XIV Commissione - Resoconto di mercoledì 18 ottobre 2006

TESTO AGGIORNATO AL 24 OTTOBRE 2006


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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 18 ottobre 2006. - Presidenza del presidente Franca BIMBI. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi.

La seduta comincia alle 14.20.

Sull'ordine dei lavori.

Franca BIMBI, presidente, propone che si proceda dapprima all'esame dello schema di decreto legislativo n. 18 e quindi alla seduta in sede consultiva.

La Commissione concorda.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni di attuazione della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare.
Atto n. 18.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in titolo.

Franca BIMBI, presidente e relatore, rileva che lo schema di decreto, in esame, predisposto in attuazione della delega contenuta nella legge 18 aprile 2005 (legge comunitaria 2004), è finalizzato a recepire la direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare, il cui termine di recepimento era previsto per il 3 ottobre 2005.
La direttiva rappresenta un importante passo avanti in ambito comunitario in


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relazione alla formazione di una disciplina comune europea in materia di diritti di cittadini dei Paesi terzi. La direttiva mira, difatti, a stabilire le condizioni alle quali può essere esercitato il diritto al ricongiungimento familiare per i cittadini non-comunitari, legalmente residenti nell'Unione, e sottolinea la necessità di elaborare una politica di integrazione che si proponga di offrire loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'Unione.
La direttiva, pertanto, introduce per la prima volta nel diritto comunitario norme comuni in materia di ricongiungimento familiare. Sino ad oggi, tale diritto era riconosciuto soltanto da strumenti giuridici internazionali, in particolare dalla Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950, che all'articolo 8 prevede il diritto al rispetto della vita privata e familiare; a livello nazionale le situazioni erano invece le più disparate.
L'intento della direttiva è quindi quello di avvicinare la legislazione degli Stati comunitari in tema di ammissione e soggiorno dei cittadini dei Paesi terzi, al fine di evitare che i cittadini extra-comunitari siano sottoposti a disparità di trattamento a secondo dello Stato di accoglienza in cui si trovano. La finalità ultima è chiaramente quella di creare uno spazio europeo comune di libertà sicurezza e giustizia nell'ambito del quale siano garantiti, oltre alle libertà di circolazione, adeguati e similari standard di sicurezza ed equità di trattamento nei confronti dei cittadini dei Paesi terzi.
La finalità della direttiva è quindi di tutelare l'unità familiare e di facilitare l'integrazione dei cittadini dei Paesi terzi negli Stati membri, facendo del ricongiungimento un diritto generalmente riconosciuto in tutto il territorio dell'Unione, in linea anche con le disposizione della Carta dei diritti di Nizza.
Quest'ultima, firmata a Nizza ed inglobata nel Trattato costituzionale europeo (II parte), nel titolo IV, dedicato alla solidarietà, riconosce un generale diritto alla vita familiare e professionale garantendo la protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale. Nel titolo II, dedicato alle libertà, sancisce altresì il diritto di ogni individuo al rispetto della propria vita privata e familiare. Tali diritti vanno intesi, non solo in relazione ai cittadini comunitari, ma anche in riferimento ai cittadini provenienti da Paesi terzi che vivono legalmente nel territorio europeo, esercitando una legittima attività lavorativa.
Passando ai contenuti specifici dello schema di decreto in esame, rileva che esso si compone di quattro articoli.
L'articolo 1 individua la finalità del provvedimento, che è quella di stabilire le condizioni per l'esercizio del ricongiungimento familiare dei cittadini dei Paesi terzi, in applicazione della citata direttiva.
L'articolo 2 reca modifiche al testo unico, contenuto nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che disciplina l'immigrazione e la condizione dello straniero. La lettera a) prevede che allo straniero che si intende ricongiungere è negato l' ingresso in Italia quando questi rappresenti una minaccia concreta e reale per l' ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere esterne e la libera circolazione delle persone.
Tale disposizione integra l'articolo 4, comma 3, del testo unico ed elimina l'automatismo previsto, dal suddetto articolo, in relazione ad una serie di condanne che sono ostative rispetto all'ingresso nel territorio dello Stati. Per tali categorie di soggetti, la pericolosità deve essere valutata, caso per caso, con riferimento alle circostanze concrete che afferiscono al singolo straniero.
La lettera b) introduce, all'articolo 5 del testo unico, che disciplina il permesso di soggiorno, un nuovo periodo secondo cui la revoca o il rifiuto o il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno del familiare che ha effettuato il ricongiungimento o del familiare ricongiunto devono tener conto anche della natura e della reale esistenza dei vincoli familiari dell' interessato, della durata del soggiorno in Italia nonché della esistenza di legami familiari, culturali o


