VI Commissione - Resoconto di marted́ 18 luglio 2006


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 18 luglio 2006. - Presidenza del presidente Paolo DEL MESE. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alfiero Grandi.

La seduta comincia alle 10.30.

Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011.
Doc. LVII, n. 1
(Parere alla V Commissione)
(Esame e rinvio)

La Commissione inizia l'esame del documento

Francesco TOLOTTI (Ulivo), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla V Commissione Bilancio sul Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011 (Doc. LVII, n. 1).
Il Documento illustra innanzitutto gli andamenti macroeconomici nel 2006, stimando, per l'anno in corso, a fronte di una crescita nulla nel 2005, una crescita del PIL reale in Italia dell'1,5 per cento, sostenuta principalmente dalla domanda interna, alimentata soprattutto dalla ripresa degli investimenti, per i quali è previsto un aumento del 2,2 per cento, a fronte di un valore negativo di -0,6 per cento segnato nel 2005. Anche per i consumi delle famiglie è prevista una ripresa, con una crescita all'1,3 per cento, a fronte del valore pressoché stazionario registrato nel 2005 (+0,1 per cento). La crescita della spesa delle amministrazioni pubbliche dovrebbe invece segnare un rallentamento rispetto all'anno precedente (+0,7 per cento nel 2006 a fronte di un +1,2 per cento nel 2005).
Nullo risulta invece l'apporto del settore estero, con riferimento al quale è previsto un significativo aumento tanto delle importazioni (+4,4 per cento) quanto delle esportazioni (+4,7 per cento).


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Quanto al mercato del lavoro, il DPEF prevede, per il 2006, una leggera riduzione del tasso di disoccupazione (7,6 per cento, rispetto al 7,7 per cento del 2005), con una crescita dell'occupazione dello 0,5 per cento, dopo il valore negativo del 2005 (-0,4 per cento) ed il valore nullo del 2004.
Il DPEF prevede inoltre, per il 2006, un tasso di inflazione, sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, esclusi i tabacchi, del 2,2 per cento, a fronte di un tasso di inflazione programmata dell'1,7 per cento, fissato nel Documento di programmazione dell'anno scorso.
Con riferimento al quadro economico per il 2007 e gli anni successivi, le previsioni tendenziali indicano per il 2007 una crescita reale del PIL pari all'1,5 per cento, che scende all'1,2 per cento nel quadro programmatico del Governo.
L'impatto della manovra di finanza pubblica per il 2007 dovrebbe esplicarsi principalmente sui consumi delle famiglie, per i quali è prevista una crescita dello 0,8 per cento nel quadro programmatico rispetto all'1,3 per cento del tendenziale, e sulla spesa delle pubbliche amministrazioni, che dovrebbe segnare un valore negativo di -0,6 per cento nel quadro programmatico rispetto al +0,2 per cento del tendenziale. Leggermente positivo dovrebbe essere invece l'effetto della manovra sugli investimenti, che passano al 2,1 per cento nel quadro programmatico a fronte dell'1,9 per cento.
Un effetto positivo dovrebbe inoltre registrarsi con riferimento al settore estero, essendo previsto nel quadro programmatico una diminuzione delle importazioni (che scenderebbero dal 3,5 per cento al 3,1 per cento) ed un aumento delle esportazioni (che passerebbero dal 3,7 per cento al 4 per cento).
Riguardo al mercato del lavoro, per il 2007 nel quadro programmatico è prevista una contrazione nella crescita dell'occupazione rispetto al tendenziale (+0,4 per cento anziché +0,6 per cento); la crescita dell'occupazione segnerebbe così un rallentamento rispetto al 2006 (+0,5 per cento).
Il tasso di disoccupazione permane invece inalterato rispetto al tendenziale (7,5 per cento), proseguendo il trend discendente (-0,1 per cento rispetto al 2006). Il DPEF prevede altresì un forte rallentamento della crescita del costo del lavoro rispetto al tendenziale (+1,4 per cento anziché +2,2 per cento).
Il tasso di inflazione programmata per il 2007 è fissato al 2 per cento. Per quanto concerne gli anni successivi al 2007, le politiche economiche dovrebbero invece esplicare effetti positivi sulla crescita del PIL in termini reali, con un aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al tendenziale nel 2008 (1,5 per cento a fronte di 1,2 per cento) e di 0,4 punti percentuali negli anni successivi fino al 2011 (1,6 per cento a fronte di 1,2 per cento nel 2009 e 1,7 per cento a fronte di 1,3 per cento nel 2010 e 2011).
Gli effetti positivi dovrebbero esplicarsi principalmente sugli investimenti (+1,1 per cento nel quadro programmatico rispetto al tendenziale nel 2008, +1,4 per cento nel 2009, + 1,2 per cento nel 2010 e +1,1 per cento nel 2011).
Effetti favorevoli, anche se ben più limitati, dovrebbero registrarsi anche sui consumi delle famiglie (+0,1 per cento nel quadro programmatico rispetto al tendenziale nel 2008, +0,3 per cento negli anni successivi). Il Governo mira invece ad una contrazione della spesa delle pubbliche amministrazioni (-0,6 per cento nel quadro programmatico rispetto al tendenziale nel 2008, -0,2 per cento negli anni successivi).
Con riferimento al settore estero, nel quadro programmatico è prevista per le esportazioni una crescita superiore rispetto a quella del tendenziale (+0,4 per cento nel 2008, +0,2 negli anni successivi), cui fa peraltro riscontro una crescita delle importazioni (+0,4 per cento nel 2008 e 2009, +0,3 per cento nel 2010, +0,4 per cento nel 2011).
Riguardo al mercato del lavoro, la crescita dell'occupazione nel quadro programmatico si mantiene dal 2008 su livelli sempre superiori rispetto al tendenziale, con un'inversione di tendenza rispetto al 2007. Allo stesso modo, il tasso di disoccupazione


