presso la questura del capoluogo di ogni regione di una struttura specializzata che si occupi esclusivamente delle procedure relative all'immigrazione, con una dotazione organica di uomini e di apparecchiature telematiche sufficiente in relazione alla percentuale di immigrati presenti nella provincia.
      Con l'articolo 13, al fine di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina aumentando le pene per coloro che la favoriscono, sono apportate diverse modifiche all'articolo 12 del testo unico, prevedendo, sulla base di quanto già proposto dal Governo, disposizioni specifiche.
      All'articolo 14 si sono inserite delle norme che tendono a estendere i parametri per l'espulsione non solo ai confini italiani ma all'intera area Schengen. Sono state altresì aumentate le pene per eventuali
 

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reingressi clandestini a seguito di espulsione.
      Il problema dell'identificazione dei clandestini è cruciale all'interno della questione «immigrazione». L'ipotesi prevista dall'articolo 15 della presente proposta di legge, che introduce l'articolo 13-ter del testo unico, è quella dell'istituzione in tutte le regioni di specifici centri di identificazione amministrativa, distinti, ma coordinati, con i centri di permanenza temporanea, dove lo straniero che rifiuta di fornire le proprie generalità può essere fermato, ai sensi di quanto disposto dal comma 3 dell'articolo 6 del testo unico (come sostituto dall'articolo 7 della presente proposta di legge), per un periodo di tempo necessario allo svolgimento del processo per direttissima, svolto ai sensi di specifiche norme del codice penale (introdotte dalla presente proposta di legge), o comunque per un periodo di tempo utile al suo riconoscimento. Il fermo è disposto con provvedimento immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o ad impugnativa da parte dell'interessato.
      È poi introdotto un meccanismo premiale per chi collabora alla propria identificazione, prevedendo che possa rientrare in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a diciotto mesi.
      L'istituzione dei nuovi centri comporta, implicitamente, un censimento della fisionomia dei centri di permanenza temporanea, nei quali confluiranno immigrati clandestini di diverso tipo: 1) i cittadini stranieri che hanno vissuto e lavorato in Italia, ma che sono caduti in irregolarità solo in un secondo momento; 2) i cittadini stranieri identificati ovvero che collaborano fattivamente alla loro identificazione e alle operazioni di contrasto all'immigrazione clandestina.
      L'articolo 16 prevede l'istituzione di almeno un centro di permanenza temporanea in ogni regione, presso i centri di identificazione amministrativa, e stabilisce che essi siano dotati di propri mezzi e strutture.
      All'articolo 17 è previsto che lo straniero condannato per i reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (omicidio, estorsione, rapina, sequestro, violenza sessuale, detenzione di armi, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, banda armata, associazioni sovversive), di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice di procedura penale e per quelli di cui all'articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina), dopo aver scontato la pena, è immediatamente espulso dal territorio nazionale.
      L'articolo 18 modifica il grado di parentela per evitare l'espulsione portandolo al terzo grado dal quarto, questo anche in virtù delle caratteristiche peculiari delle famiglie di molti stranieri.
      L'articolo 19 reca norme di coordinamento. Si inseriscono al contempo norme premiali (aumento delle quote di ingresso) per i Paesi che collaborano effettivamente al riconoscimento dei propri cittadini fermati sul territorio italiano. L'indice della collaborazione è dato dal numero dei rimpatri effettuati a seguito della necessaria identificazione ed è determinato dal Ministero dell'interno, che riferisce annualmente alle Camere sulla collaborazione ottenuta dai singoli Paesi.
      Con l'articolo 20 si rafforza il presupposto del volume d'affari come condizione per richiedere lavoratori stranieri: si tratta, in generale, di un articolo congeniato per colpire il ricorso al lavoro nero e allo sfruttamento dei lavoratori stranieri, inasprendo le pene per coloro che impiegano lavoratori senza permesso di soggiorno.
      Con l'articolo 21 si dispongono misure atte a limitare il ricorso al ricongiungimento familiare.
      L'articolo 22 rende automatico, al compimento della maggiore età, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, per il figlio minore dello straniero che convive con almeno un genitore regolarmente soggiornante in Italia.
      L'articolo 23 è finalizzato, invece, a sanare la posizione degli stranieri che si trovano in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e che dimostrano di
 

