COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 25 luglio 2007


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIUSEPPINA SERVODIO

La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, sulle politiche del Ministero dello sviluppo economico rivolte a promuovere lo sviluppo delle bioenergie.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, sulle politiche del Ministero dello sviluppo economico rivolte a promuovere lo sviluppo delle bioenergie.
Signor Ministro, la ringrazio, anche a nome di tutta la Commissione, per aver accolto il nostro invito. L'audizione odierna è stata richiesta in relazione all'esame di diverse proposte di legge - che la nostra Commissione sta svolgendo in sede referente - recanti disposizioni in materia di agroenergie, ai fini della predisposizione di un intervento normativo di carattere organico sulla materia. Questa audizione è volta, in particolare, ad individuare i possibili elementi di raccordo con le linee di politica energetica nazionale che il Ministero dello sviluppo economico sta perseguendo.
Ringrazio nuovamente il Ministro Bersani, al quale cedo la parola. Seguiranno le domande e le osservazioni dei colleghi deputati e, quindi, la replica del Ministro.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie, presidente. Premetto che consegnerò un documento, che mi auguro possa essere utile ai vostri lavori e che ripercorrerò, di seguito, nei suoi tratti essenziali.
Parto da un elemento di fondo. Nel primo Consiglio dei ministri di questa legislatura, abbiamo predisposto un disegno di legge delega di riassetto del settore energetico, che, a distanza di un anno dall'approvazione in Consiglio dei ministri, è ancora all'esame del Parlamento, in Senato. Noi abbiamo agito anticipando alcune di queste norme nella legge finanziaria dell'anno scorso e siamo intervenuti, necessariamente, con un decreto, per presidiare la fase di apertura totale del mercato elettrico dal 1o luglio, secondo le indicazioni comunitarie. È ancora in corso di elaborazione, tuttavia, lo strumento attorno al quale organizzare i concetti, le linee e le prospettive della politica energetica nazionale.
Nel corso di questo iter, a livello di Consiglio europeo, sono intervenuti nuove intenzioni - che non ho bisogno di richiamare qui - e obiettivi ambiziosi, a proposito della produzione dei gas serra, dell'aumento dell'efficienza energetica, di fonti di energia rinnovabili, di biocarburanti, e via dicendo. In questo complesso sistema vanno assumendo un posto di rilievo le agroenergie, che si segnalano perché, tra le fonti rinnovabili - sulle quali, come sapete, c'è un generale obiettivo europeo molto ambizioso (quello del famoso 20 per cento) -, sono le più flessibili, essendo utilizzabili sia per i biocarburanti,


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sia per la produzione di calore e di energia elettrica. Dal punto di vista energetico, esse hanno un fascino particolare, per così dire, anche se - voi mi insegnate - di questi obiettivi ci sono altre cose che affascinano, perché naturalmente ci aiutano, potenzialmente, a migliorare la gestione e il presidio del territorio, a creare opportunità di lavoro e a dare nuovi sbocchi alla produzione agricola. Noi siamo, pertanto, favorevoli a lavorare perché ci sia un forte impulso in questa materia, in tale settore.
In merito a cosa stiamo facendo nella fase attuale, lo ricaverete meglio dal documento che vi lascerò, ma vi dico, intanto, che con la legge finanziaria abbiamo ridefinito gli obiettivi di penetrazione dei biocarburanti, in particolare nei trasporti, e abbiamo fissato gli strumenti par attuarli, dedicando attenzione allo sviluppo di filiere agroenergetiche. Queste previsioni presupponevano e presuppongono degli atti amministrativi, che si sono rivelati molto complessi. Si tratta, sostanzialmente, di tre decreti: il primo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (con i Ministeri dell'ambiente, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico); il secondo del Ministero dello sviluppo economico (con i Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell'economia e delle finanze e dell'ambiente); il terzo del Ministero dell'economia e delle finanze.
La complessità di questi atti interseca diversi interessi e diventa, quindi, molto laborioso e faticoso lavorarvi, anche perché la materia è nuova. Noi siamo alla fine di questo lavoro e, proprio in questi giorni, gli uffici legislativi sono impegnati nella redazione del documento finale, dopodiché potremo procedere con la firma. Questi atti vengono ritenuti di rilievo regolamentare e immagino, quindi, che dovremo sottoporli al Consiglio di Stato. Riceviamo pressioni, naturalmente, da parte di tutti gli attori, affinché si proceda rapidamente. Abbiamo inoltre superato problemi di ogni genere, compresi quelli fiscali, che si sono rivelati particolarmente complessi. A questo punto, quindi, siamo nelle condizioni di prevedere che, alla ripresa dei lavori delle Camere, questi strumenti siano stati affinati e resi disponibili. Naturalmente, sarà mia cura sottoporre alla vostra attenzione i provvedimenti di natura regolamentare su questo tema che stiamo per assumere, non appena verranno definiti.
La legge finanziaria ha già previsto di incentivare la produzione di elettricità da biomasse. Si parla di produzione elettrica e di biomasse da coltivazione dedicata, che provengono dall'agricoltura, dalla zootecnia, dalle attività forestali e dalla trasformazione alimentare: avremo, quindi, a disposizione alcuni strumenti per potenziare gli incentivi alle agroenergie. Ci interessa molto il confronto in atto in questa Commissione sui diversi progetti di legge sul tema in questione, per capire come dare sistemazione organica a questa materia, perché ci rendiamo ben conto di dover trovare un equilibrio tra il vostro ruolo di visione generale e le nostre priorità in termini di politica energetica. Lo scambio di informazioni in tempo reale sarà, quindi, utilissimo, secondo me.
In realtà, noi siamo in una fase di allestimento di queste politiche e non tutto ci è chiaro. Il 2007 è stato il primo anno di applicazione, che servirà da transizione, per quanto riguarda i carburanti. Abbiamo cominciato a realizzare dei provvedimenti con riferimento all'utilizzo di biomasse nella produzione energetica, ma alla materia dobbiamo dare ora un inquadramento strategico, che peraltro non è disponibile, fino in fondo, nemmeno su scala europea, perché ci sono ancora dei problemi e dei punti interrogativi, che occorre dipanare insieme.
Vorrei ora elencarvi i problemi esistenti, anche se li conoscete meglio di me, cercando di seguire un filo logico.
Prima di tutto, abbiamo davanti il problema dell'equilibrio fra usi alimentari, industriali ed energetici delle biomasse. Non siamo di fronte ad una risorsa infinita ed abbiamo un saldo negativo, nel settore agricoltura, allevamento e pesca. Sappiamo che il processo naturale che trasforma l'energia del sole in biomassa ha


