VI Commissione - Resoconto di marted́ 8 maggio 2007


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SEDE CONSULTIVA

Martedì 8 maggio 2007. - Presidenza del presidente Paolo DEL MESE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alfiero Grandi.

La seduta comincia alle 13.45.

Sull'ordine dei lavori.

Maurizio FUGATTI (LNP), intervenendo sull'ordine dei lavori, evidenzia come, nel pomeriggio di ieri, l'Agenzia delle entrate abbia diramato un comunicato stampa, con il quale si preannuncia l'intenzione del Governo di emanare un provvedimento che rimodula i termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, rilevando, a tale proposito, come la questione sia oggetto della risoluzione a sua firma n. 7-00150, attualmente in discussione presso la Commissione, che il Governo aveva chiesto di rinviare alla seduta di giovedì prossimo, al fine di svolgere i necessari approfondimenti.
In tale contesto rileva come le novità intervenute in materia, assunte nella giornata di ieri, testimonino dell'atteggiamento poco riguardoso del Governo nei confronti della Commissione, che risulta di fatto scavalcata da tali decisioni, prima ancora di aver potuto esprimere il proprio orientamento.

Francesco TOLOTTI (Ulivo) si associa alle considerazioni del deputato Fugatti,


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rilevando come, oltre alla risoluzione presentata dai gruppi di opposizione, anche alcuni esponenti di maggioranza si accingevano ad assumere analoghe iniziative in merito, in considerazione della notevole rilevanza politica della questione.

Gian Luca GALLETTI (UDC) concorda anch'egli con i rilievi del deputato Fugatti, ricordando come, nel corso del dibattito svolto in Commissione sulla risoluzione, si era giunti alla conclusione di non procedere alla votazione dell'atto di indirizzo, in considerazione della richiesta, avanzata dal rappresentante del Governo, di rinviarne la discussione al fine di svolgere ulteriori valutazioni in merito. Pur valutando positivamente la decisione dell'Esecutivo di disporre una proroga dei termini di presentazione delle dichiarazioni, ritiene pertanto che l'atteggiamento di quest'ultimo nei confronti della Commissione non sia risultato, in questa occasione, corretto.

Paolo DEL MESE, presidente, sottolinea la piena ed autonoma dignità del ruolo svolto dalla Commissione, che poggia sulla diretta emanazione del Parlamento dalla sovranità popolare e non certo su alcun tipo di riconoscimento da parte del Governo.

Il Sottosegretario Alfiero GRANDI sottolinea come la risoluzione in discussione presso la Commissione costituisca una delle molteplici iniziative che hanno indotto il Governo ad affrontare la tematica concernente lo spostamento dei termini di presentazione delle dichiarazioni dei redditi. In tale contesto rileva l'opportunità di considerare come le decisioni anticipate dal comunicato dell'Agenzia delle entrate consentano appunto di realizzare gli obiettivi posti dalla stessa risoluzione, evidenziando pertanto come l'azione del Governo si ponga in sintonia con l'orientamento emerso in seno alla Commissione, e sia fondata su valutazioni esclusivamente tecniche compiute dalla stessa Agenzia delle entrate. Rileva, del resto, come ritardare la comunicazione ai contribuenti circa la proroga dei termini fino alla prossima seduta di discussione della risoluzione sarebbe risultato assolutamente illogico, contraddicendo le esigenze di tutela dei cittadini che invece si intendono realizzare.
Rileva, peraltro, come la risoluzione in discussione possa mantenere il suo ruolo, sia per ribadire le esigenze poste a base della proroga, sia per prospettare al Governo ulteriori necessità di intervento.

Paolo DEL MESE, presidente, sottolinea l'esigenza di tutelare in ogni occasione il ruolo svolto dalla Commissione, riservandosi di inviare al Ministro dell'economia una nota in merito alla vicenda evidenziata. Rileva peraltro, in tale contesto, come l'azione della Commissione abbia costituito un impulso utile per dare soluzione alla questione sollevata.
Propone quindi di procedere ad un'inversione dell'ordine del giorno della seduta odierna, nel senso di passare all'esame dei provvedimenti in sede consultiva e, quindi, all'esame, in sede referente, del disegno di legge C. 1762.

La Commissione concorda.

Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi.
Nuovo testo C. 1318.
(Parere alla I Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Francesco TOLOTTI (Ulivo), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla I Commissione Affari costituzionali, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, sul


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nuovo testo della proposta di legge C. 1318 Franceschini, recante norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo, come risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione di merito.
L'articolo 1 sancisce il principio secondo cui ititolari di cariche pubbliche, nell'esercizio delle loro funzioni, sono tenuti ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici a loro affidati, stabilendo inoltre l'obbligo, per tali soggetti, di astenersi dalla partecipazione a qualunque decisione che possa incidere sulla situazione patrimoniale propria o del coniuge, di parenti o affini entro il secondo grado, di persone stabilmente conviventi, o di altri soggetti a loro legati da rapporti di interesse, recando ad essi un vantaggio economico rilevante e differenziato rispetto a quello della generalità dei destinatari del provvedimento.
L'articolo 2 determina i casi di conflitto di interessi, stabilendo, al comma 1, che esso sussiste in tutti i casi in cui il titolare di una carica di Governo, ovvero il Presidente di una regione, il componente di una giunta regionale, il Presidente o il componente di una giunta provinciale, il Sindaco o il componente della giunta di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti è titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche.
I commi 2 e 3 precisano che il conflitto di interessi sussiste anche nei casi in cui gli interessi economici privati che possano condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche individuate dal comma 1 sussistono in capo al coniuge, ai parenti o affini entro il secondo grado o a persona stabilmente convivente, ovvero quando il titolare della carica è preposto, in qualità di rappresentante, amministratore, curatore, gestore, procuratore, consulente, o in altra posizione analoga, comunque denominata, alla cura di un interesse economico privato tale da condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche.
L'articolo 3 istituisce l'Autorità di vigilanza sui conflitti di interessi e sulle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, costituita da cinque membri, dei quali due sono eletti dalla Camera dei deputati, due dal Senato della Repubblica, ed uno, con funzione di presidente, è nominato dai Presidenti della Camera e del Senato, d'intesa tra loro.
Ai sensi dei commi 3 e 4, possono far parte dell'Autorità i professori ordinari di università in materie giuridiche ed economiche, i magistrati delle giurisdizioni superiori ordinarie e amministrative e gli avvocati dopo venti anni di esercizio della professione. L'elezione da parte di ciascuna Camera ha luogo a scrutinio segreto, con voto limitato a uno, risultando eletti i due candidati che hanno riportato il maggior numero di voti.
Ai sensi del comma 11 il mandato dei componenti dell'Autorità dura 7 anni, non rinnovabili.
Il comma 5 detta il regime di ineleggibilità dei membri dell'Autorità, dalla partecipazione alla quale sono esclusi:
a) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei due anni precedenti una carica di Governo;
b) coloro che ricoprano o abbiano ricoperto nei due anni precedenti le cariche di Presidente della Regione o di membro della giunta regionale, o di amministratore locale;
c) coloro che siano stati condannati per delitto non colposo con sentenza definitiva passata in giudicato;
d) coloro che siano coniugi, parenti o affini fino al secondo grado di uno dei titolari di una delle cariche di cui all'articolo 3.
e) coloro che abbiano ricoperto il ruolo di trustee, di consulenti di uno dei titolari delle cariche di Governo, o abbiano ricoperto ruoli negli enti controllati da uno dei titolari di cariche di Governo.

Il comma 7 stabilisce il regime di incompatibilità vigente durante la durata del mandato per i componenti dell'Autorità, i quali non possono, a pena di decadenza:


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a) ricoprire qualunque altra carica o ufficio pubblico;
b) assumere qualunque impiego pubblico o privato;
c) esercitare attività professionali, anche in forma associata o societaria, e di consulenza, nonché funzioni arbitrali, anche se non retribuite;
d) esercitare attività imprenditoriali;
e) assumere le funzioni di presidente, amministratore, liquidatore o sindaco, nonché analoghe funzioni comunque denominate, in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni ed in enti di diritto pubblico, anche economici;
f) ricoprire cariche all'interno di organismi di partiti o movimenti politici, o di associazioni sindacali o di categoria;
g) candidarsi in elezioni popolari o sostenere pubblicamente candidati in elezioni popolari.

Per i dipendenti pubblici e privati, il comma 8 prevede il collocamento in aspettativa, a decorrere dal giorno dell'effettiva assunzione della carica; inoltre la norma stabilisce che i membri dell'Autorità possono percepire solo compensi o indennità relative ad attività prestate in precedenza, e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da un atto regolamentare o siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti.
I commi 9 e 10 stabiliscono l'obbligo di astensione dei membri dell'Autorità da qualunque decisione relativa ad un titolare di cariche di Governo quando:
a) siano con il medesimo in rapporti di coniugio, parentela o affinità fino al quarto grado, o siano suoi conviventi;
b) abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, una lite pendente con il medesimo;
c) abbiano, o siano coniuge, parente o affine di secondo grado o convivente di chi ha, un rapporto di debito o credito con il medesimo;
d) abbiano avuto nei due anni precedenti rapporti di lavoro, anche come liberi professionisti o consulenti, con il medesimo o con società o imprese in cui lo stesso detenga partecipazioni rilevanti.

