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COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di marted́ 8 maggio 2007


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

La seduta comincia alle 10,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, sulla situazione delle risorse idriche sul territorio nazionale e sulla pianificazione delle relative misure di intervento.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del regolamento, l'audizione del capo del Dipartimento della protezione civile, Guido Bertolaso, sulla situazione delle risorse idriche sul territorio nazionale e sulla pianificazione delle relative misure di intervento.
Ringrazio il commissario Bertolaso per aver accettato il nostro invito e per essere venuto tempestivamente a riferire su un tema che ha due facce. Infatti, noi utilizziamo questa sua audizione, signor commissario, per fare il punto su una questione che la nostra Commissione - in larga parte insieme alla Commissione agricoltura e a tutta la Camera dei deputati - ha affrontato da tempo: lo stato delle risorse idriche nel nostro paese, e quindi l'utilità della strumentazione a nostra disposizione e della proclamazione dell'emergenza ai fini di una programmazione per questi mesi. Allo stesso tempo, la sua audizione ci è utile ai fini del lavoro istruttorio che questa Commissione sta svolgendo sulla questione dei mutamenti climatici, sulla quale dovremmo predisporre una relazione per la Camera dei deputati, per una sessione straordinaria che si terrà nel mese di giugno.
Ovviamente, da questo punto di vista e dal punto di vista delle politiche di adattamento, l'andamento della risorsa acqua e delle precipitazioni è un elemento importante ai fini delle nostre valutazioni.
Avverto che il commissario Bertolaso ci ha consegnato una documentazione, che verrà distribuita ai colleghi, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna. Noi avevamo chiesto una relazione aggiornata sulle risorse idriche e in riferimento a quanto è accaduto negli anni precedenti in alcune aree del paese.
Approfitto fin da ora per dire al commissario Bertolaso che abbiamo proposto la proclamazione dello stato d'emergenza per avere a disposizione una strumentazione che, dopo aver istituito una cabina di regia con il pieno coinvolgimento delle regioni e dei soggetti interessati, permetta di coordinare le scelte politiche.
Anche a seguito della missione compiuta l'anno scorso lungo il Po dalla nostra Commissione, infatti, avevamo verificato l'esistenza di un doppio problema: da un lato, le differenti priorità fra le varie regioni rispetto alla risorsa acqua - ricordo benissimo, ad esempio, che allora il Piemonte non rivolgeva la sua sensibilità principale alla scarsezza della risorsa, mentre in Emilia e in Veneto questo tema era molto più sentito -; dall'altro, anche in presenza di un'unità di vedute, il fatto


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che le regioni attualmente non hanno la strumentazione necessaria per mettere in fila gli interessi coinvolti, quindi stabilire una scala di priorità. Si può ragionare - ma non lo si può fare in questi mesi - su che cosa avrebbe potuto verificarsi se l'Autorità di bacino del Po fosse stata dotata di strumenti adeguati per far fronte alle necessità, ma tali strumenti non sono disponibili. Quindi l'Autorità di bacino del Po, che svolge il suo compito, non ha la forza necessaria per operare in questa direzione.
Prego, in questo senso, anche il commissario Bertolaso, se possibile, di fornirci delle indicazioni sulle linee lungo le quali intendono muoversi la Presidenza del Consiglio ed il Dipartimento della protezione civile per il pieno coinvolgimento delle regioni nella gestione delle emergenze, oltre a fornirci i dati relativi alla situazione idrologica in Italia.
Do la parola al dottor Guido Bertolaso.

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. Signor presidente, cercherò di fornirvi un'informazione dettagliata in aggiunta alla documentazione in corso di distribuzione, che presenta l'aggiornamento della situazione idrologica in Italia ai fini della prevenzione delle crisi idriche (al 6 maggio 2007).
La documentazione contiene alcuni diagrammi molto interessanti, ma - me ne accorgo adesso, e chiedo venia - vi creerà qualche problema, in quanto le fotocopie sono in bianco e nero, mentre alcuni diagrammi sono a colori, per indicare la differenza fra i livelli idrologici dei vari fiumi, dei vari laghi, rispetto agli anni passati. Tuttavia, credo si possa porre rimedio rapidamente a questo problema. Avrei dovuto richiedere al Dipartimento le fotocopie a colori, prima di partecipare a questa riunione, ma cercherò, comunque, di supplire a questa situazione mediante informazioni orali. Ad ogni modo, in caso di necessità, siamo provvisti di una ampia documentazione. Alcuni dei punti in essa contenuti verranno da me citati nel corso di questa relazione.
Gli aspetti più importanti, che vale la pena mettere in risalto, sono proprio quelli relativi alla differenza di gestione della crisi idrica, che stiamo affrontando quest'anno, rispetto agli anni precedenti, in occasione dei quali, come ricorderete, vi sono state delle difficoltà.
Mi riferisco, soprattutto, agli anni 2003 e 2006, che sono stati quelli più critici, come vedete da queste indicazioni e da queste tabelle, nel contesto degli ultimi dieci anni che sono stati i più difficili, soprattutto dal punto di vista delle precipitazioni e dell'aumento delle temperature medie - riferendomi alle informazioni che ci forniva il presidente - con una serie di mutamenti climatici, indubbiamente in atto, le cui cause, ovviamente, possono essere valutate dai vari esperti. Ad ogni modo, ritengo che l'esistenza di questi mutamenti sia sotto gli occhi di tutti.
Per darvi alcune indicazioni, nel 2003, quando per la prima volta la Protezione civile ha affrontato la situazione, si intervenne con molto più ritardo per riuscire a gestire la crisi idrica rispetto a quest'anno. Infatti, l'andamento delle precipitazioni durante l'autunno 2002, l'inverno 2002-2003 e l'inizio della primavera fu diverso rispetto a quest'anno e, di conseguenza, ci trovammo in una situazione di grave sofferenza. Di fatto, alla fine del mese di luglio vi fu una situazione di vera crisi.
Voglio fornirvi alcuni punti di riferimento, anche se non mi piace citare troppi numeri, in quanto potrebbero comportare un po' di confusione. Ad ogni modo, alcuni numeri ed alcune statistiche sono interessanti.
Nel 2003, anno in cui per la prima volta fu dichiarato lo stato di emergenza a causa della grave crisi idrica che interessava - anche in quell'occasione - soprattutto l'Italia del nord, il livello del fiume Po nella metà del mese di luglio a Pontelagoscuro, che risulta essere l'ultima stazione di rilevamento della portata del fiume, quasi alla foce del Po, era di 250 metri cubi al secondo, abbondantemente inferiore, quasi del 50 per cento, rispetto alla media stagionale.


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Fummo costretti, dunque, ad istituire una «cabina di regia» presso l'Autorità di bacino del Po, a Parma, che ci consentì di gestire quella situazione attivando una serie di dispositivi che vennero ideati proprio in corso d'opera. Presso tale «cabina di regia» lavoravano tutte le istituzioni, con diversi livelli di responsabilità (comunale, provinciale e regionale), le diverse componenti che si dovevano occupare dell'approvvigionamento di energia elettrica, la componente irrigua agricola, la componente relativa alla produzione di acqua potabile ed i ministeri interessati. Questi ci consentirono di gestire quella situazione e di far dichiarare al Governo di allora, al 31 luglio 2003, lo stato di emergenza.
In seguito, la situazione venne gestita. Durante il mese di agosto si verificarono delle piogge e riuscimmo a risolvere quel momento di grande difficoltà. L'esperienza servì; soprattutto servì questa «cabina di regia» istituita presso l'Autorità di bacino del Po, che portò anche alla firma di un protocollo di intesa fra tutte le componenti istituzionalmente competenti. Ognuna di esse si assumeva la responsabilità di un risparmio idrico, in caso di consumo d'acqua, oppure di una fornitura di acqua programmata, in caso di appartenenza a quelle autorità che avevano possibilità di erogare acqua al fiume.
La vicenda si è ripetuta nel 2006, con condizioni leggermente diverse, per la situazione di difficoltà per la produzione di energia elettrica, rispetto all'approvvigionamento di acqua ad uso irriguo e ad uso potabile. È interessante notare che la portata del Po nella metà del mese di luglio dello scorso anno, sempre a Pontelagoscuro, era di 168 metri cubi al secondo. Rispetto ai 250 del 2003, i 168 metri cubi al secondo rappresentano il record storico minimo che ha interessato la portata del fiume Po nel corso del luglio dell'anno passato. Tuttavia, grazie ad una grossa disponibilità dei bacini idroelettrici e ad una buona situazione dei laghi, questa portata storica in negativo fu gestita con conseguenze e con gravità minori rispetto al 2003.
Ricorderete che nel 2003 affrontammo l'esperienza negativa di quei distacchi programmati che ebbero luogo nel corso del mese di luglio e che crearono qualche difficoltà, non essendo stati comunicati tempestivamente alla popolazione. In seguito, si verificò il blackout del 28 settembre, assolutamente indipendente rispetto al problema di crisi idrica. Lo scorso anno non abbiamo dovuto sperimentare, fortunatamente, problematiche di blackout o distacchi programmati non comunicati; per questo motivo, la situazione è stata gestita meglio. Tuttavia, il 28 luglio dell'anno scorso, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza per la situazione di grave crisi idrica.
Sia nel 2003 che nel 2006, quindi, le dichiarazioni dello stato di emergenza furono adottate quando, di fatto, la situazione era già critica, nel corso del mese di luglio.
Come è noto, il 4 maggio scorso, il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza relativo alla situazione di crisi idrica, anche se non ci troviamo in una situazione di grave crisi, simile a quelle precedentemente citate. Attualmente, la portata del Po, come risulta nel documento che vi ho consegnato, è esattamente di 1.279 metri cubi al secondo. Facendo un paragone con i dati che riportano valori come 250 e 168, vi renderete conto che siamo in una situazione di gran lunga migliore, anche se stiamo parlando al momento del mese di maggio, mentre i dati che vi ho fornito riguardano i precedenti mesi di luglio.
Tutta l'attività di previsione, di prevenzione, di programmazione e di monitoraggio che, sulla base dell'esperienza negativa del 2003, è stata perfezionata nel corso dell'anno passato, ci consente quest'anno di fare una previsione e una programmazione sicuramente meglio mirata, orientata e finalizzata a ridurre al massimo i disagi e le difficoltà. Sto parlando di miglioramenti, innanzitutto, a favore della popolazione: quindi, approvvigionamenti di acqua potabile (che rappresenta la priorità), garanzia della fornitura di energia elettrica necessaria e salvaguardia delle esigenze