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efficienza molto bassa, perché, da una stessa superficie, si estrae energia pari a uno con la biomassa, pari a dieci con l'eolico e pari a cento col fotovoltaico. La biomassa, tuttavia, deriva da un processo meno costoso e, a differenza degli altri, è disponibile - questa è la prima evidenza - come sottoprodotto di lavorazione e come residuo dell'attività agroindustriale, oltre che come frazione degradabile e biodegradabile dei rifiuti. Qui c'è una prima indicazione. Noi dobbiamo partire dall'impiego di biomasse di scarto, ossia dai residui disponibili e poco utilizzati.
In secondo luogo, abbiamo un margine enorme di sviluppo, per quanto riguarda l'efficienza energetica con cui si usa la biomassa: troverete i dati nel documento, ma vi anticipo che, sviluppando le tecnologie e mettendoci nelle condizioni di efficienza minima, con strumenti di classe A, secondo le previsioni europee, abbiamo un margine di sviluppo enorme, praticamente di raddoppio - a condizioni date e rispetto ai valori attuali - della potenza elettrica e della produzione energetica.
Ricordo solo che, mentre stiamo incentivando l'utilizzo di energie rinnovabili (anche dal lato dei consumi) e gli interventi per il risparmio energetico (anche nell'edilizia), stiamo realizzando un programma sulle tecnologie italiane e l'efficienza energetica. Sono arrivate ben 1030 proposte: sono programmi realizzati in consorzio fra imprese, centri di ricerca, perché vogliamo spingere, oltre che nell'ambito dei consumi, anche sull'utilizzazione di tecnologie italiane. Parecchi di questi progetti riguardano l'efficienza energetica, anche per quanto concerne le biomasse, rispetto alle quali c'è un margine enorme di sviluppo.
Inoltre, noi dobbiamo privilegiare (sto citando i punti di partenza minimi), nel settore industriale, la generazione combinata di elettricità e di calore, che consente di estrarre, dalla stessa quantità di biomasse, un'energia utile in misura tripla, rispetto alla generazione solamente elettrica.
Detto tutto questo, però, dobbiamo porci il problema di come ottenere ulteriori aumenti di produzione. Possiamo immaginare di ricorrere a coltivazioni dedicate e, in particolare, in aree marginali e sottoutilizzate; oppure di individuare specie vegetali ad alto rendimento, a basso consumo di acqua e di prodotti chimici.
Quanto all'ultima filiera citata, ad esempio, la potenzialità di sviluppo - secondo i dati che il Ministro De Castro ha elaborato - viene valutata tra 800.000 e un milione di ettari, tenuto conto anche della riconversione di settori come quello degli zuccheri, che è sicuramente oggetto della vostra attenzione. C'è quindi questo primo problema, di cui bisogna tenere conto, per trovare un buon equilibrio dell'uso industriale energetico delle biomasse.
Il secondo problema da affrontare concerne la necessità di evitare distorsioni della concorrenza in settori che usano biomasse per scopi non energetici. In merito, abbiamo avuto delle segnalazioni, ancora da verificare. Dal 1999 al 2006, per esempio, il costo della materia prima legnosa, per vari motivi, è aumentato dell'80 per cento. Gli operatori dell'industria del mobile riferiscono tale circostanza principalmente all'effetto degli incentivi alla produzione energetica. Sono elementi da verificare, perché se ne parla anche troppo facilmente, che però vi segnalo; allo stesso modo, sono da verificare anche le ipotesi che attribuiscono a certi altri fattori gli aumenti del prezzo del grano. Teniamo conto che questo dato diventerà l'oggetto clou del dibattito e che esso va comunque tenuto presente, se non come dato acquisito - perché è da verificare -, almeno come avvertenza per l'uso. Se, per esempio, ci fosse un'alterazione, nella competizione fra le imprese italiane della filiera del mobile, da un lato, e le aziende straniere, dall'altro, avremmo un settore di primaria importanza in difficoltà. È quindi essenziale che gli incentivi di produzione di energia dalle biomasse siano equi, efficienti e ben calibrati.
Il terzo problema, senz'altro alla vostra attenzione, riguarda i criteri di sostenibilità per le biomasse di importazione. Ci sono degli obiettivi europei per raggiungere


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i quali è inevitabile un ricorso parziale, in diverse misure, alle biomasse di importazione, almeno in una prima fase.
Sapete che sul bilancio energetico e ambientale di questa operazione sono in corso delle discussioni. Per un miglior governo di questo fenomeno, occorre introdurre un sistema di tracciabilità dei prodotti, che noi abbiamo previsto per l'energia da fonte rinnovabile e per i biocarburanti, ma che è necessario anche per le biomasse destinate ad altri usi energetici. Dopo di che, nel lungo o nel breve periodo, sarà inevitabile che tutto questo si accompagni a meccanismi che consentano di misurare la sostenibilità complessiva della filiera. Questa problematica non è ancora stata esaminata o sviluppata, perché comporta delle sensibilità di diverso tipo su questioni quali il sistema alimentare, le biodiversità, le emissioni, l'uso dei pesticidi, gli effetti - economici e sociali - locali e i costi dei trasporti.
Abbiamo sollevato più volte questo tema, anche formalmente, di fronte alla Commissione europea, nonché in diversi incontri con la Commissione e con il Consiglio dei ministri europei, perché è un tema sul quale bisogna trovare un criterio comunitario. Dobbiamo valutare questo dato e i problemi che potrebbero derivare da meccanismi di importazione; occorre che vi siano criteri definiti a livello comunitario, dei quali ora siamo carenti.
Il quarto problema riguarda la necessità di aumentare l'offerta di biomassa. Ho parlato dell'utilizzo di scarti residui, ma vorrei citare anche la ricerca finalizzata ad individuare specie vegetali e a sviluppare tecniche di coltivazione a resa alta, con bassi consumi d'acqua e di prodotti chimici. Questa non è una cosa semplice da attivare, come sapete meglio di me, perché occorrono competenze diverse che riguardano la ricerca, il sistema agricolo e la tutela del territorio. Credo che questo rappresenti uno dei punti di massimo esercizio per la vostra fatica legislativa, perché, in particolare su questo punto, si deve trovare una sintesi.
L'ultimo problema sta nel coniugare gli obiettivi energetici con quelli ambientali, sociali e occupazionali. Nella prima fase, l'uso delle bioenergie è apparso, come direbbe qualche emiliano delle mie parti, come «il maiale, che è tutto di prosciutti», nel senso che tutto tornava (Karl Popper, non essendo emiliano, usava il tema della non falsificabilità dell'argomento). Oggi, invece, vediamo che il bricolage è piuttosto complesso, seppur non impossibile. L'asse fondamentale sul quale lavoriamo è il tentativo di ragionare per trovare una composizione attorno all'approccio di filiera. L'abbiamo già introdotto per quanto riguarda i biocarburanti e stiamo ora dando in parte attuazione ai decreti per l'applicazione della legge finanziaria, prevedendo un quadro che premi maggiormente i biocarburanti provenienti da intese di filiera, da contratti-quadro e quant'altro, ossia dalle realtà nelle quali si riescono a mettere sotto controllo una serie di compatibilità, di equivalenze, di compensazioni, e così via.
Stiamo facendo altrettanto per quanto riguarda il riordino degli incentivi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, su cui esistono anche norme europee. Un privilegio a questo tipo di meccanismo potrebbe essere una soluzione sulla quale operare e lavorare, dandogli anche un certo impulso. Un'altra occasione per dare una spinta concreta in questa direzione è l'utilizzo dei fondi strutturali per il periodo 2007-2013. Stiamo già lavorando con le regioni e con i ministeri competenti, per avviare degli esempi concreti di filiere territoriali per agroenergie, all'interno di un progetto per fonti rinnovabili ed efficienza energetica, che varrà 2,5 miliardi di euro ogni sette anni. C'è spazio, quindi, per fare diverse cose, se sono fatte bene.
D'accordo con le regioni - che mi risulta abbiano manifestato posizioni coerenti, in un documento presentato al Senato -, stiamo definendo linee di attività per comporre queste politiche, due delle quali sono già diventate oggetto di accordo con le regioni stesse.


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Il primo accordo riguarda i sistemi produttivi, incluse le aziende agricole e le imprese agroalimentari nelle quali sono prodotti rifiuti e residui di lavorazione destinabili a valorizzazione energetica, anche nell'ambito degli stessi distretti. L'accordo include anche l'elenco delle condizioni economiche e tecniche necessarie.
Il secondo accordo riguarda le aree boschive da riordinare, le aree a rischio idrogeologico, le aree agricole, golenali e marginali su cui si possono mettere a dimora colture destinate a scopi energetici, con l'individuazione delle colture più idonee e delle relative rese, prestando cura, ovviamente, agli aspetti paesaggistici, alla tutela della biodiversità, e a quant'altro.
Abbiamo già raggiunto un'intesa affinché in queste due grandi aree possano essere convogliati i progetti che fanno riferimento a tale concetto di filiera. Siamo entrati anche più nel dettaglio, con un'indicazione di sette-otto particolari sottospecie progettuali - non le cito ora, ma si trovano nel documento - che possono dare un criterio di riferimento per questo tipo di politiche, nel quadro delle iniziative sui fondi strutturali.
Questo è lo stato dell'arte. Noi abbiamo, quindi, la possibilità di considerare attiva questa fase, ma pur tuttavia ancora di transizione, e possiamo metterci nella condizione, nei prossimi mesi, di capire meglio le cose, per impostare una politica più stabile e più strutturata. Per farlo, abbiamo a disposizione due strumenti: il lavoro che voi fate qui e la legge sull'energia, che spero di portare a termine con i decreti delegati.
È opportuno, quindi, che troviamo il modo di riflettere insieme - come peraltro, a livello di Governo, stiamo facendo molto attivamente con il Ministro De Castro - per aiutarci a mettere a sistema questa politica ed anche per avere, nel frattempo, qualche lume in più sulle indicazioni determinanti a livello di Unione europea. Voi capite, infatti, che questa è una materia delicatissima, soggetta ad ondate di opinione che travolgono anche i temi economici e le considerazioni di convenienza.
In questa discussione bisogna trovare un punto di equilibrio, e sulla giusta scala, ossia entro la dimensione europea. Secondo me, come ho fatto notare nel corso delle discussioni a Bruxelles, i criteri europei non possono consistere solo nel fissare gli obiettivi al 20 per cento, perché per arrivare a quegli obiettivi si possono creare disarmonie, per affrontare le quali occorrono ulteriori criteri. Citavo prima l'esempio dell'importazione e dei criteri per stabilirne la quota. Questo tema può sollevare un dibattito a livello planetario, che si è già aperto, e l'Europa deve avere, al riguardo, una posizione comune.
In secondo luogo, quando si fissano degli obiettivi di incentivazione, stabilendo di voler arrivare al 20 per cento di energie rinnovabili, delle quali un 20 per cento di produzione bioenergetica, occorre fare attenzione, perché, se non si riesce a correlare a ciò un aumento della produzione - che può essere energia eolica, da biomasse, fotovoltaica, eccetera -, l'attenzione resta solamente sui prezzi. Si finirebbe così non per ottenere maggiori energie rinnovabili, ma per aumentare solo il prezzo dell'energia (dato che i certificati verdi «schizzerebbero»); ci sarebbe poca energia e, quindi, alla fine, si andrebbe a compensare con dei meccanismi sulla tariffa, in conto energia. E ciò che si sta facendo perderebbe visibilità, perché non ci sarebbe un'indicazione di mercato sul fatto che si stia pagando troppo, troppo poco, o quant'altro. Se un Paese incentiva in un modo il legno ed un altro Paese lo fa in un altro modo, possono crearsi variabili nella competizione anche fra settori produttivi industriali.
Bisogna occuparsi non solo dei generali obiettivi numerici stabiliti dai Capi di governo - poi, naturalmente, devono pensare i ministri a come raggiungerli - ma anche trovare qualche definizione in più, altrimenti ci avventureremmo in politica e potrebbero esserci dei contraccolpi molto seri. Con la consapevolezza di tutto ciò, peraltro, possiamo approfondire, lavorare, insomma possiamo fare una politica italiana significativa nel settore.


