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PDL 3213

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3213



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GIORDANO, MIGLIORE, MASCIA, FALOMI, ACERBO, BURGIO, CACCIARI, CARDANO, CARUSO, COGODI, DE CRISTOFARO, DE SIMONE, DEIANA, DIOGUARDI, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FOLENA, FORGIONE, FRIAS, GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA, IACOMINO, KHALIL, LOCATELLI, LOMBARDI, MANTOVANI, MUNGO, OLIVIERI, PEGOLO, PERUGIA, PROVERA, ANDREA RICCI, MARIO RICCI, ROCCHI, FRANCO RUSSO, SPERANDIO, SINISCALCHI, SMERIGLIO, ZIPPONI

Disposizioni per l'eliminazione dei costi impropri della politica e della pubblica amministrazione

Presentata il 6 novembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il tema della riforma della politica non può essere separato dalla condizione generale del Paese e dalla crescita di disuguaglianze e di privilegi da parte di una precisa classe: gli imprenditori, i dirigenti top level pubblici e privati, i banchieri, i finanzieri, il giornalismo degli opinionisti da prima pagina, il mondo dello spettacolo e dello sport professionistico. L'insieme di questo mondo privilegiato non solo ha visto crescere in maniera esponenziale i propri profitti e i propri emolumenti ma gode, per la gran parte, di un regime fiscale di assoluto privilegio. Si è verificato un accrescimento esponenziale delle ricchezze
 

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mentre l'insieme del mondo del lavoro ha perso posizioni nel potere di acquisto e il Paese intero è arretrato. Un aumento esponenziale, quindi, delle disuguaglianze come mai si è visto in questi ultimi decenni.
      Milioni di lavoratori dipendenti e di pensionati hanno visto ridotto il potere di acquisto delle loro retribuzioni, hanno perso i meccanismi automatici di adeguamento alla crescita reale del costo della vita, vedono tassati i loro modesti aumenti contrattuali, che spesso costano ore di sciopero, all'aliquota fiscale più alta, addirittura subiscono un'ulteriore erosione del loro reddito attraverso il meccanismo perverso del fiscal drag.
      Imprenditori e grandi manager, al contrario, hanno aumentato i loro redditi e, oltretutto, godono per gli incrementi dei propri emolumenti di regimi fiscali separati, in cui vi è un prelievo del 12,5 per cento, inferiore di oltre la metà a quello di lavori dipendenti e pensionati e ridotto del 50 per cento rispetto alla media europea. Quando si parla di tassare le rendite finanziarie e i guadagni speculativi almeno quanto avviene in Europa, parliamo precisamente di intervenire per eliminare questa intollerabile condizione di privilegio. Di questi temi il gruppo parlamentare Rifondazione comunista-Sinistra europea si occupa da dieci anni e non sente quindi il peso di una conversione tardiva alla riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione: a tal proposito basti ricordare la nostra proposta di legge della XIII legislatura (atto Camera n. 6288).
      Risulta, in questo contesto, veramente incredibile che siano proprio i rappresentanti di questa classe privilegiata e favorita coloro i quali si ergono a paladini della moralizzazione e della buona politica. Il tema dei costi della politica non può essere separato, inoltre, da quello del rapporto perverso tra affari e politica che rappresenta un peso insopportabile. I dati dell'ultimo rapporto internazionale sulla corruzione nel mondo parlano assai chiaro. L'Italia è al 41o posto nel mondo per la corruzione nel settore pubblico. Lo studio di Trasparency International, che investe 180 Paesi in tutto il mondo, vede quest'anno al primo posto la Danimarca, la Finlandia e la Nuova Zelanda con 9,4 punti. Vi è una stretta correlazione tra la corruzione e la povertà: il 40 per cento delle nazioni che hanno un voto inferiore a 3 risulta infatti essere estremamente povero. È calcolato che ogni punto in meno di 10 nella classifica della trasparenza (l'Italia ha solo 5,2 punti) corrisponde al 16 per cento in meno degli investimenti stranieri con conseguenze disastrose su prodotto interno lordo (PIL) e occupazione. La corruzione ha un costo insopportabile per il sistema Paese: autorevoli fonti stimano infatti che il 2,5 per cento del nostro PIL finisca in tangenti ed è possibile quantificare il danno provocato dalla corruzione nell'ordine di grandezza di 70 miliardi di euro. Il settore degli approvvigionamenti della pubblica amministrazione risulta essere uno dei settori più corrotti e sempre Trasparency International calcola che interessi il 20-22 per cento del volume totale degli acquisti. Poco indagati e pubblicizzati sono i dati sulla corruzione interna alle aziende private, a partire dalle grandi multinazionali che operano in Italia, e su quella diffusa nei punti sensibili delle vendite e degli approvvigionamenti.
      Affermiamo tuttavia la più netta contrarietà ad affrontare il tema attraverso il taglio dei livelli più decentrati della partecipazione: i consigli circoscrizionali, i consigli municipali, i consigli comunali. La questione, invece, consiste nel non separare, come fa ipocritamente una gran parte dei mezzi di informazione che alimentano la campagna dell'antipolitica, i costi enormi scaricati sulla collettività dal rapporto tra affari e politica e dalla corruzione, dal peso crescente sui bilanci pubblici, dai costi indotti dall'impiego di consulenze esterne e dalle cosiddette «esternalizzazioni», nonché dalla zavorra rappresentata dal proliferare di enti istituzionali di secondo livello (ognuno con consiglio di amministrazione e collegio sindacale).
      Giuste queste premesse, abbiamo costruito una proposta di legge che si
 

