Commissioni Riunite III e IV - Resoconto di marted́ 20 febbraio 2007


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SEDE REFERENTE

Martedì 20 febbraio 2007. - Presidenza del presidente della IV Commissione, Roberta PINOTTI. - Intervengono il viceministro degli affari esteri, Ugo Intini, e il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 4/2007: Proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali.
C. 2193 Governo.
(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni riunite proseguono l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo nella seduta del 15 febbraio 2007.

Sergio D'ELIA (RosanelPugno), alla luce di quanto emerso nelle precedenti sedute dagli interventi dei relatori e dei rappresentanti del Governo, osserva che è evidente che il provvedimento in esame concerne esclusivamente missioni di tipo multilaterale, ivi compresa quella in Afghanistan, che però suscita sensibilità disomogenee e al momento rappresenta l'elemento di crisi della politica estera dell'Italia. Si tratta, tuttavia, di una missione sorta sotto l'egida delle Nazioni Unite e della Nato, nonché condivisa dalla stessa Unione europea. Non è da considerare, a suo avviso, un fatto drammatico che nella maggioranza di governo vi siano al riguardo diversi punti di vista, che potrebbero eventualmente tradursi in singoli voti contrari o di astensione sul provvedimento. Si tratta di una eventualità che rientra nell'ambito della libertà, riconosciuta al singolo parlamentare, di esprimere il proprio voto secondo coscienza, anche in dissenso dalla posizione del proprio gruppo. Il dissenso politico sembra però riguardare la contrarietà per principio a qualunque tipo di coinvolgimento militare dell'Italia in uno scenario di guerra. Sottolinea di dissentire nel modo più netto da una simile presa di posizione integralmente pacifista, che considera alla stregua di un qualunque integralismo. Infatti, l'alternativa alla guerra non è l'affermazione astratta della pace, ma la sua pratica sulla base di solide fondamenta, costituite dallo stato di diritto, dai principi di democrazia, dal rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali. La storia contemporanea insegna che raramente le guerre scoppiano tra Stati democratici e che pertanto il rafforzamento dei valori


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democratici costituisce la migliore garanzia per la realizzazione e il mantenimento della pace. A suo avviso, peraltro, una visione integralmente pacifista spesso finisce per optare in ogni caso per il mantenimento dello status quo, con il rischio di dare legittimazione o di non assumere iniziative neanche nei confronti di regimi dittatoriali.
Per quanto concerne l'Afghanistan, i contributi dei relatori, dei rappresentanti del Governo e dei soggetti che sono stati auditi hanno evidenziato che proprio in tale Paese si sono registrati i maggiori progressi in termini di ritorno dei bambini a scuola, di svolgimento di elezioni democratiche, di presenza femminile nelle istituzioni e di rinascita di un movimento di opinione pubblica.
Occorre, quindi, valutare se l'obiettivo che si persegue è la costruzione di un Afghanistan democratico, obiettivo che oggi impone il mantenimento da parte della forza internazionale del controllo sul territorio e di condizioni di sicurezza, che, come emerse anche nel corso dell'audizione del Capo di Stato maggiore della difesa, costituiscono le premesse essenziali per lo sviluppo. A suo avviso, coloro che chiedono con insistenza l'individuazione di una exit strategy per l'Afghanistan dovrebbero valutare con attenzione gli obiettivi e gli elementi in gioco.
Sottolinea che il disegno di legge in esame, peraltro, presenta, a differenza dell'analogo provvedimento approvato nel 2006, un sensibile rafforzamento degli aspetti civili e umanitari connessi alla nostra presenza in Afghanistan, oltre ad una maggiore distinzione tra gli interventi di cooperazione allo sviluppo e le strutture militari. Alla luce di questa novità, sarebbe opportuno considerare l'inizio di una riflessione sulla conversione, almeno parziale, delle spese dell'industria militare a favore degli interventi civili.
In conclusione, ritiene che non si debbano valutare nuove strategie per l'esportazione della democrazia o dei cosiddetti valori dell'Occidente, ma individuare gli strumenti che possano davvero consentire di affrontare le minacce del nostro tempo.

Dario RIVOLTA (FI) rileva che gli aspetti di criticità, contenuti nel disegno di legge in esame, concernono essenzialmente le missioni in Afghanistan, in Libano e in Kosovo. Per quanto riguarda l'Iraq, l'Italia, che ha dato un contributo di sangue per il futuro di quel Paese, è presente e attiva nella prosecuzione del lavoro di ricostruzione. Al riguardo, ritiene che il Governo italiano dovrebbe fornire elementi circa la presenza in Iraq di organizzazioni non governative e di imprese italiane, in ordine alle misure di sicurezza che sono state adottate per consentirne il lavoro.
Per quanto concerne il Kosovo, il contingente italiano è impegnato da molti anni nella tutela della condizione dei serbi kosovari e del patrimonio culturale della minoranza serba. In questa fase è in atto un negoziato importante intorno alla proposta dell'inviato speciale dell'Onu, Maarti Athissari, che al momento sembra avere scontentato sia la parte serba che quella kosovara. Qualunque sia la decisione adottata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, è prevedibile un deterioramento della situazione attuale. Occorre, pertanto, comprendere se, di fronte a questa prospettiva, il Governo italiano intende adottare iniziative specifiche.
Per quanto concerne l'Afghanistan, si tratta di una missione complessa, anche per quanto riguarda il dibattito in corso in Italia. Concorda con il deputato D'Elia nel ritenere che debba proseguire il processo di democratizzazione dell'Afghanistan, anche in considerazione del contributo assicurato dall'Italia. L'Afghanistan di oggi non è un territorio pacificato ed è prevedibile una ripresa delle ostilità con l'arrivo della prossima primavera, come lo stesso presidente Bush ha dichiarato di recente. Osserva che la soluzione del nodo afghano è sicuramente di tipo politico, ma si fonda su una decisione che deve essere assunta previamente e che riguarda la considerazione dei talebani come parte del negoziato o come formazione terroristica che in nessun modo deve essere legittimata. Occorre altresì valutare con attenzione il ruolo dei Paesi che confinano con l'Afghanistan, l'opportunità che sia coinvolto


