PDL 3252
XV LEGISLATURA
CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3252
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
d'iniziativa del deputato CAPEZZONE
Modifica all'articolo 75 della Costituzione in materia di calcolo del quorum per la validità del referendum abrogativo
Presentata il 15 novembre 2007
Onorevoli Colleghi! - L'articolo 75, quarto comma, della Costituzione prescrive, per la validità del
referendum abrogativo, la partecipazione al voto della maggioranza degli iscritti nelle liste elettorali. È a tutti noto come la fisiologica diminuzione della partecipazione elettorale, combinata con il
quorum di partecipazione della metà più uno degli iscritti nelle liste elettorali, comporti in via di fatto lo svuotamento di questo fondamentale istituto di democrazia diretta. Ora, è inaccettabile che l'efficacia delle decisioni del popolo sia subordinata al verificarsi di una condizione ormai sempre più «diabolica»: il rischio evidente a tutti è che gli elettori finiscano per sentirsi presi in giro.
Già il 18 aprile 1999 il
referendum abrogativo sul sistema elettorale vide la partecipazione di quasi la metà degli iscritti nelle liste elettorali, e per poco non risultò valido. L'esito di questo
referendum è emblematico: meno di due mesi dopo, alle elezioni europee del 13 giugno 1999 partecipò circa il 70 per cento degli elettori. In altri termini, oltre il 70 per cento dei partecipanti alle elezioni europee aveva votato anche per il
referendum del 18 aprile. Comunque sia, il 18 aprile 1999, oltre il 90 per cento dei votanti (quasi la metà del corpo elettorale) si pronunciò per l'abolizione della quota proporzionale dalla legge elettorale.
Sei anni dopo, nel 2005, i quattro quesiti di abrogazione parziale della legge 19 febbraio 2004, n. 40 («Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»), non raggiunsero, a seguito di una
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fortissima campagna astensionista, il
quorum costituzionalmente richiesto. Soltanto il 25,5-25,6 per cento degli elettori si recò alle urne, ma di questi, tra il 77,4 e l'88,8 per cento, espresse voto favorevole alle abrogazioni.
Allo stato, dunque, se un
referendum abrogativo nazionale non raccoglie il consenso favorevole di oltre il 70 per cento degli elettori che solitamente partecipano alle consultazioni elettorali (corrispondente alla metà degli iscritti nelle liste elettorali), esso non ha alcuna possibilità di riuscire, essendo infatti ormai sufficiente un 30 per cento di contrari non votanti (il 20 per cento degli iscritti) per far mancare il
quorum di validità della consultazione.
Non sarà inutile ricordare che nei Paesi di consolidata democrazia non è previsto, per la validità del
referendum, nessun
quorum strutturale. In particolare, in molti Paesi, i cittadini, con
referendum, possono perfino autorizzare (o meno) la ratifica dei trattati internazionali.
Il trattato di Maastricht, per esempio, fu ratificato dalla Francia con un
referendum cui partecipò il 69,6 per cento dei francesi, ma dove i voti favorevoli superarono di poco i contrari (51,04 per cento contro 48,96 per cento); in particolare, votò a favore della ratifica il 34,36 per cento degli iscritti nelle liste elettorali: è di tutta evidenza che se la validità di quel
referendum fosse stata subordinata al
quorum di partecipazione della metà più uno degli aventi diritto, il
referendum avrebbe potuto essere inficiato dalla mancata partecipazione dei contrari.
A fortiori, nel
referendum tenutosi in Francia il 24 settembre 2000, per l'approvazione di una revisione costituzionale estremamente rilevante (la riduzione del mandato presidenziale da sette a cinque anni), il «sì» fu maggioritario (73 per cento dei voti espressi), ma le astensioni (70 per cento degli aventi diritto) raggiunsero livelli senza precedenti.
La partecipazione a quel
referendum fu peraltro superiore a quella dei
referendum abrogativi che hanno avuto luogo in Italia il 21 maggio 2000.