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occupasse globalmente del problema, consapevoli del fatto che alcune norme non sono di competenza del Parlamento, ma delle assemblee legislative regionali o delle province autonome. Stiamo a tal proposito sollecitando un impegno coerente anche in quelle sedi dei rappresentanti di Rifondazione comunista-Sinistra europea e della sinistra tutta. Nel dettaglio la presente proposta di legge si ripartisce in quattro capi: le norme sugli organi delle società pubbliche e sui contratti di assicurazione degli enti pubblici; le norme sulla composizione numerica del Governo; le norme sugli enti locali e sulle regioni; le norme sulla soppressione di enti e autorità.
      Il taglio ai costi impropri della politica e della pubblica amministrazione deve cominciare dal trattamento economico di coloro che a qualsiasi titolo ricevano un munus dalla pubblica amministrazione. Poiché non siamo adusi ad una propaganda demagogica vogliamo intervenire con una proposta di legge ad hoc: in essa vogliamo fissare il limite massimo di retribuzione per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione pari a dieci volte la media della retribuzione di un assunto nella pubblica amministrazione a tempo pieno e indeterminato con il livello più basso. Così facendo operiamo in una duplice direzione: quella perequativa, giacché omogeneizziamo il parametro della remunerazione in tutta le pubblica amministrazione, e quella semplificativa, giacché è semplificata e resa di dominio pubblico la remunerazione del singolo pubblico dipendente o eletto. Occorre intervenire sui costi della politica istituzionale, del sottogoverno, degli sprechi e delle spese clientelari ma salvaguardare il carattere pluralistico, democratico, proporzionale, decentrato e partecipativo del nostro sistema costituzionale. Ecco perché i tagli dimensionali possono riguardare gli apparati esecutivi di primo e di secondo livello ma non le assemblee rappresentative e i consigli.
      A fronte di una riduzione corposa della composizione numerica parlamentare da noi sostenuta da varie legislature ed in questa, per mezzo del progetto di legge costituzionale atto Camera n. 2572, la nostra proposta di legge riduce in maniera significativa i componenti degli organi collegiali di tutte le società pubbliche e delle autorità indipendenti (articoli 1 e 19). Nondimeno viene ribassato il numero dei componenti degli organi di governo locale e nazionale, riprendendo lo spirito del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, opera di Franco Bassanini, che ha riformato l'amministrazione governativa centrale e periferica in base ai princìpi contenuti nella legge 15 marzo 1997, n. 59. Il decreto legislativo n. 300 del 1999 aveva infatti approntato una riduzione della composizione del Consiglio dei ministri a dodici Ministeri, ma tale riduzione è stata superata proprio dalla maggioranza politica cui prendiamo parte, che ha erroneamente creato 101 posizioni di Governo. In forza degli articoli 3 e 4 la composizione numerica del Governo non può superare complessivamente le 60 unità delle quali: 16 relative ai Ministeri con portafoglio, 4 ai Ministri senza portafoglio, 40 relative alle posizioni di Sottosegretario di Stato, tra le quali 8 vice Ministri.
      L'articolo 6, nella medesima ratio normativa, restringe il numero dei componenti delle giunte comunali e provinciali fissando in un quarto il rapporto tra i consiglieri eletti direttamente dal popolo e gli assessori nominati dai sindaci e dai presidenti della provincia. Non intendiamo, invece, compromettere una relazione efficace e immediata tra elettori ed eletti, quindi riteniamo controproducente ridurre i consiglieri comunali e provinciali, il cui numero - per verità - era già stato ridimensionato con l'approvazione del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      La presente proposta di legge non si esime dal proporre una perequazione del sistema delle autonomie locali. Non ci sottraiamo quindi dal proporre una corposa riduzione delle comunità montane,
 

