XIV Commissione - Resoconto di mercoledì 13 dicembre 2006

TESTO AGGIORNATO AL 19 DICEMBRE 2006


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ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 13 dicembre 2006. - Presidenza del presidente Franca BIMBI. - Intervengono il sottosegretario per la Giustizia, Luigi Scotti e il viceministro per lo Sviluppo economico, Sergio D'Antoni.

La seduta comincia alle 15.45.

Sull'ordine dei lavori.

Franca BIMBI, presidente, propone che si proceda ad un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di procedere dapprima all'esame degli schemi di decreto legislativo, a cominciare dall'atto n. 41, per passare poi all'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi,


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quindi alla seduta in sede di atti comunitari.

La Commissione concorda.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/51/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2003, che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione.
Atto n. 41.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con condizione).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 12 dicembre 2006.

Franca BIMBI, presidente, in sostituzione del relatore Falomi, illustra la proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 1).

Marco AIRAGHI (AN) concorda con le valutazioni del Presidente ma, proprio perché si tratta di una trasposizione non corretta nello schema di decreto di termini contenuti nella direttiva, ritiene più opportuno esprimere parere favorevole con condizione invece che con osservazione, tanto più che lo stesso rappresentante del Governo concorda circa la necessità di apportare le modifiche indicate.

Franca BIMBI, presidente e relatore, concorda con il deputato Airaghi e riformula in tal senso il parere (vedi allegato 2).

Luigi SCOTTI, sottosegretario di Stato per la giustizia, concorda con le valutazioni espresse dal Presidente.

La Commissione approva all'unanimità la proposta di parere come riformulata dal Presidente.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Atto n. 38.
(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e conclusione - Parere favorevole con una condizione e osservazioni).

La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno, rinviato nella seduta del 12 dicembre 2006.

Rosella OTTONE (Ulivo), relatore, ricorda come nella sua relazione abbia sollevato alcuni punti problematici, su cui chiede un chiarimento al rappresentante del Governo. In particolare, suscita perplessità la disposizione di cui al capoverso a) della lettera e) del comma 1 dell'articolo 1 dello schema di decreto legislativo in esame che dispone la proroga dell'aliquota d'accisa ridotta per l'emulsione stabilizzata di olio da gas con acqua usata come carburante, al di sotto dei livelli minimi comunitari, nonostante la Commissione europea abbia deciso - in ordine alla proroga stabilita per il 2006 dal l'articolo 1, comma 115, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 - di avviare il procedimento d'indagine formale, in quanto l'agevolazione concessa non rispetterebbe il requisito di tassazione minima previsto dalla direttiva 2003/96/CE e potrebbe quindi essere considerata aiuto di Stato. L'ulteriore proroga fissata dal decreto in esame non potrebbe non aggravare, a suo avviso, la posizione dell'Italia di fronte alla Commissione Ue, tanto più che non risultano ancora restituiti gli aiuti illegitimi ed incompatibili concessi. Altra questione che solleva dubbi di compatibilità comunitaria è quella relativa al comma 2 dell'articolo 6, che mira a neutralizzare gli effetti dell'aumento dell'aliquota dell'accisa sul gasolio per autotrazione, disposta dal comma 1, in favore, tra gli altri, degli esercenti di attività di trasporto merci. Da


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ultimo, non va dimenticato che alcune delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame sembrano non pienamente compatibili con quanto previsto nel disegno di legge finanziaria per il 2007.

Sergio D'ANTONI, viceministro per lo sviluppo economico, rileva, in ordine a quest'ultimo punto, che non sussistono a suo avviso problemi di incompatibilità tra le disposizioni dello schema di decreto in esame e la finanziaria e, se del caso, sarà sempre possibile intervenire in un secondo momento per sanare eventuali contrasti. Non rileva inoltre problemi di incomapatibilità comunitaria per quanto riguarda i livelli minimi dell'accisa sull'emulsione stabilizzata di olio da gas con acqua usata come carburante: semmai la procedura di infrazione sugli aiuti di Stato riguarda il ritardo nel recepimento della direttiva. Quanto alle somme non restituite concernenti aiuti concessi illegittimamente, ritiene opportuno sul punto un ulteriore approfondimento. Rileva, infine, con riferimento alla questione sollevata in ordine all'articolo 6, comma 2, come un eventuale aumento dell'accisa sul gasolio per autotrazione per il trasporto merci causerebbe grosse difficoltà agli operatori del settore, e che in ogni caso non vi è un contenzioso aperto sul punto con la Comunità.

