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PDL 2741

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2741



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

GRILLINI, SASSO

Disciplina dell'educazione alla sessualità nelle scuole della Repubblica

Presentata il 6 giugno 2007


      

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Onorevoli Colleghe e
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Onorevoli Colleghi! - In sede parlamentare si discute da oltre venticinque anni sull'esigenza di approvare una specifica normativa sull'educazione sessuale nelle scuole. Numerosi sono i progetti di legge che è possibile rinvenire tra gli atti del Parlamento. In particolare, nella XI legislatura la VII Commissione cultura della Camera dei deputati elaborò un testo unificato che, ripresentato nelle legislature XII e XIII, non è mai giunto all'approvazione definitiva, soprattutto a causa della contrapposizione dell'area progressista e di quella conservatrice, di matrice soprattutto cattolica.
      L'educazione sessuale è infatti una materia fonte di discussione e di contrapposizioni ideologiche più o meno accese; è anche una materia in continuo cambiamento all'interno dei diversi Paesi, in conseguenza dei mutamenti ideologici e politici che vengono a determinarsi e delle conseguenti spinte conservatrici o progressiste che ne conseguono.
      In Italia, oggi come ieri, la scuola, che è deputata a farlo con e accanto ai genitori, non parla quasi mai agli studenti della sessualità e del sesso, che sono due aspetti della personalità e del comportamento umano che, da qualunque prospettiva si vogliano considerare, sono fondamentali nella formazione e nell'esperienza umane. Ancora meno nella scuola si parla delle importanti correlazioni esistenti tra sessualità, sesso e salute.
      Il riconoscimento, la difesa e la promozione della salute e della libertà non possono prescindere dallo sviluppo di una sessualità serena e gratificante, la quale passa attraverso un'educazione alla sessualità. Va precisato che tutte le società, in prospettiva, non dovrebbero programmare alcuna educazione sessuale propriamente detta, ma questa dovrebbe entrare nella
 

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cultura delle persone come valore aggiunto, presente in tutte le materie di insegnamento, così come in tutte le cose della vita. Dovrebbe diventare una componente o una chiave di lettura, per cui non dovrebbero esistere gli esperti di educazione sessuale ma ciascuno dovrebbe rispettare e riconoscere la sessualizzazione delle cose che dice o che fa, cosicché al posto del sapere sessuologico sarebbero auspicabili dei saperi sessuati e al posto dell'educazione sessuale un'educazione sessuata. Sottolineato questo, però, va preso atto che, fino ad oggi, siamo in assenza di una benché minima educazione sessuale organizzata e in questo stato di cose l'approvazione della presente proposta di legge andrebbe realizzata con sollecita urgenza.
      La Costituzione, in questo senso, contiene almeno cinque articoli che rappresentano i perni su cui innestare le disposizioni della presente proposta di legge: l'articolo 2 che protegge i diritti inviolabili dell'uomo; l'articolo 3, secondo comma, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che, limitando di fatto la libertà dell'individuo, ne impediscono il pieno sviluppo della personalità; l'articolo 32 che riconosce la salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse precipuo della collettività; gli articoli 33 e 34 che affidano alla Repubblica il compito di stabilire le norme generali sull'istruzione, che deve essere assicurata a tutti.
      Vi sono, peraltro, importanti nodi culturali e psicologici in campo scolastico che costituiscono un tabù molto forte e che generano una sorta di «rifiuto». Questi nodi, se non vengono affrontati in maniera appropriata, finiscono per generare pregiudizi nei giovani, che vanno a discapito dell'intera società. Tra questi argomenti, per esempio, vi è la sessualità nelle persone disabili, alle quali ancora non viene riconosciuto il diritto di amare e di essere amate e desiderate, soddisfacendo così i bisogni primari di ogni individuo che non vengono cancellati dalla presenza di un handicap, ma che trovano solo un modo diverso di esprimersi. Lo stesso argomento vale per le persone omosessuali o transessuali.
      Le molteplici ragioni di ordine sociale, culturale, psicologico e formativo che rendono indispensabile oggi l'inserimento nella scuola italiana di un percorso educativo nella sfera della sessualità sono raccolte in libri e riviste che riempiono interi scaffali di biblioteche e di librerie. L'analisi della crescente globalizzazione dell'informazione, per fare un esempio, mostra che oggi, più che in passato, i giovani e i giovanissimi hanno accesso diretto a una massa d'informazioni su sesso e sessualità che sono spesso contraddittorie, imprecise o sbagliate. Da questa prospettiva, l'approvazione della presente proposta di legge consentirebbe, attraverso lo strumento dell'educazione sessuale, la difesa della salute propria e dell'altro da traumi, delusioni e malattie sessualmente trasmesse. Nella ricerca condotta nell'ambito del progetto «SAFE», cofinanziato dall'Unione europea, dall'International Planned Parenthood Federation European Network, dall'Organizzazione mondiale della sanità e dalla Lund University svedese, in consultazione con i governi europei, i cui dati sono stati diffusi nell'ottobre 2007, è emerso che i giovani europei sono sottoposti a una pressione sempre crescente per quanto riguarda la loro sessualità. I messaggi e le norme di comportamento che vengono loro suggeriti sono spesso contraddittori. Da un lato, ad esempio, tramite l'educazione sessuale praticata finora, la sessualità appare ancora immersa in un'aurea negativa, legata al peccato o alle malattie. Dall'altro lato, però, il gruppo dei pari dipinge il sesso e l'attività sessuale come un fatto molto positivo. A questo contribuiscono i mass media, che spesso tendono a enfatizzare all'eccesso, fino a distorcere, l'espressione della sessulità. Una contraddizione che se viene accompagnata da una mancanza di consapevolezza e di informazione nei soggetti giovani può aumentare in modo drammatico il loro disorientamento. A questo si aggiunge che la pubertà inizia
 

