VII Commissione - Mercoledì 26 luglio 2006


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ALLEGATO 1

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005. C. 1253 Governo.

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione,
esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge relativo al rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2005,
sottolineata l'esigenza di determinare, con una netta inversione di tendenza, le condizioni organizzative ed economiche per consentire il migliore funzionamento dei due Ministeri derivanti dal Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca, garantendo operatività anche agli uffici di diretta dipendenza dal Ministro;
rilevata la necessità di assicurare compiuta efficacia ai processi di sviluppo dell'istruzione, della formazione e della ricerca per realizzare la auspicata, riconosciuta centralità di essi nella politica nazionale;
ritenuto che al raggiungimento delle finalità sopra citate un notevole contributo debba derivare anche dall'azione del Ministero per i beni e le attività culturali, in considerazione del ruolo che tale Ministero svolge nella difesa, nel potenziamento e nello sviluppo della identità culturale e civile del Paese:

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE.


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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2006. C. 1254 Governo. Tabella 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (limitatamente alle parti di competenza). Tabella 7: Stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tabella 14: Stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali.

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione,
esaminato il disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2005, con riferimento alla Tabella n. 2: stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, limitatamente alle parti di competenza, alla Tabella n. 7: stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e alla Tabella n. 14: stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali,
sottolineata l'esigenza di determinare, con una netta inversione di tendenza, le condizioni organizzative ed economiche per consentire il migliore funzionamento dei due Ministeri derivanti dal Ministero per l'istruzione, l'università e la ricerca, garantendo operatività anche agli uffici di diretta dipendenza dal Ministro;
rilevata la necessità di assicurare compiuta efficacia ai processi di sviluppo dell'istruzione, della formazione e della ricerca per realizzare la auspicata, riconosciuta centralità di essi nella politica nazionale;
ritenuto che al raggiungimento delle finalità sopra citate un notevole contributo debba derivare anche dall'azione del Ministero per i beni e le attività culturali, in considerazione del ruolo che tale Ministero svolge nella difesa, nel potenziamento e nello sviluppo della identità culturale e civile del Paese:

DELIBERA DI RIFERIRE FAVOREVOLMENTE.


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ALLEGATO 3

5-00127 Aprea: Disapplicazione norme relative alla riforma del primo ciclo di istruzione.

TESTO DELLA RISPOSTA

Confermo che in data 17 luglio 2006 è stata sottoscritta dall'ARAN e da tutte le Organizzazioni Sindacali rappresentative - dalla GILDA allo SNALS e ai Confederali, che hanno espresso nel merito unanime consenso - la sequenza contrattuale ai sensi dell'articolo 43 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto «Scuola» del 24 luglio 2003.
L'ipotesi di accordo è attualmente sottoposta al parere del Presidente del Consiglio dei Ministri , tramite il Ministro per la Funzione Pubblica (ora Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione), previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 47 del Decreto Legislativo n. 165 del 30 marzo 2001.
Preciso che l'Associazione nazionale dei presidi non ha firmato l'accordo in quanto non è parte della sequenza contrattuale, che concerne il contratto del personale docente ed amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA).
Passo ora ai punti oggetto dell'interrogazione.
In primo luogo, per quanto riguarda lo strumento giuridico impiegato, ricordo che l'articolo 43 del vigente C.C.N.L. del comparto «Scuola», siglato il 24 luglio 2003, prevede che la disciplina del contratto «è suscettibile delle modifiche che in via pattizia si renderanno necessarie in relazione all'entrata in vigore della legge n. 53 del 2003 e delle connesse disposizioni attuative».
La sequenza contrattuale in argomento ha richiamato, all'articolo 1, il disposto dell'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 il quale stabilisce che «eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o categorie di essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in senso contrario».
Tale ultima condizione non si riscontra peraltro nella legge 53 e, quindi, è confermato il principio di derogabilità che costituisce, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del richiamato decreto legislativo n. 165 del 2001, «principio fondamentale ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione».
Qualora il legislatore intenda definire come inderogabili disposizioni in materia di lavoro potrà sempre per il futuro applicare la clausola suddetta.
Va tuttavia sottolineato che, al di là, degli aspetti giuridici, appare opportuno ripristinare un metodo di concertazione preventiva per normative che concernono l'organizzazione del lavoro.
Questo non significa che il Governo non debba assumere le proprie scelte, anche in eventuale contrasto con le posizioni delle Organizzazioni Sindacali, ma sottolinea l'opportunità che prima di tali scelte si acquisiscano tutti gli elementi utili per operare queste scelte con il massimo consenso possibile.
Con riguardo, poi, alla funzione tutoriale, l'articolo 2 della sequenza disapplica l'articolo 7, commi 5, 6 e 7 e l'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 59 del 2004 che disciplinano l'istituzione, l'orario di lavoro e l'organizzazione didattica della