Rosella OTTONE (Ulivo), relatore, prende atto delle dichiarazioni del rappresentante del Governo, ma ribadisce le sue perplessità in ordine alle disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 1 del decreto, in quanto in contrasto con la normativa sugli aiuti di Stato: una proroga delle agevolazioni non potrebbe che peggiorare la posizione dell'Italia, tanto più che è stata già avviata una procedura. Ritiene pertanto di confermare la proposta di parere presentata nella seduta di ieri.

Arnold CASSOLA (Verdi) concorda con il rappresentante del Governo circa l'opportunità di tenere in giusta considerazione gli interessi degli autotrasportatori, ma rileva, più in generale, l'opportunità di sostenere politiche che favoriscano il traffico su rotaia, invece di continuare a disporre agevolazioni che di fatto incentivano il traffico su gomma.

Marco AIRAGHI (AN), senza voler entrare nella valutazione di merito della politica per gli autotrasportatori, rileva che come la Commissione XIV non possa non tener conto dei profili di conformità alla normativa comunitaria. Dichiara pertanto di concordare con la proposta di parere del relatore.

Franca BIMBI, presidente, osserva che la Commissione non ha inteso sottovalutare le questioni sollevate dal rappresentante del Governo, tanto è vero che al riguardo è stata formulata un'osservazione con cui si chiede di subordinare la concessione dell'agevolazione di cui all'articolo 6 alla preventiva autorizzazione della Commissione europea. Il parere proposto dal relatore è, a suo avviso, ben equilibrato e tiene conto delle esigenze segnalate.

Sergio D'ANTONI, viceministro per lo sviluppo economico, prende atto dell'orientamentodella Commissione. Precisa quindi che il Governo intende procedere in ogni caso solo dopo aver acquisito le necessarie autorizzazioni da parte della Commissione europea.

La Commissione approva all'unanimità la proposta di parere del relatore (vedi allegato 3).

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003 in tema di attività e di supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali.
Atto n. 42.
(Esame, ai sensi dell'articolo 126, comma 2, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.


