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PDL 3228

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3228


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BARBIERI

Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per il riordino e la razionalizzazione della disciplina generale sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche

Presentata l'8 novembre 2007

      

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Onorevoli Colleghi! - Il decreto legislativo n. 165 del 2001, recante le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, era stato concepito come un «testo unico» di chiusura e sistemazione definitiva del processo di riforma della disciplina legislativa in materia di pubblico impiego sviluppatosi lungo tutto l'arco dello scorso decennio: in realtà, invece, negli anni successivi alla sua emanazione ha subìto numerose e ripetute modificazioni ed integrazioni. Queste, in qualche caso, hanno assunto una certa ampiezza e consistenza (come è avvenuto con la legge n. 145 del 2002, in tema di dirigenza), ma più spesso si sono caratterizzate come aggiustamenti di portata limitata, di carattere occasionale e, a volte, legati ad esigenze contingenti e strumentali: il riferimento è, soprattutto, a una serie di disposizioni rinvenibili in atti normativi approvati nella precedente legislatura; ma anche nei primi mesi della legislatura in corso si registra l'introduzione di modifiche al testo del decreto legislativo n. 165 del 2001 - si pensi all'articolo 2, comma 159, del decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006, che estende a tutti dirigenti dei Ministeri nominati ai sensi dei commi 5-bis e 6 dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (quelli scelti all'esterno dei ruoli dirigenziali delle amministrazioni interessate) il meccanismo di spoils system già previsto dal comma 8 dello stesso articolo 19 per i dirigenti chiamati a ricoprire gli uffici dirigenziali di cui al precedente comma 3 (cioè, le funzioni «apicali», come quelle di
 

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segretario generale o di capo dipartimento), o all'articolo 1, comma 548, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), dove si apporta una significativa correzione al testo dell'articolo 47, comma 7, sempre del decreto legislativo n. 165 del 2001, in ordine ai meccanismi procedurali della contrattazione collettiva nazionale per i pubblici dipendenti, che tende ad accelerarne e a renderne certi i tempi di conclusione - le quali, al di là del giudizio sul merito dei loro contenuti, si limitano esse pure ad incidere solo su aspetti specifici del quadro regolativo del lavoro pubblico, e risultano, pertanto, slegate da una riconsiderazione del suo assetto d'insieme.
      Questa sequenza di interventi sull'atto legislativo destinato a disciplinare in via generale i rapporti delle amministrazioni pubbliche con i loro dipendenti ha finito - pur nella varietà dei contenuti e delle ispirazioni dei singoli provvedimenti - per influire negativamente sulla organicità e sulla coerenza del testo: a volte si sono apportati miglioramenti rispetto alla precedente formulazione di alcune disposizioni, ma nell'insieme tendono a prevalere elementi di contraddizione, di indebolimento e di confusione rispetto alla versione originaria.
      Di qui l'esigenza di far luogo ad una revisione complessiva del decreto legislativo n. 165 del 2001: un'esigenza che, del resto, trova riscontro anche in una diffusa richiesta di aggiornamento e di adeguamento di quelle parti dell'articolato normativo che hanno sollevato notevoli problemi di ordine interpretativo e hanno fatto emergere consistenti difficoltà ed incertezze attuative. La decisione di procedere ad una ricognizione dei profili critici e, conseguentemente, alla riscrittura di numerose disposizioni del decreto legislativo in questione, oltretutto, si impone ora anche come risposta ad una serie di importanti decisioni della Corte costituzionale, che ne hanno messo in discussione alcuni aspetti di non secondario rilievo. Né può essere trascurato il fatto che alla necessità di provvedere a «modifiche legislative», da ultimo, fa esplicito riferimento l'intesa sul lavoro pubblico e sulla riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche stipulata in data 6 aprile 2007 dal Governo e dai rappresentanti delle autonomie regionali locali con le principali organizzazioni sindacali.
      Non si tratta, beninteso, di porre in essere una nuova, generale riforma del pubblico impiego, che metta in discussione i fondamenti di quella realizzata negli anni novanta del secolo scorso: vanno, in particolare, respinte le ipotesi, più volte riemerse nel dibattito politico e culturale, volte al ripristino del preesistente regime pubblicistico (nella realtà, caratterizzato da una gestione paternalistico-autoritaria che mortificava le professionalità dei dipendenti e inficiava l'efficiente conduzione degli uffici pubblici), e va, anzi, non solo riaffermata, ma dotata di un ulteriore sostegno legislativo - come richiesto anche dalla ricordata intesa del 6 aprile - la scelta in favore di una «piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico», operata a partire dalla legge delega n. 421 del 1992 e dal decreto legislativo n. 29 del 1993. È innegabile, infatti, che in sede di applicazione di tali atti normativi e di quelli che negli anni seguenti hanno provveduto a correggerli e ad integrarli, siano emerse evidenti difficoltà, distorsioni ed alterazioni - imputabili soprattutto ai discutibili atteggiamenti assunti in molte occasioni da alcuni dei principali protagonisti della vicenda (responsabili politici, dirigenti, sindacati) - delle loro finalità ispiratrici, che hanno fortemente messo in discussione il conseguimento degli obiettivi che si intendevano realizzare attraverso la «privatizzazione»; ma sembra altrettanto indiscutibile che tali obiettivi, nella loro complessa articolazione (ricomposizione del mondo del lavoro, razionalizzazione e maggiore trasparenza e verificabilità della spesa pubblica per il personale, innalzamento del livello di funzionalità delle amministrazioni attraverso l'adozione di forme di gestione «aziendale» eccetera) conservino ancora tutto il loro valore e, anzi, risultino ancora più significativi in un momento nel quale il tema della qualità dei servizi e delle funzioni pubbliche
 

