VIII Commissione - Mercoledì 20 settembre 2006


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ALLEGATO 1

5-00147 Lomaglio: Bonifica ambientale del polo petrolchimico dell'area di Augusta-Priolo-Melilli.

TESTO DELLA RISPOSTA

In relazione all'atto di sindacato ispettivo n. 5-00147 dell'onorevole Lomaglio ed altri, riguardante l'omessa bonifica dei fondali inquinati nel Porto di Augusta-Priolo-Melilli, provocati dal polo petrolchimico insediato nell'area nei primi anni 50 del novecento, nel quale atto gli onorevoli interroganti, nel ritenere drastiche e inadeguate le misure adottate dal Ministero per la bonifica dei fondali inquinati della predetta area, chiedono al Ministro se sia allo studio l'adozione di ulteriori misure, atte anche a scongiurare un inutile blocco del traffico portuale e delle attività del polo petrolchimico che si verrebbe a determinare a seguito degli interventi attualmente previsti. Viene infine richiesto se il Ministro intenda istituire tavoli locali e nazionali di discussione e concertazione tra diversi soggetti, pubblici e privati, a prescindere dalle Conferenze di servizi convocate ai sensi dell'articolo 14 della legge 241/90.
Si premette che la rada di Augusta rientra nel sito di bonifica di interesse nazionale di Priolo di cui all'articolo 1, comma 4, della legge n. 426 del 1998, perimetrato e ampliato con decreti del 10 gennaio 2000 e del 10 marzo 2006. Detto sito comprende complessivamente aree a terra per 5.815 ettari e aree a mare per circa 10.000 ettari.
All'interno del perimetro del sito, come è noto, sono presenti nella parte a terra:
un polo industriale costituito da grandi insediamenti produttivi, prevalentemente raffinerie, stabilimenti petrolchimici, centrali di produzione di energia elettrica e cementerie;
i porti di Augusta e Siracusa;
numerose discariche di rifiuti anche pericolosi;
lo stabilimento ex Eternit di Siracusa (dove si producevano manufatti in cemento-amianto);
la Penisola Magnisi;
le aree umide (Saline di Priolo e Augusta).

L'area marina comprende:
il Porto Grande e il Porto Piccolo di Siracusa;
l'area marina compresa tra il Porto Piccolo di Siracusa e la Penisola Magnisi;
l'area marina compresa tra la Penisola Magnisi e la rada di Augusta;
la rada di Augusta.

Le principali criticità emerse nel sito sono riconducibili ad inquinamento da petrolio, inquinamento termico, eutrofizzazione, contaminazione dei sedimenti da metalli pesanti, idrocarburi e solventi clorurati nella Rada di Augusta; presenza di numerosi impianti industriali chimici e petrolchimici, raffinerie, nonché un impianto di depurazione (Industria Acque Siracusana - IAS) per lo smaltimento delle acque reflue industriali e civili lungo il litorale di Priolo, con particolare riferimento al tratto di costa compreso tra la


