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PDL 1191

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1191



 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

DANIELE FARINA, CARUSO, DIOGUARDI, MASCIA, SMERIGLIO

Istituzione di centri di sperimentazione per la riduzione dei danni correlati alla tossicodipendenza

Presentata il 23 giugno 2006


      

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Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge nasce dalla constatazione che tutte le politiche di lotta alla droga e di recupero dei tossicomani fino ad oggi sperimentate in Italia - e le relative leggi - non solo non hanno sortito effetti positivi nel recupero di chi abusa di sostanze stupefacenti o da tali sostanze è dipendente, ma anzi hanno sortito effetti diametralmente opposti a quelli voluti e auspicati.
      Esperienze e legislazioni diverse, invece, hanno ottenuto effetti positivi, non solo nella riduzione della tossicodipendenza, ma anche in relazione ai danni subiti e causati da chi è ormai dipendente, dal punto di vista fisico e psicologico, da sostanze stupefacenti.
      Sulla base di esperienze realizzate in altri Paesi europei - e, in particolare, nelle città di Amsterdam, Liverpool e Zurigo - si è sviluppato, anche in Italia, un serio e approfondito dibattito che ha avuto la sua tappa più importante nella prima Conferenza nazionale sulla droga, organizzata dal Dipartimento per gli affari sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri (Palermo, 24-26 giugno 1993). In quella Conferenza era emerso che, a fronte della constatazione del fallimento delle precedenti opzioni legislative in tema di tossicodipendenza, era giunto il momento di fare alcuni passi avanti nella strategia della «riduzione del danno» (Harm Reduction): prospettiva di lavoro da tempo portata avanti da alcuni servizi sanitari della regione di Liverpool e che costituiva, sin dal 1988, l'obiettivo, considerato «essenziale» dal rapporto su AIDS e droga all'agenzia pubblica britannica Advisory Council on the Misuse of Drugs.
 

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      Lo sviluppo di quella ispirazione e di quella impostazione ci consente di assumere, come premessa di un'adeguata strategia nel campo delle tossicodipendenze, la possibilità di sottrarre il consumatore di droghe illegali a due convergenti forme di pressione: quella di tipo giudiziario, rappresentata dal sistema delle sanzioni e delle pene, e quella di tipo sanitario, che subordina l'aiuto, l'assistenza e la cura a una decisione di totale astinenza. Dietro tale pressione c'è una paradigma rigido, che impone un'alternativa secca: o l'astinenza o una vita di dolore e di marginalità, che comporta - per oltre mille individui all'anno - la morte per «eroina di strada». Sottrarre il tossicodipendente a tale alternativa - assai simile a una tenaglia senza scampo - e offrirgli un'altra possibilità: è questo l'obiettivo e la condizione primaria di una strategia di riduzione del danno. Essa prevede due forme diverse di intervento, tra loro integrabili, differite nel tempo o contestuali: «terapia», finalizzata all'interruzione del consumo di droghe che comportano dipendenza; «trattamento», finalizzato non immediatamente all'astinenza, ma al miglioramento dei comportamenti dei tossicodipendenti sul piano della salute e delle relazioni sociali.
      Dunque, se il tossicodipendente, in un determinato luogo e in un determinato momento della sua vita, non è in grado di scegliere l'astinenza - perché non può o non vuole, perché non ha incontrato don Ciotti o uno psicoterapeuta, un adeguato sistema di rapporti o un progetto di vita gratificante - occorre metterlo in condizioni di non morire. Questo è il primo compito terapeutico e sociale e il primo imperativo morale. Di conseguenza, occorre consentire a quel tossicodipendente di assumere sostanze nelle condizioni sociali, igieniche, sanitarie e giuridiche le meno pericolose, afflittive e oppressive possibili. Da qui la proposta della somministrazione, quando necessario, di eroina o di morfina sotto controllo medico, all'interno di strutture sanitarie pubbliche. È questa la precondizione affinché, in un altro luogo e in un altro momento della sua vita, quel tossicodipendente possa scegliere l'astinenza e possa rivolgersi a un servizio pubblico o a una comunità, a uno psicoterapeuta o a un diverso progetto di vita. Se sarà morto di overdose, se sarà malato di AIDS, se sarà in carcere, se sarà spacciatore o scippatore o rapinatore, se sarà prostituto o prostituta, non potrà arrivare a quella scelta.
      Si tratta di operare, pertanto, per evitare o ridurre, per controllare o limitare, il realizzarsi di situazioni di pericolo e dei danni a esse correlati, quali:

          1) intossicazione da adulteranti presubilmente presenti nell'eroina illegale;

          2) uso promiscuo di siringhe e conseguente rischio di infezione da HIV (nonché rischi di epatite virale, endocardite, flebite, eccetera);

          3) overdose, dovuta all'instabilità e all'imprevidibilità dei dosaggi della «droga di strada»;

          4) stile di vita irregolare e marginale, mancata integrazione sociale e precario stato di salute, dovuti alla ricerca della droga sul mercato illegale e alle condizioni del mercato illegale;

          5) comportamenti indotti dai costi elevati delle «droghe di strada»; prostituzione e conseguenti rischi di malattie veneree e di infezione da HIV; ingresso nel circuito dello spaccio di sostanze stupefacenti; atti criminali finalizzati all'acquisizione della dose e del denaro per la dose;

          6) stato di detenzione conseguente a quei comportamenti illegali.

      Tali considerazioni valgono, in primo luogo, per l'universo degli «anonimi»; non va dimenticato che - tra quanti assumono droghe - solo un tossicodipendente su cinque frequenta strutture di assistenza pubbliche o private. Dunque, i programmi di somministrazione controllata di sostanze stupefacenti intendono allargare il ventaglio delle possibilità e il numero delle opportunità offerte a quegli «anonimi», per sottrarre una parte di essi all'alternativa brutale prima indicata: o astinenza o

 

