I Commissione - Resoconto di venerd́ 17 novembre 2006


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SEDE REFERENTE

Venerdì 17 novembre 2006. - Presidenza del presidente Luciano VIOLANTE. - Interviene il sottosegretario di Stato all'interno Marcella Lucidi.

La seduta comincia alle 8.35.

Norme sulla libertà religiosa e abrogazione della legislazione sui culti ammessi.
C. 36 Boato e C. 134 Spini.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 novembre 2006.

Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI) osserva preliminarmente come gli interventi svoltisi nel corso della seduta di ieri impongano di esaminare l'attuale assetto normativo in materia di libertà religiosa, al fine di meglio valutare quale sia il contenuto effettivamente innovativo dei provvedimenti all'esame della Commissione e quanta parte delle norme da essi recate non risulti, invece, una sistematizzazione di principi e di disposizioni già vigenti nel nostro ordinamento.
Al riguardo, ricorda che i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose sono disciplinati dagli articoli 7 ed 8 della Costituzione. In particolare, l'articolo 7, oltre a definire la reciproca posizione istituzionale dello Stato e della Chiesa cattolica, ciascuno, nel proprio ordine, indipendente e sovrano, opera un esplicito rinvio non solo ai Patti Lateranensi del 1929, cui ha fatto riferimento il relatore nella sua relazione introduttiva, ma anche alle loro successive modificazioni, per le quali disciplina il relativo procedimento di approvazione. Particolare rilievo, per i lavori della Commissione, ritiene assumano le disposizioni del Concordato che riguardano le condizioni della religione e della Chiesa cattolica in Italia e le modificazioni apportate al Concordato medesimo dagli Accordi del 1984. In proposito la disciplina contenuta nell'Accordo di modificazione e nel relativo Protocollo addizionale riguarda numerosi temi aventi ad oggetto l'organizzazione della Chiesa cattolica ed altre rilevanti questioni collegate al ruolo della religione nell'ambito della società civile. Osserva quindi che, sebbene venga consensualmente


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ed espressamente superato il riferimento alla religione cattolica come unica religione dello Stato italiano, il riconoscimento del particolare significato che la religione cattolica assume per il popolo italiano si riafferma come un dato giuridicamente acquisito in virtù del complesso della disciplina concordataria, e che trova conferma in talune esplicite previsioni normative, quali ad esempio l'articolo 2, comma 4, che prevede il riconoscimento, da parte della Repubblica italiana, del particolare significato che Roma, sede vescovile del Sommo Pontefice, ha per la cattolicità o l'articolo 9, comma 2, secondo cui la Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche.
Auspica, con queste osservazioni, di poter fornire un contributo alla discussione, approfondendo un ulteriore punto di vista, rispetto a quello evidenziato dal relatore, della giurisprudenza della Corte costituzionale, che intende sostanzialmente dimostrare la costante affermazione dell'irrinunciabile, e condivisibile, principio di laicità dello Stato. In proposito, osserva che il principio della laicità dello Stato, secondo quanto affermato dal relatore, non inficia la possibilità di prevedere percorsi diversi per la regolamentazione dei rapporti tra lo Stato e le differenti comunità religiose e, più specificamente, tra lo Stato e la Chiesa cattolica da una parte e lo Stato e gli altri culti dall'altra.
Si sofferma quindi sulla situazione delle confessioni religiose diverse da quella cattolica, che hanno stipulato un'intesa, per le quali il terzo comma dell'articolo 8 della Costituzione stabilisce il principio secondo cui i rapporti con lo Stato sono regolati con apposita legge; in attuazione di tale disposizione, a partire dal 1984 lo Stato italiano ha proceduto a stipulare intese con alcune confessioni religiose, che hanno dato atto dell'autonomia e dell'indipendenza dei relativi ordinamenti religiosi e che si contraddistinguono per presentare contenuti sostanzialmente simili tra loro, come ad esempio quelle in materia di istruzione, riconoscendo il diritto degli esponenti delle rispettive confessioni a rispondere ad eventuali richieste provenienti dagli alunni, dalle loro famiglie o dagli organi scolastici in ordine allo studio del fatto religioso, nell'ambito delle attività culturali previste dall'ordinamento scolastico, non in alternativa all'ora di religione cattolica prevista e sancita dai Patti Lateranensi. Al riguardo sottolinea come molte previsioni contenute nelle proposte in titolo sono già contenute all'interno delle intese stipulate.
Si sofferma quindi sulle altre confessioni religiose che non hanno stipulato intese con lo Stato, ricordando che ad esse si applica tuttora la normativa sui cosiddetti culti ammessi, riconducibile essenzialmente alla legge n. 1159 del 1929 ed alle disposizioni di attuazione approvate con il regio decreto n. 289 del 1930, che reca una formulazione normativa obsoleta sia nella forma sia nella sostanza, che ritiene debba essere modificata. La citata legge dispone, che «sono ammessi nel Regno» culti diversi dalla religione cattolica, «purché non professino principi e non seguano riti contrari all'ordine pubblico o al buon costume»; che l'esercizio, anche pubblico, di tali culti è libero e che è altresì pienamente libera la discussione in materia religiosa; si prevede ancora che né il godimento dei diritti civili e politici nè l'ammissibilità a cariche civili e militari possono subire eccezioni in ragione della differenza di culto: Si stabilisce, inoltre, che la nomina dei ministri di culto è soggetta ad approvazione governativa, con la precisazione che «nessun effetto civile può essere riconosciuto agli atti compiuti da tali ministri se la loro nomina non abbia ottenuto l'approvazione»; che il matrimonio celebrato davanti ad un ministro di culto ammesso produce effetti civili, qualora vi sia stata l'autorizzazione dell'ufficiale dello stato civile secondo le norme previste dalla medesima legge; che gli istituti di «culti diversi dalla religione


