V Commissione - Resoconto di giovedì 20 luglio 2006


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SEDE REFERENTE

Giovedì 20 luglio 2006. - Presidenza del presidente Lino DUILIO. - Interviene il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Mario Lettieri.

La seduta comincia alle 9.10.

Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2007-2011.
Doc. LVII, n. 1.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 118-bis del regolamento, e conclusione).

Lino DUILIO, presidente, avverte che sono pervenuti i pareri delle altre Commissioni.

Francesco PIRO (Ulivo), condividendo l'impostazione del relatore, osserva che il DPEF si presenta come un documento di legislatura, che realizza un raccordo fra il programma elettorale dell'Unione, il mandato ricevuto dagli elettori e l'attuazione concreta delle politiche indicate. Ritiene che, in una situazione economica del Paese caratterizzata da ritardi e squilibri, sia giusto puntare su obiettivi di sviluppo, risanamento equità.
Ritiene che questione centrale sia quella relativo allo sviluppo del Mezzogiorno, che si pone come autentica questione nazionale. Al riguardo, ricorda che i dati forniti da SVIMEZ e quelli acquisiti nel corso delle audizioni preliminari all'esame del DPEF testimoniano l'attualità della questione. Le politiche recenti hanno fra l'altro contribuito ad aumentare le disuguaglianze. Il punto fondamentale è rappresentato in particolare dalla sottoutilizzazione del fattore umano, anche in termini di scarsa formazione professionale. Segnala che dalla lettura dell'allegato infrastrutture al DPEF si può evincere che gli investimenti nel Sud sono ammontati ad una quota minima, mentre l'infrastrutturazione di qualità dovrebbe essere considerata questione centrale per favorire lo sviluppo economico del Mezzogiorno. La stessa collocazione nel Sud nell'area del Mediterraneo dovrebbe favorire lo sviluppo di una logistica integrata dei trasporti, consentendo così lo sviluppo della centralità anche geografica di alcune aree.
Rileva che l'applicazione del cosiddetto cuneo fiscale, ove non tarato sulla base


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delle finalità precisa che si vogliano conseguire, potrebbe provocare ulteriori divari fra il Sud e il resto del Paese. In merito all'utilizzo dei fondi comunitari, rileva che occorre fare attenzione al fatto che gli stessi sono stati considerati e utilizzati in via sostitutiva, e non aggiuntiva, rispetto al finanziamento statale, essendo stati utilizzati talvolta anche per il finanziamento di spese correnti. Sul punto, auspica che l'intervento dello Stato non venga meno, ma accompagni quello comunitario. Nondimeno, rileva che il Sud potrebbe apportare un contributo fondamentale anche alla problematica dell'approvvigionamento energetico del Paese, svolgendo un ruolo fondamentale, nella specie, relativamente alla produzione di energia rinnovabile, che potrebbe essere intesa come fattore di sviluppo tecnologico, in un settore ad alto tasso di innovazione coerentemente con l'esigenza di sostenibilità complessiva.

