Commissioni Riunite III e IV - Resoconto di giovedì 14 settembre 2006

TESTO AGGIORNATO AL 25 SETTEMBRE 2006


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SEDE REFERENTE

Giovedì 14 settembre 2006. - Presidenza del presidente della III Commissione Umberto RANIERI. - Intervengono il viceministro degli affari esteri Ugo Intini e il sottosegretario di Stato per la difesa, Giovanni Lorenzo Forcieri.

La seduta comincia alle 13.05.

DL 253/06: Partecipazione italiana alla missione in Libano.
C. 1608 Governo.
(Seguito dell'esame e conclusione).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 13 settembre scorso.

Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI), propone che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche mediante l'attivazione d'impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Umberto RANIERI, presidente, non essendovi obiezioni, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante l'attivazione d'impianti audiovisivi a circuito chiuso. Avverte quindi che nella presente seduta si procederà allo svolgimento delle dichiarazioni di voto preliminari al conferimento del mandato ai relatori a riferire favorevolmente all'Assemblea ed alla necessaria votazione.

Salvatore CICU (FI), nel sottolineare il lavoro impegnativo che le Commissioni hanno dovuto svolgere a causa dei dubbi sulla missione militare italiana in Libano, ritiene non adeguata alla situazione attuale l'enfasi sproporzionata e fuorviante, usata dal Governo, nel descrivere il ruolo essenziale che l'Italia avrebbe avuto nel cambiamento di ruolo delle Nazioni Unite. Ritiene che si debba invece affermare con pari enfasi la continuità dell'Italia nella attività di cooperazione internazionale e nell'azione di contrasto contro il terrorismo. Colpisce che in occasione dell'anniversario dell'11 settembre al qaeda abbia ribadito le proprie minacce a ogni forza di pace intenzionata a portare stabilità nell'area. Per questa ragione occorre che la politica torni ad essere protagonista nella soluzione della crisi mediorientale; ciò è però possibile soltanto se le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite saranno davvero formulate in modo adeguato a risolvere le crisi. Al momento vi sono numerosi elementi da chiarire: si


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pretende che il governo libanese riesca davvero nell'intento di disarmare hezbollah; non è chiaro come il governo italiano intenda affrontare il problema con l'Iran, la Siria e la situazione dello stesso popolo palestinese. Sicuramente non si può pensare che le Nazioni Unite possano svolgere il proprio compito in antagonismo con Israele, così come non è accettabile che il ministro D'Alema abbia dimostrato simpatie per una sola delle parti in conflitto. Su tutto ciò si deve fare chiarezza.
Rileva che in questa fase del dibattito parlamentare il gruppo di Forza Italia conserva tutti i propri interrogativi, ai quali il Governo non ha forse potuto né voluto dare risposta, a differenza di quanto puntualmente ha provveduto a fare il Governo di centrodestra in occasione di ogni richiesta dell'allora opposizione. A questo punto non occorre ricorrere ad ulteriori strumenti per cercare una nuova legittimità, in quanto tutte le missioni svolte dall'Italia sono state di pace e la conferma di tale dato di fatto è il chiaro riconoscimento da parte della comunità internazionale. A suo avviso, si deve mantenere aperto il dialogo in particolare con quelle forze che si sono dimostrate capaci di ascolto. Per tale motivo apprezza il riferimento operato dal relatore per la III Commissione alla necessità di non indulgere a toni enfatici, considerato che mancano certezze su molti aspetti. È evidente che i nostri militari stanno per affrontare una situazione di rischio. Afferma di non condividere il mutamento di linea manifestato dai movimenti pacifisti che fanno capo alla iniziativa di Assisi e che hanno espresso pieno appoggio alla missione militare in Libano in virtù del richiamo al principio agostiniano di «pace giusta». La pace, che non può essere giusta o sbagliata, richiede presupposti che non possono essere raggiunti riflettendo le contraddizioni della politica interna nella politica estera. È evidente che l'attuale governo è ricorso ad espedienti per ricomporsi al suo interno in assenza di una idea unitaria di politica estera. A tal riguardo ricorda che il gruppo di Forza Italia non ha tuttavia cessato di garantire il proprio appoggio alla missione pur sottolineando taluni dubbi. Sulla questione delle regole d'ingaggio, pur comprendendo l'esigenza di mantenere riservatezza, ritiene che soltanto regole «robuste», come correttamente definite dal ministro Parisi, possono consentire risultati positivi per il Libano. Si deve riconoscere che la missione in questo Paese presenta aspetti di pericolosità pari a quelli delle precedenti missioni in Iraq e Afghanistan e non si possono coprire i fatti sostenendo che il governo libanese riuscirà da solo a realizzare l'obiettivo del disarmo o che Israele accetterà di mantenere il proprio esercito entro i suoi confini.
Infine, non concorda con la fretta usata dall'attuale Presidente del Consiglio nel dare risposte alla comunità internazionale, laddove sarebbe stato più opportuno dimostrare il valore del nostro Paese in un'azione responsabile e seria nei confronti delle parti in conflitto.
Alla luce di tali considerazioni, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla deliberazione relativa al conferimento del mandato ai relatori, rinviando alle successive fasi del dibattito eventuali richieste di approfondimento.