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oggi molto prima che un tempo, così come l'attività sessuale dei minori. Fattori che rendono urgente un'azione più efficace e profonda da parte delle istituzioni pubbliche. Sulla base dei dati raccolti le tre istituzioni coinvolte nella ricerca hanno elaborato delle linee guida che contengono, tra gli altri, il consiglio di rendere obbligatoria l'educazione sessuale nella scuola, a partire dalla scuola primaria, allo scopo di garantire un'informazione e un'educazione dettagliate sulla sessualità alle generazioni più giovani, fornire loro un accesso anonimo a contraccettivi e servizi di assistenza, soprattutto per le fasce marginalizzate, informare senza tabù sulle malattie sessualmente trasmissibili, garantire un accesso non condizionato all'aborto per le minorenni, considerati i rischi, soprattutto nei Paesi dove non esiste l'interruzione volontaria di gravidanza, del ricorso a pratiche illegali.

L'Unione europea.

      Tra gli interventi attuati nell'ambito dell'Unione europea alcuni s'impongono per la loro importanza in tema di salute e di sessualità, che è utile ricordare.
      Il 23 settembre 2002 il Parlamento europeo ha adottato il programma d'azione comunitario in tema di sanità per il periodo 2003-2008 (decisione n. 1786/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002, che adotta un programma d'azione comunitario nel campo della sanità pubblica 2003-2008) che si fonda su tre macro obiettivi:

          1) l'informazione sanitaria;

          2) le minacce alla salute;

          3) i determinanti (indicatori) sanitari.

      In tutti e tre i macro obiettivi citati rientra l'educazione sessuale, come affermato dalla stessa Commissione europea. Nel primo (informazione sanitaria) perché l'educazione sessuale nelle scuole prevede un'importante componente basata sull'informazione; nel secondo (minacce alla salute) perché l'esplodere delle malattie sessualmente trasmissibili impone un intervento urgente di informazione e di induzione di comportamenti protettivi; nel terzo (determinanti sanitari) perché tra gli indicatori del benessere di una popolazione compare una vita sessuale serena, sicura ed equilibrata.
      A conferma di ciò, la Commissione europea, rispondendo attraverso il commissario David Byrne nell'aprile 2004 a un'interrogazione (P-1116/04) della parlamentare europea Uma Aaltonen (Verts/ALE), affermava che a livello dell'Unione europea il citato programma d'azione in materia di sanità deve essere considerato come uno strumento fondamentale per promuovere l'educazione sessuale pubblica. Affermava inoltre che la salute sesuale, che comprende l'educazione sessuale, è una parte importante della componente «determinanti sanitari» di questo programma e che nel quadro dell'invito a presentare proposte a titolo di tale programma era stato selezionato per il finanziamento un progetto intitolato «Partenariato europeo per promuovere la salute e i diritti in materia sessuale e riproduttiva dei giovani», coordinato dall'International Planned Parenthood Foundation. La Commissione europea affermava che il tema era nuovamente considerato prioritario dal programma di lavoro 2004, che dispone: «tenuto conto delle informazioni fornite nel quadro del sistema di sorveglianza della salute, elaborare strategie di promozione della salute e definire buone prassi per affrontare i problemi dell'educazione sessuale (gravidanze delle adolescenti, pianificazione familiare) e della prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, quali l'HIV/AIDS, comprese le strategie da adottare in ambiente scolastico e quelle destinate a gruppi specifici».
      Successivamente, con il regolamento (CE) n. 851/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, l'Unione europea ha istituito e reso operativo il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (in italiano abbreviato in CEPCM) con sede a

 

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Stoccolma, e dal 1o gennaio 2005, per la durata di sei anni (fino al 31 dicembre 2010), ha istituito l'Agenzia esecutiva per il programma di sanità pubblica - o, più semplicemente, l'Agenzia esecutiva per la sanità pubblica (PHEA), con sede in Lussemburgo. A quest'ultima spetta le gestione del programma pluriennale di sanità pubblica della Commissione europea in favore delle azioni atte a migliorare e a tutelare la salute umana nell'Unione europea.
      Nel frattempo alcuni Stati membri si sono dotati di proprie leggi sull'educazione sessuale nelle scuole, ma senza nessun tipo di coordinamento cosicché normative che possono definirsi avanzate, come quella danese, non si sono dimostrate efficaci e leggi, come quella della Gran Bretagna, spostata verso il versante della semplice informazione, si sono rilevate insufficienti.
      In un'ottica europea, alla luce dell'esistenza di norme, regolamenti di attuazione, centri operativi e bilanci, è da sostenere con forza che l'Italia si faccia promotrice presso l'Unione europea di una normativa quadro in questa materia.

