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PDL 105

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 105



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato CORDONI

Diritti di sicurezza sociale in materia di tutela del lavoro e del reddito

Presentata il 28 aprile 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge contiene una riforma organica dei contratti con finalità formative e degli ammortizzatori sociali e introduce nuove forme di sostegno al reddito, seguendo le indicazioni già a suo tempo contenute nella delega approvata nel 1999.
      L'obiettivo è quello di disegnare un sistema di tutele attive dell'occupazione e del reddito, mediante strumenti che garantiscano sicurezze ai bisogni di protezione di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori, non solo di quelli subordinati, rispondente alle migliori politiche sperimentate nei Paesi europei.
      La proposta di legge è parte di un disegno più ampio di riforma, che comprende anche la «Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori» (atto Camera n. 104), intesa a modulare le tutele secondo le diverse necessità dei vari lavori
che caratterizzano il mondo attuale.
      La proposta di legge si collega ad altre normative specifiche dirette ugualmente a svolgere i princìpi della «Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori», in particolare per gli aspetti relativi ai servizi per l'impiego, alla formazione continua e agli incentivi all'occupazione, tutti strettamente interconnessi con un welfare attivo.
      L'urgenza di affrontare il tema degli ammortizzatori sociali si lega alla centralità che esso riveste nell'attuale momento sindacale e alla necessità di contrapporre un'organica riforma alle politiche poste in essere dal Governo Berlusconi nella precedente legislatura, che si sono dimostrate del tutto inadeguate nei contenuti, nell'estensione e nelle risorse finanziarie stanziate.
      Un sistema efficiente e universale di sicurezza sociale è una priorità della nostra politica e un presupposto fondamentale affinché le flessibilità del mercato del lavoro siano sostenibili.
      La proposta di legge parte da due presupposti:

          1) in un mercato del lavoro ove la mobilità si caratterizza come un aspetto fisiologico e non come un evento eccezionale,

 

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le misure di sostegno del reddito e dell'occupazione non possono concepirsi solo in funzione di eventi saltuari, legati al solo mondo del lavoro subordinato, ma devono rispondere a bisogni ricorrenti nella vita di tutti i lavoratori. Le tutele devono, pertanto, applicarsi anche ai lavoratori temporanei e a quelli economicamente dipendenti, che ora ne sono privi, perché i requisiti attuali per la loro fruizione sono pensati soprattutto per i lavoratori subordinati stabili. Occorre inoltre ampliare il contenuto delle provvidenze, per rispondere ai bisogni ancora largamente insoddisfatti, specie da parte dei nuovi lavori o da chi ha un reddito insufficiente. In questo senso vanno considerati meritevoli di sostegno: la continuità dei versamenti previdenziali; le esigenze personali relative, ad esempio, alle tasse scolastiche e al mutuo della casa; il reddito nei periodi di disoccupazione, ancorché con requisiti ridotti, che non scoraggi la ricerca e lo svolgimento di attività lavorative;

          2) un welfare attivo richiede che il funzionamento degli strumenti di sostegno o di integrazione del reddito sia strettamente integrato con i servizi per l'impiego, con la formazione continua e con politiche attive di inserimento al lavoro. Richiede inoltre che venga allargato lo spazio per forme aggiuntive da parte di fondi bilaterali.

      I punti politicamente più qualificanti della proposta di legge sono i seguenti:

          a) si orienta il sistema verso un modello universalistico, che risponde alle esigenze del lavoratore sia nel caso di disoccupazione (indennità di disoccupazione), sia nel caso di sospensione del rapporto di lavoro (trattamento di integrazione salariale). I trattamenti non si differenziano più in base al settore e nemmeno in base al tipo di licenziamento. In particolare, viene a cadere la macroscopica differenza di trattamento attualmente esistente tra i lavoratori licenziati per riduzione di personale, da parte di imprese con più di 15 dipendenti, che rientrano nel campo di applicazione del trattamento di integrazione salariale, e i lavoratori licenziati individualmente;

          b) il trattamento di disoccupazione con requisiti ridotti subisce una rilevante modificazione. Da un lato, si uniforma il trattamento rispetto a quelli diversificati attualmente esistenti (agricoltura, edilizia) nei diversi settori produttivi, dall'altro, si subordina l'erogazione a determinati requisiti. Infatti, poiché il trattamento rappresenta una forma di integrazione del reddito annuale di soggetti precari e discontinui, con forte intervento di sostegno a carico della finanza pubblica, la corresponsione è subordinata a forme di controllo dell'effettività dello stato di disoccupazione e a «test di mezzi»;

          c) si estende la disciplina del trattamento di disoccupazione di base e di quello a requisiti ridotti anche ai lavoratori economicamente dipendenti, introducendo forme che consentano di evitare il verificarsi di comportamenti opportunistici;

          d) si generalizza il campo di applicazione del trattamento di integrazione salariale, incentivando la costituzione di fondi bilaterali, aventi la finalità di erogare prestazioni aggiuntive rispetto a quelle del sistema universalistico;

          e) si promuove l'introduzione del piano sociale d'impresa o di gruppo, secondo le indicazioni comunitarie sulla responsabilità sociale dell'impresa;

          f) si introduce un sostegno al reddito di natura solidaristica destinato ad aiutare le persone in difficoltà, senza costituire un disincentivo alla ricerca di lavoro e al lavoro regolare;

          g) si mantiene una costante attenzione alla necessità di distinguere tra individualizzazione delle prestazioni e collegamento con il nucleo familiare, limitando all'indispensabile i casi in cui inserire vincoli derivanti dalla cosiddetta «prova dei mezzi», per evitare di introdurre discriminazioni di genere. Anzi, la prova dei mezzi viene inserita per non

 

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applicare forme di riduzione del trattamento.

      La riforma è composta da più titoli, contenenti più istituti, a segnalare la necessità di una integrazione delle politiche formative finalizzate all'occupazione, delle politiche di sostegno e di integrazione del reddito da lavoro legate alle politiche dell'occupazione e delle politiche di inclusione sociale, in attuazione anche di strategie comunitarie.
      I diversi titoli vanno pertanto considerati strettamente correlati, sia nella parte in cui intervengono riformando la disciplina vigente (in particolare i primi due titoli), sia nella parte in cui introducono forme innovative che consentano una dotazione di capitale o continuità di reddito nella forma del conto sicurezza individuale.
      La riforma non avviene senza oneri o con limitati oneri aggiuntivi per lo Stato. Alla determinazione dei costi e del finanziamento è dedicato l'ultimo titolo della proposta di legge.
      Il titolo I è dedicato all'accesso e al reinserimento nel mercato del lavoro subordinato attraverso contratti che incorporano la formazione nello svolgimento del rapporto di lavoro.
      Si sottolinea, ponendo in apertura della proposta di legge la «Promozione della formazione finalizzata all'accesso e al reinserimento al lavoro», la scelta di considerare fondamentali le politiche attive del lavoro e, in particolare, le politiche intrecciate con la formazione.
      Nel capo I è dettata la disciplina del contratto formativo. Si tratta di quel contratto di lavoro subordinato a causa mista formativa destinato a sostituire sia il contratto di formazione lavoro, ormai entrato in crisi irreversibile dopo la definitiva sentenza di condanna della Corte di giustizia delle Comunità europee nei confronti del finanziamento per i lavoratori con più di venticinque anni di età, sia il contratto di apprendistato, più volte riformato e aggiornato, ma la cui disciplina di base è ancora contenuta in una legge che risale al 1955.
      L'obiettivo è quello di introdurre una nuova disciplina, che dia una forma sostanzialmente più strutturata a uno dei tre canali previsti per l'assolvimento dell'obbligo formativo e che incorpori la parte migliore dei due contratti a causa mista formativa finora esistenti, per un nuovo contratto, dal nome semplificato: contratto formativo. La nuova definizione intende segnalare la soluzione di continuità rispetto alle due tipologie contrattuali da cui deriva e intende sottolineare l'assenza di prevalenza di un modello rispetto all'altro.
      Questo però non significa che la nuova disciplina non sia tributaria di quella che ha finora regolato il contratto di formazione e lavoro e il contratto di apprendistato. Anzi. Del primo sono ripresi alcuni meccanismi, come quello della reiterazione dell'accesso alla stipulazione di nuovi contratti solo in caso di trasformazione di una determinata percentuale di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, e come quello del progetto formativo allegato al contratto di lavoro.
      Del secondo sono riprese la platea di destinatari, la durata, ma anche parte dell'intreccio tra formazione esterna e formazione interna, nonché tra formazione teorica e formazione pratica, con tutoraggio.
      Nell'articolo 1 è inserita la nozione di contratto formativo, con l'accentuazione della possibilità di un impegno finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale anche di elevato profilo.
      Nel comma 4 si prevede la possibilità di sommare più periodi di contratto formativo, anche ai fini dell'assolvimento degli obblighi formativi previsti nel nostro ordinamento giuridico.
      L'articolo 2 individua i soggetti destinatari e distingue i lavoratori tra adolescenti (età compresa tra i quindici e i diciotto anni) e giovani (fino a venticinque anni). Si consideri che una parte della disciplina successivamente posta distingue a seconda che ci si rivolga agli adolescenti, destinatari di maggiore protezione e di maggiori incentivi, o ai giovani.
      È inserita nei commi 2 e 3 del medesimo articolo la disposizione che tende a

 

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vincolare il datore di lavoro, che intenda stipulare nuovi contratti formativi, alla trasformazione in contratti a tempo indeterminato di quelli precedentemente in essere, precisando le modalità applicative.
      L'articolo 3 è dedicato ai limiti numerici e alla computabilità, con rinvii anche alle determinazioni da parte della contrattazione collettiva. Si segnala, al comma 3, la diversa e minore incidenza degli adolescenti in contratto formativo ai fini del computo dei limiti numerici previsti dalla disciplina legislativa e contrattuale.
      L'articolo 4 precisa che il contratto deve avere forma scritta e contenere una serie di precise indicazioni, soprattutto con riferimento alla componente di formazione del contratto stesso.
      L'articolo 5 è dedicato alla formazione esterna e interna, entrambe di durata almeno pari a 120 ore e affiancate dall'attività di un tutore.
      Prosegue l'attenzione alla formazione nell'articolo 6, destinato alla registrazione, su apposita scheda professionale, della formazione esterna e interna svolta, e alla sua certificazione. Da segnalare, al comma 3, la possibilità di ritenere utile la formazione svolta nel corso di un contratto formativo venuto a interrompersi nei confronti di un nuovo contratto formativo; e al comma 5, la possibilità di procedere all'integrazione della formazione esterna in caso di mancato conseguimento degli obiettivi previsti.
      La disciplina del rapporto di lavoro è stabilita all'articolo 7, con consistenti rinvii alla disciplina di fonte contrattuale collettiva. Gli istituti considerati nei singoli commi sono: il periodo di prova, di durata non superiore a due mesi; l'assegnazione di mansioni e il suo eventuale mutamento; l'orario di lavoro; il trattamento economico; la durata del rapporto; i diritti e le modalità della sua conservazione in caso di legittima sospensione del rapporto; il recesso; il trattamento di fine rapporto.
      L'articolo 8 estende le prestazioni previdenziali e assistenziali, rimuovendo una delle più evidenti e ingiustificate disparità di trattamento dei contratti vigenti a causa mista formativa e, soprattutto, dell'apprendistato.
      Nell'articolo 9 è dettata la riforma della disciplina in materia di contribuzione. La contribuzione è esclusa nel contratto formativo stipulato con adolescenti. La quota ordinaria di contribuzione a carico del datore di lavoro, in funzione del miglioramento generale del sistema delle tutele, è fissata al 5 per cento ed è destinata a ridursi nel settore artigiano e nelle imprese di piccole dimensioni. Un'ulteriore riduzione è prevista in caso di stipulazione di contratti formativi che consentano un riequilibrio di genere nella qualificazione professionale di destinazione.
      La quota ridotta di contribuzione è ancora collegata alla partecipazione dei lavoratori alle attività di formazione esterna, con salvaguardia nel caso di mancata partecipazione dovuta a carenze nella programmazione e nell'attivazione delle iniziative da parte dell'amministrazione regionale competente. Si segnala la previsione, posta in chiusura del comma 3, del trasferimento a carico di queste amministrazioni degli oneri relativi alle agevolazioni contributive concesse.
      L'articolo 10 è dedicato al sistema di informazione sindacale e al monitoraggio, affidato alle regioni, per il tramite dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori.
      L'articolo 11 si occupa delle sanzioni, prevedendo in determinati casi la trasformazione del contratto a tempo indeterminato, e delle sanzioni amministrative.
      L'articolo 12, di chiusura della parte dedicata al contratto formativo, prevede l'abrogazione dettagliata di tutte le disposizioni in materia di contratti di formazione e lavoro e di contratti di apprendistato.
      Nel capo II del titolo I è contenuta la disciplina del contratto di inserimento lavorativo.
      Si tratta di un contratto di inserimento o di reinserimento al lavoro, connesso all'attuazione di un progetto formativo, destinato alle cosiddette «fasce deboli» del lavoro: disoccupati e inoccupati di lunga durata; disoccupati con più di quarantacinque
 