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«eroina di strada» (alle condizioni stabilite dalla criminalità organizzata e con tutti i rischi conseguenti, sopra ricordati).
      La presente proposta di legge parte dal presupposto che sia opportuno, e necessario - oltre che razionale e morale - proporre altre vie per consentire a quei tossicodipendenti - oggi incapaci di smettere per le più diverse ragioni - di assumere sostanze, senza che ciò comporti il subire le condizioni e i terribili rischi del mercato clandestino. Solo così, in futuro, quei tossicodipendenti - se saranno in grado e se lo vorranno, se avranno l'occasione e gli strumenti - potranno scegliere l'astinenza.
      Negli ultimi anni, molto si è fatto - in altri Paesi - al fine di perseguire tali obiettivi. Il Merseyside Drug Training and Information Centre di Liverpool si è fatto promotore delle conferenze mondiali sulla riduzione del danno, che si sono succedute dal 1989 a oggi, e gode del sostegno dell'Organizzazione mondiale della sanità, dell'attenzione dell'ONU e di agenzie influenti e autorevoli, come l'International Council on Alcohol and Addiction.
      L'elaborazione, anche in Italia, di un programma e di una normativa che si pongano i medesimi obiettivi può prendere le mosse dal Rapporto Gerstein-Lewin, pubblicato negli Stati Uniti dalla National Academy of Science (settembre 1990), a conclusione di una ricerca commissionata, fra gli altri, dal National Institute on Drugs Abuse, un organismo governativo. In questa, che è la più accurata indagine fino a oggi realizzata su costi e benefìci dei programmi di trattamento, si legge: «La ricerca iniziale di droghe e il loro uso occasionale dipendono largamente da una scelta volontaria, sebbene questo comportamento sia profondamente influenzato dall'ambiente. La progressione nell'uso di droghe non è inevitabile: una minoranza di consumatori progredisce verso l'abuso e ancora di meno arriva alla dipendenza».
      Dunque, per la maggioranza dei consumatori la dipendenza dalla droga non è una condanna a vita, tanto meno a morte. Essa occupa «una fase temporanea dell'esistenza», che può essere superata più o meno rapidamente attraverso un processo di maturazione personale, incentivato e sostenuto dall'esterno. Decisivo diventa, allora, il ruolo delle norme giuridiche, delle politiche sanitarie e dei servizi sociali. Le normative sulla droga devono facilitare quel processo evitando di trasformare i tossicodipendenti in tossicodelinquenti, in criminali indotti al crimine dalla necessità di procurarsi la dose e il denaro per la dose e di compromettere ogni possibilità di integrazione sociale e di efficace terapia medica.
      Ecco perché diventano prioritari l'obiettivo della «riduzione del danno» e la necessità di proporre programmi di trattamento diversificati: così come ogni soggetto è arrivato alla droga attraverso un suo percorso individuale e per - o a causa di - esperienze del tutto soggettive, così diventa indispensabile, se si vuole seriamente e concretamente affrontare il fenomeno, proporre diverse vie di uscita dalla situazione in cui versa il tossicodipendente.
      Numerose istituzioni sanitarie pubbliche - in Inghilterra, in Svizzera e in Olanda - hanno dato inizio, già da qualche anno, a progetti di sperimentazione di distribuzione di farmaci sostitutivi, e anche (se assolutamente necessario) di eroina, purché sotto stretto controllo medico. Tali esperienze si sono rivelate positive: in Svizzera, per esempio, sul totale dei partecipanti al programma sperimentale di somministrazione controllata, oltre la metà non fa più uso di eroina, e il 20 per cento neppure di sostanze sostitutive; il 90 per cento ha una normale vita sociale e lavorativa. Sono inoltre diminuiti dell'80 per cento i reati «da strada» connessi alla tossicodipendenza e non si sono segnalati, tra i soggetti sottoposti alla sperimentazione, nuovi casi di trasmissione dell'infezione da HIV.
      Nel settembre 1991, le autorità sanitarie di Ginevra si esprimevano come segue: «Colui che desidera smettere deve trovare tutte le istituzioni disponibili ad aiutarlo ad abbandonare l'uso della droga. Chi non
 

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riesce a smettere deve trovare tutte le istituzioni disponibili ad aiutarlo a sopravvivere».
      Da qui un notevole impulso alle strategie di riduzione del danno, tese a rendere «la condizione di tossicodipendenza compatibile con la vita sociale»: non bisogna lasciare alla piazza, agli spacciatori, alla morte (per AIDS, per overdose) chi ancora non ha fatto, o non ha avuto la forza di fare, una consapevole scelta di uscire dalla dipendenza da sostanze stupefacenti. Solo evitando la morte, o malattie che porterebbero alla morte, rimane una possibilità di recupero e di reinserimento.
      Questo - e non altro - è l'obiettivo della presente proposta di legge (che riproduce il testo dell'atto Camera n. 719 della XIV legislatura), redatta con il contributo degli avvocati Mirko Mazzali e Dario Ciarletta, e alla quale hanno contribuito - in un confronto costruttivo - medici, psicologi e operatori che ogni giorno cercano di affrontare e di risolvere i gravi problemi che incontra chi non riesce autonomamente a liberarsi dalla dipendenza della droga. Questa proposta di legge si inserisce in una strategia, sociale e terapeutica, che è l'opposto della resa e rappresenta, soprattutto, lo sforzo e la volontà di chi non intende abbandonare tutti coloro che non sono liberi di scegliere.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Princìpi e obiettivi).