Sulla sussistenza dell'obbligo di astensione decide l'Autorità, in assenza del membro della cui astensione si discute, su richiesta di uno dei membri dell'Autorità o dell'interessato dalla decisione.
Il comma 12 determina inoltre un regime di incompatibilità susseguente alla cessazione dalla carica dei membri dell'Autorità, stabilendo che, nei due anni successivi, essi non possono ricoprire le cariche o gli uffici di: parlamentare italiano o europeo; titolare di una carica di Governo; giudice costituzionale; membro del Consiglio superiore della magistratura, se non in quanto membro di diritto; componente di altra Autorità indipendente; Governatore o direttore generale della Banca d'Italia; capo di dipartimento di ministero, segretario generale di ministero, direttore generale di ministero o agenzia del Governo; componente del consiglio di amministrazione di aziende pubbliche o a partecipazione prevalentemente pubblica; Presidente di Regione o Provincia autonoma, nonché componente dei relativi Consigli o Giunte; Presidente di Provincia o Sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
Secondo il comma 13, le deliberazioni dell'Autorità sono adottate a maggioranza, alla presenza di almeno quattro componenti; in caso di parità di voto, prevale il voto del Presidente.
I commi 14 e 15 regolano la determinazione del trattamento economico dei membri dell'Autorità, che è equiparato al trattamento complessivo annuo lordo dei magistrati con funzione di presidente di sezione della Corte di cassazione, e la copertura dei relativi oneri finanziari, pari a 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.


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L'articolo 4 disciplina il trattamento giuridico ed economico del personale dell'Autorità, sulla base del contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia. La pianta organica dell'Autorità è fissata in misura non superiore a 50 unità, cui possono aggiungersi non più di 20 unità assunte con contratto a tempo determinato; la disposizione stabilisce che al funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sovrintenda un Segretario generale, nominato dal Presidente, sentiti tutti i membri dell'Autorità stessa.
La norma reca inoltre la copertura degli oneri finanziari recati dalla norma, prevedendo a tal fine l'istituzione di un apposito fondo presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, e stabilendo che l'Autorità possa avvalersi della consulenza di esperti, nel limite massimo di spesa di 300.000 euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.
L'articolo 5 regola le funzioni ed i poteri dell'Autorità, la quale ha il compitodi prevenire ed eventualmente sanzionare i conflitti di interessi dei titolari delle cariche pubbliche.
Inoltre, il comma 2 riconduce all'Autorità le funzioni attribuite all'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, istituito dalla legge n. 3 del 2003, che è pertanto conseguentemente soppresso dall'articolo 19.
Sul piano procedurale, i commi 3 e 7 impongono la motivazione di tutti i provvedimenti assunti dall'Autorità, stabilendo inoltre che le sue procedure sono definite con regolamento governativo, emanato previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, in termini tali da garantire a tutti gli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio e la verbalizzazione.
I commi 4, 5 e 6 stabiliscono inoltre la possibilità, per l'Autorità, di chiedere a qualunque organo della pubblica amministrazione, ad ogni ente pubblico, ad ogni società pubblica o privata, notizie e dati necessari per l'esercizio delle sue funzioni, di avvalersi di un apposito nucleo della Guardia di Finanza, di chiedere la collaborazione di amministrazioni ed enti pubblici, per l'espletamento delle indagini, delle verifiche e degli accertamenti che ritiene necessari, nonché di consultare l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e le altre autorità di settore.
Ai sensi del comma 8 l'Autorità presenta al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza svolte.
L'articolo 6 regola l'impugnabilità degli atti e provvedimenti adottati dall'Autorità, stabilendo al riguardo che i ricorsi devono essere proposti entro trenta giorni dalla data di notifica e che la competenza esclusiva in materia spetta alla Corte d'Appello di Roma.
Il comma 1 precisa che i giudizi in merito sono assunti da un collegio composto dal presidente della Corte d'Appello, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili, stabilendo un termine di 20 giorni dal deposito dell'impugnazione entro il quale la Corte decide in camera di consiglio.
Ai sensi del comma 2, la decisione della Corte d'Appello è impugnabile dinanzi alla Corte di Cassazione, il cui collegio giudicante è composto dal presidente della Corte, che lo presiede, e da due giudici estratti a sorte ogni quattro anni tra i presidenti delle sezioni civili. Anche in questo caso il ricorso è deciso entro 20 giorni dal deposito dell'impugnazione.
Nel caso in cui il Governo abbia sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della decisione dell'Autorità giudiziaria, il comma 4 stabilisce che la Corte Costituzionale decide entro 30 giorni.
L'articolo 7 definisce l'ambito soggettivo di applicazione delle norme contenute nel Capo II del provvedimento, relative alla prevenzione delle situazioni di conflitto di interessi, stabilendo che esse si applicano ai titolari di cariche di Governo, individuati nelle figure del Presidente del Consiglio dei ministri, dei Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, dei Ministri, Vice Ministri, Sottosegretari di Stato, e commissari straordinari del Governo.


