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PDL 3230

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3230


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

D'AGRÒ, CASINI, CESA, VOLONTÈ, TABACCI

Disposizioni per la formulazione del Piano energetico nazionale, per la produzione razionale di energia sostenibile e per la realizzazione di impianti nucleari

Presentata l'8 novembre 2007

      

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Onorevoli Colleghi! - Se il sistema energetico dell'Unione europea può definirsi fragile, facendo registrare un livello di dipendenza del 50 per cento destinato a salire al 70 per cento nel 2030, la situazione italiana è critica se non drammatica, in quanto ha superato da tempo il valore dell'80 per cento. Questa situazione comporta due conseguenze dirette: una elevata esposizione alle dinamiche dei prezzi dei combustibili ed un forte condizionamento rispetto al rischio di black out del Paese, soprattutto nei mesi invernali.
      Oggi in Italia, per la produzione di energia elettrica, si utilizza quasi esclusivamente gas naturale, una fonte energetica che presenta una quotazione legata al mercato del petrolio - e quindi in forte crescita - e un'offerta rigida dovuta alla fornitura a mezzo di metanodotti controllati dagli stessi fornitori, Algeria, Russia e Libia, Paesi inseriti in aree geopolitiche instabili.
      Un rischio non compensato dalla costruzione - peraltro ritardata e contrastata - di nuovi rigassificatori, visto come tutte le aree interessate allo sfruttamento della risorsa gas sono polveriere pronte ad esplodere. Analogamente si può dire della risorsa petrolio, fonte energetica inquinante e pertanto in contrasto con le politiche di riduzione di CO2 in atmosfera, in adempimento di precisi obblighi internazionali e comunitari.
      Non è quindi sbagliato parlare di «democrazia energetica» e non è un caso se la Russia sia tornata al centro dell'attenzione
 

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mondiale, grazie anche al tema energetico utilizzato come arma di pressione politica verso Paesi contermini.
      Oggi il nostro Paese deve rivedere le proprie strategie con un approccio coordinato, calato nel contesto sopranazionale e in grado, in base ad indirizzi e programmi di lungo periodo, di coordinare in maniera unitaria i diversi livelli di governo per realizzare una produzione nazionale «razionale di energia sostenibile» che assicuri sicurezza energetica, stabilità economica e un'efficace azione contro i cambiamenti climatici.
      Alla luce del progresso tecnologico occorre una nuova e approfondita riflessione priva di pregiudizi sulla questione nucleare.
      In Europa, tutti i grandi Paesi producono l'energia elettrica attraverso un mix di carbone e nucleare. Nel calcolo del futuro «70 per cento», in Germania e Regno Unito il mix è pressoché paritetico, mentre in Francia ed in Danimarca sarà dato rispettivamente dal solo nucleare e dal solo carbone; nessun Paese avrà la quota di energia prodotta da metano come in Italia.
      Questa situazione ha risvolti evidenti, con i più alti costi sostenuti dalle famiglie e dalle imprese e, conseguentemente, la minore competitività del sistema produttivo che tende ad una «delocalizzazione energetica». È, infatti, un dato acquisito che i costi di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica in Italia non siano più elevati che negli altri Paesi, ma che lo squilibrio derivi dai maggiori costi di produzione.
      Le conseguenze, sul piano della competitività del sistema risultano evidenti: basti ricordare le campagne promozionali condotte, soprattutto nelle regioni di confine, dal governo francese per il trasferimento oltralpe di attività produttive energivore per beneficiare di tariffe più basse.
      Riconsiderare le scelte nazionali sull'energia nucleare, oltre al superamento della nostra vulnerabilità strategica derivante dalla dipendenza energetica risulta anche utile ai fini ambientali ed è fortemente auspicato a livello europeo (si veda il Libro Verde «Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura» COM (2006) 105, def.).
      Il problema del contenimento delle emissioni dei gas serra (non solo dell'anidride carbonica, ma anche di altri gas, tra i quali uno dei più nocivi è il metano) non può essere risolto con la riproposizione di interventi manifestamente inadeguati. Il generico invito al cambiamento di stile di vita, alla promozione dell'aumento dell'efficienza energetica e al risparmio nei consumi, ottenuti magari attraverso un ulteriore inasprimento del carico fiscale o la velleitaria propensione a risolvere la questione mediante ricorso alle fonti rinnovabili, certamente utili ma non esaustive, risulta insufficiente rispetto alla sfida che il futuro prossimo ci impone.
      La gravità del quadro è, inoltre, accentuata dalla circostanza che attualmente i consumi sono più elevati e soprattutto crescono a ritmi più sostenuti nei Paesi che non hanno sottoscritto il Protocollo di Kyoto (tra i quali basti menzionare Stati Uniti d'America, India e Cina, con quest'ultima che ha in costruzione trenta centrali a carbone e dieci centrali nucleari).
      Il contributo decisivo che può arrivare dal nucleare al contenimento delle emissioni dei gas serra è stato più volte sottolineato nel diagolo tra i Paesi maggiormente industrializzati. Peraltro, dovrebbe far riflettere la circostanza che l'Italia è l'unico Paese del G8 che non utilizza l'energia nucleare e che non riesce a rispettare gli impegni di contenimento delle emissioni assunti con il Protocollo di Kyoto, impegni che siamo i primi a dichiarare drammaticamente insufficienti. A tal proposito val la pena sottolineare come, oltre all'approvvigionamento di gas, dalla Russia acquistiamo - con notevoli oneri - anche i certificati verdi per le maggiori emissioni di CO2 in atmosfera rispetto alla misura assegnataci dal Protocollo in questione.
      È necessario quindi procedere, in un arco temporale coerente con le grandi urgenze e con i tempi tecnici necessari, all'adozione di opzioni sicure, evitando continui rinvii, in attesa di soluzioni futuristiche quali la fusione nucleare o
 

