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PDL 3405

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 3405


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MADERLONI, AURISICCHIO, ROTONDO, SCOTTO, DI SALVO, LEONI, FUMAGALLI, BANDOLI, BUFFO, ZANOTTI, NICCHI, SASSO, TRUPIA, D'ANTONA, ATTILI, LOMAGLIO, PETTINARI

Misure per il sostegno alla produzione della frutta in guscio e per lo sviluppo dell'economia legata alla coltura delle castagne

Presentata il 4 febbraio 2008

      

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Onorevoli Colleghi! - La coltivazione della frutta in guscio, con le sue specie più importanti, nocciola, mandorla, noce, pistacchio, carruba e castagna, è stata praticata fin dalle antiche origini dell'agricoltura in Italia e in tutto il Mediterraneo. La connessione storica tra le vicende della coltivazione delle specie di frutta in guscio e l'economia agricola di molti aree rurali italiane ed europee è molto stretta e la documentazione storico-sociologica al riguardo è notevole. La diffusione di queste specie agrarie, soprattutto la nocciola, il mandorlo e la noce che hanno origini asiatiche, è avvenuta grazie ai fenici e ai greci, che ne hanno diffuso la coltivazione e l'utilizzo in tutto il bacino del Mediterraneo.
      Storicamente, la coltivazione della frutta in guscio ha rappresentato per molte comunità rurali una fonte di reddito e di sostentamento unica. La civiltà del castagno, con la valorizzazione del suo frutto, ma anche della paleria, dell'opportunità di pascolo e dell'utilizzo dei frutti del sottobosco, che nei secoli scorsi hanno caratterizzato le economie di molti comprensori rurali appenninici, ne è la prova lampante e documentale.
      La crisi dell'economia agricola che ha caratterizzato l'Europa nel secondo dopoguerra e il progressivo abbandono delle aree rurali marginali, dove venivano coltivate queste specie, caratterizzate da un'estrema adattabilità e rusticità dal punto di vista agronomico, hanno generato
 

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un profondo cambiamento del ruolo e dell'importanza della frutta in guscio in tutta l'Unione europea, anche a causa delle forti pressioni competitive delle produzioni extracomunitarie.
      Il comparto ortofrutticolo è stato uno degli ambiti nel quale la politica settoriale comunitaria si è sviluppata con grande attenzione, talvolta anticipando strategie e strumenti che poi sarebbero stati adottati anche in altri comparti agricoli. In tale senso si può dire che il comparto della frutta in guscio costituisca una sorta di caso pilota nel disegno comunitario, anche in considerazione del ruolo fondamentale per il presidio del territorio e per la salvaguardia dell'assetto ambientale, sociale e rurale delle aree collinari e montane che tali coltivazioni (castagna, carrubo, mandorlo, nocciolo, noce e pistacchio) svolgono.
      Secondo i risultati dell'ultimo censimento agricolo, nel nostro Paese 175.515 aziende coltivano frutta in guscio (castagno da frutto escluso) interessando 138.424 ettari: la superficie media aziendale dedicata alla frutta in guscio è inferiore a un ettaro (0,79 ettari/azienda). Il mandorlo è la specie diffusa nel maggior numero di aziende (88.838), seguito dal nocciolo (73.701), mentre noce, pistacchio e carrubo sono presenti in 38.661 aziende. In termini di superficie invece il primato spetta al nocciolo (66.546 ettari), seguito dal mandorlo (53.066 ettari). Inoltre, dai dati relativi alla distribuzione delle aziende e delle superfici per classi di superficie agricola utile (SAU) emerge una situazione generale di estrema frammentazione delle strutture produttive; in particolare: 91.078 aziende (quasi il 46 per cento del totale) coltivano frutta in guscio su meno di un ettaro, con una dimensione media di 0,22 ettari. Per quanto riguarda le singole specie, la metà delle aziende che coltivano il nocciolo destina alla coltura una superficie media di 0,26 ettari, mentre il 41 per cento delle aziende con mandorlo destina alla coltura solo 0,17 ettari.
      Pur essendo escluso dalle coltivazioni ammissibili all'aiuto secondo la normativa comunitaria, il castagno rappresenta una delle produzioni più tipiche e tradizionali della frutta in guscio e svolge un ruolo fondamentale di tutela dell'ambiente e di salvaguardia territoriale delle regioni interessate. In Italia, dopo il secondo conflitto mondiale, la coltura ha attraversato un lungo periodo di crisi dovuto principalmente all'esodo rurale e al conseguente spopolamento delle campagne, al progresso tecnologico e alle mutate abitudini alimentari che hanno determinato un progressivo abbandono dei castagneti. Tale processo degenerativo è progredito fino agli anni settanta, superati i quali si sono manifestati i primi segnali del recupero economico della coltura. L'arresto dei fenomeni patologici più devastanti, il rinnovato interesse per la sua produzione, accompagnati da un nuovo interesse per l'ambiente e il mondo rurale, sono gli elementi su cui si è imperniata la nuova stagione del castagno. La produzione di castagne in Italia si concentra in cinque regioni: Campania, Lazio, Calabria, Piemonte e Toscana. Infatti, il Mezzogiorno è l'area in cui si produce la maggiore quantità di castagne (57 per cento), mentre il centro-nord è l'area in cui si crea il maggiore valore della produzione (59 per cento). In Italia, le aziende con superficie investita a castagneto da frutto sono circa 66.000 e occupano una superficie di circa 76.000 ettari. Le aziende castanicole sono aziende di piccola-media dimensione: in media, l'80 per cento delle aziende e il 40 per cento della superficie è ricompresa nella classe di SAU 0-5 ettari.
      Attualmente tutto il comparto soffre di una crisi legata alla concorrenza internazionale, al sottodimensionamento delle aziende, alla parziale aggregazione dei produttori in forme associate e alla scarsa diversificazione dei prodotti. Il comparto è meritevole di attenzione da parte del legislatore in quanto, come già richiamato, esso rappresenta un fondamentale presidio del territorio e una coltura essenziale per la salvaguardia dell'assetto ambientale, sociale e rurale delle aree collinari e montane.
      Con la presente proposta di legge intendiamo accompagnare gli aiuti comunitari
 