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aver lavorato regolarmente in Italia: entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge questi, infatti, possono richiedere il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro istituito dall'articolo 3.
      Con l'articolo 24 si prevede una sanatoria per lo straniero già sottoposto a decreto di espulsione che decide di collaborare al suo riconoscimento e, dunque, al suo rimpatrio, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; in questo caso si dispone l'immediato rimpatrio e gli si riconosce la possibilità di rientrare in Italia regolarmente dopo trentasei mesi.
      Il capo II (articoli 25, 26 e 27) reca modifiche al codice penale.
      Con l'articolo 25 si prevedono pene più severe per coloro che dichiarano o attestano falsamente la propria identità, non solo alla presenza di un pubblico ufficiale, ovvero in un atto pubblico.
      L'articolo 26 introduce un nuovo tipo di reato, ovvero l'alterazione o la mutilazione delle creste papillari o dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri.
      Con l'articolo 27 si sostituisce l'articolo 496 del codice penale, introducendo la nuova fattispecie di reato relativo al rifiuto di collaborazione in ordine all'identificazione propria o di altri e prevedendo ulteriori norme di contrasto a dichiarazioni mendaci circa l'identità o le qualità personali proprie o di altri.
      Il capo III (articoli 28, 29 e 30) reca modifiche al codice di procedura penale, coerenti con le norme introdotte nel codice penale. In particolare, si prevede che l'articolo 381 dello stesso codice di procedura penale si applichi anche per i nuovi reati concernenti la falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all'autorità giudiziaria sull'identità o qualità personali proprie o di altri, l'alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita o di altre parti del corpo e il rifiuto a collaborare in ordine all'identificazione propria o di altri.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
MODIFICHE AL TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DISCIPLINA DELL'IMMIGRAZIONE E NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286

Art. 1.

      1. All'articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998», sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 4:

              1) al primo periodo, le parole: «sono annualmente definite» sono sostituite dalle seguenti: «sono definite ogni triennio»;

              2) al secondo periodo, le parole: «l'anno» sono sostituite dalle seguenti: «il triennio»;

              3) al quarto periodo, la parola: «annuale» è sostituita dalla seguente: «triennale»; dopo le parole: «con proprio decreto» sono inserite le seguenti: «di validità annuale» e le parole: «per l'anno precedente» sono sostituite dalle seguenti: «nell'ultimo anno del triennio precedente»;

          b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

      «4-bis. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 23, parte delle quote di ingresso

 

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di cui al comma 4 del presente articolo è riservata agli stranieri che hanno frequentato nei Paesi di origine appositi corsi di formazione professionale finanziati dal Governo italiano. L'entità di tale riserva è stabilita con apposito decreto del Ministro dell'interno»;

          c) i commi 7 e 8 sono abrogati.

Art. 2.

      1. Al titolo I del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo l'articolo 3, come da ultimo modificato dall'articolo 1 della presente legge, è aggiunto il seguente:

      «Art. 3-bis. (Deroghe alle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato). - 1. Le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, di cui al comma 4 dell'articolo 3, possono essere derogate entro i limiti massimi definiti con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale, per determinate categorie di lavoratori la cui domanda risulta particolarmente elevata.
      2. I soggetti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 1 non possono cambiare il proprio settore di attività prima che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di instaurazione del primo rapporto di lavoro».

Art. 3.

      1. All'articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, terzo e quarto periodo, le parole: «spagnolo o arabo» sono

 

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sostituite dalle seguenti: «spagnolo, arabo o cinese»;

          b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. Presso le autorità consolari italiane sono istituiti appositi nuclei di controllo anticontraffazione per la verifica della documentazione necessaria ai cittadini stranieri per richiedere in qualsiasi forma l'ingresso nel territorio dello Stato»;

