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PDL 3150

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3150



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DILIBERTO, SGOBIO, LICANDRO, GALANTE, BELLILLO, CANCRINI, CESINI, CRAPOLICCHIO, DE ANGELIS, LONGHI, NAPOLETANO, PAGLIARINI, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, SOFFRITTI, TRANFAGLIA, VACCA, VENIER

Disposizioni per la moralizzazione della politica e la riduzione dei costi degli organi politici e amministrativi

Presentata il 15 ottobre 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - Mai come nell'attuale temperie la bufera dell'antipolitica ha attraversato così violentemente le istituzioni democratiche e politiche del Paese. Dall'avvento della cosiddetta «seconda Repubblica» si era diffuso l'illusorio convincimento di una rigenerazione del sistema politico e dei partiti, che la corruzione e il clientelismo, con cui la classe dirigente sino al 1989 aveva colpito la coscienza dell'opinione pubblica, fossero ormai fenomeni ricondotti entro livelli fisiologici e che si apriva una fase di rinnovati rapporti tra i cittadini e i partiti. Purtroppo queste speranze sono andate profondamente deluse: il livello di corruzione è, se non superiore, certamente non inferiore agli anni di «Tangentopoli», i partiti sono ancora più deboli e oggi la politica rappresenta per molti un sistema perverso di intrecci di affari e interessi personali che nulla hanno a che vedere con l'interesse generale, con conseguente grave e pericolosa delegittimazione delle istituzioni democratiche.
      Il corollario di questa percezione, purtroppo, è che i partiti non sono più visti come il giusto luogo di raccordo tra la società e le istituzioni, secondo quella funzione ad essi attribuita dalla nostra Costituzione repubblicana. Nei cittadini è diffusa ormai un'insofferenza generalizzata nei confronti dei partiti e dei politici, visti il più delle volte, i primi, come luoghi di malaffare e, i secondi, come soli persecutori di interessi personali e beneficiari
 

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di intollerabili privilegi. Simili tendenze hanno avuto esplosioni cicliche e hanno preso corpo anche in grandi manifestazioni di massa attraversate da preoccupanti e violenti rigurgiti di qualunquismo e di populismo: per quanto deprecabili, esse hanno tuttavia denunciato dei problemi reali o, comunque, percepiti così dall'opinione pubblica.
      Eccessivi sono i privilegi che sono appannaggio della classe politica, numerose sono le istituzioni statali che non hanno alcuna utilità se non quella di assegnare stipendi agli eletti, inaccettabili sono le norme che permettono la creazione di clientele, troppi sono gli strumenti che finiscono per incentivare l'intreccio diabolico tra affarismo e politica, innumerevoli sono gli sprechi.
      Questo coacervo di elementi impone al Parlamento di intervenire per ridare dignità alla politica e alle istituzioni democratiche e per dimostrare ai cittadini che il denaro pubblico può essere utilizzato in modo produttivo per assicurare servizi e non, invece, per garantire privilegi di pochi.
      Per fare questo occorre essere rigorosi a partire da noi stessi, adottando delle misure che sappiano colpire quei gangli del sistema dove si annidano le clientele, l'affarismo e i privilegi. Solo se riusciremo a dare delle risposte pronte e rigorose eviteremo che la nostra Repubblica sia travolta da un'immane ondata di qualunquismo, che potrebbe essere terreno fertile per una involuzione in senso autoritario dello Stato.
      Si tratta di una serie di misure dure, ma non demagogiche: la necessità di ridurre drasticamente i costi della politica non deve compromettere il principio per cui alla gestione della cosa pubblica possano e debbano partecipare tutti i cittadini, a prescindere dal loro reddito e dalla loro capacità economica. La disposizione di cui all'articolo 69 della Costituzione, secondo cui i membri del Parlamento ricevono un'indennità stabilita per legge, permette a tutti di essere eletti nell'organo costituzionale più alto della nostra democrazia e di determinare parimenti la legislazione statale.
      La presente proposta di legge, da un lato, ha l'obbiettivo di eliminare drasticamente gli sprechi che si consumano nelle istituzioni che reggono la Repubblica, cancellando contemporaneamente quei privilegi che in molti casi rendono la politica invisa ai cittadini, e, dall'altro lato, cerca di eliminare la possibilità che proliferino politiche clientelari, sciogliendo l'intreccio tra affari e politica.
      L'articolo 1 riforma la disciplina in materia di incompatibilità per gli eletti, stabilendo che nessuno può ricoprire contemporaneamente la carica di parlamentare, Ministro, Sottosegretario di Stato, membro del Parlamento europeo, presidente di giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della provincia, assessore e consigliere provinciale, sindaco, assessore e consigliere comunale.
      È ormai costume diffuso, infatti, che taluni soggetti ricoprano contemporaneamente più incarichi, determinando, da un lato, un certo immobilismo nella classe politica, produttivo di incrostazioni, che rende assai più opaco il funzionamento e il fisiologico e democratico ricambio, e, dall'altro lato, impedendo che l'ufficio elettivo ricoperto sia svolto con il necessario impegno. Si tratta di una norma che, in realtà, non incide sui «costi della politica» in misura rilevante, ma che, tuttavia, potrebbe favorire il ricambio generazionale e garantire una maggiore efficienza delle istituzioni democratiche.
      L'articolo prevede, infine, che chi si trovi nella suddetta situazione di incompatibilità la risolva entro trenta giorni, optando per una delle cariche che in quel momento ricopre.
      L'articolo 2 sviluppa l'impostazione che è già alla base del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, che vieta la costituzione di nuovi comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e incentiva la fusione dei piccoli comuni. Contemporaneamente, il medesimo testo
 