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con misure atte a sostenere il comparto, tramite un piano triennale di interventi, tra i quali segnaliamo il sostegno alle coltivazioni condotte con metodo biologico e alle forme associative dei produttori per supplire alla carenza dimensionale della maggior parte delle nostre aziende agricole nel settore. Inoltre, proponiamo interventi specifici per agevolare l'agriturismo nelle zone adibite alla coltura della castagna, l'istituzione di percorsi delle castagne nonché un sostegno alla produzione di birra di castagna.

1.  I dati strutturali ed economico-contabili comparati (Istituto nazionale di economia agraria).

      La banca dati della rete di informazione contabile agricola (RICA) - Italia dell'Istituto nazionale di economia agraria (INEA) contiene dati strutturali ed economico-contabili comparati per un periodo di dodici anni che riguardano un campione di circa 16.000 aziende agricole professionali. Per quanto concerne il comparto di analisi, i dati elaborati rappresentano un utile strumento di riflessione; tuttavia, non essendo pienamente rappresentativi della realtà produttiva della frutta in guscio, le cautele del caso sono necessarie nel generalizzare le conclusioni.

Nocciolo.

      Secondo i dati RICA, la coltivazione del nocciolo si svolge in collina a un'altitudine media di circa 340 metri sopra il livello del mare, sfiorando i 300 metri al centro Italia e i 400 al sud. Considerando complessivamente i dodici anni di osservazione, circa il 95 per cento delle aziende del campione risulta ubicato in tre regioni a forte tradizione corilicola: Piemonte, Lazio e Campania. Decisamente ridotta, invece, risulta la presenza di aziende siciliane, che sono il 18,4 per cento delle aziende italiane che coltivano nocciolo. La superficie media aziendale destinata al nocciolo oscilla tra i 2,2 ettari del 1996 e i 4,8 ettari del 2001, superando in tutti i casi la media nazionale registrata nel corso dell'ultimo censimento dell'agricoltura, pari a 0,91 ettari. La superficie coltivata a nocciolo rappresenta circa la metà della superficie coltivata aziendale, indicando una discreta specializzazione colturale. Nella restante porzione del campione, le aziende coltivano nocciolo per lo più in associazione con vite e con altre specie da frutto, mentre risulta limitato il numero di aziende in cui il nocciolo è presente in ordinamenti misti.
      I risulti economici delle aziende del campione RICA indicano che tra il 1991 e il 2000 la produzione lorda (PL) generata dal nocciolo è debolmente aumentata, seppure con andamento non costante, alternando anni di crescita ad anni di recessione.
      Andando ad analizzare le componenti della PL si evince che tale risultato è da ascrivere perlopiù all'andamento dei prezzi unitari, che manifestano un marcato carattere oscillatorio e la cui tendenza di fondo controbilancia la contrazione delle quantità vendute. Quest'ultimo dato è attribuibile in prima battuta al ricorso a tecniche di produzione a ridotto impatto ambientale, stimolate dal regolamento (CEE) n. 2078/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992, e poi dal vigente regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005: il minor impiego di fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari di sintesi si accompagna infatti spesso a una riduzione delle rese. Oltre alla tendenza di fondo, le quantità vendute per ettaro manifestano anche il caratteristico andamento alternante su base annuale che contraddistingue fisiologicamente la specie.
      In sintesi, i dati RICA confermano la sensibilità dei sistemi corilicoli italiani agli andamenti del commercio internazionale: dal lato del valore della produzione, infatti, emerge una forte connotazione d'instabilità legata principalmente alle forti oscillazioni sui mercati mondiali del prezzo delle nocciole. Sul fronte dei costi specifici, alla contrazione delle spese per i mezzi tecnici fa riscontro invece un sensibile

 

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aumento di quelle per la trasformazione: la fase di commercializzazione assume sempre più carattere di criticità nel determinare i risultati di gestione.

Mandorlo e noce.