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l'idrogeno, a proposito del quale si dimentica spesso che è un vettore e non una fonte energetica.
      Questa considerazione, ovviamente, vale anche per il nucleare attuale, quello da fissione, nel senso che non è accettabile che si rinvii ogni concreta decisione in attesa di una nuova generazione di reattori (la cosiddetta Generation IV) i cui primi impianti su scala industriale non entreranno in funzione prima di venti o, più probabilmente, trenta anni.
      Se il nucleare è una strada da ripercorrere senza pregiudizi, allora diventa importante adoperarsi per una maggiore integrazione del nostro Paese a livello europeo sul fronte tecnologico.
      L'obiettivo del coordinamento delle politiche energetiche fu negli anni '50 alla base della prima concreta azione verso la costruzione dell'Europa attraverso la CECA (Comunità europea del carbone e dell'acciaio) e l'EURATOM. Occorre riprendere e attualizzare l'intuizione dei padri fondatori e mobilitare le capacità decisionali e operative dell'Europa per evitare i rischi che la dipendenza energetica comporta. L'Unione europea sarebbe rafforzata, nella sua dimensione economica e monetaria (per non parlare di quella della politica estera), da un'unitarietà di intervento sul fronte energetico, a cominciare dal segmento nucleare che, per vari motivi, più stringentemente richiede un approccio che vada al di là dello specifico nazionale, in piena applicazione del principio di sussidiarietà allargata.
      Occorre, pertanto, favorire forme di collaborazione strette soprattutto con il nucleo fondante franco-tedesco che ha tutte le caratteristiche per divenire dominante sui mercati non solo europei, vista la presenza francese nel programma nucleare cinese. Sono evidenti i potenziali vantaggi in termini di scelta di filiera derivanti da una integrazione a livello europeo - del tipo di impianti e relativi servizi del ciclo del combustibile nucleare - beneficiando non solo della capitalizzazione della grande esperienza accumulata in Francia e in Germania, ma anche della standardizzazione e della concentrazione di risorse e competenze.
      A nostro giudizio ne deriverebbe una maggiore solidità del sistema energetico europeo ed anche un contributo alla costruzione di un'Europa che sappia rispondere alle grandi sfide in modo integrato e non frammentato, ora spesso contraddittorio e velleitario.
      Una forte integrazione a livello europeo darebbe notevoli vantaggi anche sul fronte della sicurezza, con riferimento ad un sistema comune di criteri e regole e a strutture comuni - comunque coordinate e in stretta collaborazione - per i processi autorizzativi e di controllo nonché nelle fasi di progettazione, costruzione e messa in esercizio delle centrali. Del resto non mancano esempi di integrazione già operanti sulle tematiche della sicurezza, come nel settore alimentare e, in prospettiva, in quello del controllo del traffico aereo. Oltre ai vantaggi sostanziali sul piano tecnico, si avrebbe in molti Paesi, inclusa l'Italia, anche un aumento, forse decisivo, della credibilità del sistema di sicurezza che tanto influenza gli umori della pubblica opinione.
      Nel quadro di questa stretta integrazione a livello europeo troverebbe soluzione efficace anche la questione (da più parti presentata in termini esasperati) della gestione dei rifiuti radioattivi. Potrebbe rimanere, infatti, la responsabilità dei singoli Paesi nella gestione dei rifiuti che la normativa definisce di prima e seconda categoria e che peraltro si producono anche per usi di materiali radioattivi nel settore biomedicale o nei settori industriali diversi da quello della produzione energetica, mentre ricadrebbe nella responsabilità di un'autorità di livello europeo la gestione dei rifiuti di terza categoria. I ridotti volumi di questi rifiuti rendono molto vantaggioso il fattore di scala derivante da una gestione multinazionale; del resto l'esperienza francese e quella tedesca dimostrano la percorribilità di soluzioni sperimentate in ambito europeo. Per la verità, la gestione dei rifiuti radioattivi dovrebbe essere oggetto di collaborazione ad un più ampio livello inter
 

