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PDL 1756

XV LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1756


 

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PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa del deputato VINCENZO DE LUCA

Modifica dell'articolo 120 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di società di trasformazione urbana

Presentata il 3 ottobre 2006

      

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Onorevoli Colleghi! - La qualità della pubblica amministrazione è un fattore decisivo per lo sviluppo economico-sociale del nostro Paese.
      L'attuale condizione mondiale di globalizzazione economica comporta una forte competizione nazionale e internazionale tra aree. In questo contesto, assume straordinaria importanza la capacità della pubblica amministrazione di «gestire» virtuosamente un territorio.
      Quanto più l'amministrazione pubblica è capace di garantire l'efficacia della sua azione - sia in termini di progettazione e di realizzazione di infrastrutture e di opere, sia in termini di servizi erogati, sia in termini di abbattimento di tempi e di oneri delle procedure - tanto più aumenta l'indice di attrazione del territorio in termini di investimenti privati e di eventuali finanziamenti pubblici. A tutto ciò consegue la crescita delle condizioni di benessere collettivo.
      Per tale motivo, essa è chiamata ad operare secondo logiche innovative.
      Tra il 1990 e il 2005 l'Italia ha vissuto una stagione di riforme amministrative senza precedenti dall'Unità in poi, che ha determinato una profonda modifica della sua struttura burocratica e delle modalità dell'azione amministrativa.
      In particolare, si è sviluppata una progressiva introduzione in campo pubblicistico di princìpi tipici del mondo economico e delle sue dinamiche, quali l'efficienza, l'efficacia, la celerità, l'economicità.
 

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      Tale processo ha trovato il suo apice nella statuizione del comma 1-bis dell'articolo 1 della legge n. 241 del 1990, introdotto dalla legge n. 15 del 2005: «La pubblica amministrazione, nell'adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente».
      Si tratta di una norma di eccezionale valenza, prima che giuridica, culturale, in quanto determina un'inversione di tendenza, mettendo in crisi il modello formalistico secondo il quale la pubblica amministrazione era abituata ad operare e inducendo quest'ultima ad assumere un'attitudine negoziale nei rapporti con i privati.
      In questo nuovo contesto acquisiscono maggiore rilievo strumenti già introdotti (in verità, quasi a livello sperimentale) dal legislatore, attraverso i quali l'amministrazione pubblica può agire iure privatorum e in collaborazione con i privati.
      È opportuno, però, in virtù della descritta evoluzione legislativa, che essi siano potenziati e innovati, in modo da renderli effettivamente funzionali al raggiungimento degli obiettivi per i quali sono stati istituiti.
      In proposito, la società di trasformazione urbana (STU), prevista dall'articolo 120 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è, senza dubbio, uno strumento di efficace azione amministrativa, le cui potenzialità vanno ben al di là del mero riassetto di porzioni di territorio delle città.
      Invero, essa rappresenta un modello di gestione del territorio, mutuato dalla positiva esperienza di altri Paesi europei, basato su concetti di semplificazione e di efficienza (anche finanziaria) dell'attività degli enti locali, nonché sulla stretta collaborazione pubblico-privato.
      La STU - utilizzando la definizione di una circolare ministeriale del dicembre 2001 - è uno «strumento di urbanistica operativa» avente quale scopo principale e di immediata percezione il recupero di aree degradate, la razionalizzazione di comparti urbani sviluppatisi disordinatamente ed eterogeneamente (come accade, ad esempio, per le aree in cui convivono realtà industriali accanto ad insediamenti commerciali e residenziali), il miglioramento della vivibilità di zone residenziali (attraverso la dotazione di nuovi spazi e servizi: verde pubblico, strutture sportive, centri di aggregazione, scuole, asili, eccetera) o di zone destinate alle iniziative d'impresa.
      La sua nascita va posta in stretta relazione con l'esigenza degli enti di indirizzare e di «organizzare» la crescita del territorio attraverso un'azione organica e strategica di crescita, che si sviluppi, oltre che sul piano urbanistico-edilizio, anche su quello socio economico.
      In tal senso, appare essenziale il ruolo che il socio privato svolge nella STU e il suo contributo ad essa, in termini di cultura di impresa, di conoscenza tecnico-gestionale e di risorse economiche.
      La costituzione e la operatività di una STU presenta indiscutibili vantaggi per i soci pubblici promotori.
      Essi, dotandosi di una STU, attuano una concreta politica di semplificazione amministrativa: possono, infatti, usufruire di un centro unico di promozione e di realizzazione di complessi progetti di trasformazione urbana, unificando in un unico soggetto competenze e funzioni normalmente attribuite a più organi della medesima amministrazione (non solo gli uffici di progettazione e urbanistico-edilizi, ma anche quelli finanziari e di bilancio).
      Inoltre, evitano di affidare ai propri dipendenti la realizzazione di un gravoso intervento progettuale, distogliendoli da altre funzioni; mediante le specifiche capacità tecniche dei soci privati, possono risparmiare l'oneroso ricorso a professionalità esterne, necessario nel frequente caso in cui non abbiano, al proprio interno, personale adeguato.
      Tuttavia, la valutazione delle esperienze finora maturate dalle STU in Italia (oggetto di una puntuale indagine condotta dalla Associazione «ASTUR», che raggruppa le più importanti società di trasformazione urbana operanti in Italia)
 