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dovrebbe segnare un trend positivo discendente (dal 7,4 per cento del 2008 al 6,7 per cento nel 2011).
Per quanto riguarda il quadro di finanza pubblica per il 2006, il DPEF evidenzia la gravità dell'attuale condizione dei conti pubblici, tale da essere fondatamente raffrontata con la situazione economica del 1992; in tale conteso il Documento rivede l'obiettivo di indebitamento netto per il 2006, fissandolo al 4 per cento del PIL, rispetto al 4,1 risultante dal consuntivo 2005. Al netto delle misure una tantum, la correzione del saldo corretto per il ciclo ammonta sempre allo 0,1 per cento, al di sotto quindi della riduzione 0,8 per cento richiesta, per l'esercizio in corso, nell'ambito della procedura europea per i disavanzi eccessivi.
Il valore dell'indebitamento netto stimato per il 2006 risulta da un saldo primario pari, in rapporto al PIL, allo 0,5 per cento e da una spesa per interessi pari a circa il 4,6 per cento. Rispetto alla Relazione trimestrale di cassa, dell'aprile scorso, la stima dell'avanzo primario viene quindi ridotta dello 0,1 per cento.
Per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, la previsione per il 2006 passa dal 108,3 per cento stimato dalla Relazione trimestrale di cassa dell'aprile scorso, al 107,7 nelle nuove previsioni del DPEF 2007-2011, segnando comunque un peggioramento rispetto al valore di consuntivo per il 2005 (106,4 per cento).
Con riferimento al periodo 2007-2011, il quadro tendenziale della finanza pubblica prospetta per il 2007 un indebitamento netto pari al 4,1 per cento del PIL, con un peggioramento di 0,1 punti percentuali di PIL rispetto al saldo 2006. L'indebitamento netto tendenziale nel 2007 risulterebbe da un avanzo primario pari allo 0,8 per cento del PIL (superiore di 0,3 punti di PIL rispetto al 2006), e da una spesa per interessi pari al 4,8 per cento del PIL (superiore di 0,2 punti di PIL rispetto al 2006).
Nel descrivere la manovra di finanza pubblica per il 2007, il DPEF indica che gli interventi rivolti a correggere l'andamento tendenziale, dovrebbero ammontare complessivamente a quasi 20 miliardi di euro, pari all'1,3 per cento del PIL. Ulteriori risorse, stimate in circa 15 miliardi di euro (1 per cento del PIL), saranno necessarie per l'attuazione delle politiche di sviluppo, volte al miglioramento della competitività, attraverso il rafforzamento dei mercati, la riduzione del cuneo fiscale, il miglioramento dell'efficienza della spesa pubblica, e ad interventi di carattere redistributivo.
L'ammontare complessivo delle risorse da reperire (cosiddetta manovra lorda) sarà pertanto pari a circa 35 miliardi di euro, corrispondenti al 2,3 per cento del PIL. La correzione del disavanzo tendenziale (pari a quasi 20 miliardi di euro) dovrebbe essere perseguita soprattutto attraverso interventi di carattere strutturale sul versante della spesa, riguardanti i quattro comparti determinanti nella crescita della spesa pubblica: spesa per pubblico impiego; spesa per il sistema pensionistico, pubblico e complementare; spesa sanitaria e spesa degli enti decentrati.
Il ricorso a misure una tantum, come richiesto a livello europeo, dovrebbe essere molto limitato, risultando pari allo 0,1 per cento del PIL (circa 1,5 miliardi di euro). La riduzione dell'indebitamento netto strutturale (che si ottiene depurando l'indebitamento dagli effetti del ciclo economico e dalle misure una tantum) risulterebbe pari all'1,5 per cento del PIL, di gran lunga superiore alla riduzione stimata nel 2006, pari allo 0,1 per cento del PIL.
Ricorda che, nell'ambito della procedura di deficit eccessivo parte dagli organi dell'Unione europea, era stata richiesta all'Italia una riduzione cumulativa del disavanzo strutturale di almeno l'1,6 per cento del PIL nel periodo 2006-2007, di cui la metà (0,8 per cento) da conseguire nel 2006.
La scelta del Governo delineata dal DPEF è dunque di spostare quasi integralmente l'aggiustamento dei conti pubblici sul 2007, confermando comunque l'obiettivo di un rientro del rapporto deficit/PIL al di sotto del 3 per cento nel 2007. Per gli anni successivi viene mantenuto l'obiettivo