      Si manifesta per entrambe le specie una marcata volatilità dei prezzi, una forte oscillazione delle rese ad ettaro e una discreta variabilità delle spese specifiche.
      Per quanto riguarda le aziende con mandorlo, si registra la preponderanza di unità non specializzate nella produzione della frutta in guscio: la percentuale delle aziende specializzate infatti è pari solo al 3 per cento sul totale delle aziende con mandorlo per tutti i dodici anni di osservazione, contro il 52,5 per cento delle aziende con nocciolo. Nell'intero arco temporale di osservazione, il mandorlo è presente solo nelle aziende ubicate nelle regioni meridionali, prevalentemente in Sicilia e in Puglia, seguite a distanza da Calabria e Sardegna, riflettendo pertanto pienamente la distribuzione regionale dell'universo nazionale così come descritto dal 5o censimento dell'agricoltura. La superficie media aziendale destinata alla coltivazione del mandorlo oscilla fra 1,7 ettari nel biennio 1991-1992 e 3,2 ettari nel 2000, dati ben superiori alla media nazionale (0,80 ettari) calcolata sui dati censuari del 2000.
      Nel caso del noce, la quota complessiva di aziende specializzate in frutta in guscio è pari al 14 per cento; le restanti aziende coltivano il noce prevalentemente in combinazione con altra frutta (31,7 per cento) e con seminativi (11 per cento). Per quanto riguarda l'ubicazione geografica, le aziende RICA che coltivano noce sono concentrate prevalentemente in Campania (42 per cento) e in Abruzzo (24 per cento).

Castagno.

      Con il 5o censimento dell'agricoltura (anno 2000) il castagno da frutto è stato inserito fra le coltivazioni della frutta in guscio con una voce dedicata, mentre in precedenza esso era ricompreso nella voce «castagno» fra le coltivazioni forestali.
      Le aziende RICA con castagno registrano un buon grado di specializzazione: la quota di aziende specializzate nella frutta in guscio è, infatti, pari al 34,2 per cento, mentre il 10,5 per cento delle aziende coltiva castagno da frutto in combinazione con altra frutta. Le aziende sono ubicate per lo più al sud (Campania 24 per cento, Calabria 17 per cento), seguito dal centro (Toscana 19,8 per cento, Lazio 12,4 per cento) e dal nord (Piemonte 10,3 per cento). Anche per il castagno emergono consistenti fluttuazioni annuali degli indicatori economici, in parte causati dalle oscillazioni delle rese ad ettaro e in parte attribuibili dall'andamento altalenante dei prezzi. Rispetto a nocciolo, mandorlo e noce si nota la minore entità delle spese specifiche ad ettaro, dato che conferma la tradizionale «parsimonia» colturale del castagno. Fra le voci di spesa, infatti, risultano molto contenute quelle per diserbanti e per antiparassitari, mentre assumono maggiore rilievo le spese per i noleggi passivi (spesso i castagneti giacciono su terreni fortemente acclivi che richiedono macchine specializzate) e le altre spese specifiche, quali quelle legate alla cosiddetta «cura» delle castagne, operazione necessaria per la conservazione del prodotto.

2.  L'azione pubblica a favore del comparto.

      Il comparto della frutta in guscio è stato inquadrato dalla Commissione europea all'interno dell'Organizzazione comune di mercato (OCM) ortofrutta già agli inizi degli anni settanta, nell'ambito del regolamento (CEE) n. 1035/72 del Consiglio, del 18 maggio 1972 (successivamente abrogato). In quegli anni non esistevano particolari problemi di commercializzazione per questo settore, in cui l'Italia rappresentava il principale Paese produttore soprattutto di nocciole, mandorle e noci, in controtendenza rispetto al resto

 

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d'Europa che veniva considerato deficitario.
      Alla fine degli anni ottanta furono negoziati, in più riprese, accordi bilaterali che prevedevano l'apertura di contingenti tariffari agevolati per l'importazione di tali prodotti da Paesi terzi, in particolare, nocciole e mandorle in guscio dalla Turchia e noci sgusciate dagli Stati Uniti d'America.
      Negli ultimi anni si sono sviluppati nel mondo altri distretti produttivi in aree agricole vocate, con colture specializzate della frutta in guscio: soprattutto negli USA e, più in particolare, in California dove il miglioramento genetico, la tecnica agronomica e la meccanizzazione specializzata hanno consentito lo sviluppo di areali produttivi specializzati per le mandorle e le noci.