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anni di età; persone che rientrano al lavoro dopo un periodo di attività di lavoro di cura. Si tratta di fasce di disoccupati e di inoccupati euro-compatibili, per i quali è possibile prevedere una incentivazione alla stipulazione del contratto.
      L'articolo 13 si occupa dell'individuazione dei lavoratori destinatari della misura e con i quali può pertanto essere stipulato un contratto di inserimento lavorativo.
      L'articolo 14 detta la tipologia e la disciplina di questo contratto, che prevede lo svolgimento di un progetto formativo in collegamento, sia preventivo sia successivo, con il centro per l'impiego territorialmente competente. Il contratto può essere stipulato sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato. In questa seconda ipotesi sono previste specifiche disposizioni (commi 3, 4 e 5).
      Il terzo articolo del capo II (articolo 15) stabilisce l'incentivazione e collega la quota di contribuzione, per i primi due anni, a quella prevista nel contratto formativo. È questo un ulteriore modo per segnalare la contiguità tra i due contratti: il primo, più regolato, destinato agli adolescenti e ai giovani fino ai venticinque anni di età; il secondo, a minor grado di dettaglio, destinato a favorire l'accesso o il reingresso al lavoro di alcune fasce di lavoratori, determinate tenendo conto delle indicazioni provenienti dalla fonte comunitaria.
      Nel titolo II, dedicato ai sostegni al reddito, è contenuta la riforma, da lungo tempo attesa, dei cosiddetti «ammortizzatori sociali». Nell'articolato si supera questa nozione ispirata a una visione passiva dell'intervento e ormai priva di effettivo significato generale, ampliandone la funzione originaria e puntando all'armonizzazione per tutti i lavori e per tutti i settori produttivi.
      L'operazione di armonizzazione è svolta avendo come punto di riferimento l'esigenza di garantire l'universalizzazione dei diritti e l'armonizzazione dei trattamenti.
      L'intera riforma è basata sull'integrazione con la formazione continua e con i servizi per l'impiego, la cui azione diventa strategica, sia per quanto riguarda l'orientamento sia per quanto riguarda la verifica dello stato effettivo di disoccupazione o di inoccupazione.
      Il capo I è dedicato al sostegno al reddito in caso di disoccupazione e di sospensione del rapporto di lavoro.
      Per quanto riguarda il trattamento di disoccupazione sono previste l'armonizzazione e l'estensione del trattamento, destinato a realizzare un comune livello di protezione e di integrazione del reddito in caso di perdita della precedente attività lavorativa, superando l'attuale frammentazione tra indennità ordinarie e speciali di disoccupazione e indennità di mobilità.
      Sono, pertanto, elevati sia la durata, sia l'importo dell'indennità di disoccupazione; si interviene sulla disoccupazione a requisiti ridotti, uniformando e generalizzando il trattamento; si estende l'assicurazione a tutte le persone con contratto di lavoro subordinato, anche in forma discontinua o che svolgono attività di lavoro caratterizzate da una situazione di dipendenza economica, sulla base di specifici requisiti per tenere conto delle peculiarità della diversa tipologia contrattuale; si incrementa il finanziamento anche grazie al versamento da parte del datore di lavoro, al momento del licenziamento, di una somma pari a un determinato numero di mensilità.
      Il sistema riformato prevede pertanto un duplice livello: il trattamento di disoccupazione e il trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti.
      Entrambi i trattamenti sono estesi anche ai lavoratori economicamente dipendenti, accogliendo la definizione contenuta nella citata «Carta dei diritti delle lavoratrici e di lavoratori», lavoratori che coincidono, almeno ai fini dell'articolato in oggetto, con i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, iscritti alla gestione separata dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
 

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      Date le nuove finalità, viene introdotto un miglioramento della disciplina del trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti, che fa leva anche sul coordinamento tra questo intervento di integrazione del reddito e un'ulteriore forma di sostegno finalizzata a incentivare successive giornate di svolgimento di attività lavorativa.
      Si è tenuto inoltre conto che nei Paesi europei si è andata consolidando l'opinione che le politiche di sostegno monetario al reddito possano costituire un disincentivo alla ricerca attiva di lavoro (problema di moral hazard) o, peggio, facciano aumentare i comportamenti opportunistici rivolti ad acquisire reddito da lavoro in forma irregolare per evitare di perdere il diritto ai benefìci del welfare (problema dell'elevatezza dell'aliquota marginale d'imposta e, quindi, dei meccanismi di «trappola della povertà»).
      Per limitare le conseguenze indesiderate di questi strumenti, in un sistema che rivendica il valore dei sostegni di natura solidaristica per le persone in difficoltà, è stato perciò individuato uno schema di intervento finalizzato sia al sostegno del reddito da lavoro corrente, sia all'integrazione dei versamenti contributivi per incrementare i benefìci pensionistici in età di ritiro.
      In questo modo viene fornita una risposta all'esigenza di dare maggiore consistenza alla contribuzione delle carriere meno strutturate e si crea un incentivo all'emersione del lavoro irregolare.
      Il finanziamento è sostenuto in parte dalla fiscalità generale e in parte dai contributi del datore di lavoro. È prevista una contribuzione a carico anche del lavoratore, motivata dalla generale estensione dei trattamenti di integrazione, in assorbimento dell'aliquota dello 0,3 per cento, finora destinata solo alla cassa integrazione guadagni straordinaria, e quale fattore di responsabilizzazione circa l'uso del sistema, data anche la mobilità sempre più elevata nel mercato del lavoro.
      Per quanto riguarda le imprese, il contributo è in parte modulato con riferimento alla tipologia del singolo rapporto di lavoro, con un incremento in caso di rapporti di lavoro a termine. In questo modo le imprese partecipano in misura più equa ai costi del sistema avendo i rapporti di tipo discontinuo una maggiore probabilità di dover ricorrere ai trattamenti previsti dal sistema degli ammortizzatori.
      Il trattamento di disoccupazione, regolato dall'articolo 16, viene aumentato nella misura e nella durata e strutturato, a somiglianza di quello di mobilità, secondo un'articolazione che tiene conto dell'età del disoccupato e delle caratteristiche occupazionali del territorio nel quale si trova. La riduzione progressiva del trattamento, prevista a partire dalla base costituita dal primo anno di erogazione, non si applica a fronte di particolari condizioni del nucleo familiare (commi 2, 3, 4).
      Il trattamento di disoccupazione diventa universalistico, con estensione anche ai lavoratori economicamente dipendenti (comma 1, sulla base della disciplina posta all'articolo 18).
      Si chiamano anche i lavoratori a partecipare, come nel resto d'Europa, al finanziamento della prestazione. A compensazione vengono sollevati dall'obbligo del pagamento del contributo dello 0,30 per cento alla cassa integrazione guadagni straordinaria (comma 7).
      La contribuzione dei datori di lavoro, per i motivi già richiamati, viene elevata con riferimento ai rapporti di lavoro a termine (comma 8).
      È previsto il pagamento di una determinata somma per ciascun lavoratore licenziato per motivi oggettivi o per riduzione di personale o che si sia dimesso per giusta causa. È previsto un incentivo, in caso di licenziamento collettivo, finalizzato al raggiungimento di un accordo collettivo che abbia introdotto un piano sociale d'impresa o di gruppo (comma 9).
      Poiché il licenziamento costituisce il presupposto per il riconoscimento della prestazione e, in caso di scelta che ricade sul datore di lavoro, costituisce anche base per il pagamento aggiuntivo di somme, si detta una disposizione che dovrebbe sventare sia la prassi del rilascio al datore di lavoro, al momento dell'assunzione, di una
 

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lettera in bianco di dimissioni, sia quella del licenziamento mascherato da dimissioni (comma 11).
      Si dettano disposizioni in materia di decadenza dalla prestazione e volte a contrastare il lavoro nero, in stretta correlazione con quanto già previsto nell'ordinamento (commi 12, 13 e 14).
      Si dispone l'applicazione ai trattamenti in godimento alla data di entrata in vigore della nuova legge delle previgenti disposizioni in materia di disoccupazione ordinaria, speciale e di indennità di mobilità (comma 15).
      Nell'articolo 17 si innova il trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti per i lavoratori subordinati discontinui.
      Si dilata la platea dei soggetti e si uniforma il requisito di anzianità lavorativa portato, per tutti, a settanta giorni lavorativi (comma 1).
      Si introducono vincoli che, da un lato, fanno riferimento alla permanenza dello stato di disoccupazione per tutti i restanti giorni lavorativi dell'anno e, dall'altro, prevedono l'erogazione del trattamento solo fino alla concorrenza di un reddito calcolato sulla base dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e pari a una soglia di medio livello.
      L'introduzione della prova dei mezzi, in presenza di un trattamento che si colloca fuori dall'ordinario rapporto assicurativo, trova la sua motivazione nella necessità di destinare selettivamente le risorse pubbliche. La fissazione della soglia di reddito a un livello sufficientemente elevato risponde all'esigenza di evitare eccessive penalizzazioni al lavoro femminile.
      L'articolo 18 provvede a specificare le condizioni dell'estensione del trattamento di disoccupazione, di base e a requisiti ridotti, ai lavoratori che svolgono collaborazioni coordinate e continuative, iscritti alla citata gestione separata dell'INPS.
      La disposizione fornisce una risposta all'esigenza di garantire la conoscenza della durata del rapporto e dell'ammontare del corrispettivo, in modo da poter applicare i trattamenti di disoccupazione: da un lato, si precisa che le condizioni del contratto sono quelle dichiarate al momento dell'inizio dell'attività lavorativa nel documento consegnato ai servizi per l'impiego competenti (comma 2); dall'altro, si precisa che per proporzionare il compenso alla durata si fa riferimento al minimale di reddito mensile stabilito per la gestione degli esercenti attività commerciali a fini previdenziali (comma 3).
      Per quanto riguarda la cassa integrazione guadagni, ferma restando la disciplina vigente circa le causali di ammissione e la durata dei trattamenti, è prevista la sua estensione anche alle piccole imprese e ai settori finora scoperti, grazie alla fiscalizzazione dei contributi destinati alla Cassa unica assegni familiari (CUAF), in ottemperanza a un impegno contenuto nel Patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione della fine del 1998, in una disposizione cui finora si era data attuazione solo sul versante dello sgravio parziale della contribuzione di maternità.
      L'obiettivo è quello di finalizzare l'istituto della cassa integrazione guadagni non esclusivamente alla composizione dei conflitti, in caso di eccedenza di personale.
      Le direzioni della riforma sono pertanto le seguenti:

          a) uniformare il trattamento economico all'indennità di disoccupazione riformata;

          b) rendere più stringente il collegamento tra l'intervento di cassa integrazione guadagni straordinaria e il ricorso ai contratti di solidarietà, oltre che ai piani sociali d'impresa o di gruppo, incentivando le aziende a farsi carico attivamente della sorte dei propri dipendenti in caso di crisi, secondo il modello di piano sociale già adottato in altri Paesi europei e in linea con le indicazioni della disciplina di fonte comunitaria sulla responsabilità sociale delle imprese;

          c) introdurre anche un vincolo in relazione al ricorso preventivo all'introduzione di regimi flessibili degli orari, in modo tale da ricorrere alla risorsa solo dopo che si sia già cominciato ad assorbire le eventuali variazioni negative del fabbisogno produttivo;

 

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          d) estendere gli istituti di integrazione salariale a tutti i dipendenti di imprese private e, quindi, a tutte le categorie finora escluse e alle imprese di minori dimensioni, senza porre loro maggiori oneri contributivi, stante la predetta fiscalizzazione del versamento alla CUAF;

          e) affidare a fondi bilaterali, categoriali o intercategoriali, di origine contrattuale collettiva, la previsione di maggiori condizioni di trattamento.

