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PDL 2854

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 2854



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato LICANDRO

Abrogazione dell'articolo 595 del codice di procedura penale, in materia di appello incidentale

Presentata il 3 luglio 2007


      

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Onorevoli Colleghi! - L'appello incidentale, fin dal suo primo apparire all'interno del sistema processuale penale italiano, è sempre stato un istituto fortemente discusso, soprattutto in considerazione della sua natura di mezzo poco rispettoso dei diritti dell'imputato. Le prime proposte di introduzione dell'appello incidentale nel processo penale italiano risalgono ai lavori preparatori del codice di procedura penale del 1913; tuttavia tali proposte non furono considerate meritevoli di accoglimento né nel progetto definitivo né nel codice approvato. Nella fase preparatoria di quello che sarebbe diventato il codice di procedura penale del 1930, la proposta d'introdurre l'appello incidentale trovò accoglimento a seguito di vicende assai complesse e significative del clima politico di quel periodo storico. Intento iniziale del Ministro Guardasigilli dell'epoca era, infatti, quello di concepire l'appello come un mezzo sempre dotato di effetto totalmente devolutivo, anche qualora il giudizio di secondo grado fosse celebrato a seguito di un'impugnazione del solo imputato.
      Si mirava, dunque, alla rimozione della garanzia fondamentale costituita dal divieto di reformatio in peius nei casi di appello del solo imputato, con il dichiarato scopo di scoraggiare l'impugnazione dell'imputato, mediante il rischio di un aggravamento del carico sanzionatorio. Nondimeno, le polemiche che accompagnarono questa proposta del Governo furono talmente aspre da indurre lo stesso Guardasigilli a mutare le sue proposte, acconciandosi a perseguire lo scopo iniziale di compressione delle facoltà difensive dell'imputato attraverso il diverso mezzo tecnico costituito dall'introduzione dell'appello
 

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incidentale. Anche su questa proposta la Commissione parlamentare espresse parere negativo con rimarchevole asprezza di accenti, ma, malgrado ciò, l'appello incidentale trovò posto sia nel progetto definitivo sia nel codice di procedura penale cosiddetto «Rocco».
      Gli elementi di criticità dell'istituto, già sottolineati in precedenza dalla dottrina, divennero più evidenti con l'entrata in vigore e con la progressiva attuazione della Costituzione. Non è un caso, quindi, che, in un contesto sociale e parlamentare favorevole, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 177 del 1971, dichiarasse illegittimo l'articolo 515, quarto comma, del codice di procedura penale allora vigente, in materia di appello incidentale.
      Nondimeno, l'istituto dell'appello incidentale, con alcune varianti rispetto alla sua configurazione originaria, è stato reintrodotto nel nostro ordinamento con l'emanazione del codice di procedura penale attualmente vigente e, più precisamente, con l'articolo 595. Tale reintroduzione dell'appello incidentale non ha, però, mancato di suscitare aspre critiche in dottrina e nella giurisprudenza, financo di legittimità. Ciò è confermato da un'ordinanza con cui la sezione III penale della Suprema Corte di cassazione sollevava la questione di legittimità costituzionale riguardo proprio all'articolo 595 del codice di procedura penale. A seguito di tale ordinanza, la Corte costituzionale tornava a pronunziarsi sulla legittimità dell'appello incidentale e rigettava il ricorso con argomentazioni che, indipendentemente dal loro grado di persuasività, sottolineavano la piena legittimità di un eventuale intervento del legislatore inteso a rimuovere l'istituto dal diritto positivo.
      Quanto alle ragioni specifiche che giustificano la presente proposta di legge, recante l'abrogazione degli articoli 595 del codice di procedura penale e 166 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, esse sono agevolmente individuabili nella funzione ingiustificatamente compressiva dei diritti dell'imputato che è propria di tali disposizioni, nonché nella loro sospetta contraddittorietà rispetto a numerosi princìpi costituzionali. Va notato, infatti, che l'appello incidentale, se proposto dal pubblico ministero, produce l'effetto pratico di far venire meno, nel giudizio, il divieto di reformatio in peius di cui all'articolo 597, comma 3, del citato codice di procedura penale, il quale normalmente si riconnette alla proposizione dell'impugnazione da parte del solo imputato. Tale conseguenza deriva, tuttavia, da un'attività intimamente contraddittoria del pubblico ministero. È pacifico, infatti, in dottrina, che il potere d'impugnazione del pubblico ministero costituisca una delle manifestazioni del diritto-dovere di azione sancito dall'articolo 112 della Costituzione. Ciò è confermato dal fatto che, nel procedimento dinnanzi al giudice di pace, laddove è attribuito alla persona offesa un autonomo potere di azione, ad essa è conseguentemente garantito anche il diritto d'impugnazione. È, dunque, manifestamente contraddittorio che il pubblico ministero, da una parte, non eserciti l'impugnazione in via principale (con ciò dimostrando di ritenere esatta la sentenza di primo grado) e, dall'altra proponga l'impugnazione in via incidentale. Non si comprende, infatti, a quale finalità legittima potrebbe ricondursi una simile attività in un sistema in cui vige il principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale. L'unica funzione pratica a cui tende l'istituto è quella, già accennata, di scoraggiare l'appello dell'imputato, il che equivale a comprimere il suo diritto di difesa, sancito dall'articolo 24, secondo comma, della Costituzione. Una compressione tanto più ingiustificata dal momento che essa non trova fondamento alcuno in ragioni apprezzabili sotto il profilo dei princìpi costituzionali.
      Va ulteriormente osservato che nella regolamentazione di cui al citato articolo 595 del codice di procedura penale la parità delle parti prevista ai sensi degli articoli 3, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, è rispettata solo apparentemente. Se è vero, infatti, che tutte le parti possono proporre appello
 