Le leggi dei Paesi europei.

      In Europa i programmi di educazione alla sessualità sono presenti sotto terminologie differenti:

          a) educazione sessuale (Francia, Germania, Danimarca, Austria, Finlandia e Norvegia);

          b) educazione alla sessualità e alle relazioni (Svezia, Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda, Belgio e Cipro);

          c) educazione alla vita familiare (Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca);

          d) formazione sessuale (Olanda);

          e) educazione al matrimonio e alla genitorialità (Slovacchia);

          f) educazione familiare e sessuale (Lituania);

          g) educazione alla relazione tra i membri di sessi diversi (Grecia).

      Dietro queste differenti terminologie si nascondono spesso impostazioni ideologiche diverse che comportano più o meno sensibili differenze negli obiettivi, contenuti, valori e modalità con i quali l'educazione sessuale viene concretamente attuata. Allo stesso tempo, l'uso di diverse terminologie può rappresentare un modo per favorire il superamento di resistenze ancora diffuse sull'educazione sessuale, un tema che rimane politicamente molto delicato e in continua evoluzione.
      Un esempio è l'Inghilterra, dove le riforme liberali degli anni '60 portarono a spinte progressiste sul tema delle libertà sessuali, con un ritorno negli anni '80 a posizioni più conservatrici, che hanno relegato l'educazione sessuale all'interno del curriculum di scienze e che hanno lasciato maggiore libertà alle scuole sulle decisioni relative alla sua attuazione, rendendo facoltativa l'area dell'educazione personale, sociale e sanitaria in cui era incorporata l'educazione sessuale.
      Se nei Paesi nord-europei, che vantano una più lunga tradizione liberale e di provvedimenti in questa materia, vi è una generale concordanza sulla necessità di fornire strumenti di conoscenza e di consapevolezza ai giovani in tale campo, nei Paesi più conservatori e a più forte influenza religiosa, in particolare cattolica, la contrapposizione è più aspra e le legislazioni in merito incontrano più resistenze.
      In ogni caso, le inchieste realizzate in tutta Europa (compresa l'Italia) sul tema rivelano che la maggioranza della popolazione, spesso la grande maggioranza di essa, è a favore dell'educazione sessuale nella scuola.
      In quasi tutti i Paesi europei l'educazione sessuale è obbligatoria, sia per le scuole che sono tenute a organizzare programmi per le diverse fasce di età, sia per gli studenti che non possono chiedere l'esonero da tali attività. La possibilità di ritirare i propri figli dalle lezioni è prevista solo in Polonia, in Inghilterra e in

 

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Galles (esclusa la parte obbligatoria inserita nel curriculum di scienze), in Scozia (dove i genitori sono in tale caso tenuti a discutere con il dirigente scolastico in quale modo intendano provvedere essi stessi all'educazione) e in Irlanda, oltre che, naturalmente, in Italia.
      È interessante ricordare che quando il Governo danese nel 1976 fu portato dinanzi alla Corte europea dei diritti umani da un gruppo di genitori che sosteneva l'illegittimità dell'educazione sessuale obbligatoria, il giudizio della Corte fu a favore del Governo danese e, quindi, dell'obbligatorietà dell'educazione sessuale nelle scuole (sentenza 7 dicembre 1976, Kjeldsen, Busk Madsen e Pedersen contro Danimarca. Lamentata violazione della libertà religiosa causata dall'insegnamento dell'educazione sessuale).
      In quasi tutti i Paesi europei è comunque previsto che i genitori siano informati sui contenuti e sui metodi e siano coinvolti attivamente nei programmi.
      Se la Svezia è stato il primo Paese d'Europa a introdurre l'educazione sessuale obbligatoria in ogni scuola dal 1955 (era presente come facoltativa già dal 1942), in molti altri Paesi l'introduzione obbligatoria è avvenuta intorno agli anni '70 del secolo scorso (Danimarca, Finlandia, Austria, Repubblica Ceca, Germania, Lussemburgo, Norvegia, Ungheria e Islanda). Negli anni '90 viene introdotta come obbligatoria in Olanda, Grecia, Belgio, Slovacchia, Estonia, Francia e Portogallo. Nel 2003 in Irlanda.
      In chiusura di questo breve excursus, è possibile fare alcune considerazioni a fronte dell'esperienza di alcuni degli Stati citati.
      Come si diceva, la Svezia è stato il primo Paese europeo a introdurre l'educazione sessuale obbligatoria in tutte le scuole, con una legge del 1955; tutti gli insegnanti sono tenuti a integrare gli argomenti all'interno delle loro lezioni e sono fissate linee guida che definiscono le aree da coprire nonché stabiliti standard minimi nel curriculum nazionale. In Inghilterra si sono susseguite legislazioni più progressiste e più conservatrici, rispecchiate nei diversi «Education Act» che hanno stabilito norme al proposito; a partire dal 2000 la responsabilità di attuare questi programmi, denominati «educazione alla sessualità e alle relazioni», è stata decentrata assegnando ai dirigenti e al corpo insegnante delle singole scuole la responsabilità di stabilire progetti. In Galles, criteri minimi per le attività sono stati fissati recentemente. In Spagna, Paese a forte influenza cattolica, le scuole non sono vincolate a introdurre questi argomenti; tuttavia una legge del 1985 ne prevede l'applicazione, lasciando alle scuole l'autonomia nelle decisioni sull'applicazione dei programmi, che possono essere trattati come materia a se stante o integrati nel curriculum.
      In Francia, fino agli anni '60, una legge (del 1920) vietava l'informazione sessuale nella scuola. Nel 1967 una nuova legge consentiva di fornire informazioni sulla sessualità e sulla contraccezione e nel 1985 l'educazione sessuale, sotto il titolo di «educazione alla vita», veniva introdotta obbligatoriamente nelle scuole primarie; nel 1998 viene introdotta l'educazione sessuale obbligatoria per gli studenti delle scuole secondarie, nel 2001 si estende l'introduzione della materia obbligatoria in tutti gli ordini di scuole, con un approccio allargato agli aspetti biologici, psico-sociali ed etici e nel 2003 sono definiti standard minimi per l'applicazione.
      I Ministeri referenti per l'educazione sessuale sono generalmente quelli dell'educazione (in tutti i Paesi), spesso unitamente a quello della sanità (come in Francia o in Grecia), o specifici dipartimenti come quelli degli affari sociali (Finlandia), dei giovani e dello sport (Belgio e Repubblica Ceca) o del Welfare (Belgio e Olanda).
      L'educazione sessuale è obbligatoria in quasi tutti i Paesi europei a livello delle scuole secondarie, ma sono molti i Paesi che la introducono già a livello della scuola primaria. Inizia ufficialmente all'età di 5-6 anni in Svezia, Francia, Belgio, Portogallo, Irlanda, Grecia e Lussemburgo.
 