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L'articolo 8 obbliga i titolari delle cariche i Governo individuati dall'articolo 7, a dichiarare all'Autorità di vigilanza sui conflitti di interessi e sulle forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, istituita dall'articolo 3, entro 20 giorni dall'assunzione della carica, le cariche e gli uffici pubblici ricoperti; gli impieghi pubblici o privati; l'iscrizione in albi professionali; le cariche di presidente, amministratore, liquidatore o sindaco, nonché analoghe cariche comunque denominate, ricoperte in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni ed in enti di diritto pubblico, anche economici. Nella dichiarazione devono essere indicate le cariche in atto al momento dell'assunzione della carica di Governo e quelle cessate nei dodici mesi precedenti.
Inoltre, secondo il comma 2, i soggetti sopra indicati devono presentare all'Autorità, entro 20 giorni dall'assunzione della carica, una dichiarazione in cui sono indicati: i diritti reali su beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri; la titolarità di imprese individuali; le azioni o le quote di partecipazione in società; le partecipazioni in associazioni o società di professionisti; gli strumenti finanziari di cui all'articolo 1, comma 2, del Testo unico della finanza; i trust di cui sia settlor (termine che indica il soggetto che istituisce il trust), beneficiario o trustee; ogni contratto o accordo comunque stipulato con terzi, al fine di assumere, intraprendere o proseguire, dopo la cessazione dell'incarico pubblico, un impiego o attività di qualunque natura.
Alla dichiarazione deve essere allegata una copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sulle persone fisiche, nonché un elenco dei beni mobili iscritti in pubblici registri o immobili di valore superiore a 50.000 euro, che il titolare della carica dichiara essere destinati alla fruizione propria o del coniuge, dei parenti e degli affini entro il secondo grado, nonché delle persone stabilmente conviventi.
Tutte le variazioni intervenute negli elementi indicati nella dichiarazione devono essere comunicate, secondo il comma 6, mediante apposita dichiarazione integrativa, all'Autorità entro 20 giorni dalla sua realizzazione, salvo che esse riferiscano a beni conferiti ad un trust a norma della legge.
Inoltre, secondo il comma 7, entro i 20 giorni successivi alla cessazione della carica pubblica, i soggetti titolari sono tenuti a presentare all'Autorità una dichiarazione concernente ogni variazione degli elementi della dichiarazione, intervenuta nel periodo compreso tra l'ultima dichiarazione integrativa presentata ai sensi del comma 6 e la cessazione della carica pubblica, ad eccezione delle variazioni relative ai beni conferiti in un trust a norma della legge.
Ai sensi del comma 8, le predette dichiarazioni devono essere presentate all'Autorità, entro i medesimi termini, anche dal coniuge, da parenti ed affini entro il secondo grado, nonché dalle persone stabilmente conviventi del titolare delle cariche pubbliche.
Ai sensi dei commi 10 e 11, l'Autorità può compiere accertamenti sulla veridicità e sulla completezza delle dichiarazioni attraverso il nucleo della Guardia di Finanza di cui all'articolo 5, comma 5, nonché acquisire d'ufficio tutti gli elementi giudicati utili alla conoscenza degli interessi economici e patrimoniali dei soggetti sopra indicati, sempre avvalendosi del predetto nucleo della Guardia di Finanza.
L'articolo 9 definisce il regime delle incompatibilità generali relative alle cariche indicate dall'articolo 7, le quali sono incompatibili con:
a) qualunque carica o ufficio pubblico non ricoperto in ragione della funzione svolta, ad eccezione del mandato parlamentare;
b) qualunque impiego pubblico o privato;
c) l'esercizio di attività professionali, o di lavoro autonomo, anche in forma associata o societaria, di consulenza e arbitrali, anche se non retribuite, ad eccezione di quelle estranee alla carica di Governo ricoperta;


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d) l'esercizio di attività imprenditoriali, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, ad eccezione dei piccoli imprenditori;
e) le cariche di presidente, amministratore, liquidatore o sindaco, nonché analoghe cariche comunque denominate, in imprese o società pubbliche o private, in fondazioni ed in enti di diritto pubblico, anche economici.