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sociali con il suo Paese di origine (ad esempio dovrà tenersi conto se il soggetto interessato ha solidi legami affettivi con i familiari in Italia, se vive in Italia da molti anni e se non ha solidi legami culturali col proprio Paese di origine). Si introduce quindi una valutazione discrezionale laddove, finora, la revoca o il diniego erano vincolati alla mancanza dei requisiti per il rinnovo.
La lettera c) introduce disposizioni aggiuntive all'articolo 13 del testo unico. Stabilisce, in particolare, che anche il provvedimento di espulsione deve tener conto della natura e della reale esistenza dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del soggiorno in Italia nonché della esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese di origine. Viene altresì eliminato l'automatismo relativo al divieto di reingresso nel territorio italiano che vige per gli stranieri espulsi, salvo speciale autorizzazione del Ministero dell'interno. Pertanto, il ricongiungimento del familiare, già destinatario di un decreto di espulsione, non potrà essere negato solo per tale motivo, ma va sottoposto a valutazione di pericolosità dello straniero di cui si chiede il ricongiungimento.
La lettera d) riscrive il primo comma dell'articolo 28 del testo unico, riconoscendo espressamente anche agli stranieri titolari di un permesso per motivi familiari il diritto a mantenere o riacquistare l'unità familiare, qualora ricorrano i necessari presupposti e requisiti (il familiare ricongiunto per «motivi familiari» può ricongiungere altri familiari ).
La lettera e) sostituisce l'articolo 29 del testo unico. Lo straniero può chiedere il ricongiungimento per i seguenti familiari: coniuge; figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso; figli maggiorenni a carico in condizioni di salute tali da non permettere loro una sussistenza autonoma in maniera permanente; genitori a carico che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o di provenienza.
Secondo il vigente articolo 29, é consentito il ricongiungimento col coniuge non legalmente separato, mentre l'attuale normativa parla solo di «coniuge» (é da supporre che anche il coniuge legalmente separato possa essere ricongiunto). Per i figli minori non si chiede più la dimostrazione che siano «a carico». Per i figli maggiorenni non è più richiesta l'invalidità totale, bensì che «siano permanentemente inabili al lavoro». Per i genitori a carico è richiesto solo «che non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel Paese di origine o provenienza» e non, come in precedenza, che non vi siano altri figli. Per il ricongiungimento dei figli minori di anni 18, viene presa in considerazione la loro minore età al momento della presentazione della istanza di ricongiungimento. Quindi, se la pratica dura per un certo periodo ed il minore diventa nel frattempo maggiorenne, ciò non avrà alcuna influenza. Inoltre, sono equiparati ai figli gli adottati, gli affidati o i sottoposti a tutela.
Il ricongiungimento viene subordinato alla dimostrazione della disponibilità: di un alloggioche rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero che sia fornito dei requisiti di idoneità igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unità sanitaria locale competente per territorio. La normativa precedente richiedeva «la disponibilità di un alloggio che rientrasse nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica». La idoneità alloggiativa non deve essere comprovata quando si tratti di un figlio di età inferiore agli anni 14: in tal caso è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà; di un reddito minimo, che rimane legato all'importo annuo dell'assegno sociale moltiplicato in ragione del numero dei familiari di cui si chiede il ricongiungimento. È stato, invece, introdotto come elemento di novità che «per il ricongiungimento di due o più figli di età inferiore agli anni 14 «è sufficiente, in