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si pone, per unanime riconoscimento, come una «questione nazionale» di primaria grandezza.
      Occorre, pertanto, rifuggire da tentazioni «palingenetiche» (irrealistiche, prima che inopportune) dell'attuale quadro normativo, quale costituito dal testo in vigore del decreto legislativo n. 165 del 2001, e procedere, invece, alla puntuale individuazione, al suo interno, degli elementi che si presentano, di volta in volta, come oscuri, deboli, lacunosi, contraddittori e che, comunque, appaiono inadeguati o superati rispetto a una razionale ed equilibrata regolazione dei modi di governo delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni: ciò, al fine di porre in essere le conseguenti operazioni di riformulazione, integrazione e coordinamento delle disposizioni normative, che consentano di disporre di un sistema di princìpi legislativi coerente, aggiornato e davvero utile ad un'efficace e proficua gestione del personale pubblico.
      A tali obiettivi si propone di dare risposta questa proposta di legge, che è intesa, appunto, non ad introdurre ulteriori, parziali correzioni al decreto legislativo del 2001, ma a provvedere ad una sua sistematica ed organica revisione e risistemazione, da realizzare - stante la tecnicità e la complessità della materia - attraverso il conferimento di una delega legislativa al Governo: ai fini dell'esercizio di detta delega, nelle diverse lettere che compongono l'articolo 1 si dettano numerosi ed articolati princìpi e criteri direttivi, che toccano tutte le principali questioni oggetto dell'intervento normativo previsto.
      Viene in primo luogo in evidenza il profilo relativo all'assetto delle fonti [lettera a)]: in proposito, da un lato, si tratta di ridefinire l'ambito oggettivo e la sfera soggettiva di applicazione del modello privatistico-contrattuale che connota la normativa generale in materia di lavoro presso le pubbliche amministrazioni, anche alla luce delle novità di rango costituzionale e legislativo intervenute negli ultimi anni nell'assetto organizzativo e nel quadro funzionale di queste ultime (a partire dal decentramento di poteri derivante dalla riforma costituzionale del 2001 per arrivare ai piani di riorganizzazione previsti dalla legge finanziaria per il 2007, passando per tutta una serie di riforme di settore, aventi evidenti riflessi sul regime del personale); dall'altro, si rende opportuno un definitivo chiarimento in sede legislativa in ordine alla delimitazione degli ambiti di competenza spettanti rispettivamente alle fonti legislative e alle fonti contrattuali, al fine di impedire il ripetersi di deleterie forme di «sconfinamento» reciproco fra i due tipi di atti regolativi.
      Di grande rilievo e delicatezza appaiono le previsioni concernenti la problematica dei rapporti fra politica e amministrazione, con i loro riflessi sulla disciplina della dirigenza pubblica: non a caso, si tratta della parte della normativa oggetto del presente intervento che negli anni ha subìto il maggiore numero di modificazioni e ha suscitato le più animate discussioni e le più aspre controversie, in ambito politico così come in sede giurisprudenziale e dottrinale. La scelta di fondo che è compiuta nella proposta di legge tende a coniugare la piena riaffermazione, dopo le incertezze del recente passato, del modello basato su una visione manageriale (e, quindi, improntata alla flessibilità propria delle relazioni di natura negoziale) della dirigenza con la fissazione di più ampie ed effettive garanzie per gli stessi dirigenti nei confronti degli organi di governo delle amministrazioni, in linea con la recente giurisprudenza costituzionale. In tal senso, in primo luogo [lettera b)] è affermata l'esigenza di consolidare e completare la piena distinzione funzionale fra compiti (e responsabilità) di indirizzo politico-amministrativo e compiti (e responsabilità) di direzione tecnico-operativa delle amministrazioni, rafforzando ed ampliando i poteri di organizzazione e di gestione finanziaria dei dirigenti.
      Sul versante strutturale, si opera una chiara differenziazione fra l'area degli incarichi dirigenziali di natura totalmente o prevalentemente fiduciaria (uffici di diretta collaborazione dell'autorità politica, posizioni di vertice delle amministrazioni e
 