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Franca BIMBI, presidente, in sostituzione del relatore Intrieri, rileva che lo schema di decreto legislativo in esame, in attuazione della delega di cui all'articolo 29-bis della legge n. 62 del 2005 (legge comunitaria 2004), è volto a recepire la direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali e professionali (EPAP), il cui termine per il recepimento è scaduto il 23 settembre 2005. Il 4 giugno 2006 la Commissione ha inviato all'Italia un parere motivato per mancata attuazione della direttiva, e il 12 ottobre 2006 la Commissione ha deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee.
La direttiva 2003/41/CE mira ad istituire una vigilanza prudenziale dei citati enti, al fine di tutelare i diritti dei futuri pensionati ed, al contempo, nell'ottica del mercato integrato dei capitali e dell'introduzione dell'euro, ad eliminare gli ostacoli agli investimenti dei fondi pensione. Essa pone i seguenti obiettivi: assicurare un'adeguata protezione degli aderenti e dei beneficiari delle prestazioni e la sicurezza ed efficienza degli investimenti; consentire la libera scelta dei gestori e dei depositari all'interno dell'UE e assicurare la parità delle condizioni di concorrenza tra tutti gli enti che corrispondono prestazioni complementari; promuovere le attività transfrontaliere e sviluppare un reale mercato unico delle pensioni integrative; stimolare gli investimenti degli EPAP nel complesso dell'UE.
Il provvedimento in esame prevede modifiche sia al D.Lgs. 124 del 1993, che attualmente disciplina le forme di previdenza complementare, sia al D.Lgs. 252 del 2005, che ha riformato tale disciplina ma che dovrebbe entrare in vigore dal 1o gennaio 2008). Si segnala al riguardo che l'articolo 2, comma 7, del disegno di legge A.S. 1183 (legge finanziaria 2007), approvato dalla Camera dei deputati, anticipa l'entrata in vigore della riforma di cui al D.Lgs. 252/2005 al 1o gennaio 2007.
Tali decreti legislativi già in parte presentano disposizioni conformi al contenuto della direttiva 2003/41/CE, per cui il recepimento è necessario solamente per alcuni degli articoli della medesima direttiva.
L'articolo 1 riguarda le limitazioni agli investimenti delle disponibilità dei fondi pensione. Si stabilisce che i fondi pensione aventi come destinatari i lavoratori di una determinata impresa, non possono investire le proprie disponibilità in strumenti finanziari emessi dalla stessa impresa o da imprese appartenenti al medesimo gruppo, in misura superiore rispettivamente al cinque o al dieci per cento del patrimonio complessivo del fondo. Inoltre, il patrimonio del fondo pensione deve essere investito in misura predominante su mercati regolamentati, mantenendo a livelli prudenziali gli investimenti in attività non ammesse allo scambio in mercati regolamentati. Le predette attività sono determinate mediante decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. I fondi stabiliscono inoltre gli obiettivi e i criteri della propria politica d'investimento, verificandone periodicamente la rispondenza agli interessi degli iscritti e informandoli secondo modalità definite dalla COVIP.
L'articolo 2 prevede la possibilità che alle prestazioni pensionistiche erogate sotto forma di rendita i fondi pensione possano provvedere anche in forma diretta, cioè senza l'ausilio delle imprese di assicurazione, ove sussistano mezzi patrimoniali adeguati.
L'articolo 3, comma 1, consente di nominare quale banca depositaria delle risorse dei fondi pensione anche una banca stabilita in altro Stato membro dell'unione europea, purché si tratti di soggetto debitamente autorizzato secondo le pertinenti norme comunitarie.
Il comma 2 consente alla Banca d'Italia di vietare la libera disponibilità degli attivi di un fondo pensione avente sede in uno Stato membro, qualora siano depositati presso una banca avente sede legale in Italia, su richiesta della COVIP, anche per iniziativa della competente autorità estera.