2.1 Il sostegno comunitario.

      In seguito al negoziato per l'adesione di Spagna e Portogallo alla Comunità europea e al fine di assecondare le specifiche problematiche di questi due Paesi che, insieme all'Italia, rappresentavano gli unici produttori di frutta in guscio, fu avviato dalla Commissione europea uno studio sulla riforma dell'OCM ortofrutta sia per le specifiche esigenze di questo comparto sia per il comparto degli agrumi. Con la modifica del citato regolamento (CEE) n. 1035/72, nel 1989, furono introdotte misure specifiche per sostenere il comparto della frutta in guscio.
      Il comparto alimentava un discreto flusso di esportazioni e rappresentava uno dei pochi comparti deficitari nella Comunità. Di conseguenza, nell'ambito di un più generale piano di riqualificazione e di riconversione produttive, la frutta in guscio poteva giocare un ruolo significativo, visto che si tratta di colture in aree marginali e che risponde ad esigenze ambientali e pedoclimatiche.
      Il settore era condizionato da una forte presenza di commercianti-sgusciatori e da un'inadeguatezza dei produttori a concentrare l'offerta e a garantire un livello minimo di servizi al prodotto (essiccazione, selezione, sgusciatura eccetera).
      Un altro aspetto, di grande valenza innovativa, è stata l'introduzione del principio del cofinanziamento del piano di miglioramento. Le istituzioni pubbliche, infatti, finanziavano il 55 per cento del valore complessivo del piano finanziario stabilito (45 per cento Comunità europea, 10 per cento Stato membro); il rimanente 45 per cento veniva versato direttamente dai soci che partecipano all'iniziativa, che non era obbligatoria per tutti i soci.
      Per consentire alle associazioni che producevano o commercializzavano frutta in guscio di concentrare l'offerta, di scaglionare l'immissione del prodotto sul mercato, grazie, soprattutto, ad adeguate strutture di magazzinaggio, nonché di valorizzare la qualità dei prodotti, era favorita la costituzione di capitali di esercizio attraverso un contributo comunitario e nazionale stabilito in riferimento al valore della produzione commercializzata nel corso di una data campagna. Questo avveniva subordinatamente alla presentazione di un piano di miglioramento della qualità e della commercializzazione, nonché all'approvazione di tale piano da parte degli Stati membri interessati.
      Lo scopo primario del piano doveva essere il miglioramento genetico e colturale dei prodotti ottenuti in piantagioni omogenee e non disperse tra altre colture, con un areale minimo di 0,20 ettari per unità aziendale.
      L'aiuto per l'esecuzione del piano di miglioramento aveva carattere transitorio e decrescente nel tempo, allo scopo di giungere progressivamente ad ampliare la responsabilità dei produttori interessati.
      L'aiuto specifico garantito per i piani di miglioramento era stato previsto per un periodo massimo di dieci anni, per permettere il trasferimento graduale della responsabilità finanziaria verso i produttori.

2.2 L'aiuto nazionale per il comparto corilicolo.

      Nei primi anni novanta l'Italia, con fondi nazionali, aveva investito 16 miliardi

 

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di lire (circa 8 milioni di euro) per sostenere il comparto corilicolo che soffriva di una forte crisi commerciale, conseguente ad eventi atmosferici particolarmente negativi e alle aperture doganali concesse alla Turchia dall'Unione europea, che provocarono una forte perturbazione dei prezzi delle nocciole.
      Inoltre, nel 1991 il Ministero dell'agricoltura e delle foreste introdusse un premio allo stoccaggio di nocciole che l'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) doveva erogare per il prodotto immagazzinato per un periodo di quattro mesi. Tale misura avrebbe dovuto consentire un rallentamento delle tensioni commerciali del prezzo delle nocciole nel periodo autunnale e invernale, causato dalle speculazioni dei mediatori e dei commercianti.
      L'erogazione dell'aiuto era legata ad una effettiva intesa di filiera, capace di assicurare una regolazione dei mercati e un consolidamento delle relazioni commerciali tra i produttori, gli industriali della prima lavorazione e le industrie dolciarie utilizzatrici della frutta in guscio. In quest'ottica, nel maggio 1992, le unioni nazionali dei produttori, assistite dalle organizzazioni professionali e dall'associazione nazionale esportatori importatori ortofrutticoli e agrumari, avevano sottoscritto un accordo interprofessionale per le nocciole e le mandorle destinate alla prima trasformazione.
      L'accordo non fu più rinnovato, ma da quel momento le relazioni tra gli attori della filiera e il ruolo sempre più efficace delle associazioni dei produttori ortofrutticoli (APO) nelle regioni corilicole italiane, contribuirono a stabilizzare i prezzi e soprattutto ad assicurare una giusta remunerazione ai produttori.

2.3  I risultati del regolamento (CEE) n. 789/89 del Consiglio, del 20 marzo 1989.

      La Corte dei conti europea evidenziava, già nel 1994, i risultati poco incoraggianti delle politiche di sostegno al comparto della frutta in guscio: circa il 95,5 per cento degli aiuti era stato destinato alla Spagna, mentre per gli altri Paesi produttori, tra cui l'Italia, i ritardi nella costituzione delle associazioni dei produttori e nell'approvazione dei piani di miglioramento avevano annullato i risultati attesi.
      La politica comunitaria per il comparto della frutta in guscio, infatti, è partita in Italia con notevole ritardo. Le prime associazioni sono state riconosciute nel 1994, e ad oggi risultano riconosciute solo sei associazioni con 16.349 ettari di nocciole associate, rispetto alle settantadue associazioni e ai 456.000 ettari di mandorle e nocciole spagnoli.
      La produzione comunitaria appare vulnerabile di fronte alle importazioni di mandorle dagli USA e di nocciole dalla Turchia. D'altra parte, la produzione di nocciole ha avuto nell'ultimo quinquennio, fino al 2001, un periodo di relativa stabilità dei prezzi.
      Per le mandorle la situazione è stata aggravata dagli aumentati livelli di produzione e di commercializzazione degli USA.