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unico permette la formazione delle unioni di comuni, con il compito di svolgere in modo coordinato taluni servizi.
      La norma proposta, proseguendo in questo alveo, obbliga le regioni, entro l'anno 2015, a provvedere, sentite le popolazioni interessate, all'istituzione di nuovi comuni con popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, mediante la fusione di tutti i comuni limitrofi preesistenti con popolazione inferiore a 10.000 abitanti. Conseguentemente, sono abrogate tutte le unioni di comuni, che in questo scenario perdono di utilità e che, anzi, hanno rappresentato negli ultimi anni solo un'occasione di moltiplicazione di cariche elettive e, pertanto, di aumento della spesa pubblica.
      In questo modo si eliminano migliaia di sindaci e di giunte che per le ristrettezze economiche dei loro bilanci non sono in grado di risolvere i reali problemi dei paesi da essi amministrati, senza pregiudizio, ovviamente, del principio della rappresentanza e con grande beneficio dei cittadini, poiché le risorse liberate da questa drastica riduzione potranno essere utilizzate per servizi utili ai cittadini.
      Per evitare, tuttavia, che la suddetta fusione comporti maggiori difficoltà nella fruizione dei servizi per i cittadini, si stabilisce che debbano essere assicurate adeguate forme di decentramento dei medesimi servizi.
      L'articolo 3 della presente proposta di legge sostituisce l'articolo 17 del citato testo unico, mantenendo le circoscrizioni comunali e i municipi solo per i comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti e sopprimendo tutti gli altri tuttora esistenti. In molti casi, infatti, i comuni hanno provveduto all'istituzione di circoscrizioni anche molto piccole senza attribuire loro alcuna funzione, con l'unico scopo di moltiplicare i posti di governo e le cariche elettive, con grave ricaduta dei costi di questa scelta sui cittadini e sui servizi. Tale articolo, dunque, valorizza il decentramento lì dove esso è utile, eliminando contemporaneamente gli sprechi che dal decentramento derivano lì dove esso ha vantaggi ridottissimi e costi enormi.
      L'articolo 4 sopprime le comunità montane e le comunità isolane. Si tratta di enti locali dalla ridotta capacità di intervento sul territorio, causa di moltiplicazione di apparati la cui utilità risulta, peraltro, ulteriormente superflua a seguito della fusione prevista dall'articolo 2 della presente proposta di legge di tutti i comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti.
      L'articolo 6 limita la possibilità delle giunte, degli assessori, dei sindaci e dei presidenti di provincia di istituire uffici di supporto agli organi di direzione politica: in particolare si provvede a limitare nel numero i soggetti che possono comporre tali uffici e si attribuisce tale facoltà alle sole province e ai comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, fermi restando i vincoli per gli enti locali che si trovano in dissesto finanziario.
      Con il comma 2 del novellato articolo 90 del citato testo unico si introduce un limite agli emolumenti che i soggetti eventualmente assunti possono percepire, statuendo che non possono essere superiori a quelli di un dirigente di massimo livello dell'amministrazione interessata.
      Con questa disposizione, insieme a quelle di cui agli articoli 7, 8 e 11 della presente proposta di legge, si pone un freno al fenomeno delle assunzioni e del conferimento di incarichi di consulenze, anche tramite la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, anche di soggetti esterni alla pubblica amministrazione, nei Ministeri, nelle regioni e negli enti locali, senza che sia svolto un apposito concorso pubblico. È questa, infatti, una consuetudine che si è stabilizzata all'interno della pubblica amministrazione, che ha come conseguenze il proliferare di contratti precari, la crescita di politiche clientelari e l'entrata all'interno della stessa pubblica amministrazione di personale di «matrice» politica che spesso non ha le caratteristiche idonee per svolgere quell'ufficio che solo un concorso pubblico regolarmente svolto può assicurare.
 