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In conclusione, chiedo che la presidenza autorizzi la pubblicazione della documentazione che consegno alla Commissione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.

PRESIDENTE. La presidenza l'autorizza senz'altro, signor Ministro.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

LUCA BELLOTTI. Signor Ministro, ho l'impressione che «mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata», nel senso che alla legge o, quantomeno, all'inizio della filiera delle bioenergie noi avevamo posto mano l'anno scorso, nell'ultima parte della legislatura.
Ritengo che le agroenergie siano essenziali per il nostro Paese, per l'agricoltura, in primis, per l'ambiente, nonché per tutto quello che ci lega all'Europa. L'esistenza di impianti che producono bioenergia, tra l'altro, fornisce un'ulteriore sicurezza agroalimentare al nostro Paese. Pensiamo, ad esempio, alle code di produzione agricola che non risultano idonee rispetto agli standard e che potrebbero essere impiegate nel settore delle bioenergie, qualificando ulteriormente la produzione italiana.
Se guardiamo a ciò che succede in Europa, l'Italia corre il serio rischio di essere il fanalino di coda in questo settore. Guardiamo a quello che sta succedendo in Spagna - che è il primo produttore europeo, e tra i primi a livello internazionale, per quanto concerne il bioetanolo -, in Francia, che segue, e anche in Germania, che è sicuramente innovativa riguardo alle produzioni di biogas e di biodiesel. Lo stesso discorso vale anche per i Paesi del nord Europa, ad esempio la Svezia, dove, mentre noi stiamo parlando, si sta realizzando il più importante impianto di produzione di bioetanolo.
Per semplificare, le bioenergie da fonti rinnovabili che si possono produrre sono essenzialmente il bioetanolo, il biogas e il biodiesel; si può, inoltre, fare cogenerazione impiegando legna o materiale da biomassa.
Ritengo che, per quanto riguarda, ad esempio, il bioetanolo, il nostro Paese non abbia una produzione importante anche perché ha avuto un problema serio, rappresentato dalla crisi del settore saccarifero. La costruzione di impianti di produzione di bioetanolo sul nostro territorio - approfittando dello stanziamento della Comunità europea a favore della riconversione degli zuccherifici - ci consentirebbe di avere un punto di riferimento industriale molto importante. Verso il bioetanolo, infatti, ci sarà un orientamento certo, a livello internazionale, della produzione di bioenergie e, comunque, della produzione di energia da trasporto.
Esistono, poi, anche altre aree molto importanti, che potrebbero trovare un riscontro all'interno del nostro Paese. Penso, ad esempio, alla produzione del biogas, che trova un supporto nei certificati verdi, e alla produzione di piccoli impianti di biodiesel.
Quali sono i problemi? Mentre, da un lato, c'è una legge, approvata nella scorsa legislatura, d'altro lato, mancano tutti i relativi decreti applicativi. Ne consegue che, nel nostro Paese, se un agricoltore o una cooperativa volessero produrre in proprio un impianto di biodiesel, si troverebbero di fronte a problemi burocratici insormontabili, perché non ci sono le definizioni legislative applicative. Manca anche, ad esempio, una cosa molto banale, difficoltà che di per sé potrebbe sembrare semplice da superare: non si sa bene come interpretare i depositi fiscali. Siccome producono carburanti, e poiché il deposito fiscale è regolato da una normativa molto rigida (e molto importante), le cooperative e gli agricoltori non sono nella situazione di poter avere il deposito fiscale. Anche l'autoconsumo non è regolamentato, per cui se un coltivatore diretto volesse utilizzare parte della propria produzione a questo scopo, non troverebbe adeguate indicazioni legislative.
Se vogliamo veramente che le bioenergie decollino anche nel nostro Paese, gli accordi di filiera da soli non bastano, in


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mancanza di un processo legislativo complessivo atto a risolvere veramente queste situazioni.
Nel passato, sulla questione delle bioenergie ci siamo tutti un po' lusingati. Anche la defiscalizzazione delle 300.000 tonnellate non aveva assolutamente alcun ritorno per l'agricoltura e per l'ambiente, perché sappiamo bene che questa defiscalizzazione era, in larghissima parte, dovuta alle importazioni di olio di palma. I suoi beneficiari sono stati, quindi, solo gli impianti di trasformazione, e non certo l'agricoltura italiana. Credo che questo sia un dato molto importante da tenere presente.
Lei prima parlava anche di biomasse da esportazione o, meglio, da importazione. Ne abbiamo discusso anche in occasione dell'ultima legge finanziaria, però, ad esempio, è stato bocciato un emendamento, a mio firma, che superava quelli che possono essere i vincoli imposti dalla Comunità europea in merito alla libera concorrenza delle merci. Noi possiamo introdurre un elemento molto semplice: la CO2 prodotta dai trasporti non può essere superiore alla CO2 che consumiamo. Allora, in questo modo, noi evitiamo la legge sulla concorrenza ed andiamo in una direzione che ci permetterebbe di dire che, comunque, rispettiamo l'ambiente, in modo che il nostro Paese possa beneficiare di questi adeguamenti.
Altro punto che mi preme sottolineare, proprio perché lei è il Ministro e può intervenire in questa direzione, è che le bioenergie, in Italia, corrono oggi il rischio di essere oggetto di investimenti esteri, dal momento che noi non abbiamo una tecnologia italiana. Il 90 per cento degli impianti di produzione di biodiesel realizzati sul nostro territorio sono, infatti, appannaggio dei tedeschi, per non parlare del bioetanolo, che è appannaggio delle multinazionali.
Nel nostro Paese ci sono risorse tecniche, tecnologiche e scientifiche assolutamente importanti, che non si parlano tra loro. Mi riferisco all'ENEA, al CNR e, in generale, ai centri di ricerca italiani, che devono essere attivati anche per cercare di realizzare il famoso concetto di «filiera egoistica nazionale», assolutamente indispensabile per far sì che tali strumenti possano decollare.
Svolgo ora un'ultima considerazione. Come lei ben saprà - se non lo sa, glielo ricordo -, qualche anno fa abbiamo avuto, in Italia, un problema molto serio nel settore del mais, che venne contaminato da una tossina deleteria per l'organismo umano, sottoposta a limiti europei molto stringenti. Una grande quantità di mais italiano venne contaminato, addirittura a livelli-soglia di contaminazione, che avrebbero potuto determinare addirittura un grande problema di smaltimento di materiale molto importante, considerato che la coltivazione di mais copre circa un milione di ettari nel nostro Paese.
Sulle questioni riguardanti le biomasse, dobbiamo predisporre un piano che coinvolga anche l'ENEL: un piano di salvaguardia e di emergenza che consenta all'agricoltura di far fronte a stagioni con un alto livello di siccità o al ripresentarsi di situazioni simili a quella verificatasi qualche anno fa nella commercializzazione e nella produzione del mais, in modo che si possa utilizzare il mais fortemente contaminato solamente negli impianti a carbone dell'ENEL.
Occorre, quindi, anche una sorta di monitoraggio degli impianti italiani da adibire alla produzione di bioenergie; e, al contempo, deve essere rivisto quello che credo sia la pietra miliare in questo campo, ossia il piano nazionale delle bioenergie, perché dobbiamo capirci su dove vogliamo andare. Oggi, infatti, ogni regione sta procedendo in totale libertà, e a nessun assessore regionale è chiaro il quadro di riferimento normativo nazionale, né quale possa essere la percentuale di superficie investita in bioenergie nella propria regione. Ognuno sta deliberando in proprio, senza una guida, un orientamento, un piano nazionale.
Credo che queste siano questioni assolutamente urgenti. È passato oltre un anno da quando siete andati al Governo; noi pensavamo che questa fosse una vostra grande priorità, tra l'altro annunciata anche


