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PDL 3242

XV LEGISLATURA


CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3242



 

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DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro della giustizia
(MASTELLA)

di concerto con il ministro dell'interno
(AMATO)

con il ministro per le riforme e le innovazioni
nella pubblica amministrazione
(NICOLAIS)

e con il ministro dell'economia e delle finanze
(PADOA SCHIOPPA)

Misure di contrasto alla criminalità organizzata. Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle misure di prevenzione. Disposizioni per il potenziamento degli uffici giudiziari e sul patrocinio a spese dello Stato

Presentato il 13 novembre 2007

      

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Onorevoli Deputati! - La particolare efferatezza che connota alcuni recenti fenomeni delinquenziali, l'aggressività dell'attività riconducibile alla criminalità organizzata e il conseguente allarme sociale derivante proprio dal frequente ricorrere di gravi condotte delittuose, idonee ad incidere direttamente sulla sicurezza dei cittadini, inducono ad un significativo intervento normativo tendente, per un verso, a riordinare e razionalizzare l'intera disciplina vigente in tema di misure di prevenzione e, per altro verso, ad ottimizzare il funzionamento degli attuali uffici giudiziari, introducendo modifiche ordinamentali per quanto concerne gli uffici del giudice per le indagini preliminari (GIP) dei tribunali aventi sede nei capoluoghi di distretto e negli uffici di procura nelle sedi particolarmente esposte all'azione della criminalità organizzata, nonché innovando la disciplina per la copertura delle sedi giudiziarie con più elevata quota di posti vacanti attraverso la previsione di
 

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una cospicua serie di incentivi economici e di carriera.
      Per quanto concerne più specificamente il primo profilo, deve rilevarsi come il corpus normativo recante la disciplina della complessa e delicata materia delle misure di prevenzione sia oggi il frutto di una cinquantennale stratificazione normativa. Le leggi fondamentali sulle misure di prevenzione personali (legge n. 1423 del 1956) e patrimoniali (legge n. 575 del 1965) sono assai risalenti nel tempo; esse hanno inoltre costituito l'oggetto di numerosi interventi modificativi, tanto da assumere allo stato attuale una fisionomia affatto diversa rispetto a quella originaria.
      Sulle due leggi fondamentali si sono poi innestate numerose leggi speciali, generalmente frutto di una legislazione di emergenza emanata in momenti di particolare asprezza nella lotta contro il fenomeno mafioso, che hanno operato modifiche rilevanti in tema di ambito e procedimento di applicazione, di gestione e destinazione dei beni confiscati, nonché dei poteri conferiti alle diverse autorità coinvolte (si vedano, fra tutte, la legge n. 152 del 1975, il decreto-legge n. 629 del 1982, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 726 del 1982, le leggi n. 646 del 1982, n. 327 del 1988, il decreto-legge n. 230 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 282 del 1989 e i decreti-legge n. 143 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 197 del 1991, n. 152 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 203 del 1991, n. 345 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 1991, n. 419 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 172 del 1992, e n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992).
      Si rende pertanto necessario e improcrastinabile un intervento volto a fornire una sistemazione organica alla materia, eliminando aporie, lacune e contraddizioni che oggi caratterizzano la stessa.
      Un semplice accorpamento della normativa vigente sarebbe facilmente operabile per il tramite del meccanismo cosiddetto «taglia-leggi» previsto dalla legge 28 novembre 2005, n. 246 (recante «Semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005»), il quale consente, per le leggi emanate anteriormente al 1970, di procedere mediante decreto legislativo all'organizzazione delle disposizioni da mantenere in vigore per settori omogenei o per materie, nonché alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente al 1970.
      Tale operazione, tuttavia, risulterebbe sorda al lungo dibattito dottrinale e giurisprudenziale che ha nel corso degli anni evidenziato profili di criticità, lacune e obsolescenza dell'attuale disciplina, cui un'operazione meramente compilativa non potrebbe porre rimedio.
      Si è pertanto optato per la previsione di una legge di delega per la redazione di un testo unico, che dovrebbe porsi come un vero e proprio «codice delle misure di prevenzione» ed esaurire in sé tutta la disciplina della materia. Nella redazione dei princìpi e criteri direttivi di delega si è tenuto conto del contributo fornito da numerosi progetti di legge parlamentari, del lavoro operato dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, istituita presso il Ministero della giustizia e presieduta dal professor Fiandaca, nonché della relazione del Commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali.
      In via assolutamente generale, i più importanti problemi sollevati possono riassumersi nei punti che seguono.
      Primo e ineludibile profilo di criticità appare costituito dalla natura accessoria delle misure di prevenzione patrimoniale rispetto a quelle personali; appare oggi necessario passare da un approccio incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla «pericolosità del bene» in ragione del suo vincolo di strumentalità con l'azione criminale, bene che, per la sua provenienza illegale e in virtù della sua reimmissione nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di circolazione della ricchezza,
 

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minando così alla radice le fondamenta di un'economia di mercato.
      È quindi necessario prevedere che le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate anche disgiuntamente rispetto alle misure di prevenzione personali; da ciò discende, a cascata, la necessità di prevedere la possibilità di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte del proposto o del sottoposto.
      In secondo luogo si pone il problema della competenza a procedere alle investigazioni patrimoniali e a formulare, corrispondentemente, la proposta di misura. Infatti, si è da più parti evidenziata l'incongruenza della normativa vigente in tema di attribuzioni del pubblico ministero. La stessa prevede, infatti, che sia il pubblico ministero localmente competente ad effettuare le indagini e ad intervenire nel corso del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione. Peraltro, in ambito di misure di prevenzione cosiddette «antimafia» - ossia delle misure di prevenzione applicate ai sensi della legge n. 575 del 1965 ai soggetti indiziati di appartenere ad associazioni criminose di stampo mafioso - deve essere valorizzata l'esperienza delle direzioni distrettuali antimafia, detentrici di un patrimonio informativo notevolissimo in materia, il quale ben potrebbe essere sfruttato in maniera migliore attraverso l'attribuzione alle stesse della competenza a indagare e a proporre le misure di prevenzione in questione.
      Parallelamente, appare necessario procedere ad una ridefinizione dei compiti e delle funzioni del procuratore nazionale antimafia.
      Si ritiene, inoltre, necessario codificare i princìpi dell'obbligatorietà delle investigazioni patrimoniali e dell'esercizio dell'azione di prevenzione, dopo l'esercizio dell'azione penale per taluno dei reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, salvo che ciò possa pregiudicare gravemente le investigazioni. Qualora esse non abbiano condotto a risultati, si prevede una forma di archiviazione da parte del pubblico ministero.
      Si prevede, inoltre, la possibilità di procedere al sequestro e alla confisca di prevenzione nei confronti di persone giuridiche ed enti, in modo simmetrico a quanto previsto per le persone fisiche.
      Si è, poi, posto il problema delle imprese che si trovino nelle condizioni di assoggettamento mafioso: la disciplina prevista dall'articolo 3-quater della legge n. 575 del 1965 si è infatti rivelata inefficace, sia per il livello di infiltrazione mafiosa di determinate aree, sia per la difficoltà, spesso insormontabile, di distinguere l'impresa «assoggettata» dall'impresa «connivente». Si è ritenuto quindi di prevedere che i titolari degli enti assoggettati debbano rendere alle Forze di polizia o all'autorità giudiziaria apposita «denuncia di assoggettamento» all'influenza mafiosa, che consentirà l'accesso a misure di controllo e di sostegno (controllo giudiziario o amministrazione giudiziaria), nonché al Fondo di rotazione di cui al decreto legislativo n. 512 del 1999. Tuttavia, se la denuncia non viene resa, nei confronti delle imprese si procederà a sequestro e confisca di prevenzione, salvo che i predetti titolari, nel corso del procedimento, non collaborino concretamente con l'autorità di polizia o con l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione di fatti di reato riconducibili a taluna delle associazioni criminali, per l'individuazione o la cattura di uno o più appartenenti a taluna delle suddette associazioni, per la sottrazione di risorse rilevanti alle associazioni medesime, nonché per evitare la commissione dei reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale.
      Sono, quindi, previsti alcuni princìpi e criteri direttivi di delega volti a disegnare compiutamente il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, attualmente caratterizzato da numerose lacune e da rinvii a norme processuali spesso inadeguate ovvero oggetto di successive modifiche.
      Si è, pertanto, cercato di individuare un iter procedimentale all'interno del quale potessero avere il proprio spazio tutte le
 

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istanze provenienti dai soggetti a qualunque titolo interessati dalle singole misure di prevenzione, contemperando tale esigenza con quella, altrettanto evidente, di rendere agile e celere la procedura medesima, evitando, ove possibile, il ricorso a subprocedimenti; la tutela dei terzi creditori, quindi, per ciò che concerne le richieste di misure di prevenzione patrimoniale, è stata fatta oggetto di una specifica attività del giudice delegato, da esperire, però, soltanto all'esito dell'eventuale applicazione della misura stessa (vedi quanto illustrato in seguito).
      Altro problema da più parti sollevato concerne le forme e le modalità di esecuzione e di trascrizione del sequestro di prevenzione; si è ritenuto necessario prevedere un'analitica disciplina delle modalità di esecuzione e di trascrizione dello stesso, soprattutto quando abbia ad oggetto beni aziendali, azioni o quote societarie e titoli mobiliari, prevedendo idonee forme di pubblicità. Si rimette ad altro disegno di legge, in corso di elaborazione, l'armonizzazione della disciplina del sequestro di prevenzione con quello preventivo, anche finalizzato alla confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992.
      Si prevede, inoltre, che il sequestro debba essere obbligatoriamente eseguito con l'ausilio della forza pubblica e sono altresì disciplinate compiutamente le ipotesi in cui sia possibile procedere allo sgombero degli immobili occupati. Tale previsione consentirà di superare i gravi inconvenienti applicativi che hanno fatto sì che, in determinate aree geografiche, alla confisca frequentemente non faccia seguito il reale spossessamento del bene nei confronti del sottoposto.
      Parallelamente, si è proceduto a disciplinare l'ipotesi di coesistenza tra sequestro penale e sequestro di prevenzione, che nella prassi applicativa ha determinato non pochi problemi, posto che per il primo il codice di rito prevede la sola custodia, mentre per il secondo sono previste forme di gestione e amministrazione. Si prevede quindi che in caso di coesistenza dei due sequestri prevalga il sequestro di prevenzione, con conseguente affidamento dei beni in sequestro all'amministratore giudiziario, al fine di consentire, in caso di confisca, la migliore destinazione del bene stesso.
      L'intervento normativo proposto intende inoltre disciplinare alcuni aspetti attualmente privi di qualsivoglia disciplina positiva.
      In primo luogo si prevede e si disciplina la «revisione» della confisca di prevenzione. L'assenza di una specifica normativa sul punto ha infatti indotto la giurisprudenza di legittimità ad affermare (Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 19 dicembre 2006-8 gennaio 2007, n. 57; nonché sezioni unite 10 dicembre 1997, Pisco) il principio secondo cui la revoca prevista dall'articolo 7 della legge n. 1423 del 1956 svolge, per i partecipanti al procedimento di prevenzione, altrimenti privi di diverso rimedio, anche una funzione vicariante quella riservata, per le sentenze e per i decreti penali di condanna, alla revisione, esclusa dalla giurisprudenza per i procedimenti di prevenzione, laddove ai terzi estranei al procedimento è riservato l'incidente di esecuzione.
      Ciò sarebbe possibile in quanto la revoca può essere esperita non solo con efficacia ex nunc, per l'essere venuti meno i presupposti di applicazione della misura di prevenzione (ad esempio: la pericolosità sociale del sottoposto), ma anche per far valere difetti genetici del provvedimento applicativo. Per la citata sentenza n. 57 del 2007, l'espressione «sia cessata la causa che lo ha determinato» sarebbe infatti riferibile «tanto a un fatto sopravvenuto, quanto a una nuova e più attenta valutazione retrospettiva della situazione iniziale».
      L'estensione della disciplina prevista per la revoca delle misure di prevenzione patrimoniale sarebbe consentita sulla base del fatto che (Cassazione, sezioni unite, sentenza 3 luglio 1996, Simonelli) la confisca non sarebbe di per sé un provvedimento di prevenzione in senso stretto, ma piuttosto una sanzione amministrativa di
 

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carattere ablatorio, equiparabile alla misura di sicurezza prescritta dal secondo comma dell'articolo 240 del codice penale. Simile sanzione accederebbe comunque a una misura personale di prevenzione e di questa dovrebbe seguire, in linea di massima, le regole.
      La revoca in funzione di revisione, pertanto, servirebbe a far valere, ora per allora, quei vizi genetici da cui era affetto il provvedimento ablatorio.
      Tuttavia, per effetto della possibilità per gli incisi di proporre la revoca/revisione della confisca e per i terzi estranei al procedimento di proporre l'incidente di esecuzione, i soggetti in favore dei quali sono stati destinati i beni confiscati (nella maggior parte dei casi i comuni) si trovano nell'impossibilità di investire sui compendi confiscati, in funzione del loro riutilizzo per finalità sociali, in ragione della continua presentazione di istanze di revoca, che rendono il giudicato di prevenzione, per così dire, instabile (le stesse sezioni unite della Corte di cassazione parlano di un «giudicato che opera sempre rebus sic stantibus e non impedisce una rivalutazione dei presupposti, sulla base di nuove evenienze»).
      A ciò si aggiunga il rischio che, tramite interposizioni fittizie, spesso difficilmente dimostrabili, i beni confiscati possano rientrare nella disponibilità degli ablati.
      Da ciò sorge la necessità di fornire una disciplina compiuta, che da un lato assicuri agli interessati le necessarie garanzie e dall'altro lato consenta alla confisca di conservare, dopo la sua «definitività», il connotato della «irreversibilità».
      Gli altri due aspetti di maggiore criticità sono costituiti dalla tutela dei terzi e dai rapporti tra procedura di prevenzione e procedure concorsuali, per i quali si è prevista un'apposita disciplina.
      Altro problema che merita specifica attenzione concerne il regime fiscale dei beni sequestrati, prima della confisca definitiva.
      Il testo proposto si compone di dodici articoli.
      L'articolo 1 reca, al comma 2, princìpi e criteri direttivi di delega per l'emanazione del testo unico delle misure di prevenzione.
      La lettera a) del citato comma 2 prevede che venga espresso, analogamente a quanto avviene per gli illeciti penali e amministrativi, il principio di legalità delle misure di prevenzione.
      Prevede inoltre che le misure di prevenzione possano essere applicate nei confronti delle persone fisiche e giuridiche, che le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate disgiuntamente rispetto a quelle personali e possano essere chieste e applicate anche nei confronti di persone decedute, entro i cinque anni successivi all'epoca del decesso.
      Si prevede inoltre che la durata delle misure di prevenzione diverse dalla confisca (che ha effetti irreversibili) sia stabilita, salvi i casi in cui la legge espressamente altrimenti dispone, in misura non inferiore a un anno e non superiore a cinque anni.
      Le lettere b), c) e d) contengono il novero dei possibili destinatari delle misure di prevenzione. Attualmente la disciplina presenta numerose sovrapposizioni normative. Infatti, l'articolo 1 della legge n. 1423 del 1956 disciplina il novero dei destinatari delle misure di prevenzione personale (individuati nei seguenti soggetti: «1) coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi; 2) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose; 3) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica»), mentre la legge n. 575 del 1965 disciplina i destinatari delle misure di prevenzione antimafia, individuati in coloro che sono «indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a
 

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quelli delle associazioni di tipo mafioso» (articolo 1).
      L'articolo 18 della legge 22 maggio 1975, n. 152, prevede inoltre, al primo comma, che «le disposizioni della legge 31 maggio 1965, n. 575, si applicano anche a coloro che:

          1) operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 438, 439, 605 e 630 dello stesso codice nonché alla commissione dei reati con finalità di terrorismo anche internazionale;

          2) abbiano fatto parte di associazioni politiche disciolte ai sensi della legge 20 giugno 1952, n. 645, e nei confronti dei quali debba ritenersi, per il comportamento successivo, che continuino a svolgere una attività analoga a quella precedente;

          3) compiano atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti alla ricostituzione del partito fascista ai sensi dell'articolo 1 della citata legge n. 645 del 1952, in particolare con l'esaltazione o la pratica della violenza;

          4) fuori dei casi indicati nei numeri precedenti, siano stati condannati per uno dei delitti previsti nella legge 2 ottobre 1967, n. 895, e negli articoli 8 e seguenti della legge 14 ottobre 1974, n. 497, e successive modificazioni, quando debba ritenersi, per il loro comportamento successivo, che siano proclivi a commettere un reato della stessa specie col fine indicato nel precedente n. 1)».