La differenza è tuttavia che, in caso di
referendum, mentre i cittadini di tutti i Paesi (non soltanto quelli francesi) decidono comunque, le decisioni dei cittadini italiani sono sottoposte al verificarsi di una condizione sempre più diabolica, essendo ormai pratica consuetudinaria, da parte dei contrari al
referendum, non andare a votare per far mancare il
quorum di validità del
referendum.
Idealmente, il
quorum strutturale di validità del
referendum dovrebbe costituire una garanzia dell'effettiva rilevanza, per la maggioranza degli elettori, del quesito che cinquecentomila di loro hanno ritenuto di promuovere. Tale era, almeno, l'opinione del nostro Costituente.
Di fatto, tuttavia, la sempre decrescente partecipazione degli elettori al voto - soprattutto se referendario - consente a una sparuta minoranza di vanificare qualunque
referendum e, quindi, di ingenerare sfiducia negli elettori votanti.
La presente proposta di legge costituzionale non chiede l'abolizione pura e semplice del
quorum strutturale. Piuttosto, mantenendosi nello spirito che anima il quarto comma dell'articolo 75 della Costituzione, suggerisce di riformulare la norma in modo che i favorevoli e i contrari al
referendum si possano affrontare lealmente, senza sotterfugi, e che la voce della maggioranza non sia soffocata.
Secondo l'attuale formulazione dell'articolo 75, quarto comma, della Costituzione, invero, è sufficiente che meno di un quarto degli elettori con la partecipazione della maggioranza di essi, sia favorevole alla proposta referendaria perché questa sia approvata. In altri termini, affinché il
referendum possa spiegare i suoi effetti, è sufficiente una partecipazione al voto della metà più uno degli elettori e un voto soltanto di differenza tra favorevoli e contrari, detratte le schede bianche e nulle.
Questa proposta di revisione costituzionale intende mantenere la quota minima di elettori favorevoli alla proposta di
referendum affinché essa sia valida, ma al tempo stesso impedire che l'istituto referendario sia reso caduco in via di fatto.
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È utile ricordare, in proposito, che anche la Corte costituzionale (sentenza 29 novembre 2004, n. 372), dopo aver «rilevato che non si può considerare principio vincolante per lo statuto [regionale] la determinazione del
quorum strutturale prevista dall'art. 75 della Costituzione», la materia referendaria rientrando «espressamente, ai sensi dell'art. 123 della Costituzione, tra i contenuti obbligatori dello statuto», ha affermato che «si deve ritenere che alle Regioni è consentito di articolare variamente la propria disciplina relativa alla tipologia dei
referendum previsti in Costituzione, anche innovando ad essi sotto diversi profili, proprio perché ogni Regione può liberamente prescegliere forme, modi e criteri della partecipazione popolare ai processi di controllo democratico sugli atti regionali».
Secondo la Corte, peraltro, «non appare irragionevole, in un quadro di rilevante astensionismo elettorale, stabilire un
quorum strutturale non rigido, ma flessibile, che si adegui ai vari flussi elettorali, avendo come parametro la partecipazione del corpo elettorale alle ultime votazioni del Consiglio regionale, i cui atti appunto costituiscono oggetto della consultazione referendaria».
Nella proposta di legge costituzionale in esame il
quorum referendario resterebbe invece, come detto, rigido, ma in modo da favorire il leale confronto fra gli schìeramenti. La proposta soggetta a
referendum sarebbe, infatti, approvata se si raggiunge la maggioranza dei voti validamente espressi, a condizione che i voti favorevoli siano almeno pari a un quarto del numero degli aventi diritto al voto.
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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE
Art. 1.
1. Il quarto comma dell'articolo 75 della Costituzione è sostituito dal seguente:
«La proposta soggetta a referendum è approvata se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi e se i voti favorevoli sono pari ad almeno un quarto del numero degli aventi diritto».