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del comparto agricolo, per quello che riguarda la produzione di energia elettrica.
Vi ricordo, come vedrete anche nella documentazione che ho fornito, dal momento che ho citato la portata odierna del Po a Pontelagoscuro, che il valore dei 1.279 metri cubi al secondo è superiore rispetto ai valori del 2003 e del 2006. Attualmente è superiore in quanto, come è noto, nei giorni passati è piovuto abbondantemente, con valori di piovosità, in alcune zone del nord Italia, che si aggirano fra i 50 mm e i 150 mm, quindi valori che hanno parzialmente ridotto la situazione di sofferenza, consentendo alla portata del fiume Po, in questi giorni, di avere un incremento notevole.
È interessante notare, nella documentazione, il diagramma relativo alla portata del Po, in quanto rispecchia in modo estremamente chiaro il ragionamento che sto svolgendo. In tale diagramma è possibile notare la linea che rappresenta l'andamento alla data del 7 maggio. Tale linea è la più bassa delle tre che avete come riferimento e si innalza improvvisamente, attraversando le linee relative agli anni passati, che indicano la media mensile di portata al metro cubo. È possibile notare un'impennata drammatica dai circa 500 metri cubi al secondo ai 1.279 attuali.
Tuttavia, è molto probabile che nel corso dei prossimi giorni, delle prossime settimane, qualora la situazione meteorologica dovesse rimanere tendente ad una scarsità di precipitazioni, questa portata, oggi estremamente positiva, riprecipiti, tornando al di sotto delle medie stagionali dello stesso periodo.
Signor presidente, spero di essere stato chiaro, da questo punto di vista, nel dare immediatamente le prime indicazioni sul raffronto tra le attività che abbiamo svolto negli anni passati e quelle che abbiamo svolto quest'anno.
Quali sono state le attività che, quest'anno, hanno permesso al Consiglio dei ministri di adottare quel provvedimento, ma soprattutto di svolgere un lavoro di grande coordinamento, di grande sinergia con tutte le varie componenti?
Dall'inizio dell'inverno, dopo aver verificato che abbiamo assistito all'autunno più secco degli ultimi 25 anni, abbiamo istituito innanzitutto un gruppo tecnico scientifico, composto da quattro tecnici di grossa esperienza, in rappresentanza della comunità scientifica del nostro paese, che in campo di previsioni meteorologiche e andamento climatico - mi permetto di affermare - non è secondo a nessun altro paese al mondo, da un punto di vista di competenza scientifica.
I componenti di questo gruppo tecnico per le previsioni meteorologiche mensili e stagionali sono il professor Giancarlo Maracchi, che rappresenta il CNR, l'Istituto di biometeorologia di Firenze; il generale Capaldo, direttore generale dell'Istituto meteorologico dell'Aeronautica; il professor Franco Prodi, direttore dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima, sempre del CNR; Stefano Tibaldi, direttore dell'ARPA-SIM della regione Emilia-Romagna, che si occupa dell'attività di previsioni meteorologiche, e Domenico Vento, inserito successivamente in quanto rappresenta l'ufficio che si occupa della situazione dei cambiamenti climatici, con riferimento al comparto agricolo, per quello che riguarda le attività di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali.
Insieme a loro, alle regioni e all'Autorità di bacino del Po, abbiamo periodicamente (mediamente ogni mese con loro e con le regioni, una volta ogni quindici giorni con l'Autorità di bacino e con gli altri ministeri) aggiornato la situazione meteorologica e monitorato quotidianamente i cambiamenti, anche nel corso dell'inverno, che hanno consentito al Presidente del Consiglio, il 5 marzo (quindi, in una situazione di assoluta tranquillità), di emanare una direttiva a tutte le regioni e a tutte le amministrazioni competenti, che troverete in allegato, in occasione della quale si raccomandava attenzione, monitoraggio, creazione a livello locale e regionale di cabine di regia, attività finalizzate a salvaguardare le priorità dell'approvvigionamento idrico.


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Successivamente sono state svolte altre riunioni. L'ultima risale al 30 aprile, presso il Dipartimento, con il Ministero delle politiche agricole e forestali, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell'ambiente, tutte le regioni italiane (per coinvolgerle anche in questa discussione), Terna, ovviamente, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni.
Nel corso di tale riunione, abbiamo esaminato il prodotto e adottato i provvedimenti principali da sottoporre all'attenzione del Consiglio dei ministri, che ha deliberato la dichiarazione di uno stato di emergenza. Tale dichiarazione, come è stato già sottolineato dal presidente, deve essere solo uno strumento per facilitare le successive azioni che devono essere adottate in coordinamento fra tutte le amministrazioni. Questo riguarda soprattutto il coordinamento fra i ministeri e le regioni.
Ho tralasciato - anche se, all'interno della documentazione, troverete riportate tutte le indicazioni in questione - dettagli sulla situazione degli altri bacini, concentrandomi su quello del Po. Nel documento troverete tutto, anche le indicazioni sui bacini dell'alto Adriatico. Fra l'altro, sabato e domenica scorsi, ho proprio sorvolato l'Isonzo, il Tagliamento, il Livenza, il Piave, il Brenta e anche il Bacchiglione, per verificare la situazione. Troverete, ad ogni modo, le indicazioni relative all'Adige, all'Arno e al Tevere.
In generale, possiamo affermare che l'unica situazione di grave sofferenza è quella relativa al Po. Vi sono, inoltre, delle situazioni di sofferenza per l'Adige che, come sapete, è interconnesso con il bacino del Po e, quindi, risente dello stato di questo fiume. Meno grave è la condizione degli altri bacini dell'alto Adriatico. Si tratta di una criticità che definiamo latente e diffusa. Per Arno e Tevere non si pone alcun problema particolare, per il momento. Segnalo solo qualche warning per l'Arno, per la Toscana, in quanto possono verificarsi situazioni problematiche, molto localizzate, di eventuale sofferenza di approvvigionamento di acqua ad uso potabile. Nessuna criticità per Liri, Garigliano, Volturno e per le due isole. In altre parole, l'esigenza è quella di concentrarsi sul bacino del Po. Il lavoro che è stato portato avanti è finalizzato, dunque, al maggior risparmio possibile dell'acqua disponibile, attualmente, nei bacini idroelettrici di montagna e nei grandi laghi prealpini.
Sulla base del lavoro svolto dai tecnici, l'obiettivo prefissato è quello di riuscire a risparmiare acqua, fino alla fine del mese di maggio, per ottenere un recupero pari a 215 milioni di metri cubi. Contemporaneamente, il comparto agricolo ha accettato la riduzione del fabbisogno idrico, pari all'8 per cento rispetto al complessivo fabbisogno idrico per tutto il bacino del Po. Questa situazione consente un risparmio ulteriore di 130 milioni di metri cubi d'acqua, che portano di fatto ad avere, programmata per la fine di maggio, una riserva strategica che si aggira intorno ai 345-350 milioni di metri cubi d'acqua nei bacini idroelettrici e nei laghi prealpini. Tutto questo è previsto senza considerare la situazione delle precipitazioni sulla quale, proprio in virtù delle iniziative annunciate dal presidente, del mese di giugno, forse potrebbe essere utile che aggiungessi alcune rapidissime valutazioni.
Se riusciremo a garantire la disponibilità, alla fine del mese di maggio, di 350 milioni di metri cubi di riserva strategica, Terna ritiene, sulla base delle diverse iniziative che ha adottato parallelamente (ad esempio, la prenotazione di approvvigionamento di energia elettrica all'estero, pari a 2 mila megawatt, e una serie di altre iniziative che sta programmando), di poter affrontare la stagione estiva nel modo meno complicato possibile, prevedendo possibilità di distacchi programmati, per ciò che riguarda esclusivamente il comparto industriale, sul quale siete perfettamente edotti.
Abbiamo già concordato con Terna che, qualora dovesse essere adottata qualche decisione di distacco di energia elettrica, anche ad uso domestico - situazione che, al momento, sembra esclusa -, si provvederebbe, ovviamente, a tutta un'attività di