      All'articolo 19, comma 1, si generalizza l'applicazione del sistema della cassa integrazione guadagni.
      Si uniforma il trattamento a quello di disoccupazione (comma 2), con un vincolo per quanto riguarda la possibile successione, nell'arco di un quinquennio, delle due forme di sostegno del reddito, in modo da evitare pratiche di eccessiva sommatoria di periodi di sospensione e periodi di disoccupazione, ma anche di non penalizzare eccessivamente il lavoratore che, precedentemente sospeso dal lavoro e ancora tranquillo sotto il profilo del mantenimento dell'occupazione, si trovi ad essere licenziato (comma 3).
      Si penalizza, comunque, il datore di lavoro che licenzi per motivi oggettivi o per riduzione di personale il lavoratore sospeso o dopo breve tempo dal termine della sospensione del rapporto di lavoro (comma 5).
      Si pone come condizione per le imprese, per poter fruire dell'intervento di integrazione salariale, l'adozione di un piano sociale, che preveda interventi quale un regime flessibile degli orari. D'altro canto, si pone come condizione per i lavoratori la disponibilità, durante la sospensione del lavoro, soprattutto se totale, alla formazione o allo svolgimento di attività di utilità sociale (comma 4).
      Si prevede la destinazione del contributo alla CUAF, fiscalizzato (così come prevede il Patto sociale del 1998), al finanziamento della cassa integrazione guadagni (comma 6). In questo modo si garantisce un ingresso indolore, sotto il profilo economico, da parte delle piccole imprese e delle imprese finora escluse dal meccanismo di integrazione salariale.
      L'articolo 20 si occupa dei fondi bilaterali per il sostegno del reddito e dell'occupazione.
      Si tratta di fondi finora esistenti proprio nei settori esclusi dalla cassa integrazione guadagni, di cui si prevede la generalizzazione (comma 5).
      Tali fondi sono destinati a farsi carico di costruire sistemi aggiuntivi delle prestazioni di sostegno al reddito.
      La promozione di questa forma di bilateralità di origine contrattuale collettiva avviene mediante l'esclusione dei contributi versati, nel limite del 2 per cento, dalla base retributiva imponibile (comma 2).
      I fondi bilaterali possono stipulare convenzioni con l'INPS (comma 3) e con le regioni (comma 4).
      Il capo II del titolo II è dedicato a introdurre innovativi meccanismi di sostegno al reddito dei lavoratori subordinati discontinui, autonomi ed economicamente dipendenti, nonché disposizioni in materia di previdenza complementare.
      Sono previste due misure, di cui la prima è indirizzata ai lavoratori, sia subordinati sia economicamente dipendenti, che svolgono attività intermittenti per una durata complessiva limitata nell'arco dell'anno e che, di conseguenza, beneficiano del trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti, riformato nell'articolo 17, mentre la seconda è destinata esclusivamente ai lavoratori economicamente dipendenti, per colmare il differenziale contributivo a fini pensionistici.
      Alla base vi è l'idea che si possano indirizzare risorse finanziarie in modo congiunto sia al sostegno del reddito da lavoro corrente, quando il reddito è basso e il lavoro è precario, sia all'integrazione dei versamenti contributivi per incrementare i benefìci pensionistici in età di ritiro.
      Per quanto riguarda il primo obiettivo, il meccanismo è pensato per completare il trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti - e, infatti, i destinatari sono i medesimi - anche al fine di aumentare la propensione a dichiarare l'attività di lavoro nei giorni successivi a quelli minimi

 

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sufficienti per ottenere il primo trattamento.
      Per quanto riguarda il secondo obiettivo, cioè l'integrazione dei versamenti contributivi, esso si basa su un'aliquota aggiuntiva rispetto ai contributi effettivamente versati alla gestione separata dell'INPS, e dovrebbe fungere, a sua volta, da incentivo economico all'emersione.
      Il sistema posto all'articolo 21, sul trattamento di sostegno del reddito, è pensato per produrre un'integrazione lineare dei redditi effettivi acquisiti con prestazioni lavorative, a decorrere dal giorno successivo al settantesimo, cioè dal giorno successivo a quello che dà diritto al trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti.
      L'integrazione prevede anche un tetto massimo (dopo ottanta giorni) al completamento dell'integrazione pari all'1,25 per cento della differenza tra la soglia di 9.300 euro, indicizzata, e il reddito da lavoro percepito (comma 1).
      Entra a far parte del reddito da lavoro percepito anche il trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti (comma 3).
      Sono previste regole in caso di attività lavorativa svolta a tempo parziale (comma 4). Sono altresì specificati i casi di decadenza dal diritto all'integrazione del reddito (comma 5).
      I commi 6 e 7 si occupano della disciplina di dettaglio per quanto riguarda le modalità di richiesta del beneficio, l'individuazione del reddito di riferimento e la percezione dell'integrazione.
      All'articolo 22 sono previste disposizioni sia per l'integrazione dei contributi previdenziali, sia per la totalizzazione e la ricongiunzione ai fini pensionistici per i lavoratori economicamente dipendenti.
      Il meccanismo introdotto ai commi 2 e 3 è destinato a realizzare l'integrazione contributiva, evitando di creare «trappole della povertà» e nel contempo cercando di tener fede all'impegno di destinare risorse all'emersione del lavoro.
      Il comma 4 è destinato, invece, a estendere espressamente il meccanismo della totalizzazione per le prestazioni liquidate con il metodo di calcolo retributivo e contributivo, nonché il meccanismo della ricongiunzione.
      L'articolo 23 reca norme per estendere i diritti di sicurezza ai lavoratori subordinati discontinui, autonomi ed economicamente dipendenti.
      All'articolo 24 sono previste disposizioni che modificano il decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, concernente la regolamentazione della previdenza complementare, al fine di favorirne l'estensione e lo sviluppo anche attraverso l'utilizzo di quote del trattamento di fine rapporto definendo procedure contrattuali.
      Il titolo III è dedicato al sostegno per i giovani disoccupati e inoccupati, mediante l'attribuzione ai giovani, al compimento dei diciotto anni di età, di una «dotazione finanziaria di capitale» da utilizzare in progettualità per il futuro, in particolare in formazione. Tale dotazione prende la forma della concessione di un prestito di almeno 15.000 euro, di cui una parte da non restituire e una parte da restituire con tempi e modalità differenziati a seconda delle condizioni reddituali. Il prestito avrà garanzia pubblica e copertura pubblica degli oneri derivanti da interessi fortemente agevolati, per l'individuazione dei limiti di finanziamento dei quali si utilizzano i proventi dell'imposta sulle donazioni e successioni, che viene reintrodotta.
      Le motivazioni a sostegno nella proposta di legge concernono tanto la sfera dell'equità quanto quella dell'efficienza. Le une e le altre fanno riferimento al drammatico aumento delle diseguaglianze che può verificarsi nei sistemi globalizzati moderni, diseguaglianze gravemente «inique», tali da minare il principio dell'«eguaglianza delle opportunità», ma anche fortemente «inefficienti», tali cioè da condizionare negativamente le possibilità di sviluppo e di incremento della produttività.
      Per l'iniquità basta pensare alla distribuzione del reddito e al ruolo giocato in essa dalla distribuzione della ricchezza, assai più concentrata di quella del reddito e generante le disparità con l'impatto maggiore sull'equità intergenerazionale e dunque sulla condizione giovanile, paradossalmente,
 

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però, le meno studiate e contrastate politicamente. Uno dei fattori rilevanti dell'incremento generale delle diseguaglianze deriva proprio dalla crescente «concentrazione» della ricchezza: negli Stati Uniti d'America (USA) nel 1995 il patrimonio netto medio dell'1 per cento più ricco della popolazione era pari a 4,6 milioni di dollari, mentre il patrimonio netto medio del quintile più ricco - a cui tale 1 per cento appartiene - era pari a 550.000 dollari e il patrimonio del quintile più povero era di soli 450 dollari; nel Regno Unito nel 1996 il 93 per cento della ricchezza nazionale apparteneva al 50 per cento più benestante della popolazione; in Italia nel 1998 il 10 per cento delle famiglie più abbienti possedeva il 46,4 per cento dell'intero ammontare di ricchezza.
      I rischi di inefficienza si palesano più chiaramente quando ci si richiama alle caratteristiche dell'«economia della conoscenza», il dispiegamento delle cui potenzialità è strettamente condizionato al possesso, da parte dei cittadini, di requisiti stringenti di istruzione, sapere, abilità, competenza e investimento nel proprio capitale umano. La concentrazione nelle mani di pochi di tali requisiti per un verso crea ulteriori disparità, per un altro può inceppare lo stesso processo di avanzamento di un'innovazione alimentabile solo mediante un'apprendimento esteso e a larga diffusione. Altrettanto è vero dei meccanismi concorrenziali, alterati e perfino bloccati nel dinamismo ad essi intrinseco quando le risorse sono concentrate nelle mani di pochi.
      Le motivazioni tanto di equità quanto di efficienza sono ancora più importanti nell'indurre a correggere quello squilibrio nelle «opportunità di accesso» che sembra riguardare soprattutto i più giovani, visto che la maggior parte degli individui privi di proprietà si situa proprio nella fascia di età compresa fra i venti e i trenta anni e che molti di essi, specie i meno abbienti, non possiedono le risorse per compiere gli studi universitari, per avviare un'attività o, perfino, per accendere un mutuo. Sia le motivazioni in termini di equità che le motivazioni in termini di efficienza conducono, dunque, a una sottolineatura del principio della «eguaglianza delle opportunità» per i più giovani, per il quale «nessuno è inerentemente migliore degli altri e ognuno ha diritto a una quota equa di risorse iniziali con le quali avviare e progettare la propria vita futura». Questo principio sostiene altresì che, se i prerequisiti del successo sono la maggiore istruzione e l'investimento sul capitale umano, nessuna organizzazione economica efficiente può permettersi di discriminare sulla base di criteri diversi dalle capacità e dai talenti delle persone. Tutto ciò è ancora più vero per i giovani, cioè per coloro che hanno un'età in cui scelte e opportunità sono determinanti per il futuro, per i quali, in particolare, la disponibilità di un capitale significa maggiore libertà effettiva, maggiore autonomia, maggiore responsabilità.
      Due implicazioni di questa impostazione meritano di essere sottolineate:

          1) viene adottata una versione «forte» delle nozioni sia di «opportunità» - non limitata alla versione debole di «parità formale dei punti di accesso» - sia di «inclusione sociale», richiedente l'attivazione di risorse specifiche di progettualità. Infatti, se le opportunità sono viste come «opportunità concrete», come «capacità effettive» - secondo le parole di Amartya Sen - di essere, di fare, di avere e di sapere, l'inclusione nella cittadinanza richiede che siano fornite a ciascuno condizioni di eguaglianza nella «libertà effettiva» di perseguire il proprio «progetto di vita»;

          2) viene superato il modo caricaturale con cui è posto spesso il tema dell'equità intergenerazionale, in contrapposizione con quello dell'equità infragenerazionale, come se fosse il perseguimento dell'equità fra i membri di una stessa generazione a compromettere - bruciando tutte le risorse a disposizione - il perseguimento dell'equità fra generazioni diverse.