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Rada di Augusta e Marina di Melilli, a sud della Penisola Magnisi. Ciò ha inevitabilmente comportato un apporto continuo e prolungato nel tempo di inquinanti verso mare, sia attraverso la falda idrica che attraverso i numerosi scarichi. Tutto ciò si va a sommare ad eclatanti episodi di inquinamento ed emergenza ambientale relativi alla non corretta gestione dei rifiuti ed allo stoccaggio dei prodotti petroliferi.
Nella valutazione generale sulla qualità ambientale dell'area una particolare attenzione va, inoltre, rivolta all'arenile posto nel settore settentrionale della Baia di S. Panagia, a ridosso della Penisola Magnisi, che risulta essere utilizzato per attività balneare.
Nelle aree a terra sono stati intrapresi numerosi interventi. Il Commissario delegato, Presidente della Regione Siciliana, ha avviato le attività di messa in sicurezza di emergenza, di caratterizzazione e di bonifica in diverse discariche segnalate dai Comuni di Siracusa, Priolo, Melilli e Augusta. Si sono attivati interventi di caratterizzazione nei campi sportivi San Focà ed ex Feudo nel Comune di Priolo e il campo sportivo di Augusta che risultano interessati dalla presenza di un sottofondo costituito da ceneri di pirite.
I risultati della caratterizzazione ambientale preliminare eseguita sui campi sportivi e l'analisi di rischio effettuata hanno evidenziato la necessità di adottare immediate misure di messa in sicurezza di emergenza.
Nelle aree a mare di Siracusa sono in corso attività di caratterizzazione e si stanno redigendo progetti di intervento. Nell'area marina compresa tra Siracusa e la rada di Augusta sono in corso interventi di rimozione dei rifiuti scaricati in acqua dallo stabilimento Eternit. Sono altresì in corso interventi di messa in sicurezza di emergenza che interessano la Penisola Magnisi.
Con particolare riferimento alla rada di Augusta oggetto dell'interrogazione parlamentare, si rileva che tale rada è un'ampia baia naturale che copre un'estensione di circa 23,5 Kmq, con una profondità massima di 14,9 m, che è stata in passato parzialmente chiusa da dighe foranee che hanno creato un vastissimo bacino portuale comunicante con il mare aperto attraverso due strette aperture. I dati ad oggi disponibili sui sedimenti, per un numero complessivo di 1123 campioni effettuati dal Commissario per l'emergenza rifiuti, hanno evidenziato una grave contaminazione dovuta principalmente al mercurio (Hg), agli idrocarburi pesanti (C>12) e, secondariamente, all'esaclorobenzene (HCB), alle diossine e furani, ai policlorobifenili (PCB) e ad alcuni metalli pesanti. Il maggior grado e la maggiore estensione della contaminazione sono stati riscontrati nel primo metro di spessore, al di sotto del quale la contaminazione si rinviene in aree più circoscritte:
nell'area sud si concentra nei fondali prospicienti il Vallone della Neve (tra il Pontile Liquidi ed il Pontile Superpetroliere) ed in quelli compresi tra il pontile Marina Militare e il Pontile Esterno;
nell'area nord, persiste invece un hot spot tra i due pontili Esso fino a 2 m di profondità e nelle aree della Marina Militare (quella a nord della Darsena Nuova e quella delle Navi Dismesse).

Per tutte queste sostanze sono stati riscontrati superamenti non solo dei valori di intervento proposti da ICRAM, che di fatto rappresentano i limiti per i sedimenti di aree fortemente antropizzate nel sito di bonifica di Priolo, ma anche di quelli imposti dalla vigente normativa in materia di bonifiche per i suoli a destinazione commerciale-industriale.
La pericolosità legata all'elevato livello d'inquinamento riscontrato in tali sedimenti è reso ancora più critico dai processi di movimentazione e di risospensione dei sedimenti contaminati dovuti alle quotidiane operazioni di ingresso ed evoluzione delle navi ai pontili. Tali operazioni determinano, infatti, vistose torbide che danno origine a fenomeni di dispersione dell'inquinamento, rendendo maggiormente biodisponibili le sostanze tossiche presenti nell'area marina.