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nazionale e l'Agenzia internazionale dell'energia atomica delle Nazioni Unite (AIEA), ora dedita quasi esclusivamente ai controlli contro la proliferazione nucleare, su indicazioni dei Governi, potrebbe affrontare, velocemente e con grande competenza, questa questione e più in generale anche l'approccio a livello internazionale in tema di sicurezza.
      A voler considerare l'opzione nucleare, dal punto di vista prettamente finanziario, va tenuto presente che, mentre è incontestabile il minor costo del chilowattora prodotto per questa via, sono favoriti l'occupazione, la ricerca, la crescita del prodotto interno lordo e la bilancia dei pagamenti, nonché la certezza degli approvvigionamenti e il controllo della dinamica dei costi. Bisogna, però, ricordare che, in chiave di investimenti, sono necessari capitali elevati ed una credibile valutazione dei tempi necessari per le autorizzazioni e la costruzione degli impianti.
      Il capitale privato, in una fase caratterizzata da una finanziarizzazione dell'economia con aspetti prevalenti di speculazione a breve, ha alternative più gradite di un impegno nel settore nucleare. Questa circostanza ha rallentato finora gli ordinativi di nuove centrali nucleari nei Paesi industrialmente avanzati. La soluzione adottata altrove viene dall'impegno diretto dello Stato come in Francia attraverso l'EDF (Electricité de France), dalla gestione diretta da parte dello Stato, come nel Regno Unito dopo la privatizzazione del settore elettrico, o da un sistema di copertura assicurativa, garantita dallo Stato, che riduca i rischi finanziari eccessivi non accettati dall'investitore privato. Per l'Italia, la SACE Spa potrebbe costituire un partner efficace per un approccio ad un investimento sicuro.
      Considerazioni analoghe - o meglio simmetriche - rispetto ad una integrazione europea si pongono nel rapporto tra Stato e regioni, in particolare dopo le modifiche costituzionali che hanno rimesso la materia alla potestà legislativa concorrente. La principale conseguenza del nuovo assetto è che, mentre resta responsabilità primaria dello Stato la programmazione energetica a livello strategico (quindi decisioni quali il mix di fonti, il grado di autonomia energetica perseguito, il quadro geopolitico di diversificazione degli approvvigionamenti, le collaborazioni internazionali, l'assetto strutturale degli organi tecnici dello Stato, la realizzazione di infrastrutture), compete alle regioni una dimensione più operativa che attiene alle scelte territoriali, alla promozione dell'uso razionale dell'energia e alla localizzazione dei singoli impianti. La previsione di un Comitato di Ministri che elabori un Piano energetico a livello strategico, avvalendosi di apporti provenienti da più parti (incluse ovviamente le tecnostrutture dello Stato, ma anche la comunità scientifica in generale) e di una Conferenza nazionale per raccogliere prima della decisione ulteriori punti di vista potrebbe stemperare gli inevitabili dissensi. Allo stesso Comitato verrebbe conferita la responsabilità di interloquire con le regioni e la supervisione sulla fase attuativa.
      Riveste particolare delicatezza la questione della localizzazione degli impianti nucleari: ricordato che un coinvolgimento di strutture tecniche a livello di Unione europea darebbe credibilità alle soluzioni identificate, rimane l'esigenza di prevedere un potere sostitutivo dello Stato, giustificato dal rilievo che alcuni impianti energetici, e in particolare gli impianti nucleari, rivestono per la sicurezza nazionale. Per quanto riguarda i dettagli dell'iter procedurale di autorizzazione e vigilanza, è consigliabile che la definizione sia rinviata, tramite delega che fissi i princìpi fondamentali, a un decreto legislativo, non essendo realistico che si pensi di affrontare l'argomento in sede parlamentare.
      Un breve accenno alla questione referendaria va fatto: se è vero che sarebbe erroneo affermare perentoriamente che l'elettorato si è, con quel referendum, pronunciato contro l'uso dell'energia nucleare in Italia, è pur vero che sono stati accolti tre quesiti per l'abrogazione di precise disposizioni.
 