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informazione preventiva alla popolazione, in modo da limitare al massimo gli eventuali disagi.
Questa pianificazione sarà oggetto di ulteriori verifiche. A tale proposito, il 15 maggio si svolgerà una successiva riunione in quanto Terna, in questo momento, è preoccupata poiché ritiene che la riserva strategica dei 350 milioni di metri cubi, al momento, non sia garantita. Ad esempio, le autorità che gestiscono il rilascio del lago Maggiore non hanno ancora assicurato il trattenimento d'acqua programmato e richiesto da Terna.
Nella giornata di ieri sono stato messo al corrente, da parte di Terna, del possibile rischio che questa riserva strategica per la fine del mese di maggio non possa essere garantita se, in particolare con riferimento al lago Maggiore, non si cerca di rispettare la gestione della portata d'acqua garantita. Come troverete anche nella documentazione, i due laghi prealpini (abbiamo parlato rapidamente della situazione dei fiumi) che si trovano maggiormente in una situazione di sofferenza - sull'argomento avete a disposizione i diagrammi - sono il lago Maggiore e il lago di Garda, mentre il lago di Como ed il lago d'Iseo non sono ancora in una situazione di particolare criticità. Le tabelle relative a quanto appena detto le trovate nel documento. Non c'è bisogno, anche in questo caso, di capire la differenza fra i colori poiché, guardando i diagrammi del lago Maggiore a Sesto Calende e gli afflussi al lago, rispetto ai valori degli anni precedenti, la linea in rapida discesa, o che si stabilizza ad un livello estremamente basso, corrisponde all'altezza idrometrica di quest'anno.
Lo stesso discorso vale per il lago di Garda, mentre per il lago di Como a Malgrate ed il lago d'Iseo a Sarnico potete notare che la situazione è migliore. Per il Garda a Peschiera, invece, ci troviamo, di fatto, di fronte ad una situazione che rasenta i valori minimi storici, mai registrati.
Al momento, quindi, dobbiamo concentrare la nostra attenzione sull'assoluta esigenza di garantire la riserva strategica di 350 milioni di metri cubi dei diversi invasi per trovarci, alla fine del mese di maggio, con i rilasci necessari per garantire, ovviamente, il funzionamento delle centrali idroelettriche e l'irrigazione alle colture strategiche, soprattutto durante il mese di giugno; fermo restando che rimane salvaguardata la garanzia di fornire acqua potabile, soprattutto nel ferrarese. Infatti, il territorio di Ferrara, nell'Emilia-Romagna, è quello che abitualmente ha maggiore esigenza di approvvigionamento idrico per l'acqua potabile. Riteniamo di riuscire a gestire la situazione.
Ad ogni modo, tutte le protezioni civili regionali, dal Piemonte al Veneto (Emilia-Romagna, Lombardia ed anche altre, come la Toscana), sono già state da noi allertate in modo da poter disporre - nelle situazioni che immaginiamo possano diventare più critiche rispetto alle altre - di cisterne, di potabilizzatori, di idrovore e di tutto ciò che serve per fornirsi di acqua, qualora la situazione dovesse essere particolarmente critica, in modo da garantire, sempre e comunque, acqua potabile.
Noi abbiamo accertato, come sistema nazionale composto dai tecnici e dal gruppo di lavoro che ho citato, insieme ai centri funzionali delle varie regioni, che li hanno istituiti da tempo (abbiamo già parlato dell'attività dei centri funzionali, definendoli uno strumento di previsione e monitoraggio a livello territoriale), il permanere di una situazione di deficit idrico nel centro-nord, valutabile in una misura fra il 30 ed il 40 per cento rispetto alla media del periodo. Tale cifra è pari ad una riduzione delle precipitazioni autunno-inverno dell'ordine di 300-400 mm.

PRESIDENTE. È enorme!

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. Il 30-40 per cento non è poco.

FRANCO STRADELLA. Se ne sono accorti tutti!

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. Nel documento


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che vi ho fornito troverete indicazioni anche per quanto riguarda le precipitazioni nevose: fino al mese di marzo non era caduto un solo fiocco di neve da nessuna parte. Successivamente si sono verificate nevicate che, però, non sono risultate sufficienti per compensare i deficit dei mesi precedenti. Infatti, i due gradi di temperatura, superiori alla media del mese di aprile, hanno fatto sciogliere immediatamente la neve. Nei giorni scorsi si sono formati 20 centimetri di neve in alcune zone delle Alpi, ma si stanno rapidamente sciogliendo e, quindi, non rappresentano purtroppo una riserva strategica per i prossimi mesi.
Il mese di maggio, sulla base delle previsioni meteorologiche, dovrebbe risultare abbastanza nella media. Verso la fine di questa settimana avremo una perturbazione che entrerà nel nord Italia. Si verificheranno, dunque, altre piogge, probabilmente anche alla fine del mese.
È interessante prendere visione di questi modelli, che rappresentano la summa di una serie di elaborazioni operate negli Stati Uniti, nel centro di Reading, in Inghilterra, dai nostri tecnici e via dicendo. Abbiamo una previsione di precipitazioni, per giugno, sensibilmente inferiore rispetto alla media, con la possibilità di aumenti di temperatura di 1 o 2 gradi, superiori alla media stagionale, e con ipotesi, per il mese di luglio, di una temperatura al di sopra della media e di percentuali di precipitazioni abbastanza ridotte.
In poche parole, il mese di maggio riporta una situazione abbastanza tranquilla, mentre a giugno potrebbe fare abbastanza caldo, con poche piogge, e questo contribuirebbe sicuramente ad aggravare la situazione di crisi idrica. Altresì, l'aumento di temperatura potrebbe far scattare tutte le altre attività di prevenzione, di tutela e di assistenza. Stiamo parlando di problemi relativi all'approvvigionamento di energia elettrica, all'agricoltura e all'acqua potabile.
Non dimentichiamo che da cinque giorni, sul nostro sito, sono state emesse le previsioni meteorologiche per 18 città italiane, in modo da consentire alle strutture locali di programmare interventi mirati alle categorie sociali più a rischio per i colpi di calore, quindi attività a favore degli anziani, che abbiamo avviato, ormai da quattro anni, in 5 città campione. Attualmente sono 18 (quasi tutti i capoluoghi di regione) le città collegate al nostro sistema Early Warning, per le ondate di calore, che consente ai servizi sociali locali e alla protezione civile locale di mettere in piedi interventi finalizzati a tutelare le categorie più a rischio.
Inoltre, l'aumento di temperatura e la carenza di piogge ci devono indurre a pianificare una campagna per la lotta agli incendi boschivi efficace, necessaria per ridurre al massimo questa situazione di disagio.
Nel pomeriggio, nella sede del Dipartimento della protezione civile, è convocata la riunione con tutte le regioni, con il Corpo forestale dello Stato e con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per programmare la campagna antincendi boschivi della prossima estate che, verosimilmente, avrà inizio a partire dai primi giorni del prossimo mese di giugno.
Signor presidente, se lei concorda, vorrei concludere dandovi ulteriori informazioni sulle attività che noi intendiamo mettere in piedi, alla luce della dichiarazione dello stato di emergenza e dei lavori di coordinamento che stiamo svolgendo con tutte le diverse amministrazioni.
Abbiamo predisposto una bozza di ordinanza, che rappresenta il seguito naturale della dichiarazione dello stato di emergenza, che prevede tutta una serie di attività.
Le iniziative che abbiamo programmato sono diciotto e devono essere realizzate da una «cabina di regia» che si intende attivare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Non sappiamo se la suddetta «cabina di regia» sarà coordinata da un commissario, ma questo non è rilevante. L'importante è che ci sia una condivisione delle attività, delle problematiche e delle iniziative, alcune delle quali sono state già citate. Di questo argomento tornerò a parlare rapidamente.


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Voglio mostrarvi la bozza di ordinanza. L'impianto che noi immaginiamo, sentiti tutti i ministeri competenti, di intesa con tutte le regioni del centro-nord - che in qualche modo hanno un ruolo e una responsabilità - e coinvolgendo le autorità di bacino, Terna, le associazioni di categoria e via dicendo, prevede di creare un gruppo tecnico di coordinamento, una «cabina di regia» a livello nazionale, presso la Presidenza del Consiglio. Se, poi, questo gruppo tecnico sarà coordinato da un funzionario del Dipartimento, da un funzionario del Ministero dell'ambiente o da un funzionario delle politiche economiche, lo deciderà il Governo. Non credo che sia questa la problematica. L'importante è riunire intorno a un tavolo tutti gli attori, in modo da poter gestire la risorsa dei 350 milioni di metri cubi, cui ho fatto riferimento come riserva strategica, nel modo più intelligente possibile, rispettando le esigenze dei tre settori di cui parliamo, salvaguardando ovviamente il problema dell'approvvigionamento di acqua potabile e cercando di ridurre al massimo le difficoltà per le altre due componenti. In altre parole, questo gruppo tecnico, attivato in sede permanente, ha il compito di predisporre i piani di regolazione e di uso delle risorse idriche, con l'eventuale modificazione temporanea della loro destinazione.

PRESIDENTE. Chi fa parte di questo tavolo di governo? Per dovere di chiarezza, devo ricordare che quando fu discussa la risoluzione, votata all'unanimità in Commissione, avevo preso contatto anche con le regioni, che erano favorevoli a questo percorso. Le regioni richiedevano, a mio parere giustamente, un pieno coinvolgimento nel percorso decisionale. Per questo motivo, vorrei capire chi fa parte del gruppo di cui abbiamo parlato.

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. È citato nella mia relazione, che lascio in aggiunta alla documentazione già esistente. Mi sembrava pleonastico fare riferimento alla risoluzione di questa Commissione, nel senso che, aggiungendo la direttiva del Presidente del Consiglio, sono i due provvedimenti ai quali ci siamo riferiti nel portare avanti le nostre attività. Di conseguenza, questo gruppo tecnico sarà composto da tutte le regioni competenti.
Il primo aspetto è il seguente: ogni presidente di regione sta ricevendo la bozza di ordinanza, per la quale - lo ricordo - è obbligatoria l'intesa delle regioni. Ad esempio, se la Lombardia non dovesse essere d'accordo con l'impianto, o la si esclude, soluzione che mi sembra abbastanza difficile considerando una «cabina di regia» di questo genere, oppure bisogna modificare l'impianto. Non abbiamo il potere di adottare un'ordinanza che non sia condivisa con le regioni.
Peraltro, credo che la nostra missione di questi mesi sia stata quella di lavorare in assoluta sinergia con tutte le regioni, ma senza, da questo punto di vista, trascurare le componenti statali centrali. Di conseguenza, il tavolo tecnico sarà un po' grande: per quanto riguarda il problema Po vi saranno indubbiamente Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, le due province autonome e la regione autonoma Valle d'Aosta; in particolare, intorno al tavolo ci saranno anche il Ministero dello sviluppo economico, quello delle politiche agricole e forestali, quello dell'ambiente, il Dipartimento della protezione civile, Terna, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazione. Tutto questo è finalizzato a gestire il problema del Po che, come ho detto, in questa fase è il più acuto. Successivamente, verranno coinvolte in questo sistema anche le Autorità di bacino dell'Adige, dell'alto Adriatico, del Po, del Tevere e dell'Arno, qualora la situazione, nel corso delle settimane successive, dovesse richiederlo.
Si tratta, quindi, di una struttura flessibile, peraltro rodata. Infatti, occorre istituzionalizzare il lavoro che fino ad oggi abbiamo svolto in modo più informale, in attesa della dichiarazione dello stato di emergenza e della prossima adozione di questa ordinanza, che, come appunto dicevo, prevede una serie di iniziative, tra le quali le seguenti: trattenere nei bacini


