VI Commissione - Mercoledì 21 febbraio 2007


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ALLEGATO 1

5-00750 Nannicini ed altri: Emanazione del decreto ministeriale recante le modalità per la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni a fronte del maggior gettito delle addizionali IRPEF.

TESTO DELLA RISPOSTA

Gli Onorevoli interroganti, nel richiamare l'articolo 1, commi da 6 a 9, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria per il 2007) che ha modificato la struttura impositiva dell'Irpef, rilevano come tale intervento determina, anche a percentuali invariate, un maggior gettito in termini di addizionali regionali e comunali all'Irpef. In conseguenza di ciò, le SS.LL chiedono, proprio «per dare certezza nella predisposizione di bilanci di previsione dei 2007 degli enti locali», se è nelle intenzioni del Ministero dell'economia e delle finanze emanare a breve il decreto attinente alla riduzione dei trasferimenti ai Comuni, per effetto dell'incremento della base imponibile dell'addizionale comunale. Viene, infine, prospettata dalle SS.LL, la possibilità di prevedere che il maggior gettito rimanga nella disponibilità dei Comuni al fine di minimizzare l'incremento delle aliquote delle addizionali comunali.
Al riguardo, si fa presente che il decreto, la cui emanazione viene sollecitata con il question time al nostro esame, verrà predisposto non appena saranno disponibili i dati necessari al Dipartimento delle politiche fiscali ed al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato. È opportuno far presente che, in proposito, sono in corso apposite riunioni tecniche per approfondire e portare a soluzione la problematica evidenziata.


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ALLEGATO 2

5-00751 Gioacchino Alfano e Gianfranco Conte: Modalità di prelievo dell'addizionale IRPEF comunale.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame l'Onorevole interrogante, nel premettere che l'articolo 1, comma 144, della legge finanziaria per il 2007 (approvata dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha ripristinato la possibilità, per i comuni, di variare l'aliquota di compartecipazione all'addizionale comunale all'IRPEF, chiede di conoscere quali iniziative si intendano assumere al fine di prevedere che l'addizionale comunale IRPEF sia prelevata in un'unica soluzione e per rendere conoscibili ai contribuenti interessati le aliquote applicate nei rispettivi comuni di residenza.
Al riguardo, il Dipartimento per le politiche fiscali ha osservato che la variazione in aumento dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, prevista dall'articolo 1, comma 51, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, come modificato dall'articolo 1, comma 144, della legge n. 296 del 2006, costituisce solamente una facoltà per i comuni, il cui esercizio è demandato alla potestà regolamentare dell'ente locale (ai sensi dell'articolo 1, comma 3, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, come modificato dall'articolo 1, comma 142, della legge n. 296 del 2006), con la conseguenza che la paventata crescita della pressione fiscale non si verifica, quindi, automaticamente.
Per quanto concerne, poi, il meccanismo di prelievo a carico dei lavoratori dipendenti, il comma 5 dell'articolo 1 del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, dispone che l'acconto ed il saldo dell'addizionale dovuta sono determinati dai sostituti d'imposta (di cui agli articoli 23 e 29 del decreto dei Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600), con la conseguenza che, per le operazioni di versamento, nessun onere deve essere assolto dai contribuenti interessati.
Lo stesso comma 5 del citato articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998, inoltre, prevede che il sostituto d'imposta trattenga l'acconto dell'addizionale in un numero massimo di nove rate mensili, effettuate a partire dal mese di marzo. Il saldo dell'addizionale, invece, è determinato all'atto dell'operazione di conguaglio ed il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui le stesse sono effettuate e non oltre a quello relativo al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre.
Proprio al fine di non far ricadere sul lavoratore dipendente l'onere di versare l'addizionale in un'unica soluzione, unitamente a quanto accade per le ritenute operate a titolo di IRPEF, il legislatore ne ha previsto il versamento in diverse rate mensili.
Per quanto riguarda, infine, la conoscibilità dell'aliquota deliberata dal comune di residenza del contribuente, il predetto Dipartimento ha segnalato che il comma 3 dell'articolo 1, del decreto legislativo n. 360 del 1998, dispone l'obbligo di pubblicare la relativa deliberazione nel sito individuato con decreto del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze del 31 maggio 2002, attribuendo efficacia alla stessa dalla data di pubblicazione nel predetto sito informatico.