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      Prima di analizzare brevemente il quadro proposto occorre in via generale sottolineare che la questione referendaria deve oggi essere riletta con riferimento prima di tutto al mutato quadro internazionale come descritto. La questione energetica si pone oggi in maniera diversa anche per i nuovi aspetti di diritto internazionale legati allo sviluppo sostenibile, che impongono di pensare alle generazioni future, ed incidono sulla sicurezza nazionale, in un quadro geopolitico molto critico.
      È utile ricordare che, con riferimento alle collaborazioni internazionali, una norma di legge ha già superato l'esito del referendum nella parte del quesito che ha portato all'abrogazione della norma che consentiva all'ENEL (Ente nazionale per l'energia elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all'estero (articolo unico della legge n. 856 del 1973, che modificava l'articolo 1 della legge n. 1643 del 1962 istitutiva dell'ENEL).
      Il comma 42 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, infatti recita: «I produttori nazionali di energia elettrica possono, eventualmente in compartecipazione con imprese di altri paesi, svolgere attività di realizzazione e di esercizio di impianti localizzati all'estero, anche al fine di importarne l'energia prodotta».
      Per quanto riguarda gli altri quesiti referendari, il più delicato è relativo alla abrogazione delle norme che prevedevano la messa a disposizione di incentivi per le comunità locali delle aree destinate ad ospitare gli impianti; si pone quindi la questione della percorribilità di una nuova disposizione legislativa al riguardo.
      Occorre sottolineare la differenza di approccio delle norme proposte con quelle abrogate con il referendum. I quesiti referendari riguardavano infatti esclusivamente incentivi ai comuni e alle regioni come misure di compensazione alla localizzazione degli impianti. Le norme proposte, sono invece dirette, per quanto riguarda la produzione di energia nucleare, a cittadini e imprese; esse pertanto si inseriscono in un più ampio quadro di misure rivolte a favorire l'informazione, la partecipazione dei cittadini e la trasparenza, collocandosi a garanzia dei diritti fondamentali che portano, come successo in Francia, le comunità locali ad accettare tranquillamente la presenza degli impianti conoscendone il livello di sicurezza e il vantaggio indiretto della localizzazione. I comuni e le province sono destinatari di risorse e contributi in quanto ospitano in via generale infrastrutture di interesse nazionale delle quali solo alcune riguardano l'energia nucleare.
      Con riferimento infine al quesito referendario relativo alla responsabilità del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) di decidere in via definitiva sulla localizzazione delle centrali nucleari, si evidenzia che la norma proposta sposta la responsabilità di tale scelta, nell'esercizio di poteri sostitutivi, al livello di Governo nella sua collegialità. La scelta interviene nell'ambito di un Piano nazionale che, per la parte relativa all'energia nucleare, è soggetto ad una serie di passaggi, procedure internazionali ed europee, soprattutto per la sicurezza nella produzione di energia nucleare. Inoltre l'incidenza sulla sicurezza nazionale evidenziata, ancorché indiretta, giustifica pienamente, nell'attuale quadro normativo internazionale ed europeo, tale competenza in capo allo Stato.
      La proposta di legge si compone di 14 articoli.
      L'articolo 1 espone le finalità della legge che, in adempimento di obblighi internazionali e comunitari, con particolare riferimento alle emissioni di gas ad effetto serra, all'uso pacifico dell'energia nucleare e alle politiche energetiche nell'ambito dell'Unione europea, promuove il risparmio energetico e l'uso appropriato e sostenibile dell'energia. L'articolo promuove l'accesso a un mix di fonti sostenibile, efficiente e diversificato, tenendo conto dell'esigenza di favorire l'accettazione da parte dei cittadini delle scelte effettuate.
      L'articolo 2 prevede la costituzione di un Comitato di indirizzo per la formulazione del Piano energetico nazionale presieduto
 

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dal Presidente del Consiglio dei ministri di cui fanno parte, oltre ai Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome nonché quattro rappresentanti nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Comitato, la cui composizione può essere integrata sia da esperti sia da altri Ministri o esponenti del sistema delle autonomie, ha lo scopo di predisporre e di aggiornare il Piano energetico nazionale.
      L'articolo 3 disciplina gli obiettivi e i contenuti del Piano energetico nazionale. Il Piano ha lo scopo di definire e assicurare stabilità alle scelte di politica energetica con una prospettiva di lungo periodo. In esso sono indicate le scelte con riferimento al mix energetico e le infrastrutture di interesse nazionale. Il Piano è approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Piano deve tendere a realizzare l'obiettivo del raggiungimento, entro il termine di venti anni, di un'autonomia nella produzione energetica pari almeno al 50 per cento del consumo nazionale.
      L'articolo 4 disciplina i piani operativi energetici regionali che sono affidati alla responsabilità delle regioni e devono essere coerenti con il Piano nazionale. Tali piani tengono conto degli accordi da maturare in sede di Conferenza unificata per la distribuzione delle quote di produzione energetica di ciascuna regione.
      L'articolo 5 attribuisce all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) il compito di individuare i siti per la localizzazione degli impianti nucleari, con il supporto della comunità scientifica nazionale e attraverso procedure consultive da attivare con le istituzioni dell'Unione europea, mediante le forme di cooperazione previste nel sistema istituzionale. Tali elementi dovranno garantire l'adozione dei più elevati standard di sicurezza e tutti gli elementi di informazione, anche scientifica, sull'impatto degli impianti.
      L'articolo 6 stabilisce la competenza per il rilascio dell'autorizzazione per l'esercizio degli impianti per la produzione di energia nucleare, cui si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previa deliberazione del Consiglio dei ministri e d'intesa con la regione o con la provincia autonoma interessata.
      L'articolo 7 prevede il conferimento di una delega legislativa per la definizione della procedura di rilascio dell'autorizzazione e l'esercizio in sicurezza degli impianti. All'APAT è attribuita la funzione di vigilanza sulla costruzione dell'impianto, una volta rilasciata l'autorizzazione.
      L'articolo 8 regola la messa in esercizio dell'impianto che avviene dopo l'approvazione del rapporto finale sulla sicurezza e il positivo collaudo. La vigilanza sull'esercizio dello stesso è affidata all'APAT e all'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente, che sono tenute ad interagire con le istituzioni comunitarie per la verifica e il controllo sul mantenimento dei livelli di sicurezza di riferimento, per l'applicazione di norme e raccomandazioni adottate a livello internazionale, europeo e nazionale in materia di sicurezza degli impianti. Tale previsione deriva dalla consapevolezza che la questione della sicurezza deve seguire un approccio sovranazionale nella cornice del diritto comunitario e dell'integrazione delle politiche energetiche con particolare riferimento all'energia nucleare.
      L'articolo 9 prescrive l'obbligo di copertura assicurativa dei rischi per la realizzazione di impianti di produzione dell'energia elettrica.
      L'articolo 10 contiene disposizioni per favorire l'informazione, la trasparenza e la partecipazione dei cittadini nonché le agevolazioni per le imprese e per i cittadini che operano nei comuni di insediamento degli impianti nucleari. Si tratta di misure che hanno lo scopo di rendere consapevoli e partecipi delle decisioni adottate i cittadini
 