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figura tutoriale nella scuola primaria e nella scuola secondaria di primo grado.
La scelta tecnica di disapplicare gli interi commi e non parti di essi è giustificata dalla difficoltà di lettura di disposizioni aventi una loro coerenza logica e sistematica.
Per la parte della disciplina relativa all'organizzazione della attività educativa e didattica e all'assegnazione dei docenti alle classi, in realtà i commi in esame non fanno che riferirsi genericamente a più puntuali e coerenti disposizioni previste dal Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, approvato con decreto legislativo n. 297 del 1994 (quale ad esempio l'articolo 396), dell'articolo 26 del C.C.N.L. del comparto scuola nonché dalla normativa che disciplina i compiti dei dirigenti scolastici (articolo 25 del decreto legislativo n. 165 del 2001).
La scelta adottata in sede di accordo ARAN è finalizzata a conferire una più razionale organizzazione alla funzione tutoriale. Infatti, i compiti connessi alla figura del tutor vengono «spalmati» su tutti i docenti, facendone una funzione che fa capo a ciascuno di essi nell'ambito dei vigenti istituti e obblighi contrattuali.
In tal modo, tra l'altro, si evita la soluzione, molto contestata nelle scuole, di individuare un docente con maggior carico orario nei primi tre anni delle scuole primarie, in violazione del principio di pari responsabilità di tutti i componenti del team didattico.
A tale riguardo, appaiono discutibili le critiche di una delle Associazioni dei genitori circa una presunta minore attenzione alle famiglie e agli alunni, scaturenti dalla disapplicazione della figura del tutor.
Numerose pregresse esperienze legislative e contrattuali (le «funzioni obiettivo», le «funzioni strumentali», le «carte dei servizi») hanno in realtà dimostrato che qualunque processo di innovazione imposto dall'alto, senza un processo di condivisione da parte dei docenti, produce nelle scuole resistenze o adempimenti meramente burocratici e formali, che non migliorano affatto la qualità del processo di insegnamento-apprendimento, riducendosi spesso a risposte meramente cartacee.
Bisogna puntare, invece, anche attraverso la sensibilizzazione e la formazione dei docenti e la collaborazione delle associazioni dei genitori, a ricostruire un clima di responsabilizzazione condivisa rispetto alle funzioni dell'orientamento, dell'assistenza all'alunno, del rapporto con i genitori, della documentazione dei percorsi didattici, funzioni che devono necessariamente coinvolgere tutti indistintamente i docenti, ciascuno per la propria disciplina e come componente del team educativo.
La centralità dell'alunno non si realizza contro i docenti ma insieme ad essi, evitando le conflittualità interne alle scuole che sono scaturite dalla rottura della collegialità dei team didattici.
Diverso è ovviamente il discorso sull'opportunità di promuovere funzioni di coordinamento e di organizzazione del lavoro che le scuole saranno invitate ad incentivare, secondo le modalità che verranno decise da ciascun istituto, nell'ambito della propria autonomia didattica, di ricerca e organizzativa.
Quanto al ripristino della mobilità annuale del personale docente, viene allo stato disapplicato l'obbligo previsto dall'articolo 8, comma 3, e dall'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo n. 59 del 2004, che prevedono la permanenza dei docenti nella sede di titolarità almeno per il tempo corrispondente al periodo didattico.
Premesso che la materia della mobilità è una tipica materia contrattuale - in mancanza di norme legislative inderogabili - e che essa è espressamente prevista dal vigente C.C.N.L. del comparto scuola, va detto che anche negli anni scorsi tale disposizione si è rilevata tecnicamente impraticabile, a prescindere dalla stessa esigenza di ricercare il consenso delle Organizzazioni Sindacali.
La permanenza dei docenti per un ciclo di studi andrebbe infatti correlata al contestuale superamento e alla stabilizzazione del «precariato» e alla definizione di un organico stabile e funzionale per la corrispondente