      1. Lo Stato promuove iniziative finalizzate alla cura della tossicodipendenza e si impegna a introdurre misure terapeutiche tese a migliorare lo stato di salute del tossicomane, a evitare la morte causata da intossicazione acuta da sostanze stupefacenti o psicotrope e la trasmissione dell'infezione da HIV, nonché di altre malattie conseguenti allo scambio promiscuo di siringhe. A tale fine promuove l'istituzione dei centri di sperimentazione di cui all'articolo 2, quali strutture idonee a offrire al tossicodipendente un sostegno fisico, psichico e farmacologico fino al cessare della dipendenza fisica e psichica.

Art. 2.
(Istituzione dei centri di sperimentazione).

      1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge sono istituiti, all'interno dei servizi pubblici per le tossicodipendenze (SERT), appositi centri di sperimentazione, di seguito denominati «centri», nei quali operano gruppi socio-sanitari composti da un medico, che ne è responsabile, uno psicologo, un assistente sociale, un infermiere professionale e un educatore.
      2. I gruppi socio-sanitari operanti all'interno dei centri sono composti, ove possibile in relazione alle dotazioni organiche delle strutture interessate, da operatori già impegnati nelle strutture pubbliche, sociali e sanitarie del territorio.
      3. Può fare parte dei gruppi di cui al comma 2 solo chi ne fa espressa richiesta.
      4. L'orario di lavoro, nel rispetto delle norme contrattuali vigenti, deve consentire

 

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l'apertura dei centri tutti i giorni, festivi compresi, dalle ore 8 alle ore 24.

Art. 3.
(Condizioni per l'accesso ai centri).

      1. Possono accedere ai centri i soggetti tossicodipendenti che risiedono nel territorio del comune ove ha sede il centro e che si trovano in una delle seguenti condizioni:

          a) accertato stato di tossicodipendenza;

          b) precedenti rapporti con il SERT;

          c) fallimento di uno o più programmi di disintossicazione;

          d) patologia correlata all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope;

          e) ripetute carcerazioni dovute a reati connessi allo stato di tossicodipendenza.

      2. L'accertamento dello stato di tossicodipendenza di un soggetto è effettuato dal personale dei centri attraverso la raccolta dei dati anamnestici, l'effettuazione dell'esame clinico e di colloqui con lo psicologo e l'assistente sociale nonché mediante la ricerca di oppiacei e di loro metaboliti nei liquidi biologici.

Art. 4.
(Piano di trattamento individuale).

      1. Il piano di trattamento individuale, i cui obiettivi sono la riabilitazione e la disintossicazione, è concordato tra il gruppo socio-sanitario del centro e l'interessato, sentiti il medico di base dello stesso e il SERT, con l'esclusione di qualsiasi forma di terapia obbligatoria. Nell'ambito del piano sono previsti, oltre al trattamento farmacologico, interventi di sostegno di carattere psicologico, familiare e sociale.
      2. Il piano deve altresì prevedere incontri periodici tra l'interessato e il gruppo socio-sanitario, al fine di verificare

 

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l'andamento della terapia e di concordare eventuali modifiche, ai sensi dell'articolo 7.

Art. 5.
(Modalità del trattamento farmacologico).

      1. All'interno del centro possono essere somministrati eroina, metadone o morfina, secondo programmi concordati con il responsabile del gruppo socio-sanitario. La somministrazione e l'assunzione devono avvenire all'interno dei locali del centro e sotto controllo medico. Del programma devono essere informati il SERT competente e il medico di base di chi accede alla sperimentazione.
      2. Il programma concordato ai sensi del comma 1 deve prevedere:

          a) il tipo di sostanza da somministrare;

          b) la quantità, la frequenza e le modalità della somministrazione;

          c) la durata del programma.

      3. La somministrazione, per via iniettiva, delle sostanze previste dal programma è consentita a condizione che sia verificata periodicamente, secondo scadenze concordate con il responsabile del gruppo socio-sanitario e con l'interessato.
      4. Al tossicodipendente in crisi di astinenza possono essere comunque somministrati eroina, morfina o metadone in quantità adeguata al quadro clinico e indipendentemente dai criteri stabiliti nel programma concordato ai sensi del comma 2.