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e le imprese, assicurando un beneficio diretto dalla localizzazione dell'impianto. Si ritiene, infatti, che il nucleare costituisca un'opzione economicamente valida per la produzione di energia elettrica, a condizione di tenere debitamente conto delle preoccupazioni ambientali e sociali.
      L'articolo 11 disciplina il deposito unico nazionale per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi. L'articolo prevede che sulla individuazione del deposito unico si maturi l'intesa con la Conferenza unificata, in mancanza della quale si procede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa delibera del Consiglio dei ministri. Anche in questo caso, si tiene conto delle possibilità anche future - in applicazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con le politiche dell'Unione europea e dei suoi Stati membri - di trovare soluzioni a livello sovranazionale con particolare riferimento al problema della sistemazione definitiva e dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi con particolare attenzione a quelli di terza generazione.
      L'articolo 12 ha lo scopo di ripartire sul territorio l'impegno alla realizzazione di infrastrutture e opere di interesse nazionale. Rientrano in questa tipologia i termovalorizzatori, gli impianti di produzione e utilizzazione dell'energia nucleare ad uso civile, i rigassificatori, i depositi per lo stoccaggio temporaneo o definitivo dei rifiuti radioattivi, gli impianti di smaltimento e le opere necessarie per il loro funzionamento. La norma prevede, tra l'altro, incentivi per la localizzazione di infrastrutture di interesse nazionale destinati a comuni e province.
      L'articolo 13 regola le modalità di esercizio del potere sostitutivo dello Stato qualora non si raggiunga l'accordo per la distribuzione delle quote di produzione energetica di competenza delle regioni, l'intesa necessaria per l'approvazione del piano degli impianti e delle infrastrutture di interesse nazionale o per l'autorizzazione alla costruzione di impianti nucleari.
      L'articolo 14 contiene disposizioni per la copertura finanziaria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. In coerenza con gli obblighi internazionali per la limitazione e la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra, per l'impiego pacifico, la responsabilità e la sicurezza nella produzione di energia nucleare, e con gli obblighi derivanti dall'ordinamento comunitario sulla politica energetica, la presente legge favorisce e incentiva l'uso e la produzione razionale di energia sostenibile, definita ai sensi del comma 2, e di materie prime energetiche, in modo da realizzare azioni dirette alla promozione del risparmio energetico, all'uso appropriato delle fonti di energia, anche convenzionali, al miglioramento dei processi tecnologici che utilizzano o trasformano l'energia, all'uso e allo sviluppo delle fonti rinnovabili, alla sostituzione delle materie prime energetiche di importazione e al ricorso all'energia nucleare.
      2. Per «produzione razionale di energia sostenibile» si intende quella che si avvale di tecnologie consolidate e sperimentate, utilizzate in modo proporzionale alle loro potenzialità anche per la tutela dell'ambiente e la sicurezza di erogazione energetica e in modo inversamente proporzionale ai rispettivi costi di investimento, per assicurare sicurezza e competitività di approvvigionamento mediante un utilizzo combinato delle fonti energetiche sostenibile, efficiente e diversificato. Gli interventi finalizzati alla produzione razionale di energia sostenibile devono tenere conto e, ove possibile, prevenire i rischi segnalati dalle analisi scientifiche e tecnologiche, adottando le opportune strategie per favorire l'accettazione degli impianti da parte dell'opinione pubblica e per favorire l'accesso alle informazioni, la trasparenza

 

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e la partecipazione ai processi decisionali, anche al fine di impedire il diffondersi di preoccupazioni nei confronti delle fonti di energia prescelte, non giustificate dall'esistenza di un pericolo.