Gian Luigi PEGOLO (RC-SE) osserva che il DPEF assume tre obiettivi generali condivisibili: risanamento, crescita, equità. Tuttavia il prius è costituito dal risanamento. Ciò rischia di pregiudicare il conseguimento degli altri due obiettivi.
È certamente vero che il Paese evidenzia una scarsa produttività e un consistente debito pubblico che pregiudica le possibilità di sviluppo, ma un'azione mirata alla brusca riduzione del debito non costituisce una soluzione, giacché i benefici rischiano di essere inferiori agli oneri.
Il DPEF invece, con soluzione criticabile, tiene ferma come stella polare l'abbattimento rapido del deficit. La manovra di 35 miliardi di euro per il 2007 risponde a questa logica ma rischia di produrre effetti recessivi.
Ritiene quindi preliminare una ridefinizione dell'entità della manovra, della sua estensione temporale e, più in generale, dei vincoli macroeconomici che si intende porre nel corso dell'intero quinquennio. Ricorda che nell'intervento di ieri del collega Ricci è già stata illustrata la posizione di Rifondazione comunista. Tale posizione si sostanzia nella necessità di ridurre la portata della manovra per il prossimo anno distribuendola almeno nel biennio 2007-2008.
Aggiunge che nel lungo periodo va previsto un piano di rientro del debito lento e graduale, non comprendendo per quale motivo non si possa riaprire un confronto con le autorità dell'Unione europea per ottenere tali condizioni. Il rientro rapido del debito non può costituire un dogma. Ritiene che a questa impostazione di carattere generale deve abbinarsi un intervento coerente sul piano dell'equilibrio fra entrate e uscite.
Nel DPEF, nonostante alcune precisazioni rese recentemente dal presidente Prodi, l'enfasi è posta in particolare sulle spese. Sulle entrate ci si limita a prospettare un intervento rigoroso contro l'evasione e l'elusione fiscale. Questo indirizzo è del tutto condivisibile ma è evidente che si tratta di un intervento difficilmente prevedibile negli effetti, specie nel breve periodo.
Occorre quindi ampliare l'intervento sulle entrate e qui si impone un incremento del prelievo fiscale sulle rendite finanziarie oltre che una modulazione in senso fortemente progressivo di tariffe e imposte.
Ciò che desta più inquietudine, tuttavia, nel DPEF è l'orientamento assunto sul piano della spesa. Coerentemente con l'enfasi che permea il documento sul risanamento, l'intervento di riduzione della spesa costituisce l'asse fondamentale della manovra. Questa impostazione andrebbe rivista in quanto, come è detto, potrebbe causare un effetto recessivo deprimendo la domanda interna e rendendo impossibile un intervento efficace a livello sociale. Occorre quindi rendere più lieve l'intervento sulla spesa riqualificandola, ma senza comprimerla eccessivamente.
In realtà, se si osservano i quattro settori di intervento esplicitamente richiamati nel DPEF (sanità, previdenza, pubblico impiego, enti locali) ritiene difficile ipotizzare una significativa compressione della spesa a meno di non optare consapevolmente per la riduzione dell'offerta


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dei servizi e delle garanzie individuali. Ricorda che la spesa sanitaria del nostro Paese resta al di sotto di quella media europea; che sul piano previdenziale già ora un giovane appena assunto non potrà beneficiare di una pensione adeguata se non ricorrendo alla previdenza integrativa; che per ciò che concerne gli enti locali, i tagli attuati negli ultimi anni già hanno provocato serie difficoltà.
Ne consegue che sul piano della spesa l'esigenza di risanamento economico, che significa lotta a sprechi e inefficienza, non può prescindere dalla necessità di garantire un flusso di risorse che consenta di mantenere gli attuali standard di servizi, ma anche di far fronte ad esigenze inderogabili. A titolo di esempio, ritiene che occorra sulla sanità far fronte agli oneri pregressi, riequilibrare l'offerta di servizi territoriali, non ancora sufficiente, migliorare il servizio, ad esempio con riguardo alle liste d'attesa, intervenire al Sud, come peraltro previsto nel programma dell'Unione.
Sugli enti locali, ritiene che l'assunzione del saldo di bilancio non può esaurire la manovra. Esiste una parte dell'incremento di spesa legata a trasferimento di funzioni e ad un'espansione di servizi, legate a nuovi bisogni sociali, che non può essere compressa. Per questo ritiene ragionevole assumere l'indicazione di scorporare dal saldo alcune voci di spesa, quali quelle per gli investimenti.
La spesa sociale deve essere riqualificata, gli sprechi e le diseconomie eliminati, ma difficilmente essa può essere compressa senza determinare la crescita del disagio sociale.
Se il capitolo dei servizi sociali incide pesantemente sul piano delle strutture dei redditi, occorre tuttavia essere consapevoli che la tenuta dello Stato sociale non risolve il problema dell'enorme squilibrio che si è prodotto in questi anni fra redditi da lavoro, redditi da capitale e rendita.
In particolare, è indubbio che l'inadeguata domanda interna trova spiegazione nell'insufficiente tasso di attività e nel rallentamento della dinamica salariale. Il sostegno di redditi più bassi si pone quindi come esigenza fondamentale. La soluzione trovata a questo problema nel DPEF non è del tutto soddisfacente.
L'intervento sul cuneo fiscale da un lato riduce le entrate e quindi peggiora la situazione finanziaria del Paese, con possibili ricadute negative in temi di compressione della spesa sociale; dall'altro lato, non costituisce, come ha rilevato giustamente l'onorevole La Malfa, una misura diretta ad un chiaro obiettivo.
Pena il peggioramento della situazione dei redditi da lavoro, la destinazione della riduzione del cuneo dovrebbe privilegiare il lavoro dipendente configurandosi come misura «parziale di sostegno» al reddito, così come va previsto il recupero del fiscal drag.
Con riguardo alla questione dello sviluppo, ritiene evidente che la ripresa della domanda interna è un prerequisito essenziale ma non è l'unico. Essenziale è un recupero di produttività e un salto di qualità sul piano dell'innovazione. Nel DPEF vi sono a tale riguardo numerose indicazioni condivisibili, dalla politica a sostegno della crescita dimensionale delle imprese agli interventi a favore della ricerca, al sostegno all'export, alle sinergie da attivare a livello di distretti.
Osserva che vi sono tuttavia alcuni limiti. Non si coglie, infatti, un'indicazione chiara circa la diversificazione produttiva necessaria a ricollocare il Paese nella divisione internazionale del lavoro in una posizione più forte. Il sostegno all'innovazione si rivolge nell'intervento sull'esistente benché sia noto il progressivo indebolimento del Paese sui settori avanzati e la distanza ragguardevole rispetto alle frontiere tecnologiche. Al di là dell'accesso a servizi o all'innesto di logiche cooperative in sede locale, la manovra sembra mirata alla riduzione del costo del lavoro, mediante l'attuazione del cosiddetto cuneo fiscale. Con ciò è dubbio che si dia alle imprese quella spinta che per esempio non hanno ricevuto dall'incremento ottenuto nel corso di questi anni dei profitti. Si può perfino supporre che essa favorisca la pigrizia