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di ulteriori correzioni di carattere strutturale di 0,5 punti di PIL per ciascun anno, conformemente alla raccomandazione del Consiglio ECOFIN.
Il Governo si riserva peraltro di «valutare con più precisione il percorso di rientro in relazione al profilo temporale degli effetti strutturali delle misure che saranno effettivamente adottate», ed il DPEF non indica le specifiche misure che saranno adottate in sede di manovra di finanza pubblica, per la determinazione delle quali deve svolgersi un confronto con le parti sociali e con gli enti territoriali.
Secondo le indicazioni fornite nel DPEF, il quadro programmatico dell'intero periodo di programmazione 2007-2011 confermerebbe l'impegno del Governo ad un risanamento strutturale delle finanze pubbliche, in linea con gli impegni presi con l'Unione europea in occasione della procedura per disavanzo eccessivo nei confronti dell'Italia. Di conseguenza, rispetto all'andamento tendenziale (che indica un indebitamento netto al 4,1 per cento), il DPEF fissa per il 2007 un obiettivo programmatico di indebitamento netto pari al 2,8 per cento del PIL, con un recupero dell'ordine dell'1,3 per cento del PIL rispetto al valore tendenziale, scendendo così al di sotto della soglia del 3 per cento.
L'indebitamento netto programmatico risulta da un avanzo primario del 2,1 per cento (+1,3 punti di PIL rispetto al valore tendenziale) e da una spesa per interessi del 4,8 per cento (stabile rispetto al tendenziale). Il quadro programmatico indica altresì un indebitamento netto strutturale (vale a dire l'indebitamento netto depurato degli effetti del ciclo economico ed al netto delle misure una tantum) pari, per il 2007, al 2,3 per cento del PIL.
Per quanto concerne il rapporto debito pubblico/PIL, il quadro programmatico presentato dal Governo prevede che nel 2007 il rapporto torni a scendere, rispetto alle stime per il 2006, dal 107,7 per cento al 107,5 per cento, con un recupero sull'andamento tendenziale di 1 punto di PIL, sia pure permanendo ad un livello piuttosto elevato, superiore a quello registrato negli ultimi quattro anni.
Per quanto concerne gli anni successivi al 2008, il DPEF indica, rispetto all'andamento tendenziale che evidenzia un livello di indebitamento netto intorno 4 per cento del PIL per tutto il periodo di programmazione del DPEF, un programma di rientro del deficit in linea con gli impegni europei.
Per il 2008, l'obiettivo di indebitamento netto è fissato al 2,2 per cento, con un recupero di circa l'1,9 per cento del PIL rispetto al tendenziale. Nel triennio successivo la riduzione dell'indebitamento netto proseguirà fino a raggiungere l'1,6 per cento del PIL nel 2009 (rispetto al 4,1 per cento tendenziale.), lo 0,8 per cento nel 2010 e una situazione prossima al pareggio (-0,1 per cento) nel 2011.
In corrispondenza con la riduzione dell'indebitamento netto, dovrebbe registrarsi, a livello programmatico, un netto incremento dell'avanzo primario che dovrebbe raggiungere un valore del 2,7 per cento nel 2008, del 3,4 per cento nel 2009, del 4,1 per cento nel 2010 e del 4,9 per cento del 2011 (a fronte di un andamento tendenziale in media pari all'1,2 per cento del PIL nel periodo considerato).
Per quanto concerne il rapporto debito pubblico/PIL, il quadro programmatico presentato dal Governo prevede una inversione di tendenza rispetto al biennio 2005-2006, in cui il debito pubblico in rapporto al PIL è in crescita: in particolare il rapporto debito/PIL, che dovrebbe assestarsi al 107,5 per cento nel 2007, continuerà a scendere al 107,0 per cento nel 2008, al 105,1 per cento nel 2009, al 102,6 per cento nel 2010 e al 99,7 per cento nel 2011. Secondo quanto indicato nel DPEF, tale riduzione dovrà essere realizzata prevalentemente attraverso l'aumento dell'avanzo primario, dovendosi invece considerare limitato il contributo aggiuntivo che potrebbe derivare dai proventi delle privatizzazioni realizzabili nel periodo considerato.
Con specifico riferimento agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, rileva come il quadro tendenziale di finanza


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pubblica 2007-2011 prenda in esame il gettito relativo alle entrate tributarie, stimato sulla base di un incremento medio annuo pari al 3,1 per cento e secondo un'elasticità media di poco superiore nel periodo allo 0,9 per cento, evidenziando come tale evoluzione sconti anche gli effetti derivanti dalle misure fiscali previste dal decreto-legge n. 223 del 2006, pari nel 2006 a 3,8 miliardi, nel 2007 a 5,8, nel 2008 a 6,2 ed a 6,4 miliardi a decorrere dal 2009.
Il Documento stima altresì una riduzione della pressione fiscale nel 2007 di due decimi di punto percentuale, attestandosi al 41 per cento del PIL e, di seguito, nel quadriennio 2008-2001 ad un passo dello 0,1 per cento all'anno.
Nell'illustrare i problemi strutturali del quadro finanziario pubblico, il DPEF evidenzia come le entrate tributarie delle pubbliche amministrazioni, considerate nelle loro componenti dirette, indirette e in conto capitale, abbiano manifestato nel periodo 1992-2005 un andamento crescente rispetto al prodotto interno lordo fino al 1999, passando, in termini di PIL, dal 26,2 per cento nel 1994 al 29,9 per cento del 1999, per poi ridursi progressivamente fino a raggiungere il 27,7 per cento nel 2005. Tale inversione di tendenza è da porsi in relazione all'andamento delle entrate da condono, che hanno determinato un maggior gettito per circa 18 miliardi. Andamento analogo si rileva anche per le entrate tributarie correnti, le quali sono passate in termini di PIL dal 26,1 per cento del 1994 al 29,8 per cento del 1999, per poi scendere fino a stabilizzarsi al 27,6 per cento nel 2005. Alla riduzione dell'incidenza sul PIL delle entrate tributarie si è associata una redistribuzione del carico fiscale dalle imposte dirette alle imposte indirette.
A partire dall'anno 2000, l'elasticità delle entrate tributarie rispetto al PIL ha registrato una sensibile riduzione, dovuta all'attuazione di importanti interventi strutturali di riduzione dell'imposta sulle persone fisiche (principale imposta progressiva del sistema fiscale) e, in misura minore, dell'IRAP. Su tale andamento ha inciso, inoltre, il forte incremento dei rimborsi d'imposta registrato nello stesso periodo, favorito dal meccanismo delle compensazioni in sede di versamento delle imposte.
Per quanto riguarda le misure strategiche ipotizzate nel periodo 2007-2011, il DPEF pone in primo piano gli interventi per il rilancio della crescita economica, precisando come la stessa richieda anche un aumento del tasso di occupazione, che resta in Italia più basso della media europea, nonostante i progressi compiuti negli ultimi nove anni, soprattutto per quanto riguarda il tasso di occupazione giovanile in Europa.
In tale contesto il Documento rileva come sulla domanda di lavoro pesi un «cuneo fiscale e contributivo» (definito come la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta ricevuta dal lavoratore) che in Italia risulta più alto della media dei paesi sviluppati, anche se in linea con Francia e Germania. Una riduzione del carico fiscale e contributivo può, quindi, riavvicinare la situazione italiana a quella media prevalente nei paesi concorrenti. Della riduzione del cuneo dovranno beneficiare sia la quota a carico del datore di lavoro, sia quella a carico del lavoratore, con il fine di migliorare la capacità di competere delle imprese italiane (attraverso una riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto) e al contempo di assicurare ai lavoratori un recupero in termini di reddito disponibile.
L'intervento sul cuneo, in particolare, non intaccherà, secondo il Documento, le aliquote contributive destinate all'assicurazione generale per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, ovvero ad alimentare le pensioni, e, per favorire l'inserimento stabile dei giovani nel mondo del lavoro dovrà basarsi su un criterio di selettività che premi le imprese che stabilizzino i rapporti di lavoro.
È peraltro indispensabile che l'intervento sul cuneo fiscale si accompagni a misure di rilancio del tasso di crescita della produttività, onde evitare che la riduzione del cuneo rischi di essere vanificata