Art. 2.
(Istituzione e competenze del Comitato di indirizzo per la formulazione del Piano energetico nazionale).

      1. Al fine di assicurare il coordinamento stabile per la definizione della politica energetica nazionale e di provvedere alla formulazione e all'aggiornamento del Piano energetico nazionale, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito il Comitato di indirizzo per la formulazione del Piano energetico nazionale, di seguito denominato «Comitato».
      2. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri ed è composto dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro della salute e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Fanno altresì parte del Comitato il presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome e quattro rappresentanti delle regioni indicati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Possono essere chiamati a partecipare ai lavori del Comitato i responsabili di altri organismi o enti nazionali, europei e internazionali che svolgono o coordinano attività istituzionali e di ricerca scientifica nel settore dell'energia.
      3. Il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro da lui delegato convoca il Comitato e ne fissa l'ordine del giorno.
      4. Ciascun componente può conferire la delega, per la partecipazione alle riunioni del Comitato, a un Vice ministro o ad un Sottosegretario di Stato.

 

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      5. Alle riunioni del Comitato, in relazione agli argomenti da trattare, possono essere invitati anche altri Ministri, nonché esponenti del sistema delle autonomie, rappresentativi dei diversi livelli di governo.
      6. Entro sei mesi dal suo insediamento, il Comitato elabora, in conformità alla normativa e agli indirizzi in materia di politica energetica dell'Unione europea, la proposta del Piano energetico nazionale e, con periodicità almeno quinquennale, le proposte di aggiornamento. La proposta del Piano energetico nazionale è predisposta previo espletamento di forme di consultazione con le parti sociali ed è presentata nel corso di una Conferenza nazionale energetica, organizzata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in occasione della formulazione o dell'aggiornamento del Piano.

Art. 3.
(Obiettivi e contenuti del Piano energetico nazionale. Piani operativi energetici regionali e delle province autonome).

      1. Nella formulazione del Piano energetico nazionale sono definiti misure, modalità e tempi idonei a garantire, entro il termine di venti anni dalla data di adozione del medesimo Piano, il raggiungimento di un'autonomia della produzione energetica pari ad almeno il 50 per cento del consumo nazionale, tenendo conto anche delle aspettative di crescita dell'economia.
      2. Il Piano energetico nazionale è redatto in coerenza con le politiche dell'Unione europea e nel rispetto delle norme comunitarie. Il Piano indica i risultati attesi in termini di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e di realizzazione di infrastrutture a livello nazionale.
      3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano i rispettivi piani operativi energetici regionali e provinciali

 

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di durata triennale, in coerenza con il Piano energetico nazionale e con le modalità prescritte dall'articolo 4.
      4. Il Piano energetico nazionale è adottato previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Art. 4.
(Partecipazione delle regioni e delle province autonome alla produzione energetica nazionale).

      1. Ferma restando la responsabilità dello Stato per il fabbisogno energetico nazionale le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono responsabili per la realizzazione dei piani operativi attraverso i quali, utilizzando le diverse forme di approvvigionamento energetico, con esclusione dell'energia nucleare e in conformità alle finalità di cui all'articolo 1, contribuiscono alla produzione energetica nazionale, garantendo la copertura del fabbisogno totale in misura pari al 20 per cento.
      2. In sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a stipulare un accordo per la distribuzione delle quote di produzione energetica di rispettiva competenza.
      3. Entro sei mesi dalla stipulazione dell'accordo di cui al comma 2 e in conformità alle indicazioni contenute nel Piano energetico nazionale definite ai sensi dell'articolo 2, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito il Consiglio delle autonomie locali, conformano il rispettivo piano operativo in modo da assicurare il raggiungimento della quota di produzione energetica di loro competenza.

 

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Art. 5.
(Individuazione dei siti destinati all'insediamento di impianti nucleari).

      1. La realizzazione di impianti nucleari di produzione di energia nucleare ad uso civile è soggetta alla preventiva individuazione dei siti da parte dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), che è supportata dalla comunità scientifica nazionale previa attivazione di procedure consultive nell'ambito delle forme di cooperazione previste nel sistema istituzionale dell'Unione europea.
      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'APAT provvede alla redazione dell'atlante dei siti suscettibili di accogliere impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile.

Art. 6.
(Autorizzazione per la costruzione
e per l'esercizio di impianti nucleari).

