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PDL 3184

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3184



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BONELLI

Princìpi fondamentali in materia di pianificazione del territorio

Presentata il 24 ottobre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - La normativa urbanistica del nostro Paese è legata ad una legge che è nata prima della nostra Carta costituzionale. Una legge che il legislatore ha dovuto adattare ai profondi cambiamenti sociali, territoriali e produttivi del nostro Paese. La legge n. 1150 del 1942 è una buona legge, ma non dobbiamo dimenticare che ha visto la luce quando il nostro Paese non solo era governato da una dittatura, ma viveva una fase economica con caratteristiche profondamente differenti da quelle attuali. Ciò nonostante il quadro normativo realizzato rappresentava un rigoroso punto di riferimento e solo la complessità della situazione che si è determinata pochi anni dopo ne ha reso pressoché impossibile il rispetto. Siamo infatti tutti consapevoli di come, poco dopo i primi difficili anni dell'immediato dopoguerra, in Italia ci siano stati un notevole incremento demografico e una forte crescita economica, che hanno avuto inevitabili conseguenze sull'utilizzazione del territorio.
      L'espansione dei centri abitati è stata intensa e disordinata, le infrastrutture sono state realizzate in assenza di una vera e propria programmazione e molti insediamenti abitativi sono sorti in modo spontaneo e incontrollato. Le conseguenze sul territorio sono state a dir poco devastanti e altrettanto gravi sono stati i danni sotto l'aspetto sociale, con la creazione di quartieri ghetto, invivibili e privi dei servizi essenziali, nelle grandi città e con la distribuzione di edifici di ogni genere nelle zone extraurbane, con una conseguente crescita della domanda di mobilità diffusa, alla quale si è potuto dare risposta solo attraverso un aumento esponenziale delle infrastrutture viarie e dell'uso del mezzo privato. In molti casi non è stato possibile correggere alcune distorsioni. E in molti altri casi sarà difficile farlo in futuro. Le leggi successive alla citata legge n. 1150
 

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del 1942 in materia urbanistica ed edilizia hanno cercato in parte di governare i fenomeni - in particolare quello dell'abusivismo, che ha letteralmente trasformato il nostro territorio - in parte di sfruttarne il potenziale gettito finanziario - ma si è visto che i costi reali (comprensivi quindi anche dei costi sociali) sono sempre e comunque di gran lunga superiori alle entrate. In ogni caso tali leggi hanno cercato di adeguare il quadro normativo alle crescenti esigenze di una nuova e diversa qualità urbana e dell'abitare. Si sono così succeduti, a volte anche in modo un po' confuso, leggi e provvedimenti fino a giungere all'emanazione del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, che è ormai stato superato, di fatto, dall'approvazione delle modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione, che hanno trasformato l'assetto delle nostre istituzioni in senso federalista, trasferendo in parte le competenze in materia urbanistica alle regioni.
      L'obiettivo della presente proposta di legge diventa quindi quello di costruire un impianto normativo che contenga dei princìpi chiari, condivisi e irrinunciabili in materia di governo del territorio, che devono costituire il quadro di riferimento per le singole normative regionali. È evidente che c'è bisogno della massima omogeneità dei princìpi più importanti, per evitare che vi siano ingiustificate differenze tra le regioni, tenendo conto che, già in passato, abbiamo visto come il fenomeno delle violazioni in materia urbanistica ed edilizia sia marcatamente «territoriale» e che vi sono regioni che pagano un prezzo più alto in termini di consumo di territorio all'abusivismo edilizio.
      La presente proposta di legge parla di «pianificazione del territorio», laddove sarebbe stato auspicabile un provvedimento sul «governo del territorio». Alla luce della citata riforma costituzionale del 2001 non è però oggi possibile parlare di «governo del territorio». Al novellato articolo 117, terzo comma, della Costituzione, infatti, il governo del territorio è elencato «insieme» ad alcune materie che sono invece logicamente comprese in quel concetto, quali, ad esempio, i porti e aeroporti civili e le grandi reti di trasporto e di navigazione. Il dettato costituzionale, quindi, non definisce strutture gerarchiche in cui il governo del territorio è il più complessivo contenitore, ma si limita ad un'elencazione omogenea e vincolante.
      Ne consegue che si è scelto consapevolmente di parlare di pianificazione, con il desiderio che questa legislatura ci possa portare all'auspicato superamento della visione economicistica delle città e del territorio dominante in questi ultimi anni e al superamento della contrapposizione tra urbanistica e governo del territorio.
      Il principio cardine della presente proposta di legge è quello di limitare al massimo il consumo di suolo. Alcune regioni hanno inserito nelle proprie leggi in materia articoli che tentano di fermare il dilagare dell'urbanizzazione. Altre pongono, con il piano paesistico, un concreto argine alla dissipazione del territorio costiero. Non è però un compito che può essere lasciato alle regioni: è ruolo specifico dello Stato assumere come principio generale valido su tutto il territorio quello del risparmio di una risorsa ormai rara, ovvero del territorio. Alle regioni spetterà la specifica competenza di dare concreta attuazione a quel principio, definendone le modalità di applicazione e le procedure.
      La presente proposta di legge afferma, al comma 1 dell'articolo 3, che «Il territorio e le risorse naturali (...) sono beni comuni. Le istituzioni pubbliche ne sono le custodi e le garanti nell'ambito delle specifiche competenze». Il territorio è dunque un bene comune e spetta allo Stato promuovere politiche di indirizzo per il suo uso. All'articolo 10, comma 1, si afferma che «Nuovi impieghi di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative per il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti». Il perseguimento dell'obiettivo di risparmiare suolo agricolo è poi completato dall'articolo 14, in cui si propone che il territorio non urbanizzato
 