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In Germania i programmi nazionali che i Bundesländer devono attuare sono previsti a partire dai 9 anni di età. In Austria, Estonia e Ungheria inizia all'età di 10 anni. In Polonia, Norvegia, Olanda e Danimarca l'inizio ufficiale è dai 12-13 anni, anche se negli ultimi due Paesi citati essa generalmente viene già attuata nella scuola primaria.

Integrazione nel curriculum o materia autonoma.

      L'educazione sessuale dovrebbe essere integrata nelle diverse materie e interessare tutto il curriculum scolastico (per questo, come già rilevato, si dovrebbe giungere a un'educazione «sessuata»), su questo concordano un po' tutti gli esperti della materia, ma questa interpretazione è un'evenienza molto rara in Europa, specie a livello delle scuole secondarie.
      Spesso l'educazione sessuale viene ricondotta all'interno delle lezioni di biologia, in diversi casi è inclusa anche nelle lezioni di religione e di etica. Molte volte essa è presente in altre materie addizionali (in Olanda nella materia «società»; in Danimarca in «danese», in Belgio in «filosofia religiosa e morale, educazione alla cittadinanza e alle abilità sociali», in Austria ed Estonia in «studi sociali», in Germania e in Lussemburgo in «cittadinanza»; in Inghilterra l'educazione sessuale è incorporata nell'area «educazione personale, sociale e sanitaria», così come in Galles - dal sistema scolastico separato -, che la prevede anche nella materia «educazione religiosa e morale»).
      In Francia, come in diversi altri Paesi, l'educazione sessuale è svolta all'interno della materia «educazione alla salute», ma anche saltuariamente nella materia «cittadinanza».
      Nell'Irlanda del Nord, pur essendo inserita da tempo nell'area «educazione alla sessualità e alle relazioni», non è obbligatoria e vi è grande differenza nell'attuazione tra le scuole cattoliche e quelle protestanti.

Controllo sull'attuazione e sui risultati dei programmi.

      In molti Paesi d'Europa apposite linee guida nazionali definiscono le modalità con le quali attuare i programmi, le materie nelle quali l'educazione sessuale va integrata, il coinvolgimento dei genitori, la terminologia da usare. A volte sono definiti standard minimi ai quali attenersi.
      Il controllo sull'attuazione e sui risultati dei programmi rappresenta un punto debole di molti Paesi europei. Dove l'attuazione dei programmi viene monitorata si osserva generalmente un'applicazione non omogenea spesso con una differenza tra aree urbane e aree rurali; molte sono anche le differenze nella qualità dei programmi da regione a regione, da città a città, da scuola a scuola, a seconda della presenza di insegnanti e di operatori sanitari preparati e motivati.
      Vi è poi il problema della formazione degli educatori sessuali, un tema critico per molti Paesi, poiché comporta decisioni politiche e investimenti finanziari che non sempre sono previsti dalle leggi che pur promulgano e sostengono queste attività di formazione. Un utile elemento che andrebbe a omogeneizzare la qualità/efficacia dei programmi di educazione sessuale nelle scuole potrebbe essere il controllo sulla formazione degli esperti/educatori che diventerebbero, a loro volta, osservatori nel territorio e garantirebbero il continuo feedback necessario a calibrare gli interventi, soprattutto quelli più delicati e maggiormente soggetti all'accettazione da parte degli studenti, ma soprattutto degli insegnanti e dei genitori.