      1. L'autorizzazione per la costruzione e per l'esercizio di impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile è rilasciata al soggetto richiedente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sulla base di preventiva deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, quale organo nazionale preposto alla sicurezza e all'economicità del sistema elettrico nazionale, previa intesa con la regione o con la provincia autonoma interessata e di apposita conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

Art. 7.
(Delega al Governo per la definizione della procedura per il rilascio dell'autorizzazione).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più

 

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decreti legislativi al fine di disciplinare le procedure di rilascio ai soggetti interessati dell'autorizzazione per la costruzione e per l'esercizio di impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile, di cui all'articolo 6, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) la domanda per il rilascio dell'autorizzazione deve contenere, oltre al progetto, elementi sulla localizzazione dell'impianto, sulle misure di sicurezza, sulla valutazione di impatto ambientale e sulla gestione dei rifiuti radioattivi, nonché documentare la capacità tecnica ed economica del richiedente;

          b) la procedura istruttoria, comprese la valutazione di impatto ambientale, la stipula dell'intesa con la regione interessata e la conferenza di servizi di cui all'articolo 6, deve concludersi entro il termine di sei mesi dalla data di presentazione della domanda;

          c) la vigilanza sulla costruzione deve essere effettuata dall'APAT in collaborazione con le competenti istituzioni dell'Unione europea ove ciò sia previsto da accordi e procedure comunitari esistenti in materia;

          d) i livelli di sicurezza di riferimento e le procedure di verifica devono essere conformi alle iniziative comunitarie nel settore della sicurezza nucleare e aggiornati per assicurare il rispetto dei livelli piu elevati di sicurezza definiti in regole e raccomandazioni prodotte in ambito internazionale ed europeo.

Art. 8.
(Messa in esercizio degli impianti nucleari).

      1. La messa in esercizio di un impianto di produzione di energia nucleare ad uso civile è subordinata all'approvazione del rapporto finale di sicurezza, delle procedure

 

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operative, delle specifiche tecniche, nonché del programma delle prove nucleari da parte del Ministero dello sviluppo economico, sentiti l'APAT e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
      2. Effettuato positivamente il collaudo, ai sensi delle disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro un mese dalla data di rilascio della certificazione di avvenuto collaudo, e sentita l'APAT, è consentita la messa in esercizio dell'impianto di cui al comma 1, che avviene sotto la vigilanza dell'APAT stessa e dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente le quali, a tale fine, interagiscono con le istituzioni comunitarie per la verifica e il controllo sul mantenimento dei livelli di sicurezza di riferimento nonché per l'applicazione di norme e raccomandazioni adottate a livello internazionale, europeo e nazionale in materia di sicurezza degli impianti.

Art. 9.
(Garanzia contro i rischi
e copertura assicurativa).

      1. I rischi derivanti dalla gestione di impianti di produzione di energia elettrica sono coperti da assicurazione in conformità a quanto previsto dalla legislazione nazionale vigente in materia nonché dalla normativa comunitaria e internazionale alla quale l'Italia ha dato esecuzione.
      2. In caso di realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da parte dello Stato, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che accrescano la competitività internazionale delle attività produttive nazionali, la SACE Spa - Servizi assicurativi del Commercio estero assicura i rischi di carattere tecnico, economico e commerciale connaturati all'esecuzione dei lavori.

 

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Art. 10.
(Disposizioni per favorire l'informazione, la trasparenza e la partecipazione e agevolazioni tariffarie ai cittadini e alle imprese nei comuni che ospitano nuovi impianti nucleari).

      1. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentiti il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'economia e delle finanze e l'APAT, sono determinate speciali misure per assicurare l'accesso da parte della popolazione ad informazioni affidabili in materia di sicurezza degli impianti e di gestione dei rifiuti radioattivi e sono disposte le agevolazioni ai nuclei familiari, agli individui e alle imprese residenti in comuni ospitanti impianti di produzione dell'energia nucleare ad uso civile, sulla base dei seguenti criteri:

          a) i nuclei familiari, gli individui e le imprese residenti in comuni ospitanti impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile godono di una riduzione della tariffa elettrica nazionale, stabilita dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas;

          b) i nuclei familiari, gli individui e le imprese residenti in comuni ospitanti impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile godono dell'esenzione dall'imposta comunale sugli immobili (ICI) e dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU);

          c) la diminuzione di introiti derivante dall'esenzione dall'ICI e dalla TARSU disposta ai sensi della lettera b) è compensata mediante versamento ai singoli comuni di somme equivalenti, determinate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro tre mesi dalla data di emanazione del decreto del Ministro dello sviluppo economico di cui all'alinea.

 

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Art. 11.
(Deposito unico nazionale).

