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PDL 3320

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3320



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PROVERA, ZIPPONI

Norme in materia di incentivi alle imprese e per lo sviluppo dell'autoimprenditorialità collettiva

Presentata il 18 dicembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Le imprese hanno un ruolo rilevante nello sviluppo economico e sociale del territorio. Una politica industriale che promuove, anche attraverso contributi pubblici, la capacità di innovazione, di qualificazione e di diversificazione delle produzioni, favorisce indubitabilmente il «sistema Paese». Si ritiene però che qualsiasi politica di sostegno alle imprese perda la sua efficacia se non pone a queste stesse vincoli sociali nel medio e lungo periodo.
      La globalizzazione, il progresso tecnologico e la riduzione delle barriere nell'ambito dell'Unione europea, pur agevolando gli scambi internazionali, determinano in crescente misura fenomeni di delocalizzazione delle unità produttive.
      Le conseguenze di tale fenomeno sono la perdita di posti di lavoro, incidenti legati al mancato rispetto delle norme sulla sicurezza e l'aumento delle forme di precarizzazione dei contratti. Contemporaneamente va rilevato che gli aumenti dell'orario lavorativo o la riduzione della qualità delle condizioni di lavoro sono ottenuti agitando lo spauracchio della localizzazione. I costi che vengono pertanto a determinarsi sono enormi sia in termini economici sia in termini sociali. Il dato, che emerge dall'analisi del fenomeno nell'ultimo decennio, è che tali effetti negativi
 

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sono riconducibili anche ad imprese che hanno ricevuto, in qualche forma, sostegni pubblici.
      La stessa politica regionale europea ha costituito un incentivo involontario al rischio di delocalizzazioni. Con la risoluzione 2004/2254 (INI), il Parlamento europeo ha tracciato un piano di intervento per la Commissione teso all'adozione di provvedimenti al fine di «evitare che la politica regionale europea possa costituire un incentivo alla delocalizzazione di imprese che possa provocare perdite di posti di lavoro» e di sostenere interventi «in ordine alle delocalizzazioni cosiddette invertite, ossia quelle che comportano un deterioramento delle condizioni occupazionali senza trasferimento dell'attività dell'impresa». Il Parlamento europeo chiede altresì «che le imprese che hanno beneficiato di aiuti pubblici - specie in caso di mancato rispetto di tutti gli obblighi correlati a tali aiuti - o quelle che hanno licenziato il personale del loro stabilimento d'origine senza rispettare le legislazioni nazionali ed internazionali, e che procedono a delocalizzazioni all'interno dell'Unione europea, non possano usufruire degli aiuti pubblici per il nuovo luogo di attività e che esse siano del pari escluse in futuro dal beneficio dei fondi strutturali o da quello degli aiuti statali per un periodo di sette anni a decorrere dalla delocalizzazione». Questi sono solo alcuni dei punti politici su cui il Parlamento europeo ha ritenuto di intervenire, a conferma che la delicatezza della questione rende urgenti e inderogabili iniziative legislative.
      Con la presente proposta di legge si intende pertanto intervenire per il superamento del fenomeno delle delocalizzazioni industriali, attivando strumenti idonei ad avviare un processo di omogeneizzazione per l'accesso ai contributi pubblici da parte delle imprese. Il primo degli strumenti individuati è il contratto di insediamento (articolo 1), con il quale si subordina l'erogazione di contributi pubblici alla stipula di accordi a lungo termine nel settore dell'occupazione e dello sviluppo locale. Il contratto stipulato tra il Ministro dello sviluppo economico e l'impresa interessata deve prevedere: il piano industriale dell'impresa; l'impegno al mantenimento delle unità produttive per almeno venticinque anni dall'insediamento nel territorio nazionale, con l'unica eccezione di delocalizzazioni nell'ambito della medesima provincia concordate con gli enti locali; l'assunzione da parte dell'impresa della responsabilità sociale per gli effetti sociali e ambientali riconducibili alle proprie attività produttive e commerciali; l'assunzione dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato o l'impegno alla stabilizzazione dei neoassunti entro tre mesi dall'avvio dell'attività; la realizzazione con il contributo economico, logistico e tecnico delle amministrazioni locali di strutture di utilità sociale in favore dei dipendenti e della comunità locale. Contemporaneamente si rendono più stringenti, pena la perdita dei contributi e la restituzione della somma percepita, i vincoli che le imprese devono rispettare in materia di sicurezza del lavoro, di mantenimento dei livelli occupazionali e di rispetto degli accordi sindacali (articolo 2).
      Connessi al riordino dell'erogazione dei contributi pubblici nell'ambito del contrasto ai fenomeni di delocalizzazione industriale, i proponenti avanzano due distinte proposte. L'articolo 3 attribuisce al Governo una delega che, al fine di promuovere e di razionalizzare l'erogazione di contributi pubblici alle imprese, individua tra i princìpi e criteri direttivi la determinazione della progressività del contributo per le aziende che provvedono all'incremento effettivo del numero dei dipendenti e alla stabilizzazione del personale precario tenendo conto dei prestatori d'opera svantaggiati e disabili, delle condizioni di vita e di lavoro dei prestatori d'opera migranti e delle differenze di genere, qualora, a parità di condizioni, la scelta ricada su una donna. A ciò si affianca il necessario riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali, in materia di sostegno all'occupazione e di sostegno all'assunzione
 