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specifici uffici di missione), affidati a determinazioni unilaterali degli organi politici in ordine all'assegnazione delle funzioni dei dirigenti e alla loro rimozione [lettera c)], e quella concernente gli incarichi di direzione amministrativa o tecnica in senso proprio, rispetto ai quali si pone con forza l'esigenza di rispettare i princìpi di autonomia e di imparzialità: in ordine a tali incarichi, si opta [lettera d)] per l'attribuzione tramite appositi contratti - allo scopo di superare con una soluzione normativa chiara e definitiva una lunga e complicata querelle giuridica sulla natura giuridica degli atti di conferimento, che ha accompagnato e seguito le tormentate vicende legislative degli anni passati (dal decreto legislativo n. 29 del 1993 al decreto legislativo n. 80 del 1998, fino alla legge n. 145 del 2002) - preceduti da effettive forme di negoziazione dei contenuti e degli obiettivi degli incarichi stessi e, prima ancora, da adeguati meccanismi di pubblicità e di selezione per l'individuazione, sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, dei soggetti destinatari; si prevede, poi, una limitazione, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, e una più rigorosa disciplina delle ipotesi di affidamento di incarichi di direzione di uffici pubblici a soggetti esterni ai ruoli dei dirigenti amministrativi [lettera e)]. Inoltre, si afferma [lettera f)] la necessità di fissare termini temporali per la durata degli incarichi dirigenziali che siano congrui e coerenti con i caratteri delle funzioni e degli obiettivi assegnati; e, soprattutto, si collegano le conferme, le mancate conferme e le revoche degli incarichi agli esiti delle valutazioni delle performance dei dirigenti, escludendo forme più o meno dichiarate di spoils system (come richiesto dal giudice costituzionale) per tutti gli incarichi non aventi natura fiduciaria.
      Si definiscono, ancora, princìpi relativi alla revisione e alla integrazione della normativa in tema di doveri di comportamento, di responsabilità e di tutela antidiscriminatoria dei dirigenti [lettera g)], così come in materia di disciplina delle incompatibilità [lettera h)]. Si prospetta, di seguito, l'introduzione di elementi di unitarietà nella dirigenza statale, senza riproporre il soppresso «ruolo unico», ma ipotizzando la costituzione di un albo generale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel quale dovrebbero essere iscritti tutti i dirigenti dello Stato, ferma restando l'assegnazione ai ruoli delle singole amministrazioni in dipendenza degli incarichi ricevuti [lettera i)]; la creazione dell'albo è posta in relazione, oltre che alla agevolazione della mobilità dei dirigenti, alla razionalizzazione delle modalità di ingresso nella qualifica, che dovrebbero essere fondate su procedure selettive e su attività formative attribuite alla responsabilità di un unico organismo (da identificare nell'Agenzia nazionale per la formazione, istituita dalla legge finanziaria per il 2007), per quanto attiene sia al sistema ordinario e prevalente di accesso, che dovrebbe essere costituito dai corsi-concorsi aperti agli esterni, sia ai concorsi riservati ai dipendenti pubblici dotati di particolari requisiti [lettera l)]. Infine, si ipotizzano forme flessibili di gestione e valorizzazione professionale del personale che, eventualmente, prenda il posto del discusso istituto della «vicedirigenza» [lettera m)].
      Passando alle questioni riguardanti in generale i dipendenti pubblici, si prefigura la definizione di un sistema di programmazione del fabbisogno del personale nelle amministrazioni pubbliche, collegando l'acquisizione delle risorse umane alla consistenza delle risorse finanziarie disponibili [lettera n)], e il riordino delle modalità di accesso agli impieghi, con l'introduzione di meccanismi atti a «regolarizzare», accelerare e decongestionare le procedure concorsuali [lettera o)].
      Altre innovazioni ipotizzate dalla proposta di legge delega qui presentata attengono alla regolazione della contrattazione collettiva: si è già detto dell'intervento «acceleratorio» dei tempi di conclusione della negoziazione nazionale operato dall'ultima legge finanziaria; ora si pone la questione di un più organico riassetto delle procedure contrattuali, che implica anche la riconsiderazione del ruolo dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale
 