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idroelettrici più acqua possibile per quello che riguarda le attività successive; effettuare controlli più severi rispetto ai prelievi illegali di acqua dal Po e dagli affluenti; controllare coloro che, se pure autorizzati, spesso fanno prelievi ben superiori rispetto a quelli stabiliti; bloccare, ovviamente, la concessione di ulteriori licenze; emanare una deroga ai livelli di regolazione dei grandi laghi e ai limiti relativi alle temperature degli scarichi termici per quanto concerne il funzionamento delle centrali; rinviare l'attività di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti idroelettrici montani ad una fase successiva a quella che riguarda il periodo estivo. L'ordinanza comprende, inoltre, tutte quelle altre attività che riguardano l'esigenza di una programmazione e di un controllo molto puntuali per il prelievo di acqua a scopo agricolo.
Si prevedono, in aggiunta, una serie di attività informative, sia sull'esigenza di risparmiare l'acqua - abbiamo predisposto una serie di spot televisivi che saranno trasmessi a partire dalla metà di questo mese -, sia sull'esigenza di risparmiare energia elettrica, anche per uso domestico; altri spot saranno finalizzati ad informare i cittadini sulle cautele da adottare in caso di situazioni climatiche particolarmente avverse (trattando, ad esempio, dei colpi di calore per gli anziani, o della lotta agli incendi boschivi).
Stiamo definendo un programma organico e articolato attraverso la predisposizione di un'ordinanza, che mi auguro di poter avere pronta nell'arco di questa settimana, per la firma del Presidente del Consiglio. Quindi, dalla metà del mese di maggio spero di poter lavorare, programmando, pianificando e gestendo la risorsa idrica a nostra disposizione.

PRESIDENTE. La ringrazio per la lunga esposizione. Peraltro, oggi, considerati i lavori dell'Assemblea, disponiamo di tutto il tempo per svolgere con tranquillità l'odierna audizione.
Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

CAMILLO PIAZZA. Sono felice di chiamare, in questa fase, Guido Bertolaso non commissario ma direttore: così almeno non parliamo di altre vicende.
Vorrei formulare alcune brevi domande. In primo luogo, chiedo se sia in corso un'analisi sul reale fabbisogno delle tre tipologie di uso dell'acqua - minimo deflusso vitale, questioni agricole ed energetiche - suddiviso per ogni fiume. È del tutto evidente, infatti, che si presentano delle criticità: alcune le stanno risolvendo, come ad esempio quella del lago d'Idro; per altri casi, invece, come quelli del lago di Molveno e del Trasimeno, personalmente non sono ancora in grado di capire quali sono i reali fabbisogni, partendo ovviamente dal livello ottimale ed arrivando al minimo vitale. A mio avviso, ognuno sta dichiarando dati abbastanza contraddittori. Chiedo dunque se siamo in grado di avere il quadro certo della situazione, in relazione ai tre modi di uso dell'acqua.
Vorrei porre un'altra questione: in alcune zone come, ad esempio, nel comune di Milano, l'acqua è presente in abbondanza. Ha ragione il professor Misiti nel sostenere che, in Italia, il problema dell'acqua non esiste perché è di natura esclusivamente economica. Con questo rispondo all'attacco del mio amico Marco Lion. Il comune di Milano, per assicurare il funzionamento della metropolitana della linea 1 deve pompare dai 2 ai 4 metri cubi al secondo, altrimenti la metropolitana non parte. È pensabile che l'acqua dispersa venga in qualche modo riutilizzata, soprattutto nelle zone del lodigiano o del cremonese, che spesso con l'acqua sono in difficoltà? Lo chiedo perché sembra assurdo che in alcune zone, a causa della diminuzione della produzione industriale, la falda sia in aumento ma quest'acqua, in definitiva, non venga riutilizzata.
Mi domando se ci sia un ragionamento anche rispetto a questi «sprechi», perché non si tratta di fognature o di acquedotti, ma di acqua che viene per forza pompata per far sì che la metropolitana possa poi procedere.


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FRANCO STRADELLA. La ringrazio, dottor Bertolaso, per la sua relazione sullo stato dell'arte che, peraltro, essendo già conosciuto, credo non valesse neanche la pena analizzare in Commissione in modo tanto dettagliato.
Il problema che abbiamo non è quello della mancanza d'acqua: l'acqua c'è, ma bisogna utilizzarla in modo corretto, bisogna approntare provvedimenti strutturali che consentano di immagazzinare l'acqua quando c'è e di erogarla quando viene a mancare.
Le riunioni di confronto, i tavoli di regia vanno bene perché non si è fatto, in passato, ciò che si dovrebbe fare, ovvero strutturare il territorio in modo tale da avere la disponibilità di un elemento che abbonda - e non scarseggia -, considerando che una gran parte dell'acqua che precipita e transita sul territorio si disperde e non viene immagazzinata come, invece, sarebbe opportuno e possibile fare. Manca un forte coordinamento, che non c'è mai stato neanche in passato; ma mi auguro che, con la creazione della «cabina di regia», si pervenga perlomeno a qualche risultato.
Lo scorso 4 maggio il Governo si è accorto che, oltre al problema della siccità, esiste anche quello delle eccessive precipitazioni; possiamo dedurre che se ne sia accorto, dal momento che nello stesso provvedimento sono stati valutati sia i rischi della siccità che quelli dell'esondazione dei fiumi. Ciò significa che basterebbe coordinare questi due fenomeni naturali per evitare che si creino crisi drammatiche come quelle che già conosciamo. Mi è parso di capire, dalle parole del dottor Bertolaso, che è stato previsto una sorta di coprifuoco ma non si è cercato di individuare attraverso quali elementi si potrebbe evitarlo.
Non si sente mai parlare di una gestione corretta, della creazione di una diversa infrastruttura per l'uso delle acque; anzi, il ministro dell'ambiente ha escluso, a tale proposito, qualsiasi elemento di novità in futuro: non si sente parlare di grandi bacini, ad esempio, neanche per idea.
Non è questo il momento adatto per parlare della questione dell'energia: è risaputo che, da tempo, annunciamo l'intenzione di affrontare l'argomento, ma possiamo farlo anche in un secondo tempo.
A nostro avviso, il problema, che dobbiamo affrontare, sull'uso corretto della risorsa acqua passa attraverso l'adozione di misure strutturali definitive e non emergenziali ( queste ultime non risolverebbero il problema). Si potrebbe anche attribuire questa competenza ad una regia nazionale, per consentire la formazione di un tavolo attorno al quale si confrontino le varie idee; capisco che ci sia una diversa opinione fra il Piemonte ed il Veneto, e se il Piemonte, per «egoismo territoriale», pompa tutta l'acqua di cui ha bisogno, alla fine il Veneto rimane senza; secondo i piemontesi, i veneti dovrebbero arrangiarsi, ma non è certamente auspicabile né pensabile che si possa verificare una situazione del genere.
Tuttavia, io credo che il coinvolgimento delle organizzazioni locali - quello che prevedeva, in sostanza, la legge Galli, con le sue importanti novità sulla modernizzazione e la riorganizzazione del settore idrico - vada ricercato ed ottenuto, perché è l'unico modo per risolvere il problema.
Dottor Bertolaso, tutto ciò che è stato da lei proposto - le previsioni, il tavolo degli esperti - è apprezzabile e interessante, ma - come lei stesso ha fatto notare - se poi la Lombardia, il Veneto o il Piemonte contrastano questo progetto, si finisce con il non poterlo attuare. Il coinvolgimento è, quindi, necessario, e per ottenerlo bisogna utilizzare quelle strutture che sul territorio sono già previste: esiste un protocollo di intesa tra l'Autorità di bacino e le amministrazione locali che è rimasto anch'esso lettera morta e che in qualche modo bisognerà attivare.
È più facile criticare che proporre, mentre è difficile governare; tuttavia, mi sembra che la strada sulla quale ci si è incamminati potrà forse risolvere i problemi dell'estate in arrivo, potrà servire a dare risposte e a non creare pericoli o


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particolari disagi alle comunità, ma non risolverà il problema in modo definitivo.
Questo problema va affrontato per essere risolto in modo definitivo, altrimenti ogni anno dovremo fare dichiarazioni di emergenza, coinvolgere la Protezione civile, studiare soluzioni di razionamento, immaginare che la gente si debba lavare una volta alla settimana o non tirare lo sciacquone; insomma, non mi sembrano, queste, soluzioni, considerato il fatto che - potrei sbagliare, ma credo che sia difficile dimostrarlo - l'acqua non manca: l'acqua va solo usata in modo più corretto, perché ce n'è in abbondanza.