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ogni caso, un reddito non inferiore al doppio dell' importo annuo dell' assegno sociale.
Un ulteriore elemento di novità è introdotto al comma 6 del nuovo articolo 29, ai sensi del quale viene consentito il rilascio di un permesso di soggiorno per assistenza minore, rinnovabile, di durata corrispondente a quella stabilita dal Tribunale per i minorenni. Tale permesso consente di svolgere attività lavorativa ma non può essere convertito in permesso per motivi di lavoro.
Il comma 7, disciplina le modalità di presentazione della domanda di nulla osta al ricongiungimento familiare, stabilendo che debba essere corredata, tra gli altri, dalla disponibilità di alloggio e reddito minimo e che i motivi ostativi all' ingresso in Italia del familiare da ricongiungere sono indicati nell' articolo 4, comma 3, ultimo periodo del Testo Unico. Il rilascio del nulla osta è condizionato alla effettiva acquisizione, da parte della Autorità consolare italiana, della documentazione comprovante i presupposti di parentela, coniugio, minore età o inabilità al lavoro.
Il comma 9, con riferimento ai motivi di diniego del ricongiungimento, prevede il caso del matrimonio o dell'adozione che siano stati posti in essere al solo scopo esclusivo di consentire all' interessato di entrare o soggiornare nel territorio dello Stato: tali situazioni comportano il rigetto della richiesta di ricongiungimento.
Il comma 10 del modificato articolo 29 esclude dall'ambito di applicazione del decreto, in conformità alla direttiva 2003/86/CE, gli stranieri in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato nonché quelli destinatari di misure di protezione temporanea o titolari di permesso di soggiorno per motivi umanitari.
La lettera f) inserisce nel testo unico l'articolo aggiuntivo 29-bis, che disciplina il ricongiungimento familiare dei rifugiati, precisando che può essere richiesto per le stesse categorie di familiari e con lo stesso procedimento previsto per i restanti cittadini stranieri, senza che sia necessario dimostrare la disponibilità di un alloggio né dei requisiti economici richiesti negli altri casi. Infine, la domanda di ricongiungimento presentata da un rifugiato non può essere rigettata per l'assenza di documenti probatori del vincolo familiare. Se il rifugiato è un minore non accompagnato, è consentito il ricongiungimento con gli ascendenti diretti di primo grado.
La lettera g) precisa che la richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero, che ha fatto ingresso in Italia con visto di ingresso per ricongiungimento familiare (coniuge) ovvero con visto di ingresso al seguito del proprio familiare (coniuge-figlio adottato) nei casi previsti dall'articolo 29 ovvero con visto di ingresso per ricongiungimento al figlio minore (adottato), è rigettata e il permesso di soggiorno è revocato, se è accertato che il matrimonio o l'adozione sono stati effettuati allo scopo esclusivo di permettere all' interessato di soggiornare nel Territorio dello Stato.
L'articolo 3 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
L'articolo 4 rinvia all'emanazione di norme regolamentari di attuazione e integrazione del decreto.
Per quanto attiene alla compatibilità comunitaria, il decreto in esame rispetta lo spirito ed i contenuti della direttiva 2003/86/CE ed ottempera al ritardo cumulato nel recepimento della stessa. Il termine di attuazione era, infatti, previsto per lo scorso ottobre e il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all'Italia un parere motivato per il mancato recepimento della suddetta direttiva.
Chiede infine al Governo un chiarimento sul seguente aspetto, se cioè non sia opportuno riconoscere il diritto ad un permesso di soggiorno autonomo per i ricongiunti trascorso un periodo massimo di cinque anni, instaurando l'automatismo che permette l'articolo 15, comma 1, della direttiva.
Sulla base delle riflessioni esposte propone di esprimere un parere favorevole sul provvedimento.


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Gianluca PINI (LNP) osserva come, per l'ennesima volta, la maggioranza cerchi di scardinare la legge sull'immigrazione approvata nella scorsa legislatura, cosa del resto preannunciata già durante la campagna elettorale. La sua contrarietà al provvedimento in esame si appunta, comunque, su alcuni aspetti specifici ed in particolare su la «fumosità» di alcune disposizioni laddove si parla, ad esempio, di reddito minimo, senza peraltro darne una definizione, o laddove si prevede la concessione del permesso di soggiorno a coloro che hanno lo status di rifugiato: il combinato disposto di tale norma e di quella contenuta nella legge comunitaria per il 2006 ha come effetto quello di consentire a chiunque affermi di essere perseguitato nel proprio paese di chiedere il ricongiungimento con un familiare, anche qualora non possa fornire documenti che provino i suoi legami con lo stesso. Si aprono così, indiscriminatamente, i confini del nostro Paese, e non si dà alcuna garanzia a chi, a giusto diritto, già si trova sul territorio italiano con un permesso regolare.

Marco AIRAGHI (AN) sottolineato come il provvedimento sia a suo avviso inaccettabile e pericoloso, concorda con il deputato Pini sul fatto che tali disposizioni, insieme a quelle introdotte surrettiziamente nella comunitaria, rendano ancora più facile l'ingresso in Italia o il transito attraverso il nostro territorio. Particolarmente grave è consentire l'ingresso anche a coloro che non sono in grado di esibire i documenti. Tutto ciò, mentre danneggia chi ha un permesso di lavoro ed è qui regolarmente, non può non avere conseguenze gravissime sul nostro sistema assistenziale e previdenziale, così come sulla scuola e sulla sanità. Alla luce delle esplosive conseguenze economiche che ne possono derivare appare del tutto ridicola la clausola di invarianza degli oneri prevista dall'articolo 3. Concludendo, ribadisce il suo voto contrario.

