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PDL 3311

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3311



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato BUFFO

Istituzione della Giornata delle donne della Resistenza

Presentata il 18 dicembre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Molte donne e molti uomini condividono l'idea che le donne che parteciparono alla Resistenza abbiano il giusto riconoscimento da parte delle istituzioni. Molte donne e molti uomini sostengono l'opportunità di istituire la Giornata delle donne della Resistenza, come è stato solennemente affermato durante la presentazione pubblica della proposta di legge atto Camera n. 4773 voluta, la scorsa legislatura, dall'allora presidente della Camera dei deputati onorevole Pier Ferdinando Casini.
      Le italiane che parteciparono attivamente alla Resistenza furono numerose. Su 250.000 attivisti, queste sono le cifre della partecipazione femminile: 70.000 donne nei Gruppi di difesa femminili e 30.000 nelle forze combattenti. 4.600 furono le donne arrestate, torturate e processate, 2.750 le deportate nei campi di concentramento, 623 le donne cadute in combattimento o uccise per rappresaglia. A queste si aggiungono le molte migliaia di italiane che si opposero al fascismo e all'occupazione nazista nelle forme che la storiografia ha definito di «resistenza civile», dopo l'inizio del conflitto bellico ma soprattutto dopo l'8 settembre 1943. Moltissime donne dunque, eppure la Repubblica nell'immediato dopoguerra non riconobbe a quelle che si impegnarono nelle fila della Resistenza organizzata il ruolo di partigiane, tanto meno notò le altre. A lungo questa partecipazione femminile non fu considerata.
      È per questo che oggi vogliamo istituire una Giornata dedicata a quelle donne, per dare il giusto riconoscimento a un impegno gravoso e ad altissimo rischio, che risultò fondamentale per la riuscita della lotta di liberazione e rappresentò, certamente, un avanzamento sulla strada dell'emancipazione femminile in Italia.
 