Il formatore e l'esperto in educazione sessuale.

      L'educazione sessuale è svolta a scuola dagli insegnanti in pressoché tutti i Paesi dove essa è attuata. In molti casi gli insegnanti sono affiancati da personale sanitario (sia interno che esterno alla scuola, generalmente psicologi, medici e infermieri) e da altre agenzie (organizzazioni

 

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non governative attive nei diversi Paesi sui temi della salute, dei diritti civili e anche gruppi di fede diversa). In qualche Paese sono utilizzati educatori sessuali appositamente formati.
      Per quanto riguarda gli insegnanti, in molti Paesi vi è un insegnante dedicato (Olanda, Austria, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Inghilterra, Lussemburgo, Francia, Germania, Islanda, Bulgaria e Cipro), mentre in altri Paesi tutti gli insegnanti sono tenuti all'attuazione dei programmi (Svezia, Danimarca, Spagna, Portogallo, Irlanda e Lituania).
      Le materie al cui interno più spesso si ritrovano gli argomenti di educazione sessuale, oltre a biologia e scienze, sono religione ed etica (Germania, Austria, Belgio, Lussemburgo, Irlanda e Slovacchia), educazione alla cittadinanza (Francia, Belgio e Portogallo), educazione sanitaria (Belgio e Finlandia), filosofia, abilità sociali (Belgio), educazione familiare (Finlandia, Repubblica Ceca), studi sociali (Austria), abilità di vita (Islanda).
      Se dal punto di vista ideale il tema andrebbe integrato in tutto il curriculum scolastico, è però vero che l'individuazione di un insegnante dedicato, responsabile dei programmi, ha favorito la loro attuazione.
      Appare evidente che la standardizzazione degli obiettivi comuni da raggiungere e la garanzia di una certa qualità/omogeneità di intervento dovrebbero passare attraverso la figura del formatore ed esperto in educazione sessuale che dovrebbe interagire con studenti, ma soprattutto con genitori e insegnanti, nel tentativo di coinvolgerli nel processo formativo senza influire sulla relazione con gli studenti/figli con le problematiche legate alla propria sessualità. Vale la pena ricordare, a questo proposito, un'affermazione della sessuologa professoressa Jole Baldaro Verde, che ha sostenuto che gli educatori sessuali, compresi gli insegnanti di tutte le materie e i genitori, prima di cimentarsi nell'educazione sessuale, strutturata od occasionale che sia, dovrebbero «fare i conti» con la sessualità propria e superare i problemi ad essa correlati.

Gli obiettivi: prevenzione primaria e secondaria.

      Sul versante della prevenzione primaria, una legge sull'educazione sessuale è uno strumento molto utile per evitare in maniera primaria gravidanze indesiderate e il diffondersi di malattie sessualmente trasmesse, spesso invalidanti e talvolta purtroppo mortali, inducendo comportamenti protettivi, ma soprattutto consapevoli, rispettosi e responsabili. Non va dimenticato che una buona educazione sessuale è un insostituibile mezzo per prevenire, sia in forma primaria che secondaria, comportamenti offensivi e delittuosi nei confronti della persona e della società.
      Sul versante della prevenzione secondaria, la conoscenza di problematiche legate alla sessualità potrà aiutare a intervenire precocemente sulle patologie di ordine medico e psicologico, poiché gli studenti, gli insegnanti e i genitori potranno osservare e osservarsi costantemente nonché individuare precocemente difficoltà o patologie e avanzare richieste di aiuto.

La situazione italiana.

      In Italia, pur fanalino di coda dell'educazione sessuale in Europa dal punto di vista legislativo, si ritrovano molti programmi e metodologie sviluppati e portati avanti sperimentalmente in molte scuole (spesso all'interno dei programmi di educazione alla salute rivolti agli adolescenti) grazie all'impegno di operatori scolastici e sanitari, spesso con risultati lusinghieri. A volte i metodi e gli strumenti realizzati in Italia hanno costituito il punto di riferimento a livello europeo, tanto che sessuologi del nostro Paese sono stati chiamati a insegnare in società scientifiche e università estere i loro programmi di formazione.
      In Italia, la Federazione italiana di sessuologia scientifica (FISS), che raccoglie le società scientifiche e le scuole più accreditate in Italia nel campo della ricerca,

 