      In realtà, equità intergenerazionale e infragenerazionale sono correlate da due

 

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semplicissime ragioni: a) l'ineguaglianza infragenerazionale accresce la mortalità, la morbilità, le carenze di abilità e di saperi della popolazione e quindi fa deperire sia il «capitale sociale» sia il «capitale produttivo» da trasferire alle nuove generazioni; b) il risultato di una generazione è il punto di partenza della successiva. Occorre, dunque, superare l'impasse rappresentato dalla presupposizione, nella società, di un «gioco a somma negativa» e immaginare la possibilità di «giochi a somma positiva»: cosa a cui mira, per l'appunto, l'ipotesi di una dotazione di capitale per i giovani volta a incrementare le risorse complessive di progettualità, di socialità e di attività (nel senso proprio anche di «tassi di attività») di cui la nostra società può disporre.
      Il valore del principio dell'eguaglianza delle opportunità è lo stesso che giustifica la connessione tra la fornitura di una «dotazione di capitale» ai giovani e l'imposta sulle successioni e donazioni. Non a caso i progetti che si conoscono a livello internazionale per offrire «dotazioni di capitale» ai giovani (Ackerman e Alstott, 1999, Kelly e Lissauer, 2000, Le Grand e Nissan, 2000, Reich, 2001) prevedono tutti un aggancio con l'imposta sulle successioni e addirittura un suo incremento, nel presupposto che la ricchezza accumulata da una generazione debba contribuire allo sviluppo della successiva. Proprio basandosi sull'enfatizzazione di quel principio un liberale come John Stuart Mill vedeva nell'imposta sulle successioni la principale imposta di uno Stato volto a offrire il massimo di ricompensa economica allo sforzo individuale e perciò il massimo di eguaglianza dei punti di partenza a tutti coloro che entrano nella competizione economica.
      In Italia la riforma realizzata dal centro-sinistra nel novembre 2000 (articolo 69 della legge n. 342 del 2000) dell'imposta sulle successioni e donazioni aveva di fatto già abolito l'imposta per i patrimoni medio-bassi, lasciandola solo sui grandi patrimoni. Infatti, era stata eliminata l'imposta sull'asse ereditario, l'imposta su ciascun erede era stata trasformata da progressiva in proporzionale, le aliquote erano state ridotte da 30 a 3 (del 4, del 6 e dell'8 per cento a seconda del grado di parentela), erano state individuate soglie consistenti al di sotto delle quali non si pagava nulla (350 milioni di lire per familiare e 1 miliardo di lire nel caso di minori o disabili), la determinazione del valore dell'azienda veniva effettuata sottraendo il valore dell'avviamento (corrispondente spesso a circa il 50 per cento del valore complessivo), le aziende agricole trasmesse per linea diretta erano totalmente esenti, le donazioni tra vivi avevano aliquote ancora più favorevoli per i riceventi (3,5 e 7 per cento a seconda del grado di parentela).
      Grazie alla riforma già realizzata, l'Italia si presentava come il Paese europeo in cui si pagava la più bassa imposta sulle successioni: le aliquote in Belgio, Germania e Svezia erano il 30 per cento, in Spagna il 34 per cento, in Francia e in Gran Bretagna il 40 per cento. Eliminarla totalmente, tuttavia, è stato un grave errore. In primo luogo, perché non c'è Paese dell'Unione europea - a cui l'Italia appartiene con ruolo e peso primari - e nemmeno Paese sviluppato tout court - con la sola eccezione degli USA dell'amministrazione repubblicana - che ha in animo di fare ciò. In secondo luogo, perché le caratteristiche della riforma italiana del 2000, lungi dall'aumentare il contenzioso, erano tali da ridurre la base imponibile e con essa il contenzioso, consentendo al tempo stesso introiti di cui è futile dire che «erano così bassi che tanto valeva abolire l'imposta di successione», perché essi erano invece dimensionati proprio in relazione alle finalità perseguite. In terzo luogo, perché l'acquisizione dei proventi di questa imposta nient'altro significa se non la disponibilità da parte dei giovani più fortunati - che, senza alcun loro merito specifico, ma, per l'appunto, grazie alla «fortuna», grazie a ciò che John Rawls chiama «i frutti casuali e arbitrari della lotteria naturale», iniziano con un patrimonio più consistente le loro esperienze di lavoro e di vita - a pagare un moderato «contributo di solidarietà» in favore dei
 

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giovani che le iniziano senza nulla, spesso senza neanche un titolo di studio adeguato.
      Sono queste, del resto, le misure con cui si radica tra i cittadini il senso di appartenenza a una collettività, caratterizzato da valori e aspirazioni comuni da cui deriva anche quella particolare disponibilità a sostenersi vicendevolmente che è racchiusa nel principio dell'«eguaglianza delle opportunità». Principio che, proprio perché motore di un sistema di valori condiviso, richiede per sua natura processi di realizzazione intrinsecamente democratici, l'opposto di quell'«esproprio dei patrimoni per ogni generazione» che solo per dileggio - e non per gusto del paradosso - può essere considerato la sua logica ed estrema implicazione. Sono significative le parole che alcuni redditieri americani hanno usato per respingere il proposito del Presidente degli USA Bush di abolire la tassa di successione, proposito considerato «cattivo» (bad) per la democrazia, l'economia e la società in quanto «arricchirebbe ulteriormente i milionari americani mentre sottrarrebbe le risorse fiscali necessarie ad alleviare le condizioni di vita delle famiglie che faticano a sbarcare il lunario». Più nel dettaglio, la misura proposta si propone di realizzare, a beneficio dei più giovani, le seguenti finalità:

          1) intervenire il più possibile «a monte», in un momento prossimo, e non successivo, alla formazione delle diseguaglianze;

          2) «promuovere» (capacità, abilità, competenze, sapere) piuttosto che «risarcire» (per mancanze, carenze, deprivazioni);

          3) adottare una nozione forte, e non debole, di «eguaglianza delle opportunità» (dunque, una nozione non in contrapposizione con quella di «eguaglianza dei risultati», da perseguire con altri strumenti, complementari e convergenti) per incidere sulla distribuzione iniziale di risorse (istruzione, formazione eccetera);

          4) influire, oltre che sulla distribuzione iniziale di risorse, sul prezzo che gli individui possono ottenere per le loro risorse nel momento in cui le scambiano sul mercato (andando, per esempio, oltre il salario minimo);

          5) incoraggiare e premiare comportamenti positivi (la fruibilità del capitale è legata al completamento della formazione prevista dall'ordinamento, al rispetto della legge e all'assunzione di ulteriori impegni).

      L'utilizzo è condizionato al rispetto di determinati obblighi e comportamenti positivi quali:

          1) il completamento della formazione prevista dall'ordinamento (diploma di scuola secondaria di secondo grado, obbligo formativo, apprendistato);

          2) l'assenza di condanne penali (nei casi di devianza gli utilizzi sarebbero limitati e controllati).

      La fruizione è legata in modo specifico alla formazione post-secondaria qualificata di varia natura: universitaria, altri corsi riconosciuti, tirocinio professionale, formazione legata all'attività lavorativa eccetera, ma anche all'avviamento di un'attività imprenditoriale e professionale.
      I beneficiari sono giovani residenti nell'intero territorio nazionale che abbiano completato la formazione prevista dall'ordinamento (per il 2006 ciò riguarda i giovani tra i quindici e i diciotto anni di età che dovranno assolvere i loro obblighi nella scuola, nella formazione professionale di competenza regionale, nell'apprendistato), che facciano domanda e rispondano ai requisiti e ai criteri previsti per l'inserimento in graduatoria.
      L'articolo 25 prevede, per un periodo sperimentale di due anni, l'attribuzione ad ogni cittadino italiano, al compimento dei diciotto anni di età, di una dotazione finanziaria di capitale di almeno 15.000 euro per la formazione post-secondaria qualificata o per l'avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale. La dotazione è attribuita a titolo di credito senza interessi; una quota parte di tale dotazione

 

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potrà essere attribuita ai giovani a titolo di contributo a fondo perduto.
      Il Governo dovrà presentare annualmente una relazione al Parlamento sui risultati della sperimentazione. Il Ministro dell'economia e delle finanze potrà prolungare, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 281 del 1997, la sperimentazione per un periodo non superiore a due anni.
      L'articolo 26 stabilisce (comma 1) che i soggetti beneficiari devono avere completato i percorsi di istruzione e di formazione e non avere subìto condanne penali (in questi casi potranno essere previste modalità specifiche e controllate di erogazione della dotazione da attuare con la collaborazione dei servizi di assistenza sociale).
      Il comma 2 precisa che il giovane può usufruire della dotazione finanziaria di capitale entro il venticinquesimo anno di età (per esempio al momento di iscriversi ad un master), salvo le deroghe che potranno essere previste dai provvedimenti regionali attuativi. Il comma 3 stabilisce che la dotazione finanziaria di capitale è destinata alla formazione o all'avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale, ovvero ad entrambe le finalità qualora l'avvio di un'attività necessiti anche di momenti formativi.
      Allo scopo di orientare i programmi di formazione e di avvio di attività imprenditoriali o professionali dei giovani che richiedono la dotazione finanziaria di capitale, le regioni e le province autonome, previa consultazione delle parti sociali e delle associazioni di categoria, rendono noti (comma 5) la domanda prevedibile di figure professionali e il fabbisogno di nuove attività per la produzione di beni e di servizi, ai fini di uno sviluppo equilibrato e innovativo del sistema economico-sociale del territorio.
      I benefìci di cui alla presente proposta di legge sono cumulabili con il prestito d'onore già previsto per i disoccupati meridionali (comma 6).
      Il rimborso della dotazione finanziaria di capitale (comma 7), al netto dell'eventuale quota di contributo a fondo perduto, dovrà avvenire entro un massimo di quindici anni dalla data di erogazione del primo rateo della dotazione, secondo modalità stabilite dai provvedimenti regionali attuativi che potranno prevedere eventuali dilazioni e rateizzazioni anche in riferimento al reddito dichiarato dal beneficiario nell'anno fiscale precedente la data fissata per il rimborso.
      L'articolo 27 istituisce i fondi regionali per l'eguaglianza delle opportunità dei giovani.
      Il Ministro dell'economia e delle finanze (comma 1) stipula una convenzione con l'Associazione bancaria italiana relativa all'erogazione, da parte di banche ed istituti finanziari, della dotazione finanziaria di capitale ai giovani, stabilendo un tasso di interesse sui crediti omogeneo su tutto il territorio nazionale. L'onere degli interessi, la garanzia per la copertura dei rischi e l'eventuale erogazione di parte della dotazione finanziaria di capitale a titolo di contributo a fondo perduto sono a carico dei fondi.
      Lo stesso Ministro (comma 2) provvede annualmente, sentita la Conferenza unificata, a ripartire tra le regioni e le province autonome una somma pari al gettito (circa 1.500 miliardi delle vecchie lire) dell'imposta sulle successioni e donazioni, ripristinata nella forma previgente alla data di entrata in vigore della legge n. 383 del 2001. La ripartizione avviene in relazione al numero dei cittadini residenti nelle singole regioni e province autonomeche compiono diciotto anni di età nel corso dell'anno e al reddito pro capite medio di ogni singola regione e provincia autonoma.
      Le regioni e le province autonome (comma 3), con proprio provvedimento (legge o regolamento), provvedono ad istituire il fondo regionale e provinciale, a stabilire le modalità di attribuzione della dotazione finanziaria di capitale, l'eventuale quota della dotazione attribuita, a titolo di contributo a fondo perduto, le modalità per il cofinanziamento del fondo
 

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da parte degli enti territoriali e locali e da parte dei privati, nonché a definire le modalità per la compilazione delle graduatorie regionali e delle province autonome ed i criteri per il monitoraggio sull'effettivo utilizzo delle dotazioni di capitale erogate.
      Le erogazioni liberali in denaro a favore dei fondi da parte di privati cittadini, di società, associazioni ed enti, potranno essere dedotte dall'imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e dell'imposta sul reddito delle società (IRES) (comma 4).
      Qualora una regione o una provincia autonoma non utilizzi in parte o per intero le risorse del proprio fondo entro il 31 dicembre, tali disponibilità saranno ripartite tra le regioni o le province autonome che avranno alla stessa data utilizzato interamente le somme loro assegnate (comma 5).
      Il titolo III si chiude con la disposizione che introduce il conto di sicurezza individuale (articolo 28).
      Si realizza un sistema di tutela particolare per i soggetti impegnati in attività di carattere temporaneo, idoneo a consentire loro il soddisfacimento di rilevanti esigenze di vita nonostante il carattere aleatorio dei loro redditi da lavoro.
      Il titolo IV è dedicato alla copertura finanziaria (articolo 29).
      Gli oneri per l'attuazione della legge sono stimati a regime nell'ordine di 4,5-5 milioni di euro a decorrere dall'anno 2006.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

TITOLO I
PROMOZIONE DELLA FORMAZIONE FINALIZZATA ALL'ACCESSO E AL REINSERIMENTO AL LAVORO

Capo I
CONTRATTO FORMATIVO

Art. 1.
(Nozione).