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ALLEGATO 3

5-00752 Reina ed altri: Deducibilità dei costi di acquisto o locazione finanziaria da parte di professionisti di immobili strumentali.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame, la S.V. Onorevole rileva che il regime di deducibilità delle quote di ammortamento e dei canoni di locazione finanziaria degli immobili strumentali all'attività di lavoro autonomo, introdotto dai commi 334 e 335 dell'articolo unico, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, (legge finanziaria per il 2007), si applica solo ai professionisti che esercitano l'attività in forma individuale, diversamente da quanto previsto in materia di deducibilità delle spese per auto aziendali, di cui all'articolo 164 del Tuir, che riconosce tale sgravio fiscale agli associati. La S.V. Onorevole rileva, altresì, che le nuove disposizioni in materia di plusvalenze in materia di immobili, introdotte nel comma 1-bis dell'articolo 54 del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), creano dei dubbi interpretativi dal momento che non è stato chiarito se la rilevanza delle plusvalenze riguarda gli immobili che hanno già beneficiato, anche in passato, della deducibilità delle quote di ammortamento o se la stessa sia riferibile agli immobili strumentali ceduti a partire dal 1o gennaio 2007.
Viene chiesto di conoscere se il Governo intende estendere i benefici relativi alla deducibilità dei costi di acquisto e di leasing degli immobili strumentali dei liberi professionisti che esercitato l'attività in forma individuale, anche all'ipotesi in cui la medesima attività sia esercitata in forma associata, utili2zando il criterio previsto dall'articolo 164 del Tuir.
È, altresì, chiesto di chiarire se la rilevanza fiscale delle plusvalenze opera per gli immobili che hanno generato ammortamenti deducibili ovvero solo nell'ipotesi di cessioni di immobili strumentali effettuate dal 1o gennaio scorso.
Per quanto riguarda la possibilità di estendere agli studi associati le regole di deducibilità dei costi d'acquisto (o di locazione finanziaria) relativi agli immobili strumentali previste dalle nuove norme introdotte dalla finanziaria 2007, l'Agenzia delle entrate ritiene che l'ammortamento del costo, d'acquisto (o di locazione finanziaria) dell'immobile strumentale all'esercizio in comune della professione possa essere riconosciuto unicamente laddove l'immobile stesso risulti essere iscritto nei pubblici registri immobiliari a nome dei partecipanti all'associazione professionale ed utilizzato come bene strumentale per l'esercizio della professione.
Per quanto concerne, invece, la rilevanza delle plusvalenze riferibili ad immobili, la citata Agenzia ritiene che l'estromissione dei beni immobili strumentali (cessione, risarcimento etc.) dal regime del reddito di lavoro autonomo sia idonea a generare plusvalenze tassabili o minusvalenze deducibili, solamente se riferibili ad immobili acquisiti dal professionista in epoca successiva all'entrata in vigore della norma e, quindi, successivamente al 1o gennaio 2007. Ciò in quanto, le nuove disposizioni che elevano a presupposti per la tassazione alcune fattispecie precedentemente non rilevanti si inquadrano in un nuovo regime previsto relativamente agli immobili dei professionisti. A tali disposizioni, in aderenza, ai principi di tutela


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dell'affidamento dei contribuenti e di certezza dei rapporti giuridici, deve essere riconosciuta efficacia innovativa.
Pertanto, le nuove regole non possono trovare applicazione in relazione ad immobili acquisiti dal professionista in epoca precedente alla loro entrata in vigore.
Relativamente alla possibilità di estendere alla citata fattispecie i criteri, posti nella disciplina della deducibilità delle spese per gli automezzi utilizzati nell'esercizio di professione associata di cui all'articolo 164 del Tuir, come riferito dal Dipartimento per le politiche fiscali, detto articolo individua esclusivamente il numero massimo di autoveicoli per i quali l'associazione professionale può dedurre le quote di ammortamento e dei canoni di locazione, che è pari al numero degli associati che compongono l'associazione.
In merito al secondo quesito, l'Agenzia delle entrate ha fatto presente che, ai sensi del nuovo comma 1-bis dell'articolo 54 del Tuir, così come risulta modificato dall'articolo 1, comma 334, lettera a) delle legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), concorrono a formare il reddito le plusvalenze dei beni strumentali esclusi gli oggetti d'arte, di antiquariato o da collezione di cui al comma 5, se sono realizzate mediante cessione a titolo oneroso, o mediante il risarcimento, anche in forma assicurativa, per la perdita o il danneggiamento dei beni, o, da ultimo, se i beni vengono destinati al consumo personale o familiare dell'esercente l'arte o la professione o a finalità estranee all'arte o professione.
Ne risulta, quindi, che a seguito dell'intervento normativo attuato dalla legge finanziaria 2007, i beni immobili strumentali all'esercizio dell'arte o della professione sono considerati capaci di generare plusvalenze o minusvalenze fiscalmente rilevanti.
Parallelamente, il legislatore della finanziaria 2007 attraverso una modifica dell'articolo 54, comma 2, del Tuir, ha previsto la possibilità di effettuare gli ammortamenti fiscali per i beni immobili strumentali.
Tale regime di deducibilità del costo d'acquisto dell'immobile per mezzo del procedimento di ammortamento è stato peraltro limitato, dal comma 335 della finanziaria 2007, ai soli immobili acquistati nel periodo dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2009 (tra l'altro si prevede una limitazione ad un terzo degli ammortamenti da effettuare nei periodi d'imposta 2007, 2008 e 2009).