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sia inserito all'interno delle categorie di beni vincolati dalla cosiddetta «legge Galasso» (attualmente dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004).
      Perseguire l'obiettivo del risparmio di suolo è un modo per rendere l'Italia uguale a tutti gli altri Paesi europei che attuano da anni - e in alcuni casi sotto la guida di governi conservatori - politiche di contenimento della diffusione urbana. La prospettiva che questi Paesi stanno aprendo è quella della riutilizzazione dell'enorme patrimonio già realizzato, della sua riorganizzazione e dell'evoluzione della dotazione tecnologica in coerenza con la più generale necessità di risparmio energetico. Le città e il territorio dell'Europa stanno diventando il campo su cui si misurano le capacità dei singoli Paesi di saper costruire un futuro sostenibile.
      Mentre l'Europa si interroga sul futuro scommettendo sul riuso e sull'evoluzione tecnologica, l'Italia esce da cinque anni di elevatissima crescita del comparto delle nuove costruzioni, favorita dalle politiche dei condoni, dalla limitazione dell'efficacia delle tutele e dal forte indebolimento di ogni regola urbanistica. Se negli altri Stati si costruiscono regole nuove, in Italia è stata penalizzata la pianificazione del territorio e delle città. Se negli altri Paesi si guarda lontano, da noi è stata premiata la rendita immobiliare.
      Questo processo ha radici lontane. Inizia con le sperimentazioni da parte dell'allora Ministero dei lavori pubblici, che dal 1992 - con i programmi complessi e con l'automatismo della variante urbanistica ottenuto con l'accordo di programma - hanno creato un doppio binario nella prassi urbanistica. E in quindici anni il meccanismo è stato continuamente perfezionato: oggi la pianificazione è sempre più spesso sostituita dalla contrattazione con la proprietà immobiliare.
      Gli anni trascorsi permettono di poter valutare con oggettività gli effetti della «deregulation». Le nostre città hanno peggiorato le loro condizioni di vita e di funzionamento. Non poteva essere altrimenti: una sommatoria di interventi slegati da qualsiasi visione d'insieme non può produrre città più vivibili. Né si può ottenere una città migliore assumendo come motore la valorizzazione della rendita immobiliare. La salvezza delle città è dunque legata al recupero del concetto di governo pubblico del territorio. Solo così si può comprimere la rendita. Solo così potremo colmare il ritardo che si è prodotto con gli altri Paesi industrializzati e che rischia di renderci sempre più marginali nella capacità di migliorare il funzionamento delle città.
      La presente proposta di legge riafferma due fondamentali princìpi dell'urbanistica classica. La titolarità della pianificazione compete esclusivamente alle istituzioni pubbliche (articolo 2). Tale titolarità si esercita attraverso atti di pianificazione (articolo 3). Occorre tornare ai princìpi del pensiero liberale, e la prevalenza degli interessi pubblici su quelli particolari, elemento costitutivo del liberalismo, è alla base della nostra Costituzione.
      L'affermazione di quest'ultimo principio non è però sufficiente. Non si possono chiudere gli occhi sul fatto che l'urbanistica utilizza oggi ampiamente lo strumento dell'accordo di programma. Così i due princìpi sono completati con un'ulteriore precisazione (articolo 7, comma 2) in cui si afferma che «Gli accordi di programma sono stipulati in conformità alle prescrizioni della pianificazione ordinaria, specialistica e settoriale vigente».
      La presente proposta di legge, poi, ribadisce e arricchisce i princìpi cui deve essere soggetta la pianificazione urbanistica. In primo luogo, il «diritto alla città e all'abitare». Si propone non soltanto di confermare la storica conquista degli standard urbanistici, cioè di una dotazione minima di spazi pubblici garantita a ogni cittadino ovunque risieda, diritto che una proposta di legge presentata nella scorsa legislatura voleva cancellare. Si pensa che sia maturo il tempo per affermare i diritti al godimento di un'abitazione; alla mobilità e all'accessibilità; all'uso delle risorse territoriali.
      Sul tema della mobilità urbana, poi, si misurerà la capacità di affrontare la sfida
 

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tecnologica. L'aria delle città è avvelenata e occorre ripensare in modo sistematico le modalità di spostamento collettive, così da riportare ai valori minimi i livelli di inquinamento atmosferico e acustico.
      Diritti antichi e nuovi cui la pianificazione urbanistica non può provvedere da sola, ma di cui è il presupposto essenziale. Nuovi bisogni e nuovi soggetti sociali animano le città. Gli strumenti classici dell'intervento pubblico a favore dei ceti popolari sono spesso inservibili. È dunque necessario che l'insieme delle amministrazioni pubbliche operi concordemente al fine di definire strumenti e modalità operativi, per costruire città più giuste e vivibili.
      Il secondo principio riguarda la partecipazione sociale alle scelte del governo del territorio. È un tema più generale, poiché riguarda i problemi stessi dell'esercizio della democrazia. E le scelte di sviluppo del territorio e delle città, per il loro carattere «statutario», rappresentano uno dei campi fondamentali in cui deve essere perseguita la più ampia partecipazione sociale.
      Presupposti della partecipazione sono la conoscenza della realtà e la trasparenza del processo delle decisioni. Occorre quindi che vengano costruiti e resi accessibili a tutti i più ampi ed efficaci sistemi conoscitivi del territorio e delle città, in modo da consentire scelte basate sulla realtà dello stato di fatto, confrontabili nelle alternative e verificabili nella fase di realizzazione.
      A tale fine, nella presente proposta di legge è stato introdotto anche il recepimento della normativa europea in materia di valutazione ambientale strategica per la parte attinente i procedimenti di formazione e i contenuti della pianificazione. L'articolo 1 prevede il formale recepimento della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, che, pur essendo il relativo termine già scaduto, non è ancora stata resa esecutiva dall'Italia.
      Il terzo principio innovativo riguarda, infine, l'individuazione di un'ulteriore categoria di beni da sottoporre alla tutela: quella dei centri e degli insediamenti storici che rappresentano, con il paesaggio, l'identità culturale del nostro Paese. L'insieme dei tessuti storici viene sottoposto a tutela all'interno degli strumenti di pianificazione, individuandoli d'intesa con le competenti strutture dello Stato preposte alla tutela degli stessi beni.
      All'articolo 8, inoltre, viene introdotto il principio di legalità. Come è noto il nostro Paese ha subìto tre condoni edilizi, ingenerando la convinzione diffusa che sul territorio si possa compiere qualsiasi azione senza avere le autorizzazioni di legge. È indispensabile sconfiggere questa cultura e riportare trasparenza e rigore su tutti gli interventi che trasformano il territorio e il paesaggio.
      Nel capo IV della presente proposta di legge, dedicato agli strumenti e alle procedure della pianificazione, si affrontano, infine, temi maggiormente disciplinari. È utile in questa sede ricordare soltanto due punti che per la loro rilevanza sono stati in questi anni al centro di un confronto aspro. Il primo è relativo alla distinzione del piano in due componenti, strutturale e programmatica. Si è volutamente omesso di inserirla tra i princìpi obbligatori, poiché sono ormai quindici anni che ciascuna regione, sulla base delle proprie tradizione e cultura, ha legiferato in materia. Si resta convinti che la modalità di redazione della pianificazione sia esclusiva competenza regionale. Il secondo punto riguarda la questione dell'efficacia dei vincoli espropriativi. All'articolo 16 viene precisato che i beni destinati dagli strumenti urbanistici all'acquisizione attraverso l'esproprio devono essere indennizzati entro il termine perentorio di dieci anni.
      Nel dettaglio, la presente proposta di legge afferma, agli articoli 1 e 2, i princìpi relativi alla pianificazione del territorio nonché la titolarità pubblica di questa importante funzione. Con gli articoli 3 e 4 sono enunciati i princìpi che stabiliscono l'importanza della tutela del territorio, delle risorse naturali, del diritto all'ambiente e alla biodiversità, nonché della tutela delle risorse idriche. Con l'articolo 5 si stabilisce la correlazione tra una corretta
 

