III Commissione - Resoconto di marted́ 24 aprile 2007


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 24 aprile 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri Franco Danieli.

La seduta comincia alle 8.50.

Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza.
T.U. C. 24 e abb.
(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Umberto RANIERI, presidente e relatore, osserva che il provvedimento, trasmesso dalla Commissione Affari costituzionali, si caratterizza per un allargamento della base dei soggetti titolari della facoltà di richiedere la cittadinanza italiana, sia sulla base delle nuove esigenze sorte con il fenomeno dell'immigrazione che in relazione al riacquisto della cittadinanza da parte dei discendenti degli emigrati italiani. Sotto il profilo di competenza della Commissione Esteri, rilevano pertanto tre ordini di questioni da esaminare: le ripercussioni verso i paesi di origine ovvero di emigrazione, stante la facoltà di conservare la doppia cittadinanza; l'estensione del riacquisto della cittadinanza - e quindi del diritto di voto - degli oriundi italiani e, sul piano amministrativo, il conseguente aggravio dei carichi di lavoro presso le autorità consolari. Passa, quindi, all'illustrazione dell'articolato, riservandosi di formulare una proposta di parere alla luce del dibattito.
L'articolo 1 estende il diritto di cittadinanza per nascita a: chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia residente legalmente in Italia, senza interruzioni, da almeno cinque anni; chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno sia nato in Italia ed ivi legalmente risieda, senza interruzioni, da almeno un anno. L'articolo 2 riconosce il diritto alla cittadinanza anche allo straniero che, nato o entrato in Italia entro il quinto anno di età, vi abbia risieduto


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legalmente fino al raggiungimento della maggiore età, nonché al minore figlio di genitori stranieri che abbia frequentato un ciclo scolastico in Italia. L'articolo 3 prolunga da sei mesi a due anni la residenza legale nel territorio della Repubblica necessaria dopo il matrimonio perché sia riconosciuta la cittadinanza italiana al coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, salva riduzione ad un anno in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. Lo straniero maggiorenne, adottato da cittadino italiano, acquista invece la cittadinanza italiana se risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente all'adozione, senza interruzioni.
L'articolo 4 attribuisce la cittadinanza italiana allo straniero che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio della Repubblica e che è in possesso di un reddito minimo. Il requisito temporale è ridotto a tre anni per i cittadini degli altri Stati dell'Unione europea e per i rifugiati. Per la prima categoria, ai sensi dell'articolo 5, è altresì prevista una verifica della reale integrazione linguistica e sociale riscontrata da un'adeguata conoscenza della lingua italiana, della vita civile d'Italia e dei principi fondamentali di storia e cultura italiana, di educazione civica e della Costituzione della Repubblica. In particolare, si afferma espressamente, al comma 4, che l'acquisizione della cittadinanza italiana impegna il nuovo cittadino al rispetto, all'adesione e alla promozione dei valori di libertà, di eguaglianza e di democrazia posti a fondamento della Repubblica italiana. L'articolo 6 indica i motivi preclusivi dell'attribuzione della cittadinanza, precisandone la casistica. La preclusione non si applica ai minori condannati ad una pena detentiva non superiore ai due anni. Sotto il profilo di competenza della Commissione Esteri, rileva la menzione delle condanne dei tribunali internazionali per l'ex Jugoslavia e per il Ruanda, nonché della Corte penale internazionale. L'articolo 7 disciplina le modalità di emanazione del decreto di attribuzione della cittadinanza. Ai fini della competenza della III Commissione, rileva che le istanze possono essere presentate non solo alla prefettura competente, ma anche alle autorità consolari in caso di residenza all'estero. Gli articoli 8 e 9 riguardano l'eventuale reiezione delle istanze, in presenza di una delle cause ostative ovvero per motivi di sicurezza nazionale, nel cui caso è stato aggiunto il parere del Consiglio di Stato, oltre alla possibilità di ripresentare l'istanza dopo due anni.
L'articolo 10 modifica la disciplina inerente la concessione della cittadinanza, che viene estesa al minore straniero o apolide che abbia frequentato integralmente un ciclo scolastico in Italia, al raggiungimento della maggiore età. È ridotto da 5 a 3 anni il requisito di residenza legale per l'apolide. In caso di concessione, il reddito minimo non è richiesto. L'articolo 11 precisa le modalità del giuramento a seguito dell'attribuzione o concessione della cittadinanza, recandone la formula: «Giuro di osservare la Costituzione della Repubblica italiana, di rispettarne i principi fondamentali e di riconoscere i diritti e i doveri dei cittadini e la pari dignità sociale di tutte le persone». È prevista per l'occasione la consegna di una copia della Costituzione della Repubblica italiana. L'articolo 12 precisa che non è richiesta la rinuncia alla cittadinanza straniera. L'articolo 13 abroga l'equiparazione del rifugiato all'apolide.
L'articolo 14 prevede casi particolari di riacquisto o acquisto della cittadinanza, riaprendo innanzitutto i termini per il riacquisto in relazione agli articoli 8 e 12 della legge n. 555 del 1912 nonché all'articolo 5 della legge n. 123 del 1983. Possono altresì riacquistare o acquistare la cittadinanza: la donna che, già cittadina italiana per nascita, abbia perduto la cittadinanza per effetto di matrimonio con cittadino straniero, quando il matrimonio è stato contratto prima del 1o gennaio 1948; il figlio della donna stessa, ancorché nato anteriormente al 1o gennaio 1948, anche qualora la madre sia deceduta; i soggetti, ancorché nati anteriormente al 1o gennaio 1948, figli di padri o madri cittadini. Sul piano amministrativo, la procedura


