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PDL 3396

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3396



 

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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa del deputato RICCARDO CONTI

Introduzione dell'articolo 98-bis della Costituzione, in materia
di istituzione e funzionamento delle autorità indipendenti

Presentata il 1o febbraio 2008

      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge costituzionale mira a introdurre nella Costituzione una disciplina di principio delle autorità indipendenti.
      L'esperienza delle autorità amministrative indipendenti nel nostro ordinamento è relativamente recente. Fatta eccezione per l'istituzione della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB) nel 1974, il fenomeno ha assunto dimensioni più ampie solo negli anni novanta, a partire dall'istituzione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Esse sono nate in tempi diversi e in modo disordinato, non per effetto di una disciplina organica, bensì per effetto di singole e disomogenee previsioni legislative.
      Le autorità indipendenti, inizialmente affermatesi come effetto della crisi della rappresentanza e della politica nella prima parte degli anni novanta, devono il loro successo alla richiesta da parte della società civile di risposte tecniche e indipendenti, in luogo di quelle politiche. Per questa ragione, nonostante la caotica disciplina normativa che le caratterizzava, hanno saputo conquistare rapidamente un ruolo fondamentale nell'organizzazione dello Stato: oggi s'impongono come contropoteri dell'esecutivo e più in generale dei circuiti della rappresentanza politica.
      L'importanza dei settori in cui operano - i mercati finanziari, i mezzi di comunicazioni di massa, la protezione dei dati personali, la concorrenza, i servizi pubblici essenziali - e delle attribuzioni che esercitano, devono spingere il Parlamento a impegnarsi per costruire le condizioni affinché esse possano più armonicamente innestarsi nel sistema.
      In ragione dello stratificarsi disordinato e casuale delle norme istitutive, risultano estremamente diversificate le previsioni relative ai poteri (di regolazione, di amministrazione e di vigilanza), al tasso di indipendenza (più spinto nel caso della
 

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Banca centrale, fino ad arrivare ad autorità quasi-indipendenti o semi-indipendenti) e alle modalità di nomina dei componenti (risultando attribuita tale scelta, in taluni casi al Parlamento, in altri ai Presidenti delle Camere, piuttosto che al Governo).
      Le autorità, in altri termini, sono chiamate a svolgere abitualmente funzioni di normazione, di vigilanza e di risoluzione delle controversie; esercitano tali attività, secondo le preferibili ricostruzioni dottrinarie, in forma amministrativa, ma sostanzialmente con procedimenti giurisdizionali o, meglio, para-giurisdizionali (Benvenuti, Clarich).
      Pur non essendo istituite e disciplinate dalla Costituzione, esse esercitano poteri di sicuro rilievo costituzionale, sia perché vertono su ambiti costituzionalmente sensibili, sia perché i settori d'intervento toccano, sotto diversi aspetti, i diritti fondamentali. La loro indipendenza rispetto all'indirizzo politico del Governo è oggi variamente garantita per legge. Essa merita di essere elevata a livello costituzionale, anche al fine di risolvere l'annoso problema della compatibilità di tali autorità con la Costituzione e con gli altri poteri costituzionali. È evidente, infatti, la natura distinta rispetto alla tradizionale amministrazione organizzata sotto la direzione e la responsabilità ministeriali. In difetto di una norma costituzionale di riconoscimento fino ad oggi la legittimazione sostanziale delle autorità è stata rinvenuta nella specializzazione e nella tecnicità delle loro competenze e, in definitiva, nella neutralità delle loro decisioni. Formalmente, invece, la legittimazione è stata ricavata in virtù della forzata estensione interpretativa della portata normativa dell'articolo 97 della Costituzione.
      È da tempo che anche il diritto comunitario ci chiede implicitamente una disciplina costituzionale delle amministrazioni indipendenti. Il perdurante stato di inerzia del legislatore costituzionale ha prodotto un'avocazione da parte dell'ordinamento comunitario, al punto che il fondamento delle autorità indipendenti è stato rinvenuto proprio nella normativa comunitaria.
      L'Europa pretende il rafforzamento di questo modello delle «"magistrature economiche", distinte dai Governi e tecnicamente attrezzate, chiamate a presidiare il corretto svolgimento dei processi di liberalizzazione e privatizzazione» (Cheli). Le autorità nazionali operano in settori su cui l'incidenza del diritto comunitario si è molto accresciuta e la devoluzione normativamente incontrollata di competenze alle autorità da parte dello Stato rischia di saldare un rapporto diretto tra ordinamento comunitario e amministrazioni indipendenti, saltando l'intermediazione statale. La mancata menzione costituzionale, delegando all'Unione europea il fondamento di tali amministrazioni e, per molti versi, la loro forma organizzativa, produce un'inaccettabile perdita di centralità da parte dello Stato e della politica.
      La proposta di revisione della Costituzione che si presenta è resa ancora più urgente da un'improcrastinabile razionalizzazione imposta dalla riforma operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha operato un radicale mutamento dei rapporti fra Stato e regioni, incidendo anche sull'assetto delle potestà normative e delle funzioni amministrative. Ciò si ripercuote sui poteri delle amministrazioni indipendenti per almeno due motivi.
      In primo luogo, la ridotta consistenza rispetto al passato dell'ambito del potere regolamentare dello Stato che copre, per effetto dell'attuale formulazione dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione, solo le materie di potestà statale legislativa esclusiva, non può che riverberarsi sui poteri normativi delle autorità indipendenti.
      In secondo luogo, la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, nonché le richieste di maggiore celerità dei processi di decisione pubblica impongono una riforma del bicameralismo parlamentare, nel senso dell'istituzione di una Camera delle regioni. In tale senso si muove il testo unificato della proposta di legge costituzionale attualmente in
 