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dal Ministro De Castro, ma da un anno a questa parte, ripeto, non abbiamo visto i decreti attuativi, né, tanto meno, siamo riusciti, in questa Commissione, a mandare in Assemblea una sola delle proposte di legge sulle bioenergie di portata nazionale.
Credo sia indispensabile avere una legge, perché ciò significherebbe dare dignità al settore e delineare un orientamento chiaro, non solo per il Parlamento e per i soggetti interessati, ma anche per tutte le istituzioni - mi riferisco alle regioni -, che vogliono agire nell'ambito di un chiaro quadro di riferimento nazionale.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARCO LION

CLAUDIO FRANCI. Vorrei fare innanzitutto alcune considerazioni. Ringrazio il Ministro Bersani per il contributo - come sempre - puntuale che ha voluto portare alla discussione.
Inizierò le mie osservazioni ricordando che, come Commissione agricoltura, ci siamo incamminati nell'impresa di tentare di definire un testo legislativo concernente le bioenergie e le agroenergie. È mia convinzione che il testo al quale dovremmo approdare non possa che essere frutto di un lavoro coordinato fra questa Commissione e il Ministero dello sviluppo economico, anche perché, proprio in materia di energie, siamo in una fase di transizione ancora molto - sottolineo molto - sperimentale (cosa che anche il ministro ha sottolineato e che io largamente condivido).
Credo vi sia la necessità di costruire normative accessibili per coloro che si accingono a produrre energia o energie alternative in ogni campo. Tale sistema di norme deve essere piuttosto semplificato, chiaro ed accessibile, per permettere la gestione di questa partita. Reputo, quindi, estremamente opportuno questo lavoro comune.
Voglio partire, però, da un'altra considerazione. In questo periodo, sto andando un po' in giro a discutere dei problemi dell'agricoltura, le cui vicende sono sempre abbastanza complesse. Credo che lo strumento delle bioenergie non sia risolutivo degli attuali problemi del settore agricolo, ma che debba essere considerato solamente una «gamba» del lavoro o dello sviluppo multifunzionale dell'agricoltura italiana. Se infatti dessimo l'impressione che, attraverso le bioenergie, le agroenergie, le biomasse, la produzione energetica, si risolvono tutti i problemi, credo che non renderemmo un buon servizio né all'agricoltura, né allo sviluppo del settore.
Parto da questa premessa, quindi, anche per tentare di capire con quale approccio noi ci accingiamo a ragionare su questi temi, perché ci sono alcune questioni - voglio dirlo subito - che non mi convincono. Sono l'unico, forse, in questa Commissione, ad essere contrario al fotovoltaico, ma tengo a sottolineare che, se quanto dicevo prima è vero, non riesco a giustificare l'uso dello stesso in agricoltura. Lo capisco dal punto di vista della lobby agricola, ma considerare il fotovoltaico o i pannelli solari in agricoltura come reddito agrario mi crea qualche problema. Si avranno problemi anche nei territori, perché finora abbiamo visto le ciminiere e la CO2, ma se immaginiamo le colline, non quelle del Chianti, ma quelle di Suvereto (che riflette verso Piombino), ricoperte per due o tre ettari di pannelli solari, penso che, in quella situazione, ci si abbronzerebbe anche senza andare nel golfo di Baratti! Questo tanto per portare un esempio e chiarirci sul problema.
Credo che ogni questione vada dunque esaminata con il necessario equilibrio, anche perché si tratta di capire dove mettiamo i soldi, in tutta questa partita.
Vengo ora alla questione delle tecnologie. Ormai da qualche mese, stiamo svolgendo numerose audizioni, oltre ad incontrarci, in privato, con le imprese, con i cittadini, con gli operatori, con coloro che producono. Se oggi dovessi avere un numero - o un «numerino», come dice sempre il Ministro Bersani - al quale affidare il rientro di questi investimenti, dovrei dire che non ho capito ancora niente, ve lo confesso. Qualcuno sostiene


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che l'investimento affidabile rientrerebbe in quattro anni, altri dicono in dieci anni, qualcun altro ancora in dodici: c'è, dunque, qualcosa che non torna, in questa partita.
Io imputo molte responsabilità al sistema della produzione tecnologica che, nel nostro Paese, è molto arretrato. Se noi non affrontiamo questo problema, nel momento in cui destiniamo le risorse, stabiliamo a chi vanno e, quindi, affrontiamo il problema di quali tecnologie mettere in campo, credo che non troveremo mai un equilibrio, sia che si facciano i contratti di filiera, sia che si faccia altro.
Cito un altro esempio. Mi ero spinto, nei mesi scorsi, a suggerire ad un'impresa, che si accingeva a costruire un nuovo capannone, di rivestirlo di pannelli solari, parlando dei possibili contributi dei Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, della regione Toscana, e via dicendo. Ebbene, il preventivo impiantistico per installare 400 kilowatt di pannelli solari ammonta a 2,8 milioni di euro e la base di rientro in pareggio è di 12 anni, forse di 11. Vi sembra che un investimento di questo tipo sia possibile per un'impresa, trattandosi, oltretutto, di tecnologie che, in dodici anni, cambieranno radicalmente?
Credo, allora, che, se vogliamo discutere seriamente rispetto a questo problema, dobbiamo iniziare a ragionare sui benefici fiscali, i quali, però, molto probabilmente, in una partita complessiva, sono una parte importante, ma non determinante nella decisione finale e nell'investimento che si effettua. Questo riguarda anche le produzioni agricole e il modo in cui comporre la filiera. Sono andato a visitare alcune installazioni - penso a Tirano e Sondalo - dove ci sono degli impianti di cogenerazione che producono teleriscaldamento per i paesi e usano le ripuliture dei boschi di quel perimetro delle Alpi. Sono investimenti importanti, ma siamo ancora nella fase sperimentale di una transizione che deve proseguire.
Chiudo qui per non dilungarmi troppo, ma vorrei sottolineare che, essendo questa fase di sperimentazione ormai avviata, oggi si apre una fase in cui bisogna mettere di più i piedi nel piatto, il che significa che bisogna iniziare a tirare le fila, per capire come perfezionare il percorso avviato. E occorre farlo partendo da alcuni punti, anzitutto individuando come priorità l'investimento sulle tecnologie nazionali (visto che è presente in questa sede il Ministro dello sviluppo economico).
Per quanto concerne il settore agricolo in ogni suo campo, la priorità è, indubbiamente, capire come tenere insieme la filiera, perché, se l'operazione è solo industriale, non sarà possibile arrecare alcun beneficio all'agricoltura italiana.