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L'articolo 4 stabilisce, per i fondi pensione che intendano coprire i rischi biometrici, o che garantiscono un rendimento degli investimenti o un determinato livello di prestazioni, l'obbligo di dotarsi di mezzi patrimoniali adeguati in relazione al complesso degli impegni finanziari esistenti, salvo che detti impegni finanziari siano assunti da soggetti gestori già sottoposti a vigilanza prudenziale. I princìpi per la determinazione dei mezzi patrimoniali sono determinati con regolamento. La COVIP può limitare o vietare la disponibilità dell'attivo quando non siano costituiti i mezzi patrimoniali adeguati.
L'articolo 5, in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 20 della direttiva, reca disposizioni concernenti l'attività transfrontaliera degli EPAP, introducendo dopo l'articolo 15 sia del D.Lgs. 124/1993 sia del D.Lgs. 252/2005 quattro nuovi articoli (dall'articolo 15-bis all'articolo 15-quinquies), aventi lo scopo di regolamentare l'operatività all'estero delle forme pensionistiche complementari italiane nonché l'operatività in Italia delle forme pensionistiche complementari comunitarie, agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri, individuare le modalità di esclusione - sulla base dell'articolo 5 della direttiva 2003/41/CE e dell'articolo 29-bis, comma 3, lettera a), n. 5), della Legge 62 del 2005 -, dell'applicazione della direttiva stessa alle forme pensionistiche complementari di entità limitata, che contano meno di cento aderenti in totale.
Con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 5, capoverso «articolo 15-ter», che disciplina l'operatività delle forme pensionistiche complementari comunitarie in Italia, si rileva che: al comma 2, sarebbe preferibile far riferimento allo «schema pensionistico offerto» piuttosto che al «fondo pensionistico offerto»; al comma 4, non è fissato un termine per l'emanazione del previsto decreto ministeriale; al comma 8, non sembrerebbe corretto il riferimento alle violazioni «delle disposizioni di cui ai commi precedenti». Difatti, in base alla direttiva 2003/41/CE e a quanto si desume testualmente dal secondo periodo del comma 9, la disposizione in esame dovrebbe riguardare esclusivamente la violazione delle norme in materia di diritto del lavoro e della sicurezza sociale di cui ai commi 4 e 5 (su cui è competente a vigilare la COVIP).
All'articolo 5, capoverso «articolo 15-quinquies», al fine di rispettare più compiutamente sia le disposizioni dell'articolo 5 della direttiva sia i principi e criteri direttivi di delega, sarebbe opportuno precisare che i fondi pensione con meno di cento aderenti possono comunque scegliere di applicare su base volontaria anche le disposizioni in materia di previdenza complementare contenute nei D.Lgs. 124/1993 e 252/2005 che secondo il regolamento della COVIP non dovrebbero applicarsi a tali fondi. Per le medesime ragioni sarebbe opportuno prevedere espressamente che: trovano comunque applicazione, anche nei confronti di tali fondi pensione, le disposizioni relative alla scelta di un soggetto gestore o di un soggetto depositario aventi sede in un altro Stato membro; nel caso di disapplicazione, anche parziale, della disciplina in materia di previdenza complementare, ai medesimi fondi non si applicano le disposizioni in materia di attività transfontaliera di cui ai nuovi articoli 15-bis, 15-ter e 15-quater, che recepiscono le prescrizioni dell'articolo 20 della direttiva.
L'articolo 6 adegua le disposizioni in materia di sanzioni penali ed amministrative contenute nel D.Lgs. 252/2005, rifacendosi in parte alle analoghe disposizioni previste relativamente all'attività bancaria, assicurativa e di intermediazione finanziaria. Vengono inoltre recepiti i principi indicati dall'articolo 29-bis della legge n. 62/2005, relativi ai criteri per la determinazione in concreto delle sanzioni e alla responsabilità in solido degli enti nel cui interesse il colpevole ha agito salvo il diritto di regresso.
Le disposizioni sanzionatorie di carattere penale (comma 1), relative all'abusiva attività di forma pensionistica complementare e alle false informazioni degli organi


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amministrativi e dei responsabili dei fondi pensione, riproducono analoghe fattispecie già contenute nel D.Lgs. 252/2005. Si prevede invece un ampliamento delle fattispecie per cui è prevista una sanzione amministrativa. Si introduce una nuova fattispecie sanzionatoria amministrativa pecuniaria per l'utilizzo abusivo della denominazione «fondo pensione». Per quanto riguarda le violazioni commesse dagli organi amministrativi e di controllo e dei responsabili dei fondi pensione, si introducono ulteriori casi di violazioni con riferimento al mancato adempimento di una serie di prescrizioni contenute nel D.Lgs. 252/2005 o delle disposizioni emanate dalla COVIP, nonché all'inosservanza delle disposizioni relative ai requisiti di onorabilità e professionalità e alle cause di incompatibilità e decadenza, ai limiti agli investimenti e ai conflitti di interesse e all'adeguamento delle forme pensionistiche complementari già istituite alla data di entrata in vigore della legge 421/1992 alla nuova disciplina della previdenza complementare. Si evidenzia inoltre l'attribuzione alla COVIP del potere di inibire temporaneamente l'attività dei fondi pensione nel caso di gravi violazioni.
L'articolo 7 prevede una serie di abrogazioni al D.Lgs. 124/1993 e al D.Lgs. 252/2005, consequenziali alle modifiche introdotte nei medesimi provvedimenti.
L'articolo 8 reca la clausola di invarianza finanziaria.
Concludendo, preannuncia una proposta di parere favorevole con osservazione relativamente all'articolo 5, capoversi articolo 15-ter e articolo 15-quinquies.
Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.15 alle 16.20.

ATTI COMUNITARI

Mercoledì 13 dicembre 2006. - Presidente del presidente Franca BIMBI.

La seduta comincia alle 16.20.

Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo - Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile.
COM(2006)319 def.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

Rosella OTTONE (Ulivo), relatore, rileva che la Comunicazione della Commissione europea «Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile», presentata lo scorso 22 giugno 2006, contiene varie ipotesi di riforma dell'organizzazione comune dei mercati nel settore vitivinicolo (OCM) e si inserisce nel quadro più ampio delle riforme della politica agricola comune (PAC) attuate nel 2003, 2004 e 2005.
Dopo aver ricordato brevemente i risultati emersi in occasione sia delle audizioni degli operatori di settore svolte dalla Commissione Agricoltura, sia dell'audizione del Ministro delle Politiche agricole e comunitarie svolta dalle Commissioni congiunte XIII e XIV lo scorso 6 dicembre, rileva che la riforma risponde all'esigenza di affrontare i principali problemi di questo settore, in termini di diminuzione dei consumi interni e di aumenti delle importazioni di vino dai Paesi terzi. Nell'Unione europea vi sono più di 1,5 milioni di aziende produttrici di vino su un'area di 3,4 milioni di ettari, ossia il 2 per cento della superficie agricola dell'Unione. Nel 2004 la produzione vinicola ha rappresentato il 5,4 per cento della produzione agricola comunitaria. Tuttavia, il consumo interno di vino diminuisce di circa lo 0,65 per cento all'anno, mentre le importazioni aumentano ad un ritmo più sostenuto delle esportazioni: solo per le misure di distillazione di crisi nel mese di giugno 2006 sono stati stanziati 131 milioni di


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euro dei fondi comunitari (i paesi beneficiari sono stati la Francia e l'Italia).
I principali obiettivi che la Commissione intende perseguire attraverso la riforma del settore sono: aumentare la competitività dei produttori europei di vino; rafforzare la notorietà dei vini europei; riconquistare quote di mercato. Ulteriori obiettivi contenuti nella comunicazione sono: l'istituzione di un regime vitivinicolo basato su regole semplici ed efficaci per assicurare il ripristino dell'equilibrio tra offerta e domanda; la salvaguardia delle migliori tradizioni della viticoltura europea e il rafforzamento del tessuto sociale delle zone rurali, garantendo altresì il rispetto dell'ambiente.
Tra le varie opzioni, la Commissione ha manifestato la propria preferenza per una riforma «radicale» che tocca tutti gli aspetti del settore.
La riforma «radicale» prevederebbe: l'offerta di generosi incentivi ai produttori per estirpare i vigneti non redditizi; l'abolizione di misure di sostegno del mercato come la distillazione; la semplificazione delle norme che disciplinano l'etichettatura e le pratiche enologiche; il trasferimento di risorse a favore di interventi di sviluppo rurale fatti su misura per il settore vitivinicolo; l'assegnazione di dotazioni finanziarie agli Stati membri per l'attuazione di misure da decidere a livello nazionale.
Nello specifico le misure prospettate sono le seguenti: nella variante A della riforma proposta dalla Commissione, la riattivazione del regime di estirpazione di superfici vitate, abbinato a un premio di livello tale da invogliare i produttori non competitivi ad abbandonare la viticoltura. Il premio verrebbe ridotto annualmente, così da incitare i produttori a richiederlo fin dal primo anno. Lo scopo è espiantare 400.000 ettari in cinque anni, a fronte di aiuti per un importo massimo complessivo di 2,4 miliardi di euro. L'estirpazione avverrà su base del tutto volontaria; la proroga del regime dei diritti di impianto è fino al 2013, data di scadenza definitiva; sarebbero abolite le misure di regolazione del mercato come l'aiuto per la distillazione dei sottoprodotti, l'aiuto per il magazzinaggio privato e l'aiuto per l'uso del mosto. La distillazione di crisi sarebbe abolita o sostituita da una sorta di rete di sicurezza alternativa, finanziata a partire dalla dotazione finanziaria nazionale; parte dei fondi sarebbe trasferita al bilancio dello sviluppo rurale per finanziare misure specifiche per il settore vitivinicolo, come prepensionamenti dell'entità di 18.000 euro all'anno e programmi agroambientali. attuazione di una politica di qualità su due categorie di vino: i vini a indicazione geografica e i vini senza indicazione geografica; adozione di norme di etichettatura più semplici, a vantaggio dei consumatori, che aiuterebbero inoltre i produttori a rafforzare la propria posizione concorrenziale, come potrebbe essere l'indicazione del vitigno e dell'annata anche per i vini senza indicazione geografica; la competenza di approvare le nuove pratiche enologiche sarebbe affidata alla Commissione e sarebbero riconosciute le pratiche enologiche ammesse dall'OIV (Organizzazione internazionale della vigna e del vino); limitazione o divieto dell'utilizzo di saccarosio per l'aumento del titolo alcolometrico del vino.
La proposta di riforma della Commissione pur contenendo condivisibili elementi di novità come: la previsione di envelope nazionali, che forniscono ai singoli Stati membri dotazioni finanziarie utili a gestire i rispettivi Piani di filiera; la liberalizzazione dei diritti di impianto dopo il 2013; l'eliminazione delle misure di stoccaggio, che non hanno più una loro utilità; la limitazione dell'impiego del saccarosio e la modifica del regime dei mosti concentrati. Presenta alcuni elementi critici, che potrebbero influire negativamente sulla viticoltura italiana e più in generale mediterranea. L'Italia, in particolare, è il secondo maggior produttore (prima è la Francia) con 51 milioni di ettolitri (28,5 per cento della produzione UE), ma è il primo per occupati: si contano circa 770.000 aziende e oltre un milione di addetti; nel 2004 la produzione vitivinicola italiana ha costituito il 10 per cento del valore delle produzioni agricole nazionali.