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della formazione e dell'intervento educativo e clinico in sessuologia (http://www.fissonline.it/), ha recentemente elaborato standard formativi per gli operatori impegnati nel campo dell'educazione sessuale a garanzia della qualità degli interventi e ha definito un codice deontologico per gli operatori nell'ambito della sessualità umana, che stabilisce l'insieme dei princìpi e delle regole cui attenersi nell'esercizio di una così delicata professione. Questa è una realtà nel nostro Paese che non trova riscontro, in termini di efficienza e di incisività, in altri Paesi europei.
      La FISS ha predisposto un proprio albo di esperti in educazione sessuale che potrebbe fungere da base di riferimento e potrebbe, pertanto, essere coinvolta nella realizzazione dei programmi di educazione sessuale obbligatoria nelle scuole.
      Nel dettaglio, le disposizioni della presente proposta di legge prevedono quanto segue.
      L'articolo 1 stabilisce in via generale che è un diritto fondamentale degli studenti ricevere un'adeguata educazione alla sessualità, che ha come obiettivi quello della prevenzione primaria e secondaria, attraverso lo sviluppo di capacità, personali e interpersonali, che favoriscano una sessualità serena, responsabile ed equilibrata.
      L'articolo 2 stabilisce che tutte le scuole, pubbliche e private, si facciano carico di inserire all'interno delle attività scolastiche l'educazione alla sessualità, nel rispetto dell'autonomia scolastica e in attuazione della Costituzione, per lo sviluppo integrale della personalità degli studenti. L'organizzazione regolare di corsi all'interno delle scuole di ogni ordine e grado consentirà ai ragazzi, fin da piccoli, di essere accompagnati e aiutati nel cammino di scoperta e di maturazione del proprio corpo sessuato e della relazione con esso, sia intrapersonale che interpersonale.
      L'articolo 3 contiene le disposizioni per l'organizzazione dei corsi di educazione alla sessualità. È previsto che essi siano organizzati in base ad una programmazione pluriennale che preveda verifiche annuali degli obiettivi perseguiti e di quelli raggiunti. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, è istituita presso il Ministero della pubblica istruzione una commissione formata da esperti di educazione sessuale, insegnanti, genitori e studenti, che ha il compito di elaborare le linee guida generali di tipo operativo per i corsi di educazione alla sessualità. Le linee guida devono essere elaborate entro sei mesi dall'insediamento della commissione e serviranno di base alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano per stabilire con propri regolamenti l'organizzazione e la definizione dei contenuti, nel rispetto degli obiettivi fondamentali posti dalla legge. I regolamenti sono adottati entro sei mesi dalla data di adozione delle linee guida.
      Prioritariamente andranno individuate le metodologie formative e comunicative più idonee attraverso cui raggiungere gli obiettivi minimi fissati.
      Tra i contenuti che i regolamenti dovranno individuare si indicano a titolo di esempio:

          a) le trasformazioni somatiche dall'infanzia all'adolescenza: sistema endocrino, sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari;

          b) l'anatomia e la fisiologia sessuali: genitali maschili e femminili, spermatogenesi, ciclo ovarico e ciclo mestruale;

          c) le trasformazioni corporee e lo sviluppo psico-sessuale dall'infanzia all'adolescenza. Implicazioni psicologiche: il rapporto mente-corpo; affrontare il cambiamento di «immagine corporea»: l'atteggiamento mentale positivo e negativo; l'accettazione o il rifiuto del proprio corpo; l'accettazione o il rifiuto di sé; evitare di sottovalutarsi: riconoscere i propri limiti ed evidenziare i propri pregi;

          d) le somiglianze e le differenze psicologiche tra i due sessi; ruoli e stereotipi sessuali;

          e) gli aspetti psico-affettivi della sessualità nella preadolescenza e nell'adolescenza: bisogni affettivi; prime esperienze

 

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affettive e sessuali ed emozioni ad esse legate; la comunicazione delle emozioni, il linguaggio verbale e quello del corpo; la paura di esprimere le proprie emozioni: paura di essere non compresi, giudicati, rifiutati eccetera;

          f) l'accettazione e la valorizzazione del proprio orientamento sessuale o dell'identità di genere di ciascuno;

          g) la normativa italiana sul transessualismo;

          h) i desideri e le paure legati alla masturbazione e al primo rapporto sessuale;

          i) il piacere sessuale;

          l) l'affettività, il sesso e la sessualità;

          m) la sessualità nelle persone disabili;

          n) le pratiche e i comportamenti sessuali;

          o) la contraccezione e i rapporti a rischio; le malattie sessualmente trasmissibili;

          p) la gravidanza e il parto: inseminazione, fecondazione, metodi anticoncezionali, sviluppo fetale, gravidanza gemellare, parto eutocico e parto distocico, allattamento;

          q) le metodologie da seguire per evitare gravidanze indesiderate;

          r) il parlare con gli adulti: difficoltà e paura di affrontare gli argomenti correlati al sesso e alla sessualità; paura di non essere capiti o di non essere accettati; come comunicare meglio con i genitori;

          s) la prevenzione primaria, secondaria e terziaria delle varie forme di strumentalizzazione sessuale a danno dei minori.