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Nel dicembre 2005, nel corso di una campagna di monitoraggio preliminare della colonna d'acqua, che dovrà essere completato nel corso di una nuova campagna, l'ICRAM ha osservato un'elevata risospensione dei sedimenti dovuta sia all'azione delle correnti generate dalle eliche delle navi, sia dalle eliche dei rimorchiatori in fase di avvicendamento e manovra.
I fenomeni appena descritti concorrono, quindi, a rendere gli inquinanti rinvenuti nei sedimenti ancora più «biodisponibili», ovvero particolarmente «metabolizzabili» dal biota, cioè dall'insieme della vita vegetale e animale di una certa regione o area che entra in contatto con essa. Ciò è dimostrato in tutta evidenza dalle concentrazioni relative al mercurio rilevate a livello epatico nei pesci e nei mitili.
Il rischio sanitario per l'ingestione di prodotti ittici contenenti mercurio varia in funzione della quantità di pesce consumato e delle concentrazioni presenti nei tessuti delle specie ittiche. Inoltre il mercurio non è ugualmente ed indiscriminatamente tossico, poiché è noto che, ad esempio, tale elemento, potente neurotossico, qualora ingerito dalle donne in gravidanza, provoca maggiori danni ai tessuti cerebrali del feto rispetto a quelli materni. Infatti il mercurio causa ai nascituri danni irreversibili in quanto, attraversando la barriera ematoencefalica e la placenta, si accumula a livelli significativi nei tessuti del feto.
Se, pertanto, si tiene conto delle concentrazioni determinate nei mitili, nelle triglie e nei saraghi pescati nella rada di Augusta, appare evidente il rischio che può interessare le donne in gravidanza, anche se solo saltuariamente si sono alimentate con il pescato locale.
Per quanto attiene, poi, gli idrocarburi, si ricorda che, secondo quanto sostenuto dalla Commissione europea, se la concentrazione è uguale o superiore allo 0,1 per cento (1000 ppm), la sostanza deve essere classificata come rifiuto pericoloso. Attese le concentrazioni di idrocarburi riscontrate nei sedimenti della rada di Augusta, la formazione delle torbide disperde nell'ambiente rifiuti pericolosi con livelli di inquinamento superiori anche di un ordine di grandezza al limite fissato per classificarli come rifiuti pericolosi.
Al fine di superare tale situazione di grave rischio per la salute, con particolare riferimento ad alcune fasce della popolazione, e per l'ambiente marino, le società resesi responsabili dell'inquinamento, ai sensi della normativa vigente in materia di bonifica dei siti inquinati, avrebbero dovuto assumere una serie di iniziative per la messa in sicurezza di emergenza e caratterizzazione delle aree della rada di Augusta. In assenza di proposte, le misure sono state individuate dallo Stato nell'ambito delle Conferenze di servizi decisorie del luglio e del settembre 2005. Per risolvere definitivamente il problema inquinamento, l'ICRAM è stato incaricato di predisporre il progetto preliminare di bonifica dei fondali della rada.
Proprio in virtù del carattere di immediatezza e di importanza che le misure di messa in sicurezza di emergenza rivestono, sia per gli aspetti collegati alla tutela ambientale (protezione di terreni, falde acquifere, ecosistemi, eccetera) sia per quanto attiene alla protezione e alla tutela della salute pubblica (rischio di contatto con sostanze tossiche e nocive, inalazioni di vapori, pericolo d'incendio ed esplosioni, inquinamento di pozzi idropotabili, irrigui, eccetera) esse non possono essere rinviate sine die, ma devono essere prontamente individuate e realizzate nell'immediato dai responsabili dell'inquinamento.
Le predette Conferenze di servizio hanno, pertanto, stabilito che i titolari delle aree in concessione demaniale all'interno della rada e i titolari di aree a terra con presenza di contaminanti identici a quelli presenti nei sedimenti dovevano provvedere alla rimozione dei sedimenti con più elevato inquinamento, mentre i titolari dei pontili dovevano caratterizzare i sedimenti interessati dalle loro attività.
In particolare la Conferenza di servizi decisoria del luglio 2005 ha deliberato di richiedere ai soggetti interessati l'immediata


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attuazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza dei sedimenti nelle due aree prioritarie, sino a quel momento caratterizzate, e ai soggetti titolari di concessioni demaniali nella rada di eseguire, entro 60 giorni dalla data di ricevimento del verbale della Conferenza, la caratterizzazione delle aree di propria competenza.
La Conferenza ha, poi, deliberato di prendere atto dell'intervento di messa in sicurezza di emergenza proposto per l'area pubblica di competenza della Marina Militare all'interno delle «aree prioritarie», consistente nella rimozione dei sedimenti contaminati con concentrazioni superiori al 90 per cento della Colonna B, Allegato 1, decreto n. 471/99.
Per quanto attiene, invece, gli interventi di messa in sicurezza di emergenza e caratterizzazione delle aree contermini i pontili che avrebbero dovuto effettuare i soggetti titolari di concessioni demaniali nella rada, la Conferenza, in assenza di documentazione al riguardo, deliberava di chiedere:
a) alle Aziende titolari di concessioni demaniali all'interno della rada di procedere, entro 30 giorni dalla ricezione del verbale della Conferenza, all'attuazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza;
b) al Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e tutela delle acque della Regione Sicilia:
di attivare i poteri sostitutivi in danno del soggetto inadempiente qualora entro tale termine le Aziende non provvedano ad eseguire gli interventi suddetti;
di farsi carico della messa in sicurezza di emergenza anche dei sedimenti dell'area a mare circostante il pontile consortile, peraltro prospiciente il pontile della Marina Militare del cui progetto costituirà una integrazione;
di estendere la caratterizzazione a tutta la Rada di Augusta, così come peraltro già richiesto dalla Conferenza di servizi decisoria del 18 luglio 2005;
c) all'Autorità Portuale la puntuale identificazione dei soggetti titolari di concessioni demaniali nella Rada di Augusta;
d) alle Autorità di controllo (Provincia e ARPA) nonché agli istituti scientifici nazionali (APAT, ISS, ICRAM) di individuare le eventuali correlazioni esistenti tra la contaminazione delle aree a terra e quella dei sedimenti ubicati all'interno della Rada di Augusta al fine della identificazione dei soggetti responsabili.