      Si prevede, inoltre, al secondo comma, l'applicabilità delle medesime disposizioni anche agli istigatori, ai mandanti e ai finanziatori.
      Infine, si stabilisce al quarto comma che le disposizioni in parola, anche in deroga all'articolo 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e quelle dell'articolo 22 della medesima legge n. 152 del 1975 possano essere altresì applicate alle persone fisiche e giuridiche segnalate al Comitato per le sanzioni delle Nazioni Unite, o ad altro organismo internazionale competente per disporre il congelamento di fondi o di risorse economiche, quando vi sono fondati elementi per ritenere che i fondi o le risorse possano essere dispersi, occultati o utilizzati per il finanziamento di organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali.
      Si prevede, quindi, all'articolo 19 della stessa legge n. 152 del 1975, che le disposizioni di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, si applichino anche alle persone indicate nell'articolo 1, numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423.
      La disciplina proposta semplifica notevolmente l'attuale assetto normativo.
      Si prevede infatti che:

          a) le misure di prevenzione personali possano essere applicate:

              1) ai soggetti che, sulla base di elementi di fatto, risultano dediti alla commissione di reati che ledono o mettono concretamente in pericolo l'integrità fisica o sessuale, l'ambiente, la salute, l'ordine e la sicurezza pubblica, il patrimonio, nonché di reati contro la pubblica amministrazione ovvero di taluno dei reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

              2) ai soggetti che sono indiziati di appartenenza, agevolazione o concorso nelle associazioni per delinquere:

                  2.1) di cui agli articoli 270-bis o 416-bis del codice penale;

                  2.2) finalizzate all'immigrazione clandestina ovvero al traffico di esseri umani;

                  2.3) previste dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

                  2.4) previste dall'articolo 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43;

 

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              3) ai soggetti che sono indiziati della commissione di reati aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, ovvero dalla circostanza di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146;

          b) le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate:

              1) ai soggetti sopra descritti, con riferimento ai beni di cui abbiano la disponibilità, anche indiretta, e di cui non dimostrino la legittima provenienza;

              2) ai soggetti i quali, sulla base di concreti elementi quali la condotta, il tenore di vita o la disponibilità, anche indiretta, di beni per un valore sproporzionato alla propria attività economica ovvero al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi, esclusi i redditi provenienti da operazioni fittizie, e dei quali non dimostrino la legittima provenienza, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il prodotto, il profitto o il prezzo di attività criminose o il reimpiego di essi;

              3) ai soggetti che compiono volontariamente ogni attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, provvista, intermediazione, deposito, custodia, erogazione o messa a disposizione di fondi o risorse economiche, in qualunque modo realizzati, ovvero alla fornitura o comunque alla messa a disposizione di altri beni destinati ad essere in tutto o in parte utilizzati al fine di agevolare l'attività delle associazioni criminose o dei loro partecipi;

          c) le misure di prevenzione patrimoniali si applichino alle società ed enti, diversi dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, dagli altri enti pubblici non economici nonché dagli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, nei confronti dei quali sussiste il fondato motivo, desunto da concreti elementi di fatto, di ritenere che:

              1) siano finanziati, in tutto o in parte rilevante, controllati, anche per il tramite di soggetti fiduciari o interposte persone, ovvero amministrati, anche indirettamente o di fatto, da taluna delle associazioni sopra descritte, da suoi appartenenti o comunque da soggetti che operano nell'interesse esclusivo o prevalente della stessa;

              2) svolgano la propria attività economica sfruttando la protezione o agevolando, anche indirettamente e in via non esclusiva, l'attività di una delle associazioni sopra descritte o dei suoi appartenenti;

              3) siano titolari di beni o risorse economiche per un valore sproporzionato al reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi o alla propria attività economica, quando debba ritenersi, sulla base di concreti elementi, che detti beni o risorse costituiscano il prodotto, il profitto o il prezzo di attività delittuose o il reimpiego di essi;

              4) si trovino nelle condizioni di assoggettamento e non abbiano reso la denuncia prevista ovvero non abbiano reciso il legame con l'organizzazione criminale (si veda infra).

      La lettera e) disciplina la competenza ad applicare le misure di prevenzione. Si prevede che:

          1) competente a decidere sulle misure di prevenzione personali e patrimoniali sia il tribunale del capoluogo della provincia ove dimora la persona fisica ovvero ove concretamente opera la società o l'ente; per quanto concerne la provincia di Caserta, resti ferma la competenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

          2) quando vengono richieste congiuntamente misure di prevenzione personali e patrimoniali, competente a conoscere di tutte le richieste sia il tribunale competente ad applicare la misura di prevenzione personale;

          3) in caso di morte della persona fisica cui potrebbe applicarsi la misura di

 

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prevenzione, la competenza per territorio venga determinata in relazione al luogo di ultima dimora dell'interessato;

          4) in caso di assenza, residenza o dimora all'estero della persona fisica cui potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, la competenza per territorio venga determinata in relazione al luogo ove si trova il bene da confiscare;

          5) se l'ente cui applicare la misura di prevenzione patrimoniale opera in più luoghi, sia competente il tribunale del capoluogo della provincia ove si trova il bene da confiscare;

          6) nel caso di società costituita all'estero, sia competente, in successione graduata, il tribunale del capoluogo della provincia ove si trova la sede dell'amministrazione ovvero la sede operativa dell'impresa, ovvero del luogo ove si trova il bene da confiscare;

          7) nei casi di cui ai numeri 4), 5) e 6), se più sono i beni da confiscare ed essi si trovano in province diverse, si abbia riferimento al bene di maggior valore;

          8) quando la richiesta ha per oggetto più società facenti parte del medesimo gruppo, sia competente il tribunale del capoluogo della provincia ove si trova la sede della società capogruppo e che, se la società capogruppo ha sede all'estero, si applichino i criteri di cui ai numeri 6) e 7).

      La lettera f) prevede che il tribunale di prevenzione sia composto di norma da magistrati esperti in materia civile e penale; che in seno al collegio di prevenzione sia designato un giudice delegato; che in caso di mutamento della composizione del collegio restino validi tutti gli atti assunti dal collegio diversamente composto.
      La lettera g) reca la disciplina delle investigazioni patrimoniali, prevedendo l'obbligo di investigazioni patrimoniali da parte della polizia giudiziaria, anche su delega del pubblico ministero, nonché delegando il Governo ad individuare i casi in cui il pubblico ministero debba svolgere obbligatoriamente tutte le indagini necessarie per l'accertamento dei presupposti applicativi delle misure di prevenzione. Si prevede inoltre che i soggetti titolari del potere di proposta possano chiedere ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, banche e società commerciali, a persone incaricate di un pubblico servizio o esercenti un servizio di pubblica necessità, nonché a privati, informazioni ritenute utili ai fini delle indagini; si prevede, altresì, la necessità di autorizzazione scritta del pubblico ministero nei casi in cui debba essere acquisita documentazione bancaria o comunque coperta dal segreto professionale o dal segreto d'ufficio, nonché per accedere presso uffici pubblici e presso ogni locale destinato all'esercizio di attività commerciale o professionale, al fine di ricercare atti, documenti, corrispondenza e ogni altra utile informazione.
      La lettera h) disciplina il potere di proposta della misura di prevenzione attribuendolo per i casi che sostanzialmente coincidono con le indagini attribuite alla competenza distrettuale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, al questore e al direttore della direzione investigativa antimafia. Si prevede inoltre che per la trattazione dei procedimenti prevenzionali di competenza distrettuale possono essere applicati magistrati di altre procure della Repubblica presso i tribunali del distretto (in anologia con quanto avviene in materia di indagini preliminari); tale norma si rende necessaria per garantire che le nuove attribuzioni conferite ai magistrati della direzione distrettuale possano sempre e comunque essere correttamente gestite dagli uffici in questione sotto il profilo della consistenza numerica del personale agli stessi addetto.
      La lettera i) disciplina le attribuzioni del procuratore nazionale antimafia. Al fine di ottimizzare al massimo le attività di prevenzione ed evitare che possano sfuggire al vaglio giurisdizionale situazioni meritevoli di attenzione da parte dell'autorità giudiziaria, viene infatti previsto che il procuratore nazionale antimafia eserciti funzioni di impulso e coordinamento nei confronti delle autorità competenti per la presentazione delle richieste di prevenzione.

 

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Si prevede inoltre che la procura nazionale antimafia possa disporre, previa intesa con il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli procedimenti di prevenzione personale o patrimoniale. Si vuole in tal modo ulteriormente evitare l'eventuale inerzia degli organi interessati nella proposizione delle richieste, nella prospettiva di giungere in futuro - anche con il citato testo unico - ad una vera e propria obbligatorietà dell'azione di prevenzione.
      La lettera l) prevede quale misura di prevenzione personale la sorveglianza speciale; in particolare sono sanciti i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          1) la non necessaria prodromicità dell'avviso di pubblica sicurezza;

          2) che in caso di inottemperanza grave o reiterata alle prescrizioni imposte con la sorveglianza speciale, il tribunale possa sostituire ovvero integrare le stesse con altre più afflittive;

          3) che quando applica la misura della sorveglianza speciale, il tribunale possa imporre al sottoposto di prestare cauzione, il cui importo sia commisurato alle capacità reddituali dello stesso; che la cauzione possa essere sostituita da idonea garanzia ipotecaria ovvero da garanzia fideiussoria prestata da un istituto di rilievo nazionale, purché, in tale ultimo caso, si tratti di fideiussione solidale;

          4) che quali misure accessorie alla sorveglianza speciale il tribunale possa applicare anche l'interdizione temporanea dalle funzioni di amministrazione e controllo di società e il divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione;

          5) che, in caso di inottemperanza all'obbligo imposto al sorvegliato speciale di comunicare tutti gli atti di disposizione patrimoniale, il tribunale possa imporre, secondo criteri di proporzionalità e d'idoneità a fronteggiare la pericolosità sociale manifestata dal sottoposto, le misure del controllo giudiziario e dell'amministrazione giudiziaria dei beni; che, quando risulti il concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di amministrazione giudiziaria vengano dispersi, sottratti o alienati, il proponente possa chiedere al tribunale di disporne il sequestro.

      La lettera m) prevede quale misura di prevenzione patrimoniale la confisca dei beni, stabilendo:

          1) che la confisca sia in ogni tempo disposta anche se i beni sono stati trasferiti o intestati fittiziamente ad altri, fatti salvi i diritti dei terzi tutelati dalla legge;

          2) che se il proposto, il sottoposto, gli amministratori giudiziari o i loro coadiutori disperdono, distraggono, occultano o svalutano i beni propri o dell'ente al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca abbiano ad oggetto denaro o altri beni di importo equivalente;

          3) che la confisca possa altresì essere in ogni tempo disposta quando risulti che beni già confiscati, dopo l'assegnazione o la destinazione, siano tornati, anche per interposta persona, nella disponibilità o nel controllo del sottoposto, di taluna delle associazioni criminali descritte alla lettera b), numero 2, o di suoi appartenenti;

          4) che a seguito della confisca definitiva i beni vengano acquisiti al patrimonio indisponibile dello Stato, salvi i casi in cui il testo unico espressamente preveda la possibilità di alienazione;

          5) che la confisca di prevenzione possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati nel territorio di Paesi appartenenti all'Unione europea, nei limiti e con le procedure previsti dalla legislazione dell'Unione stessa.

      La lettera n) disciplina il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione. È stato, in primis, sancito il principio in base al quale, dopo l'esercizio dell'azione di prevenzione, e quando il pubblico ministero lo autorizzi, gli esiti

 

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delle indagini patrimoniali siano trasmessi al competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza a fini fiscali; si potranno, pertanto, sfruttare in modo completo ed esaustivo le indagini patrimoniali effettuate, a volte molto complesse e di lunga durata, anche allo scopo di recuperare almeno in parte le imposte evase nell'ambito delle operazioni di gestione dei beni e del denaro che costituiscono proventi di reato.
      In riferimento, più specificamente, alla proposta di prevenzione, il presente principio direttivo ne richiede un contenuto minimo essenziale, costituito dai seguenti elementi:

          a) le generalità della persona fisica ovvero il nominativo della persona giuridica e del suo legale rappresentante;

          b) la descrizione dei presupposti e degli elementi di fatto su cui si fonda il giudizio di pericolosità sociale posto alla base della misura di volta in volta richiesta;

          c) l'indicazione della persona fisica o giuridica che ha l'attuale titolarità dei beni confiscabili; nel caso in cui siano richieste misure di prevenzione patrimoniali, l'individuazione dei beni suscettibili di confisca, l'indicazione dei luoghi dove essi sono situati o custoditi, la descrizione catastale e gli estremi di identificazione dei beni, ove risultanti da pubblici registri;

          d) la data e la sottoscrizione.