      Poiché i corsi saranno svolti nelle scuole di ogni ordine e grado, la trattazione più o meno ampia dei vari argomenti andrà calibrata tenendo conto dell'età e dei livelli di apprendimento già raggiunti dagli studenti nelle specifiche tematiche affrontate.
      Gli articoli 4 e 5 contengono gli obiettivi minimi che perseguono i corsi per gli studenti e gli incontri con i genitori e con gli insegnanti. Appare intuitivo, infatti, che più i destinatari dei corsi sono piccoli, più l'attenzione dovrà essere orientata ai loro adulti di riferimento nel programmare le azioni dei medesimi corsi. Accade troppo spesso, infatti, che i genitori e, in generale, gli adulti di riferimento per i minori fingano di non vedere o di non sentire, oppure respingano eventuali richieste di spiegazioni in materia di sesso e di sessualità, adducendo troppo spesso motivazioni inconsistenti, come ad esempio: «Sei ancora troppo piccolo per parlare di queste cose; quando sarai più grande le capirai!». La stessa difficoltà coglie frequentemente anche gli insegnanti, i quali ricevono assai di rado un'adeguata formazione alla trasmissione delle informazioni relative all'ambito sessuale.
      Gli incontri formativi con i genitori, oltre che con gli insegnanti, hanno l'obiettivo di non lasciarli impreparati di fronte agli interrogativi sessuali dei loro figli e di aiutarli ad affrontare meglio, con i propri figli, il periodo bello ma difficile dell'adolescenza, in cui spesso i rapporti con i figli si fanno difficilissimi. I genitori devono essere in grado di porsi come loro interlocutori privilegiati, dal momento che hanno la potenzialità di intervenire al momento giusto e secondo le modalità più adatte alle esigenze individuali dei propri figli.
      Un modello educativo come quello proposto può e deve essere anche un prezioso strumento di prevenzione (primaria, secondaria e terziaria) delle varie forme di strumentalizzazione sessuale a danno dei minori. Insegnare e facilitare la comunicazione su sesso e sessualità fanno sì che i ragazzi acquistino consapevolezza di tutto quanto riguarda questi argomenti e che essi siano capaci, da un lato, di meglio sottrarsi e difendersi di fronte alle violenze endo ed eso familiari in campo sessuale; dall'altro lato, contribuiscono a procedere alla rielaborazione e al superamento di eventuali violenze o strumentalizzazioni subite, aiutando il recupero di un equilibrio e di una serenità.

 

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      L'articolo 6 garantisce agli studenti, maggiorenni e non, di poter usufruire gratuitamente di visite andrologiche e ginecologiche presso strutture pubbliche o convenzionate attraverso la scuola. È stato più volte scritto che da quando non c'è più il servizio militare obbligatorio tutti i ragazzi italiani non vengono più sottoposti alla visita andrologica, cui invece si sottoponevano durante la visita di leva. Questo è un grave vulnus per i nostri giovani i quali, mancando ancora nel Paese una cultura che spinga a farsi visitare regolarmente da un medico andrologo, non scoprono o scoprono troppo tardi problemi agli apparati genitali.
      L'articolo 7, infine, contiene le disposizioni relative alla copertura finanziaria delle spese derivanti dall'attuazione della legge, cui si provvede con l'istituzione di un apposito fondo le cui risorse sono ripartire dal Ministero della pubblica istruzione agli uffici scolastici regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Finalità).

      1. Al fine di realizzare un progetto educativo generale di sviluppo delle potenzialità e della personalità in ogni suo aspetto, la presente legge assicura a tutti i ragazzi il diritto fondamentale di ricevere un'adeguata educazione alla sessualità, intesa nei suoi vari aspetti, inclusi quelli affettivo, biologico, culturale, etico e giuridico.
      2. L'educazione alla sessualità ha come obiettivi la prevenzione, la trasmissione di conoscenze e lo sviluppo di capacità, personali e interpersonali, che favoriscano una sessualità serena, responsabile ed equilibrata.

Art. 2.
(Obblighi delle scuole).

      1. L'educazione alla sessualità è parte integrante dell'intero percorso formativo scolastico.
      2. Le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, nel quadro delle proprie finalità e nell'adempimento dei propri compiti formativi, nel rispetto dei princìpi fondamentali e dei valori stabiliti dalla Costituzione, nonché dei propri ordinamenti, concorrono allo sviluppo integrale della personalità degli alunni organizzando nell'ambito delle attività scolastiche appositi corsi di educazione alla sessualità, prevedendo il coinvolgimento di genitori e insegnanti.
      3. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione, nonché al titolo V della parte seconda della Costituzione.

 

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Art. 3.
(Programmazione e verifiche).

      1. I corsi di cui all'articolo 2, comma 2, sono organizzati in base ad una programmazione pluriennale che prevede verifiche annuali degli obiettivi raggiunti.
      2. La verifica è svolta annualmente dal Ministero della pubblica istruzione, sulla base delle relazioni inviate dagli uffici scolastici regionali, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. I risultati della verifica sono presentati annualmente al Parlamento e ne viene assicurata la massima diffusione.
      3. Il Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della salute e sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge nomina una commissione competente ad elaborare le linee guida generali di tipo operativo per i corsi di educazione alla sessualità.
      4. La commissione di cui al comma 3 è formata da esperti in educazione sessuale, valutati sulla base di titoli, da insegnanti, da genitori e da studenti. La commissione è composta al 50 per cento da esperti in educazione sessuale e complessivamente da un numero di membri non superiore a cinquanta.
      5. Le linee guide previste dal comma 3 del presente articolo, nel rispetto degli obiettivi fondamentali e comuni di cui all'articolo 4, sono elaborate dalla commissione entro sei mesi dal suo insediamento e sono adottate con provvedimento del Ministro della pubblica istruzione.
      6. L'organizzazione e la definizione dei contenuti minimi per il conseguimento degli obiettivi dei corsi di educazione alla sessualità, nel rispetto delle linee guida previste dal comma 3 del presente articolo e degli obiettivi fondamentali e comuni di cui all'articolo 4, sono stabilite con regolamento delle regioni e delle province