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da una dinamica della produttività che si situasse ulteriormente al di sotto di quella dei paesi industrializzati e, in particolare, di quelli dell'area dell'euro, ai quali ci lega la dinamica dei prezzi e dei tassi di cambio.
La riduzione del cuneo fiscale fornirà, secondo le indicazioni del DPEF, una prima spinta alla competitività dell'economia italiana, alla quali si aggiungerà l'impulso delle riforme sul mercato dei beni e servizi, volte a innalzare in maniera permanente il tasso di crescita della produttività. Solo in questo modo è possibile conciliare il duplice obiettivo di un aumento sostenibile dei salari reali e di una riduzione del costo del lavoro per unità di prodotto, con effetti positivi sulla competitività dell'economia.
Con riferimento al risanamento dei conti pubblici, il DPEF evidenzia la necessità di determinare un aumento del saldo primario, che nel giro di pochi anni dovrà essere riportato ai migliori livelli degli anni '90, al fine di ridurre costantemente il peso del debito pubblico. Ragioni di equità e di efficienza richiedono che al ricostituirsi di un consistente avanzo primario contribuiscano un regime di tassazione più equo e ripulito dai mali dell'evasione e dell'elusione fiscale, nonché una decisa riduzione delle inefficienze dell'apparato delle amministrazioni pubbliche, con conseguente realizzazione di economie di spesa pubblica.
Agli interventi, essenziali, per il rilancio della crescita della produttività debbono pertanto essere associate misure strutturali dirette ad invertire la dinamica della spesa pubblica. Per far ciò è indispensabile non solo operare sul fronte delle entrate, ma anche intervenire sui quattro grandi comparti da cui scaturisce la parte predominante della spesa pubblica, i quali presentano squilibri, inefficienze, duplicazioni e arretratezze che richiedono interventi correttivi e offrono ampi spazi per compierli: l'apparato delle amministrazioni pubbliche e conseguentemente il pubblico impiego; il sistema pensionistico, pubblico e complementare; il servizio sanitario nazionale; la finanza degli enti decentrati. quei quattro settori. L'intervento su tali comparti è infatti considerato indispensabile per ridurre la pressione fiscale e per liberare risorse da destinare allo sviluppo di infrastrutture e servizi pubblici, alla creazione di nuove opportunità per i giovani, alla promozione della crescita e dell'equità.
Per quanto concerne le problematiche dei governi locali e del federalismo fiscale, il DPEF ricorda che, per consentire all'insieme delle pubbliche amministrazioni di contribuire al conseguimento degli obiettivi stabiliti in sede europea, la legge finanziaria n. 448 del 1998 ha istituito il Patto di stabilità interno, il quale, nella sua formulazione originaria, stabiliva che le regioni e gli enti locali concorressero alla riduzione dell'indebitamento netto della P.A. attraverso un miglioramento dei propri conti pari ad almeno allo 0,1 per cento del PIL. Negli anni successivi il Patto ha subito diverse e continue modifiche, privando gli amministratori locali di un quadro di riferimento stabile e rendendo quanto mai difficile una gestione oculata, anche nel medio periodo, dei bilanci degli enti locali.
In tale contesto, al fine di dare forma compiuta al federalismo fiscale, il DPEF indica la necessità di definire un nuovo quadro di riferimento con caratteristiche di stabilità, coerenza, conformità ai parametri europei e rispetto dell'autonomia gestionale degli enti locali. È essenziale, pertanto, che la nuova architettura del Patto di stabilità interno abbia caratteristiche che rimangano invariate nel tempo, anche se le relative grandezze finanziarie dovranno essere necessariamente soggette a decisioni da prendere in sede di manovra annuale di bilancio. In tale contesto, appare corretto abbandonare il metodo dei tetti su specifiche categorie di spese e introdurre vincoli per il saldo di bilancio e la dinamica del debito, in un quadro di piena attuazione del binomio autonomia-responsabilità.
Più in generale, il Governo intende realizzare il completamento del federalismo fiscale in un quadro di coerenza tra decentramento delle funzioni e responsabilità