GIUSEPPINA SERVODIO. Vorrei ringraziare il Ministro perché ha voluto offrirci un ragionamento che ci porta a considerare un aspetto già emerso durante le audizioni svolte da questa Commissione con i soggetti interessati.
La ringrazio, Ministro, perché lei si interroga - e credo che il nostro Paese debba assumere questo fattore criticamente - sulle modalità con le quali la Comunità europea indica alcuni ambiziosi obiettivi «numerici», sfilandosi invece rispetto ai criteri che, su scala europea - ma non solo europea -, devono essere indicati per gestire una materia che, se non stiamo attenti, pur essendo nata per dare un contributo alla sicurezza ambientale, può diventare, invece, un grosso boomerang.
La ringrazio per questo, perché credo sia stato un argomento piuttosto condiviso, in questa Commissione, il cui lavoro, attraverso le proposte di legge presentate, ci ha consentito di arrivare ad un testo, che peraltro non è ancora ufficialmente unificato, ma è stato solamente strutturato.
Credo che, rispetto a questa complessa materia, noi dobbiamo, da un lato, evitare di alimentare eccessive aspettative e, dall'altro, considerare che, come Paese, siamo indietro (su questo il collega Bellotti ha ragione). Ci sono due facce della stessa medaglia: non dobbiamo creare molte aspettative e, tuttavia, dobbiamo renderci conto (la sua consapevolezza in merito è


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stata chiara, nel suo intervento introduttivo) che siamo indietro rispetto ad altri Paesi della Comunità europea.
Siamo, quindi, ad un momento cruciale - è vero - di allestimento e di transizione, in cui dobbiamo comprendere che un approccio di sostegno alle bioenergie - dal punto di vista di questa Commissione, che non è un punto di vista settoriale - consente di capire come l'agricoltura italiana e le sue caratteristiche, nonché la struttura e le potenzialità del nostro territorio, siano in grado, oggi, di offrire al piano energetico nazionale un contributo compatibile con la funzione primaria del settore agricolo.
Questo è, oggi, il tema di fondo - e al riguardo hanno ragione, ripeto, i colleghi Bellotti e Franci -, e noi dobbiamo stare attenti che su questa materia non si continui a procedere con spontaneismo e con un'azione frammentaria, perché questo potrebbe provocare, in alcuni territori del nostro Paese, il mancato raggiungimento del punto di equilibrio cui lei faceva riferimento.
Allora, qual è oggi la questione? È molto importante che la sua audizione, signor Ministro, avvenga alla fine, dopo tutte le altre, perché io, da relatrice - ho questo compito non facile -, colgo nel suo intervento una grande disponibilità a ragionare in termini critici, ma anche a guardare in avanti, su questa materia. Lei ci ha detto, oggi, che dobbiamo andare avanti, che occorre un testo caratterizzato da organicità di regole e di criteri, anche per dare alle regioni la possibilità di operare in un settore molto delicato, che impatta con l'opinione pubblica e con sensibilità e questioni di tipo economico, ambientale e territoriale, ma che riguarda gli stessi imprenditori o, per meglio dire, gli stessi operatori, i quali hanno plaudito alle decisioni assunte con la legge finanziaria.
Signor Ministro, noi, come Commissione agricoltura, abbiamo dato forte appoggio e sostegno alla spinta che l'ultima legge finanziaria ha dato rispetto a questi temi, esprimendo il nostro apprezzamento; ci siamo però resi conto, proprio nel corso dell'esame di quella legge finanziaria, che in questo settore non è possibile procedere con regolamentazioni incerte, incapaci di dare allo stesso una certezza di tempi, regole e criteri. Questo proprio perché la materia è complessa e si basa su una grande evoluzione - lo diceva prima il collega Franci - del sistema delle tecnologie e delle ricerche.
Noi abbiamo acquisito, oggi, una certa definizione di biomassa, però il campo è molto aperto, è in grande evoluzione, quindi dovremmo essere in grado di definire un quadro normativo capace anche di guidare il processo dal punto di vista scientifico e tecnologico, perché la realtà di domani sarà diversa da quella di oggi. Da questo punto di vista, nel lavoro sul testo che svolgeremo subito dopo l'estate, ci preoccuperemo di affrontare tali questioni.
Mi fa piacere che lei abbia accennato di condividere il fatto che in tutte le proposte di legge al nostro esame si parli molto di filiere e di distretti. Ricordo che lei, Ministro, è stato uno dei primi a definire il valore, il significato e la prospettiva del termine «distretto» (all'epoca facevo parte della Commissione attività produttive). In questo nostro sforzo legislativo immaginiamo, ad esempio, l'idea di distretti agroenergetici che tengano conto soprattutto del modello della filiera corta. Se è vero, infatti, che il contributo delle agroenergie è rilevante, sia per le fonti rinnovabili, sia per raggiungere gli obiettivi di sicurezza e quelli ambientali, la nostra preoccupazione è guardare all'impiantistica, al trasporto, alla logistica, alla movimentazione. Non possiamo immaginare, quindi, nel momento in cui andiamo a determinare alcune regole, che tutta questa materia venga considerata puramente industriale.
Capiamoci, non dobbiamo essere fan dall'agricoltura perché facciamo parte della Commissione agricoltura, così come, se fossimo nella Commissione attività produttive, non dovremmo essere fan dell'industria. Al contrario, credo che, come legislatori, dobbiamo immaginare un quadro i cui obiettivi tengano insieme tali


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settori. Questa attività deve avere una ricaduta sull'agricoltura italiana, non per risolvere la sua crisi (non ci illudiamo, perché non si risolvono così i problemi economici e strutturali della nostra agricoltura: sono altri i termini in cui farlo), ma per permetterle di ottenere un vantaggio non solo economico, ma anche funzionale, che può dare un contributo. A mio avviso, dobbiamo immaginare una soluzione assumendo questo approccio e questo atteggiamento politico.
In proposito, la ringrazio, come relatore, per la grande disponibilità che lei ha mostrato invitandoci ad andare avanti, anche con un testo normativo. Anche il Ministro De Castro, in un incontro che abbiamo avuto recentemente, ci ha informati su tutti i decreti che sono stati e stanno per essere predisposti, che sono conseguenziali ai provvedimenti contenuti nella legge finanziaria. Non è semplice, lo capiamo molto bene.
Da questo punto di vista, Ministro, penso che il nostro momento di confronto odierno sia importante. Mi sento confortata nell'idea che questa Commissione ha ritenuto di non poter procedere, su questa materia, con norme separate e frammentate, bensì dimostrando di essere realmente in grado non solo di gestire questo settore, come Paese, ma anche di competere con gli altri - pochi - Paesi della Comunità europea. Dico «pochi» perché ho studiato la situazione ed ho constatato che non tutti i Paesi della Comunità europea hanno raggiunto i livelli indicati dall'Europa. Lei ha ragione, quindi, anche quando dice che la battaglia è anche con l'Europa.
Noi non vogliamo costruire il nostro sistema sulle biomasse da importazione; stiamo attenti, perché non dobbiamo concorrere a far sì che in altri Paesi del mondo si «bruci» l'agricoltura e la si consegni soltanto a questa unica funzione. Anche da questo punto di vista, abbiamo un obbligo morale, oltre che politico, con l'Europa. Oggi non dobbiamo legiferare sulle biomasse da importazione, che è pure un aspetto della questione; oggi stiamo ragionando su quale ruolo, limitato, può avere la nostra agricoltura, su quale tassello può costruire. Credo che lei, da questo punto di vista, ci abbia dato delle indicazioni molto serie nel comunicarci i punti di criticità, ma anche i punti di sviluppo.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Non ripercorrerò le argomentazioni già esposte dai colleghi, che peraltro condivido. Vorrei soltanto puntualizzare, in maniera assolutamente diretta ed esplicita, alcuni punti che ritengo possano essere assunti come punti fermi e che, a mio avviso, possono «perimetrare» l'intera questione.
È evidente che questo tema, ancor più di altri, non può essere affrontato in maniera frammentaria, perché ha che fare con due questioni strategiche e delicate per il nostro Paese: quella delle risorse agroalimentari in genere e quella delle politiche industriali ed energetiche. Guarda caso, tali questioni hanno ampi punti di contatto, se non addirittura di sovrapposizione.
I punti fermi, a mio avviso, sono i seguenti.
Innanzitutto, le problematiche di natura ambientale. Mi pare che la collega Servodio - ma anche il collega Bellotti - abbia accennato a questa tematica, che io vorrei ribadire in maniera più diretta e più esplicita nel mio intervento, scusandomi se entro nel merito a gamba tesa. Non si può immaginare un sistema di produzione di energia che rappresenti un disvalore, dal punto di vista ambientale, anziché un vantaggio nell'economia globale ambientale. Non si può pensare alla trasformazione di prodotti il cui trasporto o, addirittura, la cui coltivazione comporti un rilevante consumo energetico, quindi una grossa emissione di CO2; e questo, ovviamente, per motivi economici, se questo genere di coltivazioni vengono fatte in Occidente, nel nostro Paese, e per motivi ambientali, se invece vengono fatte altrove. Questo, a mio avviso, rappresenta un paletto assolutamente fermo.
Il secondo punto fermo fondamentale è il problema economico. Anche di questo