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delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e dei comitati di settore [lettera p)]; altrettanto rilevante è l'aspetto relativo a una più chiara determinazione dei rapporti fra contratti collettivi di area o di comparto e contratti integrativi, che garantisca una continuità logica e contenutistica fra i due momenti, evitando che si riproducano le condizioni che hanno dato luogo ad una frantumazione della contrattazione di secondo livello e alla sua trasformazione - in molti casi - in uno strumento per l'assunzione di scelte eterogenee e incoerenti con l'impianto e gli esiti della contrattazione nazionale [lettera q)].
      La contrattazione collettiva, tra l'altro, dovrebbe ricoprire un ruolo decisivo nella regolazione di vari aspetti del rapporto individuale di lavoro nel settore pubblico: dalla disciplina dei percorsi professionali, con la definizione di procedure selettive trasparenti e imparziali, che premino i risultati conseguiti e si fondino sulle professionalità effettivamente acquisite [lettera r)], a quella delle forme contrattuali flessibili, da circoscrivere nella loro tipologia e da ridurre quanto al loro utilizzo [lettera s)].
      Non meno significativo è il tema della mobilità del personale, che dovrebbe essere favorita ed incentivata, nell'ottica di una più razionale distribuzione ed utilizzazione delle risorse umane: in tal senso, si prevede il coordinamento delle disposizioni sulla mobilità temporanea all'estero dei dipendenti pubblici [lettera t)] e, soprattutto, si dettano criteri intesi ad agevolare, anche attraverso meccanismi di incontro fra domanda e offerta, la mobilità volontaria del personale fra sedi ed amministrazioni diverse, ed a razionalizzare le forme della mobilità connessa a processi di riorganizzazione o al trasferimento di funzioni amministrative [lettera u)].
      È, altresì, richiamata l'attenzione sull'esigenza di definire un regime più rigoroso, e al tempo stesso più agile in termini di adempimenti formali, in ordine alla possibilità di cumulo di impieghi e di incarichi dei dipendenti delle amministrazioni (anche procedendo a semplificazioni procedurali per il sistema delle relative autorizzazioni) e di riordinare le disposizioni in tema di incompatibilità [lettera v)].
      Un ultimo aspetto preso in considerazione è quello delle tutele giudiziali: nel confermare e rafforzare la generale attribuzione all'autorità giudiziaria ordinaria delle controversie relative ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, si prevede, ai fini della riduzione dei tempi del contenzioso e della celere definizione delle questioni, la razionalizzazione (e l'eventuale soppressione) degli interventi dell'ARAN e della Presidenza del Consiglio dei ministri in tali controversie [lettera z)], e la semplificazione delle disposizioni sull'interpretazione autentica dei contratti collettivi e sull'accertamento pregiudiziale della loro efficacia, validità e interpretazione [lettera aa)].
      L'articolo 1 della proposta di legge si chiude con una previsione [lettera bb)] che affida al legislatore delegato il compito di operare gli opportuni adeguamenti formali alle disposizioni che dettano norme generali sul lavoro pubblico - cioè, al testo «revisionato» del decreto legislativo n. 165 del 2001 - per assicurarne il coordinamento sistematico, perseguendo la semplificazione del linguaggio e la chiarezza testuale.
      Il provvedimento è completato dal comma 2 dell'articolo 1, dove si stabilisce che i decreti legislativi attuativi delle indicazioni del comma 1, prima di essere emanati, siano sottoposti al parere della Conferenza Stato-regioni-città e autonomie locali: ciò, al fine di verificare l'ambito e le forme dell'applicazione dei princìpi in essi definiti agli enti dotati di autonomia costituzionalmente riconosciuta (in particolare, in ordine all'organizzazione dei propri uffici amministrativi e all'ordinamento del personale).
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti ad introdurre disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) adeguare le disposizioni relative all'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione delle norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, al fine di renderle coerenti con l'innovazione del quadro funzionale e dell'assetto organizzativo delle amministrazioni pubbliche; stabilire una netta delimitazione degli ambiti di competenza delle fonti legislative e delle fonti contrattuali nella disciplina del lavoro pubblico;