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finanziaria, previa determinazione di un percorso condiviso di definizione delle risorse destinabili alla spesa per le prestazioni di responsabilità di regioni ed enti locali, alla luce del vincolo di bilancio dell'intero settore pubblico. In tal modo, le autonomie locali avranno, su un orizzonte pluriennale, la garanzia di un quadro stabile, certo e coerente con gli equilibri di finanza pubblica.
Per realizzare tale obiettivo, il DPEF sottolinea l'esigenza di rafforzare le sedi di confronto tra Governo centrale e governi locali, in modo che questi ultimi siano inseriti a pieno titolo nel processo di formazione della politica di bilancio. L'assetto definitivo delle relazioni finanziarie tra livelli di governo dovrà infatti prevedere meccanismi di perequazione tali da consentire il finanziamento integrale delle prestazioni essenziali per tutti i governi locali. Gli spazi di effettiva autonomia tributaria a livello locale dovranno garantire margini di manovra sufficienti a far fronte ad eventuali eccedenze di spesa per le prestazioni essenziali e a consentire, esercitando un congruo sforzo fiscale aggiuntivo, il finanziamento di eventuali prestazioni addizionali.
Per quanto concerne le politiche dell'entrata, il DPEF esplicita l'orientamento dell'Esecutivo, già evidenziato dal decreto-legge n. 223 del 2006, a promuovere i tre obiettivi fondamentali dell'equità, dello sviluppo e della semplificazione, il cui raggiungimento dovrà essere coniugato con la diminuzione della pressione fiscale, nella misura e ai ritmi compatibili con l'aggiustamento della finanza pubblica. In particolare, il Governo intende perseguire l'obiettivo dell'equità tramite la ridistribuzione del carico fiscale, attuata, in primo luogo, attraverso una determinata, sistematica e mirata lotta all'evasione e all'elusione. A tale proposito il DPEF sottolinea come il carico fiscale e quello tributario gravino principalmente sull'economia legale e come, al netto dell'economia sommersa, la pressione tributaria raggiunga livelli estremamente elevati.
In secondo luogo, il Documento prospetta una serie di interventi su imposte dirette, contributi sociali ed imposte indirette, anche al fine di riequilibrare il loro apporto al gettito complessivo. In tale ambito, il trattamento fiscale delle varie tipologie di redditi sarà tendenzialmente uniformato, tenendo conto delle rispettive insopprimibili specificità.
Con specifico riferimento all'obiettivo dello sviluppo, il sistema fiscale dovrà sempre più discriminare tra attività speculative e attività produttive, al fine di alleggerire le imprese e i lavoratori impegnati nella produzione e nelle sfide poste dalla competizione internazionale.
Per quanto riguarda l'obiettivo della semplificazione, il DPEF pone l'accento sulla riduzione al minimo degli adempimenti richiesti a famiglie e ad imprese, nonché su una qualificazione ed organizzazione dell'Amministrazione tributaria. A tal fine il Governo, oltre ad intervenire sul piano normativo, doterà le Agenzie fiscali delle risorse umane e tecnologiche necessarie a cogliere le enormi possibilità offerte dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Il Documento sottolinea peraltro le difficoltà a raggiungere gli obiettivi richiamati, anche sotto il profilo dell'andamento del gettito tributario totale e della sua composizione nel periodo dal 2001 al 2005. Il DPEF evidenzia infatti come le entrate tributarie correnti del settore statale, infatti, siano diminuite di 1,3 punti percentuali del PIL. A tale risultato di consuntivo ha concorso una pluralità di fattori: l'aumento del gettito da imposte indirette, per natura regressive; la contenuta riduzione delle imposte dirette sulle persone fisiche, ottenuto attraverso una riforma di segno regressivo; la contenuta riduzione del gettito derivante da imposte sulle imprese (per le quali, tuttavia, la legge finanziaria per il 2006 comporta un aggravio di imposte per oltre 2 miliardi di euro).
I dati di consuntivo, peraltro, riflettono solo in parte l'effetto delle politiche fiscali realizzate nella XIV legislatura. L'analisi delle relazioni tecniche di accompagnamento ai provvedimenti approvati durante tale legislatura evidenzia, infatti, previsioni di sostanziale neutralità di tali provvedimenti


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ai fini dei loro effetti sul gettito. In tale contesto, la causa prevalente della caduta di gettito registrata a consuntivo sarebbe, secondo il DPEF, riconducibile all'ampliamento dell'area di evasione ed elusione fiscale (in particolare dell'IVA), più che alla realizzazione di politiche di riduzione delle imposte. In sintesi, il ricorso sistematico, prevedibile ed atteso a condoni e sanatorie fiscali avrebbe favorito l'abbassamento della tax compliance, in Italia ai livelli più bassi dell'area OCSE.
In tale contesto il DPEF ritiene che, per raggiungere gli obiettivi di equità, sviluppo e semplificazione, siano prioritari interventi finalizzati a contrastare l'evasione e l'elusione di base imponibile; ad adottare misure di semplificazione degli adempimenti che gravano su famiglie ed imprese; a recuperare progressività; a ridurre il costo del lavoro; a riformare la tassazione del reddito d'impresa, soprattutto nell'ottica di favorire l'innovazione, la capitalizzazione e l'internazionalizzazione; a riformare il catasto e a ridurre le aliquote ICI.
Fra le azioni principali che l'Esecutivo si propone di realizzare nel corso della legislatura, il DPEF annovera, inoltre, la costruzione di un sistema coerente di sostegno dei redditi, con particolare riferimento ai redditi derivanti da rapporti di lavoro discontinui e/o con basse retribuzioni.
In tale contesto il Documento pone l'obiettivo di sostituire le attuali deduzioni da lavoro IRPEF, delle quali non possono usufruire coloro che hanno un reddito inferiore al minimo imponibile, con una detrazione da lavoro di cui possano usufruire come trasferimento monetario coloro che hanno redditi inferiori al minimo (i cosiddetti incapienti).
È prevista altresì l'unificazione degli attuali strumenti di sostegno alle famiglie (assegni al nucleo familiare e deduzioni IRPEF per figli a carico) in un «Assegno per i minori» che fornisca una integrazione di reddito più consistente e che, in funzione della numerosità del nucleo familiare, consenta di aumentare l'efficacia del sostegno senza porre oneri aggiuntivi alla finanza pubblica.
Tali forme di sostegno dei redditi saranno strutturate in modo tale da incentivare il lavoro e l'emersione, senza premiare l'evasione fiscale, e andranno a vantaggio principalmente delle famiglie con redditi medi e bassi e, per questi ultimi, configureranno una prima forma di «imposta negativa», in forma di trasferimento monetario a favore degli incapienti.
Si riserva quindi di formulare una compiuta proposta di parere all'esito del dibattito.