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      L'articolo 7, infatti, pone un limite analogo, sia nel numero dei soggetti che possono essere assunti che nella loro retribuzione, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministri e ai Sottosegretari di Stato, ferma restando la possibilità di disporre dei dipendenti della pubblica amministrazione.
      L'articolo 8, poi, elimina la possibilità attualmente concessa agli enti locali di stipulare contratti di lavoro a tempo determinato, allo scopo di sradicare il fenomeno del precariato all'interno delle pubbliche amministrazioni.
      L'articolo 9 pone delle incompatibilità per chi svolge o ha svolto la funzione di segretario comunale, provinciale o di dipendente comunale o provinciale. Per evitare il perverso conflitto di interessi che molte volte si sviluppa in numerose amministrazioni locali, la norma stabilisce che i suddetti soggetti, infatti, non possono svolgere le funzioni di presidente o di membro del consiglio di amministrazione di aziende municipalizzate o di enti pubblici, rispettivamente, del medesimo comune o provincia presso cui prestano o hanno prestato servizio, ovvero di società dagli stessi partecipate.
      L'articolo 10 limita la possibilità di nominare il direttore generale del comune alle sole città metropolitane e ai comuni con più di 500.000 abitanti, stabilendo contemporaneamente un tetto alla loro retribuzione e vietando l'assunzione di qualsiasi collaboratore esterno all'amministrazione stessa.
      L'articolo 11 elimina la possibilità per le amministrazioni degli enti locali di conferire incarichi a contratto.
      L'articolo 12 regola la materia delle nomine all'interno delle commissioni, dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali e dei revisori dei conti delle aziende e degli enti pubblici statali, regionali e degli enti locali nonché delle commissioni ministeriali e interministeriali e delle società pubbliche non quotate, stabilendo che chi ricopre questi incarichi deve svolgerli a titolo gratuito, senza poter percepire alcun emolumento, con l'eccezione di un rimborso delle spese sostenute per l'incarico svolto. Si tratta di una norma volta a impedire che le nomine all'interno di tali organi possano essere utilizzate dall'amministrazione per perseguire fini clientelari e, contemporaneamente, garantire ingenti risparmi di spesa per i cittadini, liberando risorse pubbliche che potranno essere utilizzate per offrire loro maggiori servizi.
      Il successivo articolo 13 vieta ai medesimi soggetti di cui all'articolo 12 di avvalersi di persone esterne all'ente o alla società stipulando contratti a titolo oneroso che ricadano sullo stesso ente o società.
      L'articolo 14 istituisce presso il Ministero dell'economia e delle finanze la Commissione nazionale per il riordinamento e la razionalizzazione del sistema delle aziende pubbliche e delle società a partecipazione pubblica degli enti locali, con il compito - entro due anni dal suo insediamento - di realizzare un censimento di tutte le aziende esistenti e di proporre al Ministro dell'economia e delle finanze un piano per il riordino, la soppressione e la messa in liquidazione di quelle ritenute inutili o superflue.
      L'articolo 15 mira a contenere il fenomeno delle cosiddette «esternalizzazioni». Nato con l'intento di abbattere, per taluni servizi pubblici che possono essere anche svolti da privati o da aziende a partecipazione pubblica, i costi per i cittadini, esso ha invece prodotto un aumento vertiginoso dei costi, con l'aggravante che il personale che lavora presso le suddette aziende spesso non è qualificato ed è sottoposto a forme di sfruttamento che non possono essere tollerate da un ente pubblico. Tale norma, infatti, vieta alla pubblica amministrazione, ai Ministeri, alle regioni, agli enti locali, agli enti pubblici nonché alle aziende a partecipazione pubblica di attribuire a società o ad altri soggetti esterni, anche se a totale o parziale partecipazione pubblica, l'appalto di servizi o di attività che possono essere svolti attraverso uffici dell'ente stesso, anche da costituire appositamente, o tramite personale da assumere attraverso appositi concorsi.
 