          c) al comma 4, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Per soggiorni inferiori a tre mesi lo straniero, anche in caso di provenienza da altri Paesi dell'area Schengen, dichiara la sua presenza all'ufficio di polizia di frontiera, al momento dell'ingresso sul territorio nazionale, ovvero, entro otto giorni dal suo ingresso, al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, indicando le località del suo soggiorno. Lo straniero deve comunque dimostrare di essere in possesso dei mezzi necessari per il suo autosostentamento sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico di cui all'articolo 3, comma 1. In caso di inosservanza degli obblighi ovvero nel caso di trattenimento nel territorio dello Stato oltre i tre mesi od oltre il minore termine stabilito nel visto di ingresso, lo straniero è espulso ai sensi dell'articolo 13. Nell'esame delle domande di visto deve essere accordata dalle autorità competenti particolare considerazione al rischio di immigrazione illegale, per la sicurezza dello Stato e per l'intera area Schengen nonché alle effettive intenzioni di ritorno in patria del richiedente. Qualora sorgano dubbi in merito agli scopi del soggiorno o alle effettive intenzioni di ritorno in patria del richiedente o ai documenti presentati, questi può essere convocato per un colloquio presso i nuclei di controllo di cui al comma 2-bis dell'articolo 4».

      2. La legge 28 maggio 2007, n. 68, è abrogata.

 

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Art. 4.

      1. All'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2, l'ultimo periodo è soppresso;

          b) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

      «2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e, a discrezione delle autorità competenti, ad esame del DNA e della retina»;

          c) dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:

      «2-ter. I dati raccolti a seguito dei rilievi fotodattiloscopici e dell'esame del DNA e della retina sono raccolti in un'apposita banca dati istituita presso il Ministero dell'interno»;

          d) al comma 3-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

          1) all'alinea, primo periodo, dopo le parole: «5-bis» sono aggiunte le seguenti: «, all'articolo 5-ter ovvero al comma 4-ter del presente articolo» e le parole: «è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque» sono soppresse;

          2) alla lettera b), le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «diciotto mesi»;

          3) alla lettera c), le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «trenta mesi»;

          e) al comma 3-quinquies, primo periodo, le parole: «ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 4» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dei commi 2, 2-bis e 3 dell'articolo 4»;

          f) dopo il comma 4-bis è inserito il seguente:

      «4-ter. Entro trenta giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno lo straniero che ha compiuto il diciottesimo anno

 

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di età e che non rientra nelle fattispecie di cui al comma 3-bis, lettere b) e c), può richiedere uno specifico permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro sul territorio dello Stato. La durata di tale permesso non può essere superiore complessivamente a dodici mesi, con la possibilità di rinnovo per una sola volta e per non più di sei mesi. Lo straniero richiedente deve dimostrare al momento della richiesta di essere in possesso dei mezzi materiali necessari al suo sostentamento durante il suo soggiorno e deve indicare un domicilio in Italia. Ogni eventuale trasferimento di domicilio deve essere comunicato alle autorità competenti almeno sette giorni prima. Le autorità competenti, al momento del rilascio del permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro, trasmettono la documentazione necessaria agli uffici competenti per l'iscrizione ai centri per l'impiego. Il permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro è concesso esclusivamente agli stranieri legalmente soggiornanti in Italia da almeno un anno che sono stati titolari di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, ovvero che hanno frequentato un corso di formazione professionale o che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado o un diploma di laurea secondo il vigente ordinamento italiano»;

          g) al comma 5, secondo periodo, le parole da: «e dell'esistenza» fino alla fine del periodo sono soppresse;

          h) il comma 5-bis è sostituito dal seguente:

      «5-bis. Nel valutare la pericolosità dello straniero per l'ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere esterne e la libera circolazione delle persone, le condanne per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all'articolo 12, commi

 

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1 e 3, del presente testo unico, sono ostative ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia e, se questo è già stato rilasciato, esso è revocato»;

          i) dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:

      «9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta è stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all'articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico.
      9-ter. Allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che è stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all'articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico, il permesso di soggiorno è revocato dalla data di esecuzione della pena e non può più essere richiesto».

Art. 5.

      1. All'articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «b-bis) l'idonea documentazione attestante il volume d'affari ai sensi dell'articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda. Con apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale è indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volumi

 

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di affari, possono assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d'affari è disposta dal medesimo decreto;

          b-ter) l'idonea documentazione riferita agli ultimi tre anni di attività, che dimostri che almeno due bilanci dell'impresa o dell'azienda risultino in attivo»;

          b) al comma 2, le parole: «di cui alle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «di cui alle lettere a), b), b-bis) e b-ter)».

Art. 6.