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pianificazione e la garanzia della qualità urbanistica e della qualità della vita e dell'abitare delle persone. L'articolo 6 prevede la predisposizione di appositi strumenti di partecipazione dei cittadini alle scelte in materia urbanistica. L'articolo 7 asserisce l'importanza che la pianificazione trovi un percorso unitario. L'articolo 8 affronta il delicato problema del rispetto della legalità del territorio individuando strumenti e azioni per garantire il rispetto degli strumenti urbanistici. Con gli articoli 9, 10 e 11 sono specificate le finalità della pianificazione ed è sottolineata la necessità di contenere l'uso del suolo e di tutelare gli insediamenti storici da espansioni edilizie che potrebbero comprometterne l'identità. L'articolo 12 detta le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale. Con gli articoli 13 e 14 si adegua, da un lato, la normativa nazionale a quella comunitaria, attraverso il recepimento della citata direttiva 2001/42/CE, e, dall'altro, sono apportate modifiche al menzionato codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Gli articoli 15 e 16 intervengono sul sistema vincolistico, contemplando sia le norme relative alla tutela, sia le norme relative agli espropri. L'articolo 17 riprende i princìpi che hanno introdotto, con la legge n. 10 del 1977 (successivamente abrogata), l'onerosità delle trasformazioni urbanistiche. Gli articoli 18, 19 e 20 intervengono sulla pianificazione urbanistica, articolata secondo criteri e livelli di intervento, sulla sua attuazione e ribadiscono il ricorso agli strumenti partecipativi. L'articolo 21 disciplina le procedure di valutazione ambientale, tenendo conto del quadro comunitario. Con gli articoli 22 e 23 è istituita la carta unica del territorio e sono rivisti le funzioni e gli obiettivi del sistema informativo territoriale. Con l'articolo 24, infine, sono individuate le risorse economiche necessarie per l'attuazione della legge.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI

Art. 1.
(Pianificazione del territorio).

      1. La presente legge detta norme relative alla pianificazione del territorio e delle città.
      2. La pianificazione del territorio è lo strumento fondamentale attraverso cui si realizzano gli obiettivi propri:

          a) della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, materia oggetto di legislazione esclusiva dello Stato ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione;

          b) delle seguenti materie oggetto di legislazione concorrente ai sensi del terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione: protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali;

          c) delle materie oggetto di legislazione esclusiva delle regioni, ai sensi del quarto comma dell'articolo 117 della Costituzione, quali viabilità e opere pubbliche di interesse regionale e locale;

          d) della tutela del paesaggio ai sensi dell'articolo 9 della Costituzione.

      3. Relativamente a ogni aspetto delle materie di cui al comma 2 non disciplinato dalle norme della presente legge valgono i relativi atti aventi forza di legge, nel rispetto delle competenze costituzionalmente

 

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garantite dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle regioni e dello Stato.
      4. La presente legge provvede altresì al recepimento, per quanto di competenza della legislazione dello Stato e con esclusivo riferimento alla pianificazione del territorio, della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, in conformità a quanto disposto dall'articolo 13 della presente legge.

Art. 2.
(Titolarità pubblica della pianificazione
del territorio).