Ermanno VICHI (Ulivo), sottolinea come il DPEF debba essere esaminato con la massima attenzione, in quanto i suoi contenuti, lungi dal ridursi ad un'arida elencazione di dati è cifre, sono destinati ad incidere concretamente sul contesto sociale ed economico del Paese. In tale prospettiva ritiene, pertanto, che il compito fondamentale di tutte le forze politiche in questa sede sia quello di fornire al Governo elementi utili per la definizione di provvedimenti che agiscono efficacemente sullo sviluppo e la crescita economica italiana.
Passando ad alcune considerazioni di merito, rileva come l'origine delle difficoltà economiche del Paese risieda innanzitutto nel progressivo invecchiamento del tessuto sociale, e nell'insufficiente sostegno a favore delle nuove generazioni, auspicando pertanto che il disegno di legge finanziaria compia quelle scelte coraggiose in tema di politica demografica che consentano al Paese di superare la crisi attuale.
Rileva altresì come la scarsa mobilità sociale e la scarsa concorrenza interna producano riflessi negativi sulla complessiva capacità produttiva del sistema economico nazionale, evidenziando come i gravi ritardi nei processi di liberalizzazione, consentano, nonostante gli interventi effettuati in materia di privatizzazione, il perpetuarsi di situazioni di sostanziale monopolio o oligopolio in molti settori, quali ad esempio quello telefonico.
Un ulteriore problematica che occorre affrontare per ridare slancio all'economia del Paese è costituita dalla ridotta dimensione delle imprese e della scarsa propensione alla ricerca del settore industriale nel


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suo complesso. Strettamente connesso con tali temi è quello dell'innovazione produttiva del sistema industriale nazionale, senza la quale ogni innalzamento della capacità di spesa dei ceti medi rischia di tradursi sostanzialmente in un incremento delle importazioni, introducendo un ulteriore squilibrio nel sistema economico.
Condivide pertanto gli obiettivi fondamentali del DPEF di risanare il bilancio dello Stato, rilanciare lo sviluppo economico e la competitività delle imprese, avviare i processi di liberalizzazione, e riequilibrare il carico fiscale dai redditi di lavoro alle rendite non produttive.
A tale proposito ritiene che l'incremento dell'incidenza di tali rendite sulla composizione del reddito complessivo non debba avere una connotazione necessariamente negativa, in quanto costituisce il frutto di una dinamica evolutiva del contesto sociale del Paese di cui occorre tener conto, ma che sia al tempo stesso necessario superare le scelte del precedente Governo, il quale aveva favorito le élites sociali che godono di tali rendite ed aggravato ulteriormente la pressione fiscale sui ceti medi produttivi. Al contrario, considera indispensabile ridefinire l'impostazione di fondo della politica tributaria, al fine di distribuire più equamente il prelievo, favorendo in particolare gli investimenti in ricerca ed i nuclei familiari di nuova formazione.
Sotto quest'ultimo profilo evidenzia come il meccanismo delle detrazioni fiscali prospettato dal DPEF debba essere considerato come una soluzione temporanea, in attesa di realizzare l'obiettivo imprescindibile di innovare strutturalmente la tassazione sulla famiglia e di modificare gli obiettivi della spesa sociale, che dovrebbe privilegiare maggiormente le giovani generazioni rispetto agli anziani, anche valutando l'opportunità di allungare, ove necessario, l'età pensionabile.
Esprime quindi una valutazione positiva sulle linee programmatiche indicate dal DPEF, auspicando che le indicazioni in esso contenute trovino realizzazione nel prossimo disegno di legge finanziaria.

Gian Luca GALLETTI (UDC) sottolinea preliminarmente come il Documento di programmazione economico-finanziaria sia uno strumento superato, rilevando come i dati macroeconomici rilevanti per la predisposizione della manovra finanziaria siano a disposizione della pubblica amministrazione ben prima della presentazione del DPEF stesso, e come, al tempo stesso, il Documento consenta di prevedere la situazione economica e finanziaria del Paese solo in riferimento al primo anno del quinquennio di riferimento, non essendo invece in grado, in mancanza di un modello econometrico specifico, di fornire indicazioni relativi agli anni successivi.
In ragione di tali constatazioni sottolinea il rischio che il dibattito sul DPEF si limiti ad una serie di considerazioni di principio sulle quali, in linea di principio, non si può che convenire, citando a tale proposito il riferimento, contenuto nel Documento in esame, ai principi dell'equità, del rilancio economico e del risanamento, ovvero si trasformi in una serie di polemiche o di sterili argomentazioni retoriche.
Ritiene pertanto indispensabile che le forze politiche di maggioranza e di opposizione affrontino l'esame del DPEF con l'obiettivo di cominciare a delineare i contenuti del disegno di legge finanziaria, riservandosi in tale ottica di fornire nel prosieguo dell'esame il proprio contributo all'individuazione delle misure che considera prioritarie.