Giacomo MANCINI (RosanelPugno) annuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla deliberazione relativa al conferimento del mandato ai relatori. Osserva che il cessate-il-fuoco tra Israele e Libano non sarebbe stato possibile senza l'azione politico-diplomatica dell'Italia, che ha preso parte ad un processo che ha portato all'adozione della risoluzione n. 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Tale esito segue all'adozione di una nuova strategia globale che ha al centro il metodo multilaterale. Ciò ha consentito all'Unione europea di divenire più forte e coesa e alla comunità internazionale di elaborare scelte più condivise. In questo passaggio l'Italia ha avuto un ruolo nel marcare la discontinuità rispetto al precedente governo. Desta meraviglia la condotta dell'opposizione che, dopo il voto unanime del 18 agosto scorso, ha manifestato continui cambiamenti di linea. È


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dunque significativo l'appello lanciato dal Presidente della Repubblica al Parlamento per un voto unanime.
Tuttavia il giusto compiacimento per i risultati raggiunti non può nascondere i rischi oggettivi della missione. È opportuno che il Governo rifletta in modo approfondito anche alla luce della storia di luci e ombre che ha segnato la missione UNIFIL: è un fatto che le milizie di hezbollah si siano rafforzate malgrado la presenza dei caschi blu e con il sostegno da parte dell'Iran e della Siria e che UNIFIL abbia svolto un'inefficace azione preventiva e sia stata a volte indulgente. Occorre poter prevedere se tale situazione muterà soprattutto in occasione del trasferimento all'Italia del comando della missione. Alla luce del sostegno che il popolo libanese assicura ad hezbollah ma anche dell'accoglienza che esso ha riservato al nostro contingente, è necessario affrontare le eventuali conseguenze di un mutamento di approccio nei confronti delle milizie, come pure di un eventuale inasprimento dei rapporti tra gli Stati Uniti e l'Iran. Si tratta di interrogativi politici e non militari ai quali il Governo deve lavorare in collaborazione con la comunità internazionale. Ribadisce pertanto la fiducia al Governo italiano nella consapevolezza che il ritrovato protagonismo in politica estera non sarà limitato a questa fase.

Carmelo BRIGUGLIO (AN) rileva che permangono le questioni non affrontate dal Governo italiano, come il nazionalismo negazionista dell'Iran, il ruolo ambiguo della Siria ed il disarmo di hezbollah. Osserva che l'alterazione dei rapporti tra maggioranza e opposizione dopo il voto di agosto è correlato ad una doppiezza registrata in seno alla maggioranza: da una parte si è manifestata la necessità di un largo consenso parlamentare ad una missione militare «per la pace» e non «di pace», secondo la definizione del Ministro Parisi, e dall'altra parte si è preteso di marcare la discontinuità della politica estera italiana rispetto al governo precedente a soli fini di coesione interna della maggioranza. A tal proposito ritiene che i gruppi della sinistra pacifista e radicale dovrebbero riflettere se sussista discontinuità tra la missione in Kosovo e quella in Iraq, entrambe non coperte dall'avallo delle Nazioni Unite. In questa fase ritiene prioritario per tutte le forze politiche l'appello lanciato dal Presidente della Repubblica per un appoggio unitario del Parlamento ai soldati italiani. È, quindi, doveroso offrire al Governo un'apertura di credito, alla luce della sussistenza delle condizioni politiche utili a sbloccare il dibattito tra la maggioranza e l'opposizione.
Conferma la necessità di considerare che tutte le missioni militari italiane, pur nella diversità dei tempi e dei contesti, sono state di pace e che i militari italiani hanno sempre dimostrato un alto senso del dovere nello svolgimento di compiti di tipo umanitario e di ricostruzione. Ritiene che la missione in Libano, come quella in Iraq, sia pienamente conforme al dettato costituzionale sia da un punto di vista sostanziale che formale, nell'auspicare una maggiore coesione politica in occasione del dibattito sul provvedimento presso l'Assemblea, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla deliberazione per il conferimento del mandato ai relatori.