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      L'articolo 16 vieta alle regioni (e agli enti locali) di aprire uffici presso l'Unione europea e presso Paesi esteri. Tale prassi, diffusasi dopo la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, che ha introdotto implicitamente la possibilità per le regioni di intrattenere rapporti internazionali, ha prodotto l'apertura di decine di uffici in tutto il mondo, la cui utilità è pressoché nulla se paragonata al dispendio di denaro pubblico che da essa deriva.
      L'articolo 17 introduce un tetto alla retribuzione dei parlamentari, sia nazionali che membri del Parlamento europeo. In particolare è stabilito che l'indennità, sino ad ora agganciata alla retribuzione annua lorda dei magistrati con funzioni di presidente di cassazione, non può essere superiore a 5.000 euro mensili, ferma restando la possibilità da parte degli Uffici di Presidenza delle Camere di quantificarla nell'ambito delle funzioni ad essi attribuiti dalla legge e dai Regolamenti camerali.
      L'articolo 18 predispone una serie di misure per limitare il malcostume determinatosi all'interno delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere con l'attribuzione alle regioni del potere di nomina dei direttori generali. Si tratta di un meccanismo che ha come corollario la perdita di professionalità di queste figure, che per poter ottenere la nomina devono accreditarsi presso l'uno o l'altro partito politico; questa procedura inoltre, ricadendo sulla nomina dei primari, ha degli effetti nefasti in primo luogo sui cittadini.
      Per contrastare tale fenomeno, la norma prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2008, il direttore generale delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è nominato mediante concorso per titoli ed esami da una commissione regionale nominata dall'assessore regionale competente per la sanità e composta da medici con almeno quindici anni di iscrizione all'albo e da docenti ordinari di materie mediche, che risiedono o lavorano da almeno dieci anni in un'altra regione.
      L'articolo 19, infine, abroga quella parte dell'articolo 7 della cosiddetta «legge La Loggia» (legge n. 131 del 2003), che permette alle regioni di nominare due membri aggiuntivi delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. Come è noto, dopo l'eliminazione della maggior parte degli uffici di controllo degli atti delle regioni e degli enti locali, gli unici soggetti che svolgono il suddetto ruolo sono le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. L'abrogazione proposta tende ad eliminare il circuito vizioso determinato dal fenomeno per cui l'ente controllato (la regione) nomina membri nell'ente controllante (la sezione regionale di controllo della Corte dei conti), rafforzando in quest'organo le caratteristiche di terzietà e di indipendenza.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Incompatibilità).