      1. Il contratto formativo è il contratto di lavoro subordinato a tempo determinato che può essere stipulato in tutti i settori di attività al fine di conseguire una qualificazione professionale, anche di elevato profilo, mediante l'integrazione fra attività formative e prestazioni lavorative.
      2. Durante lo svolgimento del rapporto di lavoro di cui al presente capo, la lavoratrice o il lavoratore riceve la formazione teorica e pratica necessaria per acquisire le competenze idonee al conseguimento di una specifica qualifica professionale.
      3. Lo svolgimento del rapporto di lavoro di cui al presente capo da parte degli adolescenti, come definiti dall'articolo 2, comma 1, è computato ai fini dell'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76.
      4. Le attività formative svolte presso più datori di lavoro, nonché quelle svolte presso gli istituti di formazione o altri enti a tale fine riconosciuti dalle regioni, si cumulano ai fini dell'assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione.

 

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Art. 2.
(Destinatari).

      1. Il contratto formativo può essere stipulato dagli adolescenti, intendendo per tali i minori di età compresa fra quindici e diciotto anni, e dai giovani fino ai venticinque anni di età con i datori di lavoro privati e con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. I soggetti in possesso di diploma di laurea possono stipulare il contratto formativo sino all'età massima di ventinove anni. Qualora il lavoratore sia disabile i limiti massimi di età sono elevati di due anni.
      2. È fatto divieto, per un biennio, di stipulare ulteriori contratti formativi ai datori di lavoro che non abbiano trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato almeno il 33 per cento di quelli giunti a scadenza, con acquisizione della certificazione di qualificazione professionale, nel biennio precedente, computandosi ciascun biennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge. Qualora il numero dei contratti trasformati sia compreso tra il 33 per cento e il 66 per cento di quelli giunti a scadenza, il datore di lavoro può stipulare ulteriori contratti formativi in pari numero. Il divieto di nuove assunzioni con contratto formativo non si applica quando nel biennio di riferimento siano venuti a scadere non più di due contratti formativi.
      3. Ai fini di quanto previsto al comma 2, non si tiene conto di coloro che si sono dimessi volontariamente durante il periodo di svolgimento del contratto formativo e di coloro licenziati per giusta causa o per mancato superamento del periodo di prova.

Art. 3.
(Limiti numerici e computabilità).

      1. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative determinano il numero massimo di

 

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contratti formativi stipulabili dal singolo datore di lavoro, tenendo conto delle strutture organizzative e delle professionalità esistenti nelle diverse unità produttive.
      2. Il numero di lavoratori in contratto formativo non può superare, per ciascuna unità produttiva, quello dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato. Una percentuale superiore può essere prevista nel contratto collettivo, stipulato dai sindacati comparativamente più rappresentativi a livello nazionale, in caso di nuovi insediamenti produttivi o di piani concordati di sviluppo occupazionale.
      3. Ai fini del computo dei limiti numerici previsti da leggi e da contratti collettivi per l'applicazione di particolari normative ed istituti, gli adolescenti in contratto formativo sono computati nella percentuale ridotta del 50 per cento e i giovani in contratto formativo sono computati in proporzione all'orario previsto per lo svolgimento della prestazione lavorativa, con esclusione delle ore dedicate alla formazione.
      4. Resta fermo per il settore artigiano quanto disposto dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1985, n. 443.
      5. I disabili in contratto formativo sono computati nelle quote di riserva previste dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68.

Art. 4.
(Forma e contenuti).

      1. Il contratto formativo è stipulato in forma scritta. L'assunzione avviene in conformità alle disposizioni vigenti in materia di lavoro subordinato, ivi compreso l'obbligo di darne comunicazione ai sensi di quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 9-bis del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, al centro per l'impiego nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro.
      2. Elementi essenziali del contratto formativo sono l'indicazione dell'età e il titolo di studio del lavoratore, il nominativo del

 

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tutore inizialmente assegnatogli, le mansioni cui il lavoratore sarà adibito e la relativa retribuzione, la qualificazione professionale al cui conseguimento è finalizzato il contratto formativo, nonché la durata temporale del rapporto di lavoro.
      3. La comunicazione di cui al comma 1 deve contenere:

          a) la copia del contratto stipulato;

          b) la copia del progetto formativo, che deve essere consegnata al lavoratore in allegato al contratto;

          c) la dichiarazione dell'avvenuta consegna al lavoratore della scheda professionale, nella quale sono registrate le informazioni relative alle attività formative esterne e interne e al lavoro svolto;

          d) l'autocertificazione, da parte del datore di lavoro, del rispetto di quanto previsto all'articolo 2, comma 2.

Art. 5.
(Formazione esterna e interna).

      1. Le caratteristiche della formazione esterna e interna da impartire al lavoratore assunto con contratto formativo devono risultare dal progetto formativo allegato al contratto di lavoro.
      2. Il datore di lavoro può predisporre direttamente un progetto formativo o ricorrere a quello elaborato dall'ente bilaterale di categoria, ove costituito, o dalla struttura pubblica territorialmente competente in materia di servizi per l'impiego. Qualora il datore di lavoro si avvalga di un proprio progetto formativo, quest'ultimo è soggetto all'approvazione preventiva della struttura pubblica territorialmente competente in materia di servizi per l'impiego.
      3. La formazione esterna deve essere di durata pari ad almeno 120 ore medie annue. I contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative possono stabilire una durata inferiore per i soggetti in possesso di titolo di studio post-obbligo o di attestato di qualifica professionale idoneo rispetto alla professionalità da acquisire. I medesimi contratti collettivi possono stabilire una durata superiore

 

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per gli adolescenti in contratto formativo.
      4. La formazione interna è affidata al tutore, che deve possedere adeguate competenza ed esperienza professionali. Essa può consistere, in parte, in addestramento pratico o in affiancamento, fermo restando che la durata complessiva deve essere pari ad almeno 120 ore medie annue.
      5. Per ogni gruppo di lavoratori in contratto formativo, di numero comunque non superiore a tre, deve essere nominato un distinto tutore, che può anche coincidere con il datore di lavoro.

Art. 6.
(Registrazione e certificazione dell'attività formativa svolta).

      1. Il datore di lavoro è tenuto a registrare sull'apposita scheda professionale le attività formative esterne e interne e le mansioni cui il lavoratore è adibito.
      2. La certificazione della formazione è affidata alla struttura pubblica territorialmente competente, anche per il tramite dei soggetti convenzionati ai sensi dell'articolo 117 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Essa è utile anche ai fini del bilancio delle competenze e del riconoscimento di crediti formativi.
      3. In caso di recesso da un contratto formativo, la formazione esterna e interna effettuata può essere riconosciuta utile, in parte o totalmente, anche nell'ambito di un nuovo contratto formativo da parte della struttura pubblica territorialmente competente in materia di servizi per l'impiego.
      4. I termini e le modalità della registrazione e della certificazione dell'attività formativa svolta sono determinati, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,

 

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n. 281, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale.
      5. In caso di mancato conseguimento degli obiettivi formativi previsti per ciascun anno di formazione esterna, il lavoratore deve partecipare a moduli integrativi predisposti dalla struttura formativa incaricata.

Art. 7.
(Disciplina del rapporto).

      1. Nel contratto formativo può essere prevista l'effettuazione di un periodo di prova, finalizzato esclusivamente ad accertare l'attitudine del lavoratore a conseguire la qualifica prevista. La durata dell'eventuale periodo di prova è stabilita dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Essa non può comunque superare il limite massimo di due mesi.
      2. L'assegnazione di mansioni equivalenti o superiori rispetto a quelle indicate nel contratto formativo può avvenire, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 2103 del codice civile, qualora sia finalizzata ad un migliore adeguamento della prestazione lavorativa alle attività di formazione esterna e interna svolte. È fatto divieto di assegnare mansioni non attinenti alla qualificazione professionale da conseguire, nonché di stipulare contratti formativi per l'acquisizione di professionalità elementari, connotate da compiti generici o ripetitivi, individuate come tali dal contratto collettivo di cui al comma 1.
      3. L'orario di lavoro è comprensivo delle ore di formazione esterna e interna previste dal progetto formativo e deve risultare compatibile con lo svolgimento delle attività formative indicate dal progetto medesimo. Il contratto collettivo nazionale di cui al comma 1 può prevedere che eventuali ore aggiuntive di formazione non siano retribuite, nonché modalità e condizioni a fronte delle quali

 

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può essere richiesto al giovane in contratto formativo lo svolgimento di prestazioni di lavoro notturno e di lavoro straordinario o supplementare; può altresì prevedere modalità e condizioni dell'articolazione dell'orario di lavoro su base multiperiodale, purché tali modalità non compromettano lo svolgimento delle attività formative.
      4. Il trattamento economico è stabilito dal contratto collettivo nazionale di cui al comma 1 in misura percentuale progressivamente crescente durante il corso del rapporto, rispetto al livello retributivo spettante al lavoratore in possesso della qualifica al cui conseguimento è preordinata l'assunzione con contratto formativo. Il medesimo contratto collettivo nazionale o il contratto collettivo aziendale o decentrato può stabilire modalità e criteri per la corresponsione di emolumenti retributivi a carattere variabile.
      5. La durata del rapporto di lavoro di cui al presente capo varia, a seconda della formazione scolastica e professionale già posseduta e della qualifica professionale da acquisire, da un minimo di diciotto a un massimo di quarantotto mesi. Il contratto collettivo nazionale di cui al comma 1 può stabilire una durata massima inferiore, nonché la modulazione delle durate. Qualora l'assunzione avvenga con contratto formativo a tempo parziale, la durata massima si prolunga proporzionalmente. È vietata la stipulazione del contratto formativo a tempo parziale per un orario inferiore a 28 ore settimanali, anche se calcolate come media su base annua. La durata massima del periodo di lavoro di cui al presente capo, per ciascun lavoratore, corrisponde alla durata massima del rapporto di lavoro svolto presso un medesimo datore di lavoro o presso più datori di lavoro e concluso con la certificazione della qualifica professionale acquisita. Un nuovo contratto formativo può essere stipulato per l'acquisizione di una diversa qualifica professionale.
      6. Ai lavoratori in contratto formativo sono estese le vigenti disposizioni relative al diritto alla conservazione del rapporto
 

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di lavoro in caso di infortunio, malattia, maternità e paternità e servizio militare. La durata del rapporto è prolungata in misura corrispondente alla durata dei periodi di congedo di maternità, paternità e parentale. Analogo prolungamento è previsto in caso di servizio militare. Il contratto collettivo nazionale di cui al comma 1 può individuare le ulteriori cause di sospensione del rapporto che comportano tale prolungamento. Il prolungamento non può in ogni caso comportare il superamento per più di diciotto mesi della durata massima di quarantotto mesi.
      7. Il recesso dal rapporto di lavoro di cui al presente capo durante lo svolgimento del medesimo è ammesso soltanto per giusta causa. È consentito il recesso anticipato da parte del lavoratore, purché sia rispettato il termine di preavviso fissato dal contratto collettivo nazionale di cui al comma 1. In mancanza di determinazione ad opera del contratto collettivo, la durata del preavviso è fissata in un giorno per ogni mese di durata prevista del contratto. Il datore di lavoro può assumere un nuovo lavoratore per il medesimo progetto, comunicando la sostituzione ai servizi per l'impiego competenti, qualora vi sia compatibilità di durata del rapporto e di attività formative da svolgere.
      8. Al rapporto di lavoro di cui al presente capo si applica la disciplina legale e contrattuale vigente in materia di trattamento di fine rapporto. In caso di proseguimento del rapporto di lavoro oltre il trentesimo giorno rispetto alla scadenza prevista, il contratto formativo si considera trasformato in contratto di lavoro a tempo indeterminato e il lavoratore ha diritto all'inquadramento professionale corrispondente alla qualificazione professionale acquisita e certificata. Il periodo di rapporto di lavoro di cui al presente capo si computa nell'anzianità di servizio del lavoratore.
      9. Per quanto non espressamente previsto dalla presente legge, il rapporto di lavoro degli adolescenti in contratto formativo è regolato dalla legge 17 ottobre
 

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1967, n. 977, come modificata dal decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 345.