 

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autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro sei mesi dalla data di adozione delle citate linee guida.
      7. Il regolamento di cui al comma 6 deve, inoltre, prevedere:

          a) che le lezioni dei corsi si tengano in orario curricolare durante l'intera durata dell'anno scolastico, con frequenza almeno mensile e con durata non inferiore a un'ora;

          b) che le lezioni siano affidate a professionisti nelle materie oggetto dei corsi, anche insegnanti della stessa scuola e operatori delle aziende sanitarie locali, opportunamente formati;

          c) che il dirigente scolastico, d'intesa con il consiglio d'istituto, prima dell'inizio di ciascun anno scolastico, formi una commissione costituita in pari numero da insegnanti e da genitori, delegata ad organizzare i corsi;

          d) che la commissione di cui alla lettera c) rediga un piano dei costi complessivi dell'organizzazione dei corsi, incluso l'acquisto dei materiali necessari allo svolgimento delle lezioni.

      8. All'interno del corso di educazione alla sessualità sono programmati incontri formativi con i genitori e gli insegnanti affinché la formazione degli alunni sia accompagnata e seguita nel tempo.

Art. 4.
(Obiettivi fondamentali e comuni dei corsi di educazione alla sessualità per gli studenti).

      1. I corsi di educazione alla sessualità per gli studenti devono avere contenuti che perseguano obiettivi fondamentali e comuni, diversificati per le varie fasce di età.
      2. Tra gli obiettivi fondamentali e comuni di cui al comma 1 rientrano, a titolo esemplificativo: il rispetto dell'altro, l'accettazione del proprio corpo, la valorizzazione della propria sessualità, la consapevolezza del proprio ruolo, l'igiene e la

 

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salute sessuali, la competenza relazionale e l'adeguata informazione rispetto all'età.

Art. 5.
(Obiettivi fondamentali e comuni degli incontri formativi con i genitori e gli insegnanti).

      1. Gli incontri formativi con i genitori e gli insegnanti devono avere contenuti che perseguano obiettivi fondamentali e comuni nonché obiettivi specifici per le varie fasce di età.
      2. Tra gli obiettivi fondamentali e comuni di cui al comma 1 rientrano, a titolo esemplificativo: ottenere e mantenere una relazione aperta, saper ascoltare le istanze dei ragazzi quando vengono proposte nonché saper comunicare i temi della sessualità senza preconcetti e senza trasferire in maniera impositiva le proprie certezze.

Art. 6.
(Visite andrologiche e ginecologiche).

      1. Al raggiungimento della maggiore età, allo scopo di promuovere il diritto alla salute degli alunni, le scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, garantiscono la possibilità di essere sottoposti a una visita andrologica o ginecologica.
      2. Alle visite mediche possono chiedere di essere sottoposti anche gli alunni non ancora maggiorenni, dietro presentazione di un consenso scritto da parte dei genitori o di chi esercita la potestà sul minore.
      3. Le visite mediche sono programmate dall'azienda sanitaria locale competente e sono tenute presso le strutture della medesima azienda o presso strutture convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. A tale fine, le scuole e le aziende sanitarie locali garantiscono il necessario coordinamento.
      4. Gli esiti della visita medica non possono essere comunicati agli operatori scolastici.

 

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Art. 7.
(Risorse per l'organizzazione dei corsi di educazione alla sessualità).

      1. Per l'organizzazione e il funzionamento dei corsi di educazione alla sessualità, di cui all'articolo 2, comma 2, è istituito un fondo speciale nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione.
      2. Il fondo di cui al comma 1 ha una dotazione di 3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2008, cui si provvede, per gli anni 2008 e 2009, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. Per gli anni successivi al 2009 la somma da destinare al suddetto fondo è stabilita con la legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera c), della legge 5 agosto 1978, n. 468.
      3. La dotazione del fondo di cui al comma 2 è ripartita dal Ministero della pubblica istruzione tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
      4. Gli istituti scolastici inviano il bilancio economico preventivo per l'organizzazione e lo svolgimento dei corsi di cui al comma 1 agli appositi uffici organizzati presso gli uffici scolastici regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, i quali provvedono ad avanzare la richiesta di finanziamento complessiva regionale o della provincia autonoma al fondo istituito ai sensi del comma 1.
      5. Le somme spese in eccesso rispetto al bilancio economico preventivo presentato ai sensi del comma 4 restano a carico dell'istituto scolastico.


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