Con riferimento, poi, ai soggetti obbligati a tali interventi, si richiamano le decisioni del TAR Catania e del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, sui ricorsi presentati dalle società per l'annullamento, previa sospensiva, delle deliberazioni delle citate Conferenze dei servizi. È stato in via generale affermato che gli oneri di messa in sicurezza di emergenza, anche in forma cumulativa e indifferenziata, devono essere sostenuti dalla pluralità degli operatori economici operanti nell'area contaminata. Per quanto attiene il caso di specie, gli oneri non devono in ogni caso ricadere sulla collettività quanto piuttosto sugli operatori industriali, che rispondono per una sorta di successione nell'attività economica comunque pericolosa realizzata in situ. Nessun esimente, quindi, per le società che sono subentrate nelle posizioni attive e passive dei precedenti titolari degli insediamenti e ne proseguono l'attività.
A seguito della sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa che ha confermato la legittimità delle prescrizioni impartite in sede di Conferenza, con la sola eccezione dei termini per l'attuazione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza, il Ministero ha richiesto alle aziende le cui aree sono ubicate all'interno della perimetrazione del sito, con particolare riferimento ai soggetti che utilizzano le infrastrutture presenti nella rada, di inviare un elaborato con la descrizione e il cronoprogramma degli interventi in corso o di prossima adozione per adempiere alle prescrizioni formulate dalle suddette Conferenze, sia sulle aree a terra sia sulle aree marine.


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Le aziende non hanno, tuttavia, adempiuto a quanto richiesto dal Ministero e disposto dal Consiglio di Giustizia Amministrativa, dimostrando un sostanziale disinteresse verso le dovute attività di disinquinamento.
L'atteggiamento delle aziende risulta incomprensibile se si considera che il 10 maggio 2006 la Syndial S.p.A. (gruppo ENI), prima della conclusione dell'inchiesta avviata dalla Procura di Siracusa sull'inquinamento nella rada, ha pagato 11 milioni di euro come indennizzo per 101 famiglie, residenti nei Comuni adiacenti il Petrolchimico, nelle quali sono nati bambini malformati ovvero si sono verificate interruzioni di gravidanza per gravi malformazioni del feto.
La Conferenza dei servizi decisoria del 21 luglio 2006, ultima in ordine di tempo, ha dovuto prendere atto del mancato adempimento dei compiti già assegnati alle società in materia di messa in sicurezza di emergenza riferiti all'inquinamento presente nella rada.
Va, infatti, sottolineato come solo alcune aziende (Sindyal S.p.A. e della Erg Raffineria Mediterranea S.p.A.-ISAB Impianti Nord) hanno presentato piani di caratterizzazione, approvati nella Conferenza dei servizi del 16 dicembre 2005. Il piano di caratterizzazione della ESSO è pervenuto solo in agosto.
La Conferenza ha dovuto di conseguenza delineare con maggior dettaglio le misure occorrenti, deliberando che, a fronte del rischio riscontrato e dell'evidente trasferimento della contaminazione alla catena alimentare, gli operatori industriali che utilizzano le infrastrutture della rada di Augusta (es. pontili) devono attivare gli interventi volti alla rimozione o all'isolamento delle fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per prevenire ed eliminare pericoli immediati per l'uomo e l'ambiente.
È stato, inoltre, richiesto ai soggetti titolari delle concessioni demaniali relative ai pontili di procedere, entro 90 giorni dalla data di ricevimento del verbale della Conferenza, alla rimozione dei sedimenti contaminati della Rada.
È stato altresì richiesto al Commissario Delegato di:
predisporre il progetto esecutivo-piano di gara operativo degli interventi di messa in sicurezza del pontile della Marina Militare;
porre in essere gli atti propedeutici all'attivazione dei poteri sostitutivi in danno dei soggetti che non provvedano ad eseguire gli interventi richiesti ovvero ad ottemperare alle specifiche prescrizioni loro imposte;
provvedere agli affidamenti per la parte di competenza pubblica;
elaborare il progetto per la messa in sicurezza d'emergenza dei sedimenti del canale di accesso alla rada.