      Si prevede, inoltre, che l'assenza delle indicazioni relative ai presupposti, generalità, data e sottoscrizione determini la nullità della richiesta, da rilevare o eccepire, a pena di decadenza, entro la prima udienza, con possibilità in tal caso per il tribunale di assegnare al pubblico ministero un termine per sanare le nullità riscontrate.
      Entro il medesimo termine dovrà essere, altresì, eccepita, a pena di decadenza, l'incompetenza del tribunale e avverso l'ordinanza di rigetto della eccezione potrà essere proposto ricorso per cassazione, senza effetto sospensivo del procedimento. Viene disciplinato anche il procedimento presso la Corte di cassazione, la quale dovrà decidere in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611 del codice di procedura penale; onde evitare il rischio di vanificare le attività procedimentali già effettuate, è previsto inoltre che, nei casi in cui la Corte di cassazione dichiari inammissibile o rigetti il ricorso, la questione di competenza non possa più essere rilevata o eccepita, né costituire oggetto di successiva impugnazione.
      Il presente disegno di legge prevede poi una precisa scansione temporale del procedimento, tale da garantire la speditezza dello stesso insieme con le necessarie garanzie in favore del proposto: il presidente del tribunale, ricevuta la proposta, dovrà, infatti, fissare l'udienza in camera di consiglio per una data compresa nei trenta giorni successivi, designando per il proposto, che sia privo di un difensore di fiducia, un difensore d'ufficio. Il decreto di fissazione della data di udienza viene, quindi, comunicato al pubblico ministero e notificato, almeno dieci giorni prima della data medesima, alle persone nei cui confronti è proposta la misura e ai loro difensori, nonché alle altre persone o enti interessati; l'udienza di prevenzione si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero, mentre la persona fisica o il legale rappresentante della persona giuridica nei cui confronti è proposta una misura di prevenzione vengono sentiti qualora compaiano e ne facciano richiesta. Tale ultima previsione consentirà sempre e comunque il compiuto esercizio del diritto di difesa, attraverso la presenza del difensore, mentre permetterà di evitare la traduzione dei soggetti detenuti in tutte quelle ipotesi in cui questi ultimi non avranno reale interesse a partecipare alle udienze.
      Sono disciplinati anche i poteri del tribunale nell'ambito dell'udienza di prevenzione, in quanto è sempre consentita all'autorità giudiziaria l'acquisizione degli elementi necessari ai fini della decisione, con le modalità previste dall'articolo 185 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura

 

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penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271; il tribunale potrà, altresì, indicare al pubblico ministero, ove lo ritenga necessario, l'acquisizione di ulteriori elementi, a tal fine assegnando allo stesso un termine.
      Viene anche risolta in senso positivo l'annosa questione relativa alla modificabilità delle proposte di prevenzione da parte dell'organo requirente, ma con la precisazione a tutela del proposto che, se la modifica abbia ad oggetto la richiesta di applicazione di una misura di prevenzione più grave, il proposto, ove ne faccia richiesta, abbia diritto a un termine a difesa non superiore a venti giorni.
      Il presente disegno di legge prende, infine, posizione anche sulle divergenti interpretazioni giurisprudenziali in ordine alla possibilità o meno di presentare una nuova proposta in caso di rigetto della prima; detta eventualità viene riconosciuta soltanto nel caso in cui la nuova proposta contenga elementi precedentemente non valutati.
      Di particolare momento è anche la disciplina della pubblicità delle misure di prevenzione personali e patrimoniali; il disegno di legge prevede, infatti, che il provvedimento che applica la misura di prevenzione nei confronti di una persona fisica sia iscritto nel casellario giudiziario, mentre quello che applica la misura di prevenzione nei confronti di un ente sia comunicato alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la annotazione nel registro delle imprese.
      È, poi, espressamente prevista l'utilizzabilità nel procedimento di prevenzione delle prove e degli elementi di prova acquisiti nel corso di procedimenti penali, civili o amministrativi, mentre è rimessa al legislatore delegato la disciplina delle impugnazioni nei confronti dei provvedimenti applicativi delle misure di prevenzione in primo grado; deve segnalarsi, infine, che si prevede la perdita di efficacia del sequestro ove non venga disposta la confisca nel termine di un anno e sei mesi dall'immissione in possesso da parte dell'amministratore giudiziario, nonché, in caso di impugnazione della decisione, entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. È altresì prevista la possibilità di prorogare i termini in parola per periodi di sei mesi e per non più di due volte «in caso di indagini complesse ovvero quando permanga un grave e comprovato pericolo che i beni vengano dispersi, deteriorati, sottratti o alienati».
      Alla lettera o), si stabilisce il principio secondo cui le sentenze di proscioglimento e di assoluzione non escludono, di per sé, la sussistenza dei presupposti per l'applicazione o il mantenimento delle misure di prevenzione.
      Viene prevista inoltre [lettere p), q), r) e s) del comma 2 dell'articolo 1] una innovativa disciplina per quanto concerne imprese o enti i quali versino nelle condizioni di intimidazione o di assoggettamento indicate all'articolo 416-bis del codice penale; in relazione agli stessi, infatti, viene prevista [lettera p)] per i loro titolari la possibilità di presentare denuncia all'autorità giudiziaria o alle Forze di polizia e accedere, conseguentemente, ad alcune misure di cautela e di sostegno [lettera q)], quali:

          a) il controllo giudiziario, il quale comporterà una serie di obblighi (non cambiare sede, denominazione e ragione sociale, oggetto sociale e composizione degli organi di amministrazione e direzione, e non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza preventivo avviso al tribunale; fornire al predetto tribunale un resoconto periodico, con la relativa documentazione, delle operazioni compiute aventi valore superiore alla soglia determinata dal tribunale) a carico del titolare della società o dell'impresa e la correlativa facoltà per gli ufficiali di polizia - su autorizzazione del tribunale - di accedere presso gli uffici della stessa, nonché presso uffici pubblici, studi professionali, società, banche e intermediari finanziari per acquisire informazioni e copia della documentazione ritenuta utile. Al termine del periodo stabilito, ove permanga l'impossibilità della normale gestione societaria in ragione del particolare livello di infiltrazione criminale, il tribunale potrà applicare la più invasiva misura dell'amministrazione giudiziaria;

 

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          b) l'amministrazione giudiziaria, la quale comporterà la revoca degli amministratori e sindaci della società, con nomina da parte del tribunale di uno o più amministratori che provvedano alla gestione dell'ente, curandone, ove necessario, il riassetto organizzativo e contabile; in tal caso saranno nulli tutti gli atti di disposizione compiuti dai titolari dell'impresa o dell'ente in costanza di amministrazione;

          c) il sequestro delle quote e delle azioni, con la gestione in tal caso di dette quote o azioni secondo le forme dell'amministrazione giudiziaria.

      Alla lettera r) si prevede che, al termine del periodo fissato dal tribunale per il controllo o l'amministrazione giudiziaria, il tribunale dovrà verificare se risulti o meno possibile la normale gestione societaria; nel caso ciò sia possibile la misura verrà revocata, mentre nel caso contrario il tribunale disporrà il sequestro dei beni aziendali finalizzato alla successiva confisca. Si prevede, comunque, la necessità di istituire adeguate forme di ristoro per l'imprenditore privato della propria società a causa dell'infiltrazione mafiosa, anche attraverso l'utilizzo del Fondo di rotazione di cui alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, e successive modificazioni; in tal caso il legislatore delegato dovrà, però, subordinare la corresponsione del beneficio alla previa verifica che risulti reciso ogni legame con l'organizzazione criminale, al fine di evitare, con tutta evidenza, possibili strumentalizzazioni dell'istituto.
      È prevista, infine, anche l'eventualità che l'imprenditore abbia reso mendace denuncia di assoggettamento; in tal caso, non solo non si potrà avere accesso alle sopra indicate forme di ristoro, ma il tribunale dovrà anche trasmettere gli atti al pubblico ministero per la richiesta di applicazione di una misura di prevenzione anche nei confronti del soggetto in questione.
      Ove, poi, sia già stata presentata proposta di applicazione della misura di prevenzione nei confronti di imprese o enti soggetti alle predette condizioni di intimidazione e di assoggettamento di cui all'articolo 416-bis del codice penale e non sia stata previamente resa la denuncia da parte del loro titolare, dovrà procedersi [lettera s)] al sequestro e alla confisca di prevenzione, salvo che i predetti titolari non collaborino concretamente con l'autorità di polizia o con l'autorità giudiziaria per la ricostruzione dei fatti che hanno dato luogo alle condizioni di assoggettamento, nonché nella raccolta di elementi di prova decisivi al fine di individuare o assicurare alla giustizia uno o più appartenenti a taluna delle suddette associazioni criminali, sottrarre risorse rilevanti alle associazioni medesime, ricostruire fatti di reato riconducibili alle stesse associazioni ovvero evitare la commissione di ulteriori reati.
      Il sistema delineato dal presente disegno di legge consente, pertanto, agli imprenditori vittime di ingerenze mafiose di liberarsi dal giogo delle organizzazioni criminali, fornendo agli stessi tutta una serie di strumenti di cautela e sostegno nonché la garanzia che, anche nel caso in cui detti strumenti non dovessero produrre gli esiti sperati, verranno riconosciute in loro favore adeguate forme di ristoro; agli stessi viene richiesto, in cambio, un forte segnale di rottura rispetto al tessuto mafioso all'interno del quale hanno operato negli anni passati, non potendosi correre minimamente il rischio di un utilizzo strumentale di tali mezzi da parte delle organizzazioni criminali e anche e soprattutto a tutela degli stessi imprenditori, i quali potrebbero altrimenti trovarsi ancora una volta ad essere utilizzati dagli appartenenti alle organizzazioni in questione per il raggiungimento di illeciti benefìci.
      Ove, invece, questa collaborazione - anche eventualmente successiva alla presentazione della proposta di prevenzione - non dovesse sussistere, l'impresa assoggettata verrà considerata direttamente collegata all'organizzazione criminale e, pertanto, pienamente assoggettabile a misura di prevenzione alla stregua degli altri beni nella disponibilità della stessa.

 

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      La lettera u) disciplina la revocazione della confisca definitiva di prevenzione (tale locuzione appare più consona alla forma del provvedimento con cui viene disposta, ossia il decreto, rispetto alla revisione, che normalmente si riferisce a sentenze).
      Come accennato nella parte introduttiva, il principio che ispira le presenti disposizioni è che quando un bene è stato confiscato con provvedimento definitivo, esso non possa più essere retrocesso, talché eventuali ipotesi satisfattorie dei diritti del sottoposto o di terzi potranno avvenire esclusivamente «per equivalente».
      Con riferimento a tale aspetto la Corte di cassazione ha aperto uno spiraglio significativo: dopo avere sottolineato le similitudini tra la confisca di prevenzione e l'espropriazione per pubblica utilità, la citata sentenza delle sezioni unite n. 57 del 2007 ha parlato esplicitamente dell'«insorgenza di un obbligo riparatorio della perdita patrimoniale».
      Perciò, proprio come nel caso dell'espropriazione per pubblica utilità, nel testo proposto si prevede che, in caso di accoglimento della domanda di revocazione, la restituzione dei beni confiscati possa avvenire solo per equivalente, con indicazione dei criteri per determinare il valore dei beni medesimi. Si ricorda a questo proposito che il bene, con la confisca definitiva, entra a far parte del patrimonio dello Stato privo di oneri e pesi.

      Si è inoltre ritenuto di prevedere una disciplina unica che accomuni soggetti direttamente coinvolti nel procedimento di prevenzione e terzi che vantano diritti sul bene, superando il doppio binario «revoca/incidente di prevenzione».
      La disciplina concreta dei presupposti di esperibilità ricalca sostanzialmente quella dell'articolo 630 del codice di procedura penale. Si prevede infatti che la revocazione possa essere proposta, al solo fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l'applicazione della misura:

          1) in caso di scoperta di prove nuove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento;

          2) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l'esistenza dei presupposti di applicazione della confisca;

          3) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato.

      Si prevede inoltre che la richiesta di revocazione debba essere proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi di cui sopra, salvo che l'interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile, e che la revocazione non possa comunque essere chiesta da chi, potendo o dovendo partecipare al procedimento, vi abbia rinunciato, anche non espressamente.
      La lettera v) disciplina i poteri e i doveri dell'amministratore giudiziario, prevedendo che:

          1) l'amministratore giudiziario sia scelto tra gli iscritti ad un apposito albo, da istituire con successivo regolamento interministeriale, salvo che esigenze di particolare complessità non rendano necessaria la nomina di altro soggetto, non iscritto all'albo; siano fissati i casi di incompatibilità; sia stabilita la possibilità di nomina di coadiutori, particolarmente qualificati;

          2) all'amministratore giudiziario siano attribuite le seguenti funzioni, da disciplinare:

              2.1) inventario e stima dei beni;

              2.2) relazioni periodiche al giudice delegato;

              2.3) custodia, conservazione, amministrazione e gestione dei beni o delle aziende in sequestro;

              2.4) tenuta della contabilità;

              2.5) adempimento degli oneri fiscali;

 

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              2.6) resa del conto di gestione;

          3) gli atti di straordinaria amministrazione debbano essere autorizzati dal giudice delegato, fissando eventualmente una soglia di valore oltre la quale gli atti si considerino sempre di straordinaria amministrazione;

          4) avverso gli atti dell'amministratore giudiziario compiuti in violazione del testo unico, il pubblico ministero, il proposto e ogni altro interessato possano proporre reclamo al tribunale, che decide con decreto non impugnabile; che l'istanza, se rigettata, non possa essere riproposta;

          5) gli atti dell'amministrazione giudiziaria siano coperti da segreto d'ufficio fino al rendiconto di gestione.

      La lettera z) delega il Governo a prevedere una specifica disciplina delle spese di gestione, delle liquidazioni e dei rimborsi.
      La lettera aa) prevede che, nelle controversie concernenti la procedura, l'amministratore giudiziario possa avvalersi dell'Avvocatura dello Stato per la rappresentanza e l'assistenza legali.
      La lettera bb) prevede che, dopo la confisca definitiva, l'amministratore coadiuvi il tribunale nella procedura di tutela dei diritti dei terzi.
      La lettera cc) disciplina i rapporti tra il sequestro di prevenzione e il sequestro penale. Si prevede in particolare che:

          1) il sequestro e la confisca di prevenzione possano essere disposti anche in relazione a beni già sottoposti a sequestro nell'ambito di un procedimento penale;

          2) nel caso di contemporanea esistenza, in relazione al medesimo bene, di sequestro penale e di prevenzione si proceda all'amministrazione e alla gestione dei beni secondo le disposizioni previste dal testo unico;

          3) in relazione alla vendita, assegnazione e destinazione dei beni si applichino le norme relative alla confisca divenuta definitiva per prima;

          4) in ogni caso la confisca intervenuta successivamente venga trascritta, iscritta o annotata con le modalità previste dal testo unico.