Massimo ROMAGNOLI (FI), ribadito il rispetto per coloro che immigrano in Italia che è stata in passato un paese di emigranti, rileva la pericolosità di una immigrazione non controllata che porta con sé, inevitabilmente, la criminalità.

Gabriele FRIGATO (Ulivo) rileva come il provvedimento in esame pone al centro il riconoscimento del valore della famiglia. Consentire il ricongiungimento significa favorire la stabilità affettiva e questo non può non giovare al processo di integrazione degli immigrati, con effetti positivi sulla stabilità sociale. Nel momento in cui l'Italia chiede all'Europa di affrontare in modo unitario il problema dell'immigrazione, non condivide la drammaticità dei toni con cui alcune parti politiche stigmatizzano questo provvedimento che è in linea con l'impostazione data a livello europeo. Preannuncia, pertanto, il suo voto favorevole.

Anna Maria CARDANO (RC-SE), rilevato che il provvedimento recepisce una direttiva europea e ricordato che l'Unione europea intende affrontare tali tematiche in modo unitario, nel rispetto dei diritti fondamentali, sottolinea l'importanza delle disposizioni del provvedimento in esame relative al ricongiungimento familiare dei minori, diritto sancito dalla Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia.

Gianluca PINI (LNP) non intende assolutamente negare nè i diritti dei minori, né gli effetti positivi in termini di stabilità sociale che possono derivare dal ricongiungimento. Ritiene, tuttavia, troppo ampia la casistica presa in considerazione dallo schema di decreto. Tali disposizioni, insieme a quanto previsto dall'articolo 8-ter del disegno di legge comunitaria, possono portare ad un allargamento indiscriminato nel numero delle persone che hanno libero accesso al nostro Paese, comportando sia fenomeni di malavita, che un peso eccessivo sulle finanze pubbliche.

Gabriele FRIGATO (Ulivo) ribadisce l'importanza del ricongiungimento ai fini


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della stabilità a livello sia personale che sociale. Osserva, quindi, che l'articolo 8-ter del disegno di legge comunitaria riguarda i rifugiati politici. Quanto alle conseguenze economiche, se i soggetti che entrano in Italia sono regolari e hanno la possibilità di lavorare, questo non potrà non avere un impatto positivo sul sistema contributivo. Queste persone rappresentano, piuttosto, una ricchezza per il Paese. È comunque disponibile ad ulteriori approfondimenti per verificare che il provvedimento in esame non favorisca in alcun caso un aumento dell'immigrazione clandestina.

Franca BIMBI, presidente e relatore, rileva che lo schema di decreto, nel recepire la direttiva 2003/86/CE, utilizza in modo positivo la discrezionalità da questa consentita. Non vi sono infatti automatismi, ma tutte le richieste vengono vagliate, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, e di tutelare la sicurezza del Paese. Il ricongiungimento familiare non risponde soltanto al rispetto di principi fondamentali, ma anche ad un preciso interesse, quello di favorire il radicamento e l'integrazione degli immigrati, e questo non può non avere un'influenza positiva in termini sia di stabilità sociale e di contenimento della criminalità, che di «bilancio demografico». Quanto alla possibilità di ricongiungimento per i rifugiati, questo può essere chiesto solo da coloro ai quali sia stato già riconosciuto tale status; inoltre, le autorità consolari provvedono al rilascio dei documenti previe le necessarie verifiche e, comunque, a spese degli interessati.

Marcella LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'Interno, sottolinea come lo il provvedimento in esame dia attuazione alla direttiva 2003/86/CE, recepita nel nostro ordinamento con la legge n. 62 del 2005, con un atto, quindi, predisposto dal precedente Governo. Lo schema di decreto, riflettendo appunto quanto previsto a livello comunitario, pone al centro i principi dell'unità della famiglia ed il rispetto della vita familiare, favorendo l'integrazione degli immigrati regolari e la stabilità sociale e culturale. Particolarmente importanti sono le norme che consentito il rilascio di un permesso di soggiorno per assistenza minore (permesso che non può, peraltro, essere convertito in permesso per motivi di lavoro). In tal modo non solo si garantisce il diritto del minore di ricongiungersi con un familiare, ma si permette allo stesso di svolgere un'attività lavorativa e mantenere quindi dignitosamente sia il minore che se stesso, e non sparire, invece, nell'illegalità. Ricordato che la Commissione Bilancio si é già espressa sui profili della copertura finanziaria, rispondendo alle osservazioni del relatore rileva che l'articolo 30, comma 5, del Testo Unico già prevede che per i familiari del richiedente il ricongiungimento, in caso di morte di questi o di separazione o scioglimento del matrimonio o, ancora, nel caso del figlio divenuto maggiorenne, il permesso di soggiorno possa essere convertito in permesso di lavoro subordinato o autonomo o di studio. Quanto al termine di 5 anni, esso è fissato dalla direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini dei Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, cui dà attuazione lo schema di decreto legislativo n. 19 attualmente all'esame del Parlamento.

