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PDL 3263

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3263



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MANTINI, NACCARATO, LUSETTI, MAZZONI, ASTORE, BIANCOFIORE, CARLUCCI, CARTA, CODURELLI, D'AGRÒ, D'ULIZIA, FEDI, INTRIERI, LION, LOVELLI, MARCHI, MARGIOTTA, MURA, PIRO, SAMPERI, SERVODIO, STRIZZOLO, TASSONE

Modifica all'articolo 656 del codice di procedura penale,
in materia di esecuzione delle pene detentive

Presentata il 21 novembre 2007

      

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Onorevoli Colleghi! - L'esigenza di garantire la certezza della pena è alla base di ogni ordinamento democratico ed è elemento essenziale di un efficiente e credibile sistema giudiziario.
      Siamo convinti, come Cesare Beccaria, che la pena debba essere «mite, pubblica e pronta» e, nel rispetto della Costituzione, umana e finalizzata alla rieducazione e al recupero sociale del condannato.
      Siamo anche convinti che non per tutti i reati la sanzione penale sia la più idonea, risultando spesso più efficaci sanzioni interdettive reali, amministrative o pecuniarie.
      Tuttavia non è dubitabile che per i delitti più gravi, in cui il disvalore sociale della condotta è avvertito in modo più serio e condiviso nella società, la sanzione penale corrisponda ad esigenze dissuasive e generali preventive dei reati nonché, per chi aderisce a queste impostazioni, retributive del danno ingiusto provocato.
      La certezza della pena è dunque un principio fondamentale che deve trovare attuazione sia attraverso la ragionevole durata dei processi, sia tramite un assetto normativo, quanto agli effetti, non eccessivamente indulgente.
      Sotto questo ultimo profilo occorre ricordare che l'ordinamento già riconosce l'istituto della sospensione condizionale della pena, disciplinato dagli articoli 163 e seguenti del codice penale, che consente comunque al giudice di sospendere la
 

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pena, per condanne fino a due anni, ove ritenga che il colpevole si asterrà in futuro dal commettere nuovi reati.
      Questa misura di indulgenza nei confronti di chi delinque per la prima volta ha un suo radicato fondamento e va a nostro avviso mantenuta.
      Ma non altrettanto occorre ritenere ove, al di fuori di quella fattispecie, si sia in presenza di una condanna definitiva da eseguire, non soggetta a sospensione condizionale.
      L'attuale articolo 656 del codice di procedura penale, al comma 5, stabilisce infatti che: «Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni o sei anni nei casi in cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione (...)».
      In sostanza in Italia le condanne, con sentenza definitiva, a pene detentive non superiori a tre anni non vengono mai eseguite.
      Si tratta di una situazione anomala rispetto agli altri ordinamenti, una sorta di «indulto permanente», che non riguarda solo i reati più lievi ma, al contrario, anche delitti di grave allarme sociale.
      È sufficiente infatti considerare che, ove siano applicati gli istituti del patteggiamento della pena e del rito abbreviato, la pena può essere ridotta fino a un terzo, sicché a fronte di una condanna, ad esempio, a otto anni di pena, ma ridotta al di sotto di tre anni per gli istituti ricordati, il condannato non sconta in effetti neanche un giorno di detenzione.
      Le cronache sono ricche di episodi di questo tipo che generano un comprensibile disagio tra i cittadini poiché confermano l'idea dell'impunità e dell'assoluta incertezza della pena alimentando il discredito dello Stato in alcune delle sue funzioni più tipiche ed essenziali: l'amministrazione della giustizia e il contrasto della criminalità.
      D'altronde vi è un altro paradosso che è utile evidenziare. Nelle nostre carceri, che sono sempre troppo affollate e spesso disumane anche per la colpevole inerzia dei Governi che si sono succeduti nel tempo, la popolazione detenuta è per circa il 60 per cento composta da persone in attesa di giudizio, ossia da non condannati con sentenza definitiva.
      La maggioranza dei detenuti, in sostanza, è tecnicamente non colpevole, ai sensi dell'articolo 27 della Costituzione, che stabilisce: «L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».
      Mentre coloro che sono in attesa della sentenza definitiva sono fuori e anzi, nei casi in questione, non vi entreranno mai.
      Per ripristinare dunque un contesto di esecuzione delle pene più coerente con la Costituzione e con le avvertite esigenze di sicurezza dei cittadini è necessario ridurre la soglia delle pene detentive per le quali la condanna penale è sospesa, modificando tale soglia da «tre anni» in «sei mesi».
      Si tratta di una proposta di legge semplice ma efficace che, fermi restando i particolari trattamenti per i casi specifici dei tossicodipendenti e delle madri detenute, ripristina il principio costituzionale della certezza della pena per chi delinque, limitando l'indulgenza per i reati minori.
      Per queste ragioni è auspicabile l'unanime consenso dei gruppi parlamentari anche per favorire sollecite forme di approvazione della presente proposta di legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. All'articolo 656, comma 5, primo periodo, del codice di procedura penale, le parole: «tre anni» sono sostitute dalle seguenti: «sei mesi».


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