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discussione alla Camera dei deputati, che ha già superato l'esame della I Commissione permanente (atto Camera n. 553-A ed abbinate).
      Il citato progetto di legge costituzionale modifica notevolmente il procedimento di formazione della legge, stabilendo che la funzione legislativa è esercitata collettivamente dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica solo su alcune materie elencate dalla Costituzione (articolo 7, che sostituisce l'articolo 70 della Costituzione). Fra esse sono menzionate le «leggi concernenti l'istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza (lettera e) del primo comma dell'articolo 70 della Costituzione). Singolarmente questa previsione, sia pur opportuna, non sarebbe affiancata da un espresso riconoscimento costituzionale delle autorità.
      Per tutti questi motivi, la risoluzione del problema del fondamento e della previsione di una garanzia costituzionale di indipendenza per le amministrazioni che svolgono funzioni di garanzia e di vigilanza è ormai indifferibile. Troppo importanti e delicate sono le funzioni che esse svolgono per seguitare ad essere ignorate dalla Costituzione.
      Sotto altri profili, a rendere ulteriormente opportuna l'introduzione dell'articolo 98-bis della Costituzione vi è la constatazione della crisi del principio dell'indipendenza dell'amministrazione, da tempo e da più parti denunciata. La crisi coinvolge ormai non soltanto l'organizzazione dei Ministeri, ma si sta aggravando coinvolgendo anche il sistema delle amministrazioni indipendenti. In questo caso, però, si tratterebbe di una crisi ancor più grave, in quanto porterebbe alla scomparsa di tali amministrazioni: per esse, infatti, l'indipendenza è condizione di esistenza, caratteristica organizzativa essenziale. La sopravvivenza delle autorità indipendenti è subordinata alla capacità dell'ordinamento di garantire tale presupposto, sia relativamente al profilo organizzativo, sia rispetto ai requisiti soggettivi dei titolari degli uffici.
      Non si può seguitare ad affidare alla legge l'effettività di questo principio in un sistema bipolare in cui la legge ha perso la sua tradizionale forza. Questo proprio quando, invece, la presenza di autorità indipendenti diviene condizione per la compiuta affermazione di un sistema bipolare e di democrazia compiuta.
      Non è pensabile, del resto, una riconduzione delle funzioni che oggi svolgono le amministrazioni indipendenti nell'ambito dei poteri ministeriali e, dunque, entro l'indirizzo politico.
      Il rischio dell'erosione dell'indipendenza delle authorities ci fa avvertire la necessità di un intervento di riforma della Costituzione che garantisca finalmente ad esse adeguata copertura costituzionale e che assicuri definitivamente la loro presenza nel nostro ordinamento.
      Il loro inserimento nella Costituzione è ormai indifferibile e nelle ultime legislature è già stato oggetto di due proposte di legge di revisione costituzionale: nella XIII legislatura nel testo approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (articolo 109) e nella XIV legislatura nella proposta di legge di revisione costituzionale approvata dalle Camere e poi non confermata dagli elettori (articolo 98-bis).