      1. Dopo l'articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, come modificato dall'articolo 5 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 5-ter. - (Prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro). - 1. Possono farsi garante dell'ingresso di uno straniero nel territorio dello Stato al fine del suo inserimento nel mercato del lavoro le seguenti tipologie di soggetti:

          a) il cittadino privato italiano o straniero regolarmente soggiornante, per necessità legate alla sua sfera personale, ad esigenze familiari o comunque ricadenti nella sua attività privata;

          b) l'impresa ovvero l'azienda, le società di persone e le società di capitali per fini legati alla loro attività imprenditoriale e con modalità differenti a seconda dei diversi volumi di fatturato. Fino ad un milione di euro di fatturato annuo è possibile richiedere, in un periodo di tre anni, al massimo tre lavoratori stranieri; fino a 10 milioni di euro, al massimo cinque lavoratori stranieri; fino a 50 milioni di euro, al massimo quindici lavoratori stranieri. Tali limiti possono essere aumentati per una quota pari al 100 per cento nel caso in cui il datore di lavoro dimostri che gli stranieri richiesti durante il triennio siano occupati stabilmente all'interno dell'azienda;

          c) le società cooperative.

 

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      2. La richiesta di cui al comma 1 del presente articolo deve essere presentata entro sessanta giorni dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui all'articolo 3, comma 4, con apposita richiesta nominativa alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all'ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. I soggetti richiedenti devono dimostrare di poter effettivamente assicurare allo straniero alloggio e copertura dei costi per il sostentamento per la durata del permesso di soggiorno. L'autorizzazione all'ingresso è concessa, ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente, nell'ambito delle quote stabilite e secondo le modalità indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla data di presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione ai centri per l'impiego, un permesso di soggiorno per un anno ai fini dell'inserimento nel mercato del lavoro.
      3. I soggetti di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo, che intendono farsi garanti dell'ingresso di uno straniero per consentirgli l'inserimento nel mercato del lavoro sono tenuti, altresì, agli obblighi di cui alle lettere b), b-bis) e b-ter) del comma 1 dell'articolo 5-bis.
      4. Con decreto adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, è definito l'elenco dei soggetti ammessi a prestare la garanzia per l'accesso al lavoro di cui al comma 1, lettere b) e c).
      5. La prestazione di garanzia per l'accesso al lavoro è ammessa secondo le modalità indicate nell'apposito regolamento di attuazione, adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale».

Art. 7.

      1. All'articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «soggiorno per lavoro»

 

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sono inserite le seguenti: «ovvero nelle ipotesi di cui al comma 4-ter dell'articolo 5 e all'articolo 5-ter»;

          b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Chiunque, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il permesso o la carta di soggiorno, ovvero il passaporto o altro documento di identificazione, deve essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici, e ad esame della retina, ed è punito ai sensi di quanto disposto dall'articolo 496 del codice penale. Gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza sono tenuti ad accompagnare la persona nei propri uffici e a provvedere al suo trasferimento al centro di identificazione amministrativa, di cui all'articolo 13-ter, più vicino»;

          c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      «3-bis. Le procedure per l'identificazione, da attivare in collaborazione con il diretto interessato e con i Paesi stranieri, devono essere avviate dal momento del fermo. A tale fine il questore ordina che lo straniero fermato sia trattenuto negli appositi centri di identificazione amministrativa di cui all'articolo 13-ter. Il fermo è disposto, in ogni caso, con provvedimento motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato. Lo straniero è trattenuto ai sensi di quanto disposto dal citato articolo 13-ter»;

          d) il comma 4 è abrogato.

Art. 8.

      1. All'articolo 7, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed è altresì tenuto a richiedere e a conservare per tutto il periodo di riferimento una copia della dichiarazione di presenza nel territorio nazionale di cui all'articolo 4, comma 4».

 

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Art. 9.

      1. All'articolo 9 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

          1) al primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero agli stranieri che hanno riportato condanna, anche se non definitiva, per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice di procedura penale e per quelli di cui all'articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico»;

          2) al secondo periodo, le parole da: «, ovvero» fino alla fine del periodo sono soppresse;

          3) al terzo periodo, le parole: «altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e» sono soppresse;

          b) al comma 10 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «c-bis) quando lo straniero ha riportato una condanna per delitti di particolari gravità e allarme sociali».

Art. 10.