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imprenditoriale. Infine le politiche di liberalizzazione e privatizzazione richiamate nel testo del documento, con particolare riferimento ai servizi pubblici locali, quale strumento per promuovere l'apertura del mercato, la crescita della produttività e la riduzione delle tariffe, si prestano a numerose critiche alla luce delle esperienze fatte fino ad ora e non solo per gli scarsi benefici ottenuti dagli utenti, ma anche per l'impoverimento che ne è derivato per il supporto ad un forte intervento pubblico a sostegno del settore industriale.
Questi limiti si riverberano sulle politiche per il Mezzogiorno. Alla luce di tali osservazioni, anche sul piano dello sviluppo ritiene necessario apportare delle correzioni al DPEF, come pure l'esito fallimentare di fonti territoriali e contratti d'area lo sta a dimostrare. Nella specie, ritiene che bisognerebbe puntare su una maggiore selettività dell'intervento a favore delle imprese per alimentare comportamenti virtuosi sollecitando strategie innovative; che occorrerebbe utilizzare le residue risorse pubbliche nei settori produttivi per promuovere la diversificazione produttiva e sostenere una politica di re-industrializzazione; occorrerebbe riqualificare le aziende pubbliche nel campo dei servizi senza procedere a ulteriori privatizzazioni; occorrerebbe utilizzare al meglio le risorse comunitarie per attivare nel Mezzogiorno progetti di sviluppo a tecnologie avanzate facendo di quell'area il punto di riferimento dei Paesi gravitanti sul Mediterraneo.