      1. Sulla base di un'intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, il Ministero dello sviluppo economico, previo parere dell'APAT, che valuta le caratteristiche geomorfologiche del terreno, individua, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il sito del deposito unico nazionale per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi di II categoria e per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi di III categoria. Qualora l'intesa non sia raggiunta entro il termine di cui al periodo precedente, all'individuazione definitiva del sito si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto di individuazione del sito è emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con il Ministro dell'interno e con il Ministro della difesa.
      2. Il deposito unico nazionale individuato ai sensi del comma 1 è opera di difesa nazionale.
      3. Il comma 1 dell'articolo 1 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, e successive modificazioni, è abrogato.
      4. Il secondo periodo del comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge 14 novembre 2003, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2003, n. 368, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: «La predetta Commissione è composta da tredici membri così individuati: sei esperti con comprovata conoscenza del settore nucleare nominati dal Ministro dello sviluppo economico e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; tre esperti con comprovata conoscenza del settore nucleare nominati dalle regioni, dalle province e dai comuni in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8

 

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del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni; due rappresentanti delle associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; un rappresentante dell'APAT; un rappresentante dei comuni ospitanti impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile».
      5. Ai fini dell'applicazione del comma 1 è fatta salva la possibilità di individuare soluzioni differenti sulla base di intese a livello internazionale ed europeo per la sistemazione definitiva e lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi.

Art. 12.
(Impianti, infrastrutture
e opere di interesse nazionale).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e al fine di garantire la realizzazione dell'interesse nazionale all'approvvigionamento energetico, ospitano almeno uno tra i seguenti impianti o infrastrutture di interesse nazionale definiti ad alto impatto sociale: termovalorizzatori; impianti di produzione e di utilizzazione di energia nucleare ad uso civile; rigassificatori; depositi per lo stoccaggio temporaneo o definitivo dei rifiuti radioattivi; impianti di smaltimento dei rifiuti; opere necessarie per il funzionamento dei citati impianti e infrastrutture.
      2. Gli impianti e le infrastrutture di interesse regionale e le opere di cui al comma 1 sono allocati nei territori delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano tenendo conto della posizione, della dimensione, della popolazione e delle esigenze di infrastrutturazione derivanti dalla situazione storica delle medesime regioni e province autonome, nonché sulla base di una valutazione delle strutture similari eventualmente già esistenti.
      3. Il piano degli impianti e delle infrastrutture di interesse nazionale e delle

 

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relative opere di cui al presente articolo è adottato, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
      4. I comuni e le province che ospitano gli impianti e le infrastrutture di interesse nazionale e le relative opere di cui al presente articolo godono:

          a) di risorse aggiuntive, ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, per la realizzazione di specifiche infrastrutture locali e di servizi per la popolazione residente;

          b) di un contributo definito mediante la determinazione di un'aliquota della componente della tariffa elettrica pari a 0,015 centesimi di euro per ogni kilowattora consumato.

Art. 13.
(Modalità di esercizio del potere sostitutivo).

      1. Qualora l'accordo di cui all'articolo 4, comma 2, non sia raggiunto, il Governo procede a negoziare con ciascuna regione e con le province autonome di Trento e di Bolzano la quota di produzione energetica di loro competenza sino al raggiungimento della percentuale indicata al comma 1 del citato articolo 4.
      2. Qualora l'intesa di cui all'articolo 6 non sia raggiunta, alla costruzione degli impianti di produzione di energia nucleare ad uso civile si procede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentiti l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) e il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Il decreto è motivato sulla base delle risultanze degli studi effettuati e delle valutazioni di ordine economico e sociale, tenendo conto degli elementi indicati nell'articolo 12, comma 2, e della necessità di salvaguardare gli interessi nazionali.

 

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      3. Con le stesse modalità indicate dal comma 2 del presente articolo si procede, qualora l'intesa di cui all'articolo 12, comma 3, non sia raggiunta, per l'adozione del piano degli impianti e delle infrastrutture di interesse nazionale e delle relative opere.

Art. 14.
(Copertura finanziaria).

      1. Il Ministero dello sviluppo economico e l'APAT provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente, che, per le finalità della presente legge, sono integrate, a decorrere dall'anno 2008, nella misura annua di 2 milioni di euro in favore del Ministero dello sviluppo economico e di 2 milioni di euro in favore dell'APAT. Gli altri enti e amministrazioni pubblici provvedono agli adempimenti previsti dalla presente legge con le risorse umane, finanziarie e strumentali già ad essi assegnate in base alla legislazione vigente.
      2. Per le finalità di cui all'articolo 10, comma 1, lettere b) e c), è autorizzata la spesa di 18 milioni di euro per l'anno 2009. A decorrere dall'anno 2010, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      3. Per far fronte agli ulteriori oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, diversi da quelli di cui ai commi 1 e 2, è autorizzata la spesa massima di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. A decorrere dall'anno 2011, si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
      4. All'onere di cui ai commi 1 e 2, pari a 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 e a 22 milioni di euro per l'anno 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di

 

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base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      5. All'onere di cui al comma 3, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      6. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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