      1. All'articolo 9-bis, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, il terzo periodo è soppresso.

Art. 11.

      1. All'articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1 sono premesse le seguenti parole: «Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 2-bis,»;

          b) al comma 4, secondo periodo, dopo le parole: «A tale scopo,» sono

 

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inserite le seguenti: «fermo restando quanto disposto dall'articolo 21,»;

          c) al comma 5-bis, le parole: «2004 e 2005» sono sostituite dalle seguenti: «2008 e 2009».

Art. 12.

      1. Dopo l'articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, come da ultimo modificato dall'articolo 11 della presente legge, è inserito il seguente:

      «Art. 11-bis. - (Strutture specializzate di controllo). - 1. È istituita, presso la questura di ogni capoluogo di regione, una struttura specializzata con compiti esclusivi in ordine alle procedure relative alle esigenze di controllo della popolazione straniera e del rispetto delle norme del presente testo unico. Tali strutture devono essere fornite di una dotazione di uomini e di mezzi adeguati in relazione alla percentuale di stranieri presenti nella regione.
      2. Con decreto del Ministro dell'interno possono essere istituite nelle regioni con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti ulteriori strutture di cui al comma 1 presso le questure dei capoluoghi di provincia».

Art. 13.

      1. All'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, le parole: «è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona» sono sostituite dalle seguenti: «è punito con la reclusione da tre a quindici anni e con la multa fino a 30.000 euro per ogni persona»;

          b) al comma 3, dopo le parole: «profitto anche indiretto» sono inserite le seguenti: «promuove, favorisce, organizza o», le parole: «con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro» sono sostituite dalle seguenti:

 

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«con la reclusione da dieci a venticinque anni e con la multa di 30.000 euro»;

          c) al comma 3-bis, lettera a), la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «tre»;

          d) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

      «4-bis. Ai soggetti nei confronti dei quali sussistono gravi indizi in ordine ai reati previsti dal comma 3 è applicata la misura di sicurezza della custodia cautelare in carcere»;

          e) al comma 6, le parole: «da euro 3.500 a euro 5.500» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 6.000 a euro 10.000» e le parole: «da uno a dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a trentasei mesi»;

          f) al comma 7, primo periodo, dopo le parole: «delle cose trasportate» sono inserite le seguenti: «nonché al sequestro degli stessi per non più di ventiquattro ore,».

Art. 14.

      1. All'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «c-bis) si è trattenuto in uno dei Paesi con i quali l'Italia ha sottoscritto accordi di soppressione dei controlli alla frontiera per un periodo superiore a tre mesi senza il relativo permesso di soggiorno;

          c-ter) è stato dichiarato inammissibile nell'area Schengen da uno dei Paesi che ne fanno parte»;

          b) il comma 2-bis è abrogato;

          c) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso si tratti di uno straniero non identificato ovvero si debba procedere ad accertamenti supplementari

 

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in ordine alla sua identità, in attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore adotta la misura del trattenimento presso un centro di identificazione amministrativa di cui all'articolo 13-ter».

Art. 15.

      1. Dopo l'articolo 13-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è inserito il seguente:

      «Art. 13-ter. - (Centri di identificazione amministrativa). - 1. Qualora il cittadino straniero, fermato ai sensi dell'articolo 6, comma 3, non collabori, al di là di oggettive cause ostative, alla sua identificazione, con specifico riferimento alla propria nazionalità, il questore, a mezzo di decreto di fermo, dispone che lo stesso sia trattenuto in appositi centri di identificazione amministrativa istituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto di fermo di cui al periodo precedente è disposto in ogni caso con provvedimento motivato immediatamente esecutivo e deve essere convalidato dal giudice di pace territorialmente competente entro quarantotto ore ai sensi di quanto disposto dal comma 2.
      2. Avverso i decreti di convalida del fermo di cui al comma 1 è proponibile il ricorso in cassazione. Il ricorso non sospende l'esecuzione della misura. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida del fermo decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.
      3. La convalida comporta che lo straniero sia trattenuto presso il centro di identificazione amministrativa fino alla conclusione del procedimento a suo carico per i reati di cui agli articoli 495, 495-bis e 496 del codice penale, da espletare per direttissima in osservanza di quanto disposto dagli articoli 449 e seguenti del codice di procedura penale o, comunque, fino a quando non sia stato effettivamente identificato.