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dobbiamo parlare perché, se siamo in Commissione agricoltura, dobbiamo anche porci il problema del livello reddituale delle nostre aziende e dei nostri agricoltori. Ovviamente, noi, nel sistema Italia, non abbiamo aziende che possano competere con le macrostrutture e le macroaziende estere, sia europee, sia, a maggior ragione, dei Paesi terzi. È ovvio che non consideriamo questo settore come una sorta di panacea, come invece sentiamo ripetere da alcuni soggetti da diversi mesi a questa parte. Lo possiamo considerare semplicemente un comparto che può arricchire la possibilità di sviluppo o, comunque, di lavoro delle nostre aziende, anche perché le prove sin qui fatte lo dimostrano.
Lei ne sarà sicuramente a conoscenza, ma voglio ricordare ai colleghi che, proprio in queste settimane, stiamo completando il primo ciclo di raccolta e trasformazione di colture oleaginose sperimentali, tra l'altro non italiane, ma appositamente importate da zone semi-aride (come il Nordafrica) e trasformate in Sicilia. Sto parlando di una sperimentazione su mille ettari di terra, quindi non di una microsperimentazione. Alla fine del ciclo produttivo, produrremo da otto a dieci quintali di carburanti per ettaro; se andiamo a calcolare il valore economico, al netto dell'accisa, arriviamo a un valore economico di gran lunga inferiore a quello delle cerealicole classiche, che tradizionalmente si lavorano nelle coltivazioni mediterranee. Questo è un problema da tenere in considerazione.
C'è poi un problema etico più complessivo, posto dal fatto che, nel resto del mondo, come sappiamo, si sta andando verso una produzione a dismisura di etanolo proveniente da risorse alimentari. Dobbiamo porci il problema della produzione di energia, in particolare di etanolo - e quindi di biocarburanti ottenuti mediante la trasformazione di derrate alimentari -, perché notoriamente, nel mondo, le sostanze alimentari a disposizione dell'umanità sono assolutamente insufficienti, e lo saranno ancor più nel prossimo avvenire.
Altro argomento che può costituire un paletto è l'esigenza che questo genere di politica sia realizzata in maniera regolamentata e organica, per evitare le improvvisazioni a cui spesso assistiamo nel nostro Paese, in cui, da dieci anni a questa parte, ad esempio, si è verificata una sorta di esplosione dell'eolico, contro cui io non ho, personalmente, niente in contrario. L'energia eolica sarà probabilmente un'energia pulita, però anch'essa ha creato una serie di problemi. Ci sono, oggi, parchi eolici assolutamente non giustificati, dal punto di vista economico, costruiti in zone con un numero di ore di ventosità durante l'anno al di sotto della curva economica che giustifica tali impianti. Siccome lei sa benissimo, Ministro - può insegnarlo a me e agli altri membri della Commissione -, che i parchi l'eolici, al di là degli interessi terminali, alla fine afferiscono tutti a pochissimi grandi gruppi, sa altrettanto bene che è il «prezzo» che alcuni grandi gruppi pagano, a livello europeo e internazionale, per ottenere i certificati verdi necessari per continuare ad utilizzare regolarmente gli idrocarburi. Probabilmente è, quindi, il prezzo che pagano per non attivare lo sviluppo di altri linee energetiche o di altre possibilità energetiche.
Questa è la mia opinione, ma, come i colleghi possono comprendere, queste sono tematiche che bisogna trattare a tutto tondo. Tra l'altro, stiamo assistendo, in diverse regioni d'Italia, ad una sorta di continua peregrinazione di imprenditori, o sedicenti tali, che vanno cercando opportunità o possibilità per costruire impianti di ogni genere, termovalorizzatori e quant'altro, ma senza una corretta programmazione, non soltanto dal punto di vista energetico, ma soprattutto, lo ribadisco, quanto all'approvvigionamento delle materie prime.
Questo mi fa pensare che ci possano essere situazioni speculative legate al fenomeno di cui sopra, cioè all'interesse non tanto di produrre energia, o qualcosa di economicamente valido, ma di rientrare in alcuni parametri e ottenere i certificati verdi, senza dover sviluppare altre ricerche. Non ci saranno, quindi, altre possibilità


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e non si coglierà la necessità, ad esempio, di valutare altre fonti di approvvigionamento.
Avrei da porle altre domande, ma mi limito ad una soltanto, specifica; mi scusi se gliela pongo anche se, apparentemente, non è di sua competenza, dal momento che lei è Ministro dello sviluppo economico, mentre la mia domanda dovrebbe essere più opportunamente rivolta al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. I due settori hanno però, evidentemente, un punto di contatto. Mi spiego subito.
Il collega Bellotti ha giustamente citato, nel suo intervento, il problema, italiano, di grosse partite di derrate alimentari talvolta non utilizzabili perché deteriorate e quindi dannose, che possono, anzi devono, essere distrutte, ma la cui distruzione può essere utilizzata in maniera virtuosa. Su questo siamo tutti d'accordo, ma io le pongo un'altra domanda. Qualora dovesse essere necessario individuare le linee strategiche di produzione agricola ai fini energetici, qual è la sua posizione, a tale proposito e solo per questo ambito, nei confronti degli OGM, ossia delle colture geneticamente modificate, che possono aumentare enormemente i livelli produttivi per ettaro?

PRESIDENTE. Poiché il Ministro deve lasciarci intorno alle 16,30 e sono iscritti a parlare ancora tre colleghi, prego costoro di svolgere interventi sintetici, in modo da consentire al Ministro di replicare.

CLAUDIO MADERLONI. Ringrazio il signor Ministro di essere qui. Cercherò di essere brevissimo.
Condivido molte delle cose che sono state dette, dalla necessità di arrivare a una rapida conclusione per dare una certezza, alle perplessità espresse dal collega Franci. Nel mio intervento avrei voluto fare l'elenco, che sicuramente il ministro avrà, di tutti coloro (e sono tantissimi) che sono stati auditi, anche per segnalare il problema di quanta economia coinvolga una discussione come quella odierna.
Ritengo che sia, però, necessario tenere sempre presenti le motivazioni per cui si cerca di utilizzare le fonti di energia rinnovabile, e prevalentemente quelle dell'agricoltura. Se perdessimo di vista l'obiettivo, la motivazione, credo che potremmo creare molta confusione. Penso di non essere l'unico a girare per le aziende - credo lo facciano tutti i colleghi della Commissione -, e devo dire che sono in molti ad essere preoccupati: c'è voglia di insediamenti e, se mi permette, Ministro, molti vendono anche illusioni.
Poiché devo essere rapido, mi limiterò ad alcune questioni.
Premesso che, per me, dire «agricoltura» è come dire «alimentazione», e che fatico a concepire un utilizzo del prodotto alimentare per altri scopi, ritengo che le aree marginali e di scarto abbiano, comunque, un senso. Ritengo invece che ci sia da preoccuparsi quando il prezzo del mais aumenta notevolmente, considerando cosa ciò voglia dire per alcune regioni dell'America centrale, quanto a produzione primaria. Penso che l'agroenergia possa essere di aiuto all'agricoltura, ma che non sia la sua parte costitutiva, quanto a redditività.
Noi abbiamo visto, e vediamo tuttora, che lo sviluppo nel settore turismo ha dato un grosso contributo all'economia agricola, ma il primo ha assunto solamente un ruolo di sostegno rispetto alla seconda. Penso che, se noi guardiamo all'agroenergia intesa quale parte dell'agricoltura, come sostegno al reddito agricolo, ciò ha un senso; ma se ritenessimo, invece, che l'agroenergia deve sostituire la fonte vera di tale reddito, commetteremmo un errore. Lei ha parlato dei mobili, il che mi ha un po' preoccupato, perché non vorrei che si trovassero motivazioni inesistenti, al solo fine di aderire agli incentivi.
Vengo all'ultimo aspetto. Credo che noi dobbiamo approvare in fretta una legge, ma anche che il Governo dovrebbe pensare a un utilizzo del territorio governato dalle amministrazioni comunali, perché - lo ripeto spesso, in quanto ne sono convinto - anche queste ultime possono fornire un sostegno alle aziende agricole,


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dando un contributo alla realizzazione di questi microimpianti. Ovviamente, bisognerebbe parlare della soia e di tante altre cose, ma il presidente mi guarda male e quindi mi fermo.