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durata del ciclo didattico; allo stato, le nomine si rinnovano ogni anno con docenti spesso diversi. Non si può infatti accettare che la continuità didattica non valga anche in caso di riduzione dell'organico e di conseguente soprannumerarietà del docente che non ha completato il ciclo didattico.
L'azione che il Governo si propone è proprio quella di stabilizzare il precariato, eliminare le cause strutturali che lo determinano e creare un organico funzionale flessibile. In questo contesto si potranno affrontare anche i problemi della stabilizzazione dell'organico e della permanenza dei docenti per ciascun ciclo didattico.
In merito ai contratti di prestazione d'opera, la scelta operata in sede di accordo rientra anch'essa nella logica di superamento del precariato.
Preliminarmente va precisato che tali contratti sono previsti dal regolamento dell'autonomia approvato con decreto legislativo n. 275 del 1999 e si riferiscono ad insegnamenti aggiuntivi, espressione di qualificate professionalità esterne. Questi contratti sono in realtà già vigenti nel nostro ordinamento, secondo la disciplina dell'articolo 40 del Decreto Ministeriale n. 44/2001 (regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche), che affida la regolamentazione dell'istituto giuridico all'autonomia degli organi delle singole istituzioni scolastiche, nell'ambito delle risorse finanziarie possedute dalle stesse. I contratti di prestazione d'opera trovano del resto da tempo attuazione soprattutto negli istituti di istruzione secondaria superiore.
L'istituto giuridico, nella parte abrogata, costituiva in realtà un ibrido giuridico in base al quale venivano imputate a risorse finanziarie delle scuole - peraltro di norma insufficienti per pagare stipendi per un anno - prestazioni didattiche obbligatorie per gli alunni che esercitano l'opzione, costituenti cioè a tutti gli effetti ore curricolari.
L'applicazione del medesimo istituto giuridico avrebbe in concreto determinato una forte conflittualità in quanto veniva a mascherare in realtà un rapporto di lavoro dipendente, organicamente inserito, anche ai fini delle valutazioni, nel curricolo obbligatorio degli alunni. Pertanto, l'applicazione di detto istituto avrebbe determinato una surrettizia forma di ulteriore nuovo precariato che il Governo è intenzionato a ridurre e progressivamente ad eliminare.
E tutto ciò senza aver concordato criteri trasparenti per la scelta dei docenti e in mancanza della preventiva definizione dei titoli per lo svolgimento di tali attività didattiche, che avrebbero dovuto essere definiti con decreto interministeriale (articolo 7, comma 4 e articolo 10, comma 4 del decreto legislativo n. 59 del 2004.
Per quanto riguarda infine gli anticipi nella scuola d'infanzia, l'accordo ha disapplicato tale istituto, in quanto allo stato non sussistono i presupposti richiesti dalla stessa legge n. 53 del 2003. Manca, infatti, la definizione delle figure professionali necessarie (docenti?, ATA?, assistenti dell'infanzia del Comune?), la pur prevista specifica disciplina degli organici (meno alunni nelle classi con anticipatari?) e, soprattutto, il quadro degli accordi con la Conferenza Stato-Regioni per assicurare tutte le condizioni a regime per la disciplina contrattuale a livello nazionale di eventuali figure professionali statali.
Resta intesa la possibilità di accordi locali per sperimentazioni da effettuare in presenza di tutte le condizioni previste dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 59 del 2004, nonché dalla circolare ministeriale attutiva n. 29 del marzo 2004, tra le quali va verificata in particolare la disponibilità di personale adeguatamente preparato a carico degli Enti Locali, oltre la disponibilità di adeguati locali e connessi servizi (mensa, scuolabus, e così via).
In estrema sintesi la sequenza contrattuale punta a ristabilire un clima di serenità nelle scuole e di confronto con le Organizzazioni Sindacali proprio per avviare quei processi «dal basso» che, puntando sull'autonomia delle scuole e sulla professionalità degli operatori, sono capaci di modificare in profondità gli atteggiamenti ed i comportamenti.