          b) completare la distinzione tra compiti e responsabilità di indirizzo politico-amministrativo e compiti e responsabilità di direzione delle amministrazioni pubbliche, precisando la natura e i caratteri propri della funzione dirigenziale; in particolare, eliminare i residui strumenti di intervento degli organi di governo sugli atti di competenza dei dirigenti, riaffermare la responsabilità dei dirigenti in ordine alle decisioni sull'organizzazione degli uffici e attribuire loro adeguati strumenti di gestione delle risorse finanziarie, che consentano l'effettivo esercizio di autonomi poteri di spesa; chiarire che le determinazioni inerenti la gestione dei rapporti di lavoro non sono soggette a ricorsi amministrativi né a ricorso straordinario al Presidente della Repubblica;

          c) procedere, rimettendo le relative determinazioni agli atti organizzativi di cui

 

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al comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla individuazione e alla rigorosa delimitazione, anche quantitativa in rapporto alla dotazione organica dei dirigenti di ciascuna amministrazione, degli incarichi dirigenziali aventi natura fiduciaria, distinguendo fra quelli riferiti ad uffici di diretta collaborazione dell'organo di governo e riguardanti funzioni di raccordo fra politica e amministrazione, e quelli relativi a posizioni di vertice dell'amministrazione o di coordinamento generale dell'attività di uffici dirigenziali, ovvero aventi ad oggetto l'adempimento di specifiche missioni o la realizzazione di progetti con dimensione temporalmente definita; stabilire che il conferimento o la revoca di tali incarichi, i quali, di norma, non comportano l'esercizio di autonomi poteri di amministrazione e di gestione, avviene con atto unilaterale dell'organo di direzione politica, fatta salva la definizione con contratto individuale del trattamento economico, e fermo restando quanto previsto dall'articolo 34 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

          d) ridefinire la disciplina degli incarichi di funzioni dirigenziali non a carattere fiduciario nelle amministrazioni dello Stato, da conferire con contratto, previa negoziazione dell'oggetto e degli obiettivi da conseguire, adottando per la individuazione dei soggetti destinatari forme di pubblicità e criteri di scelta, da specificare anche attraverso previsioni dei contratti collettivi nazionali di lavoro, ispirati ai princìpi di trasparenza e imparzialità;

          e) limitare, anche sotto il profilo quantitativo, e assoggettare a procedure ispirate ai medesimi princìpi di cui alla lettera d), l'affidamento di funzioni dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali delle amministrazioni interessate, circoscrivendo tale possibilità ai soli casi in cui si renda necessaria ai fini dell'acquisizione di specifiche competenze professionali in relazione ai compiti da svolgere, ed escludendo, di norma, la reiterazione di tali incarichi e l'attribuzione

 

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degli stessi a dipendenti dell'amministrazione privi di qualifica dirigenziale;

          f) stabilire una dimensione temporale degli incarichi di funzioni dirigenziali che consenta una adeguata valutazione dell'operato dei dirigenti, articolandone la durata in relazione alle caratteristiche delle funzioni e degli obiettivi assegnati, e prevedendo, di norma, la rotazione negli incarichi di maggiore rilevanza; stabilire che le conferme, le mancate conferme e le revoche degli incarichi siano fondate esclusivamente sulle attitudini e sulle competenze professionali dei dirigenti, collegandole con gli esiti delle valutazioni annuali, da svolgersi con modalità e garanzie definite anche attraverso i contratti collettivi nazionali di lavoro, ed escludendo, in ogni caso, forme di rimozione automatica e prive di motivazioni per tutti i dirigenti preposti ad attività di amministrazione e di gestione;