GIANPIERO BOCCI. Anch'io ringrazio il direttore Bertolaso. Vorrei esprimere alcune brevissime considerazioni. Inizio manifestando un apprezzamento, perché mi sembra di cogliere una novità rispetto agli anni passati (senza volerlo sottolineare in maniera forte): il fatto che nel mese di maggio, in una situazione ancora non particolarmente drammatica il Governo si ponga il problema di prevenire eventuali ulteriori difficoltà (è già stato ricordato quanto è avvenuto nel 2003 e nel 2006) ritengo rappresenti un elemento positivo, e per questo credo che si debba essere tutti soddisfatti.
Detto questo, restano alcuni problemi strutturali e, a mio parere, vi sono anche alcune possibili soluzioni che sono molto meno impegnative di quanto si possa legittimamente immaginare.
Vorrei citare tre esempi. Innanzitutto, mi sembra che la scelta di avere insediato una «cabina di regia» concertandola - e non poteva essere diversamente - con le regioni sia, a mio avviso, un atto di grande coerenza, che ci consentirà di evitare le incomprensioni che spesso, in passato, sono risultate molto più pesanti di tante altre forme di inadeguatezza.
Cito l'esempio del sistema antincendio, che prima il direttore ricordava: abbiamo spesso registrato delle vere incomprensioni tra gli stessi organismi dello Stato. Ricordo, per esperienza diretta, la difficoltà di coordinare il Corpo dei vigili del fuoco con il Corpo forestale. C'era - e permane tuttora - il problema serio di afferire le diverse responsabilità ad un unico soggetto di coordinamento, che dia un senso di concretezza e di efficacia negli interventi.
Restando nel merito della «cabina di regia» - proposta che condivido e apprezzo - ritengo che si debba fare un'ulteriore considerazione sulla necessità che questo paese si doti, finalmente, di un grande piano nazionale, che venga realizzato in sintonia con i piani regionali. In altri termini, tra i piani regionali e il piano nazionale del governo del paese ci deve essere la stessa linea di indirizzo, si deve andare nella stessa direzione.
Avrebbe senso una «cabina di regia» - con la forte concertazione tra il livello centrale e i livelli regionali - se, accanto a questo contenitore, ci fosse anche una forte programmazione che andasse in questa direzione. Diversamente, noi avremmo degli strumenti che non sempre sarebbero in linea con le scelte organizzative.
La seconda riflessione riguarda la necessità di intensificare i controlli, come il direttore stesso ha ricordato. In questo paese, anche su questo versante, c'è una forma di illegalità diffusa e, soprattutto, manca una funzione di vigilanza e di controllo che è fondamentale non soltanto per ripristinare un livello di legalità, ma anche per razionalizzare il sistema e per ottenere quei risparmi di cui parlava anche il collega che mi ha preceduto.
Questo non riguarda solo il versante dei prelievi per usi agricoli (che è un problema del rapporto tra ambiente e agricoltura): credo che si registrino, lungo i corsi d'acqua e sui bacini, diverse forme di illegalità che soltanto attraverso un'azione coordinata, seria e profonda noi possiamo ripristinare, dando un contributo nella direzione che prima il direttore ricordava.
La terza considerazione è che abbiamo assistito spesso a forme di intervento, anche da parte dello Stato, che non sempre sono state portate a conoscenza dei cittadini. Vorrei ricordare gli esempi del 2003 sui distacchi di energia che, malgrado fossero programmati, si verificavano puntualmente senza mai essere preventivamente comunicati ai cittadini.


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Credo che questa disfunzione non sia soltanto un problema di correttezza di rapporti tra istituzioni e cittadini, perché una corretta informazione può, in qualche modo, anche contribuire a dare, in un futuro, dei risultati positivi; dobbiamo fare lo sforzo di comunicare ai cittadini, alle famiglie, agli italiani, che l'energia è un bene talmente importante che la sua salvaguardia è compito di tutti. Da questo punto di vista andrebbero utilizzati meglio, e forse anche in misura maggiore, gli spazi che la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri ha nei maggiori strumenti di comunicazione.
Ritengo che su questo argomento si possa fare e debba essere condotta - nell'ambito di quella «nuova cultura» che dobbiamo riuscire a far nascere in questo paese - una seria battaglia di informazione e di comunicazione agli italiani sull'uso corretto di questo bene: ma va considerata come elemento di prevenzione, non solo nel momento dell'emergenza. Non dobbiamo rincorrere le cose quando ci troviamo di fronte al fatto compiuto, ma dobbiamo riuscire preventivamente a far crescere un profilo culturale - perché anche di questo si tratta - rispetto all'uso di un bene così importante.
Abbiamo alcune concrete opportunità per incidere su queste problematiche, non ultima la necessità di fare una ricognizione delle grandi opere per l'utilizzo dell'acqua che, negli anni, sono state iniziate ma che non sono state ancora terminate. Mi riferisco in modo particolare a tante vicende che, soprattutto nel centro-sud, hanno mostrato non sempre l'aspetto migliore di questo paese; ci sono opere iniziate che hanno ancora una loro validità e che io credo debbano essere considerate fra le grandi infrastrutture del paese che questo Governo si impegna a completare, in direzione di una modernizzazione dell'Italia che la renda meno precaria rispetto agli eventi che spesso dimostrano la fragilità del nostro territorio.
Da questo punto di vista - come mi sembra di cogliere anche dalle osservazioni del direttore Bertolaso - abbiamo, finalmente, la possibilità di affrontare con impegno un problema che merita una politica e un intervento seri.

PRESIDENTE. È vero che abbiamo molto tempo a disposizione, ma dovremmo gestirlo in maniera tale da terminare prima dell'inizio dei lavori dell'Assemblea.

PAOLO CACCIARI. La ringrazio, direttore, per le informazioni che ci ha fornito. Le pongo alcune domande molto dirette. Innanzitutto, ci aiuti a valutare questi risparmi, che porteranno ad avere 340-350 milioni di metri cubi d'acqua, ossia la riserva strategica per i mesi di giugno, luglio ed agosto. Personalmente, ad esempio, non so calcolare in quanto tempo il Po, in una magra come quella dell'anno scorso, possa consumare una riserva strategica di 350 milioni di metri cubi d'acqua.
Inoltre, quali sono le centrali idroelettriche che possono entrare in crisi? Quali sono le localizzazioni più a rischio?
In merito alla bozza di ordinanza che ci ha illustrato - a dire il vero in modo abbastanza sommario, mentre invece vorrei capirne qualcosa di più - le chiedo se, ad esempio, non si potessero usare dei poteri - derivanti dalla dichiarazione di emergenza - anche per imprimere una svolta permanente nella gestione dei corpi idrici.
Della visita che abbiamo fatto l'anno scorso lungo il Po, ricordo alcune rimostranze del presidente della provincia di Mantova - per citarne una - sugli usi scellerati che vengono fatti non solo dei prelievi e delle captazioni idriche ma, per esempio, dei sassi, della ghiaia, delle sabbie, che provocano una dispersione della portata del fiume nelle falde profonde e, quindi, una perdita del bilancio idrico del fiume. Quindi, oltre al blocco dei prelievi idrici, probabilmente sarebbe il caso di prevedere anche il blocco delle cave, dei prelievi lapidei lungo il Po.
Ho sentito parlare di spot sul risparmio di acqua e di consumi elettrici e vorrei capire qualcosa al riguardo. Si tratta del secondo anno consecutivo in cui entriamo


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in crisi e, a sentire il parere degli esperti mondiali - per non parlare di cosa sta succedendo in Australia o in altre parti del mondo - sarà sempre peggio, vale a dire che ci troveremo in uno stato di permanente crisi idrica a causa dei mutamenti climatici. Dobbiamo pertanto mettere davvero in fila le priorità negli usi di questa risorsa sempre più scarsa e preziosa.
Lei oggi non l'ha detto, ma l'ho letto in alcune interviste che ha rilasciato: sicuramente bisogna garantire gli usi civili, potabili e non solo. Tuttavia, invito a porre attenzione al fatto che gli usi civili potabili non sono solamente legati alle quantità d'acqua, ma anche alla sua qualità. La diminuzione della qualità dell'acqua cambia le concentrazioni di inquinanti: alcuni impianti nel Polesine non riescono a depurare acque che, a prescindere dalla quantità, hanno una concentrazione di inquinanti impossibili da depurare. Quindi, i due aspetti sono intrecciati: bisogna fare un discorso qualitativo, non solo quantitativo.
Tornando alla priorità negli usi, mettendo da parte, ovviamente, gli usi civili e pensando agli usi agricoli, industriali ed energetici, credo che davvero ce ne siano alcuni che hanno una priorità: ad esempio i condizionatori, quelle maledette macchine che rovinano anche la salute delle persone. Se dobbiamo fare degli spot televisivi, facciamoli bene: i condizionatori debbono essere utilizzati negli ospedali, nelle case di cura e così via; la diffusione generalizzata di queste nuove tecnologie, invece, è micidiale dal punto di vista energetico e, a mio avviso, prima di garantire energia per i condizionatori viene la necessità di garantire i minimi flussi vitali biologici per gli esseri umani e per i fiumi.
Da questo punto di vista sono davvero contrario alla pratica, ormai abitudinaria, con cui si deroga, con leggerezza, ai limiti di inquinamento termico, senza che alcuno studio di valutazione di impatto ambientale di tali deroghe - che portano alla distruzione della risorsa ittica - venga svolto preventivamente.
Nel Polesine non ci sono da alimentare solamente le centrali e gli elettrodomestici nelle case: si tratta anche di mantenere un settore produttivo, perché aumentare le temperature significa, ad esempio, non solo far aumentare la penetrazione nei nostri fiumi del cuneo salino, ma anche far arrivare nelle nostre acque le alghe del Mar dei Sargassi.
Pertanto, queste decisioni non possono essere adottate solo sulla base di valutazioni quantitative, ma debbono essere anche certificate dal punto di vista delle conseguenze, che possono essere molto più dannose di quanto non lo sia chiudere una centrale. Non vorrei che ci fossero i soliti interessi «automatici» - ad esempio quelli di Terna - che non tengono conto di altri interessi che riguardano, invece, il mantenimento delle biodiversità e dell'equilibrio naturale nel delta del Po.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma debbo davvero invitare i colleghi ad essere molto più stringati, perché nonostante abbiamo previsto 2 ore per lo svolgimento dell'audizione - ed è il massimo storico per questa Commissione -, se ognuno di voi parlerà tanto quanto i relatori già intervenuti non riusciremo a concludere in tempo. Poiché siamo abituati a tempi molto più ristretti, invito i colleghi ad essere più sintetici, anche per consentire a tutti i gruppi di intervenire. È colpa mia perché ho parlato di praterie davanti a noi. Insomma, un prato c'è, ma non proprio le pianure dell'Amazzonia...!