2.4 La riforma del 1996.

      La riforma dell'OCM ortofrutta, introdotta con il regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio, del 28 ottobre 1996, presenta significativi elementi di novità che la caratterizzano e la differenziano dalle altre OCM.
      La riforma dell'OCM disciplina a parte il comparto della frutta in guscio, con azioni miranti a incentivarne e a migliorarne il consumo e l'impiego, che l'Unione europea cofinanzia al 50 per cento.
      Questa norma è stata introdotta per compensare, almeno parzialmente, le organizzazioni dei produttori (OP) di frutta in guscio italiane che, come è stato dimostrato dai dati sulla spesa comunitaria per il settore, non avevano beneficiato dei fondi destinati dall'Unione europea al comparto, che sono andati quasi esclusivamente a Spagna e Francia.

 

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      Inoltre, solo per il settore delle nocciole, che soffriva della forte concorrenza turca, fu introdotto per tre anni un aiuto forfetario.
      In vista della riforma dell'OCM, attesa per il 2000, e in previsione di una forte riduzione dell'intensità del sostegno ai produttori, era stata presentata alla Commissione europea, da alcune organizzazioni italiane di settore, una proposta di revisione del sostegno. La produzione di frutta in guscio, castagne e carrube, infatti, riveste un'importanza fondamentale per le regioni di produzione tradizionale dell'Unione europea, ove risulta difficile trovare alternative produttive a tali colture. Essa permette di diversificare le aziende agricole e di garantirne la presenza sul territorio e rappresenta un freno al processo di desertificazione.
      L'Unione europea è deficitaria di noci, nocciole, castagne, mandorle, pistacchi e carrube, ed è pertanto il primo importatore mondiale di detti prodotti. Le importazioni registrano un continuo aumento. Nell'ambito degli accordi di Marrakech della World Trade Organization (WTO) l'accesso al mercato comunitario è stato favorito dalle riduzioni delle tariffe doganali consolidate, che per le mandorle sgusciate e le noci in guscio hanno subìto una riduzione del 50 per cento, nettamente superiore alla media.
      La domanda mondiale e l'incorporazione di tali prodotti per la produzione degli alimenti stanno aumentando grazie allo sviluppo della tecnologia agroalimentare e alla diversificazione delle forme di consumo. Tuttavia, i produttori europei di frutta in guscio e di carrube e le loro cooperative hanno difficoltà a competere sul mercato internazionale, modificando l'impianto normativo originale e implementando tutte le funzioni tipiche di un ruolo imprenditoriale, che la Commissione europea affida alle OP.
      La nuova organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli approvata nel 1996 (citato regolamento (CE) n. 2200/96) da sola non risponde alle aspettative del settore della frutta in guscio, delle castagne e delle carrube, tenuto conto dello scarso fatturato per ettaro e della limitazione dell'aiuto comunitario ai fondi di esercizio delle OP riconosciute, e non riconosce la specificità del comparto.
      Di fronte a una domanda in aumento, il mercato mondiale della frutta in guscio rischia di concentrarsi nelle mani di un unico fornitore, con le prevedibili conseguenze che un monopolio di fatto avrebbe sul prezzo e, pertanto, sui consumatori.

2.5 Il Nuovo regime di aiuti del 2003.

      Nel corso del 2003 la Commissione europea ha proposto una revisione dell'impianto normativo previsto per il comparto. La normativa del 1989 aveva una durata decennale e terminava nel 2000.
      Il nuovo regime di aiuti sostiene i produttori comunitari di nocciole, mandorle noci, pistacchi e carrube con lo scopo di evitare l'abbandono della coltivazione della frutta in guscio nelle zone tradizionalmente vocate e, quindi, di limitare gli effetti negativi sul piano ambientale, rurale, sociale ed economico conseguenti alla perdita di competitività del comparto, che da molti anni soffre dell'agguerrita concorrenza di Paesi terzi.
      Quindi, questo tipo di sostegno si aggiunge a quelli previsti dall'OCM ortofrutta attraverso il finanziamento dei programmi operativi.
      La Commissione europea puntava a una riforma del sostegno che permettesse di «classificare» questo tipo di aiuto tra quelli che non provocano distorsione del mercato, e quindi compatibili con le trattative del WTO, e che sostenesse le produzioni della frutta in guscio, che generalmente insistono su comprensori fragili dal punto di vista idrogeologico e socio-economico.
      Ricordiamo che il nuovo regime di aiuto per le nocciole, le mandorle, le noci e i pistacchi prevede la concessione da parte del bilancio dell'Unione europea di un contributo forfetario ad ettaro, con una superficie massima garantita di 800.000 ettari, suddivisa tra gli Stati membri. All'Italia è stata assegnata una superficie massima garantita di 130.100 ettari. Gli

 