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dello Stato» possono essere eretti in ente morale, con attribuzione della personalità giuridica, con «regio decreto» (oggi, con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno, udito il Consiglio dei ministri).
Si sofferma quindi sui vantaggi che derivano dal riconoscimento, tra i quali sottolinea la possibilità per l'ente di culto di acquistare e possedere beni in nome proprio e di avvalersi di agevolazioni tributarie, osservando al contempo che lo Stato può effettuare riscontri sulle attività degli enti riconosciuti, che attualmente ammontano a trentatré, tra i quali il Centro islamico culturale d'Italia.
Ritiene pertanto che, da un lato, sia opportuna una normativa che disciplini e precisi meglio la regolamentazione delle intese, al fine di evitarne la proliferazione e, dall'altro, che occorra anche rileggere la disciplina vigente alla luce della Costituzione e dell'ormai consolidata giurisprudenza costituzionale in materia, con particolare riguardo soprattutto all'articolo 8, il quale, oltre a sancire il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose, riconosce alle confessioni religiose diverse da quella cattolica l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
Dopo avere precisato che con l'intervento normativo in esame non si intende affatto modificare quanto statuito nel Concordato e nelle intese già stipulate, come viene escluso espressamente dall'articolo 40 delle due proposte di legge, osserva che la principale finalità dei provvedimenti in oggetto risiede nella piena attuazione agli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione, mediante la sostituzione della legge n. 1159 del 1929 con una nuova disciplina dall'impianto maggiormente compatibile con la Costituzione, anche al fine di fornire una base legislativa alla materia della stipulazione delle intese, finora affidata unicamente alla prassi, nonché al fine di fissare regole certe in una materia estremamente delicata. In proposito sottolinea come debba essere tenuta comunque presente la rapida trasformazione dell'attuale contesto nazionale, anche a causa dei fenomeni migratori, come evidenziato anche dal Ministro dell'interno.
Ritiene quindi che debba prendersi atto che il riconoscimento della diversità religiosa costituisce una componente sempre più rilevante delle dinamiche sociali in tutti i paesi d'Europa e che, a fronte di tale assunto, occorre decidere di governare il fenomeno in termini conformi alla Costituzione, trovando per via legislativa il giusto equilibrio tra le diverse libertà, individuali e collettive, che la Costituzione stessa tutela, anche al fine di assicurare l'integrazione culturale e la coesione sociale, laddove, invece, la mancata presa di coscienza del problema rischierebbe di farne perdere il controllo o di costringere ad affrontarlo esclusivamente in termini conflittuali e da una posizione di debolezza, perché le scelte potrebbero essere compiute in un'ottica di emergenza.
Ha ritenuto importante riprendere tutti questi temi poiché ritiene che il confronto in Commissione si debba svolgere a partire dalla conoscenza approfondita dello «stato dell'arte», al fine di valutare quale sia la parte innovativa delle proposte di legge in esame.
In proposito, osserva che la nuova disciplina proposta, oltre ad essere aggiornata ai tempi, appare, a confronto con quella vigente, più organica e dettagliata: essa di fatto riduce l'ambito di discrezionalità del soggetto governativo, introducendo parametri di valutazione e «delimitazioni» più precisi. In particolare, quanto alla procedura di riconoscimento, ricorda che si prevede espressamente non solo la deliberazione del Consiglio dei ministri, ma anche il previo parere del Consiglio di Stato, la cui obbligatorietà era venuta meno a partire dal 1997, e si forniscono indicazioni circa gli elementi che il Consiglio di Stato dovrà porre a base della sua valutazione; sono inoltre indicati in maniera più puntuale e stringente i requisiti per il riconoscimento che devono emergere dallo