AURELIO SALVATORE MISITI. Vorrei tornare un momento sulle questioni di fondo. A me non interessano tanto i condizionatori; a me interessa sottolineare, innanzitutto, un aspetto: l'amico Bertolaso, responsabile della Protezione civile, si sostituisce sostanzialmente - e giustamente, vista l'assenza - ad altri organismi di governo del territorio.
Convengo con i colleghi Stradella e Bocci che le questioni vadano affrontate alla radice, in modo tale che si abbia la possibilità di fare prevenzione, di seguire un'impostazione complessiva, attraverso lo


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svolgimento dell'attività di ordinaria amministrazione annuale dei ministeri interessati, che si debbono incontrare normalmente per il coordinamento. Però di che cosa? Il Governo precedente aveva praticamente abolito, nel codice, le Autorità di bacino, mentre noi le abbiamo ripristinate. Perché lo abbiamo fatto? Se le abbiamo ripristinate, dobbiamo comportarci in maniera conseguente: l'Autorità di bacino del Po fa già da raccordo tra le regioni; tutte le regioni interessate sono già coinvolte: discutano fra di loro, governino quel territorio! Che c'entra costituire una «cabina» che contrasta con questo sistema?
Se abolissimo l'Autorità di bacino, allora potremmo pensare di costituire «cabine» o altri organismi; ma se c'è l'Autorità di bacino, è giusto che questa sia il fondamentale strumento del Governo. Quest'anno, la Protezione civile si è occupata della questione, ma guai se seguissimo per l'anno prossimo la stessa procedura! Il Governo, i ministeri, nell'ambito dell'ordinaria amministrazione dello Stato, devono provvedere alla gestione della questione idrica e non all'emergenza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE TOMMASO FOTI

AURELIO SALVATORE MISITI. Su tale questione si dicono tante sciocchezze.
Ringraziamo, dunque, il dottor Bertolaso e i suoi validissimi collaboratori - persone che potrebbero lavorare in qualunque gruppo di esperti, e lo dico per diretta e personale conoscenza -, ma è bene che utilizziamo queste forze anche intellettuali nell'ambito dell'ordinarietà, non più della straordinarietà.
Dovremo essere noi i responsabili se non riusciremo rapidamente ad entrare nel merito del codice dell'ambiente, a risolvere la questione delle Autorità di bacino e a stabilire un loro coordinamento. Che collegamento c'è tra quello che avviene nella piana di Gioia Tauro e quello che avviene nel bacino del Po? Lo sapete o no che la piana di Gioia Tauro quest'anno butta a mare 400 milioni di metri cubi di acqua?
Viste le variabilità atmosferiche, dobbiamo investire anche sulle infrastrutture per ottenere la flessibilità necessaria. Personalmente non disdegno un programma-progetto. Si parlava di un progetto nazionale, che è necessario per valutare se vi sia o meno la necessità di trasferire risorse idriche dalle zone che ne hanno in abbondanza a quelle che non ne hanno. Questo può fare lo Stato, senza entrare nelle altre questioni, e le Autorità di bacino devono rispondere al loro ruolo, appunto, di autorità che decidono e deliberano. La Lombardia e il Veneto possono interloquire per il tramite dell'Autorità di bacino; non è necessario venire a Palazzo Chigi per discutere sulle questioni del Po.
Il presidente Foti riferirà al presidente Realacci quanto ho detto. Non ci sto a discutere di questioni inutili! Ringrazio ancora una volta la Protezione civile che si interessa di tali questioni, ma mi auguro che questa sia l'ultima volta. Per l'anno prossimo vorrei che intervenisse il ministero: cambiamo l'APAT, facciamo in modo che sia come l'APA americana, qualsiasi cosa purché si intervenga senza che sia necessario dichiarare lo stato di calamità naturale, sapendo che globalmente la questione dell'acqua non è destinata a cambiare. I 100 mila chilometri cubi di acqua dolce ci sono sempre. Non facciamo discorsi che non stanno né in cielo né in terra.
Dottor Bertolaso, ci aiuti mettendoci a disposizione dei tecnici affinché anche coloro che hanno la responsabilità di legiferare siano informati bene prima di farlo.

FABIO RAMPELLI. Nel ringraziare anch'io il direttore Bertolaso, devo dire che alcune delle argomentazioni che avrei voluto esprimere sono state perfettamente anticipate dall'intervento di chi mi ha preceduto.
Vorrei tuttavia aggiungere qualche elemento di novità perché, effettivamente, la questione è poco chiara: è come se si fosse dichiarata una sorta di stato di emergenza in assenza di emergenza o, comunque, nella previsione di un'emergenza.


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Siamo quasi in presenza di poteri sostitutivi dei poteri ordinari - quasi si invocasse la straordinarietà! - perché non si è capaci, nell'ordinarietà, di far fronte ad una situazione che non è (fortunatamente per noi e per la nostra comunità nazionale) drammatica.
Eppure, pur in assenza di una situazione drammatica, si è fatto ricorso a una dichiarazione di stato di emergenza, una sorta di contraddizione in termini, che ci dovrebbe essere spiegata (magari non dal direttore Bertolaso, ma dal ministro competente e dal Governo).
Non vorrei - faccio ricorso ad un paradosso, del resto stiamo stati abituati in questi giorni a leggerne di tutti i colori (mi riferisco anche alla performance del grande Fulco Pratesi sul Corriere della sera) - che la questione si risolvesse con una «cabina di regia» e poi con qualche spot televisivo, che colpevolizza il povero cittadino che sceglie il bagno piuttosto che la doccia.
Non mi pare che il problema sia questo. Ritengo che le quantità di acqua che vengono utilizzate stiano lì a testimoniare che l'uso civile della risorsa idrica interviene in maniera assolutamente relativa rispetto al resto.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ERMETE REALACCI

FABIO RAMPELLI. Perché, dunque, mandare in onda degli spot per colpevolizzare il cittadino? Vorrei capire quanto ci costano e quanto rendono questi spot. Nel caso in cui la pubblicità diramata attraverso i network televisivi si rivelasse efficace, quanta acqua recupereremmo? Abbiamo fatto una sorta di previsione del rapporto costi-benefici, per capire se effettivamente questa attività possa essere strategica?
Penso che i problemi importanti sul tappeto - a maggior ragione se questa straordinarietà di interventi e di poteri sostituisce l'ordinarietà delle funzioni tradizionali - siano rappresentati dalla scarsa capacità di immagazzinamento dell'acqua e dalla sua dispersione. Ho sentito parlare troppo poco di dispersione. Per fortuna, non si può certo dire che nel nostro paese l'acqua scarseggi (non siamo tra gli ultimi paesi europei da questo punto di vista), mi pare, invece, che primeggiamo nella classifica di coloro che la sprecano, la disperdono.
Abbiamo, da questo punto di vista, dati precisi che possano farci capire cosa sta accadendo realmente? È vero quello che da qualche parte - talvolta anche in fonti autorevoli - si legge, e cioè che almeno un terzo dell'acqua di cui disponiamo viene buttata al vento? Se così fosse, non sarebbe opportuno, considerato l'esercizio straordinario dei poteri ordinari, mettere mano a questo dato allarmante, risolvendo così i nostri problemi senza infliggere pene ai cittadini costretti a farsi il bagno invece che la doccia?
Mi aspetterei un po' di coerenza da questo punto di vista. Forse è il caso anche di capire quali sono stati gli effetti reali della legge Galli e di una certa gestione delle risorse idriche, per comprendere se il livello di dispersione sia migliorato o peggiorato, da quel punto in poi, e quindi essere consequenziali.
Questi sono i quesiti che sinceramente ci piacerebbe fossero affrontati. Certo, non è detto che la competenza sia della Protezione civile, ma penso che per affrontare in maniera seria la questione, piuttosto che partire dall'analisi dei livelli del lago Maggiore o del lago di Garda, pur fondamentali, o dello stato del fiume Po, si debba capire la natura del conflitto che è stato sottolineato ed evidenziato dal collega Misiti, quindi le competenze, la reale capacità di intervento e poi le grandi questioni, non citate, dell'immagazzinamento e della lotta alla dispersione, quindi della programmazione e della prevenzione.
Se interveniamo a maggio invece che a luglio, significa che siamo in una fase non di emergenza, ma di prevenzione e programmazione. Ebbene, dal punto di vista della prevenzione e della programmazione, cosa si sta facendo sull'immagazzinamento e sulla dispersione? Spero qualcosa di più di due spot televisivi.


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VITTORIO ADOLFO. Ringrazio il dottor Bertolaso per la relazione, fermo restando che, naturalmente, abbiamo ben presente il problema e la sua gravità.
È evidente che questo stato di emergenza, dichiarato nei primi giorni di maggio, va inteso come un atto di prevenzione, che comunque non intende - esprimo delle considerazioni sulla base della mia esperienza decennale nella materia della Protezione civile - sostituire le competenze delle Autorità di bacino, bensì permettere al Dipartimento, a seguito di quanto si è verificato negli ultimi anni, di individuare la soluzione di un problema che ormai si verifica puntualmente.
Sono due i passaggi principali che intendo sottolineare (voglio far tesoro di quello che ha detto il presidente). Il primo riguarda la necessità assoluta di elaborare un piano nazionale in materia, che si integri con i piani regionali e, quindi, venga portato avanti con le Autorità di bacino, e che ci indichi la qualità e la quantità dell'acqua, nonché ci informi per un corretto uso delle acque sul territorio nazionale.
Il secondo passaggio è di tipo strutturale, dunque riguarda gli interventi che si rendono necessari, presso le varie regioni o nelle realtà territoriali dei vari bacini, per far fronte a queste situazioni critiche che si verificano negli anni - guarda caso - quasi sempre nelle stesse aree, cominciando naturalmente dal bacino del Po.
Sono questi gli indirizzi che mi sento di suggerire. Non ho assolutamente la pretesa di sostituirmi ai tecnici e alle persone autorevoli che in materia dovranno esprimersi e dovranno proporre a questa Commissione e al Parlamento i piani per fare fronte a queste situazioni.