Art. 8.
(Prestazioni previdenziali e assistenziali).

      1. Ai lavoratori in contratto formativo spettano le prestazioni previste da leggi e da contratti collettivi in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, malattia, invalidità e vecchiaia, maternità e paternità, sostegno al nucleo familiare, riduzioni o sospensioni della prestazione lavorativa e disoccupazione.

Art. 9.
(Sgravi contributivi).

      1. Non si ha contribuzione a carico del datore di lavoro per il contratto formativo per gli adolescenti.
      2. Per il contratto formativo per i giovani la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari al 5 per cento. A carico del lavoratore è posto un onere contributivo pari a un quinto del contributo a carico del datore di lavoro. Al termine del rapporto tali benefìci contributivi sono mantenuti per due anni qualora lo stesso sia trasformato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
      3. Durante il rapporto di lavoro di cui al presente capo, la riduzione delle aliquote contributive è subordinata alla partecipazione dei lavoratori in contratto formativo alle attività di formazione esterna previste nel progetto, a meno che la mancata partecipazione sia dovuta a carenze nella programmazione e nell'attivazione delle iniziative da parte dell'amministrazione regionale competente. In tal caso all'amministrazione sono trasferiti gli oneri relativi alle agevolazioni contributive concesse.
      4. Nel settore artigiano e nelle imprese di piccole dimensioni, come determinate dal decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12

 

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ottobre 2005, che hanno ottemperato alle prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dal decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro per il contratto formativo per i giovani è ridotta di 2 punti percentuali.
      5. La quota di contribuzione a carico del datore di lavoro si riduce di 2 punti percentuali qualora il contratto formativo sia stipulato con giovani che, sulla base di rilevazioni effettuate dai centri provinciali per l'impiego, statisticamente, possiedono in misura proporzionalmente minore, nel settore contrattuale di riferimento, la qualificazione professionale che il contratto è volto ad acquisire.
      6. Sono concesse agevolazioni contributive per i lavoratori impegnati in qualità di tutore nelle iniziative formative interne secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 10.
(Informativa e monitoraggio).

      1. Il datore di lavoro comunica i dati relativi ai contratti formativi stipulati e al loro andamento agli organismi sindacali aziendali, se costituiti, o alle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano provinciale, nonché alle consigliere o ai consiglieri provinciali di parità.
      2. Le strutture regionali competenti effettuano il monitoraggio delle attività di formazione progettate e attuate. È affidato all'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL) il compito di elaborare un rapporto sullo stato di realizzazione dell'offerta di formazione esterna per i lavoratori in contratto formativo entro il 31 dicembre di ogni anno.

 

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Art. 11.
(Sanzioni).

      1. La mancanza del contratto scritto o la mancata effettuazione delle attività di formazione interna previste dal progetto comportano la conversione, a decorrere dall'attivazioe del rapporto di lavoro, del contratto formativo in contratto di lavoro a tempo indeterminato.
      2. Le altre omissioni o violazioni delle disposizioni del presente capo da parte del datore di lavoro sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 5.000 euro. L'importo delle sanzioni amministrative pecuniarie è versato su un apposito capitolo di bilancio e assegnato al Fondo per l'occupazione.

Art. 12.
(Abrogazioni).

      1. Dalla data di entrata in vigore delle norme attuative di cui agli articoli 6, comma 4, e 9, comma 6, sono abrogati: la legge 19 gennaio 1955, n. 25, e successive modificazioni; il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1956, n. 1668; l'articolo 21 della legge 28 febbraio 1987, n. 56; l'articolo 16 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni. Sono altresì abrogati: l'articolo 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 86, e successive modificazioni; l'articolo 8 della legge 29 dicembre 1990, n. 407; l'articolo 5 della legge 15 ottobre 1991, n. 344; l'articolo 16 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, e successive modificazioni; l'articolo 15 della legge 24 giugno 1997, n. 196.
      2. Sono fatte salve, nelle more della data di entrata in vigore delle norme di attuazione del presente capo, le disposizioni previste dai decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 8 aprile

 

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1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 14 maggio 1998, 20 maggio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 138 del 15 giugno 1999, e 28 febbraio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 59 dell'11 marzo 2000.

Capo II
CONTRATTO DI INSERIMENTO LAVORATIVO

Art. 13.
(Finalità del contratto di inserimento lavorativo).

      1. Il contratto di inserimento lavorativo è finalizzato a favorire l'accesso al lavoro o il reingresso nel mercato del lavoro degli appartenenti alle seguenti categorie di soggetti:

          a) disoccupati e inoccupati di lunga durata, intendendo per tali quelli che sono alla ricerca di un'occupazione da più di dodici mesi, ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, e che hanno un'età superiore a venticinque anni o a ventinove anni se laureati;

          b) disoccupati di età superiore a quarantacinque anni;

          c) disoccupati e inoccupati, precedentemente impegnati in lavoro di cura di familiari, di disabili gravi ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, o di minori di anni dodici, ai sensi del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, o per gravi motivi, ai sensi dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e successive modificazioni.

Art. 14.
(Tipologia e disciplina del contratto di inserimento lavorativo).

      1. Il contratto di inserimento lavorativo prevede lo svolgimento di uno specifico

 

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progetto formativo, di qualificazione o riqualificazione professionale, approvato dal centro per l'impiego competente per territorio, il cui esito è dallo stesso verificato, ai sensi di quanto previsto dalla disciplina regionale di attuazione.
      2. Il contratto di inserimento lavorativo può essere stipulato a tempo indeterminato oppure a tempo determinato per la durata massima di dodici mesi. Non possono essere effettuate assunzioni con contratti di inserimento lavorativo da datori di lavoro che hanno effettuato licenziamenti nei dodici mesi precedenti.
      3. Al contratto di inserimento lavorativo a tempo determinato si applicano le disposizioni in materia di assunzioni a termine dettate dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, fatto salvo quanto previsto al comma 4 del presente articolo.
      4. Il contratto di inserimento lavorativo a tempo determinato non è suscettibile di proroga. Il medesimo datore di lavoro non può stipulare più di un contratto di inserimento lavorativo a tempo determinato con lo stesso lavoratore.
      5. È fatto divieto di stipulare ulteriori contratti di inserimento lavorativo a tempo determinato ai datori di lavoro che non hanno trasformato in assunzioni a tempo indeterminato almeno il 60 per cento dei contratti di inserimento lavorativo a termine venuti a scadenza nel biennio precedente, computandosi ciascun biennio a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 15.
(Incentivazione alla stipulazione dei contratti di inserimento lavorativo).

      1. Per i lavoratori assunti con contratto di inserimento lavorativo a tempo indeterminato la quota di contribuzione è dovuta per i primi due anni nella misura corrispondente a quella prevista per i lavoratori in contratto formativo.
      2. Per i lavoratori assunti con contratto di inserimento lavorativo a tempo determinato, i benefìci di cui al comma 1

 

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trovano applicazione subordinatamente alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e successivamente ad essa, per una durata pari a quella del contratto trasformato.
      3. Il datore di lavoro ha diritto al rimborso delle spese sostenute, adeguatamente documentate in conformità ai criteri fissati a livello regionale, in relazione al progetto formativo attuato, a carico del Fondo di rotazione per la formazione professionale di cui all'articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni.

TITOLO II
SOSTEGNI AL REDDITO

Capo I
SOSTEGNO AL REDDITO DI DISOCCUPAZIONE E DI SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Art. 16.
(Trattamento di disoccupazione).

      1. L'indennità di disoccupazione involontaria spetta a tutti i prestatori di lavoro subordinato.
      2. La durata del trattamento di disoccupazione è di dodici mesi elevati a sedici mesi per i lavoratori che hanno compiuto i quarantacinque anni di età e a venti mesi per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni di età. Nei territori con tasso di disoccupazione superiore alla media nazionale essa è elevata, rispettivamente, a quattordici, venti e ventiquattro mesi.
      3. L'indennità di disoccupazione è pari al 60 per cento della retribuzione media giornaliera assoggettata a contribuzione nei dodici mesi precedenti. Il trattamento si intende inclusivo dei contributi figurativi corrispondenti.
      4. La misura di cui al comma 3 si riduce al 40 per cento dopo il dodicesimo

 

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mese e al 30 per cento dopo il sedicesimo mese. La predetta riduzione non opera qualora siano presenti nel nucleo familiare, sulla base della certificazione anagrafica, figli minori o studenti regolarmente iscritti a corsi di formazione professionale, di diploma o di laurea ovvero nel caso in cui l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del lavoratore non sia superiore a quello previsto per l'erogazione del reddito minimo di inserimento.
      5. L'indennità spetta se il lavoratore possa far valere almeno due anni di assicurazione e almeno cinquantadue contributi settimanali nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione.
      6. Il contributo che il datore di lavoro è tenuto a versare per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria è pari all'1,61 per cento.
      7. Il prestatore di lavoro subordinato è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) un contributo pari allo 0,30 per cento. È conseguentemente soppresso il contributo dovuto dal lavoratore ai sensi dell'articolo 9 della legge 29 dicembre 1990, n. 407.
      8. Il contributo a carico del datore di lavoro è aumentato dell'1 per cento in caso di rapporti di lavoro di durata determinata.
      9. In caso di licenziamento individuale, per giustificato motivo oggettivo, ovvero di dimissioni per giusta causa, intervenuti dopo il superamento del periodo di prova, il datore di lavoro è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee dell'INPS una somma pari a due mensilità del trattamento di disoccupazione, al lordo dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro. La somma è pari a sei mensilità in caso di licenziamento per riduzione del personale, riducibile a due mensilità nel caso in cui la procedura di mobilità si sia conclusa con un accordo collettivo che abbia introdotto un piano sociale d'impresa o di gruppo.
      10. Costituisce presupposto per l'erogazione dell'indennità lo stato di disoccupazione di cui al decreto legislativo 21 aprile
 

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2000, n. 181, e successive modificazioni, causato da licenziamento, individuale o per riduzione di personale, da dimissioni per giusta causa ovvero dalla scadenza del termine apposto alla durata del contratto.
      11. La lettera di dimissioni volontarie è priva di effetto, se non convalidata, durante il periodo di preavviso, dai servizi ispettivi della direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Al termine del periodo di preavviso il rapporto di lavoro si risolve, tranne nel caso di mancata convalida. Il datore di lavoro che nei successivi tre mesi procede al licenziamento individuale, per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo od oggettivo, del medesimo lavoratore è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee dell'INPS una somma pari a sei mensilità del trattamento di disoccupazione.
      12. In applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, decade dal diritto al trattamento di disoccupazione il prestatore di lavoro che, senza giustificato motivo, non risponde alla convocazione dei servizi per l'impiego, non accetta di frequentare o non frequenta regolarmente iniziative formative prospettategli dai predetti servizi, non accetta un'offerta di lavoro in luogo distante fino a 50 chilometri da quello di residenza per prestazioni e retribuzione conformi a quelle relative all'ultima occupazione ovvero non aderisce a iniziative di inserimento lavorativo.
      13. L'erogazione del trattamento di disoccupazione è sospesa nei periodi in cui è svolta un'attività di lavoro a termine subordinato, autonomo o economicamente dipendente, intendendo per tale quello di cui all'articolo 18, comma 1, che garantisce un reddito mensile, rapportato a giornata, almeno pari al trattamento di disoccupazione. In caso contrario, il trattamento è ridotto proporzionalmente.
      14. Decade dal diritto al trattamento di disoccupazione il prestatore di lavoro che svolge attività di lavoro subordinato, autonomo o economicamente dipendente senza averne data preventiva comunicazione
 

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alla sede provinciale competente dell'INPS.
      15. È fatta salva l'applicazione delle norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di disoccupazione ordinaria, di disoccupazione speciale e di indennità di mobilità ai trattamenti già in godimento, nonché ai trattamenti dovuti a seguito di procedure di mobilità già instaurate alla medesima data.