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di lavoratori svantaggiati e disabili.
      L'articolo 4 disciplina il recupero delle aree industriali dismesse. Oltre che una risposta sociale al pericolo per la salute, per la sicurezza urbana e sociale e per il degrado ambientale e urbanistico, la dismissione di aree industriali rappresenta l'altra faccia della medaglia del fenomeno delle delocalizzazioni. Pur trattandosi di un intervento ex post, l'attività di recupero delle aree dismesse, opportunamente gestita dai comuni, può avere importanti ricadute sull'economia del territorio, portando al superamento del grave pregiudizio territoriale, sociale ed economico-occupazionale causato dalle dismissioni.
      L'articolo 5 istituisce l'Osservatorio per il controllo sulle delocalizzazioni industriali con il compito di acquisire e di monitorare i dati e le informazioni relativi al fenomeno delle delocalizzazioni industriali, nonché di avanzare proposte che neutralizzino le incidenze negative di tale fenomeno.
      L'articolo 6 prevede norme per l'incentivazione e il sostegno dell'istituto dell'autoimprenditorialità collettiva. Con questo istituto, attualmente non previsto dall'ordinamento, si stabilisce la costituzione di forme societarie di tutela sociale che, oltre alla partecipazione di amministrazioni pubbliche locali e nazionali, veda la partecipazione attiva dei lavoratori di aziende in crisi. Considerando le peculiarità e i riflessi socio-economici che le crisi aziendali possono avere, si è scelto di individuare pochi ma decisivi criteri (partecipazione pubblica, coinvolgimento attivo dei lavoratori, apertura di tavoli di crisi aziendale con le parti sociali per la valutazione delle singole situazioni) su cui fondare questo istituto, rinviando a un decreto ministeriale le misure volte a regolare sul piano giuridico ed economico le forme di autoimprenditorialità collettiva.
      L'articolo 7 prevede che entro il 31 dicembre di ogni anno il Governo presenti al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge e sugli interventi programmati per l'anno successivo al fine di incentivare le imprese e di sviluppare l'autoimprenditorialità collettiva.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Contratti di insediamento).

      1. I contributi pubblici, comunque denominati, erogati, sotto qualsiasi forma, alle imprese che si insediano sul territorio nazionale sono concessi previa stipulazione dei relativi contratti di insediamento ai sensi del comma 2 e nel rispetto degli obblighi in esso contenuti.
      2. Il Ministro dello sviluppo economico, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, stipula con le imprese interessate i contratti di cui al comma 1. Essi devono prevedere:

          a) il piano industriale;

          b) l'impegno al mantenimento delle unità produttive per almeno venticinque anni dall'insediamento nel territorio nazionale, salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4;

          c) l'assunzione da parte dell'impresa della responsabilità sociale per gli effetti sociali e ambientali riconducibili alle proprie attività produttive e commerciali;

          d) l'assunzione dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato o l'impegno alla stabilizzazione dei neoassunti entro tre mesi dall'avvio dell'attività;

          e) la realizzazione, con il contributo economico, logistico e tecnico delle amministrazioni locali, di strutture di utilità sociale in favore dei dipendenti e della comunità locale.

      3. Le imprese che sottoscrivono contratti di insediamento sono tenute a documentare annualmente lo stato di attuazione dei piani industriali.

 

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Art. 2.
(Revoca dei contributi pubblici).