      1. La pianificazione del territorio compete esclusivamente alle istituzioni pubbliche.
      2. La formazione degli strumenti di pianificazione spetta ordinariamente ai comuni, alle province o alle città metropolitane, alle regioni e allo Stato.
      3. Il riconoscimento delle competenze pianificatorie dei comuni, delle province o delle città metropolitane e delle regioni è operato dalla legislazione dello Stato anche con riferimento alla sua competenza esclusiva di definizione delle funzioni fondamentali dei medesimi enti.
      4. La legislazione dello Stato e quella regionale possono attribuire competenze nel campo della formazione di strumenti di pianificazione specialistica o settoriale, attinenti alla difesa del suolo, alle aree naturali protette, all'erogazione di servizi di interesse collettivo, e simili, ad altre istituzioni pubbliche, con la concorrenza di diversi enti territoriali, fermo restando che anche in tali casi la competenza decisionale finale deve spettare all'ente territoriale nella cui circoscrizione rientra l'intero ambito oggetto dello specifico strumento di pianificazione.
      5. La legislazione dello Stato e quella regionale, nell'ambito delle rispettive competenze, specificano i casi di prevalenza degli strumenti di pianificazione specialistica

 

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o settoriale di cui al comma 4 sugli ordinari strumenti di pianificazione e le modalità di adeguamento di questi ultimi alle disposizioni dei medesimi strumenti di pianificazione specialistica o settoriale. Sono altresì specificati i casi in cui il raggiungimento di intese con le istituzioni pubbliche competenti conferisce agli ordinari strumenti di pianificazione dei comuni, delle province o delle città metropolitane e delle regioni la valenza e l'efficacia dei suddetti strumenti di pianificazione specialistica o settoriale.

Art. 3.
(Territorio e risorse naturali).

      1. Il territorio e le risorse naturali che consentono la vita insediativa sono beni comuni non negoziabili. Le istituzioni pubbliche ne sono le custodi e le garanti nell'ambito delle specifiche competenze.
      2. Il territorio nazionale è un bene finito. La pianificazione generale, specialistica e settoriale ha come finalità il contenimento del consumo di suolo a fini insediativi e il mantenimento della biodiversità.

Art. 4.
(Diritto all'ambiente e alla biodiversità
e tutela delle risorse idriche).

      1. La pianificazione del territorio avviene nel pieno rispetto degli equilibri ambientali e degli ecosistemi, garantendo in particolar modo la tutela della biodiversità e la continuità degli ambiti territoriali destinati alla protezione e alla salvaguardia degli habitat naturali, nel rispetto della normativa comunitaria e statale vigente in materia.
      2. L'acqua è un bene primario naturale che appartiene alla collettività e che è indispensabile all'esistenza di tutti gli esseri viventi. Tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e ne è preclusa ogni forma di alienazione, affidamento o concessione a privati. Al fine di garantire che la gestione delle risorse idriche avvenga

 

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nel rispetto delle aspettative e dei diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale, ogni trasformazione del territorio deve avvenire in modo che eventuali fabbisogni aggiuntivi idrici e lo smaltimento dei reflui nei corpi idrici non pregiudichino l'equilibrio e l'integrità funzionale del ciclo dell'acqua.

Art. 5.
(Diritto alla città e all'abitare).

      1. La pianificazione assicura che l'impiego delle risorse territoriali non ne comprometta la consistenza. L'utilizzazione di tali risorse è garantita in condizioni equivalenti a tutti i cittadini, in riferimento ai diritti fondamentali all'abitazione, ai servizi, alla mobilità, al godimento sociale delle risorse territoriali e ambientali e del patrimonio culturale, alla dignità umana e alla proprietà.
      2. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, la legislazione dello Stato determina le quantità minime di dotazioni di opere di urbanizzazione, di spazi per servizi pubblici, per la fruizione collettiva e per l'edilizia sociale, nonché i requisiti inderogabili di tali dotazioni, che devono essere assicurati negli strumenti di pianificazione dei comuni, delle province o delle città metropolitane e delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze.
      3. In particolare, il comune, per ridurre le condizioni di disagio abitativo, definisce, nell'ambito delle previsioni degli strumenti di pianificazione, le localizzazioni e le modalità realizzative per ampliare l'offerta di edilizia sociale.

Art. 6.
(Strumenti di partecipazione).

      1. La partecipazione dei cittadini alla formazione delle scelte della pianificazione

 

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è condizione essenziale per la loro efficacia. Tale partecipazione ha la sua necessaria premessa nella condivisione di tutte le informazioni riguardanti il territorio, la pianificazione e le trasformazioni.
      2. Anche al fine di cui al comma 1, gli enti pubblici promuovono la costituzione di strutture atte a garantire la diffusione di esaurienti e adeguate forme di conoscenza continua e di monitoraggio attinenti ai processi di pianificazione e di trasformazione urbane, nelle loro premesse, formazione e attuazione.

Art. 7
(Unicità del processo di pianificazione).

      1. Qualora la definizione e l'esecuzione di interventi complessi, di programmi di intervento, di opere pubbliche o di interesse pubblico, anche di iniziativa privata, richiedano l'azione integrata e coordinata di comuni, province o città metropolitane, regioni, amministrazioni dello Stato e altri enti pubblici, si procede alla stipula di un accordo di programma, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
      2. Gli accordi di programma di cui al comma 1 sono stipulati in conformità alle prescrizioni della pianificazione ordinaria, specialistica e settoriale vigente.
      3. Gli accordi di programma stipulati ai sensi del presente articolo con la partecipazione di soggetti privati devono rispettare i princìpi della trasparenza nelle condizioni contrattuali e della competizione fra attori e progetti e devono dimostrare l'interesse pubblico alla loro realizzazione.

Art. 8.
(Legalità del territorio).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente

 

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legge, uno o più decreti legislativi volti a disciplinare la vigilanza e il controllo sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) la vigilanza e il controllo sono esercitati dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, il quale, attraverso il personale della polizia municipale, verifica la rispondenza degli interventi edilizi alle prescrizioni regolamentari e di legge, nonché all'effettivo conseguimento del corrispondente titolo abilitativo;

          b) in caso di interventi edilizi realizzati in violazione delle norme legislative o regolamentari vigenti in materia urbanistica, l'apparato sanzionatorio prevede:

              1) la remissione in pristino del sito interessato ad opera del responsabile dell'illecito e, in caso di inerzia, ad opera del comune, a spese del responsabile e attraverso procedure semplificate e abbreviate;

              2) per gli interventi realizzati in parziale difformità rispetto al permesso di costruire, sanzioni amministrative a carico del responsabile della violazione;