Maino MARCHI (Ulivo) condivide la relazione dell'onorevole Ventura con riferimento ai tre obiettivi indicati nel DPEF, consistenti nel risanamento, nella crescita e nell'equità. Rileva, in particolare, che è importante coniugare l'obiettivo della crescita con l'obiettivo del risanamento. In particolare, considera positivamente la prudenza impiegata nell'indicare previsioni di crescita contenuta, in quanto previsioni troppo ottimistiche che poi non si avverano possono comportare aspettative negative e generare sfiducia nei mercati.
Ritenendo che la prospettiva di sviluppo possa prodursi sulla base delle misure previste a far dato dal 2007, osserva che per il futuro sarebbero necessarie misure consistenti non solo nel cosiddetto cuneo fiscale, ma anche misure di sostegno, ad esempio, all'innovazione tecnologica. Il cuneo fiscale, infatti, può essere considerato in parte come una svalutazione, ma appare utile sostanzialmente solo nel breve periodo, al fine di favorire la competitività delle imprese; sul lungo periodo, appaiono invece necessarie misure più strutturali anche di sostegno all'innovazione e alla ricerca, in quanto idonee a produrre effetti più stabili e duraturi nel tempo.
Con riguardo alle indicazioni sulla spesa pubblica, condivide la proposta di modificare il patto di stabilità interna, che concede più autonomia agli enti locali. Al riguardo, ritiene che il passaggio al meccanismo dei saldi possa in effetti comportare il rischio di aumento della pressione fiscale, dovendosi considerare tuttavia che tali decisioni sono demandate in definitiva alla prudenza e all'equilibrio delle autonomie locali, nel definire il loro rapporto con i cittadini.
In materia di sanità, ritiene condivisibile l'obiettivo di non ridurre i livelli essenziali di assistenza, dovendosi piuttosto provvedere ad aumentare il livello di efficienza complessivo del sistema. Osserva, al riguardo, come sia importante aumentare la certezza dei flussi di cassa dallo Stato alle regioni, al fine che i centri di spesa possano programmare le prestazioni da erogare ricercandone il livello massimo di appropriatezza.

Marino ZORZATO (FI) rileva che l'esame del DPEF rappresenta un utile momento di confronto dal quale si evince che le posizioni della maggioranza sono molto composite e diverse nell'interpretare le indicazioni dello stesso documento. Al riguardo, osserva che il Ministro dell'economia e delle finanze ha forse volutamente mantenuto piuttosto


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indefinito il contenuto del documento. Ricordando che il precedente Governo ha dovuto affrontare durante la sua azione diverse difficoltà dovute ad eventi di natura anche straordinaria, mentre la situazione attuale è caratterizzata da accenni di ripresa, rileva che lo stesso DPEF afferma che durante la legislatura precedente la spesa sociale è in effetti aumentata, dato questo che smentisce una delle critiche portate al precedente Esecutivo circa i presunti pesanti tagli alla spesa sociale. Anche con riguardo alla spesa per la formazione e la ricerca, il documento fornisce un livello di finanziamento non basso effettuato dal precedente Governo, mentre il DPEF non destina sul punto ulteriori risorse pubbliche. Relativamente alla crescita, prevista nell'1,7 per cento nel 2011, ricordando le osservazioni dell'onorevole La Malfa rileva che una crescita così bassa non potrà fornire risorse per conseguire l'obiettivo pure indicato di equità sociale, per cui è presumibile che si farà luogo solo al risanamento mediante tagli di spesa. Con riguardo al settore della scuola, considerata l'indicazione del rapporto fra insegnanti e studenti come il più alto fra i Paesi dell'Unione europea, appare presumibile un taglio del personale anche se ciò non è scritto espressamente. Quanto alle imprese, si indica che debbano essere destinati aiuti solo a quelle che crescono, non essendo chiaro se alle altre imprese non sarà dato sostegno di sorta. In materia di privatizzazione, rileva che nulla viene indicato nel documento, tranne alcuni cenni alla questione dell'Anas, che dovrebbero mettere in guardia, insieme al blocco della proroga delle concessioni autostradali approvato dal Ministro Di Pietro, dal rischio di costruire un nuovo sistema IRI relativo alla gestione delle autostrade. Con riguardo al cosiddetto cuneo fiscale, osserva che le indicazioni in merito sono contraddittorie, non essendo chiaro, tra l'altro, quanto esso sia selettivo. In conclusione, osserva che l'intervento dell'onorevole Ricci aumenta l'attesa della predisposizione della legge finanziaria, al fine di comprendere la linea prevalsa nell'ambito della maggioranza. Assicura comunque il suo sostegno alle iniziative positive per lo sviluppo che la maggioranza vorrà intraprendere.