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statuto e dalla documentazione fornita e si prevede che la confessione o l'ente esponenziale debba aver sede in Italia, e che il suo rappresentante debba essere cittadino italiano, mentre, secondo la disciplina vigente, quest'ultimo elemento è solo eventuale. Ricorda poi che si prevede espressamente la revoca del riconoscimento qualora vengano meno i requisiti per lo stesso previsti ed è obbligatoria l'iscrizione della confessione o dell'ente esponenziale nel registro delle persone giuridiche, disponendo che il regime degli acquisti è il medesimo previsto, in via generale, per le persone giuridiche. Quanto agli effetti civili del matrimonio celebrato davanti al ministro di una qualsiasi confessione non titolare di intesa, la cui nomina sia stata approvata dal Governo, osserva che gli stessi sono già previsti e disciplinati dalla legislazione del 1929. Ricorda al presidente, al relatore e ai colleghi che nella precedente legislatura fu presentato un emendamento a firma sua e della collega Montecchi, che prevedeva comunque la lettura degli articoli del codice civile agli sposi nel corso della celebrazione del rito.
Ritiene in sostanza che le proposte di legge in esame abbiano il merito di costituire un serio tentativo di dare organicità ad una materia che non può recare ambiti di arbitrio, anche se si tratta di un testo concepito circa dieci anni fa, quando era sottovalutata la portata della religione islamica e di tutte le implicazioni che ne sono derivate oggi, e che per questo presenta aspetti ormai superati. Al riguardo sottolinea che, dovendo i provvedimenti in esame individuare il punto di equilibrio tra le libertà da assicurare ai singoli e alle comunità e le garanzie di rispetto della Costituzione da fornire a ciascuno, deve essere tenuta presente l'importanza di considerare attentamente il ruolo svolto dalla religione islamica all'interno delle comunità presenti in Italia.
Conclude ritenendo che le proposte di legge in oggetto rappresentano un tentativo, sicuramente migliorabile, di affermare il principio della laicità dello Stato, accogliendo, come una legittima istanza dei cittadini, l'esigenza di esprimere liberamente le proprie idee e i propri sentimenti religiosi, laddove in altri Paesi sono state scelte strade diverse, orientate ad un laicismo esasperato che non riconosce legittimità a tale istanza.

Roberto COTA (LNP) ritiene improprio il riferimento alla libertà religiosa contenuto nel titolo delle proposte di legge in esame, in quanto tale libertà, che rappresenta comunque un diritto inviolabile riconosciuto dalla Costituzione, dovrebbe più opportunamente essere riferito al foro interno della persona, senza essere calato necessariamente in un contesto normativo.
Sottolinea come quello italiano sia uno Stato laico all'interno del quale la religione cattolica, pur non rappresentando più la religione di Stato, contiene valori di riferimento aggreganti per la società civile. Si dichiara preoccupato per le conseguenze che potrebbero derivare dall'eventuale approvazione dei provvedimenti in oggetto che, a suo avviso, potrebbero consentire la penetrazione, nel tessuto sociale italiano, di valori che sono in contrasto con quelli comunemente condivisi. Al riguardo osserva che negli ultimi anni si è assistito ad un rilevante flusso migratorio, soprattutto di matrice islamica, non caratterizzato da una volontà di integrazione, ma dall'obiettivo di rovesciare l'assetto della società occidentale attraverso l'imposizione dei valori fondanti la civiltà islamica.
Ritiene opportuno dare corso ad una audizione di rappresentanti delle maggiori organizzazioni islamiche, ed in particolare dell'Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (Ucoii), al fine di comprendere quale sia l'interpretazione da essi fornita sui valori di fondo della vita sociale e poter conseguentemente orientare la portata normativa delle proposte di legge in esame. A tale riguardo sottolinea la pericolosità dell'articolo 4, che prevede, per i genitori, il diritto di istruire ed educare i figli in coerenza con la propria fede religiosa o


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credenza, e dell'articolo 8, che, nel riconoscere il diritto del lavoratore di osservare le pratiche previste dalla propria religione, rischia di compromettere la funzionalità del sistema produttivo.
Evidenzia infatti come la possibilità di ottenere facilmente il riconoscimento della personalità giuridica potrebbe consentire anche a confessioni di matrice islamica e ad altre organizzazioni, che fanno della religione solo un pretesto, di ottenere una piena legittimazione nell'ordinamento giuridico nazionale e, conseguentemente, i benefici fiscali e tributari previsti dall'articolo 23, che non ritiene opportuno estendere a soggetti che poco hanno in comune con enti di beneficenza, per i quali sono stati previsti di norma tali benefici.
Conclude affermando la netta contrarietà da parte del proprio gruppo sui provvedimenti in esame.

