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PDL 2448

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2448



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato SPINI

Modifiche alla legge 1o agosto 2003, n. 206. Estensione agli istituti degli enti di culto dotati di personalità giuridica del riconoscimento della funzione educativa e sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari

Presentata il 27 marzo 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il diritto alla libertà religiosa in Italia, così come delineato dal combinato disposto degli articoli 2, 3, 7, 8, 17, 18, 19, 20, 21, 33, 38, 51 e 117 della Costituzione, ed il principio della laicità, come autorevolmente tratteggiato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 1989, impongono allo Stato e agli altri enti territoriali l'assunzione di un atteggiamento di equidistanza e di imparzialità nei confronti del fenomeno religioso e delle diverse confessioni di fede presenti nel nostro Paese. Solo il pluralismo delle idee e dei riferimenti etico-religiosi può infatti garantire al tessuto connettivo della società di arricchire il fecondo dialogo e l'indispensabile confronto fra universi culturali e religiosi tanto diversi quali quelli che costituiscono il composito mosaico della realtà italiana, assicurando al contempo la costruzione di quella solidarietà essenziale che è premessa indispensabile al rafforzamento del senso di comunità e delle prospettive di integrazione. Tali riferimenti sembrano valere soprattutto per quelle disposizioni che prevedono l'erogazione di benefìci di ordine economico o di contributi pubblici a vantaggio di enti a carattere religioso per il soddisfacimento dei diritti dei cittadini e delle comunità territoriali.
      Sulla scorta di queste riflessioni, la presente proposta di legge intende estendere agli istituti degli enti di culto dotati
 

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di personalità giuridica il riconoscimento della funzione educativa e sociale che, ai sensi della legge 1o agosto 2003, n. 206, recante disposizioni per il riconoscimento della funzione sociale svolta dagli oratori e dagli enti che svolgono attività similari e per la valorizzazione del loro ruolo, è attribuita agli oratori e agli istituti delle parrocchie e degli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché degli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un'intesa ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione. Secondo la legge n. 206 del 2003 il processo educativo deve attuarsi favorendo «lo sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione dei minori, degli adolescenti e dei giovani di qualsiasi nazionalità residenti nel territorio nazionale» attraverso la promozione di «programmi, azioni e interventi» che siano finalizzati a diffondere la pratica dello sport e la solidarietà nonché la «promozione sociale e di iniziative culturali nel tempo libero» per contrastare - specialmente nelle realtà più disagiate - i fenomeni dell'emarginazione sociale, della discriminazione razziale, del disagio e della devianza in ambito minorile (articolo 1, comma 2). È quindi proprio interpretando in profondità la ratio di questa norma - ravvisabile nella necessità di promuovere la crescita equilibrata dei giovani in un contesto che educhi all'eguaglianza e al rispetto reciproco - che si rende necessaria la modifica della legge n. 206 del 2003 nei termini indicati dalla presente proposta, laddove quest'ultima si ripropone di superare l'aporia derivante dall'implicita e sostanziale discriminazione operata quando viene disconosciuto - con l'assenza di qualsiasi forma di contributo finanziario - il valore e l'impegno di strutture religiose diverse da quelle gestite dalla Chiesa cattolica e dalle altre confessioni riconosciute con intesa. Del resto che il principio di laicità dello Stato - di cui il rispetto della libertà religiosa costituisce una delle espressioni più alte - debba affermarsi non solo nell'equidistanza e nell'imparzialità formale nei confronti delle diverse confessioni, ma nella realizzazione di azioni che, concretamente, eliminino le disuguaglianze - anche quelle che si misurano nella diversa accessibilità al sostegno economico - è quanto viene espressamente dettato dall'articolo 3 della Costituzione quando stabilisce che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale» che limitano di fatto «la eguaglianza dei cittadini». La necessità dell'equidistanza dello Stato deve dunque intendersi - come ha anche avuto modo di ribadire la Corte costituzionale nella sentenza n. 203 del 1989 - come necessità di rinuncia all'affermazione di una propria visione etica, teleologica o ateistica dell'esistenza, garantendo in tal modo che si creino quelle condizioni di libertà che permettono il dispiegarsi dell'esperienza religiosa nella professione del culto sia nella dimensione individuale che collettiva. È altrettanto vero - alla luce del dettato del richiamato articolo 3 della Costituzione - che l'equidistanza dello Stato non va fraintesa con l'indifferenza verso il sentire religioso, ovvero confusa con la sola, ed ovvia, necessità di non interferire nella coscienza del singolo individuo, ma va invece riconosciuta nel momento attivo di promozione della realizzazione delle effettive condizioni di uguaglianza che autenticamente permettono l'esplicitazione piena e, necessariamente quindi anche sociale, del proprio convincimento religioso. In tal senso le norme di rango primario che lo Stato adotta devono informarsi al rispetto sostanziale del dettato costituzionale che riconosce come valore fondamentale l'eguaglianza, onde evitare pericolose ed incomprensibili distorsioni che, perpetuando forme di anacronistico privilegio a vantaggio dell'una o dell'altra religiosità o proponendone di nuove, determinerebbero una evidente lesione del diritto di libertà religiosa.
      Peraltro la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 195 del 1993, ha posto in rilievo come il principio della eguale libertà di cui devono poter godere tutte le diverse confessioni religiose, ai sensi del
 