Bruno TABACCI (UDC) osserva che la presenza di posizioni diversificate nell'ambito della maggioranza costituisce un problema che caratterizza in generale il sistema politico italiano. Rileva che la caduta della competitività è un fenomeno che abbraccia più cicli elettorali, considerando quindi che essa configura una condizione strutturale dell'economia su cui le politiche pubbliche che si sono susseguite hanno potuto incidere scarsamente.
Osserva che nella relazione dell'onorevole Ventura sono indicate tre aree di intervento, concernenti, rispettivamente, le riforme da attuarsi a costo zero, la riduzione delle spesa pubblica e la problematica della ridefinizione del carico fiscale e di una conseguente equa redistribuzione.
Con riguardo alle riforme, osserva che il passaggio che si è verificato in Italia dallo Stato imprenditore allo Stato privatizzatore non ha in effetti completato il ciclo della riforma strutturale che si sarebbe dovuta effettuare, in quanto lo Stato sarebbe dovuto diventare anche Stato regolatore. Infatti, pesa sulle tasche dei cittadini e delle imprese e, quindi, sulla competitività del Paese, il fatto che i monopoli pubblici si sono trasformati in monopoli privati, facendo aumentare il costo dei servizi forniti alla collettività. Osservando che è questa la sfida centrale che deve caratterizzare l'azione odierna di politica economica, ritiene che il nodo cruciale consista nell'organizzare un sistema di autorità indipendenti che non siano catturabili dalle imprese regolate. Un esempio concreto dei conflitti di interessi esistenti è ben rappresentato dalla situazione dell'Anas, che non si configura solo quale autorità di regolazione del settore, essendo anche concessionaria della gestione di interi tronchi autostradali per la quale opera addirittura in concorrenza


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con le altre imprese del settore. Rileva quindi che l'implementazione del principio di concorrenza in questi settori risulta decisivo ai fini del recupero di competitività del sistema Paese.
Relativamente alla spesa pubblica, rileva che al fine di conseguire un efficace risanamento dei conti occorre incidere strutturalmente su di essa. Con riguardo alla questione fiscale, ricordando l'enorme incidenza dell'economia sommersa, ritiene che il sistema fiscale, onde recuperare il gettito ed evitare meccanismi di evasione e di elusione, debba essere organizzato sull'attuazione del principio del contrasto degli interessi.
Osserva, in conclusione, che l'attuale prevalenza, nella compagine sociale, dell'interesse particolare su quello generale porta ad un blocco complessivo di efficaci politiche pubbliche che vogliano incidere sui vari settori particolari.

Pietro ARMANI (AN) osserva che il DPEF dovrebbe essere collegato più strettamente, dal punto di vista temporale, alla legge finanziaria, in modo da evitare anche la necessità della presentazione della nota di aggiornamento in conseguenza del probabile aggravamento dello scenario internazionale che anche nel recente passato ha portato a rivedere al ribasso le previsioni programmatiche, soprattutto in relazione all'incremento dei prezzi delle risorse energetiche.
Esprime perplessità sulla caratteristica di legislatura del DPEF, che esplica previsioni per i prossimi cinque anni, in quanto le ipotesi elaborate con strumenti econometrici dovranno essere probabilmente già presto modificate a causa della variazione dei prezzi dei fattori presi a riferimento.
In ordine alla previsione di una bassa crescita, osserva che il vero problema dell'economia consiste ormai nell'esistenza di un ingente debito pubblico, a cui si aggiunge la struttura bloccata dell'economia ricordata dall'onorevole Tabacci che non consente al Paese di crescere più di tanto. Auspica anche, ai fini della crescita, un ricambio generazionale, considerato che la denatalità del Paese non ne favorisce una crescita strutturale.
Con riferimento alla riduzione del debito pubblico segnala la necessità di un'operazione di ingegneria finanziaria del tipo prospettato da alcuni autorevoli studiosi, mirante a collocare sul mercato l'attivo patrimoniale attualmente in mano, per la maggior parte, a enti locali e regioni. Nella specie, i beni posseduti da tali enti potrebbero ben confluire in una specie di fondo comune di investimento le cui quote potrebbero essere collocate sul mercato, utilizzando i relativi introiti per cancellare una parte consistente del debito pubblico, destinandoli al previsto Fondo di ammortamento.