Luciano VIOLANTE, presidente, osserva come l'Islam sia una religione organizzata mediante una struttura orizzontale, che non prevede la presenza di figure istituzionali di riferimento. La mancanza di tali figure produce come conseguenza una interpretazione non uniforme della religione con riferimento a questioni anche rilevanti; con riferimento alla condizione femminile ricorda, infatti, come una delle prime donne a guidare un Esecutivo sia stata una donna musulmana, Benazir Bhutto in Pakistan, già alla fine degli Anni Ottanta. Con riferimento all'eventuale attività conoscitiva segnala, quindi, l'esigenza di svolgere una pluralità di audizioni.

Giorgio HOLZMANN (AN) esprime forti perplessità sulle proposte di legge in esame, che affrontano in modo non condivisibile la problematica in questione, consentendo innanzitutto il riconoscimento, senza stabilire opportune cautele, della personalità giuridica a soggetti di natura diversa che non sempre perseguono finalità religiose.
Si sofferma poi sulla rilevanza che assume in Italia la diffusione della religione islamica, in ordine alla quale ritiene debba svolgersi una attenta riflessione anche alla luce della difficoltà di individuare un referente istituzionale nei rapporti con lo Stato italiano. Pur essendo consapevole della problematicità del principio della reciprocità e della sua non applicabilità in modo automatico, intende sottolineare comunque l'esigenza che il riconoscimento del diritto di praticare il proprio culto religioso sia accompagnato da opportuni contemperamenti, volti ad assicurare comunque il rispetto delle tradizioni culturali e sociali del Paese.
Ritiene inoltre necessario valutare attentamente l'impatto che alcune delle disposizioni recate dalle proposte di legge in esame, relativamente al riconoscimento al lavoratore del diritto di poter rispettare le pause per la preghiera e le festività previste dalla propria religione, potrebbero avere sull'organizzazione imprenditoriale, e in particolare sulle piccole o medie imprese.
Con riferimento alla celebrazione del matrimonio, reputa opportuno prevedere come obbligatoria al momento della celebrazione la lettura degli articoli del codice civile, che sanciscono l'eguaglianza giuridica e morale dei coniugi. Fa quindi presente la necessità di evitare la diffusione di pratiche che, pur ammesse da alcune religioni, come è il caso dell'infibulazione, sono invece vietate dall'ordinamento giuridico italiano. Al riguardo, ritiene che tale questione debba essere compiutamente esaminata nel corso delle audizioni a cui auspica possa darsi luogo. Analoga importanza attribuisce alla questione dell'insegnamento nelle scuole delle religioni diverse dalla cattolica, a cui ritiene possa darsi corso solo in presenza di una richiesta avanzata da un elevato numero di persone. Sottolinea, infine, l'esigenza di chiarire la portata dell'articolo 14 delle proposte di legge in esame, che dispone che gli edifici aperti al culto pubblico delle confessioni religiose aventi personalità giuridica non possono essere occupati, requisiti, espropriati o demoliti se non per gravi ragioni, sentite le confessioni stesse o i loro enti esponenziali.


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Italo BOCCHINO (AN) chiede che l'esame preliminare delle proposte di legge in titolo possa ulteriormente proseguire in successive sedute, per consentire l' intervento da parte di altri deputati del proprio gruppo.

Luciano VIOLANTE, presidente, fa presente al deputato Bocchino che l'esame preliminare potrà proseguire per consentire lo svolgimento degli interventi da parte dei deputati che ne hanno fatto richiesta. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.30.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.30 alle 9.55.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende relative ai fatti accaduti a Genova nel luglio 2001 in occasione del vertice G8 e delle manifestazioni del Genoa Social Forum.
C. 1043 Mascia e C. 1098 Sgobio.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

Relazione sulla politica informativa e della sicurezza e sui risultati ottenuti, relativa al primo semestre 2006.
Doc. XXXIII, n. 1.

Relazione sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia, relativa al primo semestre 2006.
Doc. LXXIV, n. 1.