      1. Nessuno può ricoprire contemporaneamente più di una delle seguenti cariche:

          a) parlamentare;

          b) Ministro;

          c) Sottosegretario di Stato;

          d) membro del Parlamento europeo;

          e) presidente di giunta regionale, assessore o consigliere regionale;

          f) presidente di provincia, assessore o consigliere provinciale;

          g) sindaco, assessore o consigliere comunale.

      2. I soggetti che, alla data di entrata in vigore della presente legge, rivestono più di una delle cariche indicate nel comma 1 devono esercitare l'opzione per una sola tra esse nel termine di trenta giorni dalla medesima data.

Art. 2.
(Fusione dei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti e soppressione dei municipi e delle unioni di comuni).

      1. L'articolo 15 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, di seguito denominato «decreto legislativo n. 267 del 2000», è sostituito dal seguente:

      «Art. 15. - (Riorganizzazione delle circoscrizioni territoriali dei comuni mediante fusione). - 1. Entro il 31 dicembre 2015, le regioni, sentite le popolazioni locali

 

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interessate, provvedono con legge, ai sensi dell'articolo 133 della Costituzione, a istituire nuovi comuni aventi popolazione non inferiore a 10.000 abitanti, attraverso la fusione dei preesistenti comuni limitrofi con popolazione inferiore a 10.000 abitanti, assicurando adeguate forme di decentramento nei servizi».

      2. Gli articoli 16 e 32 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sono abrogati.

Art. 3.
(Soppressione delle circoscrizioni comunali nei comuni con popolazione inferiore a 500.000 abitanti).

      1. L'articolo 17 del decreto legislativo n. 267 del 2000, è sostituito dal seguente:

      «Art. 17. - (Circoscrizioni di decentramento comunale). - 1. I comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento, quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal comune.
      2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento. Lo statuto può altresì prevedere particolari forme di decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa vigente applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative modalità di elezione, di nomina o di designazione.
      3. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati, la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia ai sensi della normativa statutaria».

 

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      2. Le circoscrizioni e i municipi istituiti in città con popolazione inferiore a 500.000 abitanti sono soppressi. I comuni, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguano i propri statuti e regolamenti alle disposizioni dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 267 del 2000, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.

Art. 4.
(Soppressione delle comunità montane e delle comunità isolane).

      1. Il capo IV del titolo II della parte I del decreto legislativo n. 267 del 2000, è abrogato.
      2. Le funzioni esercitate dalle comunità montane e isolane sino alla data di entrata di vigore della presente legge, soppresse ai sensi di quanto disposto dal comma 1, sono trasferite alle regioni competenti.

Art. 5.
(Modifiche al decreto legislativo n. 267 del 2000 per il coordinamento delle disposizioni in materia di soppressione delle unioni di comuni, dei municipi e delle comunità montane e isolane).

      1. Al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) all'articolo 2, comma 1, le parole: «, le città metropolitane, le comunità montane, le comunità isolane e le unioni di comuni» sono sostituite dalle seguenti: «e le città metropolitane»;

          b) all'articolo 4, comma 3, le parole: «, alle province e alle comunità montane» sono sostituite dalle seguenti: «e alle province»;

          c) all'articolo 33:

              1) al comma 3, al primo periodo, le parole: «realizzato anche attraverso le unioni,» e, al secondo periodo, le parole: «tenendo anche conto delle unioni di

 

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comuni regolarmente costituite» sono soppresse;

              2) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono a disciplinare, con proprie leggi, nell'ambito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali nella disciplina delle incentivazioni:

          a) favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefìci in relazione al livello di unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia e alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;

          b) prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nell'ipotesi di fusione rispetto alle altre forme di gestione sovracomunale»;

          d) all'articolo 58, comma 1, alinea, le parole: «, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni» e «, presidente e componente degli organi delle comunità montane» sono soppresse;

          e) all'articolo 66, comma 1, le parole: «di presidente o di assessore della comunità montana» sono soppresse;

          f) all'articolo 77, comma 2, secondo periodo, le parole: «delle unioni di comuni e» sono soppresse;

          g) all'articolo 79:

              1) al comma 1, le parole: «delle comunità montane e delle unioni di comuni,» sono soppresse;

 

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              2) al comma 2, le parole: «, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane» sono sostituite dalle seguenti: «e ai presidenti di provincia»;

              3) al comma 3, primo periodo, le parole: «, delle comunità montane» e le parole: «, dei municipi, delle unioni di comuni» sono soppresse;

              4) al comma 4, le parole: «, delle unioni di comuni, delle comunità montane» e le parole: «presidenti delle comunità montane,» sono soppresse;

          h) all'articolo 82:

              1) al comma 1, primo periodo, le parole: «il presidente della comunità montana,» e le parole: «, delle comunità montane, delle unioni di comuni» sono soppresse;

              2) al comma 2, le parole: «e delle comunità montane» sono soppresse;

              3) al comma 8, lettera c), il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Al presidente e agli assessori dei consorzi fra enti locali sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione del consorzio fra enti locali»;

          i) all'articolo 86:

              1) al comma 1, primo periodo, le parole: «di comunità montane, di unioni di comuni e» sono soppresse;

              2) al comma 5, le parole: «, le comunità montane, le unioni di comuni» sono soppresse;

          l) all'articolo 137, comma 3, secondo periodo, le parole: «allargata ai rappresentanti delle comunità montane» sono soppresse;

          m) all'articolo 142, comma 1, le parole: «e delle comunità montane» sono soppresse;

 

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          n) all'articolo 156, comma 2:

              1) al primo periodo, le parole: «, ovvero secondo i dati dell'Uncem per le comunità montane» sono soppresse;

              2) al secondo periodo, le parole: «le comunità montane e» sono soppresse;

          o) all'articolo 162, comma 6, il terzo periodo è soppresso;

          p) all'articolo 165:

              1) al comma 3, alinea, le parole: «, città metropolitane ed unioni di comuni» sono sostituite dalle seguenti: «e città metropolitane»;

              2) il comma 4 è abrogato;

          q) all'articolo 172, comma 1, lettera b), le parole: «unioni di comuni,» sono soppresse;

          r) all'articolo 175, comma 6:

              1) al primo periodo, le parole: «, le città metropolitane e le unioni di comuni» sono sostituite dalle seguenti: «e le città metropolitane»;

              2) il secondo periodo è soppresso;

          s) all'articolo 197, comma 1, le parole: «, delle comunità montane, delle unioni dei comuni» sono soppresse;

          t) all'articolo 204, comma 1, il secondo periodo è soppresso;

          u) all'articolo 206, comma 1, il secondo periodo è soppresso;

          v) all'articolo 207, comma 1, le parole: «, da consorzi cui partecipano nonché dalle comunità montane di cui fanno parte» sono sostituite dalle seguenti: «nonché da consorzi cui partecipano»;

          z) all'articolo 208, comma 1, lettera b), le parole: «le comunità montane e le unioni di comuni,» sono soppresse;

          aa) all'articolo 222, comma 1, le parole: «, le città metropolitane e le unioni di comuni» sono sostituite dalle seguenti: «e le città metropolitane»;

 

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          bb) all'articolo 224, comma 1, le parole: «, del sindaco metropolitano e del presidente della comunità montana» sono sostituite dalle seguenti: «e del sindaco metropolitano»;

          cc) all'articolo 234, comma 3, le parole: «, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane» e le parole: «o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della comunità montana» sono soppresse;

          dd) all'articolo 236, comma 2, le parole: «, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle unioni di comuni» sono sostituite dalle seguenti: «e delle città metropolitane»;

          ee) all'articolo 238, comma 1, secondo periodo, le parole da: «e le comunità montane» fino alla fine del periodo sono soppresse;

          ff) all'articolo 241, il comma 5 è abrogato;

          gg) all'articolo 242, comma 3, le parole: «, province e comunità montane» sono sostituite dalle seguenti: «e province».