Per ridurre nel frattempo gli effetti negativi della risospensione degli inquinanti che enfatizza l'impatto sul biota e sulla catena alimentare, la Conferenza dei servizi ha deliberato di chiedere ai competenti organismi di porre, entro un mese dalla data di ricevimento del verbale, limiti alla navigazione secondo la tabella riportata a margine del verbale, in termini di riduzione della potenza dei motori, e quindi della velocità dei vettori marittimi per non generare correnti da elica tali da indurre fenomeni di risospensione dei sedimenti contaminati.
La Conferenza ha, altresì, richiesto di applicare una riduzione dell'immersione dei vettori marittimi a valori massimi consentiti di 6 m per fondali inferiori a 15 m, da porre in essere entro tre mesi dalla data di ricevimento del verbale. Ha, infine, richiesto la sospensione-interruzione della navigazione entro sei mesi dal ricevimento del verbale stesso qualora non verranno poste in essere le misure di cui alle precedenti Conferenze del luglio e del settembre 2005.
Si fa presente che il 22 settembre 2006 si terrà un incontro presso la Prefettura di Siracusa, con tutti i soggetti pubblici e privati interessati per esaminare le molteplici problematiche riguardanti la rada di Augusta, ivi comprese le


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su delineate limitazioni poste alla navigazione, nonché lo stato di avanzamento degli interventi.
Va, infine, ricordato che per gli interventi pubblici di messa in sicurezza di emergenza, di caratterizzazione e di bonifica nel sito di Priolo, sono stati sottoscritti un accordo di programma e due accordi integrativi con i quali sono stati posti a disposizione del Commissario delegato risorse per un ammontare complessivo di circa 200 milioni di euro.


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ALLEGATO 2

7-00045 Bandoli: Programmazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia.

7-00049 Picano: Programmazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE 7-00045 BANDOLI

La VIII Commissione,
premesso che:
la salvaguardia di Venezia e della sua laguna rappresenta un rilevante interesse nazionale che va conseguito con il pieno coinvolgimento della comunità locale;
l'Amministrazione Comunale di Venezia attraverso il suo Sindaco ed il Consiglio Comunale ha avanzato una serie di valutazioni e proposte volte all'aggiornamento dei programmi e degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, esprimendo in particolare, osservazioni critiche e preoccupazione sulla grande opera denominata Mo.S.E. e sul pesante impatto che i lavori in corso stanno provocando sul territorio, prospettando una revisione-verifica progettuale degli interventi alle bocche di porto al fine di:
sperimentare una regolazione dei flussi di marea per la difesa dei centri urbani dalle acque alte, più semplice, più stabile, economicamente meno onerosa ed a minore impatto ambientale, rispettando i principi di gradualità e reversibilità;
consentire una diversificata funzione portuale per le tre bocche di porto, configurando la riduzione delle loro sezioni, con possibilità di chiusura parziale con strutture removibili stagionali e chiusura totale solo verso le acque alte eccezionali, riducendo gli impatti ambientali ed anche la penalizzazione del traffico portuale nelle varie fasi realizzative;
la riunione del Comitato di cui all'articolo 4 della legge n. 798 del 1984 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri un organismo tecnico con il compito di vagliare le proposte avanzate dal Comune di Venezia entro il mese di settembre 2006;
tale verifica sarebbe resa vana da attività del Consorzio Venezia Nuova che portassero i lavori alle bocche di porto (MOSE) ad uno stadio di irreversibilità,

impegna il Governo:

a fare in modo che l'organo tecnico esamini tutta la documentazione in suo possesso e nei tempi previsti;
a prendere immediatamente tutte le necessarie iniziative volte ad evitare che siano realizzate quelle parti del progetto che prevedono lavori non coerenti con eventuali modifiche o che portino il MOSE ad uno stadio di irreversibilità;
a procedere ad una verifica dei finanziamenti, del loro stanziamento e della loro ripartizione, in modo che non siano pregiudicate le possibilità di adeguarsi agli esiti della verifica tecnica delle proposte di revisione progettuale.
(7-00045)
(Nuova formulazione) «Bandoli, Cacciari, Zanella, Realacci».