Art. 17.
(Trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti per i lavoratori subordinati discontinui).

      1. Il requisito di anzianità lavorativa previsto dall'articolo 7, comma 3, del decreto-legge 21 marzo 1988, n. 86, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 maggio 1988, n. 160, è ridotto a settanta giorni e trova applicazione nei confronti di tutti i lavoratori subordinati, ivi compresi i lavoratori agricoli a tempo determinato.
      2. Ai fini della maturazione del diritto al trattamento di cui al presente articolo si prescinde dal requisito dell'anzianità assicurativa.
      3. Il trattamento non spetta quando, nell'anno in relazione al quale si chiede il trattamento, non risulta accertato lo stato di disoccupazione, ai sensi del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, per tutte le giornate non lavorate, ad esclusione dei giorni festivi.
      4. Il trattamento spetta fino a concorrenza di un reddito familiare pari a euro 16.000 calcolato in base all'ISEE. Tale soglia di reddito è annualmente aggiornata sulla base della variazione media fatta registrare nell'anno precedente dall'indice dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) dei prezzi al consumo per la collettività nazionale.

Art. 18.
(Trattamento di disoccupazione per i lavoratori economicamente dipendenti).

      1. Ai lavoratori che svolgono rapporti di collaborazione aventi ad oggetto una

 

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prestazione d'opera coordinata e continuativa, prevalentemente personale, svolta senza vincolo di subordinazione, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e privi di copertura da parte di altre forme obbligatorie di previdenza, si applicano le disposizioni vigenti in materia di assicurazione contro la disoccupazione involontaria, come modificate ai sensi degli articoli 16 e 17 della presente legge e del presente articolo.
      2. La durata del rapporto e l'ammontare del corrispettivo devono essere determinati nel contratto di lavoro o nella lettera di incarico o in altro documento scritto trasmesso dal committente, anche per il tramite del prestatore di lavoro, ai servizi per l'impiego competenti alla data d'inizio dell'attività lavorativa.
      3. Qualora il compenso previsto, su base mensile, risulti inferiore al minimale di reddito mensile stabilito per la gestione degli esercenti attività commerciali ai fini previdenziali, la durata è riproporzionata sulla base del rapporto tra il compenso pattuito e l'importo del predetto minimale.
      4. Costituisce presupposto per l'erogazione del trattamento di disoccupazione lo stato di disoccupazione di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, e successive modificazioni, causato da recesso del committente, da recesso per giusta causa del prestatore di lavoro, ovvero dalla scadenza del termine apposto alla durata del contratto.

Art. 19.
(Trattamento in caso di sospensione del rapporto di lavoro subordinato).

      1. La disciplina della cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, è estesa a tutti i rapporti di lavoro subordinato alle dipendenze di imprese private.
      2. Ferma restando la disciplina vigente in materia di causali di accesso e di durata, al trattamento di cassa integrazione

 

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guadagni, ordinaria e straordinaria, si applica quanto previsto all'articolo 16, commi 3 e 4.
      3. Il prestatore di lavoro non può ricevere indennità di disoccupazione e indennità di cassa integrazione guadagni per una durata complessivamente superiore a trenta mesi nell'arco di un quinquennio.
      4. I trattamenti di integrazione salariale non possono essere erogati a beneficio di imprese che non predispongano un piano sociale che preveda interventi, quali l'introduzione di regimi flessibili degli orari, e che non abbiano esperito il tentativo di stipulare contratti di solidarietà difensivi. I suddetti trattamenti non possono essere erogati a favore di lavoratori che, durante la sospensione del lavoro, non siano disponibili a partecipare a iniziative di formazione o di riqualificazione professionale ovvero impegnati in attività di utilità sociale, ai sensi di quanto previsto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328.
      5. Nel caso in cui il datore di lavoro proceda al licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo del lavoratore nel corso della sospensione del rapporto ovvero entro tre mesi dal termine della stessa, egli è tenuto a versare alla Gestione prestazioni temporanee dell'INPS, in aggiunta alla somma prevista all'articolo 16, comma 8, una somma pari a ulteriori due mensilità del trattamento erogato al lavoratore.
      6. Il contributo alla Cassa unica assegni familiari (CUAF) pari all'1,68 per cento è destinato al finanziamento della cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria. Il finanziamento della CUAF è posto a carico della Gestione per gli interventi assistenziali presso l'INPS. I datori di lavoro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione guadagni continuano ad essere obbligati alla previgente aliquota contributiva, con destinazione della parte differenziale al finanziamento dei fondi bilaterali di cui all'articolo 20.
 

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Art. 20.
(Fondi bilaterali per il sostegno del reddito e dell'occupazione).

      1. Le prestazioni aggiuntive del trattamento di cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, e del trattamento di disoccupazione sono poste a carico di fondi bilaterali per il sostegno del reddito e dell'occupazione, istituiti mediante contratto collettivo nazionale o accordo intercategoriale stipulato con le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nel settore di riferimento, secondo criteri determinati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali da emanare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative a livello nazionale.
      2. Non rientrano nella nozione di retribuzione imponibile, nel limite del 2 per cento della stessa, i contributi versati ai fondi bilaterali di cui al presente articolo.
      3. I fondi bilaterali di cui al presente articolo possono stipulare con l'INPS una convenzione, sulla base di criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che preveda il trasferimento ad essi della responsabilità dell'erogazione del trattamento complessivo di cassa integrazione guadagni o del trattamento di disoccupazione.
      4. I fondi bilaterali di cui al presente articolo possono stipulare con le regioni convenzioni in cui possono essere previste modalità di realizzazione di politiche attive del lavoro, in raccordo con i servizi per l'impiego territorialmente competenti, che consentano di ottenere introiti finanziari.
      5. Sono abrogate le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui

 

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al comma 1, da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si applica la disciplina contrattuale e amministrativa degli attuali fondi bilaterali di sostegno al reddito.

Capo II
SOSTEGNO DEL REDDITO DEI LAVORATORI SUBORDINATI DISCONTINUI, AUTONOMI ED ECONOMICAMENTE DIPENDENTI E DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE

Art. 21.
>(Trattamento di sostegno del reddito).

      1. Tutte le persone che svolgono prestazioni di lavoro subordinato in forma discontinua o parziale o che svolgono attività di lavoro caratterizzate da una situazione di dipendenza economica, maturando il diritto al trattamento di cui all'articolo 17, hanno diritto ad una ulteriore integrazione del reddito, per ogni giorno lavorato, pari all'1,25 per cento della differenza tra 9.300 euro lordi annui e il reddito da lavoro percepito, fino a un massimo del 100 per cento. Tale soglia di reddito è annualmente aggiornata sulla base della variazione media fatta registrare nell'anno precedente dall'indice ISTAT dei prezzi al consumo per la collettività nazionale.
      2. Ai fini della presente legge, per rapporti di lavoro caratterizzati da una situazione di dipendenza economica si intendono i rapporti di collaborazione aventi ad oggetto una prestazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale, svolta senza vincolo di subordinazione, indipendentemente dall'ambito aziendale o extra-aziendale in cui si svolge la prestazione stessa e anche se prestata a favore di una società cooperativa. Non rientrano nell'ambito di tale fattispecie i rapporti di lavoro che abbiano una durata complessiva non superiore a dodici giorni.

 

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      3. Nel reddito da lavoro percepito di cui al comma 1 è computato il trattamento di disoccupazione a requisiti ridotti per i lavoratori discontinui, di cui all'articolo 17.
      4. Il lavoratore a tempo parziale ha diritto all'integrazione del reddito a condizione che nei periodi giornalieri, settimanali, mensili o annuali in cui non svolge la prestazione lavorativa sia disponibile ad aderire a iniziative di formazione o di riqualificazione professionale ovvero a impegnarsi in attività di utilità sociale, ai sensi di quanto previsto dalla legge 8 novembre 2000, n. 328.
      5. Decade dal diritto all'integrazione il lavoratore che rifiuta un'offerta di lavoro formulata dal servizio per l'impiego competente che gli consentirebbe di percepire retribuzioni, compensi o emolumenti di ammontare superiore a quello della soglia superiore di reddito di cui al comma 1 e che non comporta la cessazione delle attività di formazione o di riqualificazione professionale in atto.
      6. L'integrazione è corrisposta a domanda del lavoratore, allegando copia delle attività di lavoro svolte, in forma subordinata, autonoma o economicamente dipendente, indicando la loro durata e la retribuzione, i compensi e gli emolumenti percepiti.
      7. Il livello di reddito lordo di riferimento è quello dichiarato ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. L'integrazione è percepita nel periodo di imposta successivo.

Art. 22.
(Integrazione dei contributi previdenziali e totalizzazione e ricongiunzione ai fini pensionistici per i lavoratori economicamente dipendenti).

      1. I lavoratori iscritti alla gestione separata dell'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, hanno diritto a un'integrazione dei versamenti contributivi.
      2. L'integrazione riguarda la parte di reddito da lavoro soggetta a contribuzione

 

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ed è pari alla differenza tra le aliquote di computo della gestione separata di cui al comma 1 e del Fondo pensione lavoratori dipendenti, entro un ammontare massimo pari al 13 per cento.
      3. L'integrazione dei versamenti contributivi si applica in misura piena fino alla soglia di reddito lordo annuo pari a 9.300 euro; al di sopra di tale soglia l'integrazione si applica con importi decrescenti di un punto percentuale ogni 300 euro di maggiore reddito. Tale soglia è annualmente aggiornata sulla base della variazione media fatta registrare nell'anno precedente dall'indice ISTAT dei prezzi al consumo per la collettività nazionale.
      4. Trovano applicazione le disposizioni sulla totalizzazione e sulla ricongiunzione dei periodi assicurativi a fini previdenziali di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 42, all'articolo 1 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184, nonché alla legge 7 febbraio 1979, n. 29, e alla legge 5 marzo 1990, n. 45.

Art. 23.
(Diritti di sicurezza sociale).

      1. Le lavoratrici e i lavoratori di cui al presente capo hanno diritto alla tutela previdenziale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia, i superstiti, la maternità e la paternità e gli assegni al nucleo familiare.
      2. Le lavoratrici e i lavoratori di cui al presente capo hanno diritto di aderire alle forme pensionistiche complementari esclusivamente in regime di contribuzione definita, anche unitamente ai lavoratori subordinati. Conseguentemente, al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le fonti istitutive di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 3 possono consentire che l'istituzione di forme pensionistiche complementari per i lavoratori economicamente dipendenti avvenga unitamente ai lavoratori di cui alle

 

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lettere a) e b-bis) del presente comma, che siano inseriti nelle imprese committenti»;

          b) la lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 è sostituita dalla seguente:

          «a) per i soggetti di cui al comma 1, lettere a), b-bis) e b-ter), e per quelli di cui all'ultimo periodo della lettera b) del medsimo comma, esclusivamente forme pensionistiche complementari in regime di contribuzione definita».

      3. Le lavoratrici di cui al presente capo hanno altresì diritto a che siano assicurati mezzi adeguati alla soddisfazione di esigenze socialmente rilevanti in relazione ai periodi di discontinuità del lavoro.

Art. 24.
(Disposizioni in materia di previdenza pensionistica complementare).