              3) per gli interventi realizzati in totale difformità rispetto al permesso di costruire o in assenza dello stesso, sanzioni penali e amministrative a carico del responsabile della violazione;

              4) per gli interventi di cui al numero 3), la sanzione amministrativa accessoria dell'acquisizione dell'immobile al demanio comunale;

              5) qualora sia accertata, in fase di giudizio, l'inerzia dell'amministrazione comunale, l'omessa vigilanza da parte del dirigente o del responsabile configura, salvo che non sussistano gli estremi di un delitto più grave, il reato di omissione di atti di ufficio e, a carico dell'inadempiente, l'obbligo di risarcimento dei danni causati al pubblico interesse, calcolati dal giudice in via equitativa;

              6) l'obbligo in solido del sindaco del comune competente al risarcimento dei danni di cui al numero 5);

 

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          c) gli atti giuridici aventi per oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o a loro parti, la cui costruzione è avvenuta dopo il 17 marzo 1985, qualora siano privi degli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria, sono nulli a tutti gli effetti e sono previste sanzioni a carico dei notai che ne curano la redazione e la trascrizione nei pubblici registri;

          d) la somministrazione da parte delle aziende erogatrici di servizi pubblici delle proprie forniture per le opere prive di permesso di costruire è vietata e sono previste sanzioni amministrative per il funzionario responsabile che autorizza l'erogazione del servizio in assenza dei prescritti requisiti;

          e) l'istituzione di una struttura territoriale provinciale a cui sono attribuiti i compiti di monitorare il territorio tramite l'adozione di strumenti satellitari e di informare tempestivamente le autorità competenti in caso di eventuali illeciti in materia edilizia e urbanistica.

Capo II
OBIETTIVI SPECIFICI
DELLA PIANIFICAZIONE

Art. 9.
(Finalità della pianificazione).

      1. Gli strumenti di pianificazione sono rivolti a regolare le trasformazioni, fisiche o funzionali, del territorio e degli immobili che lo compongono, e a conferire loro coerenza, in relazione sia alla loro collocazione nello spazio che alla loro successione nel tempo.
      2. Gli atti e le azioni delle pubbliche amministrazioni concernenti le trasformazioni di cui al comma 1 devono essere conformi agli strumenti di pianificazione vigente. Fanno eccezione unicamente gli atti assunti nei casi di straordinaria necessità di provvedere, con interventi urgenti,

 

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alla difesa militare o alla sicurezza della nazione, ovvero a prevenire il verificarsi di calamità naturali, di catastrofi e di altri eventi calamitosi, o a rimediare ai suddetti eventi, e comunque nel rispetto delle specifiche disposizioni di legge vigenti in materia.
      3. Le facoltà di operare trasformazioni fisiche e funzionali degli immobili possono essere annullate o modificate da sopravvenuti strumenti urbanistici unicamente ove sia intercorso l'ottenimento del provvedimento abilitativo a operare tali trasformazioni e le relative attività abbiano avuto inizio entro un periodo di tempo predeterminato dalle specifiche disposizioni di legge vigenti in materia.

Art. 10.
(Contenimento dell'uso del suolo).

      1. Nuovi impieghi di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative per il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti.
      2. Le leggi regionali assicurano che sul territorio non urbanizzato gli strumenti di pianificazione non consentano nuove costruzioni, né demolizioni e ricostruzioni, o consistenti ampliamenti di edifici, se non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorale, nel rispetto di precisi parametri rapportati alla qualità e all'estensione delle colture praticate e alla capacità produttiva prevista, come comprovate da piani di sviluppo aziendali o interaziendali, ovvero da piani equipollenti previsti dalla legislazione vigente in materia.
      3. Le leggi regionali stabiliscono che le trasformazioni di cui al comma 2 siano assentite previa sottoscrizione di apposite convenzioni nelle quali sia prevista la costituzione di un vincolo di inedificabilità, da trascrivere nei registri della proprietà immobiliare, fino a concorrenza della superficie fondiaria per la quale viene assentita la trasformazione, nonché

 

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l'impegno a non operare mutamenti dell'uso degli edifici, o delle loro parti, attivando utilizzazioni non funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, e a non frazionare né alienare separatamente i fondi per la parte corrispondente all'estensione richiesta per la trasformazione ammessa.
      4. Le leggi regionali disciplinano, altresì, le trasformazioni ammissibili dei manufatti edilizi esistenti con utilizzazioni in atto non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali, limitandole a quelle di manutenzione, di restauro e risanamento conservativi, nonché di ristrutturazione edilizia con esclusione di qualsiasi fattispecie di demolizione e di ricostruzione.
      5. Le leggi regionali prevedono la demolizione senza ricostruzione dei manufatti edilizi già utilizzati come annessi rustici qualora tali manufatti perdano la destinazione originaria.
      6. Le leggi regionali e gli strumenti di pianificazione possono disporre ulteriori limitazioni, fino alla totale intrasformabilità, in relazione a condizioni di fragilità del territorio, ovvero per finalità di tutela del paesaggio, dell'ambiente, dell'ecosistema, dei beni culturali e dell'interesse storico-artistico, storico-architettonico o storico-testimoniale del patrimonio edilizio esistente.

Art. 11.
(Tutela degli insediamenti storici).

      1. In forza della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali, individuati dagli strumenti di pianificazione dei comuni, delle province o delle città metropolitane e delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, d'intesa con i competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali, sono qualificati come tali:

          a) gli insediamenti urbani storici e le strutture insediative storiche non urbane, le addizioni urbane aventi un impianto urbanistico significativo, le strutture insediative,

 

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anche minori o isolate, che presentino, singolarmente o come complesso, valore di testimonianza di civiltà, nonché le rispettive zone d'integrazione ambientale;

          b) le unità edilizie e gli spazi scoperti, siti in qualsiasi parte del territorio, aventi riconoscibili e significative caratteristiche strutturali, tipologiche e formali.