Franca BIMBI, presidente e relatore, esprime soddisfazione per i chiarimenti del Governo. Ribadisce quindi la proposta di parere favorevole.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.

La seduta termina alle ore 15.10.

SEDE CONSULTIVA

Mercoledì 18 ottobre 2006. - Presidenza del presidente Franca BIMBI.

La seduta comincia alle 15.10.


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DL 258/2006: Disposizioni urgenti di adeguamento alla Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in data 14 settembre 2006 nella causa C-228/05, in materia di detraibilità IVA.
C. 1808 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Gabriele FRIGATO, relatore, fa presente che il decreto legge in esame, trasmesso dal Senato, dà attuazione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee resa il 14 settembre 2006, nella causa C-228/05, che ha dichiarato l'incompatibilità con i principi comunitari relativi alla detrazione IVA (paragrafi 2 e 7 della direttiva 77/388/CEE), della limitazione del diritto alla detrazione stabilita dall'articolo 19-bis1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in combinato disposto con i commi 4 e 5 dell'articolo 30 (e successive modifiche ed integrazioni) della legge n. 388 del 2000 (finanziaria per il 2001).
Tali disposizioni sanciscono l'indetraibilità dell'IVA relativa all'acquisto o all'importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture ed autoveicoli non adibiti ad uso pubblico, che non formino oggetto dell'attività propria dell'impresa. L'indetraibilità riguarda pure l'IVA pagata per l'acquisto e l'importazione dei componenti, dei ricambi, nonché di carburanti e lubrificanti, e l'IVA connessa alle prestazioni di servizi dipendenti da contratti di locazione finanziaria e di noleggio, e alle prestazioni di impiego, custodia, manutenzione e riparazione relative ai beni stessi.
In tutti questi casi, gli unici soggetti a poter portare in detrazione l'IVA sono gli agenti e i rappresentanti di commercio.
Per quanto concerne l'articolo 1, rileva che il comma 1 stabilisce che, allo scopo di dare attuazione alla pronuncia della Corte del Lussemburgo, i soggetti passivi i quali, fino alla data del 13 settembre 2006 (ossia fino al giorno anteriore alla pubblicazione della sentenza), abbiano effettuato, nell'esercizio dell'impresa, arte o professione (inciso inserito in seguito all'approvazione di un emendamento nel corso dell'esame presso il Senato), acquisti ed importazioni di beni e servizi indicati nell'articolo 19-bis1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 debbano presentare in via telematica entro il 15 aprile 2007 (il testo del decreto-legge prevedeva che la domanda dovesse essere presentata, a pena di decadenza, entro il 15 dicembre 2006), un'apposita istanza di rimborso di quanto pagato a titolo di IVA non dovuta per effetto della mancata possibilità di detrazione. L'istanza di rimborso dovrà essere presentata utilizzando un apposito modello che dovrà essere approvato dal Direttore dell'Agenzia delle entrate, con provvedimento da emanare entro quarantacinque giorni dall'entrata in vigore del presente decreto (30 ottobre 2006). Il provvedimento, secondo quanto prevede un emendamento approvato nel corso dell'esame presso il Senato, dovrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il provvedimento dovrà inoltre individuare la documentazione da allegare a fondamento dell'istanza di rimborso (comma 1, secondo periodo); i criteri di reale inerenza all'esercizio dell'impresa, arte o professione dei veicoli, in relazione ai quali si chiede il rimborso (comma 1, quinto periodo).
Il comma 1, terzo periodo, stabilisce che, al fine di evitare un ingiustificato arricchimento dei soggetti passivi richiedenti il rimborso della maggiore IVA indebitamente pagata, la documentazione di cui al secondo periodo potrà riferirsi «anche agli altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti».
I successivi quarto e quinto periodo del comma 1, inseriti nel corso dell'esame presso il Senato, prevedono due modalità alternative di rimborso IVA.
Il quarto periodo stabilisce che il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, di cui al primo periodo del comma 1, possa disciplinare un rimborso