      La lettera dd) contiene la disciplina relativa alla tutela dei terzi. Tale disciplina deve riguardare le azioni esecutive intraprese da terzi su beni sottoposti a sequestro di prevenzione nonché i rapporti pendenti all'epoca di esecuzione del sequestro.
      Si è poi ritenuto di disciplinare in modo differenziato la posizione di coloro che vantano diritti di proprietà, diritti reali di godimento o diritti personali di godimento, rispetto ai creditori sui beni sequestrati.
      Per i primi infatti si prevede una chiamata immediatamente successiva all'esecuzione del sequestro, affinché, in contraddittorio, possano far valere eventuali diritti sui beni sequestrati. Per i diritti reali e personali di godimento risultati «effettivi», si prevede che essi possano permanere in vita sino alla confisca definitiva. Dopo tale data, essi si risolvono, e il terzo titolare in buona fede avrà diritto alla corresponsione di un equo indennizzo, in modo non dissimile a quanto avviene in materia di espropriazione per pubblica utilità.
      Per i creditori in buona fede, invece, si prevede una procedura diversa. Onde evitare inutili attività, spesso lunghe e complesse, si prevede che i crediti sui beni sequestrati possano essere insinuati solo dopo la definitività della confisca.
      Si prevede in tal caso una procedura, sostanzialmente ricalcata su quella fallimentare, di verifica dei crediti sulla base di rigorosi criteri, nonché la predisposizione di un successivo piano di riparto, con due limiti:

          1) per i creditori chirografari, prevedendo l'onere della previa escussione del patrimonio residuo del sottoposto, onde evitare che possa essere aggredito lo Stato in surrogazione del debitore;

          2) per tutti i creditori, prevedendo il limite della garanzia patrimoniale costituito dal valore del bene quale risultante dalle relazioni di stima.

 

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      Si prevede inoltre una apposita disciplina per i crediti prededucibili.
      Per quanto concerne invece i rapporti con le procedure concorsuali [lettera ee)], si prevede che i beni oggetto di confisca di prevenzione siano sempre sottratti alla procedura fallimentare, e quindi gestiti e destinati secondo le norme stabilite per il procedimento di prevenzione; si dispone tuttavia che i creditori insoddisfatti dalla massa fallimentare possano rivalersi, in via residuale, sul valore dei beni confiscati decurtati di una percentuale del 30 per cento e delle spese sostenute dalla procedura di prevenzione (la decurtazione percentuale forfetaria tiene conto del fatto che in sede di vendita fallimentare il bene viene sempre venduto a un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato).
      Si prevede inoltre che, se il sequestro o la confisca sono revocati prima della chiusura del fallimento, i beni siano nuovamente attratti alla massa attiva e che, se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura del fallimento, si provveda alla riapertura dello stesso. Infine, che, se il sequestro o la confisca intervengono dopo la vendita dei beni, essi si eseguono su quanto eventualmente residua dalla liquidazione.
      Altro problema cui si è dedicata specifica attenzione concerne il regime fiscale dei beni sequestrati, prima della confisca definitiva [lettera ff)].
      La lettera gg) delega il Governo a prevedere un'apposita disciplina relativa a registri, iscrizioni e certificazioni concernenti il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione.
      La lettera hh) delega il Governo a disciplinare le sanzioni e i divieti accessori alle misure di prevenzione, prevedendo altresì, la riabilitazione.
      La lettera ii) delega il Governo a prevedere la disciplina della destinazione dei beni confiscati.
      La lettera ll) prevede l'introduzione delle seguenti fattispecie criminose:

          1) violazione degli obblighi relativi alle misure di prevenzione, stabilendo che: chiunque contravviene al foglio di via imposto dal questore sia punito con l'arresto da uno a sei mesi; chiunque viola in modo grave o reiterato gli obblighi inerenti ad una misura di prevenzione sia punito con l'arresto da tre mesi a due anni; se la violazione riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, ovvero le comunicazioni degli atti di disposizione patrimoniale, si applichi la pena della reclusione da uno a cinque anni e sia consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza; in caso di violazione di obblighi o prescrizioni inerenti ad una misura di prevenzione imposta a un ente, lo stesso sia punito con idonea sanzione amministrativa pecuniaria, fatta salva la responsabilità penale delle persone fisiche che hanno determinato o agevolato la violazione;

          2) impedimento, all'esecuzione delle misure di prevenzione, consistente nella condotta di chi: 2.1) compie attività volte a impedire, eludere od ostacolare l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale ovvero l'esecuzione del sequestro di prevenzione: per questo delitto è stabilita la pena della reclusione da due a sei anni; 2.2) compie attività volte a impedire od ostacolare l'identificazione del reale titolare di un bene, se questo viene successivamente sottoposto a sequestro o confisca di prevenzione: per questo delitto è stabilita la pena della reclusione da due a sei anni. Se i fatti di cui ai numeri 2.1) e 2.2) sono commessi mediante la costituzione o l'utilizzo di documentazione contraffatta, alterata o ideologicamente falsa, la pena è aumentata da un terzo alla metà;

          3) interposizione fittizia, estendendo alle misure di prevenzione la fattispecie di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni;

          4) simulazione di credito, stabilendo che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque presenta domanda di ammissione

 

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di credito nell'ambito di una procedura di prevenzione, anche per interposta persona, per un credito fraudolentemente simulato, sia punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.000 euro a 10.000 euro;

          5) guida abusiva di veicoli a motore da parte del sorvegliato speciale;

          6) violazione dei divieti di autorizzazione e concessione conseguenti all'applicazione di una misura di prevenzione, consistente nella condotta del pubblico amministratore, funzionario o dipendente dello Stato o di altro ente pubblico ovvero dal concessionario di opere e di servizi pubblici che:

              6.1) nonostante l'intervenuta decadenza o sospensione, non disponga, entro trenta giorni dalla comunicazione, il ritiro delle licenze, autorizzazioni, abilitazioni o la cessazione delle erogazioni o concessioni ovvero la cancellazione dagli albi;

              6.2) consente alla conclusione di contratti o subcontratti in violazione dei divieti previsti dal testo unico nei confronti dei soggetti sottoposti a misura di prevenzione. È prevista, nei casi anzidetti, la pena della reclusione da due a quattro anni o, se il fatto è commesso per colpa, la pena della reclusione da tre mesi a un anno;

          7) aggiornare il catalogo dei reati per i quali è prevista un'aggravante speciale per i reati commessi dal sottoposto a misura di prevenzione;

          8) prevedere che alla condanna per taluno dei delitti di cui alla presente lettera conseguano:

              8.1) l'interdizione perpetua dai pubblici uffici;

              8.2) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo di cinque anni;

              8.3) la pubblicazione della sentenza di condanna.

      La lettera mm) delega il Governo a prevedere una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata avanzata una proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del testo unico.
      La lettera nn) delega il Governo a procedere all'abrogazione di tutta la normativa incompatibile con il testo unico.
      L'articolo 2 prevede l'emanazione di decreti legislativi contenenti disposizioni integrative e correttive, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del testo unico.
      Al capo II sono previste modifiche in tema di uffici requirenti e giudicanti nonché di patrocinio a spese dello Stato; l'articolo 3, in particolare, provvede ad istituire presso i tribunali di maggiori dimensioni dei capoluoghi dei distretti di corte d'appello un posto di presidente di sezione dei giudici per le indagini preliminari, garantendo, altresì, che la copertura degli stessi avvenga con delibera del Consiglio superiore della magistratura e non più con provvedimento del presidente del tribunale previo interpello tra i soli magistrati in servizio presso la sede in questione.
      Lo stesso intervento è volto, altresì, a consentire l'istituzione, nelle regioni maggiormente caratterizzate da fenomeni di criminalità organizzata, di un posto di procuratore aggiunto ogni otto sostituti addetti all'ufficio, in deroga al criterio generale di un aggiunto ogni dieci. La necessità di tale provvedimento è evidenziata dalla frequente sostituzione dei magistrati in servizio presso dette sedi, che non garantisce a sufficienza la presenza di operatori con specifica esperienza nel settore, particolarmente richiesta nelle regioni in questione.
      L'articolo 4 prevede norme in materia di copertura delle sedi giudiziarie disagiate.
      L'intervento è volto a risolvere numerosi problemi e contrasti insorti a seguito dell'entrata in vigore della legge 4 maggio 1998, n. 133. Questa legge, infatti, ha introdotto incentivi per i magistrati trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate, innovando profondamente la materia, già oggetto in precedenza di altri interventi normativi nonché, a livello amministrativo,

 

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di diverse circolari del Consiglio superiore della magistratura.
      La situazione oggi esistente, prodottasi per effetto di una stratificazione normativa relativa alla copertura delle sedi disagiate, è quella di una disciplina controversa che rischia di aggravare il conflitto fra contrastanti interessi, senza corrispondere efficacemente all'esigenza della copertura delle suddette sedi; per questo, nel massimo rispetto dei contrapposti interessi, risulta necessario fornire una soluzione adeguata alle attuali esigenze dell'amministrazione della giustizia, creando le premesse per la rimozione delle aree di criticità.
      L'introduzione di nuove misure di incentivo alla permanenza nelle sedi disagiate, superando le difficoltà manifestatesi, è tra l'altro fondamentale proprio nella prospettiva di gravi carenze nella copertura degli organici per i prossimi anni, in particolare in sedi non richieste delle regioni Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, dovuta al blocco dei concorsi per l'ingresso nella magistratura, verificatosi in tempi recenti.
      È evidente, pertanto, l'esigenza di una revisione articolata della disciplina in questione, con la modifica, in primo luogo, dell'articolo 2 della citata legge n. 133 del 1998, per superare le incongruenze riscontrate in questo periodo di applicazione della stessa. La normativa prevedeva come requisiti per la definizione di sede disagiata la mancata copertura del posto nell'ultima pubblicazione, le vacanze superiori al 15 per cento e due parametri molto generici, riferiti all'elevato numero di affari, rispettivamente, civili e penali. La conseguenza è stata quella di escludere sedi indubbiamente disagiate solo in virtù di contingenze meramente accidentali, quali la mancata pubblicazione del posto o la temporaneamente ridotta vacanza degli organici dovuta alla loro integrazione attraverso l'assegnazione d'ufficio di uditori giudiziari.
      Pare quindi più opportuno adottare criteri oggettivi sintomatici dell'assenza di domande per l'ufficio giudiziario e dell'impossibilità di coprirlo con magistrati già in carriera. I parametri che vengono proposti sono quindi la mancata copertura del posto nell'ultima pubblicazione dello stesso e l'esistenza di vacanze nell'organico in misura eccedente rispetto alla media nazionale, prevedendo, altresì, la possibilità di destinare in tali sedi fino a cento magistrati all'anno; questi ultimi, però, dovranno godere di una anzianità di servizio non inferiore a cinque anni e non dovranno provenire da altra sede disagiata.
      Solo nel caso in cui neppure magistrati con i predetti requisiti si dichiarino disponibili alla destinazione presso le sedi in questione sarà possibile coprire i posti requirenti vacanti mediante il ricorso a magistrati ordinari al termine del tirocinio; in detta ipotesi, però, ai predetti magistrati saranno assegnati esclusivamente procedimenti in assegnazione congiunta con colleghi che abbiano già conseguito la prima valutazione di professionalità. Detta limitazione risulta necessaria al fine di contemperare la necessità di copertura delle sedi disagiate con il divieto previsto dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, così come modificato dall'articolo 2, comma 4, della legge 30 luglio 2007, n. 111; secondo la norma in parola, infatti, detti magistrati «non possono essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell'udienza preliminare, anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità». L'urgente necessità determinata dalla mancata copertura delle sedi disagiate rende tuttavia preferibile l'introduzione di una deroga alla rigidità del divieto in questione, bilanciata dall'obbligo di coassegnazione di ciascun fascicolo congiuntamente ad un collega di maggiore esperienza.
      La nuova disciplina prevede, inoltre, per il futuro l'eliminazione della preferenza assoluta in favore dei magistrati in servizio presso sedi disagiate, con l'attribuzione dei seguenti benefìci in favore degli stessi: un'indennità pari allo stipendio tabellare effettivamente percepito al
 

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momento dell'assegnazione (notevolmente aumentata, quindi, rispetto alla sua attuale entità) per la durata massima di quattro anni, il raddoppio del punteggio di anzianità sino al quarto anno di permanenza, nonché, nei confronti dei soli magistrati in carriera (che, quindi, già esercitavano funzioni giudiziarie al momento della destinazione alla sede disagiata) e solo dopo il terzo anno di permanenza, il diritto a rientrare nella sede di provenienza, con le medesime funzioni e anche in soprannumero rispetto all'organico esistente.
      Questi benefìci si aggiungono, poi, alla facoltà di richiedere anche il trasferimento del coniuge, già prevista dal vigente articolo 3 della legge n. 133 del 1998.
      Quanto ai soggetti che, viceversa, siano stati già destinati a sedi dichiarate disagiate, il presente disegno di legge prevede che nei loro confronti continui ad applicarsi in toto la normativa vigente precedentemente all'entrata in vigore delle modifiche qui proposte.
      Si ritiene che tale meccanismo possa, seppur progressivamente, evitare un'alterazione della mobilità generale dei magistrati, garantendo a tutti i magistrati una prospettiva futura, seppur non immediata, di raggiungimento della sede desiderata o, perlomeno, di una sede limitrofa ad essa. Il meccanismo, inoltre, è concepito anche allo scopo di evitare che le sedi disagiate soffrano delle troppo frequenti sostituzioni che le hanno caratterizzate prima dell'entrata in vigore della legge stessa; l'eliminazione del diritto di preferenza assoluta dovrebbe, poi, costituire di per sé un ulteriore incentivo a rimanere nelle sedi in questione, per lo stesso meccanismo dei punteggi aggiuntivi vincolati alla permanenza nella sede disagiata e del raddoppio dello stipendio per la durata della permanenza.
      La modifica in parola, dunque, ormai indifferibile e necessaria per la corretta gestione del sistema giudiziario, concreta altresì un giusto contemperamento tra le differenti esigenze in giuoco, ponendo al tempo stesso le basi per garantire, nel prossimo futuro, la soluzione agli eccessivi irrigidimenti creatisi nelle procedure di mobilità dei magistrati ordinari italiani.