I commi 2 e 5 precisano che l'incompatibilità sussiste anche quando le prestazioni, le attività e le cariche di cui al comma 1 sono svolte all'estero, e che essa perdura per dodici mesi dalla cessazione della carica di Governo con riferimento ad attività o incarichi in enti e società aventi fine di lucro che operino in settori connessi con la carica ricoperta.
Il comma 3 prevede che, al fine di evitare la dichiarazione di incompatibilità tra la carica ricoperta e lo svolgimento di attività imprenditoriali, l'imprenditore individuale costituisce, d'intesa con l'Autorità, un trust, ovvero provvede a nominare uno o più institori, a norma degli articoli da 2203 a 2207 del codice civile, conferendo a questo ultimi procura generale a gestire le proprie attività sino alla cessazione dalla carica di Governo.
Per i dipendenti pubblici e privati che assumano una delle cariche di cui all'articolo 7, il comma 6 stabilisce il collocamento in aspettativa dal giorno dell'effettiva assunzione della carica, senza pregiudizio della posizione professionale e di carriera.
Ai sensi del comma 7, dopo l'assunzione di una delle cariche di Governo, i titolari possono percepire compensi o indennità esclusivamente per attività prestate in precedenza, e comunque soltanto quando essi risultino determinati in misura fissa dalla legge o da un atto regolamentare o siano già stati esattamente fissati dall'accordo sottoscritto dalle parti.
Il comma 8 conferisce all'Autorità di cui all'articolo 3 il potere di accertare, entro trenta giorni dal ricevimento della dichiarazione di cui all'articolo 8, comma 1, le situazioni di incompatibilità, dandone comunicazione all'interessato, invitandolo a comunicare, entro 30 giorni, l'opzione tra il mantenimento della carica di Governo o il mantenimento della posizione incompatibile. A decorrere da tale data, il titolare della carica di Governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 6.
Nel caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine indicato, il comma 10 prescrive che, salva la possibilità di impugnare in sede giurisdizionale l'atto dell'Autorità che accerta la situazione di incompatibilità, si intende che l'interessato abbia optato per l'ufficio incompatibile con la carica di Governo. In tale caso il comma 11 stabilisce che gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo siano nulli e inefficaci, a partire dal momento in cui l'Autorità informa del mancato esercizio dell'opzione il Presidente della Repubblica, i Presidenti delle Camere, il Presidente del Consiglio dei Ministri e l'interessato, ovvero, per le cariche di sottosegretario e viceministro, i presidenti delle Camere ed il Presidente del Consiglio.
L'articolo 10 stabilisce l'incompatibilità delle cariche di Governo con la proprietà di patrimoni di particolare consistenza, ovvero di imprese operanti in regime di concessione o autorizzazione.
In particolare, ai sensi del comma 1, l'incompatibilità sussiste qualora il patrimonio risulti superiore a 15 milioni di euro in beni (valore rivalutato annualmente sulla base dell'indice del deflattore dei prezzi del PIL), ad esclusione dei contratti concernenti titoli di Stato, la cui natura, in relazione alle specifiche funzioni di governo attribuite, configuri l'ipotesi di conflitto di interessi, ovvero quando sia proprietario o controllore di un'impresa che svolga la propria attività in regime di autorizzazione o di concessione rilasciata dallo Stato, tranne che si tratti di piccoli imprenditori.
Secondo i commi 2 e 3, nel caso in cui l'Autorità di cui all'articolo 3, sentito il parere della Consob, dell'Autorità Antitrust


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e di altre eventuali autorità di settore interessate, accerti la situazione di incompatibilità, ne dà comunicazione all'interessato, da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale, invitandolo a comunicare, entro trenta giorni, l'opzione tra il mantenimento della carica di Governo o il mantenimento della posizione incompatibile ovvero la scelta per la risoluzione della condizione di incompatibilità. A decorrere da tale data, il titolare della carica di Governo che si trovi in una delle situazioni di incompatibilità è tenuto all'obbligo di astensione di cui all'articolo 11.
Nel caso di mancato esercizio dell'opzione o della scelta, si intende che l'interessato abbia optato per l'ufficio incompatibile con la carica di Governo, e tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
Ai sensi del comma 8, qualora invece il titolare della carica di Governo abbia scelto di eliminare la causa di incompatibilità, egli concorda con l'Autorità gli adempimenti necessari per conseguire tale obiettivo, che deve essere realizzato entro 60 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'invito ad esercitare l'opzione o ad eliminare la causa di incompatibilità.
L'articolo 11, comma 3, ribadisce l'obbligo di astensione del soggetto che versi in una delle predette situazioni di incompatibilità sancito dall'articolo 1, ad eccezione degli atti dovuti (comma 7).
In tale, contesto i commi 2 e 3 conferiscono all'Autorità di cui all'articolo 3 il potere, sulla base delle dichiarazioni presentate dai soggetti interessati, ovvero in ogni altro caso in cui essa rilevi lo stato di incompatibilità, di informare il soggetto della ricorrenza, nei suoi confronti, dell'obbligo di astensione. Tale obbligo sussiste quando il soggetto stesso si trovi nella condizione di prendere decisioni, adottare atti o partecipare a deliberazioni tali da produrre, nel patrimonio dello stesso, un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei destinatari del provvedimento da lui adottato.
Inoltre, ai sensi dei commi 4 e 5, il titolare di una carica di Governo che dubiti della sussistenza dell'obbligo di astensione, ovvero ritenga comunque di essere in conflitto di interessi, è tenuto ad astenersi dalle decisioni rispetto alle quali sussista l'incompatibilità, e ad investire immediatamente della questione l'Autorità, la quale si pronuncia entro 5 giorni della richiesta, trascorsi i quali l'interessato è esente da ogni obbligo di astensione.
L'articolo 12 reca le misure attraverso le quali realizzare la separazione degli interessi in conflitto.
In particolare, il comma 1 demanda all'Autorità di cui all'articolo 3, il compito di accertare la consistenza del patrimonio detenuto anche per interposta persona dalle persone che ricoprono cariche di Governo, sulla base delle dichiarazioni rese da queste ultimi, ovvero sulla base di propri accertamenti.
Nel caso in cui il titolare della carica di Governo possieda, anche per interposta persona o per tramite di società fiduciarie, partecipazioni rilevanti nei settori della difesa, dell'energia, del credito, delle opere pubbliche di preminente interesse nazionale, delle comunicazioni di rilevanza nazionale, dei servizi pubblici erogati in concessione o autorizzazione, nonché in imprese operanti nel settore pubblicitario, ovvero quando la concentrazione degli interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica nel medesimo settore di mercato, sia superiore a dieci milioni di euro (valore rivalutato annualmente in base al deflattore dei prezzi del prodotto interno lordo), e sia tale da configurare il rischio evidente di turbative della concorrenza o di condizionamento dell'attività di Governo, l'Autorità, ai sensi del comma 9, acquisiti i pareri della Commissione nazionale per la le società e la borsa, dell'Autorità garante per la concorrenza e il mercato e delle competenti autorità di settore, qualora ne esistano i presupposti, convoca l'interessato, gli comunica la configurabilità del conflitto di interessi, e lo invita, qualora non condivida le valutazioni pervenutegli, a trasmettere le sue osservazioni.