      Più di recente, come già detto, il testo unificato della proposta di legge di riforma costituzionale atto Camera n. 553-A ed abbinate non pare contenere previsioni esaustive in materia; l'articolo 7 della predetta riforma, infatti, nel sostituire, come già ricordato, il vigente articolo 70 della Costituzione, si limita ad affidare alla potestà legislativa dello Stato «l'istituzione e la disciplina delle Autorità di garanzia e di vigilanza» senza null'altro aggiungere in merito alle stesse.
      La presente proposta di legge costituzionale, dunque, risponde ad una duplice e ormai improrogabile esigenza: predisporre una cornice costituzionale comune che fornisca non solo un preciso fondamento costituzionale alle autorità indipendenti ma anche un riordino delle stesse attraverso un unitario e omogeneo statuto giuridico sui criteri di composizione e sulle regole di indipendenza delle stesse.
 

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      Di seguito si illustrano gli aspetti salienti della presente proposta di legge costituzionale.
      Innanzitutto le autorità indipendenti sono istituite per finalità di garanzia e di vigilanza spettando ad esse un ruolo prevalentemente di tutela, controllo e sanzione nella direzione dell'effettiva protezione dei diritti civili e sociali previsti nella Costituzione.
      In coerenza con l'esperienza anglosassone, dalla quale tale modello di amministrazione ha tratto origine, è privilegiata la funzione paragiurisdizionale rispetto ai compiti di regolazione e di normazione, i quali hanno situato queste autorità in evidente attrito con il principio di legalità democratica e con le regole di produzione normativa nell'ambito della forma di governo parlamentare.
      Data l'eterogeneità degli ambiti economici, civili e sociali nei quali le autorità sono destinate ad operare, la novella costituzionale si limita a indicazioni comuni ed essenziali le quali saranno destinate ad essere puntualizzate nelle diverse leggi istitutive, le quali meglio potranno tenere conto delle peculiarità istituzionali di volta in volta in rilievo.
      La previsione della maggioranza assoluta richiesta per l'istituzione e per la disciplina delle singole autorità non corrisponde solo all'esigenza di ricercare un accordo ultramaggioritario e bipartisan ma anche a quella di evitare un'eccessiva proliferazione delle autorità indipendenti, con ricadute negative non solo sulla capacità di indirizzo politico del Governo ma anche sulle loro reali autonomia ed efficienza.
      Il carattere comune e indefettibile delle diverse autorità è individuato sotto il profilo funzionale nei compiti di garanzia e di vigilanza e sotto quello strutturale nella loro piena neutralità ed indipendenza rispetto agli apparati di governo.
      Da qui le intrinseche differenza e presa di distanza della presente proposta di legge costituzionale rispetto, in particolare, al recente disegno di legge del Governo Prodi (atto Senato n. 1366) che, viceversa, affida anche al Governo importanti poteri di nomina, finendo per tradire, di tale guisa, la missione istituzionale, la vocazione storica nonché la specificità funzionale delle autorità indipendenti.
      Nell'intento di sottolineare l'effettiva neutralità e imparzialità delle autorità è previsto che la legge istitutiva delle stesse sia approvata dalla maggioranza assoluta dei componenti delle Camere al fine di coinvolgere adeguatamente anche le opposizioni parlamentari e di evitare, pertanto, che la disciplina legislativa delle singole autorità resti appannaggio della sola maggioranza di Governo.
      La previsione del potere di nomina dei presidenti delle autorità amministrative indipendenti attribuito «formalmente e sostanzialmente» al Presidente della Repubblica rappresenta un'importante misura al fine di garantire effettiva indipendenza dal Governo e dal Parlamento. Tale misura, tuttavia, sarebbe insufficiente se ad essa non si accompagnasse un procedimento, altrettanto garantista, di investitura di un terzo dei componenti delle amministrazioni indipendenti, escludendo il Presidente del Consiglio dei ministri e il Governo dai soggetti titolari del potere di selezione: l'indipendenza, infatti, è una garanzia che deve essere assicurata non solo al presidente, ma all'intero collegio.
      Conseguentemente la presente proposta di legge di riforma costituzionale individua nel Presidente della Repubblica e nel Parlamento in seduta comune gli organi deputati alla formazione di tali plessi amministrativi, escludendo qualsiasi intervento di proposta governativa nel primo caso e vanificando ogni possibilità di intervento dell'esecutivo nel secondo caso.
      Lo statuto di imparzialità è completato dalla previsione di criteri uniformi di composizione delle diverse autorità e completato da una riserva di legge rinforzata la quale dovrà in concreto prevedere la durata del mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di imparzialità e indipendenza al fine di garantirne «la più ampia autonomia».
      Coerente con la ratio di istituire autorevoli e qualificate magistrature economiche, distinte dal Governo, la presente pro
 