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ALLEGATO 4

5-00753 Borghesi: Classificazione di attività economiche ai fini dell'applicazione del regime IVA del «reverse charge».

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame l'Onorevole interrogante chiede di conoscere se le attività che realizzano alcune società nel settore sia telefonico che elettrico - come elencate nell'allegato alla stessa interrogazione -, in base ad un contratto di appalto ricevuto da «Telecom Italia Spa» e «Enel Spa», siano classificabili nella sezione F della tabella ATECOFIN (2004).
In proposito, l'Agenzia delle entrate ha preliminarmente fatto presente che devono intendersi rese nel comparto dell'edilizia le prestazioni, dipendenti da subappalti, che si concretizzano in attività riconducibili a quelle elencate nella sezione F della tabella ATECOFIN.
Come già precisato nella seduta del 7 febbraio 2007, durante lo svolgimento della question time n. 5-00663, la posa di cavi sotterranei ed aerei per il collegamento degli utenti dalle centrali alle prime prese e dalle cabine al contatore può essere ricondotta alle attività classificate nella categoria 45.21.2 concernente i «Lavori di ingegneria civile» comprendente, tra le altre, le costruzioni di condotte e linee di comunicazione ed elettriche per grandi distanze, nonché di condotte e linee di comunicazione ed elettriche urbane.
D'altra parte, anche le imprese che utilizzano il codice 45.34.0, compreso nella sezione F, sono da annoverare nel settore edile.
Invece, le società che svolgono un'attività classificata nei codici 32.20.2 e 32.20.3 esercitano prevalentemente operazioni di fabbricazione di apparecchi elettrici ed elettronici per telecomunicazioni (fax, centralini automatici, radiotelefoni, router e sistemi di telecomunicazione) e riparazione di sistemi di telecomunicazione, impianti telefonici, radio televisivi. Pertanto sembra inesatto sostenere che tali società svolgono «il medesimo lavoro» di quelle precedentemente citate.
A parere dell'Agenzia, quindi, tali attività richiamate con l'interrogazione sembrano difficilmente riconducibili ai codici da ultimo richiamati, che individuano imprese le cui attività si caratterizzano per l'elemento produttivo, al quale l'operazione di installazione si ricollega in via meramente accessoria ed eventuale.