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In occasione dell'espressione del loro parere, le predette Autorità possono, ai sensi del comma 8, indicare le misure a loro avviso necessarie per prevenire il conflitto di interessi, pronunciandosi, in particolare, sulle misure che il trustee deve assumere per garantire l'effettiva cecità del trust. La norma specifica che all'alienazione si procede quando si tratta dell'unica misura possibile per evitare nella specifica situazione il conflitto di interessi.
Successivamente l'Autorità, valutate le osservazioni dell'interessato, se ritiene che si configuri il conflitto di interessi, ai sensi del comma 10 invita l'interessato ad optare, nel termine di 10 giorni, tra l'alienazione delle partecipazioni nella misura idonea a riportarne la consistenza al di sotto delle predette soglie di rilevanza, indicando tale misura, ovvero la costituzione di un trust a norma dell'articolo 14, il quale, ai sensi del comma 11, deve avere ad oggetto solo valori mobiliari.
Ai sensi del comma 4 dell'articolo 13, l'Autorità, nel formulare l'invito all'opzione stabilisce che, in attesa del completamento delle operazioni idonee ad escludere la possibilità di azione in conflitto di interessi, il titolare della carica di Governo, deve astenersi dal prendere decisioni, partecipare a deliberazioni o adottare provvedimenti in materie che possano configurare conflitto di interessi.
In alternativa alla possibilità di costituire un trust, il comma 12 consente all'interessato di procedere all'alienazione di una parte dei propri beni e di costituire un trust su un'altra parte dei propri beni, oppure di procedere all'alienazione dei beni ed al conferimento del ricavato in un analogo trust.
Nei casi di impresa individuale, il comma 4 prevede la possibilità, per l'imprenditore, di evitare la dichiarazione di incompatibilità degli interessi attraverso la costituzione di un trust, ovvero mediante la nomina di uno o più institori, a cui conferire la procura generale gestire l'attività sino alla cessazione della carica di Governo.
La disposizione specifica, al comma 5, che si considerano partecipazioni rilevanti le partecipazioni di controllo o che partecipino al controllo, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990, nonché le partecipazioni superiori al 4,99 per cento del capitale sociale, nel caso di società quotate in mercati regolamentati, e del 20 per cento negli altri casi. Sono altresì considerati rilevanti gli accordi contrattuali ovvero i vincoli statutari che consentano di esercitare il controllo o la direzione e il coordinamento anche di enti non societari.
Qualora il titolare della carica di Governo opti per l'alienazione totale o parziale, questa avviene, in base al comma 14, secondo adempimenti necessari concordati con l'Autorità, nei quali sono indicati quali beni è necessario dismettere ed in quale quantità, nonché i limiti di reinvestimento del ricavato dell'alienazione, necessari al fine di evitare che persistano o si determinino nuovamente situazioni di potenziale conflitto di interessi, salvo che il titolare della carica di Governo abbia scelto di conferire quanto ricavato dalle operazioni di dismissione in un trust con le caratteristiche di cui all'articolo 14.
Ai sensi del comma 15 il completamento delle operazioni di alienazione deve avvenire entro 120 giorni, prorogabili dall'Autorità per non più di altri 90 giorni, nel caso in cui la quantità di beni sia particolarmente ingente o comunque la loro collocazione sul mercato risulti particolarmente difficile.
Al completamento dei predetti adempimenti, l'Autorità accerta, ai sensi del comma 16, che non sussistono più situazioni di potenziale conflitto di interessi e rilascia al titolare della carica di Governo una dichiarazione con cui attesta che il medesimo è in regola con le prescrizioni di cui alla presente legge, salvo prevedere, secondo quanto previsto dall'articolo 11, i casi in cui è tenuto comunque ad astenersi.
Nel caso invece in cui il titolare della carica opti per l'istituzione di un trust, egli sottopone entro 60 giorni l'atto costitutivo all'Autorità, la quale può richiedere di


