Commissioni Riunite III e IV - Resoconto di mercoledì 21 febbraio 2007


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SEDE REFERENTE

Mercoledì 21 febbraio 2007. - Presidenza del presidente della IV Commissione, Roberta PINOTTI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi.

La seduta comincia alle 8.45.

DL 4/2007: Proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali.
C. 2193 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato da ultimo nella seduta del 20 febbraio 2007.

Iacopo VENIER (Com.It), in relazione al ritardato inizio della seduta odierna, sottolinea l'importanza che il dibattito sul disegno di legge avvenga sempre alla presenza del rappresentante del Governo ai fini della individuazione di una posizione coesa all'interno della coalizione di maggioranza. Osserva che il disegno di legge in titolo non consente di svolgere una valutazione sulle singole missioni all'estero, in cui l'Italia è impegnata, e, dunque, di valutare l'impegno profuso dalle Forze armate sui singoli versanti. Si tratta, in sostanza, di uno strumento inadeguato per condurre quel monitoraggio sulle missioni militari, prospettato dal programma dell'Unione e dalla mozione approvata dalla Camera lo scorso 17 luglio 2006.
Sottolinea che il suo gruppo ha condiviso le scelte di politica estera assunte dal Governo, con particolare riferimento alle critiche rivolte alla strategia unilaterale dell'amministrazione Bush e alle iniziative assunte in occasione della crisi libanese. La missione UNIFIL dovrebbe, a suo avviso, costituire un modello di riferimento per ogni altra missione italiana, trattandosi di una missione «terza» rispetto alle parti coinvolte nel conflitto. La nostra presenza in Libano è, inoltre, condivisibile perché contribuisce alla pacificazione dell'intera area, in considerazione della priorità che l'Italia riconosce alla soluzione della crisi mediorientale.
Un obiettivo ulteriore deve essere il rafforzamento dell'azione svolta nelle sedi multilaterali, dalle Nazioni Unite all'Unione europea, anche per quanto concerne la presenza nei Balcani, dove invece


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dovrebbe venire meno la presenza della NATO.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, ritiene che tale missione avrebbe meritato una riflessione separata. Osserva che, mentre sono chiari gli elementi di condivisione tra le diverse forze politiche presenti nella maggioranza di governo, quali il rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite e dell'Unione europea, il rispetto del diritto internazionale e l'adozione di strumenti d'intervento imparziali, la missione in Afghanistan non corrisponde a tali requisiti. Occorre ribadire l'impegno per la realizzazione di una conferenza di pace e respingere l'appello, lanciato dal presidente Bush, per l'irrobustimento delle strutture militari in vista di un'offensiva nella prossima primavera.
A suo giudizio, il disegno di legge in esame dovrebbe portare chiarezza sulla posizione del Governo italiano nelle sedi internazionali ai fini della modifica della natura della missione in Afghanistan rispetto all'impostazione strategica di tipo unilaterale che gli Stati Uniti continuano a perseguire, malgrado il fallimento registrato in Iraq. Preannuncia, infine, la presentazione di proposte emendative volte e promuovere un'evoluzione della posizione italiana nel senso testé indicato.

Pietro MARCENARO (Ulivo) osserva che, dopo il ritiro dell'Italia dalla missione in Iraq, è incontestabile che il Governo e il Parlamento italiani operino sulla base di decisioni assunte in ambito multilaterale in conformità dell'articolo 11 della Costituzione. A suo avviso, le missioni in Afghanistan, Libano e nei Balcani si differenziano quanto ai diversi tempi di maturazione della situazione politica. Per quanto concerne il Kosovo, la questione di fondo attiene non soltanto ai rapporti tra i due diretti protagonisti del conflitto ma anche ai rapporti tra l'Unione europea, gli Stati Uniti e la Russia. In Libano, appare equilibrato il rapporto tra l'iniziativa politica e quella militare, mentre è evidente che oggi è necessario pervenire ad una soluzione globale della crisi mediorientale.
In Afghanistan la situazione è diversa. Emerge da più parti la necessità di individuare una success strategy piuttosto che optare per il ritiro dei militari italiani. Nella certezza che l'intervento militare supplisce sempre alla debolezza della politica, appare necessario riflettere su come superare la debolezza politica afghana, una responsabilità che è da ascrivere alla comunità internazionale nel suo complesso e non soltanto all'Italia. In Afghanistan è necessario insistere sul consolidamento delle istituzioni e sulla cooperazione allo sviluppo, oltre che tenere nella giusta considerazione il variegato scenario politico locale. In questo contesto, il ruolo dell'Italia consiste nell'assumere iniziative politiche di pace che sappiano rappresentare tali istanze alla comunità internazionale, superando la visione statunitense che annuncia prossimi interventi militari ma tace sulla soluzione politica. Alla luce di tali considerazioni, esprime il consenso del suo gruppo sul provvedimento in esame.