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ALLEGATO 3

DL 251/06: Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica (C. 1610 Governo).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

La VIII Commissione,
esaminato il disegno di legge n. 1610 recante: «Conversione in legge del decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251, recante disposizioni urgenti per assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica»;
preso atto della finalità del provvedimento, che consiste nell'assicurare la conformità dell'ordinamento italiano alla normativa comunitaria concernente la conservazione della fauna selvatica, a fronte dell'esistenza di quattro procedure di infrazione, avviate dalle Istituzioni comunitarie nei confronti dell'Italia, per contrasto della normativa interna, nazionale e regionale, con la citata direttiva;
rilevato, pertanto, che gli interventi di cui al decreto-legge n. 251 del 2006 costituiscono un atto dovuto da parte del Governo, al fine di adempiere a precisi e specifici obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'ordinamento comunitario;
visto il parere reso, in data 13 settembre 2006, dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome sul provvedimento in esame ed auspicato ogni possibile sforzo affinché si giunga - con particolare riferimento al contenuto degli articoli 7 e 8 del decreto-legge in esame - ad una tendenziale convergenza tra le istanze regionali e le indispensabili esigenze di coordinamento a livello statale;
osservato, in ogni caso, che interventi di prelievo venatorio selettivo - eventualmente autorizzati dalle regioni - possono inserirsi nell'ambito di un percorso che non può prescindere dal coinvolgimento delle autorità scientifiche di settore, attraverso le quali garantire, in modo autorevole e al di sopra delle parti, la salvaguardia degli ecosistemi e della consistenza della fauna selvatica;
considerato che - in questo quadro - assume grande rilevanza il ruolo dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) nel redigere i pareri relativi ai prelievi per le diverse specie e i diversi territori e, di conseguenza, appare auspicabile un adeguamento dell'INFS ai nuovi e impegnativi compiti, attraverso un suo potenziamento;
considerato che l'articolo 4, comma 2, interviene con ulteriori misure di conservazione, prevedendo la sospensione della realizzazione di centrali eoliche fino all'adozione di specifici piani di gestione per le Zone di protezione speciale (ZPS) e disponendo che la valutazione d'incidenza relativa a tali interventi deve essere basata su un monitoraggio dell'avifauna presente nel sito interessato di durata compatibile con il ciclo biologico della stessa e che la realizzazione dell'intervento è subordinata al parere del citato Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS);
posto, infine, che l'articolo 6, comma 2, dispone in termini generali che le misure di conservazione previste dal decreto sostituiscono tutte quelle adottate per le Zone di protezione speciale (ZPS) e per le


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Zone speciali di conservazione (ZSC), ma che il decreto-legge individua solo le misure applicabili alle ZPS, allorché invece, per le ZSC, contiene un mero rinvio ai decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di designazione di tali zone,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
a) sia chiarita la formulazione dell'articolo 6, comma 2, specificando se tale disposizione si riferisce alle sole ZPS, rispetto alle quali il decreto contempla specifiche misure di conservazione, oppure se esso trova applicazione anche rispetto alle misure adottate per le ZSC con successivi decreti ministeriali;
b) con specifico riferimento alle ZPS, sia operato un coordinamento tra l'efficacia sostitutiva delle misure previste dal decreto contemplata dalla disposizione di cui sopra, con l'articolo 2, comma 1, che, facendo salvo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, considera tali misure come integrative rispetto a quelle contemplate dal decreto da ultimo citato;

e con le seguenti osservazioni:
1) valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare l'articolo 4, comma 2, evitando la generica sospensione della produzione elettrica da fonte eolica e prevedendo, semmai, l'obbligo di subordinare la realizzazione di centrali eoliche alla presentazione di uno studio del proponente relativo agli aspetti faunistici e alla tutela degli ecosistemi;
2) al fine di fare fronte ai nuovi e impegnativi compiti derivanti dal decreto-legge in esame, si segnala l'esigenza di potenziare, anche in termini finanziari e di dotazione organica, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), quale organo di consulenza scientifica del Governo e delle regioni.