      1. Al fine di promuovere l'adesione dei lavoratori subordinati ai fondi pensione, al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 4 dell'articolo 3 è sostituito dal seguente:

      «4. Le fonti istitutive di cui al comma 1 stabiliscono le modalità di adesione ai fondi pensione, definendo procedure di silenzio-assenso alla partecipazione ai fondi, che in ogni caso prevedano un termine non inferiore a tre mesi per la manifestazione del rifiuto di aderire e che tengano altresì ferma la preventiva informazione degli aderenti, come richiesta in attuazione del comma 4 dell'articolo 4»;

          b) alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 10 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il trasferimento della posizione individuale comporta anche la prosecuzione dell'obbligo di accantonamento del TFR, nella misura stabilita dalle fonti istitutive di cui all'articolo 8, comma 2, a favore del fondo pensione di destinazione»;

 

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          c) il primo periodo del comma 3-bis dell'articolo 10 è sostituito dai seguenti: «Le fonti istitutive prevedono per ogni singolo iscritto, anche in mancanza delle condizioni di cui ai commi precedenti, la facoltà di trasferimento dell'intera posizione individuale dell'iscritto presso altro fondo pensione, di cui agli articoli 3 e 9, non prima di tre anni di permanenza presso il fondo da cui l'iscritto si intende trasferire. Il trasferimento non può aver luogo, comunque, prima che siano decorsi tre anni dalla data del primo provvedimento di autorizzazione di cui all'articolo 17, comma 2, lettera f). Il trasferimento della posizione individuale comporta anche la prosecuzione dell'obbligo di accantonamento annuale del TFR, nella misura stabilita dalle fonti istitutive di cui all'articolo 8, comma 2, a favore del fondo pensione di destinazione».

      2. La somma da destinare effettivamente ai fondi gestori di previdenza complementare da parte della pubblica amministrazione come quota del datore di lavoro, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, è definita in sede contrattuale. Il comma 18 dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è abrogato.
      3. Le quote di trattamento di fine rapporto destinate alle forme pensionistiche complementari dei pubblici dipendenti sono trattate come quote figurative e rivalutate secondo il meccanismo previsto dall'articolo 2, comma 5, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15 maggio 2000, e successive modificazioni.
      4. La quota di trattamento di fine rapporto che i pubblici dipendenti possono destinare ai fondi pensione, prevista dall'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 15 maggio 2000, e successive modificazioni, può essere elevata, in sede contrattuale, fino al 6,91 per cento.

 

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TITOLO III
SOSTEGNO PER I GIOVANI DISOCCUPATI E INOCCUPATI

Art. 25.
(Dotazione finanziaria di capitale in favore dei giovani per promuovere l'eguaglianza delle opportunità).

      1. Per un periodo sperimentale di due anni, ad ogni cittadino italiano di diciotto anni di età, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 26, comma 1, è attribuita una dotazione finanziaria di capitale pari a 15.000 euro, ovvero una dotazione di importo superiore qualora prevista dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27, per la formazione post-secondaria qualificata o per l'avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale. La dotazione finanziaria di capitale è attribuita a titolo di credito senza interessi; le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono stabilire che quota parte della dotazione finanziaria di capitale sia attribuita a titolo di contributo a fondo perduto con le modalità di cui al citato articolo 27.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze presenta annualmente al Parlamento una relazione sui risultati dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente titolo.
      3. Entro tre mesi dal termine del periodo sperimentale di cui al comma 1, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere delle competenti Commissioni parlamentari e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, può disporre il prolungamento del periodo sperimentale per un tempo non superiore a due anni.

Art. 26.
(Soggetti beneficiari).

      1. I benefìci di cui al presente titolo sono attribuiti, a domanda, al compimento

 

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del diciottesimo anno di età, ai cittadini italiani in possesso dei seguenti requisiti:

          a) completamento dei percorsi di istruzione e di formazione, ai sensi dei decreti legislativi 15 aprile 2005, n. 76, e 17 ottobre 2005, n. 226;

          b) assenza di condanne penali, salvo quanto previsto dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27.

      2. Il diritto ai benefìci previsti dal presente titolo decade al compimento, da parte del soggetto beneficiario, del venticinquesimo anno di età, salvo quanto previsto dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27.
      3. La dotazione finanziaria di capitale è destinata ad una o ad entrambe le seguenti finalità:

          a) formazione post-secondaria qualificata, con l'acquisizione di specifiche conoscenze e competenze professionali, mediante frequenza di corsi di laurea universitaria, corsi di formazione riconosciuti, tirocini professionali o similari;

          b) avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale.

      4. I soggetti beneficiari, all'atto della domanda per l'attribuzione della dotazione di cui all'articolo 25, specificano:

          a) in quale data intendano ricevere, entro i termini di decadenza di cui al comma 2, la dotazione finanziaria di capitale;

          b) la finalizzazione della dotazione finanziaria di capitale con il relativo piano di spesa.

      5. Al fine di orientare i programmi di formazione e di avvio di attività imprenditoriali o professionali dei giovani che richiedono i benefìci di cui al presente titolo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa consultazione delle parti sociali e delle associazioni di categoria, rendono noti, entro la data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27, con proprio

 

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documento, la domanda prevedibile di figure professionali e il fabbisogno di nuove attività per la produzione di beni e di servizi, ai fini di uno sviluppo equilibrato e innovativo del sistema economico-sociale del territorio.
      6. I benefìci di cui al presente titolo sono cumulabili, dai soggetti aventi diritto, con le agevolazioni di cui al decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185.
      7. I soggetti beneficiari provvedono al rimborso della dotazione finanziaria di capitale entro quindici anni dalla data di erogazione del primo rateo, al netto dell'eventuale quota parte della dotazione finanziaria di capitale erogata a titolo di contributo a fondo perduto, secondo le modalità previste dai provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 27. Qualora la somma non sia restituita entro il termine stabilito, il beneficiario corrisponde alla banca o all'istituto di credito di cui al comma 1 del citato articolo 27, oltre ad una somma equivalente alla dotazione finanziaria di capitale, gli interessi correnti per il ritardato rimborso ad un tasso pari all'interesse legale.

Art. 27.
(Fondi per l'eguaglianza delle opportunità dei giovani).

      1. Entro il 31 dicembre 2006, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stipula una convenzione con l'Associazione bancaria italiana relativa all'erogazione, da parte di banche ed istituti finanziari, della dotazione finanziaria di capitale di cui all'articolo 25 ai beneficiari individuati dalle regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del comma 3. La convenzione stabilisce altresì un tasso di interesse sui crediti omogeneo su tutto

 

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il territorio nazionale. L'onere degli interessi e la garanzia per la copertura dei rischi sui crediti, nonché dell'eventuale erogazione di parte della dotazione finanziaria di capitale a titolo di contributo a fondo perduto, sono posti a carico dei fondi di cui al comma 3.
      2. Per un periodo sperimentale di due anni, entro il 31 marzo, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ripartisce tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano una somma determinata annualmente in misura pari al gettito, relativo all'anno precedente, dell'imposta sulle successioni e donazioni, che è ripristinata nelle misure e con le modalità previste dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore della legge 18 ottobre 2001, n. 383; conseguentemente, l'articolo 13 e il comma 1 dell'articolo 14 della citata legge n. 383 del 2001 sono abrogati. Il riparto è effettuato in relazione al numero dei cittadini italiani, residenti nei territori delle singole regioni o province autonome, che compiono diciotto anni di età nel corso dell'anno e al reddito pro capite medio di ogni singola regione o provincia autonoma relativo all'anno precedente.
      3. Entro tre mesi dall'attribuzione delle somme ripartite secondo le modalità di cui al comma 2 le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con propri atti, provvedono:

          a) ad istituire con le somme di cui all'alinea un fondo per l'eguaglianza delle opportunità dei giovani, di seguito denominato «fondo», destinato alla copertura degli oneri relativi agli interessi e ai rischi sui crediti erogati ai sensi del comma 1 e degli oneri derivanti dall'eventuale erogazione di parte della dotazione finanziaria di capitale a titolo di contributo a fondo perduto;

          b) a stabilire le modalità per il cofinanziamento del fondo da parte di enti territoriali e locali nonché da parte di privati cittadini, società, associazioni ed

 

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enti, tra i quali gli enti conferenti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153;

          c) alla definizione delle modalità di attribuzione dei benefìci di cui all'articolo 25 in base alla graduatoria regionale di cui alla lettera g) del presente comma, fino a concorrenza delle risorse del fondo;

          d) a stabilire l'ammontare della dotazione finanziaria di capitale di cui all'articolo 25 destinata all'avviamento di un'attività imprenditoriale o professionale e l'ammontare della dotazione finanziaria di capitale destinata alla formazione post-secondaria qualificata;

          e) a stabilire, in assenza dei requisiti di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 26, eventuali modalità specifiche e controllate di erogazione dei benefìci di cui al presente titolo, da attuare con la collaborazione dei servizi di assistenza sociale;

          f) a stabilire, in casi particolari, relativi a specifiche e limitate condizioni, eventuali deroghe al limite di età di cui al comma 2 dell'articolo 26;

          g) a definire le modalità per la compilazione delle graduatorie regionali o provinciali, pubblicate entro un mese dal termine di presentazione delle domande, tenendo conto: del fabbisogno di figure professionali e di nuove attività per la produzione di beni e di servizi evidenziato dal documento di cui al comma 5 dell'articolo 26; della situazione economica del richiedente relativa al nucleo familiare, definita secondo le modalità di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni; della data di presentazione della domanda;

          h) a definire i criteri per il monitoraggio dell'effettivo utilizzo delle dotazioni finanziarie di capitale erogate per le finalità di cui al presente titolo;

          i) a definire le modalità per il rimborso della dotazione finanziaria di capitale tenendo conto del reddito dichiarato dai beneficiari nell'anno fiscale precedente

 

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la data stabilita per il rimborso, prevedendo eventuali dilazioni e rateizzazioni.

      4. Dopo la lettera o) del comma 2 dell'articolo 100 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, recante norme sugli oneri di utilità sociale deducibili, e successive modificazioni, è aggiunta la seguente:

          «o-bis) le erogazioni liberali in denaro a favore dei fondi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano per l'eguaglianza delle opportunità dei giovani».

      5. Entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro dell'economia e delle finanze, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede alla ripartizione delle risorse dei fondi non utilizzate entro il 31 dicembre dell'anno precedente, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che hanno utilizzato interamente le somme assegnate con il decreto di cui al comma 2 del presente articolo.

Art. 28.
(Conto di sicurezza individuale).

      1. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, emanato previa concertazione con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, è disciplinata la costituzione di conti di sicurezza individuale a favore dei lavoratori economicamente dipendenti, nonché dei lavoratori subordinati con rapporti di lavoro a carattere temporaneo.
      2. Il decreto di cui al comma 1 è emanato sulla base dei seguenti criteri:

          a) finalizzazione del conto alla copertura di esigenze socialmente rilevanti, quali la continuità dei versamenti previdenziali anche nell'ambito della previdenza complementare e il pagamento di tasse scolastiche o universitarie;

 

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          b) affidamento della gestione dei conti individuali all'INPS, ovvero ad enti bilaterali costituiti dalle associazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori interessati;

          c) finanziamento a carico delle parti interessate nella misura del 50 per cento e a carico del bilancio statale nella misura del 50 per cento, nei limiti stabiliti annualmente con la legge finanziaria;

          d) possibilità di erogazione, su domanda dei lavoratori interessati, di prestiti per un ammontare superiore a quello erogabile in via ordinaria.

TITOLO IV
COPERTURA FINANZIARIA

Art. 29.
(Copertura finanziaria).

      1. Ai fini dell'attuazione della presente legge, ad eccezione del titolo III, sono stabilite nella misura del 18 per cento le aliquote relative ai redditi di capitale di cui alle seguenti disposizioni:

          a) articoli 26, 26-ter e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni;

          b) articolo 1 del decreto-legge 2 ottobre 1981, n. 546, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o dicembre 1981, n. 692, e successive modificazioni;

          c) articolo 9 della legge 23 marzo 1983, n. 77, e successive modificazioni;

          d) articoli 5 e 11-bis del decreto-legge 30 settembre 1983, n. 512, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 novembre 1983, n. 649, e successive modificazioni;

          e) articolo 14 del decreto legislativo 25 gennaio 1992, n. 84, e successive modificazioni;

 

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          f) articolo 2 del decreto legislativo 1o aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni;

          g) articoli 5 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461, e successive modificazioni.

      2. Agli oneri derivanti dall'attuazione del titolo III, pari a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando, al netto delle regolazioni debitorie e in misura proporzionale, gli accantonamenti relativi ai Ministeri elencati alla tabella A allegata alla legge 23 dicembre 2005, n. 226.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.



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