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Stati membri possono differenziare l'aiuto in funzione dei prodotti. Tuttavia l'ammontare dell'aiuto comunitario per l'Italia non potrà essere superiore a 15,7 milioni di euro.
      L'Italia ha stabilito, nel primo anno di applicazione della riforma, un aiuto previsionale medio per le nocciole di 314 euro/ettaro e per l'altra frutta in guscio di 227 euro/ettaro. A questo si deve sommare la quota italiana di aiuto, per cui complessivamente i produttori di frutta in guscio, nel 2004, hanno ricevuto 434,75 euro/ettaro per le nocciole e 347,75 euro/ettaro per l'altra frutta in guscio.
      Il criterio utilizzato per differenziare l'aiuto è stato il peso superiore, in termini quantitativi, delle nocciole (48,13 per cento) rispetto al resto della frutta in guscio (51,87 per cento). Tale decisione appare giustificata altresì dalla forte pressione commerciale che le produzioni extracomunitarie di nocciole esercitano sul mercato nazionale e comunitario. Il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, prevede un riparto degli ettari della soglia nazionale che non è stata coperta dalle domande degli agricoltori. In ambito nazionale un decreto ministeriale aveva stabilito i criteri per l'ammissibilità delle superfici. In particolare, rientra nell'aiuto ogni appezzamento di terreno unico, omogeneo e geograficamente continuo, di superficie pari ad almeno 0,1 ettari, coltivato con una o più specie di frutta in guscio (mandorle, nocciole, noci, pistacchi, carrube).
      Il Governo, con decreto del Ministro delle attività produttive, ha assegnato, con le leggi finanziarie 2004 e 2005 (leggi n. 350 del 2003 e n. 311 del 2004), gli importi relativi allo stanziamento nazionale, che la Commissione europea stabilisce possa ammontare al massimo al contributo comunitario (per l'Italia 15,7 milioni di euro).
      Tuttavia bisogna tenere conto del fatto che gran parte dei produttori che aderiscono alle sette OP della frutta in guscio riconosciute e che hanno i piani di miglioramento in corso non potranno aderire da subito al nuovo regime di aiuti. Inoltre, non è facile prevedere il grado di adesione dei produttori al nuovo regime. La flessibilità che la Commissione europea ha previsto per la gestione di questo nuovo regime di aiuti consente comunque di salvaguardare le risorse finanziare destinate all'Italia.
      Nel secondo anno di applicazione gli importi previsti sono stati modificati. L'importo dell'aiuto medio previsionale comunitario da corrispondere per ogni ettaro della superficie nazionale garantita (SNG) assegnata all'Italia (pari a 65.050 ettari) è determinato in 241,50 euro per ettaro. Tale aiuto è comune a tutte le specie di frutta in guscio, senza distinzione tra nocciole e altre specie.
      Con il 2005 entra a pieno regime l'aiuto comunitario per la frutta in guscio. Sono 26.000 i produttori che aderiscono a questa nuova forma di sostegno, con più di 68.000 ettari che sono oggetto di contributo. Nel 2004, gli ettari che sono stati oggetto di domanda di aiuto sono stati poco più di 45.000. I produttori italiani hanno potuto incassare nel 2005 un aiuto pari a 353,26 euro/ettaro, che risulta dalla somma tra l'aiuto definitivo comunitario (pari a 232,26 euro/ettaro) e l'aiuto nazionale di 120,75 euro/ettaro. Il dato definitivo delle domande di aiuto (che però non sono state oggetto di controlli da parte degli organismi pagatori), pari a 67.637,64 ettari, è leggermente superiore al dato che era stato comunicato alla Commissione di Bruxelles, determinando così la leggera diminuzione del contributo.
      È interessante notare come il riparto regionale degli aiuti erogati ai produttori di frutta in guscio abbia premiato i produttori dell'Italia meridionale, soprattutto di Campania, Puglia e Sicilia, regioni con una storica vocazione alla coltivazione di questi prodotti.
      Il sistema però non incoraggia le forme di aggregazione e i produttori ad aderire alle associazioni.
      I risultati del nuovo regime possono comunque ad oggi definirsi positivi. In Italia, infatti, sono destinati al comparto, ogni anno, 15,7 milioni di euro di aiuti comunitari, cui si aggiungono circa 8,2 milioni di euro di aiuto nazionale su
 

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68.032 ettari di frutta in guscio per circa 20.000 produttori.
      Si tratta di un risultato importante se confrontato con i deludenti risultati del precedente regime di sostegno e che destina risorse importanti a produttori di regioni italiane che prima non beneficiavano affatto di forme di sostegno, soprattutto in Campania, Puglia e Sicilia. Tuttavia questo risultato, in termini di efficienza di spesa pubblica, è caratterizzato da una nota dolente in quanto, nonostante la Commissione europea abbia affidato allo Stato membro la possibilità di vincolare l'erogazione dell'aiuto ai produttori soci di OP (come è avvenuto in Spagna), si è preferito non attivare tale opportunità. Questo non incoraggia certo la crescita della concentrazione dell'offerta, unico strumento utile per affrontare le sfide future, e in qualche modo potrebbe mettere in discussione il lavoro svolto per favorire e sviluppare la nascita di un associazionismo agricolo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Titolo I
MISURE PER IL SOSTEGNO ALLA PRODUZIONE DELLA FRUTTA IN GUSCIO

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge è finalizzata: a tutelare e a promuovere la produzione della frutta in guscio, nocciola, mandorla, noce, pistacchio, carruba e castagna, e in particolare di quella prodotta nelle zone collinari e di montagna; a valorizzare tale produzione come prodotto tipico e a incentivarne la coltivazione con metodo biologico, assicurando un adeguato reddito ai produttori; a sostenere le aggregazioni dei produttori in forme associative; a salvaguardare il legame della popolazione con il rispettivo territorio, in conformità al ruolo multifunzionale dell'agricoltura riconosciuto anche dall'Unione europea.
      2. La presente legge e altresì finalizzata a promuovere il contenimento del costo dei fattori di produzione, la riorganizzazione del settore della commercializzazione e la crescita delle capacità concorrenziali, con particolare attenzione alle esigenze di adeguamento delle piccole aziende e delle aree marginali nonché dei giovani agricoltori di età inferiore a quaranta anni.