Art. 6.
(Piano di sostegno individuale)

      1. Il piano di trattamento di cui all'articolo 4 è affiancato da un piano di sostegno individuale, volto a garantire un supporto globale alla persona che accede ai centri e comprendente misure di carattere

 

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assistenziale e sociale nonché interventi di carattere psicologico e psicoterapeutico.

Art. 7.
(Verifiche periodiche).

      1. Le verifiche periodiche di cui all'articolo 4, comma 2, devono accertare l'evoluzione delle condizioni di salute e del consumo di sostanze stupefacenti o psicotrope del soggetto sottoposto al trattamento, nonché la modifica delle modalità del consumo. Nel corso dei colloqui devono essere analizzati, in particolare, il comportamento sociale, la condizione lavorativa e l'atteggiamento di fronte al rischio di infezione da HIV, al fine di favorire l'orientamento del soggetto verso attività socialmente utili e di allontanarlo da ambienti legati alla criminalità.

Art. 8.
(Anonimato e tutela del segreto professionale).

      1. Ad ogni soggetto sottoposto al trattamento presso i centri è rilasciato un libretto sanitario personale sul quale deve essere apposta una fotografia in formato tessera. A richiesta dell'interessato, sul libretto sanitario possono non essere indicati i dati anagrafici, al fine di tutelarne l'anonimato.
      2. Il contenuto del libretto sanitario, nel quale devono essere registrate la data di inizio del trattamento e le date degli incontri con il gruppo socio-sanitario del centro, è coperto dal segreto professionale.
      3. I responsabili dei centri e tutti i membri del gruppo socio-sanitario non possono essere obbligati a deporre, né davanti all'autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità, su quanto appreso in relazione alla propria professione; agli stessi si applicano le disposizioni previste dall'articolo 200 del codice di procedura penale e si estendono, in quanto applicabili, le garanzie stabilite per il difensore dall'articolo 103 del medesimo codice.

 

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Art. 9.
(Modifica all'articolo 73 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309).

      1. Dopo il comma 6 dell'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, è inserito il seguente:

      «6-bis. Le pene previste dal comma 1 sono aumentate fino alla metà per chi offre o pone in vendita illecitamente sostanze stupefacenti o psicotrope all'interno o in prossimità dei centri di sperimentazione istituiti nell'ambito dei servizi pubblici per le tossicodipendenze ovvero offre le medesime a soggetti sottoposti al trattamento presso gli stessi centri».

Art. 10.
(Unità di strada)

      1. Presso ogni centro è istituita almeno una unità di strada, avente come obiettivo principale la riduzione della diffusione dell'infezione da HIV e delle patologie correlate all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, attraverso la modifica dei comportamenti a rischio.
      2. Compito delle unità di strada è stabilire una relazione costruttiva con i tossicodipendenti che non sono in contatto con i SERT o con associazioni, cooperative e organismi comunque denominati operanti nel settore del privato sociale, avvicinandoli nel loro ambiente quotidiano. Tale compito può essere svolto anche attraverso la distribuzione di materiale informativo e di strumenti di profilassi utili a limitare la diffusione delle patologie di cui al comma 1. Le unità di strada operano anche nei confronti dei soggetti che non manifestino una dichiarata intenzione di disintossicarsi.

 

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      3. L'organizzazione e il funzionamento delle unità di strada sono disciplinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 11.
(Efficacia delle norme e Commissione parlamentare di controllo).

      1. Le norme di cui alla presente legge rimangono in vigore per la durata di tre anni dall'istituzione dei centri.
      2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituita una Commissione parlamentare, composta da quindici senatori e da quindici deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, con il compito di controllare l'applicazione della medesima legge e di verificare con cadenza periodica i risultati dei centri e delle unità di strada.

Art. 12.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


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