      2. Resta ferma la facoltà dei competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali di integrare l'elenco dei beni culturali, qualificati ai sensi del comma 1, con propri provvedimenti amministrativi.
      3. Le trasformazioni ammissibili e le utilizzazioni compatibili dei beni culturali qualificati ai sensi del comma 1 sono disciplinate dagli strumenti di pianificazione dei comuni, delle province o delle città metropolitane e delle regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, come definite dalla legislazione regionale. Qualora siano oggetto di disposizioni immediatamente precettive e operative, definite d'intesa con i competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali, i provvedimenti abilitativi comunali conformi a tali disposizioni tengono luogo delle speciali autorizzazioni dei competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali richieste dalla legislazione vigente in materia.

Capo III
PREROGATIVE E COMPITI
DELLO STATO

Art. 12.
(Linee fondamentali dell'assetto
del territorio nazionale).

      1. Le linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale sono approvate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per

 

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i beni e le attività culturali e con il Ministro delle infrastrutture, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, di seguito denominata «Conferenza unificata», e acquisiti i pareri delle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con la medesima procedura si procede all'aggiornamento e all'eventuale variazione delle stesse linee fondamentali, almeno ogni tre anni, nonché, comunque, ove se ne presenti la necessità.
      2. Nella predisposizione delle linee fondamentali di cui al comma 1 è inserito e reso coerente il complesso dei piani specialistici e di settore riguardanti il territorio nazionale, quali il piano dei trasporti, il piano energetico, i piani delle aree naturali protette e i piani paesaggistici.
      3. Nella predisposizione delle linee fondamentali di cui al comma 1 si tiene altresì conto degli atti ufficiali dell'Unione europea, comunque incidenti sull'assetto del territorio nazionale.

Art. 13.

(Recepimento della direttiva 2001/42/CE, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente).

      1. Il Governo provvede, con apposito provvedimento, a recepire, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, nonché ad emanare, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentita la Conferenza unificata, uno specifico atto di coordinamento recante i criteri e le linee guida per lo svolgimento della valutazione ambientale.

 

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Art. 14.
(Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42).

      1. Anche ai fini del contenimento dell'uso del suolo di cui all'articolo 10 della presente legge e a quelli della conservazione del paesaggio aperto, per il contributo che esso fornisce ad uno stabile assetto del territorio, al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 142:

              1) al comma 1 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

          «m-bis) il territorio non urbanizzato sia in prevalente condizione naturale sia oggetto di attività agricola o forestale»;

              2) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «4-bis. I comuni, d'intesa con la competente soprintendenza, individuano, nell'ambito dei rispettivi strumenti di pianificazione, il territorio di cui al comma 1, lettera m-bis).
      4-ter. Fino all'intervenuta individuazione ai sensi del comma 4-bis, il territorio di cui al comma 1, lettera m-bis), coincide con l'insieme delle zone di cui alla lettera E) dell'articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero delle omologhe zone comunque denominate nelle leggi regionali, individuate e perimetrate negli strumenti di pianificazione vigenti.
      4-quater. L'utilizzazione del territorio di cui al comma 1, lettera m-bis), al fine di realizzare nuovi insediamenti di tipo urbano o ampliamenti di quelli esistenti, ovvero nuovi elementi infrastrutturali, nonché attrezzature puntuali, può essere definita ammissibile, nei nuovi strumenti di pianificazione, d'intesa con la competente soprintendenza, soltanto ove non sussistano alternative di riuso e di riorganizzazione

 

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degli insediamenti e delle infrastrutture o attrezzature esistenti»;

          b) all'articolo 143, comma 1, lettera b), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «. In particolare, per il territorio di cui al medesimo articolo 142, comma 1, lettera m-bis), il piano paesaggistico prevede obiettivi e strumenti per la conservazione e il ripristino del paesaggio agricolo o forestale e non urbanizzato».

      2. Nel territorio di cui all'articolo 142, comma 1, lettera m-bis), del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, introdotta dal comma 1 del presente articolo, fino all'adeguamento delle leggi regionali ai princìpi fondamentali dettati dalla presente legge nonché fino all'entrata in vigore dei piani paesaggistici ai sensi degli articoli 135 e 156 del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni, e all'eventuale adeguamento degli strumenti urbanistici, è vietata ogni modificazione dell'assetto del medesimo territorio, ad esclusione di quelle finalizzate alla difesa del suolo e alla riqualificazione ambientale.

Capo IV
STRUMENTI E PROCEDURE

Art. 15.
(Vincoli di tutela).

      1. Non danno luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti sul territorio, dei comuni, delle province o delle città metropolitane, delle regioni e dello Stato, nell'ambito delle rispettive competenze, per finalità di tutela dell'identità culturale e dell'integrità fisica del territorio, nonché in conseguenza

 

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del riconoscimento delle caratteristiche intrinseche degli immobili considerati, sotto il profilo dell'interesse culturale ovvero sotto il profilo delle condizioni di fragilità o di pericolosità.
      2. Non danno altresì luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le limitazioni alle trasformazioni fisiche ammissibili e alle utilizzazioni compatibili degli immobili, anche comportanti totale immodificabilità, disposte dagli strumenti di pianificazione, ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti sul territorio, dei comuni, delle province o delle città metropolitane, delle regioni e dello Stato, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a intere categorie di immobili che si trovino in predefinite relazioni con altri immobili ovvero con interessi pubblici preminenti, quali le fasce di rispetto delle strade, delle ferrovie, degli aeroporti e simili.
      3. Non danno inoltre luogo a obbligo di corrispondere indennizzi le regole conformative delle trasformazioni fisiche ammissibili e delle utilizzazioni compatibili degli immobili, disposte dagli strumenti di pianificazione ovvero da altri atti amministrativi producenti effetti sul territorio, dei comuni, delle province o delle città metropolitane, delle regioni e dello Stato, nell'ambito delle rispettive competenze.