Art. 2.
(Piano triennale di interventi).

      1. Ai fini di cui all'articolo 1 e allo scopo di rendere possibile la predisposizione di un programma organico di interventi, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,

 

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previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adotta un piano triennale di interventi per il sostegno alla coltivazione e alla commercializzazione della frutta in guscio, che prevede:

          a) la promozione delle iniziative necessarie per ottenere il riconoscimento del marchio di qualità a livello europeo;

          b) l'individuazione dei settori prioritari di intervento, delle specifiche aree di salvaguardia e delle iniziative necessarie a favore dei produttori singoli e associati;

          c) l'adozione, per le importazioni che avvengono in regime privilegiato, a seguito di accordi fra l'Unione europea e Paesi terzi, di misure idonee a garantire che i prodotti importati siano ottenuti con modalità di coltivazione rispettose dell'ambiente e della salute dei consumatori;

          d) l'incentivazione delle forme associative tra produttori anche nel settore commerciale;

          e) la promozione dell'accorpamento delle particelle fondiarie di minore dimensione.

Art. 3.
(Contenuti del piano triennale di interventi).

      1. Con il piano triennale di interventi di cui all'articolo 2 sono altresì individuate:

          a) le aree interessate agli interventi;

          b) le specie e le varietà di frutta in guscio interessate, nonché i soggetti beneficiari;

          c) le priorità e le azioni da intraprendere anche in sede internazionale;

          d) le risorse finanziarie necessarie alla realizzazione del piano.

      2. Il piano triennale di interventi di cui all'articolo 2 deve altresì prevedere:

          a) contributi straordinari per promuovere la ricerca e lo sviluppo di trattamenti compatibili;

 

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          b) crediti d'imposta per le forme associate dei produttori;

          c) il sostegno e la promozione di una nuova linea di commercializzazione per il rilancio della vendita, con l'attivazione di campagne istituzionali governative, volte a incrementare il consumo della frutta in guscio;

          e) il sostegno alla lotta contro particolari patologie che interessano la coltura della frutta in guscio;

          f) la promozione di forme di assicurazione agevolate.

Art. 4.
(Ruolo delle regioni, delle province autonome e degli enti locali).

      1. Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, provvedono a dare attuazione alle disposizioni di cui agli articoli 1, 2 e 3.

Art. 5.
(Istituzione del Fondo per gli interventi in favore della coltivazione e della commercializzazione della frutta in guscio).

      1. Per il finanziamento degli interventi di cui alla presente legge è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per gli interventi in favore della coltivazione e della commercializzazione della frutta in guscio, con particolare riguardo a quella prodotta nelle zone collinari e di montagna, con una dotazione di 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010.
      2. Il Fondo di cui al comma 1 è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dell'articolo 5 della legge 30 novembre 1989, n. 386.

 

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Art. 6.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 5, pari a 25 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Titolo II
MISURE PER LO SVILUPPO DELL'ECONOMIA LEGATA ALLA COLTURA DELLE CASTAGNE

Capo I
AGEVOLAZIONI PER L'AGRITURISMO NELLE AREE COLTIVATE A CASTAGNE E PER LA PRODUZIONE DI BIRRA DI CASTAGNA

Art. 7.
(Finalità e finanziamento dello Stato).

      1. È autorizzata, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, la spesa di 4 milioni di euro, finalizzata a favorire la realizzazione o l'ammodernamento delle strutture agrituristiche nelle aree vocate alla coltivazione del castagno, individuate, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentiti il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo della Presidenza del Consiglio dei ministri

 

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e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.
      2. Il contributo finanziario dello Stato di cui al comma 1 è destinato a favorire la realizzazione e la crescita della competitività delle imprese agrituristiche operanti nelle aree di cui al medesimo comma 1 e, in particolare, a perseguire i seguenti obiettivi:

          a) migliorare la qualità delle strutture e dei servizi;

          b) elevare gli standard di qualità degli alloggi agrituristici, degli affittacamere, delle case e degli appartamenti per vacanze, delle case per ferie, degli ostelli per la gioventù e dei rifugi alpini;

          c) accrescere l'innovazione tecnologica e la riqualificazione delle strutture di accoglienza dei turisti, con particolare riguardo agli adempimenti previsti dalla normativa vigente in materia di sicurezza;

          d) accelerare il processo di riqualificazione delle imprese agrituristiche.

Art. 8.
(Contributo per l'acquisto o l'ammodernamento delle strutture agrituristiche site nei castagneti).