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ALLEGATO 5

5-00754 Leo: Disapplicazione della disciplina tributaria sulle società non operative.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con il question time in esame la S.V. Onorevole, evidenzia che non sono condivisibili le conclusioni contenute nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 5 del 2 febbraio 2007, a commento della nuova disciplina fiscale delle società di comodo, cosiddette non operative, nella parte in cui si afferma che la presentazione dell'interpello «disapplicativo», disciplinato dall'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, costituisce «l'unico rimedio per dimostrare le obiettive situazioni che hanno determinato l'impossibilità di conseguire per la società l'ammontare minimo di ricavi, di incrementi delle rimanenze e dei proventi, nonché del reddito previsto dal comma 1 dell'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724» escludendo, quindi, che «detta prova possa essere fornita in sede di accertamento o nel corso del contenzioso».
In proposito, la S.V. Onorevole rileva che dovrebbe essere modificata l'interpretazione fornita nella circolare n. 5 citata, laddove ha chiarito che anche le società, con procedura fallimentare in corso, debbano necessariamente presentare l'interpello disapplicativo per dimostrare l'impossibilità di raggiungere i ricavi minimi richiesti dal predetto comma 1, dell'articolo 30, della citata legge del 23 dicembre 1994, n. 724, posto che le società con procedura concorsuale in atto, interrompono l'attività ed è inevitabile che non possono raggiungere i predetti «minimi».
Circa, poi, il profilo della ammissibilità o meno del ricorso presentato in assenza della preventiva procedura dell'interpello «disapplicativo», pare potersi evidenziare che le cause di inammissibilità sono individuate dal comma 4, dell'articolo 18 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per rinvio al comma 2, del medesimo articolo.
Tra i dati essenziali da indicare nel ricorso, la cui mancanza dà luogo alla sua inammissibilità, vi è, tra gli altri, «d) l'atto impugnato e l'oggetto della domanda».
Nel caso di specie, l'atto impugnato da indicarsi nel ricorso a pena di inammissibilità, è l'atto emesso dall'Ufficio (avviso di rettifica o avviso di accertamento), con cui l'Ufficio medesimo rettifica il reddito dichiarato dalla società, richiedendo contestualmente al contribuente le maggiori imposte.
È da evidenziare che, nel caso di specie, la disposizione che ha riformulato la disciplina delle società di comodo presenta elementi innovativi e senz'altro unici nel panorama tributario, posto che ha previsto l'eliminazione della possibilità di discutere in contraddittorio con l'Ufficio la «prova contraria», volta a dimostrare il legittimo mancato raggiungimento dei «minimi» e l'introduzione dell'interpello come procedura preventiva, volta a evitare l'instaurazione del contenzioso.
In proposito, il Dipartimento per le politiche fiscali, ritiene che l'ammissibilità o meno del ricorso presentato in assenza della preventiva procedura di interpello, non possa che essere valutata sulla base dell'indirizzo che al riguardo verrà tracciato dalla giurisprudenza.
In relazione alla richiesta necessità di rettificare l'interpretazione fornita circa


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l'obbligo di presentare l'interpello disapplicativo anche da parte delle società soggette al fallimento, si osserva che il periodo d'imposta delle società fallite è costituito dal periodo che va dalla sentenza di fallimento, alla data di chiusura del medesimo. Usualmente, i tempi della procedura sono lunghi e sicuramente compatibili con la presentazione di una istanza di interpello disapplicativo che, presumibilmente, potrà ottenere esito positivo.
Dal punto di vista tecnico, l'Agenzia delle entrate ha rappresentato che solo a seguito della preventiva presentazione dell'istanza di interpello sarà possibile riproporre la questione concernente l'operatività della società o dell'ente all'esame dei giudici tributari mediante impugnazione dell'eventuale avviso di accertamento emesso dal competente Ufficio a seguito del rigetto dell'istanza da parte del Direttore regionale.
Per converso, ad avviso dell'Agenzia delle entrate, deve ritenersi inammissibile il ricorso giurisdizionale con il quale il contribuente, senza aver presentato l'interpello disapplicativo, intende per la prima volta sottoporre al vaglio dei giudici la questione di operatività.
L'interrogante, al contrario, auspica che l'Amministrazione finanziaria non faccia opposizione ai contribuenti che, dopo aver autonomamente disapplicato in dichiarazione le norme disciplinanti le società non operative, intendono impugnare l'avviso di accertamento che ripristini l'effettività delle norme medesime.
L'alternativa indicata dall'Onorevole interrogante di consentire comunque il ricorso anche in assenza della presentazione dell'istanza di disapplicazione, secondo l'Agenzia, non è proponibile perché nella sostanza andrebbe a qualificare l'interpello come procedura del tutto facoltativa e non, come previsto dalla norma, obbligatoria. Essa non è proponibile anche poiché, nella sostanza, finirebbe per attribuire al contribuente, e non all'Amministrazione finanziaria, come invece prevede la legge, la potestà di disapplicare le norme.
È di netta evidenza, peraltro, come la tesi sostenuta nell'interrogazione porterebbe, da un lato, ad incrinare l'obbligatorietà delle norme tributarie, la cui applicazione verrebbe rimessa alla valutazione discrezionale dei contribuenti e, dall'altro, all'esautoramento della funzione propria dell'interpello disapplicativo quale strumento che, in contraddittorio con il contribuente, consente all'Amministrazione finanziaria di conoscere e, quindi, escludere dall'ambito di applicazione delle norme le fattispecie non interessate da profili di elusività fiscale.
Nel caso di società in fase fallimentare non vi è dubbio che l'istanza di disapplicazione, specie nei casi in cui non sia stata autorizzata la continuazione dell'attività, potrà essere formulata in termini particolarmente semplici, posto che lo stato di fallimento è normalmente determinante ai fini della disapplicazione delle norme disciplinanti le società non operative, con riguardo, peraltro, ad un periodo di imposta che di solito interessa più anni solari.