Alessandro FORLANI (UDC) esprime condivisione sui contenuti del disegno di legge, in quanto le missioni militari all'estero sono necessarie per garantire equilibrio e stabilità, oltre che per assicurare tutela alle popolazione interessate dai conflitti. Le aree di maggiore complessità sono senza dubbio rappresentate dall'Afghanistan, dal Libano e dal Kosovo. Per quanto riguarda quest'ultimo, il rapporto dell'Inviato speciale dell'Onu ha prospettato una formula che conferma la permanenza della forza internazionale sul territorio, al fine di garantire la piena attuazione del futuro status del Kosovo. Analogamente, per il Libano è prevedibile che la forza internazionale sarà chiamata a mantenere la propria presenza nell'area alla luce della fragile situazione politica e della necessità di garantire la sovranità di quel Paese. L'Afghanistan è interessato da una missione più complessa, in cui, dopo ben cinque anni di permanenza, non appaiono conseguiti risultati soddisfacenti.


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L'ulteriore permanenza della forza internazionale sembra sensata solo se finalizzata ad un rafforzamento degli interventi di ricostruzione e di aiuto allo sviluppo, che avrebbero dovuto essere irrobustiti subito dopo la caduta del regime talebano. Preannuncia, quindi, la presentazione di emendamenti volti a promuovere un ruolo più efficace della presenza italiana, ai fini dei citati interventi di cooperazione e di ricostruzione.

Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI), associandosi a quanto osservato dal deputato Rivolta nel corso della seduta di ieri, rileva che l'intervento in sede di replica del rappresentante del Governo potrebbe essere determinante ai fini della presentazione o meno di eventuali proposte emendative da parte del suo gruppo. In generale, osserva che i finanziamenti previsti dal decreto-legge configurano interventi «a pioggia», che sembrano volere manifestare una generica buona volontà non accompagnata da una conoscenza reale delle necessità delle popolazioni locali. Rileva, con particolare riferimento ai 15 milioni di euro destinati al Libano, che si tratta di una somma esigua che tradisce la mancanza di un monitoraggio ex ante sui reali bisogni, eventualmente segnalati dal governo locale, e sulla possibilità di destinare i fondi a favore di organizzazioni non governative libanesi. Ritiene altresì necessario che il Governo chiarisca i criteri secondo i quali sono state individuate le priorità da seguire, considerato che l'obiettivo della formazione professionale, perseguito con taluni finanziamenti, è da ritenere secondario rispetto a quello dello sminamento del territorio libanese, che invece non figura tra le priorità del provvedimento. Poiché appare carente il controllo sullo stato dei singoli scenari di crisi, sarebbe preferibile inquadrare gli interventi italiani nell'ambito di programmi assunti da agenzie onusiane, specializzate nell'aiuto alle popolazioni, come nel caso dell'Office for the Co-ordination of Humanitarian Affairs (OCHA) o del Programma Alimentare Mondiale (PAM), che però potrebbero impiegare funzionari italiani per la gestione degli interventi finanziati dall'Italia. Segnala inoltre un'incongruenza tra quanto previsto all'articolo 2, comma 5, del decreto-legge e quanto invece indicato nella relazione tecnica, che accompagna il provvedimento, nella parte in cui si dà conto dell'invio in Iraq di otto esperti italiani all'interno dell'Unità di sostegno alla ricostruzione (USR) di Nassirya e presso le istituzioni irachene. Ribadisce la necessità che gli interventi di ricostruzione dell'Iraq si conformino al criterio della preferenza di risorse professionali reclutate a livello locale.

