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PDL 1627

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1627


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

LA MALFA, NUCARA

Istituzione del Consiglio delle associazioni islamiche italiane

Presentata l'11 settembre 2006

      

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Onorevoli Colleghi! - Le recenti polemiche sorte a seguito dell'inserzione pubblicitaria dell'Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche in Italia (UCOII), che paragonava le stragi naziste agli attacchi israeliani nel Libano, hanno riproposto con forza il problema dei criteri di formazione della Consulta per l'Islam italiano e della rappresentatività dei soggetti che vi partecipano.
      L'obiettivo di un'effettiva integrazione della complessiva comunità islamica nella vita politica, amministrativa, culturale e sociale del nostro Paese è di grande rilevanza, ma non può essere conseguito senza la definizione di regole e limiti precisi.
      Certo, una delle chiavi di volta di questa integrazione risiede nello stabilimento di un canale permanente di dialogo tra le istituzioni democratiche e le realtà maggiormente rappresentative dell'universo islamico presente in Italia. Ma per poter svolgere questo ruolo, è necessario che esse rispettino inderogabilmente i princìpi tipici dello Stato di diritto e dell'ordinamento internazionale, al quale si ispira il nostro sistema costituzionale.
      Non rientrano certamente in questa logica posizioni come quelle espresse dal segretario nazionale dell'UCOII, il convertito Hamza R. Piccardo, che, in una lettera inviata al Capo dello Stato, aveva sostenuto che tramite lui si esprimerebbe il «sentimento di estremo disagio che alberga nei cuori della stragrande maggioranza dei miei correligionari».
      Nella sua denuncia di «una diminuzione programmata e stabilita per legge o per decreto dei diritti di espressione, di educazione, di rappresentanza», che «implementa un deficit di democrazia complessiva
 

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ed è oggettivamente l'inizio di una dittatura», nonché «il brodo di coltura in cui si alimenta il terrorismo», Piccardo attaccò duramente l'allora Ministro dell'interno Pisanu per la sua decisione di dar vita a una Consulta che favorisca l'affermazione di un «Islam italiano», ribadendo che l'Italia avrebbe dovuto stipulare, invece, un'intesa con l'UCOII quale unica rappresentante dei musulmani.
      Per parte sua, il presidente dell'UCOII, Mohamed Nour Dachan, affermò di rappresentare l'82 per cento dei musulmani italiani.
      Sarebbe come dire che, su un milione di musulmani in Italia, 820.000 aderirebbero all'UCOII. Un dato ben poco credibile se si tiene presente che solo il 5 per cento dei musulmani frequenta abitualmente le moschee, quindi non più di 50.000 fedeli. E l'UCOII stessa poi afferma di controllare, direttamente o indirettamente, circa 160 moschee su un totale di 611 censite dal CENSIS.
      Merito del Ministro dell'interno di allora fu proprio l'iniziativa, assunta con decreto 10 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2005, di dare vita, con funzioni consultive, ad una «Consulta per l'Islam italiano», che tenesse conto, appunto, dei limiti di rappresentatività della suddetta UCOII.
      Un'iniziativa legislativa venne presa nella passata legislatura dai senatori Compagna e Del Pennino (atto Senato n. 3648, XIV legislatura) per rafforzare, consolidare, ampliare il significato e la prospettiva del provvedimento assunto in via amministrativa.
      Inoltre, come più volte rilevato in molti articoli di stampa (in particolare da quelli di Magdi Allam sul Corriere della Sera), la pretesa di una sorta di monopolio della rappresentanza delle comunità islamiche di fronte alle istituzioni dello Stato, rivendicata dall'UCOII fin dal suo atto di nascita (gennaio del 1990, Ancona), aveva posto veti, interdizioni, ostacoli ad ogni forma di dialogo volto ad un armonico inserimento dell'immigrazione islamica nella società italiana, nel rispetto dei princìpi della Costituzione. Di qui sorgeva l'esigenza di superare incomprensioni e opacità del passato, prospettando su nuove basi il rapporto fra la democrazia italiana e l'associazionismo islamico in Italia.
      Oggi, dopo le recenti posizioni dell'UCOII e le dichiarazioni del suo presidente, secondo il quale «se l'UCOII esce dalla Consulta, la Consulta è morta», si pone con maggior forza l'esigenza di un intervento legislativo, giacché il problema del rispetto dei princìpi democratici da parte dei componenti della Consulta, e quindi della legittimazione a farne parte, non può essere risolto con la generica accettazione di una carta dei valori, ma deve trovare risposta in precise disposizioni normative.
      Di qui la presente proposta di legge che riprende il precedente testo dei senatori Compagna e Del Pennino e agli articoli 1 e 2 prescrive l'istituzione, presso il Ministero dell'interno, di un Consiglio delle associazioni islamiche italiane, dotato di funzioni eminentemente consultive e composto, tra gli altri, dagli esponenti delle relative associazioni più rappresentative nel territorio italiano, individuate, ogni due anni, con decisione del Ministro dell'interno che deve tenere conto dei precisi criteri di adeguamento delle stesse ai princìpi democratici successivamente enumerati all'articolo 4.
      Mentre l'articolo 3 definisce la nozione di «associazione islamica», l'articolo 4 menziona i vincoli normativi interni e gli atti internazionali, cogenti o comunque aventi valore programmatico, che devono essere rispettati dagli aderenti alle associazioni in questione e dalle associazioni stesse. Si tratta, in particolare, di trattati internazionali, cui l'Italia ha formalmente aderito nell'ambito delle Nazioni Unite, dell'Unione europea, del Consiglio d'Europa e dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), che impegnano al rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, al divieto di discriminazione contro le donne e alla lotta contro l'antisemitismo.
 