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l'Iran, oltre alla natura stessa dell'azione della comunità internazionale, vale a dire se essa sia mirata a contrastare il terrorismo internazionale o una fazione interna alla scena politica afghana.
A suo giudizio, nella fase attuale, non è però possibile affermare che i militari italiani in Afghanistan non sono coinvolti in uno scenario di guerra, a meno di non essere pronti ad assumersi una grave responsabilità per la sicurezza degli stessi militari.

Tana DE ZULUETA (Verdi), nel considerare utili gli spunti emersi dalle audizioni svolte nelle precedenti sedute, osserva che il Parlamento italiano sembra scontare un approccio che impoverisce la sua capacità di incidere efficacemente sulla questione delle missioni internazionali, anche a causa della mancata istituzione dello strumento di monitoraggio, previsto dalla mozione approvata lo scorso 17 luglio 2006. Preannuncia la presentazione di un emendamento da parte del suo gruppo per la istituzione di un organismo che possa avvalersi di personale esterno al Ministero della difesa e sia tenuto ad un obbligo di informazione nei confronti del Parlamento. A suo avviso, è giunto il momento di valutare le scelte adottate in passato, che comportano oggi la destinazione di ingenti somme di denaro a favore di missioni di non verificata opportunità e necessità. Per quanto concerne l'Afghanistan, si tratta di una missione in atto da cinque anni, che ha garantito il raggiungimento di risultati esigui per la popolazione locale. Nell'esprimere apprezzamento per il ruolo prioritario dato al versante della cooperazione allo sviluppo, osserva che manca un'informazione in ordine ai risultati conseguiti dall'Italia, impegnata sul versante della ricostruzione del sistema giudiziario in Afghanistan. Ad oggi, risulta che la giustizia rappresenta un servizio non disponibile per i cittadini afgani. A suo avviso l'expertise italiana dovrebbe essere indirizzata a sostegno degli sforzi compiuti dalla commissione nazionale per i diritti umani, che è stata istituita in Afghanistan e che ha svolto un considerevole lavoro di monitoraggio sullo stato dei luoghi di detenzione. Costituisce un segnale negativo il fatto che il governo afghano abbia di recente deciso di ridurre di circa un milione di euro i fondi messi a disposizione di tale commissione. Al riguardo, auspica che il provvedimento in esame, che condivide nel merito complessivo, possa essere integrato con un intervento di sostegno a favore della commissione stessa. A suo avviso, l'impegno dell'Italia dovrebbe anche considerare interventi a favore dei rifugiati, al fine di prevenire spinte destabilizzanti lungo i confini dell'Afghanistan.
Nel sottolineare il ruolo decisivo dell'Italia nella gestione della questione libanese da parte della comunità internazionale e nel rafforzamento dell'azione svolta dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea, ritiene che, applicando il modello libanese, occorrerebbe estendere la bandiera delle Nazioni Unite al Medio Oriente e all'Africa.

Elettra DEIANA (RC-SE), in merito a quanto osservato dal deputato Rivolta, ricorda che in passato sia i talebani che lo stesso regime di Saddam Hussein si sono avvalsi del sostegno americano, quando ciò si è reso strategicamente necessario nell'antagonismo tra gli Stati Uniti e l'allora Unione Sovietica. Osserva che l'attuale dibattito dovrebbe essere impostato non in termini di confronto tra le nefandezze compiute sui diversi fronti, ma su argomenti seri e ben soppesati. La missione in Afghanistan è nata come prima risposta all'attentato dell'11 settembre 2001 e al fenomeno del terrorismo internazionale, che costituisce ad oggi una problematica attuale ed autonoma da altre questioni di politica internazionale. Tuttavia, è un fatto oggettivo che le guerre che da quella data sono state condotte contro il terrorismo non hanno prodotto alcun risultato. In questa fase è doveroso condurre un confronto scevro dalla retorica e che guardi ai risultati, come correttamente segnalato dal deputato De Zulueta: i dati sulla presenza delle donne afgane nelle istituzioni non incidono sulla realtà che vede le donne di


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quel Paese essere ancora merce di scambio nei rapporti sociali. La riflessione deve guardare agli interessi strategici presenti in campo. Una questione centrale riguarda il ruolo della Nato: è evidente che la missione in Afghanistan costituisce un banco di prova essenziale per il suo ruolo futuro, considerato che tale organizzazione assolve oggi ad un mandato ben diverso da quello fissato al momento della sua istituzione. Tale passaggio di funzioni, deciso sulla base di un nuovo programma strategico, è stato sancito nel marzo del 2003, con l'assunzione da parte della Nato della guida della missione ISAF, senza alcun confronto nelle sedi politiche, anche nazionali, che invece sarebbe imprescindibile se davvero si volesse pervenire ad una soluzione di tipo politico per la crisi afghana.

Roberta PINOTTI, presidente della IV Commissione e relatore della IV Commissione, essendo imminente l'inizio delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.55.