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evitando che fruiscano di questo status comuni privi di un'effettiva connessione con territori montuosi, con l'articolo 7, esattamente come all'articolo 8, non ci sottraiamo ad una riforma delle circoscrizioni del decentramento introducendo i municipi, per i comuni sopra i 200.000 abitanti, e confermando la possibilità di istituire le circoscrizioni per i comuni sopra i 100.000 abitanti e per i capoluoghi di provincia con popolazione superiore ai 50.000 abitanti. Vogliamo tuttavia depurare da scorie opportunistiche la passione politica, pertanto abbiamo accettato di ridurre la possibilità di godere dell'indennità e dello status di amministratore locale ai soli membri di organi comunali e municipali. L'abolizione delle indennità per i consiglieri circoscrizionali può consentire senza alcun aggravio finanziario il mantenimento della possibilità per i comuni superiori a 200.000 abitanti di istituire i municipi. Bisogna inoltre rimettere al centro il valore della responsabilità dell'eletto, del nominato o del dirigente pubblico nei confronti della collettività: per questo l'articolo 2 annulla tutte le assicurazioni riguardanti la responsabilità contabile e per danni cagionati allo Stato o ad altri enti pubblici. Si tratta parimenti di corroborare un giudizio meno influenzato possibile dalla burocrazia politica da parte della Corte dei conti, perciò l'articolo 11 sopprime la nomina dei componenti nominati da parte dei consigli regionali o dei consigli delle autonomie locali.
      I costi del sottogoverno locale e le spese di rappresentanza sono i meno comprensibili a una cittadinanza attenta al principio dell'articolo 97 della Costituzione, circa il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione pubblica. Non possiamo quindi esimerci dall'abolire per questi enti, e ridurre per le regioni, la possibilità di acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri (articoli 9-10).
      Abbiamo infine voluto imprimere una svolta alla pubblica amministrazione sopprimendo una serie di «enti inutili» e di autorità indipendenti che rappresentano doppioni di altri o svuotano il potere dei Ministri. Abbiamo conseguentemente proposto la soppressione di otto enti, segnatamente: l'Ente italiano montagna, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione, la Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo, l'Istituto per la promozione industriale (articoli 12-18 e 21). Le autorità indipendenti rimaste in vita possono essere potenziate con un aumento del personale e delle professionalità, ma in questa proposta di legge riduciamo i componenti degli organi collegiali, rispettivamente dimezzandoli nell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e riducendoli a cinque nella Commissione di garanzia per la regolamentazione del diritto di sciopero.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
NORME SUGLI ORGANI DELLE SOCIETÀ PUBBLICHE E SUI CONTRATTI DI ASSICURAZIONE DEGLI ENTI PUBBLICI

Art. 1.
(Riduzione dei componenti degli organi di società a partecipazione pubblica).

      1. I consigli di amministrazione delle società a capitale interamente o prevalentemente pubblico non possono essere composti da più di tre consiglieri.
      2. I collegi dei revisori dei conti delle società a capitale interamente o prevalentemente pubblico non possono essere composti da più di tre componenti.

Art. 2.
(Nullità di contratti di assicurazione).

      1. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicura i propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad altri enti pubblici e la responsabilità contabile.

Capo II
NORME SULLA COMPOSIZIONE NUMERICA DEL GOVERNO

Art. 3.
(Numero dei Ministri).

      1. Il comma 1 dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «1. I Ministeri sono sedici. Il numero totale dei Ministri non può essere superiore

 

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a venti, ivi compresi i Ministri senza portafoglio».