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      L'agiografia della Resistenza ha spesso dipinto le donne soltanto come madri, sorelle e figlie, vittime della guerra. Le ha descritte, cioè, attraverso i ruoli femminili tradizionali. Nell'immaginario collettivo sono rimaste come icone femminili modello le protagoniste del romanzo di Renata Viganò «L'Agnese va a morire» (e dell'omonimo film di Giuliano Montaldo) nonché del film di Roberto Rossellini «Roma città aperta». Ma in realtà la presenza femminile fu ben più articolata e caratterizzata da diverse forme di partecipazione, tanto da poter parlare di «Resistenze», al plurale: al fianco di quelle che scelsero la lotta partigiana va messa in luce l'amplissima esperienza delle altre che si impegnarono in una lotta non armata.
      La scelta della Resistenza che le donne compirono fu una scelta di opposizione politica che richiese, senza dubbio, una determinazione maggiore che per gli uomini, costretti tra il fronte e la renitenza. Più che per gli uomini, fu opposizione nella vita quotidiana, fatta di pratiche informali, fuori dai ruoli da sempre loro assegnati di mogli e di madri: raccolsero e portarono messaggi, notizie, informazioni, ordini, trasportarono volantini e opuscoli, nascosero e trasportarono armi, diedero rifugio a partigiani e a soldati sbandati, aiutarono gli ebrei a fuggire. Compirono queste azioni sia le partigiane che le cosiddette «donne comuni» che si impegnarono nella Resistenza civile, ossia «la pratica di lotta di singoli e gruppi sviluppata non con mezzi armati ma attraverso strumenti come il coraggio morale, l'inventiva, la duttilità, la capacità di manipolare i rapporti», come scrivono Anna Bravo e Anna Maria Bruzzone nel volume «In guerra senza armi. Storie di donne» (Laterza, 1995).
      Gli anni della guerra e della Resistenza rappresentarono per le donne anche un'occasione di libertà dai ruoli angusti che la società riservava loro. Furono spinte ad uscire di casa, a cercare lavoro, a prendere decisioni; in assenza degli uomini partiti per il fronte si trovarono in situazioni nuove, con responsabilità prima assolte da altri. Questa presenza di donne attive, che uscivano di casa e si muovevano in un ambiente promiscuo, fu motivo di inquietudine e di preoccupazione, poiché si trattava di una rottura di confine, di una trasgressione di un ruolo codificato da secoli. Tale trasgressione il più delle volte fu presentata come il compimento del dovere di mogli e di madri. La coscienza che mosse molte di queste donne fu quindi capace di compiere scelte gravose, per loro stesse e per le loro famiglie.
      Quando oggi ci si trova ad ascoltare le memorie di quelle donne si è colpiti dalla tragicità di quegli eventi, fatti di sofferenze fisiche e psicologiche, di morti e anche di torture. Ma al tempo stesso si è colpiti dalla grandiosità di quelle esistenze, a cui si deve la costruzione di un'Italia democratica.
      Il primo lavoro sul tema delle donne e la Resistenza è il documento di Liliana Cavani «Donne e Resistenza» realizzato nel 1965 per la RAI-Radiotelevisione italiana Spa, ma mai trasmesso fino al 1995; seguirono dopo un decennio i volumi di Anna Maria Bruzzone e Rachele Farina «La Resistenza taciuta», del 1976, di Bianca Guidetti Serra «Compagne. Testimonianze di partecipazione politica femminile», del 1977, e di Mirella Alloisio e Gadola Beltrami «Volontarie della libertà. 8 settembre 1943-25 aprile 1945», del 1981. È soltanto, però, negli ultimi tredici anni, grazie ai numerosi studi di storia delle donne, che si è dispiegata la conoscenza su quest'aspetto importante della storia del nostro Paese. Grazie a una nuova e diversa ottica dell'indagine storica è stato possibile far uscire dall'ombra quella presenza femminile. L'istituzione di una Giornata delle donne che combatterono nella Resistenza sarebbe un contributo alla volontà di fare luce sulla partecipazione femminile alla storia del nostro Paese.
      Per la celebrazione della Giornata delle donne della Resistenza si sceglie il giorno 30 settembre. Si vuole così valorizzare e dare riconoscimento sia alla Resistenza organizzata delle partigiane che a quella delle «donne comuni», che si dispiegò soprattutto
 

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dopo l'8 settembre 1943 - quando lo scontro armato si trasformò da questione di eserciti a fatto che investì la vita di tutta la popolazione - con l'avvio immediato, spontaneo e in gran parte ancora oggi anonimo, di una vasta operazione di salvataggio delle centinaia di migliaia di soldati sbandati e a rischio di cattura.
      Questo vasto impegno delle donne, che fino a quel momento erano rimaste fuori dalla scena pubblica, sociale e politica, relegate a ruoli tradizionali, obbliga a ripensare anche la questione del numero dei soggetti che diedero vita alla Resistenza, sempre calcolato considerando soltanto le presenze dei combattenti in armi.
      Tale impegno non può essere inoltre tralasciato, come finora è avvenuto, nel dibattito sulla morte della patria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La Repubblica riconosce il giorno 30 settembre come Giornata delle donne della Resistenza, al fine di ricordare le migliaia di donne che s'impegnarono, nelle varie forme di partecipazione sia partigiana che civile, nella lotta di Resistenza e nella guerra di liberazione dell'Italia, mettendo a rischio la loro vita.

Art. 2.

      1. In occasione della Giornata delle donne della Resistenza di cui all'articolo 1, le istituzioni pubbliche promuovono e organizzano cerimonie, manifestazioni celebrative, incontri e dibattiti, e sollecitano la realizzazione di ricerche e di ricostruzioni storiche, in particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, al fine di conservare il ricordo di un periodo storico tragico e la memoria dell'impegno femminile nell'opera di costruzione della democrazia italiana.


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