Antonio MISIANI (Ulivo) osserva che il DPEF giustamente mette in evidenza che nel periodo 2000-2005 vi è stato un problema strutturale di sviluppo del Paese, mentre all'estero si è verificata comunque una crescita, sia pur contenuta. In relazione alla modestia degli obiettivi programmatici relativi alla crescita, ricordando che il precedente Governo soleva invece partire da previsioni di crescita elevate che poi puntualmente non trovavano riscontro nell'immediato futuro, preferisce un approccio prudente che può portare a ricostruire un clima di fiducia tra le istituzioni cittadine.
In relazione alle misure tese a favorire la crescita, la previsione del cosiddetto cuneo fiscale serve in effetti a dare una prima scossa all'economia, dovendosi poi comunque provvedere ad implementare misure di carattere strutturale. In ordine al previsto risanamento, condivide l'obiettivo di ridurre il debito pubblico, che si configura sempre più come un macigno che schiaccia e soffoca l'economia. Con riguardo alle politiche relative alla pressione fiscale, ritiene difficile una riduzione drastica, dovendosi tarare la politica in materia in un'ottica, piuttosto, di stabilizzazione e redistribuzione del carico fiscale. In definitiva, considera che il DPEF di quest'anno è un documento di cui vanno apprezzati i caratteri di realismo e


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le ambizioni di riformismo che appaiono coerenti con il programma elettorale dell'Unione.

Adriano MUSI (Ulivo), con riferimento alla questione sollevata dall'onorevole Zorzato, ritiene che il DPEF serve se fissa obiettivi e indica chiaramente la direzione che si vuole intraprendere. Se si deve discutere di politica economica, occorre affrontare i vari temi in una logica di contesto, come ha fatto l'onorevole Tabacci le cui osservazioni coincidono con il sentire comune di cittadini. In particolare, sulla lotta all'evasione fiscale occorre individuare strumenti e politiche idonee a permettere all'amministrazione finanziaria di conseguire risultati concreti, ad esempio consentendo di detrarre le spese sostenute in modo da provocare un conflitto di interesse. I cittadini devono trovare nel DPEF indicazioni chiare e la trasparenza e l'affidabilità dei numeri: per questo occorre evitare luoghi comuni infondati, come avviene quando si parla di spese per il pubblico impiego in cui sono incluse anche le spese per le missioni militari che negli scorsi anni sono aumentate.
Occorre evitare di alimentare, anche per la insufficiente conoscenza dei dati, la disaffezione dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Occorre leggere nei dati: perché la spesa pensionistica e quella sanitaria sono aumentate? Si devono aiutare i cittadini a capire perché li si chiama a sostenere sacrifici e recuperare l'interesse generale. Questo è l'approccio da adottare nell'esame del DPEF come occasione di confronto generale che indichi indirizzi e dica ai cittadini la verità, allo stesso tempo dando loro fiducia nel futuro. Si tratta di uscire dalla secca nella quale il paese si è infilato, per cui gli egoismi contano molto di più della solidarietà.

Alberto GIORGETTI (AN) rileva che il dibattito è stato di alto livello e preannuncia la presentazione di una relazione di minoranza dell'opposizione, nella quale confluiranno tutti gli elementi critici emersi nel dibattito. È ovvio che gli obiettivi della crescita, del rigore e dell'equità sono condivisi. Il problema è che l'analisi sugli andamenti tendenziali dei conti pubblici appaiono assai discutibili: basti pensare alla denuncia di una presunta drammaticità dello stato dei conti pubblici che poi si è dimostrata del tutto infondata al punto che lo stesso ministro dell'economia ha dovuto riconoscere che le misure messe in campo con l'ultima finanziaria andavano valutate positivamente.
Il DPEF è carente nell'analisi e generico nella individuazione degli obiettivi sulla crescita. Gli obiettivi indicati sono davvero poco ambiziosi: forse è vero che in passato si è peccato di un eccesso di ottimismo ma qui si prospetta una lunga fase di stagnazione. Si prospetta una consistente manovra correttiva ma non si chiarisce in che misura si ricorrerà alla leva delle maggiori entrate. Nell'intervento dell'onorevole Tabacci è stato giustamente posto l'accento sulla necessità di tutelare i cittadini in quanto consumatori; cosa vuole fare il Governo in proposito?
Nel DPEF vengono enunciati interventi generici, forse attribuibili alle forti differenze esistenti all'interno della maggioranza. Il tema da affrontare è quello della selettività degli interventi sia ai fini dello sviluppo sia relativamente al risanamento. Questo criterio dovrebbe ispirare anche il tema delle finanza locale mentre il ritorno alla logica dei saldi non sembra muoversi in questa direzione.
Le carenze e le debolezze che contraddistinguono il DPEF sotto questo profilo saranno puntualmente denunciate nella relazione di minoranza.