Guglielmo PICCHI (FI) osserva che il disegno di legge in esame risente di un equivoco di fondo, che segna la politica estera dell'attuale Governo italiano e che concerne la volontà di marcare una discontinuità con l'esecutivo precedente laddove, di fatto, non si riesce che a «navigare a vista» e non si dispone di una visione coerente della politica internazionale. A suo giudizio, la maggioranza di governo ha il dovere di chiarire ai cittadini le proprie intenzioni sulla missione in Afghanistan, in coerenza con quanto sostenuto anche al di fuori dell'istituzione parlamentare. Gli equivoci che segnano l'azione dell'attuale Governo italiano si riflettono, peraltro, sull'ambiguità della terminologia adottata nel decreto-legge ed in particolare nel suo titolo.
Preannuncia la presentazione di emendamenti volti a conservare la cadenza semestrale della proroga del finanziamento delle missioni, ritenendo inopportuno introdurre una nuova cadenza annuale senza predisporre adeguati strumenti di monitoraggio. Infine, segnala l'opportunità di un chiarimento sulle ragioni del mancato rifinanziamento della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione dell'Unione europea EUBAM in Moldova e Ucraina.


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Francesco Saverio GAROFANI (Ulivo) ricorda che in occasione dell'ultimo confronto parlamentare relativo al rifinanziamento delle missioni internazionali si discusse a lungo intorno al tema della continuità o discontinuità della politica estera italiana. In proposito ritiene innegabile come si sia in presenza di un nuovo corso contraddistinto da due evidenti novità.
La prima riguarda il rientro delle truppe italiane dall'Iraq, la seconda concerne il ruolo di primo piano che ha assunto l'Italia in occasione del potenziamento della missione UNIFIL in Libano, che può essere qualificato come esempio di multilateralismo efficace. In generale, sottolinea come tutte le missioni a cui partecipa l'Italia si svolgano sotto l'egida delle principali istituzioni internazionali, quali le Nazioni Unite, l'Unione europea e l'Alleanza atlantica. Sottolinea altresì come la politica estera orientata all'unilateralismo che ha caratterizzato la presidenza Bush sia stata contrassegnata negli ultimi tempi da evidenti segni di crisi: la vittoria dei democratici nelle elezioni di medio-termine, il voto contrario espresso dalla maggioranza del Congresso americano all'invio di nuove truppe in Iraq e i segnali di preoccupazione lanciati dal Presidente Putin riguardo alla politica di difesa degli Stati Uniti, che lasciano presagire il rischio di una nuova corsa agli armamenti. Ritiene tuttavia che il multilateralismo efficace in politica estera non sia un fatto acquisito, ma vada costruito giorno per giorno anche con interventi economici, di sviluppo, di rafforzamento delle istituzioni, di crescita delle società civili. In questa prospettiva, giudica pertanto molto positivo il nuovo titolo che è stato assegnato al decreto-legge di proroga delle missioni, in cui si fa esplicitamente riferimento a missioni umanitarie e internazionali, a testimonianza dei rilevanti interventi di cooperazione allo sviluppo che sono contenuti nel decreto stesso, soprattutto per quanto riguarda l'Afghanistan ed il Libano.
Per quanto concerne l'intervento in Afghanistan, che ha assunto un ruolo centrale nella discussione, sottolinea come, pur nella difficoltà della situazione, un ritiro delle truppe italiane in questo momento sarebbe un grave errore. La situazione del Paese, infatti, è ancora molto fragile e contraddittoria - anche per la diversità delle realtà territoriali - tanto che nella prossima primavera, secondo quanto annunciato dal Presidente Bush, potrebbe aprirsi una nuova fase del conflitto. A questo proposito sottolinea come il Governo italiano e il Governo tedesco abbiano respinto le pressioni americane per un rafforzamento delle proprie truppe. Si tratta di una risposta ferma ispirata ai principi costituzionali relativi al ripudio della guerra e all'uso della forza solo per esigenze di difesa. Nel ricordare come la risoluzione n. 1386 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, in attuazione degli accordi di Bonn, indichi nel consolidamento delle istituzioni politiche e della sicurezza il mandato della missione ISAF, sottolinea come l'intervento in Afghanistan sia una missione di pace ispirata ai principi di cui all'articolo 11 della Costituzione. L'impegno in Afghanistan richiede tuttavia ancora uno sforzo che vada oltre la presenza militare senza poter prescindere da essa. Ciò significa concretamente aumentare i mezzi e le risorse da destinare alla ricostruzione ed allo sviluppo, rafforzando il ruolo civile della cooperazione e distinguendo più nettamente le operazioni militari di contrasto al terrorismo da quelle più propriamente umanitarie. L'Italia deve quindi, a suo avviso, rimanere in Afghanistan per salvaguardare il multilateralismo e privilegiare una soluzione politica senza strappi, anche attraverso la promozione di una conferenza internazionale per la pace, che dovrebbe avere la funzione di riportare la politica in primo piano.