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posta di legge costituzionale configura organi in grado di vigilare sulla correttezza dei comportamenti dei soggetti imprenditoriali privati nei settori che sono stati oggetto di processi di liberalizzazione e di privatizzazione.
      Il divieto costituzionale di rinnovamento del mandato per il presidente e gli altri titolari degli uffici evita abusi e forme di condizionamento clientelare del tutto incompatibili con lo statuto dell'indipendenza.
      Ad evitare i rischi derivanti dalla sovraesposizione delle autorità indipendenti nel circuito istituzionale da forme di pressione da parte dei soggetti imprenditoriali destinatari dell'attività di vigilanza ovvero da processi di autoreferenzialità soccorrono, in modo specifico, gli ultimi commi della novella costituzionale.
      A corredo delle garanzie di indipendenza, i requisiti soggettivi di nomina che impongono la scelta di personalità di indiscussa moralità e di riconosciuta competenza, l'obbligo di riferire annualmente alle Camere e, infine, la previsione della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive eventualmente lese dagli atti delle autorità, rappresentano misure che contribuiscono a rafforzare il responsabile e corretto esercizio delle funzioni ad esse assegnate e che risolvono alcuni nodi che la mera disciplina legislativa non può in ogni caso sciogliere.
      Le autorità devono essere indipendenti, tecnocratiche e professionali, anche relativamente ai procedimenti di investitura e ai requisiti soggettivi dei componenti. L'indipendenza delle persone non è certo, infatti, compatibile con la nomina governativa. La condizione di indipendenza può essere effettiva solo se operano congiuntamente diversi fattori: a) non assoggettamento ai regolamenti e alle direttive del Governo; b) esclusione del Governo dal potere di nomina dei titolari degli uffici; c) irrevocabilità del mandato; d) irresponsabilità politica dell'organo; e) predeterminazione temporale della durata dell'incarico; f) oggettive competenza e professionalità.
      Una posizione di indipendenza così configurata appare effettiva e capace di produrre decisioni non politicamente orientate, ma non risulta compatibile «con» la Costituzione, se non espressamente fondata e disciplinata «dalla» Costituzione.
 

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Art. 1.

      1. Alla sezione II del titolo III della parte seconda della Costituzione, dopo l'articolo 98 è aggiunto il seguente:

      «Art. 98-bis. - Per lo svolgimento di attività di garanzia o di vigilanza in materia di diritti civili e sociali garantiti dalla Costituzione possono essere istituite con legge, deliberata a maggioranza dei componenti di ciascuna Camera, apposite autorità indipendenti.
      Il Presidente della Repubblica nomina i presidenti delle autorità di garanzia e di vigilanza. Gli altri membri sono nominati tra personalità di indiscussa moralità e di riconosciuta competenza per un terzo dal Presidente della Repubblica e per due terzi eletti dal Parlamento in seduta comune, con deliberazione assunta a maggioranza dei tre quinti dei componenti nelle prime due deliberazioni e a maggioranza assoluta nelle successive.
      La legge disciplina altresì la durata del mandato, i requisiti di eleggibilità e le condizioni di imparzialità e di indipendenza, al fine di garantire la più ampia autonomia delle autorità indipendenti. Il mandato del presidente e degli altri componenti non è rinnovabile.
      Le autorità indipendenti riferiscono annualmente alle Camere sui risultati delle attività svolte.
      Contro gli atti delle autorità indipendenti è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi».


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