          g) razionalizzare ed integrare le disposizioni, anche di carattere procedurale e organizzativo, in tema di doveri di comportamento dei dirigenti e di responsabilità dirigenziale, differenziandole a seconda della natura fiduciaria o meno degli incarichi ricoperti, ed affidandone la specifica disciplina ai contratti collettivi nazionali di lavoro; individuare con maggiore chiarezza le diverse ipotesi di responsabilità dirigenziale anche in rapporto alle forme di responsabilità disciplinare, riducendo la discrezionalità delle amministrazioni per gli incarichi non fiduciari e graduando in relazione alla differente rilevanza e gravità dei casi concreti le misure adottabili nelle ipotesi di valutazione negativa dei comportamenti e dell'attività dei dirigenti; migliorare la tutela antidiscriminatoria dei dirigenti pubblici, confermando l'unicità di disciplina legislativa con il settore privato, ma precisando i raccordi con le procedure riguardanti la specifica responsabilità dirigenziale pubblica e rafforzando la tutela processuale;

          h) rivedere la disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici, articolandone le previsioni in base alla natura

 

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fiduciaria o meno degli incarichi svolti, e comunque prevedendo forme di incompatibilità e limitazioni più rigorose, con riferimento, tra l'altro, alla possibilità di ricoprire cariche pubbliche elettive e di esercitare attività economiche e professionali, durante lo svolgimento dell'incarico e per congrui periodi successivi;

          i) introdurre, anche attraverso la costituzione di un albo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, elementi di unitarietà nella dirigenza statale, in ordine alla razionalizzazione delle modalità di reclutamento e alla agevolazione della mobilità dei dirigenti fra le diverse amministrazioni dello Stato, fatta salva l'assegnazione ai ruoli delle singole amministrazioni in occasione del conferimento degli incarichi di funzioni, al fine di consentire la migliore utilizzazione della risorsa dirigenziale; rideterminare le articolazioni e i sistemi di progressione interni all'unica qualifica dirigenziale in base alle competenze acquisite e alle capacità professionali dimostrate, indipendentemente dal livello e dalla durata degli incarichi ricoperti;

          l) riordinare i sistemi per l'acquisizione della qualifica di dirigente nelle amministrazioni dello Stato e negli enti pubblici non economici, in modo tale da realizzare, fatte salve le specificità delle dirigenze tecniche, forme di reclutamento e di formazione unitarie, fondate esclusivamente sulla selezione per merito, attribuendo ad un unico organismo la responsabilità dello svolgimento delle procedure selettive e delle attività formative sia per i corsi-concorsi aperti a soggetti esterni, che costituiscono lo strumento ordinario di accesso, sia per i concorsi riservati ai dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni in possesso di specifici requisiti culturali e professionali, e dei quali sia verificata la capacità generale di esercitare le funzioni dirigenziali; agevolare l'ingresso nella dirigenza di soggetti giovani, dotati di una qualificata formazione universitaria e post-universitaria, da collocare in posizioni anche di elevata responsabilità;

 

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          m) intervenire, anche mediante la sua abrogazione, sulla disciplina della vicedirigenza, tenendo conto dell'esigenza di adottare forme di regolazione, gestione e valorizzazione professionale del personale coerenti con i princìpi di efficienza e di flessibilità organizzativa delle pubbliche amministrazioni;

          n) definire sistemi di programmazione del fabbisogno del personale nelle amministrazioni pubbliche, anche attraverso l'introduzione, per specifiche amministrazioni, di criteri di acquisizione delle risorse umane in relazione alle proprie risorse finanziarie sulla base del rapporto tra entrate e spese per il personale, distinguendo le misure relative agli accessi dall'esterno da quelle riguardanti le progressioni interne, con responsabilizzazione degli organi politici e gestionali rispettivamente per la determinazione e per l'utilizzazione delle risorse finanziarie e umane;

          o) riordinare i sistemi per il reclutamento del personale, garantendone la periodicità e la continuità, introducendo meccanismi utili ad accelerare e a decongestionare le procedure selettive, anche attraverso una più rigorosa e puntuale definizione dei requisiti di partecipazione, e prevedendo la possibilità di concorsi comuni a diverse amministrazioni; in tale ambito, in sede di prima attuazione della presente legge, le amministrazioni interessate dai processi di riordino delle attribuzioni di cui al decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, procedono, nel limite dei posti disponibili delle dotazioni organiche rideterminate, alla stabilizzazione del personale, appartenente alle amministrazioni stesse, con incarico dirigenziale conferito ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, compreso il personale il cui incarico è stato interrotto ai sensi dell'articolo 2, commi 159, 160 e 161, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, che deve essere

 