Marco ZACCHERA (AN) esprime apprezzamento per il metodo di lavoro adottato per l'esame del disegno di legge, soprattutto per quanto riguarda gli approfondimenti


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svolti nel corso delle audizioni. Auspica che tale metodo sia utilizzato anche in futuro, soprattutto per quanto concerne l'ascolto delle istanze della società civile. Rileva che il testo del decreto-legge dissimula interventi di mero carattere nominale, volti ad ostentare un cambiamento di linea rispetto al passato, che consistono, ad esempio, nel denominare come umanitarie missioni che si svolgono in contesti di guerra. Tuttavia, una volta concluso l'esame parlamentare del disegno di legge, non è chiaro quali saranno le decisioni del Governo di fronte ad una possibile escalation della situazione afghana. Al riguardo, è da mettere in risalto la mancanza del coraggio politico necessario ad assumere una piena responsabilità di fronte ai militari italiani, che in prima persona dovranno fronteggiare rischi considerevoli. In relazione a quanto riferito dal rappresentante diplomatico italiano a Kabul in occasione della sua recente audizione, sottolinea che non appare convincente quanto realizzato dal nostro Paese sul versante della ricostruzione del sistema giudiziario afghano. Rileva, altresì, che sarebbe necessario valutare i tempi di permanenza del contingente italiano in Kosovo e che anche i fondi destinati alla cooperazione allo sviluppo non sono di fatto aumentati. In conclusione, nel prendere atto della difficoltà dell'attuale Governo nel fondare il suo operato su una maggioranza parlamentare coesa, segnala che il disegno di legge si limita a rinviare al futuro le questioni aperte. Infine, sottolinea la necessità che si provveda a sospendere le missioni che abbiano esaurito la propria funzione.

Il sottosegretario di Stato Marco VERZASCHI, nel concordare con le considerazioni del deputato Garofani, ritiene, intervenendo in sede di replica, che il ruolo dell'Italia in ambito internazionale sia profondamente mutato con l'inizio della nuova legislatura. In proposito, sottolinea l'importante ruolo assunto in Libano dalle Forze Armate italiane che, con il coinvolgimento delle istituzioni locali, stanno svolgendo un compito prezioso per il mantenimento della pace nell'intera area. Per quanto riguarda il problema dello sminamento del territorio libanese, sollevato dal deputato Paoletti Tangheroni, sottolinea come nell'ordinaria attività svolta dalle Forze Armate rientri anche quella di provvedere allo sminamento e che, come risulta dalla sua relazione introduttiva, i militari italiani hanno già provveduto a disinnescare 2.800 ordigni. Rileva inoltre come un'importante opera per la prevenzione di incidenti provocati dal contatto con ordigni inesplosi venga svolta quotidianamente dall'Italia nelle scuole libanesi con la divulgazione di materiale informativo. Con riferimento alla richiesta di chiarimenti del deputato Paoletti Tangheroni in merito alla previsione nella relazione tecnica dell'invio di 8 tecnici in Iraq per il sostegno alla ricostruzione, sottolinea come questi ultimi forniscano il necessario supporto alle istituzioni irachene. Per quanto concerne più in generale la collaborazione dell'Italia con le realtà locali sottolinea come tale collaborazione sia già prevista dal provvedimento e che comunque si terrà conto di tale indicazione in sede di attuazione delle disposizioni relative alla cooperazione.
Con riferimento ai Balcani, ricorda che la proroga della missione in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, è stata estesa fino al 30 giugno 2007 in quanto è necessario ridefinire nell'ambito dell'Unione europea i termini della prosecuzione della missione per il periodo successivo a tale data. Sottolinea inoltre la delicatezza della situazione in Kosovo a causa della difficoltà di ricomporre la diversità di vedute tra serbi e albanesi sul futuro dell'area.
Con riferimento all'Afghanistan, nel sottolineare come non cambino gli impegni assunti dall'Italia in ambito internazionale, rileva con soddisfazione che si sta determinando un quadro di maggiore coesione tra i Paesi europei che partecipano alla missione. Sul piano operativo, ritiene tuttavia indispensabile un maggiore


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coordinamento e, in questa prospettiva, auspica una forte iniziativa da parte dell'Italia.

Roberta PINOTTI, presidente della IV Commissione e relatore della IV Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.35.