FILIPPO MISURACA. La prego, signor Ministro, di accettare il mio ringraziamento sincero per essere venuto qui e perché le cose che lei ha detto ci hanno fatto riflettere. Mi permetta anche di dirle che ha portato una ventata di novità in questa Commissione. Da circa un anno e mezzo, ci eravamo quasi addormentati, nel senso che siamo andati avanti a parlare, ma non siamo riusciti a portare avanti una sola legge riguardante l'agricoltura, senza togliere niente al Governo e a chi lo rappresenta in questo ambito. Se lei va a verificare, vedrà che nessun provvedimento in materia è all'esame dell'Assemblea.
Tutti i gruppi parlamentari si sono impegnati e siamo giunti ad esaminare alcune proposte di legge sulle agroenergie, su cui lei ha espresso dei giudizi, che vorremmo non venissero lasciati cadere, così come è successo per altre proposte di legge. Aspettavamo, quindi, di ascoltare il Ministro dello sviluppo economico, e non solo quello delle politiche agricole alimentari e forestali, che pure, insieme ai suoi collaboratori, ha indubbiamente dato degli input ad andare avanti. Se però non c'è una sinergia tra il mondo dell'agricoltura - come diceva qualche collega - e il mondo dell'industria, l'Italia è un Paese rappresentato da quanto accade in questa Commissione ed in Parlamento: discutiamo, ma non concludiamo nulla.
Lei ha detto bene, in premessa, che abbiamo ed abbiamo avuto delle difficoltà nel rispettare gli impegni della legge finanziaria per il 2007, attraverso i decreti attuativi, perché la materia è nuova. Io ne prendo atto. In effetti, è una materia nuova, che ha indubbiamente bisogno di essere dibattuta.
Nel suo intervento introduttivo, lei ha detto anche che è già iniziata una serie di incontri. Mi fa piacere che i suoi uffici abbiano incontrato quelli del mondo della produzione, per quanto riguarda la produzione di biodiesel. Vorrei capire, però, come il Ministro dello sviluppo economico si ponga rispetto agli industriali del petrolio, perché anche questo è un problema che interessa il nostro Paese e occorre capire meglio come ci muoviamo. Lo stesso discorso vale anche per chi produce energia, perché credo che il Parlamento e il Governo abbiano il dovere di difendere anche gli agricoltori e - come diceva il collega Franci - in questo momento, in l'Italia, c'è un business di studi o pseudo studi che promettono incentivi agli agricoltori, i quali sono confusi e non riescono a capire.
Ecco perché c'è la necessità di un'accelerazione, di creare uno schema che dia quelle regole che in questo momento non esistono.
Non mi dilungo, anche se le cose da dire sarebbero tante. Però, devo sottolineare che ci aspettavamo delle risposte anche per quanto riguarda i certificati verdi, cui lei ha solo fatto cenno. Il territorio aspetta, perché anche al riguardo avrebbero dovuto essere emanati - da parte del Ministero che lei rappresenta - dei decreti attuativi, che ancora non sono stati adottati. Questo vale, ad esempio, per il mondo della sericoltura, che si attendeva molto dai certificati verdi.
Mi permetta di dire che lei non ha parlato nemmeno - lo hanno fatto i colleghi intervenuti - dell'aspetto finanziario. Si era parlato, in altre occasioni, della cosiddetta programmazione negoziata, dei famosi contratti di filiera. Questa sarebbe stata un'occasione utile per capire cosa ne pensa il Ministro dello sviluppo economico, dato che non può essere certamente il Ministro delle politiche agricole ad esprimersi in merito.
Le dico queste cose - il presidente sta guardando anche me, ora, e quindi concludo - perché abbiamo bisogno, signor Ministro, che lei ritorni in questa Commissione, in quanto vorremmo veramente, con lei, costruire un percorso. Qui si è parlato anche di una certa etica, e noi conosciamo la sua sensibilità verso questi temi.


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Oggi, un giornale economico ha titolato: «Costo dei cereali: non dipende da bioenergia». In questa Commissione, la settimana scorsa - il presidente me ne darà atto -, abbiamo approvato una risoluzione riguardante proprio la scarsa produzione di grano duro a livello mondiale, dovuta solo al caldo e alle intemperie. Ma cosa succederà quando il nostro meridione produrrà il grano duro per la bioenergia?
Sono tutti temi su cui, non io, ma la Commissione e il Parlamento vorrebbero avere delle risposte. Se non fosse possibile averle oggi, le chiediamo di poterla incontrare di nuovo in questa sede

PRESIDENTE. Accogliendo la richiesta dell'onorevole Misuraca, inviteremo senz'altro di nuovo il Ministro nella nostra Commissione.

LEONARDO MARTINELLO. Sarò molto breve, perché condivido gran parte delle cose dette.
Il nostro gruppo presta grande attenzione alla tematica delle agroenergie. Ringrazio il Ministro di essere qui, perché la sua presenza ci conferma che l'agricoltura non è un settore isolato, ma rientra in un contesto complessivo di sviluppo economico.
Questo per sottolineare che, per noi, l'agroenergia non è soltanto qualcosa che riguarda l'agricoltura, e quindi non è certamente la soluzione dei problemi di tale settore, ma è qualcosa che va nella direzione dello sviluppo economico del sistema produttivo italiano: dobbiamo guardarla sotto questa luce. Quindi, le eccedenze o la produzione di determinate aree possono contribuire allo sviluppo dell'agricoltura o al sostegno al reddito degli agricoltori, ma certamente dobbiamo vedere questo come un aspetto diverso.
È positiva, quindi, la presenza del Ministro dello sviluppo economico all'incontro di oggi in questa sede.
Si è detto che su questo tema sono state poste in essere azioni sporadiche e che gli agricoltori sono disorientati. Occorre, quindi, dare un indirizzo chiaro ai cittadini, agli agricoltori, per far sì che la filiera delle bioenergie, o delle agroenergie, possa avere uno sviluppo. Bisogna farlo, visto che le aziende, da sole, non sono in grado di fare qualcosa.
Noi siamo contrari all'intervento di grossi impianti di progettualità straniera, mentre siamo favorevoli ai piccoli impianti di produzione, che devono essere comunque molto più grandi di 200 o 300 ettari. Siamo dunque contrari agli investimenti stranieri e, soprattutto, alla progettualità straniera di grossi impianti o di grosse aziende che vengano nel nostro Paese a creare energia elettrica o agroenergie.
Non dobbiamo utilizzare soltanto le biomasse. È ora di finirla con questa semplificazione; i prodotti agricoli possono essere utilizzati nell'ambito di questa progettualità.
Dall'attuale Governo mi aspetto, allora, un input affinché la legge in materia, che la Commissione licenzierà quanto prima, venga calendarizzata tempestivamente, per la discussione in Assemblea, sia alla Camera sia al Senato, e, soprattutto, si crei una sinergia tra i vari Ministeri (quelli delle politiche agricole, dello sviluppo economico e del lavoro), al fine di dare una direttiva chiara e di stanziare risorse altrettanto chiare. Infatti, se non stimoliamo le aziende ad utilizzare tale tecnologia, questo nuovo settore difficilmente si radicherà nel nostro territorio. Lo ripeto: l'agricoltura - e non solo l'agricoltura - ha bisogno delle bioenergie.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dello sviluppo economico. Vi ringrazio molto. Immaginando che la lettura del documento che consegnerò possa rispondere, almeno in parte, ad alcune sollecitazioni che sono venute, risponderò molto brevemente, limitandomi a dire qualcosa su questioni minori, per poi lasciarvi un paio di messaggi, spero chiari, ed anche impegnativi, per quel che mi riguarda.
Anzitutto, non c'è dubbio che, rispetto alla dimensione europea, noi siamo in ritardo su tutto l'arco del rinnovabile: questo