ROBERTO TORTOLI. Signor presidente, ringraziando il dottor Bertolaso e approfittando della sua presenza, ribadisco un concetto già espresso dai colleghi Bocci e Misiti.
Credo che il dottor Bertolaso sia stimato da tutto il paese per l'impegno che ha sempre profuso e anche per le capacità che ha dimostrato nell'affrontare i vari problemi che colpiscono continuamente il nostro paese. Pertanto, se non vogliamo rivederlo regolarmente ogni due mesi - per la siccità, per altro tipo di calamità, per i rifiuti - credo che il direttore Bertolaso potrebbe essere il primo a chiarire in maniera forte la necessità che questo paese si doti di un piano idrico e di un piano energetico nazionale. Diversamente ci andremo a scontrare di continuo, anche in maniera stupidamente ideologica - considerato che i problemi sono centrali - sia sul tema energetico che su quello idrico.
Nelle case degli italiani le bollette della luce e dell'acqua sono le prime spese da sostenere. Al limite si rinuncerà ad altre cose, ma l'acqua e la luce vanno pagate; se dovesse essere interrotta l'erogazione, la qualità della vita cambierebbe in maniera totale. Allo stesso modo, il paese non può pensare di andare avanti fingendo di essere il sesto o il settimo paese industrializzato del mondo, se non si dota di un piano idrico e di un piano energetico nazionale.
È necessario confrontarsi su questi temi, valutare costi e benefici, verificare quale tipo di energia sia il più adatto per il nostro paese, evitando di formulare ipotesi più o meno assurde. Lo stesso vale per quanto riguarda il tema idrico. Oggi ascoltiamo il dottor Bertolaso per questo tipo di emergenza ma, se dovesse cambiare il tempo, rischiamo di ascoltarlo nuovamente fra due mesi per l'emergenza opposta.
Approfitto per ringraziarlo del lavoro che svolge, sempre al meglio. Proprio per questo, gli chiediamo di aiutarci in questa battaglia diretta a dotare il paese delle risorse necessarie a risolvere due questioni centrali.

TOMMASO FOTI. Signor presidente, circa un anno fa ci trovammo, a Parma, in una riunione a proposito di un'emergenza idrica determinata, credo, non soltanto dai fatti ma da una fotografia del Corriere della sera che ritraeva il Po in secca. In verità, si trattava di una riunione piuttosto «comica», in cui tutti dicevano che cosa


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bisognava fare, ma nessuno diceva di avere il potere di farlo. Lo ricordo all'onorevole Misiti, indubbiamente competente in materia. A mio avviso, questo è l'unico nostro problema.
Ricorderanno alcuni colleghi che nella passata legislatura, prima del decreto in materia ambientale, si tentò di avanzare una proposta di costituzione di un'autorità per il Po, con l'obiettivo di attribuire un ruolo ben definito in capo ad una persona, titolare di un potere legislativo, che poi rispondesse a qualcuno del suo operato.
A me pare, oggettivamente, che oggi stiamo parlando di un'ordinanza che ha perso - me lo consenta il dottor Bertolaso - un po' della sua valenza solo perché, dal momento in cui è stata firmata, ha iniziato a piovere. Questa è la verità. Le precipitazioni degli ultimi 3-4 giorni hanno vanificato in parte il senso dell'ordinanza, che però ci deve far riflettere. Stiamo parlando di un fiume, il più importante fiume italiano, per il quale passiamo, nell'ambito di una settimana, dalla siccità al pericolo di esondazioni.
Direi che questa è una situazione tutta italiana. Non dirò quali possono essere, tra i tanti, i motivi della stessa. Mi rendo conto che il partito dei cavatori preferisce andare ad estrarre il materiale della cava dove c'è, piuttosto che dove non c'è, cosa che sarebbe quantomeno più naturale e, forse, anche più ecologica. Mi permetto di fare un'osservazione molto semplice, anche in ragione di una produzione agricola che in alcune regioni del nord ha un'importanza strategica e che, a mio avviso, dovrebbe indurci a non dividerci solo fra sporchi e puliti, fra coloro che vogliono le dighe e coloro che pensano, invece, che siano comodi gli arginelli.
Occorre riflettere sulla necessità di un piano energetico nazionale che, seppur annunciato, continua a mancare, e di un piano idrico seriamente valutato. Del resto, l'acqua si disperde anche perché nessuno si preoccupa di trattenerla quando c'è. È vero che quest'anno abbiamo avuto, magari, una situazione anomala. Quante volte, negli ultimi dieci anni, ha nevicato così tanto al sud e così poco al nord? È evidente che questa condizione meteorologica crea alcuni problemi, ma penso che non si possa prescindere da una riflessione sulle infrastrutture necessarie.
Non voglio fare il «partito delle dighe», ma dico sinceramente che il problema della diga di Vetto a Reggio Emilia e il problema di una diga nuova nella mia zona, se non venissero visti come un male assoluto, ma se ne potesse ragionare al di là dei furori ideologici, probabilmente non ci porterebbero a dover gestire quotidianamente delle emergenze. I fatti, del resto, ci dimostrano che siamo, negli ultimi cinque anni, alla quarta emergenza: tre sono state rilevate correttamente, l'altra probabilmente - un'estate particolarmente afosa, quella del 2000, quando la situazione era peggiore di quella attuale - non ha avuto riscontro nei dati, ma è stata ugualmente pesante.
Chiederei al dottor Bertolaso, pur non essendo questa una sua stretta competenza, se nei rapporti con gli enti locali abbia rilevato questa necessità di chiarezza, soprattutto in merito al «chi fa che cosa».
Noi svolgiamo tante audizioni e ci arricchiremo pure di molte informazioni, ma ogni anno consegniamo agli atti della Camera le stesse valutazioni sulle stesse situazioni.

PRESIDENTE. Penso che non possiamo porre al dottor Bertolaso questioni che riguardano noi, più che lui. Voglio ricordare che la nostra Commissione, insieme alla Commissione agricoltura, ha votato un'ottima risoluzione, a mio avviso, che affrontava anche tali questioni, sollecitando una certa lungimiranza in materia.
Come abbiamo rilevato già lo scorso anno, il problema dell'Autorità di bacino del Po è che essa non ha un potere politico adeguato per affrontare la situazione. Sono d'accordo con il collega quando dice che sarebbe auspicabile, per il sistema paese, che l'Autorità di bacino del Po avesse un potere sovraordinato rispetto al potere delle regioni. Abbiamo verificato, però, lo scorso anno quanto il solo adombrare un'ipotesi del genere producesse, a


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tutte le latitudini geografiche e politiche, segnali di rigetto formidabili.
Noi siamo legislatori e uomini delle istituzioni e dobbiamo tenerne conto. Pertanto, quando esamineremo il provvedimento recante le modifiche al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 nella parte relativa all'Autorità di bacino, potremo proporre una correzione in tal senso, ma ho il sospetto che la Conferenza Stato-regioni farà fatica ad accogliere un quadro normativo - noi, comunque, possiamo proporre il tema - che conferisca all'Autorità di bacino del Po (quella più delicata, per la quantità di territorio nazionale e per la rilevanza delle regioni che interessa) un potere sovraordinato rispetto a quello delle regioni.
Per coprire i prossimi mesi, stiamo agendo sostanzialmente utilizzando l'unica strumentazione istituzionale possibile, svolgendo un lavoro che, in effetti, se fosse svolto a regime dall'Autorità di bacino del Po, non renderebbe necessario il commissariamento.
Su un argomento, collega Stradella, è necessario che ci mettiamo d'accordo. Quando lei prima diceva che è piovuto di meno, faceva un'affermazione che sembrava scontata, ma forse non lo era. Non è un problema da poco, che segnalo anzi come dato dell'attualità politica.
Ieri il Presidente della Repubblica francese Sarkozy ha sottolineato la questione dei mutamenti climatici - l'unico elemento di contenuto in un discorso di impostazione generale - facendo riferimento sia al rapporto con gli Stati Uniti, sia alle priorità della Francia...

ROBERTO TORTOLI. Avendo 54 centrali nucleari è facile, eh (Commenti del deputato Cacciari)?

PRESIDENTE. Non gli risolvono nulla, dal punto di vista pratico. Adesso non facciamo un dibattito sul nucleare da giapponesi (quelli rimasti nella giungla); sappiamo che questa non è una risposta.
Intendo dire che quando il neopresidente francese indica questo come un tema di attenzione, segnala un problema sotto gli occhi di tutti, che richiede di compiere delle scelte operative. Mi riferisco al fatto che ci troviamo di fronte a processi che, non sappiamo in che misura e in che tempi, stanno cambiando la situazione in cui ci troviamo ad operare.
Per quanto riguarda il tema delle precipitazioni nel nostro paese, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un sistematico cambiamento: in alcune aree piove di più (e con più violenza, in qualche caso) e in altre di meno. È una questione che ovviamente siamo chiamati ad affrontare anche con politiche di adattamento - questo può significare, ad esempio, istituire dei bacini dove è necessario, e via dicendo -, con un approccio meno semplicistico di quello che porta a dire che basta fermare l'acqua quando piove. Purtroppo non possiamo riprodurre la neve!
Dico questo non per sottovalutare la necessità di opere, nel lungo periodo, ma perché la complessità del problema ci impone di adottare una politica più ampia di quella che prevede semplicemente una bacinizzazione dell'area padana. Del resto, neanche noi eravamo in grado di prevedere i mutamenti in atto.
Questo ovviamente non è compito della Protezione civile...

FRANCO STRADELLA. Questo è il problema. Noi affidiamo alla Protezione civile tutte le funzioni e alla fine ne sviliamo il compito!

PRESIDENTE. Sono perfettamente d'accordo, collega Stradella, però teoricamente dovrebbe essere un compito della sede politica istituzionale - non del dottor Bertolaso - quello di permettere al paese di avere una strumentazione per affrontare i tempi che cambiano (in questo caso, il «tempo» che cambia!).
Abbiamo invitato, tuttavia, il commissario Bertolaso perché ci facesse il punto della situazione e ci spiegasse, nei limiti in cui la delicatezza istituzionale lo consente - anche perché quella bozza di ordinanza che egli ci ha illustrato sommariamente penso debba passare all'esame della Presidenza del Consiglio -, quali passi intende fare.


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FRANCO STRADELLA. Il dottor Bertolaso non può essere il capro espiatorio!

PRESIDENTE. Sono perfettamente d'accordo. Egli risponde pro tempore, in quota parte, del compito che gli è stato assegnato. La partita che abbiamo davanti - e non a caso la risoluzione che noi abbiamo elaborato in sede di Commissioni riunite e che è stata poi approvata dall'Assemblea era molto più ampia rispetto a queste tematiche - richiede però un'attenzione più di lungo periodo.
Do ora la parola al direttore Bertolaso per la replica.