      2. Il Governo provvede ad apportare le necessarie modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, ai sensi del comma 1 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo, come da ultimo sostituito dal comma 1 del presente articolo, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 4.
(Numero dei Sottosegretari di Stato e dei vice Ministri).

      1. Il comma 1 dell'articolo 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è sostituito dal seguente:

      «1. I sottosegretari di Stato sono nominati, in un numero massimo di quaranta, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro che il sottosegretario è chiamato a coadiuvare, sentito il Consiglio dei ministri».

      2. Il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 10 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «Fermi restando la responsabilità politica e i poteri di indirizzo politico dei Ministri ai sensi dell'articolo 95 della Costituzione, a non più di otto sottosegretari di Stato può essere attribuito il titolo di vice ministro, se ad essi sono conferite deleghe relative all'intera area di competenza di una o più strutture dipartimentali ovvero di più direzioni generali. In tale caso la delega, conferita dal Ministro competente, è approvata dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri».

 

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Capo III
NORME SUGLI ENTI LOCALI E SULLE REGIONI

Art. 5.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di indennità degli eletti).

      1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 82:

              1) i commi 4 e 11 sono abrogati;

              2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «11-bis. Il Ministro dell'interno invia annualmente una relazione al Parlamento indicando il contenuto e le motivazioni del decreto di cui al comma 8 e l'ammontare della spesa relativa»;

          b) all'articolo 85, il comma 1 è abrogato;

          c) l'articolo 87 è abrogato.

Art. 6.
(Riduzione del numero degli assessori).

      1. Al comma 1 dell'articolo 47 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole da: «che non deve essere» fino alla fine del comma, sono sostituite dalle seguenti: «che non deve essere superiore a un quarto, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a quindici unità».
      2. Le lettere a) e b) del comma 5 dell'articolo 47 del citato testo unico di cui

 

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al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono sostituite dalle seguenti:

          «a) non superiore a 3 nei comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti; non superiore a 4 nei comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 10.000 abitanti; non superiore a 5 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 30.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 30.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 7 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 150.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 8 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 200.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 200.001 e 300.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 300.001 e 500.000 abitanti; non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 15 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

          b) non superiore a 5 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 7 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 9 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 11 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri».

      3. Le disposizioni dell'articolo 47 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dai commi 1 e 2 del presente articolo, entrano in vigore a decorrere dalle prime elezioni comunali e provinciali successive alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 7.
(Razionalizzazione della funzionalità dei costi delle comunità montane).

      1. L'articolo 27 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

      «Art. 27. - (Natura e ruolo). - 1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite per l'esercizio di funzioni attribuite

 

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dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l'esercizio associato dalle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane.
      2. La comunità montana ha un organo consiliare e uno esecutivo le cui modalità sono disciplinate dallo statuto.
      3. La regione individua gli ambiti per la costituzione delle comunità montane, anche su base interprovinciale, sulla base dei seguenti princìpi:

          a) la costituzione della comunità deve avvenire tra almeno cinque comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali devono essere situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine sul livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di 500 metri di altitudine e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e quella superiore non è minore di 500 metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e di dislivello di cui al periodo precedente è di 600 metri. Gli altri comuni devono essere confinanti con almeno sette comuni;

          b) deve essere prevista l'esclusione dalle comunità montane dei capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

      4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefìci e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea o dalle leggi statali e regionali.
      5. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo:

          a) le modalità di approvazione dello statuto;

          b) la composizione degli organi, in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro;

          c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

          d) i criteri di ripartizione dei finanziamenti;

 

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          e) i rapporti con gli altri enti operanti sul territorio.

      6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una sola comunità sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali».

      2. Le regioni provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'attuazione dell'articolo 27 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.
      3. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, cessano di appartenere alle comunità montane i comuni:

          a) capoluoghi di provincia;

          b) costieri;

          c) con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

          d) non rispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 3, lettera a), e 5, lettera b), dell'articolo 27 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.

      4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2 sono soppresse le comunità montane composte da meno di cinque comuni.
      5. Le regioni provvedono, entro il 30 giugno 2008, a disciplinare gli effetti dell'attuazione di cui ai commi 2, 3 e 4, facendo salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni provvedono altresì a disciplinare la successione in tutti i rapporti giuridici, ivi inclusi quelli di lavoro a tempo indeterminato, e ad ogni effetto, anche processuale, e in relazione alle obbligazioni cui si applicano i princìpi di solidarietà attiva e passiva.