      L'articolo 5, poi, prevede alcune modifiche alla disciplina in materia di patrocinio a spese dello Stato; in primo luogo è prevista una espressa esclusione dal beneficio in questione per tutti i soggetti condannati per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo. Appare, infatti, evidente che la sussistenza di una sentenza di condanna in relazione ad una delle sopra descritte fattispecie criminose consenta di far presumere con sufficiente certezza la percezione di consistenti redditi illeciti, tali da non permettere il riconoscimento del beneficio in parola ai soggetti condannati per uno dei delitti in questione. La medesima disciplina è, del resto, già prevista nel testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, per ciò che concerne i «reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto» (articolo 91) sulla scorta di analoga presunzione di illecito arricchimento; diversamente, però, da quanto previsto in relazione a queste ultime fattispecie, la condanna per i reati sopra descritti impedirà anche il riconoscimento del beneficio nei procedimenti diversi da quelli relativi alle condotte criminose in parola.
      Questa modifica deve essere letta unitamente a quella di cui alla lettera d) del comma 1 del medesimo articolo, secondo la quale il giudice è obbligato a tenere conto, nella valutazione delle condizioni economiche del richiedente, anche delle
 

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risultanze del casellario giudiziale; pertanto, anche ove non operi la presunzione assoluta derivante dalla condizione di condannato per uno dei reati sopra elencati, il giudice dovrà sempre valutare i precedenti penali del richiedente al fine di decidere in merito alla richiesta di ammissione al gratuito patrocinio. In questo modo viene recepito, peraltro, l'orientamento della Corte di cassazione, la quale ha più volte chiarito che «in tema di patrocinio dei non abbienti, ai fini della revoca del decreto di ammissione al beneficio rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all'articolo 2729 cod. civ. La Corte ha così affermato la legittimità del provvedimento di revoca motivato con il richiamo ad una serie di reati di spaccio di sostanze stupefacenti e alla loro cospicua valenza economica, da cui può desumersi la disponibilità da parte dell'interessato di redditi superiori ai limiti stabiliti per la fruizione del beneficio» (Cassazione, sezione IV, sentenza 9 novembre 2005, n. 127, Parisi ed altri).
      Le lettere b) e c) del comma 1 del medesimo articolo, inoltre, prevedono l'eliminazione della possibilità per il richiedente di presentare l'istanza direttamente in udienza, con la conseguente necessità per il giudice di decidere «immediatamente»; l'istanza dovrà, pertanto, essere presentata sempre in cancelleria e potrà essere valutata con la dovuta attenzione, cosa spesso impossibile in caso, invece, di presentazione della stessa in udienza.

      L'articolo 6 reca, quindi, una innovativa disciplina in merito ai testimoni di giustizia; accogliendo un'indicazione discussa nell'ambito della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa e similare, l'articolo tende a completare il ventaglio di misure che possono essere adottate per la migliore tutela dei «testimoni di giustizia» e per meglio garantire loro quel reinserimento nella vita sociale che la riforma del sistema di protezione attuata nel 2001 intendeva porre in particolare risalto.
      La misura è intesa a ristorare il danno subìto dai cittadini che, senza colpa, ma anzi con il particolare merito civile di aver offerto una testimonianza fondamentale per il perseguimento di crimini gravissimi e per dare effettività all'amministrazione della giustizia, soffrono indubbie limitazioni alle loro potenzialità lavorative, offrendo loro di poter assumere un impiego pubblico, in coerenza con il titolo di studio, le professionalità e i requisiti posseduti e quelli richiesti dalle amministrazioni interessate.
      Al fine di garantire l'effettività della previsione e l'adozione delle misure di sicurezza occorrenti, si prevede che l'assunzione avvenga per chiamata diretta nominativa, secondo le intese realizzate dal Ministero dell'interno con le amministrazioni interessate e con modalità appositamente disciplinate. La disposizione non comporta oneri aggiuntivi per la finanza pubblica in quanto è espressamente previsto che l'assunzione sia effettuata nell'ambito delle risorse a disposizione dell'amministrazione ricevente per le spese di personale.
      Gli articoli 7, 8 e 9 recano norme in materia di divieto di concessione o erogazione di contributi o finanziamenti. L'articolo 7, in particolare, intende rendere più evidente ed efficace l'impegno dello Stato a tutela della legalità, ancorando l'erogazione di risorse pubbliche all'assenza di situazioni di disvalore sociale evidenziate dall'esistenza di sentenza di condanna, anche non definitiva, in relazione a specifici reati. In particolare la norma prevede che i soggetti di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 490 del 1994 (pubbliche amministrazioni, enti pubblici, enti o aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, imprese o società comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico) non possano concedere o erogare agevolazioni o incentivi alle imprese quando l'imprenditore o, comunque, un legale rappresentante, un amministratore o un direttore abbia riportato una condanna, anche non definitiva, per uno dei reati elencati nella norma stessa.
      I reati ai quali si fa riferimento sono quelli che presentano un maggiore disvalore
 

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sociale: fra gli altri, turbata libertà degli incanti, omicidio e lesioni colpose, ove aggravati dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, truffa, usura, ricettazione, riciclaggio, nonché reati in materia societaria, fallimentare, e i reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
      L'articolo 8 istituisce la fattispecie della sospensione della concessione o dell'erogazione nelle ipotesi di pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna, o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i casi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 7 o in caso di provvedimento provvisorio di divieto di ottenere le erogazioni emesso dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 575 del 1965. La norma sana una lacuna che esponeva le amministrazioni dello Stato ad elevati rischi prevedendo misure di cautela.

      L'accertamento delle cause ostative alla concessione o erogazione di cui all'articolo 7 o delle cause di sospensione di cui all'articolo 8 è affidato (articolo 9) alla dichiarazione sostitutiva del soggetto richiedente, che deve indicare anche i provvedimenti giudiziari iscrivibili nel casellario giudiziario. La norma prescrive che le amministrazioni, enti o società di cui all'articolo 7, in sede di verifica delle dichiarazioni del richiedente, acquisiscano dal competente ufficio del casellario giudiziale i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti. L'articolo 10 reca, infine, la normativa transitoria in relazione alle sentenze di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale intervenute precedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge.
      L'articolo 11 dispone circa la copertura finanziaria del provvedimento, mentre l'articolo 12 disciplina la sua entrata in vigore.
 

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RELAZIONE TECNICA
(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468,
e successive modificazioni).

        La presente relazione tecnica è volta a quantificare gli oneri derivanti dall'adeguamento della indennità mensile prevista dalla legge n. 133 del 1998 per il servizio prestato dal personale di magistratura nelle sedi disagiate. L'importo dell'indennità prevista, in sostituzione delle misure previste ai commi 1 e 3 dell'articolo 2 della legge n. 133 del 1998, è determinato sulla base dello stipendio tabellare lordo mensile percepito dal magistrato. Ai fini dei calcoli si è utilizzata come parametro medio di riferimento la misura dello stipendio tabellare lordo di un magistrato di tribunale con 10 anni di anzianità.
        Si prevede inoltre che il numero di magistrati da assegnare alle sedi disagiate non sarà superiore alle 100 unità.

Calcolo degli oneri:

Importo stipendiale tabellare su base annua 52.212,58

INPDAP 12.635,44

IRAP 4.438,07

Totale onere unitario 69.286,08

Onere annuo:

euro 69.286,08 x 100 (n. magistrati da assegnare) = euro 6.928.608

      Le predette disposizioni si applicano esclusivamente ai magistrati assegnati alle sedi disagiate successivamente all'entrata in vigore della presente legge. Per gli altri magistrati già trasferiti continuano ad applicarsi le disposizioni previgenti.

 

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DISEGNO DI LEGGE

Capo I
DELEGA AL GOVERNO PER L'EMANAZIONE DI UN TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MISURE DI PREVENZIONE

Art. 1.
(Delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle misure di prevenzione).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un decreto legislativo recante il testo unico delle disposizioni in materia di misure di prevenzione applicate dall'autorità giudiziaria.
      2. Il testo unico di cui al comma 1, previa ricognizione della vigente normativa relativa alle misure di prevenzione, coordina e armonizza in modo organico la stessa, aggiornandola e modificandola secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere il principio di legalità delle misure di prevenzione; prevedere che le misure di prevenzione possano essere applicate nei confronti delle persone fisiche e giuridiche; prevedere, altresì, che le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate disgiuntamente rispetto a quelle personali e possano essere chieste e applicate anche nei confronti di persone decedute, entro i cinque anni successivi alla data del decesso; prevedere che le misure di prevenzione diverse dalla confisca abbiano una durata non inferiore a un anno e non superiore a cinque anni, fatti salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti;

          b) prevedere che le misure di prevenzione personali possano essere applicate:

              1) ai soggetti che, sulla base di elementi di fatto, risultano dediti alla

 

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commissione di reati che ledono o mettono concretamente in pericolo l'integrità fisica o sessuale, l'ambiente, la salute, l'ordine e la sicurezza pubblica, il patrimonio, nonché di reati contro la pubblica amministrazione ovvero di taluno dei reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

              2) ai soggetti che sono indiziati di appartenenza, agevolazione o concorso nelle associazioni per delinquere:

                  2.1) di cui agli articoli 270-bis o 416-bis del codice penale;

                  2.2) finalizzate all'immigrazione clandestina ovvero al traffico di esseri umani;

                  2.3) previste dall'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

                  2.4) previste dall'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43;

              3) ai soggetti che sono indiziati della commissione di reati aggravati dalla circostanza di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, ovvero dalla circostanza di cui all'articolo 4, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146;

          c) prevedere che le misure di prevenzione patrimoniali possano essere applicate:

              1) ai soggetti di cui alla lettera b), con riferimento ai beni di cui abbiano la disponibilità, anche indiretta, e di cui non dimostrino la legittima provenienza;

              2) ai soggetti i quali, sulla base di elementi di fatto quali la condotta, il tenore di vita o la disponibilità, anche

 

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indiretta, di beni per un valore sproporzionato alla propria attività economica ovvero al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi, esclusi i redditi provenienti da operazioni fittizie, e dei quali non dimostrino la legittima provenienza, debba ritenersi che vivano abitualmente, anche in parte, con il prodotto, il profitto o il prezzo di attività criminose o il reimpiego di essi;

              3) ai soggetti che compiono volontariamente ogni attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, provvista, intermediazione, deposito, custodia, erogazione o messa a disposizione di fondi o risorse economiche, in qualunque modo realizzati, ovvero alla fornitura o comunque alla messa a disposizione di altri beni destinati ad essere in tutto o in parte utilizzati al fine di agevolare l'attività di una delle associazioni di cui alla lettera b), numero 2), o dei suoi appartenenti;

          d) prevedere che le misure di prevenzione patrimoniali si applichino alle società ed enti, diversi dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali, dagli altri enti pubblici non economici, nonché dagli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale, nei confronti dei quali sussiste il fondato motivo, desunto da concreti elementi di fatto, di ritenere che:

              1) siano finanziati, in tutto o in parte rilevante, controllati, anche per il tramite di soggetti fiduciari o interposte persone, ovvero amministrati, anche indirettamente o di fatto, da taluna delle associazioni di cui alla lettera b), numero 2), da suoi appartenenti o comunque da soggetti che operano nell'interesse esclusivo o prevalente della stessa;

              2) svolgano la propria attività economica sfruttando la protezione o agevolando, anche indirettamente e in via non esclusiva, l'attività di una delle associazioni di cui alla lettera b), numero 2), o dei suoi appartenenti;

              3) siano titolari di beni o risorse economiche per un valore sproporzionato

 

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alla propria attività economica o al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi, quando debba ritenersi, sulla base di concreti elementi, che detti beni o risorse costituiscano il prodotto, il profitto o il prezzo di attività criminose o il reimpiego di essi;

              4) si trovino nelle condizioni di cui alla lettera s) ovvero, pur avendo reso la denuncia di assoggettamento di cui alla lettera p), non abbiano reciso il legame con l'organizzazione criminale;

          e) disciplinare la competenza ad applicare le misure di prevenzione nel seguente modo:

              1) prevedere che competente a decidere sulle misure di prevenzione personali e patrimoniali sia il tribunale del capoluogo della provincia ove dimora la persona fisica ovvero ove di fatto opera la società o l'ente; prevedere che, per quanto concerne la provincia di Caserta, resti ferma la competenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere;

              2) prevedere che, quando vengono richieste congiuntamente misure di prevenzione personali e patrimoniali, competente a conoscere di tutte le richieste sia il tribunale competente ad applicare la misura di prevenzione personale;

              3) prevedere che, in caso di morte della persona fisica cui potrebbe applicarsi la misura di prevenzione, la competenza per territorio venga determinata in relazione al luogo di ultima dimora dell'interessato;

              4) prevedere che, in caso di irreperibilità, latitanza, assenza, residenza o dimora all'estero della persona fisica cui potrebbe applicarsi la misura di prevenzione patrimoniale, la competenza per territorio venga determinata in relazione al luogo ove si trova il bene da confiscare;

              5) prevedere che, se l'ente cui potrebbe applicarsi la misura di prevenzione patrimoniale opera in più luoghi, sia competente il tribunale del capoluogo della provincia ove si trova il bene da confiscare;

 

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              6) prevedere che, nel caso di società costituita all'estero, sia competente, in successione graduata, il tribunale del capoluogo della provincia:

                  6.1) ove si trova la sede dell'amministrazione ovvero la sede operativa dell'impresa;

                  6.2) ove si trova il bene da confiscare;

              7) prevedere che, nei casi di cui ai numeri 4), 5) e 6), se più sono i beni da confiscare ed essi si trovano in province diverse, si abbia riferimento al bene di maggior valore;

              8) prevedere che, quando la richiesta ha per oggetto più società facenti parte del medesimo gruppo, sia competente il tribunale del capoluogo della provincia ove si trova la sede della società capogruppo e che, se la società capogruppo ha sede all'estero, si applichino i criteri di cui ai numeri 6) e 7);

          f) prevedere che il tribunale di prevenzione sia composto di norma da magistrati esperti in materia civile e penale; che in seno al collegio di prevenzione sia designato un giudice delegato; che in caso di mutamento della composizione del collegio restino validi tutti gli atti assunti dal collegio diversamente composto;

          g) disciplinare le indagini patrimoniali nel seguente modo:

              1) prevedere i casi in cui sussista l'obbligo di effettuare investigazioni patrimoniali da parte della polizia giudiziaria, ferme restando le specifiche competenze del Corpo della guardia di finanza ai sensi dell'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575;