      1. La concessione alle imprese dei contributi pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, da parte dello Stato, delle regioni o degli enti locali è vincolata al rispetto dei relativi contratti di insediamento.
      2. Le imprese perdono in ogni caso il diritto ai contributi pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, nei seguenti casi:

          a) delocalizzazione parziale o totale delle unità produttive, in Italia o all'estero;

          b) mancato rispetto della normativa vigente in materia di sicurezza del lavoro;

          c) accertate violazioni di natura fiscale;

          d) accertate violazioni di natura contributiva a danno dei dipendenti;

          e) accertate irregolarità nelle assunzioni dei dipendenti;

          f) non mantenimento dei livelli occupazionali nel periodo di erogazione dei contributi pubblici;

          g) mancato rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro o dei contratti aziendali.

      3. Le istituzioni erogatrici dei contributi pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, possono in qualsiasi momento disporre ispezioni e controlli, anche a campione, tramite propri funzionari, ispettori del lavoro o agenti del Corpo della guardia di finanza.
      4. In deroga a quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, lettera b), la revoca dei contributi pubblici di cui al medesimo articolo 1, comma 1, non ha luogo qualora, previa valutazione degli enti locali interessati, vi siano gravi e comprovati motivi che rendono necessario lo spostamento di una o più unità produttive nell'ambito della stessa provincia.
      5. Qualora si verifichino le condizioni di cui ai commi 1 e 2, l'impresa interessata

 

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è tenuta a restituire l'intera somma percepita comprensiva degli interessi legali maturati nel periodo di erogazione del contributo pubblico. L'istituzione erogatrice comunica all'impresa interessata l'immediata sospensione dei contributi di cui all'articolo 1, comma 1, nonché la somma totale che l'impresa è tenuta a restituire entro trenta giorni da tale comunicazione.
      6. In alternativa alle misure di cui al comma 5, le imprese a cui sono revocati i contributi ai sensi del presente articolo possono, nel rispetto del documento di cui al comma 7, optare per l'attivazione dei seguenti interventi:

          a) sostegno all'avvio di forme di autoimprenditorialità collettiva di cui all'articolo 6;

          b) sostegno alla disoccupazione;

          c) sostegno alla formazione per la riallocazione sul territorio di tutti i prestatori d'opera eventualmente licenziati.

      7. Il Ministro dello sviluppo economico procede all'apertura di un tavolo negoziale con le imprese di cui al comma 2, le organizzazioni sindacali, le regioni e gli enti locali al fine di pervenire alla firma di un documento condiviso dalle parti, che dia attuazione alle misure previste dal comma 6.

Art. 3.
(Delega al Governo).

      1. Al fine di promuovere e razionalizzare l'erogazione di contributi pubblici di cui all'articolo 1, comma 1, a favore delle imprese, garantendo l'uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in conformità all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di

 

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concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) determinazione della progressività dell'entità dell'erogazione di contributi pubblici a favore delle imprese che provvedono all'incremento effettivo del numero di dipendenti e alla stabilizzazione del personale assunto con contratto diverso da quello a tempo pieno e indeterminato, in considerazione:

              1) delle differenze di genere, qualora la scelta, a parità di condizioni, ricada su una donna;

              2) della condizione delle lavoratrici e dei lavoratori migranti, ivi comprese la condizione abitativa e le forme di assistenza ad essi garantita;

              3) dell'inserimento lavorativo di persone disabili ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, e della legge 12 marzo 1999, n. 68, e successive modificazioni;

              4) dell'inserimento lavorativo di persone di età superiore a quarantacinque anni, inoccupate, disoccupate o interessate da processi di ristrutturazione aziendale;

              5) dell'inserimento lavorativo di prestatori di lavoro che rientrano nel mercato del lavoro dopo prolungati periodi di assenza per motivi di cura familiare;

              6) dell'inserimento lavorativo di prestatori di lavoro interessati da processi di riorganizzazione o di riconversione produttiva;

          b) riordino e coordinamento delle disposizioni vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali, in materia di sostegno all'occupazione e di sostegno all'assunzione di lavoratori svantaggiati o disabili.

 

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      2. Lo schema di decreto legislativo di cui al comma 1, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, è trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché siano espressi, entro quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Decorso tale termine, il decreto legislativo può essere comunque emanato.
      3. Dall'attuazione del decreto legislativo di cui al comma 1 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tale fine, per gli adempimenti del medesimo decreto legislativo le amministrazioni competenti provvedono attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.
      4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, il Governo, nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, può emanare disposizioni correttive e integrative del medesimo decreto legislativo, anche al fine di tenere conto delle eventuali disposizioni adottate dalla Commissione europea.