 

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Art. 8.
(Modifica allo status di amministratore locale e alle circoscrizioni del decentramento comunale).

      1. L'articolo 17 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

      «Art. 17. - (Municipi e circoscrizioni). - 1. I comuni capoluogo di città metropolitane e i comuni con almeno 200.001 abitanti possono istituire organismi di decentramento comunale denominati «municipi», i cui organi sono il presidente, la giunta e il consiglio.
      2. Gli statuti determinano le funzioni, l'autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, con il rinvio alla normativa applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria.
      3. I comuni con popolazione tra 100.001 e 200.000 abitanti, nonché i capoluoghi di provincia con popolazione superiore a 50.000 abitanti, possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni di decentramento.
      4. Per i componenti degli organi delle circoscrizioni non sono previsti gettoni di presenza».

      2. Al comma 2 dell'articolo 77 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le parole: «nonché i componenti degli organi di decentramento» sono sostituite dalle seguenti: «nonché i componenti degli organi istituzionali dei municipi».
      3. Il comma 2 dell'articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18

 

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agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «2. I consiglieri comunali, provinciali, municipali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e a commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito nell'ambito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari a un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8».

Art. 9.
(Norme sulle funzioni fondamentali degli enti locali).

      1. Non è consentito a comuni e a province, anche in forma associata, acquistare o gestire sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
      2. Non è consentita a comuni e a province, anche in forma associata, l'istituzione o la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque lo svolgimento di attività dirette a tali fini.
      3. Non è consentito a comuni e a province, anche in forma associata, partecipare a soggetti pubblici o privati che svolgono le attività di cui ai commi 1 e 2, né sostenere attività da parte di terzi nell'ambito delle fattispecie di cui ai medesimi commi.
      4. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute da comuni e da province, anche in forma associata, nell'ambito delle fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3.
      5. Qualora i comuni e le province sostengano, anche in forma associata, spese ricadenti nelle fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3, una cifra pari alle spese da ciascun ente sostenute nell'anno è detratta dai fondi a qualsiasi titolo trasferiti allo stesso ente dallo Stato nel medesimo anno.

 

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Art. 10.
(Norme di principio sul coordinamento della finanza pubblica).

      1. Fatti salvi gli uffici di rappresentanza delle regioni presso gli organi dell'Unione europea, non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l'acquisto o la gestione di sedi di rappresentanza in Paesi esteri.
      2. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute dalle regioni per l'istituzione o la gestione in Paesi esteri di consulte, comitati, uffici di promozione economica, commerciale, turistica, culturale, o comunque per lo svolgimento di attività dirette a tali fini.
      3. Non possono essere coperte con fondi derivanti da trasferimenti a qualunque titolo da parte dello Stato le spese sostenute da regioni ed enti locali per la partecipazione a soggetti pubblici o privati che svolgono le attività di cui ai commi 1 e 2, o per il sostegno di attività da parte di terzi nell'ambito delle fattispecie di cui ai medesimi commi.
      4. Qualora le regioni sostengano spese ricadenti nelle fattispecie di cui ai commi 1, 2 e 3, una cifra pari alle spese da ciascuna regione sostenute nell'anno è detratta dai fondi a qualsiasi titolo trasferiti alla regione stessa dallo Stato nel medesimo anno.

Art. 11.
(Soppressione della nomina regionale di consiglieri della Corte dei conti).

      1. Il comma 9 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato.
      2. I consiglieri già nominati alla Corte dei conti ai sensi del comma 9 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, cessano dalla carica con effetto dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

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Dalla medesima data termina la corresponsione ai medesimi consiglieri degli emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.

Capo IV
SOPPRESSIONE DI ENTI E AUTORITÀ

Art. 12.
(Soppressione dell'EIM).

      1. L'Ente italiano montagna (EIM), istituito dall'articolo 1, comma 1279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è soppresso. Le competenze dell'EIM sono trasferite a un dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
      2. Il funzionamento del dipartimento di cui al comma 1 è disciplinato con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Art. 13.
(Soppressione dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).

      1. L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, disciplinata dagli articoli 6 e seguenti del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, è soppressa.

Art. 14.
(Soppressione della COVIP).