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è appurato. Volendo capire di chi sia la responsabilità di questo ritardo, otterremmo risposte incerte, nel senso che, per quanto riguarda l'attività del Governo e me personalmente, non so cosa si sarebbe potuto fare in più, rispetto al fatto di portare una legge complessiva sull'energia al primo Consiglio dei ministri: non credo vi fosse una possibilità di farlo in anticipo. La legge finanziaria ha inoltre introdotto alcune novità.
Sull'aspetto che ci stava a cuore discutere oggi, quello relativo ai biocarburanti, non abbiamo delle difficoltà. Avevamo e abbiamo avuto difficoltà a dare attuazione ai tre atti su cui si basano queste politiche: si è rivelato un puzzle molto complicato, che abbiamo però risolto nel merito. In questi giorni, i tre provvedimenti sono presso gli uffici legislativi per le «ripuliture» formali, e siamo quindi in condizione di arrivare alla firma nei prossimi giorni.
Le operazioni sono in corso e, anche dal punto di vista della produzione, c'è un certo sviluppo di progetti, anche per l'utilizzo di impianti, così come si stanno organizzando sistemi di filiere. Ci sono, insomma, diverse cose che si muovono - questo non si può negare -, anche se è vero che non c'è ancora ordine nella materia.
Sotto diversi punti di vista - l'onorevole Franci ne citava uno, mentre a me è venuto in mente il meccanismo delle incentivazioni, uno degli argomenti (peraltro sollevato anche da voi) a cui sono molto sensibile -, sono piuttosto critico anche rispetto a certe applicazioni delle politiche europee. Noi dobbiamo, cioè, stare molto attenti, perché quale sia la dose giusta di incentivo lo dice il mercato, che deve però essere veramente competitivo, aperto e supervisionato: «azzeccarci» in premessa è un'operazione quasi impossibile. Che dodici anni siano sufficienti per pagare una cosa lo impariamo se c'è qualcuno che lo fa, e il mercato tende poi a trovare la soglia. Devo dire che, anche riguardo agli artigiani che devono installare i pannelli solari, ho avvisato le associazioni artigiane che, se avessero aumentato i prezzi dell'installazione, avrei bloccato le incentivazioni. Da parte loro, si è risposto che questo dipende dalla materia prima o da vari altri fattori. La soglia accettabile è quella stabilita da chi, avendo appreso dell'incentivo in televisione, lo richiede e, quando si accorge che il costo dell'operazione è eccessivo, dice «arrivederci» agli artigiani, i quali, di conseguenza, abbassano il prezzo, che diventa quindi accettabile. Così si arriva a capire. Però, facciamo attenzione, perché questo è un bricolage molto complicato, che va veramente seguito con grandissima cura.
L'energia eolica rappresenta un meccanismo ampiamente remunerativo: lo si è visto da come sono andati i certificati verdi. Ci sono state maggiori difficoltà nel settore delle biomasse o in altri. Noi aggiusteremo i pesi e le misure di queste convenienze, differenzieremo i meccanismi di incentivazione per famiglie di fonti e per tenere conto delle diverse convenienze.
Ci muoviamo in un'area che va sempre considerata con attenzione, perché sul tema delle energie rinnovabili non abbiamo un mercato sufficientemente trasparente e, quando ciò accade, è difficile che le politiche funzionino. Per rendere più trasparente il mercato, bisogna aumentare l'offerta e mettersi in condizioni tali da avere un minimo di sovracapacità rispetto agli obiettivi: se si alzano gli obiettivi in presenza di una sottocapacità produttiva, si hanno delle distorsioni e c'è poco da fare, perché in tale situazione non è possibile un regime di concorrenza. Assumo, quindi, queste politiche con somma convinzione ecologista e ambientale, ma ponendo, al contempo, grande attenzione a questi aspetti. Questa è una prima avvertenza per l'uso.
Capisco l'enorme difficoltà del vostro lavoro, perché è difficile riuscire a concettualizzare il fatto che, dopo 10.000 anni dai tempi della mezzaluna fertile, nei quali si è sempre svolta attività agricola per mangiare, arrivi un tipo di agricoltura che addirittura può sostituire le fonti fossili, e quindi la chimica, per creare energia. Dopo 10.000 anni, cambiare registro non è così semplice, in effetti, ed occorre pensarci


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per un attimo, tant'è vero che si vedono alcuni possibili effetti a livello mondiale di questo fenomeno. Va bene orientarsi in questa direzione, però, certamente, se si alza il prezzo del grano duro, si rende poi necessario andarlo ad acquistare solo in Canada, in Australia o altrove.
Bisogna sapere, quindi, che, se riduciamo la produzione agricola in funzione alimentare, ci mettiamo anche in braccio al mondo. Concettualizzare questo è molto difficile, pertanto, anche se non mi permetto di dare consigli, credo che si debbano fare i passi man mano che si è sicuri di dove si mette il piede; poi il passo si può allungare, ma con consapevolezza.
Sono molto portato a pensare, perciò, che dobbiamo organizzare bene questa politica, raffreddando in parte i meccanismi di aspettativa posti in essere dal terziario, che incoraggia, a volte anche in modo generico, questo genere di progetti. Cerchiamo di agire consapevolmente e di fare le cose credendoci; io ci credo, ma dobbiamo mettere un po' d'ordine e, per farlo, bisogna porre mano alle normative e poi provvedere ad una legislazione di impianto.
Come possiamo concepire queste legislazioni di impianto? Chi fa cosa? In maniera del tutto schematica - posto che le cose non vanno mai tagliate con l'accetta -, credo che, dal punto di vista energetico, dobbiamo offrirvi un riferimento ed una sponda dal lato della domanda, definendo, cioè, gli obiettivi, i meccanismi di incentivazione e la nostra disponibilità a qualificare la domanda secondo i criteri che voi ci date (per esempio, definendo un certo distretto, piuttosto che una determinata filiera, purché coerentemente con le norme europee). Sto parlando, quindi, del nostro ruolo nel fare politiche energetiche, e quindi nel dire quanta energia possiamo prevedere che debba derivare dalla biomasse, come si può costituire un meccanismo di incentivazione, oltre alla disponibilità ad incrociare i criteri che voi ci fornite.
C'è poi il lato dell'offerta e di come questa possa inserirsi in un contesto di evoluzione dell'agricoltura italiana nell'uso del territorio. Su questo aspetto specifico, è giusto che il Governo non si esprima, nel senso che sta a voi trovare una soluzione, considerando tutti i problemi che questo comporta, di cui abbiamo sentito parlare anche qui, che sono certamente molto importanti.
Come Ministro dell'energia, aggiungo che sono d'accordo sul fatto che, una volta realizzate le filiere e considerato tutto quanto il resto, il valore aggiunto di queste operazioni sia prevalentemente in mano al settore agricolo. E questo perché, secondo me, dal punto di vista delle politiche energetiche, più soggetti energetici si hanno, meglio è. Va infatti benissimo che, in un ambito significativo della produzione di energia da fonti rinnovabili, emergano soggetti energetici che controllano la produzione agricola, siano essi agricoltori, associazioni, trader legati all'agricoltura, o chiunque altro. Naturalmente, però, a proposito della domanda che mi è stata posta, so anche di dover stimolare - e in questo senso emaneremo anche il decreto sulle sanzioni - i nostri amici petrolieri e produttori tradizionali di energia elettrica a capire tali questioni. Essi avrebbero altrimenti buon gioco nel dire che non abbiamo fornito loro indicazioni. Bisogna far capire loro che io, nel mio ruolo, ho interesse ad avere una pluralità di attori energetici. Se la loro impostazione è tesa prevalentemente - pur sapendo che le cose si incrociano - a regolare l'organizzazione dell'offerta, a vedere come costruire i temi dei distretti della filiera, e poi a qualificarli quanto ad incentivazione, a vedere che il settore agricolo non venga deprivato (il che non è scontato), tutto ciò considerato, dialogando con loro, se riusciamo a coniugare questi aspetti, regolandoli in una legge di tale genere, di sponda con quanto facciamo in materia di energia, realizziamo un'operazione comprensibile per il Paese.
Contemporaneamente, come vi ho detto, nel progetto Industria 2015, ho realizzato questi bandi, queste call, queste


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chiamate, inerenti le tecnologie per l'efficienza energetica; penso che entro l'estate prossima avremo attivato un certo numero di novità, anche dal punto di vista della produzione tecnologica, e che quindi bisognerà occuparsi anche di questo versante. È infatti vero quel che avete detto, ossia che si tratta di ambiti nei quali dobbiamo recuperare, anche se in qualcuno di essi ci si inizia già a muovere. Occorre un insieme di politiche nazionali, in questo campo, che può portare a qualcosa di buono.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,35.


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