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reintegrato nella posizione occupata al momento dell'interruzione con riconoscimento giuridico ed economico del servizio nella qualifica per tutto il periodo decorrente dalla data di cessazione alla data di riassunzione dell'incarico;

          p) semplificare e accelerare le procedure della contrattazione collettiva di livello nazionale, rivedendo l'organizzazione e le funzioni dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e dei comitati di settore, anche attraverso la previsione di un ruolo attivo di questi ultimi in sede di negoziazione, e attribuendo immediata efficacia al contratto sottoscritto dalle parti;

          q) rivedere le disposizioni sui rapporti fra i diversi livelli della contrattazione collettiva per i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche, rafforzando il ruolo dei contratti nazionali nella determinazione di strumenti e procedure che evitino l'introduzione nei contratti integrativi di norme estranee o non coerenti con i criteri e gli obiettivi stabiliti nella contrattazione nazionale e con la distinzione tra materie di contrattazione e materie affidate ad istituti di partecipazione, e affidando agli stessi contratti nazionali la definizione di regole che contrastino la dispersione e la frantumazione degli ambiti e delle sedi di contrattazione integrativa;

          r) consentire alla contrattazione collettiva di regolare i percorsi professionali dei lavoratori attraverso la definizione di procedure selettive ispirate ai princìpi di trasparenza e imparzialità, al fine di premiare la professionalità effettivamente acquisita grazie all'esperienza lavorativa, e che sia valutata come adeguata alle nuove funzioni da svolgere;

          s) aggiornare le disposizioni in materia di forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale nelle pubbliche amministrazioni, al fine di circoscrivere sotto il profilo tipologico e limitare quantitativamente l'utilizzazione di tali strumenti, rendendoli coerenti con le esigenze funzionali e organizzative delle

 

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pubbliche amministrazioni, e salvaguardando il principio dell'affidamento alla contrattazione collettiva della relativa disciplina;

          t) realizzare il coordinamento, anche attraverso modifiche sostanziali, delle disposizioni che disciplinano la mobilità temporanea all'estero dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, secondo criteri di razionalizzazione e semplificazione delle procedure, assicurando comunque che in sede di valutazione del servizio svolto presso gli Stati membri dell'Unione europea e presso gli organismi comunitari o internazionali siano rispettate le condizioni di non discriminazione e di parità di trattamento rispetto a quello prestato in Italia;

          u) agevolare la mobilità volontaria, anche temporanea, dei dipendenti pubblici fra sedi e amministrazioni diverse, individuando, in particolare, metodologie e modalità che favoriscano l'incontro fra la domanda delle amministrazioni con carenze di personale e l'offerta dei lavoratori interessati; razionalizzare le forme della mobilità del personale dirigenziale e non dirigenziale connessa a processi di riorganizzazione o al trasferimento di funzioni e compiti amministrativi, in relazione ai princìpi del rispetto del fabbisogno professionale e del contenimento dei costi delle pubbliche amministrazioni;

          v) limitare fortemente la possibilità di cumulo di impieghi e incarichi dei pubblici dipendenti, e riordinare, fatta salva la specifica disciplina per i dirigenti, le disposizioni in tema di incompatibilità, al fine di procedere ad una loro razionalizzazione attraverso semplificazioni procedurali, specie in ordine al sistema delle autorizzazioni per lo svolgimento di incarichi retribuiti, e ad una migliore articolazione di istituti, casi e ipotesi concrete;

          z) confermare e rafforzare l'attribuzione in via generale al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, della giurisdizione sulle controversie di lavoro individuali e collettive relative ai rapporti alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, razionalizzando, anche mediante

 

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soppressione, le forme di intervento dell'ARAN e della Presidenza del Consiglio dei ministri in tali controversie in funzione della riduzione dei tempi del contenzioso;

          aa) rivedere e semplificare, in funzione della celere definizione delle questioni e della riduzione dei tempi del contenzioso, le disposizioni riguardanti l'interpretazione autentica dei contratti collettivi e l'accertamento pregiudiziale sull'efficacia, sulla validità e sull'interpretazione degli stessi, in particolare escludendo l'attribuzione di valore giuridico ad interpretazioni unilaterali;

          bb) operare gli opportuni adeguamenti formali delle disposizioni concernenti le norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per assicurarne il migliore coordinamento sistematico, perseguendo la semplificazione del linguaggio e la chiarezza testuale.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, in relazione all'applicabilità delle norme ivi previste agli enti rispettivamente rappresentati.


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