      1. La Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, è soppressa.
      2. Le funzioni della COVIP sono conferite all'Istituto nazionale della previdenza

 

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sociale, che provvede a disciplinarne l'esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 15.
(Soppressione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas).

      1. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni, è soppressa.
      2. Le funzioni dell'Autorità soppressa ai sensi del comma 1 sono conferite all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede a disciplinarne l'esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 16.
(Soppressione del CNIPA).

      1. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA), di cui agli articoli 4 e seguenti del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, e successive modificazioni, è soppresso.

Art. 17.
(Soppressione della Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi).

      1. La Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi, di cui all'articolo 27 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è soppressa.

Art. 18.
(Soppressione dell'ISVAP).

      1. L'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), di cui alla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modificazioni, è soppresso.

 

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      2. Le funzioni dell'ISVAP sono conferite all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che provvede a disciplinarne l'esercizio entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 19.
(Riduzione del numero dei componenti delle autorità indipendenti e delle relative indennità).

      1. Il comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, è sostituito dal seguente:

      «3. Sono organi dell'Autorità il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio. Ciascuna commissione è organo collegiale costituito dal presidente dell'Autorità e da due commissari. Il consiglio è costituito dal presidente e da tutti i commissari. Il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggono due commissari ciascuno, i quali sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica. In caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede all'elezione di un nuovo commissario che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorità. Al commissario che subentri quando mancano meno di tre anni alla predetta scadenza ordinaria non si applica il divieto di conferma di cui all'articolo 2, comma 8, della legge 14 novembre 1995, n. 481. Il presidente dell'Autorità è nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro delle comunicazioni. La designazione del nominativo del presidente dell'Autorità è previamente sottoposta al parere delle competenti Commissioni parlamentari ai sensi dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481, e successive modificazioni».

      2. Il comma 6 dell'articolo 153 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30

 

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giugno 2003, n. 196, è sostituito dal seguente:

      «6. Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante a un presidente di sezione della Corte di cassazione. Ai membri compete un'indennità di funzione non eccedente, nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente. Le predette indennità di funzione sono determinate ai sensi dell'articolo 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1998, n. 501, in misura tale da poter essere corrisposte a carico degli ordinari stanziamenti».

      3. Il comma 2 dell'articolo 12 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «2. La Commissione è composta da cinque membri, scelti, su designazione dei Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, tra esperti in materia di diritto costituzionale, di diritto del lavoro e di relazioni industriali, e nominati con decreto del Presidente della Repubblica».

      4. Il comma 3 dell'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è sostituito dal seguente:

      «3. I membri dell'Autorità sono nominati per sette anni e non possono essere confermati. Essi non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura. I dipendenti statali sono collocati fuori ruolo per l'intera durata del mandato. Al presidente compete una indennità di funzione non eccedente, nel massimo, la retribuzione spettante a un presidente di sezione della Corte di cassazione. Ai membri compete un'indennità di funzione non eccedente, nel massimo, i due terzi di quella spettante al presidente».

 

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Art. 20.
(Trasferimento di funzioni conseguente alla soppressione di enti e autorità).

      1. Salvo quanto disposto rispettivamente dagli articoli 14, 15 e 18 con riferimento alla COVIP, all'Autorità per l'energia elettrica e il gas e all'ISVAP, le funzioni già svolte dalle strutture soppresse ai sensi del presente capo sono attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri o ai Ministeri competenti in ciascuna materia, secondo quanto disposto con regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
      2. Il personale dipendente in servizio presso le strutture soppresse ai sensi del presente capo è assegnato ad altra amministrazione secondo quanto previsto dall'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, con il riconoscimento delle condizioni economiche e normative applicabili presso le strutture di nuova assegnazione.
      3. Decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano dalla carica i commissari e i membri delle strutture soppresse ai sensi del presente capo, comunque eletti o nominati. Dalla medesima data termina la corresponsione ai medesimi soggetti degli emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.

Art. 21.
(Soppressione dell'IPI).

      1. L'Istituto per la promozione industriale (IPI), di cui all'articolo 17 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, è soppresso.
      2. Le risorse rese disponibili dalla soppressone dell'IPI disposta ai sensi del comma 1 sono destinate ai medesimi fini di promozione attraverso le strutture ordinarie dei Ministeri competenti per materia.


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