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modificare alcuni elementi dell'atto, al fine di assicurare il rispetto delle disposizioni della legge.
Infine, i commi 19, 20 e 21 disciplinano il caso di mancato esercizio dell'opzione entro il termine prescritto, prevedendo, in tale ipotesi, salve le impugnazioni previste dall'articolo 6, che, a decorrere dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della notizia della mancata opzione, tutti gli atti compiuti dal titolare della carica di Governo sono nulli e inefficaci, salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità.
L'articolo 13 stabilisce che, a decorrere dal momento dell'invito all'opzione, formulato dall'Autorità ai sensi del comma 10 dell'articolo 12, l'esercizio del diritto di voto delle partecipazioni, azioni o quote che, direttamente o indirettamente e anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, facciano parte delle attività patrimoniali degli interessati, è sospeso sino all'istituzione del trust o all'alienazione totale o parziale dei beni.
Ai sensi dei commi 2 e 3, entro 60 giorni dal predetto invito, le assemblee delle società nelle quali i titolari delle cariche di governo possiedono partecipazioni rilevanti, sono convocate dagli organi statutariamente competenti per deliberare sulla conferma o sulla sostituzione dei relativi amministratori; nel caso di inerzia degli organi competenti, le assemblee sono convocate dal tribunale nella cui circoscrizione ha sede legale la società, su ricorso dell'Autorità.
Ai sensi del comma 5, tali disposizioni si applicano anche ai casi di incompatibilità di cui agli articoli 9 e 10.
L'articolo 14 reca la disciplina dei trust istituiti ai sensi all'articolo 12, prevedendo, al comma 1, che ad essi si applicano le disposizioni della legge regolatrice straniera scelta dal disponente, d'intesa con l'Autorità, ai sensi della Convenzione sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento, ratificata e resa esecutiva con la legge n. 364 del 1989.
In tale contesto l'articolo 15 fornisce la definizione di trust cieco, specificando che tale nozione si riferisce ai trusts nei quali il trustee gode della più ampia discrezionalità in merito alla consistenza qualitativa dei beni conferiti nel trust stesso, mentre i beneficiari di questi ultimi ne hanno solo una concoscenza qualitativa.
I commi 2 e 3 e 4 dell'articolo 14 specificano che la legge regolatrice scelta deve essere compatibile con l'ordinamento italiano e con la legge, che i trust, per ottenere l'approvazione dell'Autorità, devono conformarsi alle disposizioni di cui al medesimo articolo 8, non devono essere idonei ad eludere le disposizioni della legge, fornire adeguate garanzie per il perseguimento dei suoi obiettivi e il rispetto delle sue disposizioni, e che il trust deve esser riconosciuto dallo Stato italiano ai sensi della legge e degli articoli 2, 11 e 13 della predetta Convenzione.
Inoltre, ai sensi del comma 5, l'atto istitutivo deve in ogni caso:
a) riconoscere il potere dell'Autorità di cambiare in qualsiasi momento, per giustificati motivi, la legge regolatrice del trust scelta dal disponente;
b) prevedere il potere di trasformazione, gestione, disposizione e amministrazione dei beni conferiti da parte del trustee;
c) individuare un trustee dotato di determinate caratteristiche, scelto all'interno di una lista predisposta dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita la Consob, fra gli iscritti all'Albo dei gestori;
d) individuare i beneficiari del trust, che possono coincidere con il disponente;
e) indicare all'Autorità, nel caso in cui la legge regolatrice prescelta lo preveda, un «guardiano» del trust;
f) prevedere l'obbligo di un preventivo tentativo di conciliazione in caso di controversie, avanti ad un conciliatore nominato dall'Autorità o da soggetto o ente dalla stessa individuato.
g) prevedere meccanismi di successione nell'ufficio di trustee soggetti all'approvazione dell'Autorità.