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ALLEGATO 6

5-00755 Fugatti: Applicabilità dell'IRAP a professionisti e lavoratori autonomi privi di organizzazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

La problematica posta con il question time in esame concerne l'applicazione o meno dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) nei confronti dei professionisti e dei lavoratori autonomi alla luce della recente giurisprudenza della Corte di Cassazione.
In particolare, l'Onorevole interrogante, nel rappresentare come il contenzioso in tema di IRAP abbia raggiunto livelli preoccupanti, ritiene auspicabile un intervento legislativo che, modificando gli aspetti maggiormente critici dell'IRAP, fornisca certezze al contribuente lavoratore autonomo in generale e ai professionisti in particolare e chiede, inoltre, quali provvedimenti si intendano adottare in merito all'applicabilità dell'imposta ai professionisti e ai lavoratori autonomi in considerazione, anche, delle prossime scadenze fiscali.
Al riguardo, in via preliminare è opportuno osservare che detta problematica è stata già oggetto di discussione, il 14 febbraio scorso, presso la VI Commissione, in occasione dello svolgimento del question time presentato dagli Onorevoli Del Mese e D'Elpidio (n. 5-00718).
La questione ha avuto avvio con la sentenza n. 156 del 21 maggio 2001 della Corte Costituzionale, la quale, pronunciandosi sulle questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell'imposta regionale sulle attività produttive, nel dichiarare siffatte eccezioni di incostituzionalità infondate o inammissibili, ha ribadito che l'IRAP è un'imposta di carattere reale che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle (sole) attività autonomamente organizzate ed ha riconosciuto in tale valore aggiunto, direttamente connesso all'elemento organizzativo, un idoneo indice di capacità contributiva.
L'8 febbraio scorso, la Corte di Cassazione ha tenuto un'udienza dedicata a talune questioni in materia di imposta regionale sulle attività produttive che hanno originato un vasto contenzioso.
In tale udienza, sono stati discussi 89 ricorsi e attualmente risultano depositate undici sentenze (nn. 3672/07, 3673/07, 3674/07, 3675/07, 3676/07, 3677/07, 3678/07, 3679/07, 3680/07, 3681/07 e 3682/07), di tenore, peraltro, non identico.
La Corte di Cassazione ha stabilito il principio in base al quale il requisito dell'autonoma organizzazione, presupposto impositivo ai fini IRAP, sussiste se il contribuente che esercita attività di lavoro autonomo:
sia l'unico responsabile dell'organizzazione, non essendo, quindi, inserito in strutture organizzative riferibile ad altrui responsabilità ed interesse;
impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo il principia del id quod plerumque accidii, costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività;
si avvalga solo in modo non occasionale di lavoro di lavoro altrui.

Gli indirizzi interpretativi, ad oggi, si sono orientati su elementi diversi; in particolare, con la risoluzione n. 32 del 31


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gennaio 2002, l'Agenzia delle entrate ha chiarito come «l'esistenza pur minima del requisito dell'organizzazione sia una connotazione tipica del lavoro autonomo, alla quale viene spesso fatto riferimento per differenziare tale attività da quella di lavoro dipendente. Le attività professionali svolte in assenza di una pur minima organizzazione erano ravvisabili in quelle attività a contenuto intrinsecamente artistico o professionale rese dai collaboratori coordinati e continuativi. (...) La mancanza del requisito dell'organizzazione autonoma si ravvisa, altresì, nelle attività di lavoro autonomo rese in via occasionale e nelle altre attività di lavoro autonomo indicate nei commi 2 e 3 dell'articolo 49 del TUIR che, infatti, come le collaborazioni coordinate e continuative, non realizzano la soggettività passiva per l'applicazione dell'IRAP».
Tanto premesso, l'Amministrazione finanziaria è adesso impegnata nell'esame delle implicazioni derivanti dagli orientamenti della Suprema Corte, così come desumibili dalle citate pronunce.