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l'articolo 8 della Costituzione, deve poter sussistere nei confronti delle «confessioni religiose che non vogliono ricercare un'intesa con lo Stato, o pur volendola non l'abbiano ottenuta, ed anche [nei confronti di quelle] confessioni religiose strutturate come semplici comunità di fedeli che non abbiano organizzazioni regolate da speciali statuti».
      Inoltre, con la sentenza n. 346 del 2002, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo 1 della legge regionale della Lombardia n. 20 del 1992, nella parte che introduceva il requisito della disciplina sulla base di intesa per poter usufruire dei benefìci previsti per la realizzazione di edifici di culto, i giudici della Consulta hanno evidenziato come le intese di cui all'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, siano lo strumento previsto per la regolazione dei rapporti delle confessioni religiose con lo Stato per gli aspetti che si collegano alle specificità delle singole confessioni o che richiedono deroghe al diritto comune, e non possano invece costituire una condizione imposta dai poteri pubblici alle stesse confessioni per usufruire della libertà di organizzazione e di azione, loro garantita dal primo e dal secondo comma dello stesso articolo 8, né per usufruire di norme di favore riguardanti le confessioni religiose. «Ciò è tanto più vero - affermano i giudici delle leggi - in una situazione normativa in cui la stipulazione delle intese è rimessa non solo alla iniziativa delle confessioni interessate (le quali potrebbero anche non voler ricorrere ad esse, avvalendosi solo del generale regime di libertà e delle regole comuni stabilite dalle leggi), ma anche, per altro verso, al consenso prima del Governo - che non è vincolato oggi a norme specifiche per quanto riguarda l'obbligo, su richiesta della confessione, di negoziare e di stipulare l'intesa - e poi del Parlamento, cui spetta deliberare le leggi che, sulla base delle intese, regolano i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato.
      Vale dunque in proposito il divieto di discriminazione, sancito in generale dall'articolo 3 della Costituzione e ribadito, per quanto qui interessa, dall'articolo 8, primo comma. Ne risulterebbe, in caso contrario, violata anche l'eguaglianza dei singoli nel godimento effettivo della libertà di culto, di cui l'eguale libertà delle confessioni di organizzarsi e di operare rappresenta la proiezione necessaria sul piano comunitario, e sulla quale esercita una evidente, ancorché indiretta influenza la possibilità delle diverse confessioni di accedere a benefìci economici come quelli previsti dalla legge in esame».
      In attesa quindi che, attraverso l'adozione di una normativa organica in materia che porti al superamento della lacunosità della legge sui culti ammessi, possano essere configurate in modo compiuto le prerogative attraverso le quali il diritto di libertà religiosa si espliciti, si raccomanda al Parlamento l'approvazione della presente proposta di legge, composta di un unico articolo, che dispone la modifica di alcune norme della citata legge n. 206 del 2003.
      In particolare il comma 1, modificando il comma 1 dell'articolo 1 della legge vigente, propone di includere - come ricordato - gli istituti degli enti di culto dotati di personalità giuridica, ai sensi dell'articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, tra quelli che, svolgendo attività educative e sociali dedicate ai giovani, siano meritevoli di riconoscimento e di incentivazione da parte dello Stato.
      Il comma 2, nel modificare il comma 3 dell'articolo 2 della legge n. 206 del 2003, specifica che per gli oneri necessari al sostegno della funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un'intesa, si provveda secondo quanto già disposto dalla norma oggetto di modifica.
      Il comma 3 dispone infine l'integrazione dell'articolo 2 della legge n. 206 del 2003 con un comma aggiuntivo con il quale è specificato che agli oneri necessari per il sostegno dello svolgimento delle attività formative degli enti riconosciuti si provveda utilizzando una quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle
 

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persone fisiche a diretta gestione statale e vincolata a tale scopo. La ratio di questa disposizione è quella di non aggravare la riduzione dello stanziamento iscritto nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, attingendo ad una quota dell'otto per mille a gestione statale che, ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222, che ha introdotto tale meccanismo, può essere utilizzato dallo Stato a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario. Ne deriverebbe che i beneficiari indiretti di tale stanziamento sarebbero non già le confessioni riconosciute con intesa, la maggior parte delle quali già dispongono di una quota parte dell'otto per mille, ma i soli enti religiosi non riconosciuti, non ammessi ad altri contributi statali.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Al comma 1 dell'articolo 1 della legge 1o agosto 2003, n. 206, le parole da: «nonché dagli enti» fino a: «della Costituzione» sono sostituite dalle seguenti: «dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un'intesa ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, nonché dagli istituti degli enti di culto dotati di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159».
      2. Al comma 3 dell'articolo 2 della legge 1o agosto 2003, n. 206, dopo le parole: «Agli oneri derivanti dal comma 2» sono inserite le seguenti: «e destinati al sostegno della funzione educativa e sociale svolta dalle parrocchie e dagli enti ecclesiastici della Chiesa cattolica, nonché dagli enti delle altre confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato un'intesa».
      3. All'articolo 2 della legge 1o agosto 2003, n. 206, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «3-bis. Agli oneri derivanti dal comma 2 e destinati al sostegno della funzione educativa e sociale svolta dagli istituti di enti di culto dotati di personalità giuridica ai sensi dell'articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, si provvede utilizzando una quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche a diretta gestione statale a tale scopo vincolata».


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