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ALLEGATO 4

5-00071 Iannuzzi: Completamento del polo universitario di Salerno.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione all'atto di sindacato ispettivo proposto dall'Onorevole Iannuzzi debbo prima di tutto precisare che il decreto con il quale si determina annualmente il numero dei posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea in medicina e chirurgia viene predisposto ai sensi della legge recante norme in materia di accessi ai corsi universitari 2 agosto 1999, n. 264 che prevede, tra l'altro, che detta determinazione sia effettuata, sentiti i Ministri interessati, sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo.
Ai fini pertanto della concertazione prevista dalla legge è stato istituito un tavolo tecnico di cui fanno parte oltre il Ministero della salute, i rappresentanti della Conferenza per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome, del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, dell'osservatorio delle professioni sanitarie, della commissione degli iscritti all'albo dei medici chirurghi, nonché il Presidente della conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia. Il tavolo tecnico ha dibattuto e condiviso i criteri, proposti dal Ministero, per la programmazione dei posti per l'ammissione ai corsi di laurea in medicina e chirurgia. In particolare il rappresentante del Ministero della salute e quello della commissione degli iscritti all'albo dei medici chirurghi hanno sottolineato l'esigenza che la programmazione fosse definita a livello nazionale con una contrazione rispetto al passato e il Presidente della conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia ha ribadito la necessità che non si verificassero aumenti rispetto all'anno accademico 2005-2006, pur in presenza dell'attivazione di due nuove facoltà presso le università del Molise e di Salerno. Il Tavolo tecnico ha inoltre proceduto all'esame delle schede, nelle quali ogni Ateneo ha indicato i propri parametri di riferimento per la programmazione previsti dalla citata legge 264/1999. Detti parametri per l'Università di Salerno sono risultati carenti sia in relazione al personale docente utilizzabile, che risulta essere di ruolo esclusivamente in altre Facoltà, sia in relazione alle strutture scientifiche di supporto per attività pratiche e di tirocinio.
Il Comitato nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario ha condiviso i criteri espressi dal Tavolo tecnico confermando in 50 il numero dei posti disponibili nelle nuove Facoltà di medicina del Molise e di Salerno.
Da quanto sopra emerge che il Ministero ha operato, in ossequio alla normativa vigente, sulla base di criteri oggettivi unanimemente condivisi da tutte le componenti del settore e che la riduzione effettuata rispetto alla richiesta dell'Ateneo di Salerno risulta coerente con detti criteri.
Va comunque sottolineato positivamente il fatto che finalmente la città di Salerno e la sua università avranno un corso di laurea in medicina e chirurgia; ora, occorrerà seguire con attenzione la nuova esperienza, verificare l'offerta didattica e le esigenze degli studenti, monitorare le richieste di iscrizione per poter successivamente avviare un percorso di


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valutazione delle realtà del nuovo corso di laurea e verificare attentamente tutte le possibilità di sviluppo.
Il Ministero ha assunto l'impegno di riprendere i lavori del Tavolo nel prossimo mese di ottobre per iniziare a predisporre strumenti atti a consentire che la valutazione dell'offerta potenziale formativa degli Atenei avvenga sulla base di più approfonditi indicatori e pervenire alla programmazione del prossimo anno accademico sin dai primi mesi dell'anno 2007.


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ALLEGATO 5

Risoluzione n. 7-00017 De Simone ed altri: Interventi a favore dei docenti precari, in relazione al buon funzionamento della scuola.

TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione,
tenuto conto innanzitutto delle indicazioni emerse nel corso delle audizioni informali di rappresentanti delle associazioni di insegnanti precari svolte dalla Commissione cultura nella seduta del 15 giugno 2006;
premesso che:
il precariato nella scuola ha ormai raggiunto livelli insostenibili che, in assenza di radicali interventi correttivi, sarebbero destinati a crescere ulteriormente, con gravissimo danno sia per i diritti di decine di migliaia di precari, sia per la stessa funzionalità del sistema scolastico pubblico;
le dimensioni del fenomeno hanno conosciuto una crescita esponenziale nella passata legislatura a causa del blocco, totale o parziale del turn over e della politica di tagli indiscriminati agli organici del personale portata avanti dal precedente Governo;
il numero di immissioni in ruolo programmato dal precedente Governo è del tutto insufficiente a garantire le ordinarie esigenze di funzionamento delle istituzioni scolastiche ed è, ancora una volta, di gran lunga inferiore al numero di posti e cattedre resi liberi dai pensionamenti, sia per il prossimo anno scolastico, sia a maggior ragione per quelli successivi, nei quali è previsto l'avvio del pensionamento di una intera generazione di docenti;
nella passata legislatura è stata definita - per la prima volta con una legge invece che con un atto amministrativo - una tabella di valutazione dei titoli per la compilazione delle graduatorie permanenti, attualmente in vigore, dalle quali si attinge per il 50 per cento delle immissioni in ruolo e per il conferimento delle supplenze;
le modifiche introdotte rispetto alle norme fino allora vigenti, limitandosi a elencare quelli che hanno prodotto conseguenze più pesanti, hanno riguardato:
1) l'eliminazione del criterio dei nuovi inserimenti in uno scaglione successivo all'ultimo, sostituito da quello dell'inserimento «a pettine»;
2) il raddoppio del punteggio per i servizio prestato nelle scuole «di montagna», degli istituti penitenziari e delle piccole isole;
3) l'equiparazione del servizio prestato nelle scuole paritarie private a quello delle scuole statali, in modo retroattivo, sia ai fini del punteggio, sia a fine del possesso dei requisiti di servizio, con la conseguente abolizione della quarta fascia (accorpata con la terza);
4) la valutazione di master e corsi di perfezionamento, cumulabili fino a raggiungere ben 30 punti, dando il via a un mercato di titoli non sempre qualificanti ma con un peso economico notevole per i precari, costretti a conseguirli per non essere scavalcati da altri colleghi;
il risultato di tali interventi è stato un radicale sconvolgimento delle graduatorie che ha reso incerte le aspettative e i diritti di decine e decine di migliaia di docenti precari che per anni, in condizioni


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di minori tutele salariali e contrattuali, avevano consentito al sistema scolastico di far fronte alle proprie necessità;
considerato inoltre che:
il ricorso massiccio al lavoro precario nella scuola, sia per i docenti che per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA), risponde ad una logica di risparmio che, alla luce di un'attenta analisi dei valori economici in gioco, in ragione del costo nettamente inferiore del personale neo immesso in ruolo che prenderebbe il posto del personale che va in pensione e dopo aver raggiunto i livelli più alti della scala retributiva, si dimostra falsa ed illusoria nei suoi presupposti;
occorre invertire questa tendenza puntando decisamente al superamento del precariato e alla stabilità degli organici quale premessa per lo sviluppo qualitativo del sistema scolastico pubblico, partendo dal principio che le assunzioni fatte sulla base delle attuali graduatorie permanenti sono viziate da profonde ingiustizie e da sostanziali illegittimità e che ciò non può essere riprodotto;
occorre altresì, in previsione delle operazioni di conferimento delle supplenze per il prossimo anno scolastico, dare una risposta chiara e concreta al vasto e complesso mondo dei precari sugli indirizzi che il Governo intende seguire per risolvere i problemi evidenziati in premessa,

impegna il Governo:

a) ad incrementare significativamente e progressivamente il numero di immissioni in ruolo previsto, tenendo conto dei massicci pensionamenti già in atto;
b) a predisporre un piano straordinario di assunzioni in considerazione dei posti vacanti, e disponibili nell'arco di un triennio, intervenendo anche sui criteri di definizione degli organici in relazione alle reali esigenze di funzionamento delle scuole;
c) ad adottare le necessarie iniziative idonee per il prossimo anno scolastico, e in ossequio ai tempi tecnici necessari a predisporre una soluzione legislativa, a valere dalle graduatorie dell'anno scolastico 2007-2008, affinché sia abrogata la lettera h), con particolare riferimento al raddoppio del punteggio di montagna, del punto B.3 della tabella di valutazione dei titoli, allegata alla legge 143/04, nonché sia eliminata la possibilità di valutare master, corsi di perfezionamento e di specializzazione o, almeno, nei limiti fortemente il numero;
d) a predisporre, in particolare con la massima urgenza, un provvedimento che delegifichi la suddetta tabella di valutazione e ne riconduca la definizione ad un atto amministrativo in modo tale che, fermo quanto indicato al punto C, siano fissati i riferimenti generali, assumendo il principio che deve essere fortemente valorizzato il servizio prestato sullo specifico insegnamento per il quale si concorre.
(8-00005)
«De Simone, Sasso, Rusconi, Folena, Poletti, Costantini, Li Causi, Ghizzoni, Benzoni, Guadagno detto Vladimir Luxuria, Martella, Tranfaglia, De Biasi».