Art. 6.
(Limiti alla costituzione di uffici di supporto agli organi di direzione politica da parte degli enti locali).

      1. L'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, è sostituito dal seguente:

      «Art. 90. - (Uffici di supporto agli organi di direzione politica). - 1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente. Nelle province e

 

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nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, i sindaci, la giunta o gli assessori possono dotarsi di non più di tre collaboratori per il sindaco e di un collaboratore ciascuno per gli assessori, assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni. Nei comuni con popolazione inferiore a 250.000 abitanti non si può procedere a tali assunzioni.
      2. La retribuzione del personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato non può superare quella del dirigente di massimo livello dello stesso ente locale».

Art. 7.
(Limiti alla possibilità di avvalersi della collaborazione a titolo oneroso di soggetti esterni alla pubblica amministrazione da parte di Ministri e di Sottosegretari di Stato).

      1. Il Presidente del Consiglio dei ministri nonché ciascun Ministro e Sottosegretario di Stato può avvalersi di un contingente di soggetti estranei alla pubblica amministrazione, assunti con contratto di lavoro a tempo determinato, di entità non superiore a dieci unità.
      2. La retribuzione dei soggetti assunti ai sensi del comma 1 non può essere superiore a quella massima stabilita per il dirigente di massimo livello dello stesso Ministero.
      3. I titolari delle cariche indicate al comma 1 possono altresì avvalersi, in aggiunta al contingente previsto dal medesimo comma 1, di dipendenti della stessa amministrazione ovvero di dipendenti di altra amministrazione in posizione di comando. La retribuzione complessiva di ciascuno dei soggetti di cui al presente comma non può essere superiore al limite indicato nel comma 2.

 

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Art. 8.
(Limiti alla stipulazione di contratti a tempo determinato da parte degli enti locali).

      1. All'articolo 92 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 1, primo periodo, le parole: «e a tempo determinato, pieno o parziale» sono soppresse;

          b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Rapporti di lavoro a tempo parziale o a tempo determinato».

Art. 9.
(Incompatibilità tra le funzioni di segretario comunale o provinciale o di dipendente di un ente locale e l'assunzione di incarichi presso aziende del comune o della provincia ovvero presso società da essi partecipate).

      1. Chiunque esercita o ha esercitato le funzioni di segretario comunale o provinciale e chiunque è o è stato, a qualsiasi titolo, dipendente di un comune o di una provincia non può essere nominato presidente o membro del consiglio di amministrazione di aziende municipalizzate o di enti pubblici, rispettivamente, del medesimo comune o provincia presso cui presta o ha prestato servizio, ovvero di società dagli stessi partecipate.

Art. 10.
(Nomina del direttore generale nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti).

      1. L'articolo 108 del decreto legislativo n. 267 del 2000, è sostituito dal seguente:

      «Art. 108. - (Direttore generale). - 1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti e il sindaco metropolitano, previa deliberazione della

 

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giunta comunale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto di lavoro a tempo determinato, secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal sindaco metropolitano, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune.
      2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal sindaco metropolitano, previa deliberazione della giunta comunale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del sindaco metropolitano.
      3. Non possono svolgere le funzioni di direttore generale i soggetti che svolgono o che hanno svolto negli ultimi dieci anni funzioni di segretario generale o di sindaco presso il medesimo comune.
      4. Il direttore generale, nello svolgimento delle sue funzioni, non può avvalersi di collaboratori esterni all'amministrazione.
      5. La retribuzione del direttore generale non può superare quella spettante al dirigente di massimo livello dello stesso ente locale».

Art. 11.
(Soppressione della possibilità di conferire incarichi a contratto).

      1. L'articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, è abrogato.

 

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Art. 12.
(Gratuità delle funzioni di membro dei consigli di amministrazione di aziende o di enti pubblici e di società a partecipazione pubblica).