Alessandro FORLANI (UDC) ritiene che, nonostante i rischi che essa comporta, non si possa disconoscere il significativo carattere politico e umanitario della missione in Libano, che segna il ritorno al multilateralismo e ad una posizione di primo piano dell'Europa sullo scenario internazionale. Riguardo alla partecipazione dell'Italia alla missione, osserva come il problema non sia quello di dare lustro alla nazione attraverso questa partecipazione, anche se, la maggioranza di Governo, soprattutto la sinistra radicale, in alcuni casi ha presentato con una certa «civetteria» le iniziative assunte dall'Italia in ambito internazionale. A prescindere da questi argomenti polemici, va considerato che senza l'avvio della presente missione il territorio libanese sarebbe divenuto del tutto ingovernabile, con inevitabili ripercussioni


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negative anche sulla Palestina, la cui situazione è strettamente legata a quella del Libano. In proposito, ricorda che il risultato immediato della risoluzione n. 1701 è stato il cessate il fuoco e che in futuro essa potrebbe realizzare anche l'obiettivo del disarmo degli hezbollah che, a suo avviso, rappresenta l'incognita maggiore della missione. Non partecipare alla missione in Libano, in sostanza, avrebbe il significato di rinnegare le tradizioni di politica estera del nostro Paese, che è sempre stato artefice di una strategia tendente ad attribuire un ruolo fondamentale alla comunità internazionale nella risoluzione dei conflitti.
Per quanto riguarda il capitolo delle regole di ingaggio, auspica che il riserbo del Governo non sottenda all'esistenza di regole di ingaggio inadeguate. Quello delle regole di ingaggio è tuttavia un problema che riguarda non soltanto l'Italia, ma l'intera comunità internazionale e il ruolo che quest'ultima intende attribuire alle Nazioni Unite nella risoluzione dei conflitti.
Osserva tuttavia che le possibilità del riacutizzarsi del conflitto possano essere attenuate solo in presenza di una forte iniziativa politica. In questa prospettiva considera pertanto di buon auspicio il recente accordo per la costituzione di un Governo di unità nazionale in Palestina. Per queste ragioni preannuncia, anche a nome del suo gruppo, il voto favorevole sul provvedimento in discussione.

Angelo PICANO (Pop-Udeur), nel preannunciare anche a nome del suo gruppo il voto favorevole sul decreto-legge in esame, sottolinea come la missione in Libano si inserisca nell'ambito di uno scenario internazionale delineato da una risoluzione delle Nazioni Unite, alla cui attuazione contribuisce con un ruolo di primo piano l'Europa. L'Italia non può quindi sottrarsi alle sue responsabilità, che le derivano innanzitutto dalla sua posizione geografica nell'ambito del Mediterraneo e che ne fanno uno dei principali interessati alla stabilizzazione del Medio Oriente, le cui popolazioni stanno dando segni incoraggianti di una evoluzione democratica che appare tuttavia foriera di instabilità. Condivide pertanto pienamente la posizione assunta dall'Italia, che ha dato il suo sostegno convinto alla missione in Libano.

Roberto MARONI (LNP) preannuncia l'astensione del suo gruppo sulla deliberazione di conferire il mandato ai relatori a riferire favorevolmente all'Assemblea. Ritiene, infatti, che permanga la stessa situazione che sussisteva il 18 agosto scorso in ordine alla mancanza di risposte da parte del Governo agli interrogativi posti all'opposizione. Nel concordare pienamente con i deputati Cicu e Briguglio, considera la possibilità che il suo gruppo esprima un voto contrario sul provvedimento nelle successive fasi dell'esame presso l'Assemblea se non saranno forniti adeguati chiarimenti dal Governo sulle regole di ingaggio, sul ruolo dei militari italiani nei confronti di hezbollah, sulla catena di comando e sugli aspetti di copertura finanziaria. Precisa, infine, che il voto di astensione intende non far mancare ai militari italiani il sostegno anche da parte del suo gruppo e al contempo marcare l'apprezzamento per il nuovo ruolo svolto in questa fase dalle Nazioni Unite.