      1. Lo Stato concorre alla realizzazione degli obiettivi di cui all'articolo 7, comma 2, tramite la concessione di un contributo per la spesa sostenuta ai fini dell'acquisto di nuove strutture alloggiative o dell'ammodernamento degli arredi e delle attrezzature delle strutture ricettive già esistenti nelle aree di cui al comma 1 del citato articolo 7 adibite a fini turistici.
      2. Alle persone fisiche e giuridiche che, in attuazione degli obiettivi di cui all'articolo 7, comma 2, acquistano in Italia arredi o attrezzature nuovi di fabbrica è riconosciuto un contributo statale pari al 20 per cento del prezzo pagato al venditore per il loro acquisto, a condizione che dal venditore sia praticato uno sconto sul medesimo prezzo almeno pari alla misura

 

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del contributo. Il suddetto sconto è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto. L'imposta sul valore aggiunto è applicata sul prezzo di acquisto fatturato al lordo del contributo statale e al netto dello sconto del venditore.
      3. La misura massima del contributo concesso dallo Stato non può comunque superare i limiti stabiliti dalla disciplina degli aiuti de minimis prevista dal regolamento (CE) n. 1523/2007 della Commissione, del 20 dicembre 2007.
      4. Le imprese costruttrici o importatrici dei beni acquistati ai sensi del comma 2 rimborsano al venditore l'importo del contributo statale e lo recuperano come credito d'imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche, dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute anche in acconto per l'esercizio in cui è emessa la fattura di vendita.

Art. 9.
(Validità del contributo).

      1. Il contributo statale di cui all'articolo 8 spetta per gli acquisti effettuati entro un triennio dalla data di entrata in vigore della presente legge e risultanti dal contratto di vendita stipulato dal venditore e dall'acquirente nello stesso periodo.
      2. Entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, con proprio decreto, ai sensi dell'articolo 17, com- ma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, il relativo regolamento di attuazione.

Art. 10.
(Copertura finanziaria).

      1. All'onere derivante dall'attuazione del presente capo, pari 4 milioni di euro

 

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per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di conto capitale dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Capo II
DISCIPLINA DEGLI ITINERARI TURISTICI DENOMINATI «PERCORSI DELLE CASTAGNE»

Art. 11.
(I «percorsi delle castagne»).

      1. Ai fini della valorizzazione dell'offerta turistica e della sua qualificazione e promozione nei territori ad alta vocazione di produzione di castagne, le regioni, sentite le comunità montane e le province interessate, disciplinano, con proprie leggi, l'istituzione di itinerari turistici denominati «percorsi delle castagne».
      2. I «percorsi delle castagne» di cui al comma 1 sono indicati da segnali e cartelli che indicano la vocazione e la zona di produzione del frutto. Tali cartelli indicano anche centri abitati, edifici di interesse storico-artistico, musei, valori ambientali e attrattive naturalistiche, infrastrutture alberghiere, di ristorazione e sportive.

Art. 12.
(Disciplinari e comitati organizzatori).

      1. Le province, le comunità montane, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le organizzazioni di

 

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categoria interessate e altri organismi, pubblici e privati, interessati elaborano appositi disciplinari che regolamentano la costituzione, la realizzazione e la gestione dei «percorsi delle castagne».
      2. Nei disciplinari di cui al comma 1 sono indicate, per ciascun organismo interessato al progetto, le quote di impegno per la realizzazione del progetto stesso. I disciplinari sono trasmessi alla regione competente.
      3. La regione, esaminati i disciplinari di cui al comma 1 e verificate la congruità del progetto con la vocazione del territorio interessato nonché la coerenza degli impegni assunti dai promotori, ne autorizza la realizzazione.
      4. Gli enti, gli organismi e i soggetti promotori del progetto relativo al disciplinare di cui al comma 1 provvedono all'istituzione di un comitato organizzatore al fine di:

          a) realizzare i «percorsi delle castagne»;

          b) promuovere, propagandare e pubblicizzare, in collaborazione con le organizzazioni e con le associazioni interessate, i «percorsi delle castagne»;

          c) assicurare la promozione e l'inserimento dei «percorsi delle castagne» in tutti gli strumenti di promozione turistica;

          d) reperire fondi pubblici e privati per la realizzazione e la gestione dei «percorsi delle castagne»;

          e) controllare il rispetto e il buon funzionamento del progetto.

Art. 13.
(Cartelli viari).

      1. Le comunità montane e le province provvedono alla realizzazione, nelle zone di produzione delle castagne, dei cartelli viari e alla loro collocazione.

 

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Art. 14.
(Finanziamenti).

      1. La realizzazione e la gestione dei «percorsi delle castagne» di cui al presente capo è ammessa ai finanziamenti comunitari relativi ai fondi strutturali.
      2. La realizzazione di materiale informatico, pubblicitario, di propaganda e per l'incentivazione della conoscenza dei «percorsi delle castagne» è ammessa ai finanziamenti pubblici, statali, regionali e locali, in particolare dell'Agenzia nazionale del turismo, dell'Istituto nazionale per il commercio estero e delle aziende di promozione turistica.

Art. 15.
(Leggi regionali).

1. Le regioni provvedono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, a emanare apposite leggi per l'attuazione delle disposizioni del presente capo. Nelle more dell'entrata in vigore della normativa regionale, le disposizioni del presente capo sono comunque immediatamente applicabili.


Frontespizio Relazione Progetto di Legge
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