 

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      4. È istituito almeno un centro di identificazione amministrativa in ogni regione.
      5. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e di servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.
      6. Il cittadino straniero fermato, nei cui confronti non sia intervenuto un decreto di espulsione, che decida di collaborare ai fini della sua identificazione, anche in relazione alla propria nazionalità, prima che sia intervenuta una condanna di primo grado per i reati di cui agli articoli 495, 495-bis e 496 del codice penale, è immediatamente rimpatriato con accompagnamento alla frontiera. Allo straniero è concessa la facoltà di rientrare legalmente in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a diciotto mesi.
      7. Lo straniero è trattenuto nel centro di identificazione amministrativa secondo modalità che garantiscano il pieno rispetto della sua dignità.
      8. Il questore del luogo in cui si trova il centro di identificazione amministrativa trasmette copia degli atti al giudice di pace competente per la convalida entro quarantotto ore dall'adozione del provvedimento.
      9. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L'interessato, anch'esso tempestivamente avvertito e informato, è condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Avverso il decreto di fermo si
 

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applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell'articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall'articolo 13 e dal presente articolo e sentito l'interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione.

      10. Quando non sia stato possibile identificare lo straniero, durante il periodo di fermo, o alla conclusione dell'eventuale periodo di detenzione disposta ai sensi degli articoli 495, 495-bis e 496 del codice penale, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di tre giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle ulteriori conseguenze penali della sua trasgressione. Allo straniero è intimato il divieto perenne di rientro in Italia.
      11. Allo straniero che senza giustificato motivo si trattiene o rientra nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di cui al comma 10 del presente articolo si applica quanto previsto dal comma 13-bis dell'articolo 13 e dal comma 5-quater dell'articolo 14.
      12. Nel caso in cui durante il periodo di fermo, ovvero di detenzione, si giunga all'identificazione dello straniero, quest'ultimo, dopo aver scontato la pena prevista, è immediatamente espulso con le modalità di cui al comma 4 dell'articolo 13. Nel caso di cui al presente comma, allo straniero è fatto divieto perenne di rientro nel territorio dello Stato.
      13. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera resta fermo quanto disposto dal comma 8 dell'articolo 14».

Art. 16.

      1. All'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, primo periodo, le parole: «accertamenti supplementari in

 

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ordine alla sua identità o nazionalità,» sono soppresse e le parole: «, tra quelli individuati» fino alla fine del comma sono soppresse;

          b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      «1-bis. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è istituito un centro di permanenza temporanea e assistenza in ogni regione. Il centro di permanenza temporanea e assistenza è collocato presso il centro di identificazione amministrativa di cui all'articolo 13-ter, ed è dotato di propri mezzi e strutture»;

          c) al comma 5, secondo periodo, le parole da: «accertamento» fino a: «ovvero» sono soppresse.

Art. 17.

      1. All'articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «1-ter. Fuori dai casi previsti dal codice penale, lo straniero con regolare permesso di soggiorno condannato per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all'articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico, dopo aver scontato la pena prevista è immediatamente espulso dal territorio dello Stato».

Art. 18.

      1. All'articolo 19, comma 2, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le parole: «entro il quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «entro il terzo grado».

 

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Art. 19.

      1. All'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte le seguenti parole: «, e ai sensi di quanto disposto dall'articolo 3-bis»;

          b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

      «1-bis. Le quote massime di stranieri da ammettere sul territorio dello Stato riservate a ogni singolo Paese straniero, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, possono variare in base all'effettiva collaborazione delle autorità competenti del Paese interessato all'identificazione dei propri cittadini fermati sul territorio dello Stato.
      1-ter. L'indice per determinare l'effettiva collaborazione dei singoli Paesi stranieri è determinato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, ed è dato dal numero dei rimpatri effettuati, a seguito della necessaria identificazione, tenuto conto del differente numero di affluenze da ogni singolo Paese straniero.
      1-quater. Il Ministro dell'interno riferisce annualmente alle Camere, entro il 30 novembre di ciascun anno, riguardo la collaborazione ottenuta da ogni singolo Paese straniero e le conseguenti variazioni effettuate sulle quote.
      1-quinquies. Le variazioni di cui al comma 1-bis sono disposte con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale».