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La proposta di riforma ha il limite di essere prevalentemente orientata alla riduzione della produzione e della superficie coltivata a vite, piuttosto che a misure di riorganizzazione dell'offerta e sostegno dei consumi. Il problema di fondo del settore vitivinicolo europeo, tuttavia, non è la sovrapproduzione, bensì la riduzione della domanda interna e di quella estera. Le esportazioni e le vendite nel mercato interno sono state erose dalla forte concorrenza che proviene dai nuovi competitors mondiali come l'Australia, la Cina, la Nuova Zelanda. Il principale obiettivo dovrebbe essere quindi sostenere l'offerta in termini di qualità e competitività.
L'obiettivo principale della riforma appare invece l'espianto di 400.000 ettari di viti che, pur su base volontaria, appare eccessivamente ambizioso, anche perché di fatto concentrato in alcuni Paesi dell'Unione. Pur prendendo atto dell'esigenza segnalata dalla Commissione di ridurre la produzione, va sottolineato che questa dovrebbe essere solo una misura accessoria dell'intera riforma e che sarebbe opportuno procedere ad una ridefinizione delle misure previste, coinvolgendo anche le regioni interessate nella determinazione dei programmi di riconversione. Questi ultimi dovrebbero essere diretti, da un lato, a salvaguardare la produzione di qualità e, dall'altro, a finanziare una riconversione graduale, garantendo un'adeguata tutela ai soggetti coinvolti.
La Commissione propone, inoltre, di allineare le norme d'identificazione geografica dell'UE su quelle degli accordi commerciali relativi alla proprietà intellettuale (TRIPS) dell'Organizzzione mondiale del commercio (OMC), negando così il valore delle sue DOC. Le norme TRIPS, infatti, non sono basate su criteri di qualità, ma prendono in considerazione soltanto il criterio geografico, in senso stretto, trasformando la indicazione geografica in un «immagine di marca». Per garantire la salvaguardia della qualità dei vini italiani d'eccellenza e favorire il loro sbocco sul mercato nazionale ed estero, occorre invece insistere affinché nell'etichettatura sia mantenuta l'indicazione DOC e, al contempo, sia aggiunta l'indicazione del Paese di origine.
La proposta poi della Commissione di abolire le misure di gestione del mercato, come l'aiuto alla distillazione dei sottoprodotti e quello relativo ai mosti, a fronte del riconoscimento delle pratiche enologiche ammesse dall'Organizzazione internazionale della vite e del vino e di maggiori facilitazioni all'importazione di mosti (che di fatto favorirebbe il miscuglio di vini UE con vini di altra provenienza), non sembra in grado condizionare la produzione europea, ma piuttosto sembrerebbe lasciare questo compito al mercato internazionale, dove gran parte delle regole del gioco sono fatte su modelli di viticoltura inapplicabili in Europa. Il risultato sarà spingere l'intera produzione europea su una corta gamma di vini industrializzati, perdendo la grande ricchezza della cultura che da secoli, ormai, contraddistingue questo settore.
Ricorda, infine, per quanto riguarda infine il dibattito a livello comunitario sulla riforma del settore vitivinicolo, occorre ricordare quello svoltosi nell'ambito della riunione del Consiglio agricoltura del 24 e 25 ottobre 2006, sulla base di un questionario predisposto dalla Presidenza finlandese. Il dibattito ha evidenziato come vi sia, da un lato, un accordo generale circa la necessità di una profonda riforma del settore e, dall'altro, sussistano divergenze sulle modalità della stessa. Un'ampia maggioranza di Stati membri (secondo notizie di stampa) si sarebbe opposta all'autorizzazione d'importare mosti originari di paesi terzi e mescolare vini comunitari con vini stranieri. Una decina di paesi (Germania, Austria, Paesi Bassi, Regno Unito, Lussemburgo, Ungheria, e Repubblica ceca) hanno ribadito il loro rifiuto alla proposta della Commissione di vietare l'uso di zucchero per arricchire il vino. Vari paesi hanno chiesto una modifica o semplificazione delle regole di etichettatura dei vini. Nel comunicato stampa che ha seguito la riunione è