Ramon MANTOVANI (RC-SE), considerato che la guerra unilaterale adottata dalla coalizione dei volenterosi ha aggravato il livello di tensione nell'area mediorientale, con tutte le conseguenze negative che ne sono derivate, ritiene che anche chi reputava tale strategia una strategia per la pace dovrebbe onestamente riconoscere che essa è ormai fallita. Oggi la strategia della guerra unilaterale è stata invece invertita, in quanto vi è una comunità internazionale, le Nazioni Unite, legittimata ad intervenire, che, grazie alla collaborazione di alcuni Paesi, e fra questi l'Italia, assume una iniziativa volta alla soluzione di un rilevante conflitto. In questo scenario, quindi, ravvisa una netta discontinuità rispetto al passato sia nella politica internazionale sia nella politica italiana. Si tratta di una discontinuità non


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solo rispetto alla missione in Iraq, ma anche rispetto a quelle missioni degli anni novanta la cui direzione, a differenza di quanto accade per la missione UNIFIL, non era assunta direttamente dalle Nazioni Unite, ma da altre organizzazioni internazionali. Ritiene tuttavia che la missione non sia scevra da rischi, non a causa di un eventuale mancato rispetto degli impegni assunti da Israele o dal Libano, che reputa una ipotesi del tutto irrealistica, ma a causa della possibile azione di organizzazioni terroristiche che hanno interesse a fomentare il conflitto per rilanciare lo scontro tra civiltà. In proposito, ritiene che al qaeda stia lanciando proclami contro la missione UNIFIL proprio perché è consapevole che quest'ultima, riscuotendo il consenso delle popolazioni locali, determina il suo isolamento dalle masse musulmane. Infine, osserva che, di fronte ad una nuova missione internazionale, ogni partito dovrebbe assumere una posizione precisa rispetto al contenuto della missione stessa senza eludere il problema, mescolando impropriamente il ruolo delle forze armate con l'iniziativa politica che ha originato le missioni a cui esse partecipano. Il ruolo delle forze armate infatti, a suo avviso, non ha nulla a che vedere con la discontinuità della missione in Libano rispetto alle precedenti, anche se non ha difficoltà a riconoscere di avere apprezzato in passato alcuni interventi di politica estera del precedente Governo, come la linea «trattativista» sostenuta da Berlusconi in occasione del rapimento di una cittadina italiana in Iraq o come nel caso di alcune iniziative assunte dall'allora Ministro degli Affari esteri, Fini. Ciò nonostante, ritiene indiscutibile che una discontinuità rispetto al passato vi sia e che essa non possa essere negata confondendo le singole missioni con il ruolo delle Forze armate. Quindi, nel preannunciare il voto favorevole del suo gruppo sul presente provvedimento, dichiara fin d'ora una netta contrarietà ad eventuali atti di indirizzo al Governo rivolti ad affermare una pretesa continuità di politica estera dell'Italia o a confondere il ruolo delle Forze armate con gli indirizzi di politica estera sottesi alle precedenti missioni.