Lino DUILIO, presidente, esprime il proprio compiacimento per la qualità del dibattito svolto. Rileva che sono emersi numerosi spunti interessanti; a titolo di esempio, auspica che possa aprirsi un confronto sul prodotto interno lordo, sulle


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sue determinanti e sul suo significato quale variabile sintetica che ispira la più generale politica economica del Governo, soprattutto in relazione a quanto esso sia un dato programmabile in un contesto, quale quello attuale, di economia globalizzata.

Il sottosegretario Mario LETTIERI, ringraziando per gli interventi i componenti della Commissione, assicura che il Governo presta grande attenzione ai lavori del Parlamento. Osserva che in una situazione economica preoccupante, occorre una scossa e una rivoluzione culturale che si può già rintracciare nel decreto n. 223 del 2006, le cui misure mettono al centro dell'attenzione le esigenze del cittadino-consumatore, aumentando la concorrenza nei settori considerati. Si riserva una più puntuale risposta in occasione della discussione del documento in Assemblea.

Michele VENTURA (Ulivo), relatore, replicando, ringrazia tutti i colleghi intervenuti nel dibattito, ricordando comunque che nel periodo fino alla presentazione del disegno di legge finanziaria si potranno approfondire ulteriori punti rilevanti. Osserva che le indicate diverse sensibilità presenti nell'attuale maggioranza, lungi dal rappresentare un dato polemico, erano presenti anche nella precedente maggioranza, a testimonianza che la diversità di posizioni rispecchia le diversità strutturali presenti nella stessa società.
Sottolinea poi che il risanamento non è un'invenzione di questo Governo, ma una necessità ineludibile. Il precedente esecutivo aveva definito con le autorità comunitarie un accordo, impegnandosi per il rientro: l'attuale esecutivo ha ereditato gli impegni assunti per cui occorre essere coerenti. Tra l'altro, non si tratta solo di adempiere agli impegni assunti nei confronti delle istituzioni comunitarie, ma anche nei confronti dei mercati e delle agenzie di rating. Il risanamento è una questione di serietà che dovrebbe accomunare tutti.
Viene rimproverata un eccesso di prudenza sulla crescita, ma il tentativo è quello di procedere con cautela e realismo. Si domanda se abbia un senso una polemica su ottimismo e pessimismo: se si imbocca la strada del risanamento e si consolida una crescita duratura si ottiene un risultato certamente ambizioso e importante. Ammette che sul Mezzogiorno il DPEF non è pienamente soddisfacente: su questo tema occorre trovare qualche risposta in più anche dal punto di vista di meccanismi di incentivazione aggiuntivi rispetto a quello, che riguarderebbe l'intero paese, costituito dal cuneo fiscale. Così come ritiene che la risoluzione di maggioranza dovrà occuparsi, come sollecitato dall'onorevole Crosetto, del turismo, su cui il nostro paese sta arretrando rispetto a Spagna e Francia. L'onorevole Tabacci ha affrontato molti temi. Rileva, in particolare, che in materia di servizi pubblici locali occorre evitare posizioni ideologiche e luoghi comuni, tenendo conto dei dati oggettivi su efficienza e produttività.

Alberto GIORGETTI (AN) annunzia che i gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC, Lega Nord Padania e Misto, per quanto concerne l'onorevole La Malfa, lo hanno designato congiuntamente quale relatore di minoranza sul documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011.

Lino DUILIO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria relativo alla manovra di finanza pubblica 2007-2011. Pone quindi in votazione la proposta di conferire al relatore il mandato a riferire favorevolmente all'Assemblea sul documento medesimo sulla base delle indicazioni e delle motivazioni illustrate dal relatore.


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La Commissione approva.

La seduta termina alle 12.10.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'anno finanziario 2005.
C. 1253.

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006.
C. 1254.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo concernente disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.
Atto n. 12.