Art. 16.
(Vincoli a contenuto espropriativo).

      1. Gli immobili individuati dagli strumenti di pianificazione e dagli stessi assoggettati a disposizioni immediatamente operative che comportano la loro utilizzazione solamente per funzioni pubbliche o collettive, attivabili e gestibili soltanto dal soggetto pubblico competente, devono essere acquisiti dal predetto soggetto pubblico entro il termine di dieci anni dalla data di entrata in vigore delle medesime disposizioni.
      2. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1, gli immobili sono acquisiti in forza di legge al patrimonio del soggetto

 

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pubblico competente. I proprietari di tali immobili hanno diritto a una somma pari all'indennità di espropriazione determinata ai sensi della legislazione vigente in materia con riferimento al momento del perfezionamento del loro acquisto da parte del soggetto pubblico. Tale diritto si estingue a norma dell'articolo 2946 del codice civile. La somma stabilita ai sensi del presente comma è rivalutata annualmente con riferimento alla data della sua liquidazione, in base alle intervenute variazioni dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati accertate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Sulla somma rivalutata sono dovuti gli interessi in misura pari a quella del tasso di sconto, fino alla data di liquidazione.
      3. Gli strumenti di pianificazione possono stabilire la non applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 quando l'attivazione delle destinazioni d'uso imposte agli immobili, anche se per funzioni pubbliche o collettive, non comporta necessariamente la loro preventiva acquisizione, e la loro gestione, da parte del soggetto pubblico competente, trattandosi di utilizzazioni gestibili nell'ambito dell'ordinaria iniziativa economica privata regolata da convenzioni che garantiscono gli obiettivi di interesse generale.

Art. 17.
(Onerosità della trasformazione
urbanistica).

      1. L'attività di trasformazione urbanistica presuppone l'esistenza o la contemporanea predisposizione delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e generale, comprese quelle necessarie per la mitigazione ambientale.
      2. Ogni trasformazione urbanistica concorre al pagamento delle opere di urbanizzazione generale, primaria e secondaria, in relazione all'entità delle opere necessarie e delle trasformazioni previste. La legislazione regionale stabilisce le modalità e le garanzie per assicurare che, negli

 

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ambiti sprovvisti, le opere di urbanizzazione primaria e secondaria siano realizzate in modo da pervenire a un equilibrio tra le somme introitate dal comune e i costi da sostenere e che le opere di urbanizzazione generale siano ripartite, sulla base di riferimenti parametrici, sull'insieme degli interventi ricadenti nel territorio comunale.

Art. 18.
(Strumenti e atti di pianificazione).

      1. Le leggi regionali stabiliscono l'articolazione della pianificazione nei suoi diversi strumenti e per ciascuno di essi:

          a) la pubblica autorità competente, in base ai princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e responsabilità;

          b) i contenuti, l'efficacia, l'arco temporale di riferimento e le modalità di attuazione;

          c) le procedure di formazione, in conformità alle linee fondamentali approvate ai sensi dell'articolo 12.

      2. È attribuita, rispettivamente, alla pianificazione provinciale o regionale, la competenza relativa alle scelte per le quali la scala del comune o della provincia non è adeguata a governare la localizzazione, il dimensionamento e gli effetti delle trasformazioni e degli interventi. La disposizione di cui al presente comma si applica, in particolare, per il riordino delle aree conurbate, promuovendo il contenimento della dispersione insediativa.

Art. 19.
(Formazione partecipata degli strumenti
di pianificazione).

      1. Le leggi regionali, in relazione alla natura degli strumenti di pianificazione e delle trasformazioni da questi disciplinate, stabiliscono, oltre a quanto espressamente previsto dall'articolo 20, le procedure di

 

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formazione nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo.
      2. Le scelte oggetto degli strumenti di pianificazione devono essere basate su un adeguato quadro conoscitivo dello stato del territorio, dei vincoli derivanti da leggi e da atti amministrativi, nonché dei contenuti degli altri strumenti di pianificazione inerenti l'ambito da pianificare. Il quadro conoscitivo è elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione.
      3. Precedentemente all'adozione degli strumenti di pianificazione deve essere assicurata la partecipazione al processo di definizione delle relative scelte degli enti territoriali competenti alla definizione degli atti amministrativi, con particolare riferimento agli strumenti di pianificazione sovraordinati, nonché di qualsiasi altra autorità responsabile della tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale.
      4. Deve essere altresì assicurata la consultazione dei cittadini in tutte le fasi del processo di formazione degli strumenti di pianificazione; a tale fine devono essere stabilite forme e modalità paritarie di accesso a tutti gli atti e di coinvolgimento nel processo decisionale.
      5. Nel provvedimento di adozione degli strumenti di pianificazione, l'amministrazione procedente illustra in che modo ha tenuto conto dei pareri espressi dalle altre amministrazioni di cui al comma 3 nonché dei risultati della consultazione dei cittadini effettuata ai sensi del comma 4.
      6. Successivamente al provvedimento di adozione degli strumenti di pianificazione deve essere assicurato un congruo termine di tempo entro il quale chiunque possa prendere visione degli strumenti di pianificazione adottati e presentare formali osservazioni.
      7. A decorrere dalla data di adozione degli strumenti di pianificazione non è ammissibile l'effettuazione di trasformazioni, fisiche e funzionali, in contrasto con i predetti strumenti, ovvero tali da comprometterne o da renderne più gravosa l'attuazione. Può comunque essere previsto che in fasi antecedenti del processo di formazione degli strumenti di pianificazione, atti amministrativi appartenenti a
 

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tale processo possano inibire l'effettuabilità di determinate trasformazioni suscettibili di contraddire le scelte che si intendono assumere.
      8. Deve essere altresì conclusa la verifica di conformità con gli atti legislativi e amministrativi e con gli strumenti di pianificazione sovraordinati, mediante intesa con il soggetto istituzionale competente da raggiungere in sede di conferenza di servizi tra le amministrazioni coinvolte di cui al comma 3.
      9. Nel provvedimento di adozione degli strumenti di pianificazione, l'amministrazione procedente deve controdedurre alle osservazioni pervenute ai sensi dei commi 3 e 4, motivando le determinazioni assunte.
      10. Le eventuali variazioni delle previsioni di piano devono essere adeguatamente giustificate in rapporto alla coerenza complessiva del processo di pianificazione.