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ALLEGATO 4

DL 251/06: Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica (C. 1610 Governo).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VIII Commissione,
esaminato il disegno di legge n. 1610 recante: «Conversione in legge del decreto-legge 16 agosto 2006, n. 251, recante disposizioni urgenti per assicurare l'adeguamento dell'ordinamento nazionale alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica»;
preso atto della finalità del provvedimento, che consiste nell'assicurare la conformità dell'ordinamento italiano alla normativa comunitaria concernente la conservazione della fauna selvatica, a fronte dell'esistenza di quattro procedure di infrazione, avviate dalle Istituzioni comunitarie nei confronti dell'Italia, per contrasto della normativa interna, nazionale e regionale, con la citata direttiva;
rilevato, pertanto, che gli interventi di cui al decreto-legge n. 251 del 2006 costituiscono un atto dovuto da parte del Governo, al fine di adempiere a precisi e specifici obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'ordinamento comunitario;
visto il parere reso, in data 13 settembre 2006, dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome sul provvedimento in esame ed auspicato ogni possibile sforzo affinché si giunga - con particolare riferimento al contenuto degli articoli 7 e 8 del decreto-legge in esame - ad una tendenziale convergenza tra le istanze regionali e le indispensabili esigenze di coordinamento a livello statale;
osservato, in ogni caso, che interventi di prelievo venatorio selettivo - eventualmente autorizzati dalle regioni - possono inserirsi nell'ambito di un percorso che non può prescindere dal coinvolgimento delle autorità scientifiche di settore, attraverso le quali garantire, in modo autorevole e al di sopra delle parti, la salvaguardia degli ecosistemi e della consistenza della fauna selvatica;
considerato che - in questo quadro - assume grande rilevanza il ruolo dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) nel redigere i pareri relativi ai prelievi per le diverse specie e i diversi territori e, di conseguenza, appare auspicabile un adeguamento dell'INFS ai nuovi e impegnativi compiti, attraverso un suo potenziamento;
considerato che l'articolo 4, comma 2, interviene con ulteriori misure di conservazione, prevedendo la sospensione della realizzazione di centrali eoliche fino all'adozione di specifici piani di gestione per le Zone di protezione speciale (ZPS) e disponendo che la valutazione d'incidenza relativa a tali interventi deve essere basata su un monitoraggio dell'avifauna presente nel sito interessato di durata compatibile con il ciclo biologico della stessa e che la realizzazione dell'intervento è subordinata al parere del citato Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS);
posto, infine, che l'articolo 6, comma 2, dispone in termini generali che le misure di conservazione previste dal decreto sostituiscono tutte quelle adottate per le Zone di protezione speciale (ZPS) e per le


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Zone speciali di conservazione (ZSC), ma che il decreto-legge individua solo le misure applicabili alle ZPS, allorché invece, per le ZSC, contiene un mero rinvio ai decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di designazione di tali zone,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
a) sia chiarita la formulazione dell'articolo 6, comma 2, specificando se tale disposizione si riferisce alle sole ZPS, rispetto alle quali il decreto contempla specifiche misure di conservazione, oppure se esso trova applicazione anche rispetto alle misure adottate per le ZSC con successivi decreti ministeriali;
b) con specifico riferimento alle ZPS, sia operato un coordinamento tra l'efficacia sostitutiva delle misure previste dal decreto contemplata dalla disposizione di cui sopra, con l'articolo 2, comma 1, che, facendo salvo quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, considera tali misure come integrative rispetto a quelle contemplate dal decreto da ultimo citato;

e con le seguenti osservazioni:
1) valuti la Commissione di merito l'opportunità di modificare l'articolo 4, comma 2, evitando la generica sospensione della produzione elettrica da fonte eolica e prevedendo, semmai, l'obbligo di subordinare la realizzazione di centrali eoliche alla presentazione di uno studio del proponente relativo agli aspetti faunistici e alla tutela degli ecosistemi;
2) valuti la Commissione di merito l'opportunità di inserire nel testo l'eventuale definizione di un sistema sanzionatorio;
3) al fine di fare fronte ai nuovi e impegnativi compiti derivanti dal decreto-legge in esame, si segnala l'esigenza di potenziare, anche in termini finanziari e di dotazione organica, l'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS), quale organo di consulenza scientifica del Governo e delle regioni.