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CAMERA DEI DEPUTATI
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N. 3427 |
Onorevoli Colleghi! - Con la ristrutturazione dell'ordinamento degli istituti penitenziari militari effettuata nell'anno 2005, l'unico carcere attivo per i detenuti militari rimane quello di Santa Maria Capua Vetere. Qui i detenuti si trovano a condividere non solo la privazione della libertà e l'angusto spazio di una cella ma anche la stessa condizione esistenziale: quella di aver un giorno indossato una divisa, di essere stati per un periodo della propria vita «dall'altra parte della barricata», cioè dalla parte della legge e non dei malfattori. La popolazione carceraria di Santa Maria Capua Vetere è composta non solo da persone provenienti dai ranghi dell'Esercito, dell'Aeronautica e della Marina, colpevoli di reati militari, ma anche da appartenenti alle Forze di polizia (poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali e guardie penitenziarie) che hanno volontariamente scelto, in base all'articolo 79 della legge 1o aprile 1981, n. 121, recante «Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza», di scontare la loro pena in stabilimenti militari penali piuttosto che in un carcere civile. Attualmente, per i detenuti negli istituti di pena civili è previsto dalla legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà», ai sensi dell'articolo 30-ter, l'istituto dei permessi premio, mentre l'articolo 21 della
Inoltre, secondo il citato articolo 30-ter, comma 4, la concessione dei permessi premio è ammessa:
«a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a tre anni anche se congiunta all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a tre anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena;
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nel comma 1 dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre dieci anni;
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni».
Il beneficio dei permessi premio di cui al medesimo articolo 30-ter si applica, quindi, nei confronti dei condannati che hanno tenuto regolare condotta e che non risultano «socialmente pericolosi»; il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto penitenziario, può concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non può superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione. Per i condannati minori di età la durata dei permessi premio non può superare ogni volta i venti giorni e la durata complessiva non può eccedere i sessanta giorni in ciascun anno di espiazione.
L'esperienza dei permessi premio è parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e dagli assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio.
L'articolo 30-ter sui permessi premio si va, pertanto, ad integrare con le disposizioni già contenute nell'articolo 30 della stessa legge n. 354 del 1975, che concede permessi al detenuto, internato o imputato, in caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente. Si sottolinea, quindi, la volontà premiale dello Stato, per quanto riguarda la legge penale comune, per finalità assistenziali e di reinserimento. Tali istituti, nella prassi applicativa, sarebbero concessi anche ai condannati alla reclusione militare di cui all'articolo 26 del codice penale militare di pace, la cui riforma era all'esame presso le Commissioni riunite II Giustizia e IV Difesa della Camera dei deputati (atto Camera n. 2098, recante «Delega al Governo per la riforma del codice penale militare di pace e introduzione dell'articolo 4-bis della legge 7 maggio 1981, n. 180, concernente l'ufficio militare di sorveglianza») per l'abrogazione e la sostituzione di un nuovo testo, in quanto tale codice, assai datato, necessita di una profonda rivisitazione che tenga conto della professionalizzazione delle Forze armate e della connessa sospensione della leva, nonché del crescente impegno nazionale nel contesto di missioni internazionali. Per di più la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 227 del 6 giugno 1995, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 4 del citato articolo 30-ter della legge n. 354 del 1975 «nella parte in cui non prevede la concessione del permesso premio ai condannati alla reclusione militare».
1. Al comma 4-bis dell'articolo 21 della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché ai condannati alla reclusione militare».
1. Al comma 4 dell'articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:
«d-bis) nei confronti dei condannati alla reclusione militare non superiore a tre anni».
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