              2) prevedere i casi in cui il pubblico ministero sia tenuto a svolgere obbligatoriamente tutte le indagini necessarie per l'accertamento dei presupposti applicativi delle misure di prevenzione;

              3) prevedere che i soggetti titolari del potere di proposta possano chiedere ad ogni ufficio della pubblica amministrazione, a banche e a società commerciali, a

 

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persone incaricate di un pubblico servizio o esercenti un servizio di pubblica necessità, nonché a privati, informazioni ritenute utili ai fini delle indagini; prevedere la necessità di autorizzazione scritta del pubblico ministero nei casi in cui debba essere acquisita documentazione bancaria o comunque coperta dal segreto professionale o dal segreto d'ufficio, nonché per accedere presso uffici pubblici e presso ogni locale destinato all'esercizio di attività commerciale o professionale, al fine di ricercare atti, documenti, corrispondenza e ogni altra utile informazione;

          h) disciplinare il potere di proposta delle misure di prevenzione nel seguente modo:

              1) prevedere che le misure di prevenzione possano essere proposte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, dal questore e dal direttore della Direzione investigativa antimafia (DIA), stabilendo forme di comunicazione o intesa con il procuratore della Repubblica quando la proposta provenga dagli altri soggetti citati;

              2) prevedere che la competenza a investigare e a formulare la proposta di misura di prevenzione patrimoniale spetti, ferma restando la competenza del questore e del direttore della DIA, al procuratore della Repubblica presso il tribunale avente sede nel capoluogo del distretto di corte d'appello, almeno con riferimento ai casi previsti alle lettere b) numeri 2) e 3), c), con riferimento ai soggetti di cui alla lettera b), numeri 2) e 3), e d), numeri 1), 2) e 3), limitatamente ai reati di competenza distrettuale;

              3) prevedere che per la trattazione dei procedimenti di prevenzione patrimoniale di competenza distrettuale possano essere applicati magistrati delle procure territoriali;

              4) prevedere che, quando si procede ad indagini preliminari in ordine a reati di competenza distrettuale, la proposta di misure di prevenzione patrimoniali sia sempre esercitata non oltre l'esercizio

 

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dell'azione penale, salvo che siano necessarie investigazioni patrimoniali particolarmente complesse;

              5) prevedere che, se le investigazioni patrimoniali non abbiano consentito di raccogliere elementi utili, il pubblico ministero disponga non doversi procedere all'azione di prevenzione con decreto motivato;

          i) prevedere le seguenti attribuzioni del procuratore nazionale antimafia:

              1) esercizio di funzioni di impulso e di coordinamento nei confronti delle procure della Repubblica legittimate a proporre l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale;

              2) possibilità di disporre, limitatamente ai procedimenti relativi ai soggetti indiziati dei reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, e previa intesa con il competente procuratore distrettuale, l'applicazione temporanea di magistrati della direzione nazionale antimafia alle procure distrettuali per la trattazione di singoli affari;

          l) disciplinare quale misura di prevenzione personale la sorveglianza speciale, prevedendo:

              1) la non necessaria prodromicità dell'avviso orale di pubblica sicurezza, aggiornando il catalogo delle prescrizioni che il giudice può impartire al sottoposto, includendo fra esse l'obbligo di comunicare tutti gli atti di disposizione patrimoniale e il divieto di condurre veicoli a motore di qualsiasi tipo;

              2) che, in caso di inottemperanza grave o reiterata alle prescrizioni imposte con la sorveglianza speciale, il tribunale possa sostituire ovvero integrare le stesse con altre più afflittive;

              3) che, quando applica la misura della sorveglianza speciale, il tribunale possa imporre al sottoposto di prestare cauzione, il cui importo sia commisurato alle capacità reddituali dello stesso; che la cauzione possa essere sostituita da idonea garanzia ipotecaria ovvero di garanzia fideiussoria

 

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prestata da un istituto di rilievo nazionale, purché, in tale ultimo caso, si tratti di fideiussione solidale;

              4) che quali misure accessorie alla sorveglianza speciale il tribunale possa applicare anche l'interdizione temporanea dalle funzioni di amministrazione e controllo di società e il divieto di stipulare contratti con la pubblica amministrazione;

              5) che, in caso di inottemperanza all'obbligo imposto al sorvegliato speciale di comunicare tutti gli atti di disposizione patrimoniale, il tribunale possa imporre, secondo criteri di proporzionalità e d'idoneità a fronteggiare la pericolosità sociale manifestata dal sottoposto, le misure del controllo giudiziario e dell'amministrazione giudiziaria dei beni; che, quando risulti il concreto pericolo che i beni sottoposti al provvedimento di amministrazione giudiziaria vengano dispersi, sottratti o alienati, il proponente possa chiedere al tribunale di disporne il sequestro;

          m) prevedere e disciplinare quale misura di prevenzione patrimoniale la confisca dei beni, stabilendo:

              1) che la confisca sia in ogni tempo disposta anche se i beni sono stati trasferiti o intestati fittiziamente ad altri, fatti salvi i diritti dei terzi tutelati dalla legge;

              2) che, se il proposto, il sottoposto, gli amministratori giudiziari o i loro coadiutori disperdono, distraggono, occultano o svalutano i beni propri o dell'ente al fine di eludere l'esecuzione dei provvedimenti di sequestro o di confisca su di essi, il sequestro e la confisca abbiano ad oggetto denaro o altri beni di importo equivalente;

              3) che la confisca possa altresì essere in ogni tempo disposta quando risulti che beni già confiscati, dopo l'assegnazione o la destinazione, siano tornati, anche per interposta persona, nella disponibilità o nel controllo del sottoposto, di taluna delle associazioni di cui alla lettera b), numero 2), o di suoi appartenenti;

              4) che a seguito della confisca definitiva i beni vengano acquisiti al patrimonio

 

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indisponibile dello Stato, salvi i casi in cui il testo unico espressamente preveda altre destinazioni pubbliche o la possibilità di alienazione, garantendo che i beni non possano essere riacquistati da soggetti appartenenti alla criminalità organizzata;

              5) che la confisca di prevenzione possa essere eseguita anche nei confronti di beni localizzati nel territorio di Paesi appartenenti all'Unione europea, nei limiti e con le procedure previsti dalla legislazione dell'Unione stessa;

          n) disciplinare il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione nel seguente modo:

              1) prevedere che, dopo l'esercizio dell'azione di prevenzione, e quando il pubblico ministero lo autorizza, gli esiti delle indagini patrimoniali siano trasmessi al competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza a fini fiscali;

              2) prevedere che l'azione di prevenzione possa essere esercitata anche indipendentemente dall'esercizio dell'azione penale;

              3) prevedere che la proposta di misura di prevenzione sia irretrattabile;

              4) prevedere che la proposta di misura di prevenzione contenga:

                  4.1) le generalità della persona fisica ovvero la denominazione della persona giuridica e il nome del suo legale rappresentante;

                  4.2) la descrizione dei presupposti e degli elementi di fatto su cui si fonda il giudizio di pericolosità sociale posto alla base della misura di volta in volta richiesta;

                  4.3) l'indicazione della persona fisica o giuridica che ha l'attuale titolarità dei beni confiscabili; nel caso in cui siano richieste misure di prevenzione patrimoniali, l'individuazione dei beni suscettibili di confisca, l'indicazione dei luoghi dove essi sono situati o custoditi, la descrizione catastale e gli estremi di identificazione dei beni, ove risultanti da pubblici registri;

                  4.4) la data e la sottoscrizione;

 

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              5) prevedere che l'assenza delle indicazioni di cui ai numeri 4.1), 4.2) e 4.4) determini la nullità della richiesta; che la nullità debba essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro la prima udienza; che il tribunale assegni in tal caso al pubblico ministero un termine per sanare le nullità riscontrate;

              6) prevedere che l'incompetenza del tribunale debba essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui al numero 5), e che avverso l'ordinanza di rigetto dell'eccezione possa essere proposto ricorso per cassazione, senza effetto sospensivo del procedimento;

              7) prevedere che sul ricorso di cui al numero 6) la Corte di cassazione decida in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 611 del codice di procedura penale, e che se la Corte di cassazione dichiari inammissibile o rigetti il ricorso la questione di competenza non possa più essere rilevata o eccepita, né costituire oggetto di successiva impugnazione;

              8) prevedere che, salvo quanto previsto in casi particolari, il presidente del tribunale, ricevuta la proposta, fissi l'udienza in camera di consiglio per una data compresa nei trenta giorni successivi, designando in favore del proposto, che sia privo di un difensore di fiducia, un difensore d'ufficio; che quando sia proposta una misura di prevenzione nei confronti di un ente, il difensore venga nominato in favore del legale rappresentante dello stesso;

              9) prevedere che il decreto di fissazione della data di udienza venga comunicato al pubblico ministero e notificato, almeno dieci giorni prima della data medesima, alle persone nei cui confronti è proposta la misura e ai loro difensori, nonché alle altre persone o enti interessati;

              10) prevedere che l'udienza di prevenzione si svolga con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero e che la persona fisica o il legale rappresentante della persona giuridica nei cui confronti è proposta una misura di

 

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prevenzione vengano sentiti qualora compaiano e ne facciano richiesta;

              11) prevedere che il tribunale, anche d'ufficio, acquisisca gli elementi necessari ai fini della decisione, con le modalità previste dall'articolo 185 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271; che il tribunale possa altresì indicare al pubblico ministero, ove lo ritenga necessario, l'acquisizione di ulteriori elementi, a tal fine assegnando un termine;

              12) prevedere che nel corso dell'udienza il pubblico ministero possa modificare la proposta originaria e che, se la modifica ha per oggetto la richiesta di applicazione di una misura di prevenzione con modalità più afflittive o per una durata più lunga, il proposto, ove ne faccia richiesta, abbia diritto a un termine a difesa non superiore a venti giorni; che il termine venga sempre concesso in caso di assenza del proposto dall'udienza;

              13) prevedere che, in caso di rigetto, una nuova proposta possa essere presentata soltanto se vengano acquisiti o indicati elementi precedentemente non valutati;

              14) prevedere che il provvedimento che applica la misura di prevenzione sia comunicato al pubblico ministero, al procuratore generale presso la corte d'appello e all'interessato, nonché al soggetto delegato per l'esecuzione, e che il provvedimento che applica la misura di prevenzione patrimoniale sia altresì comunicato al procuratore nazionale antimafia e al competente nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza; che il provvedimento che applica la misura di prevenzione nei confronti di una persona fisica sia iscritto nel casellario giudiziario e che il provvedimento che applica la misura di prevenzione nei confronti di un ente sia comunicato alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura per l'annotazione nel registro delle imprese; prevedere le altre comunicazioni necessarie per l'alimentazione del circuito

 

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informativo finalizzato all'applicazione del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252;

              15) prevedere l'utilizzabilità nel procedimento di prevenzione delle prove e degli elementi di prova acquisiti nel corso di procedimenti penali, nonché di atti e documenti relativi a processi civili o amministrativi;

              16) prevedere la disciplina delle impugnazioni;

              17) prevedere che, quando viene richiesta la misura della confisca, si applichino i seguenti princìpi:

                  17.1) stabilire le modalità di esecuzione e di pubblicità del sequestro;

                  17.2) prevedere i casi e i modi in cui sia possibile procedere allo sgombero degli immobili sequestrati;

                  17.3) prevedere la possibilità di operare il sequestro di prevenzione in via di urgenza;

                  17.4) stabilire che il sequestro perda efficacia se non viene disposta la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione dell'amministratore giudiziario nel possesso dei beni e, in caso di impugnazione del provvedimento di confisca, se la corte d'appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso;

                  17.5) prevedere che i termini di cui al numero 17.4) possano essere prorogati, anche d'ufficio, con decreto motivato per periodi di sei mesi, e per non più di due volte, in caso di investigazioni complesse o di compendi patrimoniali rilevanti ovvero quando permanga un grave e comprovato pericolo che i beni vengano dispersi, deteriorati, sottratti o alienati;

                  17.6) prevedere che nei termini di cui ai numeri 17.4) e 17.5) non siano computati tutti i periodi di tempo riconducibili ad attività del proposto o del difensore, quali gli impedimenti e il tempo

 

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necessario per la proposizione di impugnazioni;

                  17.7) prevedere l'ipotesi di presunzione di intestazione o trasferimento fittizio a terzi, stabilendo che in ogni caso non siano considerati terzi i familiari del proposto;

                  17.8) prevedere la nullità assoluta e insanabile di tutti gli atti di disposizione, da parte del proposto, dei beni assoggettati a sequestro di prevenzione, nonché, in caso di sequestro di azienda, l'inefficacia dei pagamenti relativi all'azienda sequestrata ricevuti dal proposto o da lui eseguiti dopo l'esecuzione del provvedimento di sequestro, salva la tutela dei terzi in buona fede;

                  17.9) prevedere che, quando nel corso del procedimento emergono ulteriori beni di cui potrebbe essere disposta la confisca, possa essere disposta l'estensione del sequestro o della confisca a tali beni; che per tali beni i termini di cui ai numeri 17.4) e 17.5) decorrano separatamente con riferimento alla data di immissione dell'amministratore giudiziario nel possesso degli stessi;

                  17.10) prevedere che la confisca si trascriva, iscriva o annoti nelle forme del sequestro e che, in caso di confisca di un intero compendio aziendale, l'amministratore richieda la cancellazione dell'impresa dal registro delle imprese;

                  17.11) stabilire che a seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni siano acquisiti dallo Stato liberi da oneri e pesi, per essere destinati a finalità di interesse sociale;

                  17.12) prevedere che il provvedimento definitivo di confisca sia comunicato immediatamente agli organi o enti competenti per legge in ordine alla destinazione finale dei beni, nonché al prefetto e al Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno;

          o) prevedere che le sentenze di proscioglimento e di assoluzione non escludano, di per sé, la sussistenza dei presup

 

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posti per l'applicazione o il mantenimento delle misure di prevenzione;

          p) prevedere che i titolari del potere di rappresentanza, ovvero coloro che detengono una quota qualificata dell'impresa o ente che si trova sottoposto alle condizioni di intimidazione o di assoggettamento di cui all'articolo 416-bis del codice penale, rendano all'autorità giudiziaria ovvero alle Forze di polizia denuncia di assoggettamento ad influenza mafiosa; che nella fase transitoria, per le imprese o enti che già si trovino nelle condizioni di intimidazione o di assoggettamento, detta denuncia possa essere resa nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore del testo unico;

          q) prevedere che, in favore delle imprese o enti in relazione ai quali sia stata resa la denuncia di assoggettamento ad influenza mafiosa di cui alla lettera p), il tribunale possa applicare, secondo criteri di proporzionalità e adeguatezza, le seguenti misure di cautela e di sostegno:

              1) il controllo giudiziario, stabilendo: l'obbligo di non cambiare sede, denominazione e ragione sociale, oggetto sociale e composizione degli organi di amministrazione e direzione, nonché di non compiere fusioni o altre trasformazioni, senza preventivo avviso al tribunale; l'obbligo di fornire al predetto tribunale un resoconto periodico, con la relativa documentazione, delle operazioni compiute aventi valore superiore alla soglia determinata dal tribunale; che gli ufficiali di polizia possano essere autorizzati dal tribunale ad accedere presso gli uffici dell'impresa o della società, nonché presso uffici pubblici, studi professionali, società, banche e intermediari finanziari per acquisire informazioni e copia della documentazione ritenuta utile; che, ove al termine del periodo stabilito risulti l'impossibilità della normale gestione societaria in ragione del livello di infiltrazione criminale, il tribunale possa applicare la misura di cautela e di sostegno di cui al numero 2);

              2) l'amministrazione giudiziaria per un periodo non inferiore a sei e non superiore a dodici mesi, prevedendo che:

 

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                  2.1) il tribunale revochi gli amministratori e i sindaci della società e nomini uno o più amministratori, che provvedano alla gestione dell'ente, curandone, ove necessario, il riassetto organizzativo e contabile; l'amministratore non possa compiere atti eccedenti l'ordinaria amministrazione senza la preventiva autorizzazione del giudice delegato; l'amministratore provveda altresì al controllo delle operazioni societarie; siano disciplinati il caso di società inserita in un gruppo societario nonché il caso di società e imprese costituite in più unità produttive; siano nulli tutti gli atti di disposizione compiuti dai titolari dell'impresa o dell'ente durante il periodo nel quale lo stesso è sottoposto all'amministrazione giudiziaria;

                  2.2) quando nel corso dell'amministrazione giudiziaria risulti il concreto pericolo che i beni vengano dispersi, sottratti o alienati, il pubblico ministero possa chiedere al tribunale di disporne il sequestro;

                  2.3) la misura possa essere prorogata, anche d'ufficio, per un periodo non superiore complessivamente a dodici mesi se permangono le condizioni in base alle quali è stata applicata;

              3) il sequestro delle quote e delle azioni, prevedendo la gestione di tali quote o azioni secondo le forme dell'amministrazione giudiziaria;

          r) prevedere, in relazione alle misure di cui alla lettera q), che:

              1) se al termine del periodo fissato o prorogato dal tribunale risultino venute meno le esigenze di cautela e di sostegno, il tribunale disponga la revoca della misura disposta;

              2) con il provvedimento che dispone la revoca della misura di cautela e di sostegno il tribunale possa stabilire obblighi di comunicazione al questore e al nucleo di polizia tributaria competenti, per un periodo non inferiore a tre anni, degli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, degli atti di pagamento

 

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ricevuti, degli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti, nonché degli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore superiore a quello stabilito dal tribunale in relazione al patrimonio e al reddito dell'impresa o dell'ente e comunque a un limite da stabilirsi;

              3) se al termine del periodo fissato o prorogato dal tribunale per il controllo o l'amministrazione giudiziaria risulti l'impossibilità della normale gestione societaria in ragione del livello di infiltrazione criminale, il tribunale disponga il sequestro dei beni aziendali finalizzato alla successiva confisca; prevedere, in tal caso, adeguate forme di ristoro all'imprenditore che abbia reso la denuncia, anche attraverso l'utilizzo del Fondo di rotazione di cui alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, e successive modificazioni, purché risulti reciso ogni legame con l'organizzazione criminale;

              4) se, nel corso dell'esecuzione delle misure di cautela e di sostegno di cui alla lettera q), emerga che il soggetto ha reso mendace denuncia di assoggettamento, il tribunale trasmetta gli atti al pubblico ministero per la richiesta di applicazione di una misura di prevenzione;

          s) prevedere che, quando emerga la sussistenza di imprese o enti soggetti alle condizioni di intimidazione e di assoggettamento di cui all'articolo 416-bis del codice penale, i cui titolari non abbiano reso la denuncia prevista dalla lettera p), si proceda al sequestro e alla confisca di prevenzione, salvo che i predetti titolari, nel corso del procedimento, non collaborino concretamente con l'autorità di polizia o con l'autorità giudiziaria per la ricostruzione dei fatti che hanno dato luogo alle condizioni di assoggettamento, nonché nella raccolta di elementi di prova decisivi al fine di:

              1) individuare o assicurare alla giustizia uno o più appartenenti a taluna delle associazioni di cui alla lettera b), numero 2);

 

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              2) sottrarre risorse rilevanti alle associazioni di cui al numero 1);

              3) ricostruire fatti di reato riconducibili a taluna delle associazioni di cui al numero 1);

              4) evitare la commissione dei reati indicati alla lettera b);

          t) prevedere, nel caso di cui alla lettera s), l'applicabilità delle misure di cautela e di sostegno di cui alla lettera q);

          u) prevedere la revocazione della confisca definitiva di prevenzione, stabilendo:

              1) che essa possa essere richiesta:

                  1.1) in caso di scoperta di nuove prove decisive, sopravvenute alla conclusione del procedimento;

                  1.2) quando i fatti accertati con sentenze penali definitive, sopravvenute in epoca successiva alla conclusione del procedimento di prevenzione, escludano in modo assoluto l'esistenza dei presupposti di applicazione della confisca;

                  1.3) quando la decisione sulla confisca sia stata motivata, unicamente o in modo determinante, sulla base di atti riconosciuti falsi, di falsità nel giudizio ovvero di un fatto previsto dalla legge come reato;

              2) che la revocazione possa essere richiesta solo al fine di dimostrare il difetto originario dei presupposti per l'applicazione della misura;

              3) che la richiesta di revocazione sia proposta, a pena di inammissibilità, entro sei mesi dalla data in cui si verifica uno dei casi di cui al numero 1), salvo che l'interessato dimostri di non averne avuto conoscenza per causa a lui non imputabile;

              4) che, in caso di accoglimento della domanda di revocazione, la restituzione dei beni confiscati possa avvenire solo per equivalente, con previsione dei criteri per determinare il valore dei beni medesimi;

 

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              5) che la revocazione non possa comunque essere chiesta da chi, potendo o dovendo partecipare al procedimento, vi abbia rinunciato, anche non espressamente;

          v) disciplinare i poteri e i doveri dell'amministratore giudiziario, prevedendo che:

              1) l'amministratore giudiziario sia scelto tra gli iscritti in un apposito albo, da istituire con successivo regolamento interministeriale, salvo che esigenze di particolare complessità non rendano necessaria la nomina di un altro soggetto, non iscritto all'albo; siano previsti casi di incompatibilità; sia stabilita la possibilità di nomina di coadiutori particolarmente qualificati;

              2) all'amministratore giudiziario siano attribuite le seguenti funzioni, da disciplinare:

                  2.1) inventario e stima dei beni;

                  2.2) relazioni periodiche al giudice delegato;

                  2.3) custodia, conservazione, amministrazione e gestione dei beni o delle aziende in sequestro;

                  2.4) tenuta della contabilità;

                  2.5) adempimento degli oneri fiscali;

                  2.6) resa del conto di gestione;

              3) gli atti di straordinaria amministrazione debbano essere autorizzati dal giudice delegato, fissando eventualmente una soglia di valore oltre la quale gli atti si considerino sempre di straordinaria amministrazione;

              4) avverso gli atti dell'amministratore giudiziario compiuti in violazione del testo unico, il pubblico ministero, il proposto e ogni altro interessato possano proporre reclamo al tribunale, che decide con decreto non impugnabile; che l'istanza, se rigettata, non possa essere riproposta;

 

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              5) gli atti dell'amministrazione giudiziaria siano coperti da segreto d'ufficio fino al rendiconto di gestione;

          z) prevedere la disciplina delle spese di gestione, delle liquidazioni e dei rimborsi;

          aa) prevedere che, nelle controversie concernenti la procedura, l'amministratore giudiziario possa avvalersi dell'Avvocatura dello Stato per la rappresentanza e l'assistenza legale;

          bb) prevedere che, dopo la confisca definitiva, l'amministratore giudiziario coadiuvi il tribunale nella procedura di tutela dei diritti dei terzi;

          cc) disciplinare i rapporti tra il sequestro di prevenzione e il sequestro penale, prevedendo che:

              1) il sequestro e la confisca di prevenzione possano essere disposti anche in relazione a beni già sottoposti a sequestro nell'ambito di un procedimento penale;

              2) nel caso di contemporanea esistenza di sequestro penale e di prevenzione in relazione al medesimo bene, la custodia giudiziale e la gestione dei beni sequestrati nel processo penale vengano affidate all'amministratore giudiziario secondo le disposizioni stabilite dal testo unico in materia di amministrazione e di gestione, salvo l'obbligo di comunicare al giudice del procedimento penale copia delle relazioni periodiche;

              3) in relazione alla vendita, assegnazione e destinazione dei beni si applichino le norme relative alla confisca divenuta definitiva per prima;

              4) se la confisca definitiva di prevenzione interviene prima della sentenza irrevocabile di condanna che dispone la confisca dei medesimi beni in sede penale, si proceda in ogni caso alla gestione, vendita, assegnazione o destinazione dei beni secondo le disposizioni previste dal testo unico;

 

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              5) in caso di contemporanea pendenza di confisca di prevenzione e di confisca penale, anche disposta ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, quella divenuta irrevocabile per prima sia in ogni caso trascritta, iscritta o annotata con le modalità previste dal testo unico;

          dd) disciplinare la materia dei rapporti dei terzi con la procedura, prevedendo:

              1) la disciplina delle azioni esecutive intraprese da terzi su beni sottoposti a sequestro di prevenzione, stabilendo tra l'altro il principio generale secondo cui esse non possono comunque essere iniziate o proseguite dopo l'esecuzione del sequestro, fatta salva la tutela dei creditori in buona fede;

              2) la disciplina dei rapporti pendenti all'epoca di esecuzione del sequestro, stabilendo tra l'altro il principio che l'esecuzione dei relativi contratti rimane sospesa fino a quando l'amministratore giudiziario, previa l'autorizzazione del giudice delegato, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del proposto, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di risolvere il contratto;

              3) una specifica tutela giurisdizionale dei diritti dei terzi sui beni oggetto di sequestro e di confisca di prevenzione, prevedendo in particolare:

                  3.1) che i titolari di diritti di proprietà ovvero di diritti reali o personali di godimento sui beni oggetto di sequestro di prevenzione siano chiamati nel procedimento di prevenzione entro trenta giorni dall'esecuzione del sequestro per svolgere le proprie deduzioni; che dopo la confisca i diritti reali o personali di godimento sui beni confiscati si estinguano, salvo il diritto alla corresponsione di un equo indennizzo;

                  3.2) che i titolari di diritti di credito aventi data certa anteriore al sequestro debbano, a pena di decadenza,

 

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insinuare il proprio credito nella procedura entro un termine da stabilire, comunque non inferiore a sessanta giorni dalla data in cui la confisca diviene definitiva, salva la possibilità di insinuazioni tardive in caso di ritardo incolpevole;

                  3.3) il principio della previa escussione del patrimonio residuo del sottoposto, salvo che per i crediti assistiti da cause legittime di prelazione su beni confiscati, nonché il principio del limite della garanzia patrimoniale, costituito dal 70 per cento del valore dei beni sequestrati, al netto delle spese della procedura; che la previa escussione possa essere dimostrata anche tramite verbale di pignoramento negativo o perizia di parte, da equiparare ad atto pubblico;

                  3.4) che il credito non sia strumentale all'attività illecita o a quella che ne costituisce il frutto o il reimpiego, a meno che il creditore dimostri di avere ignorato in buona fede il nesso di strumentalità; che nella valutazione della buona fede il tribunale tenga conto, tra l'altro, delle condizioni delle parti, dei rapporti personali e patrimoniali tra le stesse e del tipo di attività svolto dal creditore;

                  3.5) un procedimento di verifica dei crediti in contraddittorio, che preveda l'ammissione dei crediti regolarmente insinuati e la formazione di un progetto di pagamento degli stessi da parte dell'amministratore giudiziario;

                  3.6) la revocazione dell'ammissione del credito quando emerga che essa è stata determinata da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi;

          ee) disciplinare i rapporti tra le misure di prevenzione e le procedure concorsuali, prevedendo in particolare:

              1) che i beni sequestrati o confiscati nel procedimento di prevenzione siano sottratti dalla massa attiva del fallimento e gestiti e destinati secondo le norme stabilite per il procedimento di prevenzione;

 

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              2) che, dopo la confisca definitiva, i creditori insoddisfatti sulla massa fallimentare possano rivalersi, in via residuale, sul 70 per cento del valore dei beni confiscati, al netto delle spese sostenute dalla procedura di prevenzione;

              3) che la verifica dei crediti relativi a beni oggetto di sequestro o di confisca di prevenzione possa essere effettuata in sede fallimentare secondo i princìpi stabiliti dal testo unico; che se il sequestro o la confisca di prevenzione hanno per oggetto l'intero compendio aziendale dell'impresa dichiarata fallita nonché, nel caso di società di persone, l'intero patrimonio personale dei soci falliti illimitatamente responsabili, alla verifica dei crediti si applichino anche le norme previste per il procedimento di prevenzione;

              4) che l'amministratore giudiziario possa proporre le azioni di revocatoria fallimentare con riferimento ai rapporti relativi ai beni oggetto di sequestro di prevenzione; che, ove l'azione sia già stata proposta, al curatore si sostituisca l'amministratore;

              5) che il pubblico ministero, anche su segnalazione dell'amministratore giudiziario, possa chiedere al tribunale competente la dichiarazione di fallimento dell'imprenditore o dell'ente nei cui confronti è disposto il procedimento di prevenzione patrimoniale e che versi in stato di insolvenza;

              6) che, se il sequestro o la confisca sono revocati prima della chiusura del fallimento, i beni siano nuovamente attratti alla massa attiva; che, se il sequestro o la confisca sono revocati dopo la chiusura del fallimento, si provveda alla riapertura dello stesso; che, se il sequestro o la confisca intervengono dopo la vendita dei beni, essi si eseguono su quanto eventualmente residua dalla liquidazione;

          ff) prevedere la disciplina fiscale dei beni oggetto di sequestro e di confisca di prevenzione;

          gg) prevedere un'apposita disciplina relativa a registri, iscrizioni e certificazioni

 