Art. 4.
(Recupero delle aree industriali dismesse).

      1. Il recupero delle aree industriali costituisce attività di pubblica utilità e di interesse generale. Ai sensi del presente articolo, si considerano aree industriali dismesse:

          a) le aree di qualsiasi dimensione che rappresentano un pericolo per la salute e per la sicurezza urbana e sociale;

          b) le aree di qualsiasi dimensione che determinano degrado ambientale e urbanistico;

          c) le aree di superficie coperta superiore a 2.000 metri quadrati, nelle quali la cessazione delle attività economiche sul 50

 

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per cento dalla loro superficie si prolunga ininterrottamente da oltre quattro anni.

      2. Il comune competente per territorio, accertata la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1, invita il proprietario dell'area a presentare una proposta di utilizzo della stessa, in coerenza con l'assetto insediativo e con la programmazione urbanistica del territorio circostante l'area dismessa, assegnando a tale riguardo un termine, stabilito in ragione della complessità della situazione riscontrata, non inferiore a sei mesi e non superiore a diciotto mesi. La proposta di utilizzo deve altresì indicare:

          a) le attività e le funzioni che si intendono insediare;

          b) gli interventi urbanistico-edilizi, infrastrutturali e per l'accessibilità coerenti e connessi con le funzioni che si intendono insediare;

          c) il grado di risoluzione delle implicazioni eventualmente derivanti dalla dismissione, con particolare riferimento a forme di inquinamento dei suoli, nel rispetto della normativa vigente in materia;

          d) la pianificazione, anche temporale, degli interventi previsti;

          e) il piano finanziario e imprenditoriale che sostiene il progetto.

      3. In caso di mancata presentazione della proposta, o nel caso questa non risponda ai requisiti di cui al comma 2, il comune, previa diffida ad adempiere rivolta al proprietario, può provvedere ad acquisire ulteriori proposte mediante procedura di evidenza pubblica. Al proprietario è sempre e in ogni caso riconosciuta la facoltà di subentrare nell'attuazione della proposta eventualmente accolta dall'amministrazione, previo riconoscimento al promotore della stessa di un'indennità pari al 5 per cento del valore delle opere in progetto. Ferma restando la conformità della proposta all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, l'approvazione della proposta da

 

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parte del consiglio comunale produce contestuale recepimento della medesima nel Piano regolatore generale.
      4. Resta comunque salvo il procedimento autorizzatorio delle grandi strutture di vendita di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

Art. 5.
(Osservatorio per il controllo sulle delocalizzazioni).

      1. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico l'Osservatorio per il controllo delle delocalizzazioni industriali, di seguito denominato «Osservatorio», con il compito di acquisire e di monitorare i dati e le informazioni relativi al fenomeno delle delocalizzazioni industriali, nonché di avanzare proposte che neutralizzino le incidenze negative di tale fenomeno. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definite la composizione e le modalità di funzionamento dell'Osservatorio. Per l'istituzione e per l'avvio delle attività dell'Osservatorio è autorizzata la spesa di un milione di euro per l'anno 2008 e di 750.000 euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010.
      2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 6.
(Autoimprenditorialità collettiva).

      1. Lo Stato, nel rispetto delle finalità indicate dal Consiglio europeo del 22 e 23

 

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marzo 2005 di revisione della strategia di Lisbona in materia di prevenzione del rischio di disoccupazione di lunga durata, incentiva e sostiene la costituzione di forme societarie di tutela sociale, a partecipazione pubblica, con il coinvolgimento e la partecipazione attiva dei lavoratori di imprese in crisi, nonché delle regioni e degli enti locali.
      2. Il Ministro dello sviluppo economico, al fine di verificare la fattibilità specifica di forme di autoimprenditorialità collettiva mirate alla salvaguardia degli insediamenti produttivi e dell'occupazione, attiva la costituzione di appositi tavoli di crisi aziendale con la partecipazione delle regioni, degli enti locali, delle imprese e delle organizzazioni sindacali.
      3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le misure volte a regolare sul piano giuridico ed economico le forme di autoimprenditorialità collettiva. I contributi economici erogati per le finalità di cui al presente articolo sono comunque parametrati sul valore della spesa prevista nell'ambito dei normali programmi di contrasto alle crisi aziendali.

Art. 7.
(Relazione del Governo).

      1. Il Governo, entro il 31 dicembre di ogni anno, presenta al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge e sugli interventi programmati per l'anno successivo per incentivare le imprese e sviluppare l'autoimprenditorialità collettiva.


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