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è assegnata ai sindaci ovvero alle autorità consolari. I restanti articoli da 15 a 19 disciplinano ulteriori aspetti amministrativi, quali le modalità di prestazione del giuramento, quelle di computo del periodo di residenza legale, il riordino delle norme di attuazione, le disposizioni transitorie e la copertura finanziaria.

Il viceministro Franco DANIELI, richiamandosi alla relazione svolta, sottolinea la portata dell'articolo 14 del provvedimento che riapre i termini per l'acquisto ovvero il riacquisto della cittadinanza per gli oriundi italiani ed i loro discendenti che vi avevano dovuto rinunciare. Anche alla luce dell'evoluzione delle legislazioni dei Paesi di accoglienza in materia di doppia cittadinanza, tale riapertura è destinata a produrre numerose istanze, anche se ovviamente la maggior parte dei casi si è già potuta risolvere a seguito della precedente legge n. 91 del 1992. Ne deriva, comunque, un consistente carico di lavoro ulteriore per i consolati, con particolare riguardo alle conseguenze dell'applicazione dello jus sanguinis, un principio che arriva a comportare ricostruzioni della discendenza sino a persone nate nel secolo decimottavo. Segnala la pendenza di circa 800.000 istanze, concentrate soprattutto in Brasile, Argentina ed Uruguay, osservando che un simile arretrato richiede un quindicennio per essere smaltito. Ferma restando, quindi, la doverosità di riaprire i termini predetti, considera impossibile rispettare la scadenza improrogabile di ventiquattro mesi indicata all'articolo 17 per la conclusione del procedimento. Invita, pertanto, ad avviare una riflessione più generale sull'attualità del principio dello jus sanguinis che non sempre viene invocato sulla base di una motivazione meramente ideale, come lascia supporre la circostanza che il maggior numero di istanti sia concentrato in paesi in crisi economica. Tra le tante implicazioni, menziona quella relativa all'atteggiamento delle autorità di frontiera statunitensi che potrebbero rivedere l'esenzione dal visto per tre mesi riconosciuta ai cittadini italiani a fronte della pressione crescente da parte di connazionali provenienti dall'America Latina. Esprime, invece, perplessità circa la previsione del requisito della conoscenza della lingua, ricordando come gli emigrati abbiano quasi tutti lasciato l'Italia parlando soltanto il loro dialetto.

Marco ZACCHERA (AN) invita la Commissione ad approfondire l'esame del provvedimento, pur limitato alla sede consultiva, senza condizionamenti derivanti dagli schieramenti politici. Nell'approvarne alcuni articoli, come ad esempio quello volto a contenere il fenomeno dei matrimoni di convenienza, si dichiara contrario alla riduzione dei tempi di residenza per gli immigrati così come alla riapertura indiscriminata dei termini per gli oriundi. Apprezzando l'intervento del viceministro Danieli, osserva come sia difficile con norme a carattere generale disciplinare coerentemente una casistica che si presenta estremamente variegata, manifestando conseguentemente ampie riserve sul provvedimento in esame. Concorda con il rappresentante del Governo anche a proposito delle difficoltà amministrative che comportano le richieste di riconoscimento della cittadinanza da parte degli oriundi non solo per quanto concerne i consolati, ma anche per quanto concerne i comuni di origine. Fa poi presente che in molti casi il sentimento dell'italianità è meramente strumentale, come dimostrano i numerosi italo-argentini che oggi si sono insediati a Barcellona, con evidenti ripercussioni sul piano dell'esercizio del diritto di voto. Pur consapevole dell'esistenza di casi caratterizzati da ben altra sincerità ed adesione con particolare riguardo alle situazioni maturate tra il 1912 e il 1948, rileva l'opportunità che si introduca nel testo un termine temporale logico e realistico che possa dare affidamento sulla ricostruzione delle origini e preservare dalla falsificazione documentale. In conclusione, nel richiamare il Governo alla coerenza rispetto alla riduzione della dotazione finanziaria dei consolati, propone che la riapertura dei termini di cui alla legge n. 91 del 1992, poi prorogati e scaduti


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dieci anni fa, sia vincolata ad alcuni criteri selettivi, anche alla luce della nuova legislazione elettorale riguardante gli italiani all'estero.