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in misura forfetaria, individuando specifiche percentuali di detrazione in relazione a differenti settori di attività.
Il successivo quinto periodo disciplina il rimborso in misura superiore a quella forfetaria, che può essere richiesta dai contribuenti che non aderiscono al regime forfetario di cui al quarto periodo; e dai contribuenti che non hanno presentato l'istanza di rimborso entro il termine del 15 aprile 2007.
Il comma 2, dell'articolo 1, non modificato dal Senato - conseguentemente alla previsione, ad opera del comma precedente, di una speciale procedura per il rimborso della quota di Iva indebitamente pagata - esclude, in ogni caso, le generali procedure di detrazione e di compensazione IVA. In mancanza di tale disposizione, i soggetti passivi legittimati a presentare istanza di rimborso avrebbero potuto esercitare la detrazione in sede di dichiarazione annuale per il 2005, da presentare entro il 31 ottobre p.v.
Il comma 2-bis dell'articolo 1, introdotto in sede di esame parlamentare presso il Senato, provvede a riscrivere, a regime, la disposizione dell'articolo 19-bis1, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, prevedendo una indetraibilità dell'Iva non più totale, ma nei limiti previsti dall'autorizzazione richiesta in sede comunitaria, relativamente alle auto aziendali e motocicli in questione.
Il Governo italiano ha infatti richiesto al Consiglio dell'Unione europea di autorizzare l'Italia, ai sensi della direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, a stabilire una parziale indetraibilità dell'imposta in questione. Qualora l'autorizzazione venga concessa, la riduzione della detraibilità si applicherà, nei termini ivi previsti (quest'ultimo inciso sembra pertanto riferirsi all'autorizzazione, che dovrebbe fissare la percentuale di indetraibilità), e senza possibilità di fornire la prova contraria, a far data dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea della autorizzazione riconosciuta all'Italia Rimane salva, come nel testo vigente della lettera c), la possibilità di detrazione per gli agenti o rappresentanti di commercio.
L'abbattimento della detraibilità, qualora accordato in sede comunitaria, consentirà allo Stato di ridurre la perdita di gettito Iva stimata dal 2007 in 5,2 miliardi e coperta dal decreto-legge collegato alla Finanziaria (Decreto-legge n. 262 del 2006) con la modifica sulla deducibilità dei costi delle auto aziendali.
Concludendo, formula una proposta di parere favorevole

Gianluca PINI (LNP) esprime un giudizio assolutamente negativo sul provvedimento in esame, ricordando come il collegato fiscale si sia fatto carico, per il 2007 e anni successivi, di coprire le minori entrate IVA con un aggravio dell'IRPEF; altri incrementi della tassazione si ritrovano poi nel disegno di legge finanziaria. Tale incremento della pressione fiscale non potrà non danneggiare le imprese, specie di piccola dimensione. Inoltre, di fronte alla sentenza della Corte di Giustizia, ritiene assolutamente non proponibile passare, a carico degli stessi soggetti, da una tassazione in termini di indetraibilità IVA ad un altra che fa riferimento, invece, alla base imponibile. È inoltre negativa la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 che esclude la possibilità di ricorrere alle generali procedure di detrazione e di compensazione IVA: in tal modo si preclude alle imprese di disporre di maggiore liquidità. Esprime, infine, forti riserve sul comma 2-bis che prefigura la riscrittura dell'articolo 19-bis 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, disponendo l'indetraibilità, sia pure solo parziale, dell'IVA, e aprendo così la strada a nuove procedure di infrazione.

Gabriele FRIGATO, relatore, precisa che solo qualora l'autorizzazione venga concessa, e nei termini ivi previsti, si potrà applicare la riduzione della detraibilità IVA.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.


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Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti televisivi dei campionati di calcio.
C. 587 Ciocchetti e abb.
(Parere alla VII Commissione).
(Rinvio dell'esame).

Franca BIMBI, presidente, avverte che il Presidente della VII Commissione, in data odierna, ha fatto pervenire la richiesta di parere sul nuovo testo del disegno di legge C. 1496, adottato come testo base dalla Commissione, recante «Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti televisivi dei campionati di calcio».
Rinvia pertanto l'esame del provvedimento alla seduta di domani.

La seduta termina alle 15.35.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non é stato trattato:

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini dei Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.
Atto n. 19.