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      L'adeguamento, da parte delle associazioni islamiche partecipanti al Consiglio, a tali princìpi e norme rappresenta una autentica condicio sine qua non, dal momento che è fatto loro obbligo di dotarsi di uno statuto interno che preveda, per i propri componenti, il dovere di conformarsi a quei princìpi e a quelle norme internazionali, nonché un funzionamento democratico della propria vita associativa.
      L'articolo 5 elenca i compiti del Consiglio, tra i quali sono da annoverare, in via prioritaria, lo scambio di informazioni riguardanti qualsiasi tipo di attività mirante all'integrazione tra la comunità islamica e la società italiana e la formulazione di pareri sulle proposte, di natura legislativa o amministrativa, che riguardino la condizione generale dei musulmani in Italia.
      L'articolo 6, infine, prescrive la creazione di una segreteria del Consiglio che, eventualmente, può essere articolata anche secondo sezioni provinciali.
      Lo spirito che informa la proposta di legge, nel suo complesso, è mutuato da princìpi di diritto che sono affermati, da oltre trenta anni, nell'ambito dell'OSCE, organismo internazionale paneuropeo che vede la partecipazione di 55 Paesi del nostro continente, impegnati nella salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo, ma anche nel coinvolgimento, in qualità di osservatori, di Israele e di cinque Paesi arabi della sponda meridionale del Mediterraneo: Algeria, Marocco, Egitto, Tunisia, Giordania.
      In particolare, l'OSCE si è recentemente pronunciata in materia di emigrazione, con la Conferenza di Penha Longa dell'ottobre 2001, e in materia di antisemitismo, con le Conferenze di Berlino e di Cordoba, tenutesi, rispettivamente, nell'aprile 2004 e nel giugno 2005.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.
(Consiglio delle associazioni islamiche italiane).

      1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, il Consiglio delle associazioni islamiche italiane, di seguito denominato «Consiglio», organismo collegiale con funzioni consultive del Governo e della pubblica amministrazione, al fine di stabilire un forum permanente di coordinamento tra la Repubblica italiana e gli organismi maggiormente rappresentativi del mondo islamico italiano.

Art. 2.
(Composizione).