Franco NARDUCCI (Ulivo), nell'osservare come la mobilità geografica costituisca una componente essenziale del mondo moderno, esprime apprezzamento per il provvedimento in esame che finalmente pone l'Italia in linea con gli altri Paesi d'Europa. Ritiene infatti che la cittadinanza sia la via migliore dell'integrazione sociale per gli stranieri che immigrano in Italia perché richiesti dal mercato del lavoro. Ne sottolinea altresì il valore ai fini della partecipazione democratica quale argine agli opposti integralismi della società contemporanea. Con riferimento al requisito linguistico, nel riconoscerne la validità per gli immigrati, rileva come invece non sia adeguato per gli italiani all'estero. Considera comunque fuorviante ridurre il problema del riacquisto della cittadinanza da parte degli oriundi ad una questione elettoralistica. Per quanto è a sua conoscenza, anche gli italo-argentini residenti a Barcellona - cui faceva cenno il precedente oratore - guardano con interesse all'Italia, ove si sarebbero anche stabiliti se in passato ciò non fosse stato loro negato, al di là delle maggiori opportunità professionali oggi offerte dalla Spagna. Essi costituiscono pur sempre - a suo avviso - una ricchezza per il nostro Paese. Lamenta poi il cattivo funzionamento della macchina amministrativa cui a lungo si è unito ad un freno culturale che fomentava sospetti immeritati su chi voleva riacquistare la cittadinanza italiana. Nel rammentare che sino al 1948 la cittadinanza non era trasmissibile per via materna, segnala come anche in occasione della legge n. 91 del 1992 si fossero manifestati timori di valanghe di domande che poi sono stati smentiti. Conferma in conclusione il suo sostegno al provvedimento che peraltro raccoglie molte indicazioni delle proposte di legge presentate dai deputati rappresentanti degli italiani all'estero, esprimendo apprezzamento per l'azione del Governo in materia.

Tana DE ZULUETA (Verdi), nel concordare con il collega Narducci, ritiene che il provvedimento in esame sia un atto dovuto ed urgente che uniforma l'Italia agli altri Paesi europei ed occidentali, invertendo la tendenza anti-storica rappresentata dalla legge n. 91 del 1992 che aveva raddoppiato la durata della residenza legale necessaria per il conseguimento della cittadinanza. Nel richiamarsi ai principi della Convenzione di Strasburgo del 1997 e nel lamentarne la mancata ratifica, sottolinea la funzione della cittadinanza sul piano dell'integrazione. Anche sulla base della propria esperienza biografica e familiare, ritiene che l'Italia debba ricordarsi di essere stato un paese di emigranti e quindi accogliere degnamente gli immigrati. Quanto alle inadempienze burocratiche, ritiene che esse non siano mai giustificabili al pari degli inaccettabili ritardi, poiché la cittadinanza è un diritto e non una concessione. Nel ricordare che l'Italia è in calo demografico, ritiene poi che non sia il caso di fare un processo alle intenzioni circa l'eventuale strumentalità delle richieste da parte degli oriundi. Osservando come oggi in Italia le scuole ospitino moltissimi studenti stranieri, segnala il rischio di non considerarli come cittadini respingendoli ai margini della società. Occorre a suo avviso una nuova concezione della cittadinanza. Al riguardo invita la Commissione a riflettere sull'eventualità di accennare nel parere da rendere alla direttiva europea non ancora attuata relativa ai lungo-residenti che introdurrebbe un meccanismo analogo a quello statunitense della green card, disincentivando altresì le richieste meramente strumentali.

Sandra CIOFFI (Pop-Udeur) considera la nuova normativa attesa da molti anni e da appoggiare, poiché la cittadinanza costituisce lo strumento più efficace per l'integrazione, nel contesto di una società mondiale sempre più mobile. Ritiene che non vada neanche demonizzato il fatto che gli italiani che riacquistano la cittadinanza scelgano poi un altro paese di residenza.


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Insiste per maggiori finanziamenti ai consolati e per lo snellimento delle procedure burocratiche anche presso i comuni.

Umberto RANIERI, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.45.

SEDE REFERENTE

Martedì 24 aprile 2007. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il viceministro degli affari esteri Franco Danieli.

La seduta comincia alle 9.45.

Ratifica Accordo Italia-Cina sulla cooperazione scientifica e tecnologica.
C. 2266 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e conclusione)

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato nella seduta del 28 marzo 2007.

Umberto RANIERI, presidente, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli della I, V, VII, VIII e X Commissione.

La Commissione delibera di conferire il mandato al relatore, deputato Pietro Marcenaro, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Delibera altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Umberto RANIERI, presidente, si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 9.50.

AVVERTENZA

I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Ratifica Accordo Italia-Guatemala sulla promozione e protezione degli investimenti.
C. 2162 Governo.

Ratifica Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi.
C. 188 Boato, C. 583 Zeller e C. 661 Zeller.

Ratifica del Protocollo sui privilegi e le immunità dell'Organizzazione europea per la ricerca nucleare (CERN).
C. 2271 Governo.