Paolo DEL MESE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia l'esame del provvedimento alla seduta di domani.

Legge Comunitaria 2006
C. 1042 Governo
(Parere alla XIV Commissione)
(Esame e conclusione - Parere su emendamenti).

La Commissione inizia l'esame.

Paolo DEL MESE, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai sensi dell'articolo 126-ter del


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regolamento, taluni emendamenti ed articoli aggiuntivi al disegno di legge C. 1042, recante la legge comunitaria 2006, trasmessi dalla XIV Commissione Politiche dell'Unione europea in quanto rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
In merito agli effetti del parere su tali emendamenti ed articoli aggiuntivi, ricorda che quelli sui quali la Commissione esprimesse parere favorevole potrebbero essere respinti dalla XIV Commissione solo per motivi attinenti alla compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.
Per quanto riguarda invece gli emendamenti sui quali la Commissione dovesse esprimere un parere favorevole condizionato, la XIV Commissione dovrà recepire le condizioni indicate nel parere, attraverso opportune riformulazioni, potendo respingerli, anche in questo caso, solo per motivi attinenti alla compatibilità con la normativa comunitaria o per esigenze di coordinamento generale.
La XIV Commissione non potrà invece procedere all'esame gli emendamenti sui quali la Commissione esprimesse parere contrario, ovvero non esprimesse alcun parere.

Giampaolo FOGLIARDI (Ulivo), relatore, illustra il contenuto degli emendamenti ed articoli aggiuntivi trasmessi, rilevando come l'emendamento 1.3 Governo intenda sopprimere dall'allegato A al disegno di legge (contenente l'elenco delle direttive per il cui recepimento non è previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari), la direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l'offerta o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari.
Segnala a tale proposito come l'emendamento recepisca sostanzialmente il contenuto dell'osservazione contenuta nella relazione formulata dalla Commissione Finanze sul provvedimento, circa l'opportunità di coordinare il contenuto del disegno di legge con il dettato della legge n. 262 del 2005, la quale prevede, all'articolo 12, una specifica disposizione di delega per il recepimento della direttiva 2003/71/CE, realizzando in tal modo un opportuno coordinamento tra i due provvedimenti.
L'emendamento 1.28 del Relatore sposta dall'allegato A all'allegato B (nel quale sono indicate le direttive per il cui recepimento è previsto il parere delle Commissioni parlamentari) la direttiva 2005/56/CE, relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali.
L'emendamento 1.30 del Relatore sposta dall'allegato A all'allegato B la direttiva 2005/81/CE, che modifica la direttiva 80/723/CEE, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche, nonché fra determinate imprese.
L'emendamento 1.13 del Relatore intende sopprimere dall'allegato A la direttiva 2005/92/CE, che modifica la direttiva 77/388/CEE, in relazione alla durata di applicazione dell'aliquota normale minima dell'IVA.
La soppressione della direttiva è motivata dal fatto che la sua attuazione non necessita di alcun adattamento dell'ordinamento nazionale, in quanto la misura dell'aliquota IVA normale vigente in Italia risulta già superiore a quella minima prevista dalla direttiva stessa.
L'emendamento 1.23 Governo inserisce nell'allegato B al disegno di legge la direttiva 2006/48/CE, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio, e la direttiva 2006/49/CE, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.
Le direttive di cui si prevede il recepimento realizzano sostanzialmente la rifusione in un nuovo testo della normativa comunitaria vigente in materia, apportandovi talune modifiche di carattere secondario.
L'emendamento 8.1 del Relatore sostituisce l'articolo 8 del disegno di legge, che stabilisce specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2005/14/CE sull'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, prevedendo invece un'integrazione delle legge n. 29 del 2006 (legge comunitaria 2005), che già contemplava il recepimento della predetta direttiva 2005/14/CE, inserendo taluni principi e criteri di delega: in