      1. Le funzioni di presidente o di membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale nonché di revisore dei conti, delle aziende e degli enti pubblici statali, regionali o degli enti locali, delle commissioni ministeriali o interministeriali e delle società pubbliche non quotate, attribuite a soggetti esterni all'ente o all'amministrazione, sono esercitate a titolo gratuito. Ai predetti soggetti può essere corrisposto soltanto il rimborso per le spese sostenute nell'esercizio delle loro funzioni.

Art. 13.
(Divieto di impiego di soggetti esterni da parte dei presidenti e dei membri dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali degli enti pubblici e delle commissioni ministeriali o interministeriali).

      1. I presidenti e i membri dei consigli di amministrazione, dei collegi sindacali, dei collegi dei revisori dei conti degli enti pubblici statali, regionali o degli enti locali, delle commissioni ministeriali o interministeriali e delle società pubbliche non quotate non possono avvalersi della collaborazione di soggetti esterni a titolo oneroso a carico del bilancio dell'ente stesso, salva la possibilità di ricorrere a nuove assunzioni tramite concorso pubblico.

Art. 14.
(Razionalizzazione delle aziende pubbliche o a partecipazione pubblica degli enti locali).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituita

 

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presso il Ministero dell'economia e delle finanze la Commissione nazionale per il riordinamento e la razionalizzazione del sistema delle aziende pubbliche e delle società a partecipazione pubblica degli enti locali, di seguito denominata «Commissione nazionale».
      2. La Commissione nazionale è composta da un presidente e da dieci componenti, nominati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze tra i dirigenti del medesimo Ministero. Il presidente e i membri della Commissione non hanno diritto ad alcun emolumento aggiuntivo.
      3. La Commissione nazionale, entro due anni dal suo insediamento:

          a) redige l'elenco delle aziende pubbliche e delle società a partecipazione pubblica degli enti locali;

          b) presenta al Ministro dell'economia e delle finanze un piano di riordinamento del sistema delle aziende pubbliche e delle società a partecipazione pubblica esistenti, proponendo la liquidazione delle aziende o la dismissione delle partecipazioni nelle società giudicate non necessarie per l'adempimento delle funzioni degli enti locali.

Art. 15.
(Divieto di esternalizzazione di servizi).

      1. È fatto divieto alla pubblica amministrazione, ai Ministeri, alle regioni, agli enti locali e agli enti pubblici nonché alle aziende a partecipazione pubblica di attribuire a società o ad altri soggetti esterni, anche se a totale o parziale partecipazione pubblica, l'appalto di servizi o di attività che possono essere svolti attraverso uffici dell'ente stesso, anche da costituire appositamente, o tramite personale da assumere attraverso appositi concorsi pubblici.

 

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Art. 16.
(Divieto di istituzione di uffici di rappresentanza in Paesi esteri da parte delle regioni e degli enti locali).

      1. È fatto divieto alle regioni e agli enti locali di istituire uffici di rappresentanza negli Stati esteri o presso l'Unione europea. Le missioni svolte all'estero da rappresentanti delle regioni e degli enti locali devono essere previamente autorizzate con delibera, rispettivamente, del consiglio regionale o del consiglio dell'ente locale interessato.

Art. 17.
(Riduzione delle indennità dei deputati, dei senatori e dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia).

      1. Il secondo comma dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente:

      «Gli Uffici di Presidenza delle due Camere determinano l'ammontare di dette quote in misura tale che non superi i 5.000 euro mensili».

Art. 18.
(Riforma della procedura di selezione e di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere).

      1. Al comma 2, secondo periodo, dell'articolo 4 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, le parole da: « Il direttore generale» fino a: «acquisita l'intesa con le regioni» sono sostituite dalle seguenti: «A decorrere dal 1o gennaio 2008, il direttore generale è nominato mediante concorso per titoli ed esami da una commissione regionale nominata dall'assessore regionale competente per la sanità e composta da medici con almeno quindici anni di iscrizione all'albo e da docenti ordinari di materie mediche, che risiedono o lavorano da almeno dieci anni in un'altra regione».

 

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Art. 19.
(Soppressione della facoltà di nomina di due membri delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti da parte delle regioni).

      1. Il comma 9 dell'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato.


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