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stato precisato come molte delegazioni appoggino l'opzione 2 (quella relativa ad una profonda riforma del settore) mentre alcune delegazioni suggeriscono di aggiungere all'opzione 2 alcuni elementi dello schema di pagamento disaccoppiato. Inoltre alcune delegazioni si sono dichiarate a favore della proposta di rendere accessibili le pratiche enologiche approvate dall'OIV per usufruire delle stesse possibilità dei produttori dei paesi terzi. Il Consiglio agricoltura del 25 ottobre si è concluso con l'invito rivolto alla Commissione a presentare la proposta legislativa di riforma del settore vitivinicolo nella prima metà del 2007.
Sottolinea, pertanto, l'importanza di concludere celermente l'esame della Comunicazione della Commissione, in modo da trasmettere alla Commissione di merito, al Governo e alle competenti sedi comunitarie le osservazioni in merito alla riforma.
Ritiene peraltro opportuno che la posizione della Commissione si esprima non solo attraverso il parere alla Commissione di merito, ma anche con un atto di indirizzo al Governo presentato dai suoi componenti direttamente in Assemblea.

Franca BIMBI, presidente, esprime apprezzamento per la relazione, sottolineando l'importanza di un lavoro svolto in forma integrata rispetto a quello della Commissione di merito e che ha potuto utilmente tener conto dei risultati emersi in quella sede.
In questa, come in altre occasioni in cui la Commissione XIV è chiamata ad esprimere parere sui vari provvedimenti all'esame del Parlamento, è evidente il ruolo svolto dalla Commissione, che è in grado di fornire un utile contributo grazie anche alla sua posizione «più distante» rispetto agli interessi parcellizzati dei singoli soggetti. Occorre pertanto ribadire il ruolo complementare, e non subordinato, della Commissione Politiche Unione europea rispetto alle altre Commissioni.
Prendendo spunto dalla riflessione sulle regole e procedure che reggono la sessione di bilancio, e sulle stesse norme che disciplinano i contenuti della legge finanziaria, ritiene che la Commissione XIV potrebbe utilmente svolgere una riflessione, in forma di seminario, sulle procedure previste per il recepimento della legge comunitaria e, più in generale, su quelle che definiscono il ruolo ed il funzionamento della Commissione rispetto agli altri soggetti istituzionali.

Arnold CASSOLA (Verdi) concorda con le valutazioni del Presidente e rileva che sarebbe utile verificare il ruolo che le Commissioni omologhe alla XIV hanno negli altri Paesi dell'Unione europea.

Franca BIMBI, presidente, osserva che il confronto con i rappresentanti di Delegazioni, rispettivamente, del Senato e dell'Assemblea Nazionale francesi non hanno fatto emergere elementi di conforto. In altri Paesi, invece, come l'Austria e la Finlandia, le Commissioni per gli Affari europei svolgono un ruolo più centrale.
Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame della comunicazione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16.30.