Art. 20.
(Attuazione degli strumenti
di pianificazione).

      1. Le trasformazioni degli assetti morfologici del sistema insediativo, quali i nuovi impianti urbanizzativi ed edificatori, le ristrutturazioni urbane e significative variazioni funzionali, devono essere disciplinate da strumenti di pianificazione specificamente e unitariamente riferiti agli ambiti territoriali interessati dalle predette trasformazioni.
      2. Gli strumenti di cui al comma 1 garantiscono la perequazione tra gli eventuali diversi proprietari degli immobili compresi negli ambiti ai quali si riferiscono. La partecipazione ai benefìci e ai gravami conferiti ai predetti immobili dagli strumenti di pianificazione è definita in misura proporzionale alle superfici e ai valori dei suoli e degli edifici eventualmente esistenti.
      3. Al fine di favorire la realizzazione di interventi previsti dai piani relativi a complessi di immobili aventi particolare rilevanza urbanistica ed economica nei quali è

 

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coinvolta una pluralità di soggetti pubblici e privati, il comune può dichiararne la pubblica utilità finalizzata all'acquisizione.

Art. 21.
(Procedure di valutazione ambientale).

      1. Gli strumenti di pianificazione sono soggetti alla valutazione ambientale durante il loro processo di formazione, a esclusione di quelli destinati esclusivamente a scopi di difesa nazionale e di protezione civile. Le leggi regionali specificano i casi in cui, previa dimostrazione dell'insussistenza di effetti ambientali significativi, la valutazione ambientale non è necessaria.
      2. La valutazione ambientale è volta a garantire un livello elevato di protezione dell'ambiente, assicurando che i prevedibili effetti sull'ambiente delle scelte contenute negli strumenti di pianificazione siano individuati, descritti e adeguatamente presi in considerazione durante l'elaborazione e prima dell'adozione dei suddetti strumenti.
      3. Devono essere privilegiate le scelte che consentono di conseguire gli obiettivi fissati dagli strumenti di pianificazione con il minore impiego di risorse naturali e con il minore impatto negativo sull'ambiente. A tale fine, ove necessario, devono essere sottoposte a confronto le proposte alternative.
      4. Le leggi regionali, nello stabilire le modalità di svolgimento della valutazione ambientale in relazione all'articolazione della pianificazione nei suoi diversi strumenti, tengono conto:

          a) del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali;

          b) dei contenuti e del livello di dettaglio dello strumento di pianificazione;

          c) della fase in cui gli strumenti di pianificazione si trovano nel processo decisionale;

          d) della misura in cui taluni aspetti possano essere più adeguatamente valutati

 

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in altre fasi del processo decisionale ovvero da altri strumenti di pianificazione di maggiore dettaglio, al fine di evitare duplicazioni della valutazione.

      5. Le leggi regionali assicurano che:

          a) qualora gli strumenti di pianificazione possano avere effetti significativi sull'ambiente di un altro Stato membro dell'Unione europea, siano previste adeguate forme di consultazione transfrontaliera;

          b) qualora gli strumenti di pianificazione possano avere effetti significativi sull'ambiente di una regione confinante, la consultazione sia allargata alle autorità responsabili della tutela dell'ambiente e agli enti territoriali della medesima regione.

      6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le regioni assicurano il monitoraggio degli effetti ambientali degli strumenti di pianificazione. A tale fine le regioni, o gli enti da esse delegati, predispongono e divulgano, con cadenza programmata, rapporti sullo stato di attuazione degli strumenti di pianificazione, nei quali sono evidenziati gli effetti ambientali significativi determinati dall'attuazione delle scelte di piano.

Art. 22.
(Carta unica del territorio).

      1. La pianificazione territoriale e urbanistica generale comunale recepisce e coordina le prescrizioni relative alla regolazione dell'uso del suolo e delle sue risorse nonché i vincoli territoriali, paesaggistici e ambientali che derivano dagli strumenti di pianificazione sovraordinati, da singoli provvedimenti amministrativi o da disposizioni per legge. Tale pianificazione costituisce la carta unica del territorio e rappresenta l'unico riferimento per la pianificazione attuativa e per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia, fatti salvi eventuali vincoli e prescrizioni sopravvenuti.

 

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Art. 23.
(Sistema informativo territoriale).

      1. I comuni, le province, le regioni e lo Stato, singoli o associati, partecipano alla formazione e alla gestione del sistema informativo territoriale che costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale per la definizione degli strumenti di pianificazione e per la verifica dei loro effetti.
      2. Sono compiti del sistema informativo territoriale:

          a) l'organizzazione della conoscenza necessaria alla pianificazione del territorio, articolata nelle fasi dell'individuazione e della raccolta dei dati riferiti alle risorse essenziali del territorio, della loro integrazione con i dati statistici, nonché della loro georeferenziazione, diffusione, conservazione e aggiornamento;

          b) la definizione in modo univoco relativa a tutti i livelli operativi della documentazione informativa a sostegno dell'elaborazione programmatica e progettuale dei diversi soggetti e nei diversi settori;

          c) la registrazione degli effetti indotti dall'applicazione della normativa vigente e delle azioni di trasformazione del territorio.

      3. Il sistema informativo territoriale è accessibile a tutti i cittadini e vi possono confluire, previa certificazione, informazioni provenienti da enti pubblici e dalla comunità scientifica.

Capo V
NORMA FINANZIARIA

Art. 24.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente utilizzazione

 

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dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


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