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concernenti il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione;

          hh) disciplinare le sanzioni e i divieti accessori alle misure di prevenzione; prevedere altresì la riabilitazione;

          ii) prevedere la disciplina della destinazione dei beni confiscati;

          ll) prevedere le seguenti fattispecie criminose:

              1) violazione degli obblighi relativi alle misure di prevenzione, stabilendo che: chiunque viola in modo grave o reiterato gli obblighi inerenti ad una misura di prevenzione applicata dal giudice sia punito con l'arresto da tre mesi a due anni; se la violazione riguarda gli obblighi e le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno, ovvero le comunicazioni degli atti di disposizione patrimoniale, si applichi la pena della reclusione da uno a cinque anni e sia consentito l'arresto anche fuori dei casi di flagranza; in caso di violazione di obblighi o prescrizioni inerenti ad una misura di prevenzione imposta a un ente, lo stesso sia punito con idonea sanzione amministrativa pecuniaria, fatta salva la responsabilità penale delle persone fisiche che hanno determinato o agevolato la violazione;

              2) impedimento all'esecuzione delle misure di prevenzione, consistente nella condotta di chi: 2.1) compie attività volte a impedire, eludere od ostacolare l'applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale ovvero l'esecuzione del sequestro di prevenzione: in quest'ipotesi sia prevista la pena della reclusione da due a sei anni; 2.2) compie attività volte a impedire od ostacolare l'identificazione del reale titolare di un bene, se questo viene successivamente sottoposto a sequestro o confisca di prevenzione: in quest'ipotesi sia prevista la pena della reclusione da due a sei anni; prevedere che se i fatti di cui ai numeri 2.1) e 2.2) sono commessi mediante la costituzione o l'utilizzo di documentazione contraffatta, alterata o ideologicamente

 

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falsa, la pena sia aumentata da un terzo alla metà;

              3) interposizione fittizia, estendendo alle misure di prevenzione la fattispecie di cui all'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni;

              4) simulazione di credito, stabilendo che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, anche per interposta persona, presenta domanda di ammissione di credito, nell'ambito di una procedura di prevenzione, per un credito fraudolentemente simulato sia punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 2.000 euro a 10.000 euro;

              5) guida abusiva di veicoli a motore da parte del sorvegliato speciale;

              6) violazione dei divieti di autorizzazione e concessione conseguenti all'applicazione di una misura di prevenzione, consistente nella condotta del pubblico amministratore, funzionario o dipendente dello Stato o di altro ente pubblico ovvero del concessionario di opere e di servizi pubblici che: 6.1) nonostante l'intervenuta decadenza o sospensione, non disponga, entro trenta giorni dalla comunicazione, il ritiro delle licenze, autorizzazioni, abilitazioni o la cessazione delle erogazioni o concessioni ovvero la cancellazione dagli albi; 6.2) consenta alla conclusione di contratti o subcontratti in violazione dei divieti previsti dal testo unico nei confronti dei soggetti sottoposti a misura di prevenzione; prevedere, nei casi di cui ai numeri 6.1) e 6.2), la pena della reclusione da due a quattro anni o, se il fatto è commesso per colpa, la pena della reclusione da tre mesi a un anno;

              7) aggiornare il catalogo dei reati per i quali è prevista un'aggravante speciale ove siano commessi dal sottoposto a misura di prevenzione;

              8) prevedere che alla condanna per taluno dei delitti di cui alla presente lettera conseguano:

 

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                  8.1) l'interdizione perpetua dai pubblici uffici;

                  8.2) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo di cinque anni;

                  8.3) la pubblicazione della sentenza di condanna;

          mm) prevedere una disciplina transitoria per i procedimenti di prevenzione in ordine ai quali sia stata avanzata una proposta o applicata una misura alla data di entrata in vigore del testo unico;

          nn) procedere all'abrogazione di tutta la normativa incompatibile con il testo unico.

Art. 2.
(Decreti legislativi integrativi e correttivi).

      1. Il Governo è autorizzato a emanare, entro tre anni dalla data di entrata in vigore del testo unico di cui all'articolo 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi ivi stabiliti, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive dello stesso testo unico.

Capo II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI UFFICI REQUIRENTI E GIUDICANTI E DI PATROCINIO A SPESE DELLO STATO

Art. 3.
(Disposizioni per garantire la funzionalità degli uffici dei giudici per le indagini preliminari e delle procure della Repubblica).

      1. All'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 47-ter, primo comma, le parole: «e dal terzo comma» sono sostituita

 

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dalle seguenti: «, dal terzo e dal quarto comma»;

          b) all'articolo 47-ter, dopo il terzo comma, è aggiunto il seguente:

      «Nei tribunali di Brescia, Cagliari, Catanzaro, Lecce, Messina, Reggio Calabria e Salerno, la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l'udienza preliminare è diretta da un presidente di sezione»;

          c) all'articolo 70, comma 1, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Negli uffici delle procure della Repubblica presso i tribunali ordinari delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, ad eccezione delle procure della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto, possono essere comunque istituiti posti di procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla proporzione di un procuratore aggiunto ogni otto sostituti addetti all'ufficio».

Art. 4.
(Servizio nelle sedi disagiate).

      1. Alla legge 4 maggio 1998, n. 133, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) l'articolo 1 è sostituito dal seguente:

      «Art. 1. - (Trasferimento, assegnazione e destinazione d'ufficio). - 1. Ai fini della presente legge, per trasferimento, assegnazione e destinazione d'ufficio si intende ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non sia stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli abbia manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento nelle sedi disagiate di cui al comma 2, comportando il mutamento di regione e una distanza, eccezione fatta per la Sardegna, superiore ai 150 chilometri dalla sede ove il magistrato abbia svolto il tirocinio o abbia prestato servizio. Sono escluse le ipotesi di

 

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trasferimento di cui all'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e all'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, per le quali non compete alcuna indennità.
      2. Per sede disagiata si intende l'ufficio giudiziario per il quale ricorrono i seguenti requisiti:

          a) mancata copertura di posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione del posto;

          b) quota di posti vacanti superiore alla media nazionale della scopertura.

      3. Il Consiglio superiore della magistratura, su proposta del Ministro della giustizia, individua, entro il 31 gennaio di ogni anno, l'elenco delle sedi disagiate, in numero non superiore a sessanta, pubblicando tale elenco. Alle sedi disagiate possono essere destinati d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate, con anzianità di servizio non inferiore a cinque anni dalla nomina, in numero non superiore a cento unità.
      4. Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate, applicando il criterio di cui all'articolo 4, comma 6, della legge 16 ottobre 1991, n. 321, e successive modificazioni.
      5. In deroga a quanto previsto dall'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, come sostituito dall'articolo 2, comma 4, della legge 30 luglio 2007, n. 111, se non viene acquisito il consenso o la disponibilità dei magistrati al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate, il Consiglio superiore della magistratura può destinare a svolgere funzioni requirenti i magistrati ordinari al termine del tirocinio. È fatta comunque salva l'applicazione delle disposizioni relative ai trasferimenti d'ufficio di cui alla legge 16 ottobre 1991, n. 321, e successive modificazioni.
      6. Nei casi di cui al comma 5, primo periodo, per il primo anno di attività ai magistrati ordinari al termine del tirocinio possono essere assegnati esclusivamente

 

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procedimenti in coassegnazione con colleghi che abbiano già conseguito la prima valutazione di professionalità»;

          b) l'articolo 2 è sostituito dal seguente:

      «Art. 2. - (Indennità in caso di trasferimento, assegnazione e destinazione d'ufficio). - 1. Al magistrato trasferito d'ufficio ai sensi dell'articolo 1 è attribuita, per il periodo di permanenza nelle sedi disagiate e per un massimo di quattro anni, un'indennità mensile determinata in misura pari all'importo mensile dello stipendio tabellare in godimento.
      2. L'indennità di cui al comma 1 del presente articolo non è cumulabile con quella prevista dal primo e dal secondo comma dell'articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, e successive modificazioni»;

          c) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:

      «Art. 5. - (Valutazione dei servizi prestati nelle sedi disagiate a seguito di trasferimento, assegnazione, destinazione d'ufficio o applicazione). - 1. Per i magistrati assegnati, trasferiti o destinati d'ufficio a sedi disagiate ai sensi dell'articolo 1 l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo a quello d'ufficio, in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede, sino al quarto anno di permanenza.
      2. I magistrati assegnati, trasferiti o destinati d'ufficio ai sensi dell'articolo 1 possono presentare domanda di tramutamento dopo due anni di effettivo servizio presso la sede disagiata.
      3. Salvo che per i magistrati ordinari al termine del tirocinio, se la permanenza in servizio presso la sede disagiata del magistrato assegnato, trasferito o destinato d'ufficio ai sensi dell'articolo 1 supera i tre anni, quest'ultimo ha diritto ad essere riassegnato alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze.
      4. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 3 non si applicano ai trasferimenti a domanda o d'ufficio che prevedono il

 

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conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi o di funzioni di legittimità.
      5. Fermo restando quanto previsto dal comma 4, per i magistrati applicati in sedi disagiate l'anzianità di servizio è calcolata, ai soli fini del primo tramutamento successivo, con l'aumento della metà per ogni mese di servizio trascorso nella sede. Le frazioni di servizio inferiori al mese non sono considerate».

      2. Le disposizioni degli articoli 1, 2 e 5 della legge 4 maggio 1998, n. 133, come sostituiti dal comma 1 del presente articolo, si applicano esclusivamente ai magistrati trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge. Nei confronti dei magistrati precedentemente trasferiti, assegnati o destinati a sedi disagiate, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 5.
(Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115).

      1. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 76, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:

      «4-bis. Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni,

 

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nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente testo unico, il reddito si presume superiore ai limiti previsti dal presente articolo»;

          b) all'articolo 93, il comma 2 è abrogato;

          c) all'articolo 96, comma 1, le parole: «, ovvero immediatamente, se la stessa è presentata in udienza a pena di nullità assoluta ai sensi dell'articolo 179, comma 2, del codice di procedura penale,» sono soppresse;

          d) all'articolo 96, comma 2, dopo le parole: «tenuto conto» sono inserite le seguenti: «delle risultanze del casellario giudiziale,».

Art. 6.
(Assunzione di testimoni di giustizia
nella pubblica amministrazione).

      1. All'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, dopo la lettera e) è inserita la seguente:

          «e-bis) all'assunzione, a tempo determinato, in una pubblica amministrazione, con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio e alla professionalità posseduti»;

          b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

      «2-bis. Alle assunzioni di cui al comma 1, lettera e-bis), si provvede per chiamata diretta nominativa, previa valutazione selettiva di idoneità, nel rispetto delle disposizioni limitative in materia di assunzioni, nell'ambito dei rapporti di lavoro di cui all'articolo 2, commi 2 e 3,

 

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del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sulla base delle intese conseguite fra il Ministero dell'interno e l'amministrazione interessata. Con apposito decreto da emanare a norma del comma 1 dell'articolo 17-bis del presente decreto, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le occorrenti modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate».

      2. Dall'attuazione delle disposizioni del comma 1, lettera e-bis), e del comma 2 dell'articolo 16-ter del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, introdotti dal comma 1 del presente articolo, non devono derivare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Art. 7.
(Divieto di concessione o erogazione
di contributi o finanziamenti).

      1. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, e successive modificazioni, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, le società e le imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico non possono concedere o erogare contributi, finanziamenti o mutui agevolati né altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, per lo svolgimento di attività imprenditoriali, quando la persona richiedente, ovvero taluno tra i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo dell'ente richiedente, ha riportato condanna ovvero è stata applicata nei suoi confronti la pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, con sentenza divenuta irrevocabile, salvi gli effetti degli articoli 178 del codice

 

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penale e 445 del codice di procedura penale:

          a) per uno dei delitti previsti nel titolo II, capo I, e nel titolo VII, capo III, del libro secondo del codice penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 353, 355, 356, 416, 416-ter, 589 e 590, ove aggravati dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, 640, secondo comma, 640-bis, 644, 648, 648-bis e 648-ter del medesimo codice penale, per uno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, per uno dei delitti indicati agli articoli 2621 e 2622 del codice civile e agli articoli 216, 217 e 223 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero per uno dei reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;

          b) alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per qualunque altro delitto non colposo.

      2. Nei casi in cui le situazioni ostative di cui al comma 1 intervengono dopo la concessione o l'erogazione, totale o parziale, dei contributi o dei finanziamenti, le amministrazioni, enti o società di cui al medesimo comma 1 procedono alla revoca della concessione o dell'erogazione.

Art. 8.
(Sospensione delle concessioni
o erogazioni).

      1. Costituiscono causa di sospensione dell'erogazione di agevolazioni o incentivi:

          a) la pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, nelle ipotesi di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e b), della presente legge;

          b) l'emissione di un provvedimento provvisorio di divieto di ottenere le erogazioni

 

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di cui all'articolo 7 della presente legge, emesso dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

      2. Nei casi previsti dal comma 1, il passaggio in giudicato delle sentenze di cui alla lettera a) del citato comma 1 ovvero la definitività del provvedimento applicativo della misura di prevenzione comportano la revoca delle concessioni o erogazioni eventualmente disposte. La sospensione è revocata anche d'ufficio se, a seguito di annullamento o riforma delle sentenze di cui alla citata lettera a), ovvero a seguito di revoca o modifica del provvedimento provvisorio di cui alla lettera b) del comma 1 del presente articolo, è accertata la mancanza delle situazioni ostative previste dall'articolo 7, comma 1, lettere a) e b).

Art. 9.
(Accertamento delle cause ostative
alla concessione o erogazione).

      1. La persona o l'ente richiedente attesta l'insussistenza delle cause ostative alla concessione o erogazione di cui all'articolo 7 e delle cause di sospensione di cui all'articolo 8 della presente legge mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.
      2. Nella dichiarazione prevista dal comma 1, il richiedente indica anche i provvedimenti giudiziari iscrivibili nel casellario giudiziario ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e successive modificazioni, e gli

 

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altri procedimenti penali di cui sia a conoscenza.
      3. Ai fini dell'accertamento delle cause di cui al comma 1 del presente articolo, si applica l'articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. In sede di verifica delle dichiarazioni del richiedente, le amministrazioni, enti o società di cui all'articolo 7 richiedono al competente ufficio del casellario giudiziale i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti previsti dall'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313.

Art. 10.
(Norma transitoria).

      1. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, e successive modificazioni, le disposizioni degli articoli 7, 8 e 9 della presente legge non si applicano ai soggetti nei cui confronti sia stata emessa sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 11.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in euro 6.928.608 a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della giustizia.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio dell'attuazione del comma 1, anche ai fini del

 

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l'applicazione dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, e trasmette alle Camere, corredati da apposite relazioni, gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 12.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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