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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3387 |
a) il «Giorno della Memoria» in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, che cade il 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e in schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati (legge 20 luglio 2000, n. 211);
b) il «Giorno del ricordo» in memoria delle vittime delle foibe, dell'esodo giuliano-dalmata e delle vicende del confine orientale, celebrato il 10 febbraio, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale (legge 30 marzo 2004, n. 92);
c) la «Giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse», in onore dei
d) il «Giorno della libertà», in data 9 novembre, in ricordo dell'abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione dei Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo (legge 15 aprile 2005, n. 61).
È da sottolineare che tutte queste ricorrenze sono state stabilite con decisioni parlamentari adottate a larga maggioranza poiché diverse forze politiche hanno concordato sull'opportunità di consacrare in sede legislativa i valori di cui ciascuna delle «Giornate» intende ricordare il significato, con l'intenzione di farne sempre più dei valori condivisi da parte dell'intera comunità nazionale.
Dal punto di vista tecnico-normativo, le disposizioni citate appaiono molto simili tra loro. Con la parziale eccezione della legge n. 92 del 2004, che contiene anche provvedimenti più specifici a favore degli esuli giuliano-dalmati e quindi prevede una copertura finanziaria, esse si caratterizzano per il valore prettamente morale. Non si contempla l'introduzione di nuove festività, con i conseguenti aggravi per l'economia pubblica e privata, e le manifestazioni in esse previste si realizzano nell'ambito delle normali attività delle istituzioni pubbliche, specialmente quelle scolastiche. Non vi sono quindi nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato. La presente proposta di legge intende inserirsi nella stessa linea e ripercorre la formulazione delle citate leggi precedenti.
Perché proporre una Giornata della libertà di coscienza, di religione e di pensiero? Si tratta di princìpi fondamentali delle rivoluzioni liberali: dal Primo emendamento della Costituzione americana alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino che il 26 agosto 1789 segnò la vera svolta della Rivoluzione francese. Sono i cardini dei grandi documenti sui diritti umani del XX secolo, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Parigi, 1948) alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Roma, 1950), sino alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Nizza, 2000). Sono però anche i princìpi che maggiori difficoltà incontrano ancora oggi nella loro concreta realizzazione nella maggior parte del mondo.
Non si tratta quindi di commemorare gloriose affermazioni di un passato remoto, oggi pacificamente acquisite. Si tratta invece di riflettere seriamente sugli ostacoli che ancora oggi si frappongono alla concreta attuazione di libertà fondamentali su cui è difficile «non dirsi d'accordo», ma che anche nel nostro Paese non possono dirsi del tutto realizzate soprattutto per strati meno protetti, come quelli costituiti dai rifugiati e dai migranti. In questo senso va l'impegno per l'attuazione dell'articolo 8 della Costituzione, in materia di intese e per l'approvazione di una legge generale in tema di libertà religiosa.
Forse è poco un giorno all'anno per discutere seriamente di questi temi, ma certo sarebbe fondamentale che almeno in quel giorno si aprisse un pacato confronto tra tutte le componenti sociali, religiose e di pensiero su come realizzare - insieme - quelle idee guida su cui da oltre due secoli «è difficile non dirsi d'accordo».
Ma non si tratta solo di problemi contingenti e nazionali. Una Giornata della libertà di coscienza, di religione e di pensiero potrebbe consentire all'Italia di farsi portavoce nel mondo di princìpi che, acquisiti nella società nazionale, possono essere seriamente proposti agli altri popoli, come è avvenuto di recente con la battaglia contro la pena di morte. La libertà religiosa è messa in causa in troppi Paesi del mondo perché l'Italia non debba farsi espressione della necessità di difenderla e di affermarla.
Perché il 17 febbraio? Il 17 febbraio 1848 furono riconosciuti con Patenti di grazia di Carlo Alberto i diritti civili ai valdesi del Regno di Sardegna (e qualche settimana dopo agli ebrei). C'era già stata
1. La Repubblica riconosce il 17 febbraio, ricorrenza delle Patenti di grazia con cui nel 1848 furono riconosciuti i diritti civili ai valdesi, e successivamente agli ebrei, del Regno di Sardegna, quale «Giornata della libertà di coscienza, di religione e di pensiero».
2. In occasione della «Giornata della libertà di coscienza, di religione e di pensiero» di cui al comma 1, sono annualmente organizzati cerimonie, iniziative e incontri, in particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, dedicati ai valori della libertà di coscienza, di religione e di pensiero.
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