Sergio MATTARELLA (Ulivo) osserva che l'importanza della missione in Libano è evidenziata dall'unanime consenso manifestato da tutta la comunità internazionale. L'unica contrarietà è quella di al qaeda, le cui affermazioni rappresentano un elemento ulteriore in favore della missione. Il fatto che tutte le parti in causa, tutti i Paesi dell'Unione Europea, gli stessi Stati Uniti e la Cina hanno garantito alla missione il proprio consenso dovrebbe bastare ad ottenere una piena approvazione da parte di tutte le forze politiche italiane. Senza usare toni polemici, non ritiene quindi condivisibili le considerazioni del deputato Cicu sulla fretta della reazione del Governo italiano alla crisi libanese. Lo stesso Peres, in visita in Italia, ha riconosciuto che senza l'impegno del nostro Paese la missione UNIFIL non sarebbe stata possibile: il Governo italiano ha prima di altri colto la gravità della situazione e assunto le proprie responsabilità in modo da vincere le timidezze altrui. Occorrerebbe, invece, domandarsi che cosa sarebbe accaduto se l'Italia e la comunità internazionale non avessero agito in tal modo.
Condivide il fermo apprezzamento nei confronti delle Forze armate italiane, che si sono rivelate sempre pronte a svolgere il proprio compito con profondo senso delle istituzioni. Spetta tuttavia al Governo e alla politica richiedere questo intervento solo in presenza di ragioni miranti alla pace. In questo caso sussiste l'interesse a tutelare tutti i popoli dell'area mediorientale, a far riprendere un dialogo che possa portare la pace in un'area di massima tensione e a consolidare l'impegno europeo. Sussistono dunque ragioni politiche lucide e chiare che motivano la decisione di partecipare alla missione UNIFIL, come non sempre si è verificato in passato soprattutto per la missione in Iraq. Tale lucidità politica unisce la maggioranza e determina l'apprezzamento per il consenso assicurato alla missione in Libano da una larga parte dell'opposizione. Tale


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consenso sostiene le forze armate e comporta il doveroso riconoscimento della compattezza della maggioranza parlamentare e di governo. Si tratta, a suo avviso, di un'occasione troppo importante per far prevalere polemiche interne, che possono compromettere il pieno sostegno ai militari italiani.

Tana DE ZULUETA (Verdi), nel rinviare a quanto già dichiarato in precedenti sedute in ordine alla condivisione da parte del suo gruppo del provvedimento in esame, ritiene di puntualizzare taluni aspetti di tipo politico. Il Governo italiano, le Nazioni Unite e altri governi hanno definitivamente chiarito gli aspetti militari della missione. Il contesto è incoraggiante per il futuro di una politica europea di sicurezza e di difesa comune; in questo senso lo scenario libanese può rappresentare un utile esperimento di collaborazione sul campo. Ritiene significativo che il provvedimento consideri l'azione militare quale una sorta di appendice dell'azione politica. L'evoluzione del quadro politico libanese di questi giorni e le tensioni tra le forze politiche di quel Paese dimostrano l'importanza del mantenimento di un attivismo politico dell'Italia e dell'Unione europea per scongiurare negative conseguenze sulla sicurezza. È auspicabile che il governo italiano sappia fare fronte alla sfida che consiste nel mantenimento del dialogo con il Libano. A suo avviso sussistono le premesse affinché ciò avvenga. Ritiene altresì che sia necessario rispondere alla richiesta da parte dell'Iran di prendere parte alla discussione sulla sicurezza di quell'area. Tale richiesta rappresenta, a suo giudizio, il volano più promettente in quanto consentirebbe all'Iran di mettere in comune con i paesi confinanti le sue esigenze di sicurezza. Alla luce di tali considerazioni ritiene assai apprezzabile la recente iniziativa del deputato Casini, in qualità di presidente della UIP, in Medio Oriente. Nel preannunciare la sua imminente visita in quella regione nel quadro delle attività dell'Assemblea parlamentare euromediterranea, sottolinea l'importanza del dialogo con tutti i soggetti e con l'opinione pubblica dell'area che ha guardato con preoccupazione al disastro in Libano non solo umanitario ma anche a quello ambientale. A tal proposito, nel ringraziare il Governo per gli elementi forniti su tale questione, segnala che l'Italia è già a lavoro per il recupero ambientale delle coste libanesi.
Auspica, quindi, che il Parlamento possa rappresentare il proprio largo consenso sulla missione in Libano senza confusioni davanti all'opinione pubblica e soprattutto nei confronti dei soldati italiani, che hanno bisogno di questo sostegno. Al riguardo, il dibattito in Assemblea potrà costituire un'occasione per fare emergere tale consenso in modo non problematico. Questo non può, tuttavia, comportare la negazione delle differenze tra le forze politiche italiane anche rispetto al passato; è innegabile che il centrosinistra si sia contraddistinto per avere sempre posto il multilateralismo al centro del suo programma politico. La portata del fallimento dell'unilateralismo può essere adeguatamente riassunta nelle parole del nuovo arcivescovo di Baghdad, che ha affermato che in Iraq il dopoguerra fa più paura della guerra.
In conclusione segnala che sui mezzi di informazione israeliani ricorre in questi giorni l'auspicio che la missione UNIFIL possa avere successo, al fine di valutare l'adozione di un analogo strumento per la soluzione della situazione dei Territori occupati.