Art. 20.

      1. All'articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «d-bis) idonea documentazione attestante il volume d'affari ai sensi dell'articolo 20

 

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del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda. Con apposito decreto del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale, è indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volume d'affari, possono assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d'affari è disposta dal medesimo decreto»;

          b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. La mancata instaurazione del rapporto di lavoro in presenza di cause comunque non imputabili al lavoratore non preclude il rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4-ter dell'articolo 5»;

          c) al comma 7, le parole: «da 500 a 2.500 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da 1.500 a 5.000 euro»;

          d) al comma 10 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e nei decreti di cui agli articoli 3-bis e 21»;

          e) al comma 12 le parole: «da tre mesi ad un anno» sono sostitute dalle seguenti: «da uno a tre anni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso in cui i lavoratori stranieri impiegati privi del permesso di soggiorno siano superiori a due, il datore di lavoro è punito con l'arresto da tre a cinque anni e con l'ammenda di 10.000 euro per ogni lavoratore impiegato»;

          f) dopo il comma 12 è inserito il seguente:

      «12-bis. Lo straniero irregolare, che denunci alle autorità competenti il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto, può usufruire del permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro di cui al comma 4-ter dell'articolo 5».

 

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Art. 21.

      1. All'articolo 29, comma 1, lettera d), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, dopo le parole: «genitori a carico» sono inserite le seguenti: «, propri o del coniuge, con più di sessanta anni di età».

Art. 22.

      1. All'articolo 32, comma 1, primo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è».

Art. 23.

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli stranieri che hanno un permesso di soggiorno scaduto e che dimostrano di aver lavorato regolarmente in Italia possono richiedere lo specifico permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro istituito ai sensi del comma 4-ter dell'articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge.

Art. 24.

      1. Lo straniero sottoposto a decreto di espulsione anche nel caso in cui si sia trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, ovvero vi sia rientrato in violazione di quanto disposto dal comma 13 dell'articolo 13 del medesimo testo unico, se entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge collabora alla sua identificazione, è immediatamente rimpatriato con accompagnamento alla frontiera. Allo straniero è concessa la facoltà di rientrare legalmente

 

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in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a trentasei mesi.
      2. Lo straniero di cui al comma 1 del presente articolo, decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, fermato dalle autorità competenti è sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli articoli 495, 495-bis e 496 del codice penale, da espletare per direttissima ai sensi di quanto disposto dagli articoli 499 e seguenti del codice di procedura penale; si applica quanto previsto dal comma 13-bis dell'articolo 13 e dal comma 5-quater dell'articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998.

Capo II
MODIFICHE AL CODICE PENALE

Art. 25.

      1. L'articolo 495 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 495. - (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all'autorità giudiziaria sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente a un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, la propria identità o stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
      Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all'autorità giudiziaria o ad autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale è iscritta sotto falso nome».

 

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Art. 26.

      1. Dopo l'articolo 495 del codice penale è inserito il seguente:

      «Art. 495-bis. - (Alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri). - Chiunque altera, oblitera o, comunque, mutila, anche solo in parte, le creste papillari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento della propria o dell'altrui identità o dello stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni».

Art. 27.

      1. L'articolo 496 del codice penale è sostituito dal seguente:

      «Art. 496. - (Rifiuto di collaborazione in ordine all'identificazione propria o di altri e false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri). - Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli 494, 495 e 495-bis, interrogato sull'identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, non collabora alla propria o all'altrui identificazione ovvero fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a due anni».

Capo III
MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA PENALE

Art. 28.

      1. All'articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

          «m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all'autorità

 

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giudiziaria sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495 del codice penale;

          m-quater) alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495-bis del codice penale;

          m-quinquies) rifiuto di collaborazione in ordine all'identificazione propria o di altri e false dichiarazioni sull'identità o su qualità personali proprie o di altri, previsti dall'articolo 496 del codice penale».

Art. 29.

      1. All'articolo 449 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulti connesso con il reato di cui all'articolo 495 o con quello di cui all'articolo 495-bis del codice penale. Se la riunione è indispensabile prevale in ogni caso il rito direttissimo».

Art. 30.

      1. Il comma 2 dell'articolo 66 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:

      «2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona».


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