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tal modo lo strumento per il recepimento della direttiva viene univocamente identificato nella legge comunitaria 2005.
Conseguentemente, la direttiva 2005/14/CE viene espunta dall'allegato B al disegno di legge.
Segnala come l'emendamento corrisponda ad un rilievo contenuto nella relazione formulata dalla Commissione Finanze sul provvedimento, circa il fatto che il recepimento della direttiva 2005/14/CE è già previsto dalla legge comunitaria 2005, realizzando in tal modo un opportuno coordinamento tra i due provvedimenti.
L'emendamento 8.2 Pini integra i principi e criteri di delega previsti dall'articolo 8 per il recepimento della direttiva 2005/14/CE, sull'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, stabilendo che l'ISVAP svolga una funzione di vigilanza sulle attività esercitate dalle compagnie di assicurazione, in particolare segnalando al Parlamento ed al Governo eventuali incrementi delle tariffe assicurative obbligatorie che potrebbero scaturire dall'attuazione della stessa direttiva.
Rileva come l'emendamento sia formalmente incompatibile con l'emendamento 8.1, il quale invece prevede di espungere dal disegno di legge la delega relativa al recepimento della direttiva 2005/14/CE, integrando la delega in materia già contenuta dalla legge comunitaria 2005, salvo che esso non sia riformulato come ulteriore integrazione alla stessa legge comunitaria 2005.
L'emendamento 8.3 Pini intende modificare i principi e criteri di delega previsti dall'articolo 8 per il recepimento della direttiva 2005/14/CE, sull'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, stabilendo che l'importo minimo entro il quale è obbligatoria la copertura assicurativa per i danni alle cose sia fissato indipendentemente dal numero dei mezzi coinvolti, anziché dal numero delle vittime.
Segnala come l'emendamento sia formalmente incompatibile con l'emendamento 8.1, il quale invece prevede di espungere dal disegno di legge la delega relativa al recepimento della direttiva 2005/14/CE, integrando la delega in materia già contenuta dalla legge comunitaria 2005, salvo che esso non sia riformulato come diversa integrazione alla stessa legge comunitaria 2005.
L'emendamento 8.4 Pini intende modificare i principi e criteri di delega previsti dall'articolo 8 per il recepimento della direttiva 2005/14/CE, sull'assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione di autoveicoli, stabilendo che il periodo transitorio ivi previsto sia ridotta da 5 a 2 anni.
Evidenzia come anche in questo caso l'emendamento sia formalmente incompatibile con l'emendamento 8.1, il quale invece prevede di espungere dal disegno di legge la delega relativa al recepimento della direttiva 2005/14/CE, integrando la delega in materia già contenuta dalla legge comunitaria 2005, salvo che esso non sia riformulato come diversa integrazione alla stessa legge comunitaria 2005.
L'articolo aggiuntivo 18.01 Governo apporta talune modifiche all'articolo 29 della legge n. 428 del 1990, recante disposizioni per il rimborso dei tributi riconosciuti incompatibili con norme comunitarie.
In particolare, l'articolo aggiuntivo integra il comma 2 del citato articolo 29, il quale prevede che i diritti doganali all'importazione, le imposte di fabbricazione, le imposte di consumo, il sovrapprezzo dello zucchero e i diritti erariali siano rimborsabili ove riscossi in applicazione di disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie, a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti, stabilendo che i suddetti tributi sono rimborsabili anche nel caso in cui siano stati indebitamente riscossi in applicazione di disposizioni nazionali non rilevanti per l'ordinamento comunitario, e precisando come la circostanza che l'onere dei tributi di cui si chiede il rimborso non sia stato trasferito su altri soggetti non possa essere assunta dagli uffici tributari a mezzo di presunzioni.
Coerentemente, l'articolo aggiuntivo abroga il comma 3 del citato articolo 29, il quale prevede che, quando i tributi di


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cui al comma 1 non rilevino per l'ordinamento comunitario, sia applicabile l'articolo 19 del decreto-legge n. 688 del 1982, convertito dalla legge n. 873 del 1982. Tale disposizione, infatti, pone a carico del contribuente che abbia indebitamente corrisposto diritti doganali all'importazione, imposte di fabbricazione, imposte di consumo o diritti erariali, l'onere di provare documentalmente che il peso economico dell'imposta non sia stato in qualsiasi modo trasferito su altri soggetti.
Segnala come le restrizioni imposte dall'articolo 29 della legge n. 429 del 1990 al rimborso delle imposte non dovute in quanto incompatibili con la normativa comunitaria siano oggetto di una procedura di infrazione avviata dagli organismi comunitari nei confronti dell'Italia, che la modifica proposta dall'articolo aggiuntivo intende appunto superare.
Rileva altresì come le predette modifiche appaiano congruenti con la sentenza della Corte costituzionale n. 332 del 2002, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del comma 1 del citato articolo 19, laddove prevedeva che fosse il soggetto che richiede la ripetizione dell'imposta indebitamente pagata a dover provare la mancata traslazione dell'imposta stessa su altri soggetti.
Propone quindi di esprimere parere favorevole sugli emendamenti 1.3 Governo, 1.28, 1.30 e 1.13 del Relatore, 1.23 Governo e 8.1 del Relatore, nonché sull'articolo aggiuntivo 18.01 Governo; propone inoltre di esprimere parere contrario sugli emendamenti Pini 8.2, 8.3 e 8.4.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 11.30.

ATTI DEL GOVERNO

Martedì 18 luglio 2006. - Presidenza del presidente Paolo DEL MESE.

La seduta comincia alle 11.30.

Proposta di nomina di Vittorio Conti a componente della CONSOB.
Nomina n. 1.
(Seguito esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame, rinviato nella seduta dell'11 luglio 2006.

Franco CECCUZZI (Ulivo), relatore, ricorda di aver già proposto, nel corso della precedente seduta, di esprimere parere favorevole sulla proposta di nomina.

Paolo DEL MESE, presidente, prima di passare alla votazione, dà conto delle sostituzioni. Indìce, quindi, la votazione a scrutinio segreto sulla proposta di parere favorevole.
(Segue la votazione).

Paolo DEL MESE, presidente, comunica il risultato della votazione:
Presenti e votanti 23
Maggioranza 12
Hanno votato 23
Hanno votato no 0

La Commissione approva.

Hanno preso parte alla votazione i deputati: Amendola, Borghesi, Ceccuzzi, Cogodi, Crisci, Del Mese, Fadda (in sostituzione di Sposetti), Fincato, Fluvi, Fogliardi, Froner, Fundarò, Leddi Maiola, Misiani (in sostituzione di Fiano), Mungo, Nannicini, Pertoldi, Siniscalchi (in sostituzione di Giordano) Strizzolo, Tolotti, Turci, Vacca, Vichi.

La seduta termina alle 12.35.

AUDIZIONI INFORMALI

Mercoledì 19 luglio 2006.

Audizione dei rappresentanti dell'Associazione dei depositi fiscali locali disattivati o da disattivare sulle problematiche relative alla ristrutturazione del settore della distribuzione dei tabacchi lavorati.

L'audizione informale è stata svolta dalle 12.35 alle 13.20.