Iacopo VENIER (Com.It), ricordando quanto già rilevato in precedenti sedute, sottolinea che è oggi evidente il fallimento della strategia della guerra preventiva di Bush e l'inizio di una nuova fase. La missione di pace in Libano è una missione «terza» rispetto alle parti del conflitto e si caratterizza per essere stata richiesta espressamente sia da Israele sia dal governo del Libano, cui partecipa anche hezbollah; tale missione persegue l'obiettivo pacifico della ricostruzione del Paese e della sicurezza di Israele in un quadro di legittimità internazionale. Osserva che la presenza cinese nella missione UNIFIL


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conferma la partecipazione della comunità internazionale in un'iniziativa che antepone l'azione politica alla guerra.
Ritiene che la missione in Libano, che è pienamente conforme al programma del centrosinistra, attiri numerosi paesi, mentre nessuno sarebbe oggi più disponibile all'invio di ulteriori truppe in Afghanistan. Segnala che il suo gruppo intende impegnarsi in futuro per ottenere il ritiro del contingente italiano anche dalla missione in Afghanistan, in quanto fondata su un errato impianto politico. Rileva inoltre che la missione in Libano è volta a difendere la popolazione civile da tutti gli attacchi che possano provenire sia dall'esercito israeliano che dai terroristi di al qaeda.
Per quanto riguarda il confronto politico di questi giorni, ritiene evidente che il centrodestra sia in affanno sul tipo di orientamento da esprimere. Per il suo gruppo il provvedimento è chiaro negli obiettivi e non può essere turbato dai tentativi esperiti dall'opposizione di trasformare il senso della missione di pace o di fissare una continuità con il precedente governo.

Leoluca ORLANDO (IdV) ritiene che la missione militare in Libano sia una missione di pace per la pace e che in ciò si differenzi da missioni autorizzate in passato, come ad esempio quella in Iraq, che sono state missioni di guerra per la pace. Nella realizzazione della missione in Libano, che segna la fine del multilateralismo, l'Italia ha svolto un ruolo di primo piano. Ciò non toglie che la missione non sia priva di rischi soprattutto per il contesto internazionale in cui si svolge e per la vicinanza ad altre aree di tensione come ad esempio la Palestina. Nel condividere comunque gli obiettivi della missione, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sul provvedimento in esame.

Gerardo BIANCO (Ulivo), nel concordare pienamente con la posizione espressa in precedenza dal deputato Mattarella, plaude al consenso manifestato sul decreto-legge in esame da una parte dell'opposizione. Al tempo stesso, stigmatizza la posizione di astensione assunta dalla Lega, che, a suo avviso, si segnala, anche in questa occasione, per la sua linea «autonomista». Riguardo alla questione di continuità o discontinuità della missione in Libano rispetto alle precedenti, che giudica una questione «di lana caprina», ritiene utile ricordare che la missione in Libano autorizzata nel 1982, come risulta con chiarezza dagli atti parlamentari, aveva obiettivi coincidenti con quelli dell'attuale missione, ossia il rafforzamento del governo libanese e la creazione di condizioni per un'intesa tra le parti in conflitto. Nel rammentare altresì che in quella occasione i partiti assunsero opportunamente una posizione unitaria, ritiene che una identica decisione dovrebbe essere responsabilmente assunta dalle attuali parti politiche. A suo avviso, l'errore compiuto dal centrodestra sta nel fatto di voler equiparare la missione in Libano a precedenti missioni e, in particolare, a quella irachena, cercando in tal modo di giustificare una scelta sbagliata compiuta in passato, che viene oggi messa in discussione dagli stessi consiglieri del Presidente Bush.
Per tutte queste ragioni preannuncia il suo voto favorevole sul decreto-legge.

Le Commissioni deliberano quindi di conferire ai relatori il mandato di riferire favorevolmente all'Assemblea sul disegno di legge. Le Commissioni deliberano altresì di richiedere che i relatori siano autorizzati a riferire oralmente.

Umberto RANIERI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei Nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 14.35.