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evidenzia alcuni pesanti limiti di tale strumento, che ne hanno sensibilmente ridotto i risultati.
      Bisogna ricordare che l'istituto della STU fu introdotto dal legislatore del 2000 in via semi-sperimentale, chiaramente senza alcuna preventiva «analisi di impatto».
      A distanza di più di sei anni, con le rilevanti innovazioni intervenute in campo legislativo ed economico, si impone una modifica della disciplina tale da aumentare i risultati dello strumento, rendendone ancor più conveniente l'utilizzo da parte degli enti locali.
      Le maggiori difficoltà operative riscontrate dagli addetti ai lavori nella quotidiana esperienza di gestione sono riconducibili al fatto che la STU, in quanto organismo ibrido di natura pubblico-privata (istituita su iniziativa di soggetti pubblici, ma avente natura di società per azioni) è assoggettata sia ai vincoli e agli adempimenti pubblicistici, sia a quelli societari. Ciò determina un appesantimento della sua capacità di azione e una ridotta competitività con organismi, aventi obiettivi simili, agenti esclusivamente in regime privatistico.
      È evidente che l'ottimizzazione dello strumento STU, in piena coerenza con quanto previsto dal citato principio di cui al comma 1-bis dell'articolo 1 della legge n. 241 del 1990, passa dalla ridefinizione degli «spazi» pubblicistici entro i quali la STU è vincolata ad operare, favorendo l'ampliamento degli ambiti privatistici.
      Inoltre, appare di fondamentale rilievo operare per estendere le opportunità e le convenienze di partecipazione del privato all'operazione.
      In questo senso va la proposta di estendere anche alle STU la disciplina di cui all'articolo 32, comma 3, del codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006 che prevede la possibilità di realizzazione da parte del socio privato, ove qualificato e scelto con evidenza pubblica, delle opere oggetto dell'intervento di riqualificazione.
      Nella stessa direzione, va favorita la possibilità di ingresso nella società dei proprietari degli immobili ricadenti nell'area interessata dall'intervento mediante il conferimento dei beni.
      Circa il dubbio che una tale previsione sia potenzialmente suscettibile di essere utilizzata a fini elusivi del vincolo della procedura pubblica per la scelta del socio minoritario, va sottolineato che i proprietari dei suoli non sono accomunabili a un qualsiasi altro soggetto privato, essendo portatori di un interesse qualificato (derivante dalla «contrazione» del diritto di proprietà) e che, comunque, essi non potrebbero realizzare le opere in progetto (non essendo stati selezionati mediante la procedura ad evidenza pubblica).
      Sono, invece, ben chiari gli effetti positivi della disposizione proposta, nella misura in cui essa consente di evitare l'intera fase dell'acquisizione dei beni, con notevolissimi risparmi di tempi e di costi, nonché di coinvolgere direttamente e immediatamente i proprietari delle aree nell'iniziativa, con la conseguente attenuazione delle conflittualità che spesso si ingenerano nella fase di esproprio (e che comportano un forte rischio per la riuscita del progetto).
      Del resto, la scelta del socio privato attraverso la procedura di evidenza pubblica, il controllo della pubblica amministrazione sulla gestione e sul rispetto degli indirizzi dati, il potere, attribuito a quest'ultima, di approvare il progetto iniziale da realizzare appaiono mezzi idonei e sufficienti a garantire il rispetto dei generali princìpi di trasparenza e di par condicio che informano l'agire amministrativo.
 

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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. L'articolo 120 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 120. - (Società di trasformazione urbana). - 1. Le città metropolitane e i comuni, nonché gli altri enti locali, d'intesa con il comune competente, possono promuovere la costituzione di società di capitali, anche partecipate da altri enti pubblici, per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. I soci privati, fatto salvo quanto previsto dal comma 3, debbono essere scelti tramite procedura di evidenza pubblica.
      2. Le società di trasformazione urbana provvedono all'acquisizione degli immobili interessati dall'intervento e alla trasformazione e commercializzazione degli stessi. L'acquisto della proprietà degli immobili può avvenire con negozio di diritto privato o, in alternativa, mediante espropriazione.
      3. I proprietari degli immobili ricadenti nelle aree interessate dagli interventi possono partecipare alle società di cui al comma 1 mediante conferimento degli immobili stessi.
      4. Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale. La loro individuazione equivale a dichiarazione di pubblica utilità anche per quelli non destinati ad opere pubbliche. Gli immobili di proprietà degli enti pubblici interessati dall'intervento possono essere conferiti alla società.
      5. I conferimenti e i trasferimenti di beni di proprietà dei comuni e degli enti pubblici in favore della società sono assoggettati all'imposta di registro in misura fissa e sono esenti dall'imposta di bollo,

 

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dalle imposte ipotecaria e catastale e da ogni altra imposta indiretta, nonché da ogni altro tributo o diritto. Le aree conferite dagli enti pubblici per la realizzazione di opere pubbliche sono esenti dall'imposta comunale sugli immobili.
      6. I rapporti tra gli enti pubblici promotori e la società di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione indicante, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.
      7. La realizzazione delle opere pubbliche comprese negli interventi di competenza delle società di trasformazione urbana non è soggetta al rilascio dei titoli abilitativi previsti dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni.
      8. Le opere di cui al comma 7 possono essere eseguite dal socio privato, a condizione che questi sia stato scelto in base a procedure di evidenza pubblica e sia qualificato ai sensi della normativa vigente in materia di lavori pubblici. La realizzazione di opere da porre sul mercato in regime di libera concorrenza non è soggetta alla normativa sui lavori pubblici».
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