      1. Il Consiglio è composto dagli esponenti nominati dalle associazioni islamiche maggiormente rappresentative nel territorio italiano, fermo restando quanto previsto al comma 4.
      2. Le associazioni di cui al comma 1 sono individuate, ogni due anni, con apposito decreto del Ministro dell'interno, sulla base dei criteri di cui all'articolo 4.
      3. Il Ministro dell'interno, al fine di procedere all'individuazione delle associazioni componenti il Consiglio, può sottoporre al parere del Consiglio di Stato i relativi statuti.
      4. Sono membri di diritto del Consiglio, oltre al Ministro dell'interno, i Ministri della pubblica istruzione, dell'università e della ricerca, per i beni e le attività culturali, del lavoro e della previdenza sociale, della solidarietà sociale e della salute, o loro rappresentanti.
      5. Il Consiglio è presieduto dal Ministro dell'interno ed elegge come vicepresidente un esponente delle associazioni islamiche in esso rappresentate.

 

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Art. 3.
(Associazioni islamiche).

      1. Le associazioni islamiche rappresentate nel Consiglio sono formazioni sociali costituite nel pieno rispetto delle leggi italiane e degli atti internazionali di cui all'articolo 4.
      2. Gli appartenenti alle associazioni di cui al comma 1 possono essere cittadini italiani o stranieri regolarmente residenti in Italia.

Art. 4.
(Criteri di adeguamento).

      1. Le associazioni islamiche partecipanti al Consiglio si impegnano solennemente, fin dal loro atto costitutivo, nonché nel proprio statuto, a rispettare e a far rispettare ai propri aderenti:

          a) la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 10 dicembre 1948 nonché il patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali e il patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati a New York il 16 e il 19 dicembre 1966, ratificati ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881;

          b) la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, e i relativi protocolli;

          c) la convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, adottata a New York il 18 dicembre 1979, ratificata ai sensi della legge 14 marzo 1985, n. 132;

          d) la Carta di Parigi per una nuova Europa, relativamente alla sezione «dimensione umana», firmata, il 19 novembre 1990, nell'ambito dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE);

 

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          e) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, firmata il 7 dicembre 2000;

          f) le Dichiarazioni finali di Vienna, Berlino e Cordova sull'antisemitismo, adottate, rispettivamente, il 20 giugno 2003, il 29 aprile 2004 e il 9 giugno 2005, nell'ambito dell'OSCE.

      2. Al fine di cui al comma 1, è fatto obbligo alle associazioni di cui all'articolo 3 di dotarsi di uno statuto, approvato dal rispettivo congresso o assemblea costituente, conforme ai princìpi fondamentali di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, in particolare delle norme di cui al comma 1, indicando specificamente:

          a) gli obiettivi dell'associazione e il numero, la composizione e le attribuzioni degli organi deliberativi, esecutivi e di controllo;

          b) gli organi competenti a decidere sull'ammissione e sull'esclusione dei singoli membri;

          c) le idonee forme di garanzia per la convocazione, il funzionamento e la verbalizzazione delle riunioni degli organi statutari.

Art. 5.
(Compiti).

      1. Il Consiglio si riunisce almeno quattro volte l'anno ed è convocato, su iniziativa del presidente o di almeno un terzo dei rappresentanti delle associazioni in esso rappresentate, per la trattazione delle seguenti questioni:

          a) scambio reciproco di informazioni e documentazione inerenti, in generale, ad ogni tipo di programmi, progetti e attività autonomamente svolti dalle associazioni o predisposti dalle autorità italiane, miranti all'integrazione, alla migliore comprensione e al dialogo interreligioso e interculturale;

 

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          b) formulazione, previa richiesta del Ministro dell'interno, di pareri sulle proposte, di natura legislativa e amministrativa, concernenti lo status e la condizione dei musulmani in Italia, ivi compresi il loro inserimento sociale a tutti i livelli e l'applicazione, nei loro confronti, del principio di non discriminazione;

          c) indicazione e programmazione di eventi e manifestazioni miranti al superamento dei pregiudizi riguardanti la cultura e la religione islamiche;

          d) elaborazione di studi comparati sull'integrazione del mondo musulmano nelle società occidentali.

Art. 6.
(Segreteria del Consiglio).

      1. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, costituisce una segreteria operativa incaricata di curare il funzionamento del Consiglio.
      2. Il Ministro dell'interno può istituire, con apposito provvedimento, nei capoluoghi di provincia, le sezioni territoriali del Consiglio, che si riuniscono su iniziativa del prefetto, con la composizione e per l'esercizio dei compiti delineati, a livello nazionale, dalla presente legge.


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