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PDL 2883

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2883



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato FORMISANO

Modifica all'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in materia di durata dei contratti di lavoro a tempo determinato

Presentata il 9 luglio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, nel dare attuazione alla direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'Unione delle confederazioni delle industrie della Comunità europea (UNICE), dal Centro europeo dell'impresa a partecipazione pubblica (CEEP) e dalla Confederazione europea dei sindacati (CES), ha abrogato la precedente disciplina del contratto di lavoro a termine introdotta nel lontano 1962 con la legge n. 230.
      Quanto alle causali che legittimano il ricorso a tale tipologia di rapporto di lavoro, la nuova disciplina ha invertito il criterio adottato da quella previgente, passando dalla tecnica delle causali tipiche, tassativamente stabilite dalla legge o dalla contrattazione collettiva ex ante, alla tecnica delle clausole aperte (atipiche o a fattispecie indefinita) in cui la possibilità di verificare la ragione causale sussiste ex post e attiene esclusivamente al momento della valutazione giudiziale del caso concreto.
      Attualmente, la possibilità di accesso a un rapporto di lavoro a termine è consentito al solo ricorrere di esigenze tecniche, produttive, organizzative e sostitutive.
      A fronte di questa apertura, che sicuramente e meritoriamente ha agevolato il reperimento di manodopera con la possibilità di limitare temporalmente la durata del rapporto in relazione alle esigenze per cui è stata disposta l'assunzione, la nuova normativa non pone alcun limite esterno rispetto alla durata massima del termine di durata.
      Quanto a questo aspetto, il decreto legislativo n. 368 del 2001 prevede solo un tetto massimo di durata della proroga, ma
 

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non fissa alcun limite massimo al termine che originariamente può essere apposto al contratto.
      Così, mentre un contratto per il quale le parti convengono la proroga non può avere ab origine una durata pari o superiore a tre anni, un contratto di cui non è convenuta la proroga, almeno in ipotesi, potrebbe anche avere una durata superiore e non definita nel suo limite massimo.
      Infatti, tenuto conto della disposizione contenuta nell'articolo 4 del decreto legislativo n. 368 del 2001, che consente la proroga consensuale del contratto nel solo caso in cui il termine originario sia inferiore a tre anni, la norma in esame, in mancanza di ogni altra indicazione, non consente né di ritenere, né di escludere, che tale termine possa essere considerato anche come limite massimo del termine apponibile al contratto.
      L'assoluta incertezza che è venuta a determinarsi in ordine alla questione, stante il contrasto ravvisabile nella dottrina e nella giurisprudenza, non sembra poter trovare una fisiologica soluzione in sede di interpretazione e nella prassi applicativa, ragione per cui vi è esigenza di riportare il sistema a razionalità.
      Infatti, se il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, come può ritenersi sulla base della legislazione comunitaria e nazionale, continua ad essere il prototipo del rapporto di lavoro anche dopo le possenti innovazioni introdotte in attuazione della legge n. 30 del 2003 (cosiddetta «legge Biagi»), non è tollerabile che nell'ordinamento continui ad essere in vigore una «norma in bianco» che, a fronte di esigenze transeunti e definite nel tempo, lascia all'arbitrio delle parti la fissazione di un termine di durata del rapporto di lavoro.
      Pertanto, si ritiene indispensabile un intervento correttivo e integrativo, o anche più semplicemente di interpretazione autentica, del legislatore, che produca l'effetto di regolare espressamente l'aspetto considerato che, allo stato, non sembra trovare riscontro nella disciplina positiva.
      Al fine di evitare che pattuizioni in deroga finiscano per essere considerate in termini di clausole nulle tali da inficiare l'intero contratto (con la possibile conversione in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, qualora rimanga in auge la giurisprudenza che ritiene l'invalidità della pattuizione sul termine quale causa di nullità parziale del contratto di lavoro), pare congruo regolare espressamente anche tale aspetto, facendo rinvio al meccanismo della sostituzione automatica delle clausole previsto, nell'ambito della disciplina generale dei contratti, dall'articolo 1339 del codice civile.
      Il presente provvedimento non comporta oneri di spesa a carico del bilancio dello Stato.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. Dopo il comma 1 dell'articolo 1 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, è inserito il seguente:

      «1-bis. Salvo che non sia diversamente previsto dalla legge e fermo restando quanto disposto dall'articolo 4 per la proroga, il termine apposto al contratto non può avere una durata superiore a tre anni. Nel caso in cui tra le parti sia pattuito un termine superiore, esso è automaticamente sostituito, ai sensi dell'articolo 1339 del codice civile, dal termine massimo inderogabile fissato nel presente comma. La presente disposizione si applica anche ai rapporti di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione disciplinati dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni».


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