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incidentale, tuttavia va notato che solo l'appello del pubblico ministero produce effetti sull'ampiezza della cognizione attribuita al giudice dell'impugnazione. È noto, infatti, che, all'appello del solo pubblico ministero non consegue un divieto di reformatio in melius, cosicché l'appello incidentale dell'imputato non determina nessun effetto peggiorativo sulla posizione dell'accusa; mentre è stato già sottolineato come l'appello incidentale proposto dal pubblico ministero determini il venire meno del divieto di reformatio in peius e, dunque, un sensibile peggioramento della posizione della difesa. Ciò, peraltro, si accompagna al fatto che, mentre l'imputato, in caso di reformatio in peius, si trova esposto a gravi conseguenze per la sua persona, altrettanto non può dirsi del pubblico ministero per il caso di reformatio in melius. Da ciò appare evidente la sostanziale contrarietà dell'appello incidentale rispetto al principio di eguaglianza dinnanzi alla legge e ai princìpi fondamentali del «giusto processo». Naturalmente l'esigenza di ripristinare il principio di parità delle parti nel processo non potrebbe essere soddisfatta da un intervento che si limitasse a eliminare l'appello incidentale del pubblico ministero, senza contemporaneamente eliminare una tale possibilità anche per le parti private.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge dispone l'abrogazione degli articoli 595 del codice di procedura penale e 166 delle citate norme di attuazione.
      L'articolo 2 detta la disciplina transitoria.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Abrogazioni).

      1. L'articolo 595 del codice di procedura penale e l'articolo 166 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono abrogati.

Art. 2.
(Norme transitorie).

      1. L'articolo 595 del codice di procedura penale e l'articolo 166 delle citate norme di attuazione di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, abrogati ai sensi dell'articolo 1 della presente legge, continuano ad applicarsi, in via transitoria, a tutti i provvedimenti per i quali può essere proposto appello in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già iniziato a decorrere i termini per proporre l'appello principale o l'appello incidentale. I medesimi articoli continuano ad applicarsi, altresì, a tutti i provvedimenti giurisdizionali in relazione ai quali, alla citata data di entrata in vigore della presente legge, è già stato depositato un atto di appello.


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