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. Alcune settimane or sono - vi sono in quest'aula parlamentari autorevoli che sono membri anche di un'altra Commissione, quella che si occupa del problema delle ecomafie -, di fronte ad osservazioni più o meno simili, ricordavo che, come è stato anche giustamente affermato dal ministro dell'ambiente, sarebbe il caso di decongestionare le attività della Protezione civile. In molti oggi osservano che la Protezione civile spazia in ambiti e territori che non dovrebbero essere di sua competenza, e non lo facciamo certo di nostra volontà. Sarei la persona più felice di questo paese se non dovessi occuparmi dell'emergenza rifiuti in Campania, che, come è noto, è una responsabilità assai onerosa, che deliberatamente sto svolgendo a titolo assolutamente gratuito, come credo debba essere per un funzionario dello Stato.
Il problema che è stato da voi rappresentato, da un punto di vista generale, non può ovviamente che trovarmi d'accordo. Nella relazione - non ho voluto darne lettura, ma la lascio insieme agli allegati tecnici - evidentemente mi permettevo di sottolineare che la questione della crisi idrica non è legata solo al deficit pluviometrico, ma anche ad una gestione irrazionale e inadeguata dell'utilizzo della risorsa idrica, spesso imputabile all'assenza di un'efficace pianificazione dei prelievi e degli usi, nonché, in alcuni casi, all'obsolescenza e all'inefficienza di parte delle infrastrutture preposte alla captazione, all'accumulo, al trasporto e alla distribuzione dell'acqua. Sono tutte affermazioni assolutamente scontate, che ribadisco, ma è ben evidente che - purtroppo o per fortuna - queste attività non sono di competenza della Protezione civile. Da medico paragono la Protezione civile al pronto soccorso di un ospedale, quindi dobbiamo occuparci delle situazioni urgenti.
Sommessamente ricordo che Prodi ha scritto la circolare alle autorità locali il 5 marzo e il giorno successivo voi dicevate che era necessario intervenire con sufficiente anticipo, anche con provvedimenti di emergenza. Inoltre, la vostra risoluzione impegnava il Governo a dichiarare sin d'ora lo stato di emergenza per il bacino del fiume Po, in modo che, con il concorso della Protezione civile, venisse attivata una «cabina di regia» per gestire tutte le situazioni. Avendo eseguito le verifiche del caso, svolto le opportune consultazioni e i necessari monitoraggi, mi sembra che il Governo abbia aderito alla sollecitazione di questa Commissione parlamentare.
Non possiamo far altro che cercare di portare avanti le attività che ci vengono richieste. Sono assolutamente d'accordo con l'analisi del professor Misiti: le amministrazioni competenti devono assumersi le proprie responsabilità, portare avanti le attività che le riguardano in modo che la Protezione civile possa dedicarsi alla previsione e alla prevenzione dei rischi previsti dalla legge n. 225 del 24 febbraio 1992.
Visto che è stato citato questo tema, ricordo che, per quanto riguarda le grandi dighe del nostro paese, sono stati nominati, ai sensi della legge sulla Protezione civile, dei commissari per metterle in sicurezza. Ricordo che la diga di Beauregard - di cui il professor Misiti sicuramente sa tutto - oggi ha un commissario straordinario di Protezione civile, nominato per risolverne i problemi. Come vedete, potrei citarvi casi di situazioni emergenziali che non dovrebbero appartenerci, ma dei quali poi ci occupiamo.


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Mi è stato chiesto - e lo consegnerò - un brevissimo promemoria sulla discarica di Bussi: un problema molto serio, che sta riguardando un territorio del nostro paese. Perché deve essere la Protezione civile ad occuparsi della bonifica di tale discarica? Non dovete chiederlo a chi vi parla. Credo che il dovere di un funzionario dello Stato sia quello di portare avanti le attività necessarie per evitare conseguenze più gravi per i nostri concittadini. Da questo punto di vista, sono il primo a condividere le vostre osservazioni e considerazioni e auspico che, per il futuro, questo possa accadere.
Entrando nello specifico del problema, si è parlato di fare chiarezza riguardo a «chi fa che cosa». Questo è un problema che rientra nel contesto degli argomenti generali che stavo rapidamente trattando.
Ho con me la fotocopia del protocollo di intesa per la situazione idrica del bacino del Po. Tale documento fu firmato il 18 luglio 2003, per riuscire ad invasare 3 milioni di metri cubi d'acqua che servivano a fronteggiare quel momento particolarmente difficile. Questo protocollo di intesa, sebbene firmato presso l'Autorità di bacino del fiume Po, ha però coinvolto le regioni Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, l'agenzia interregionale per il fiume Po - l'AIPO non è stata citata, ma la conoscete bene -, il GRTN, oggi Terna, i consorzi regolatori dei laghi, l'Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni, le società di produzione di energia elettrica presenti nel bacino (sono diverse, non c'è solo l'Enel). Ne viene fuori un mosaico, come vedete.
Nel 2003 si fece in modo sperimentale, per la prima volta, ma la dimostrazione che non c'è nessuno che comanda è già in questo documento del 2003.

AURELIO SALVATORE MISITI. Abbiamo democratizzato il Magistrato per il Po!

GUIDO BERTOLASO, Capo del Dipartimento della protezione civile. Appunto. Questa è la situazione che in questo momento dobbiamo affrontare.
Sembra che possa essere la Presidenza del Consiglio il soggetto in grado di mettere d'accordo tutte queste componenti, queste diverse realtà, queste diverse istituzioni, questi interessi economici, sociali e via dicendo, attraverso lo svolgimento di questo lavoro non semplicissimo, continuo, con tutte le varie realtà territoriali, che alla fine porta ad immaginare un gruppo tecnico (a cui ho fatto riferimento) che avrà un suo coordinatore. Anche se stiamo parlando di 350 milioni di metri cubi d'acqua, che sono una goccia rispetto alle dimensioni e alla disponibilità teorica che abbiamo nel nostro paese, per riuscire a gestire tale quantità si presuppongono una serie di interventi che generano anche fastidio.
Sappiamo perfettamente che la deroga al limite termico della captazione, per ciò che riguarda le centrali idroelettriche, può provocare una serie di conseguenze ambientali. Altresì, provoca conseguenze non indifferenti la risalita del cuneo salino, argomento del quale oggi non abbiamo parlato dal momento che, fortunatamente, per ciò che riguarda il Po, non risulta essere iniziata. Nel 2003 il cuneo salino è avanzato di 30 chilometri all'interno del Po. Credo che le conseguenze siano facilmente immaginabili sull'ecosistema, non solo sul problema dell'energia elettrica o dell'irrigazione per il mais e via dicendo. Attualmente, con riferimento al cuneo salino, qualche preoccupazione proviene dall'Adige.
Dunque, è vero che le situazioni si modificano, ma è necessario, ovviamente, che ci sia qualcuno che, quantomeno, abbia la capacità e la possibilità di intervenire. La consapevolezza della necessità di intervenire esiste. Al contrario, non esiste la disponibilità a fare un passo indietro, quando si tratta di fare chiarezza in ordine a chi deve intervenire. Tutto questo vale anche nei confronti dei nostri concittadini.
Gli spot televisivi, lo sappiamo benissimo, non risolvono il problema, ma certamente non sono finalizzati a colpevolizzare il cittadino. Tali spot, invece, intendono offrire una serie di indicazioni e di


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suggerimenti, rendendo consapevole il cittadino. Ad esempio, quando magari si va a prendere un caffè al bar fuori dal Parlamento può capitare di assistere a sprechi come quello che deriva da un rubinetto dell'acqua sempre aperto con un bicchiere sempre pieno sotto. Forse sono sciocchezze, ma evidentemente sono anche il termometro della mentalità italiana in ordine ad un utilizzo indiscriminato della risorsa.
Sappiamo benissimo di essere i principali consumatori, a livello europeo, di acqua non solo minerale, ma anche naturale. Evidentemente, oltre a realizzare tutti gli interventi infrastrutturali per impedire di perdere il 50 per cento della risorsa idrica, che abbiamo nel nostro paese, sarà anche il caso di adottare dei meccanismi e degli atteggiamenti un po' più virtuosi rispetto a quelli che oggi stiamo adottando.
La legge Galli, in questa fase, è oggetto di un gruppo di lavoro, coordinato dal ministro per l'attuazione del programma, creato per cercare di capire cosa funziona e cosa non funziona. Immagino che i risultati li potremo vedere nel corso dei mesi prossimi.
Per rispondere ad ulteriori domande più dettagliate, nell'ordinanza che - ringrazio il presidente - non posso lasciarvi, perché ancora in fase di definizione e di condivisione, soprattutto con le regioni, abbiamo immaginato di consentire al commissario e a questo gruppo di lavoro di adottare tutte le iniziative necessarie a favorire la realizzazione, in termini di somma urgenza, di opere e interventi infrastrutturali già pianificati e programmati, finalizzati a garantire sia un maggiore accumulo distribuito ed un risparmio, razionalizzando l'uso della risorsa idrica (superficiale e di falda), sia la tutela della qualità naturale della risorsa stessa. Infine, tale ordinanza prevede di intraprendere ogni azione utile a favorire la piena attuazione della normativa vigente, in materia di tutela delle risorse idriche.
Sono due articoli che possono sembrare assolutamente superficiali e generici - e lo sono -, ma possono anche rappresentare un segnale. Infatti, questa situazione di crisi può rappresentare uno spunto ed un pretesto affinché questo gruppo tecnico, che rappresenta tutti, ministeri e regioni, individui alcune priorità di intervento strutturale - pianificate, programmate e, quindi, anche finanziate - che, per le ragioni più varie, non sono ancora state messe in opera, utilizzando le deroghe della Protezione civile in termini di accelerazione degli interventi che si possono attuare.
Da questo punto di vista, come vedete, lo abbiamo previsto. Ad ogni modo, ripeto, è un lavoro al quale ci stiamo dedicando. In seguito, sarà questo gruppo di lavoro che dovrà davvero decidere le iniziative da adottare.
Mi sembra, signor presidente, di aver fornito tutti gli elementi necessari. Resto a disposizione per ulteriori chiarimenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il capo del Dipartimento della protezione civile per essere intervenuto.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,55.

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