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Con specifico ai requisiti della figura del trustee, il comma 6 prescrive che esso debba:
a) essere una persona giuridica, costituita in forma di società di capitali;
b) essere una società fiduciaria autorizzata;
c) avere nell'oggetto sociale lo svolgimento dell'attività di trustee;
d) avere una consolidata esperienza in materia di trust;
e) avere componenti degli organi di gestione e di controllo muniti dei medesimi requisiti di onorabilità e di professionalità richiesti per chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso gli intermediari finanziari.
f) non avere partecipazioni o quote del suo capitale sociale detenute per il tramite di intestazioni a società fiduciarie;
g) non essere una società controllata o amministrata da persone fisiche che siano il coniuge, un convivente o un parente o un affine fino al quarto grado del titolare della carica di Governo;
h) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano, o siano state nei cinque anni precedenti, dipendenti, consulenti, rappresentanti, procuratori, soci del titolare della carica di Governo, del coniuge, dei suoi parenti o affini fino al secondo grado, dei suoi conviventi, dei suoi soci in qualsiasi società o dei suoi associati in associazioni professionali, o dei beneficiari del trust;
i) non essere una società detenuta o amministrata da persone giuridiche le quote o partecipazioni del cui capitale sociale siano, o siano state nei tre anni precedenti, in qualunque modo detenute dal titolare della carica di Governo, dal coniuge, dai suoi parenti o affini fino al secondo grado, dai suoi conviventi, dai suoi soci in qualsiasi società o dai suoi associati in associazioni professionali, o dai beneficiari del trust;
l) non avere concluso nei due anni precedenti contratti con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;
m) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che abbiano concluso nei due anni precedenti contratti con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;
n) non avere, o non aver avuto nei due anni precedenti, rapporti di debito o di credito con il titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o con i beneficiari del trust;
o) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano, o siano state nei due anni precedenti, debitori o creditori del titolare della carica di Governo, il suo coniuge, i suoi conviventi, i suoi parenti e affini fino al secondo grado, i suoi soci in qualunque società o i suoi associati in associazioni di professionisti, o dei beneficiari del trust;
p) non essere una società detenuta o amministrata da persone fisiche che siano state condannate con sentenza definitiva passata in giudicato per reati contro la Pubblica amministrazione e contro il patrimonio.
q) avere una copertura assicurativa, rilasciata esclusivamente per lo svolgimento dell'attività di trustee, congrua rispetto all'entità del patrimonio gestito;
r) non avere a proprio carico alcun procedimento civile o penale per mala gestio o per violazione degli obblighi fiduciari assunti.


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I commi 7 e 8 enunciano dettagliatamente gli obblighi gravanti sul trustee e le facoltà ad esso spettanti, mentre il comma 9 specifica che qualsiasi comunicazione tra il titolare della carica di Governo, eventuali altri beneficiari e il trustee deve essere formulata per iscritto ed essere preventivamente autorizzata dall'Autorità, escludendo esplicitamente ogni altro rapporti tra il gestore e il titolare della carica di governo, altri eventuali beneficiari o persone legate a quest'ultimo da legami di coniugio, parentela o convivenza.
In tale contesto il comma 10 stabilisce che il trustee, ferme restando ulteriori ipotesi di responsabilità accertate dall'Autorità giudiziaria, risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri.
I commi 12 e 13 prevedono che il trustee il quale violi le prescrizioni della legge possa essere revocato dall'Autorità o dal disponente previa autorizzazione dell'Autorità e non possa più svolgere in futuro la funzione di trustee di trust istituiti ai sensi della presente legge. Nell'ipotesi di revoca, il soggetto che ha costituito il trust provvede alla sua sostituzione del trustee; in caso di inadempimento nei termini previsti, alla sostituzione provvede l'Autorità.
Infine, il comma 14 all'Autorità la vigilanza sul corretto adempimento del trust sulla base di quanto previsto dalla legge e dall'atto istitutivo del medesimo.
In tale contesto merita richiamate la previsione di cui all'articolo 26, comma 1, la quale stabilisce la competenza esclusiva del giudice italiano su tutte le controversie relative alle materie disciplinate dalla legge, anche quando il trustee abbia sede o residenza al di fuori del territorio nazionale.
Ai sensi dell'articolo 16, le disposizioni degli articoli 12 e 14 non si applicano, previa verifica dell'Autorità di cui all'articolo 3, ai beni personali, indicati negli elenchi allegati alle dichiarazioni di cui all'articolo 8, comma 4, cui sono tenuti i titolari di cariche di Governo.
Per quanto riguarda gli aspetti del provvedimento direttamente rientranti negli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala l'articolo 17, il quale definisce il regime tributario delle operazioni di dismissione e di trasferimento a trust realizzate in forza degli obblighi recati dalla legge.
In particolare, il comma 1 prevede che alle plusvalenze realizzate attraverso eventuali operazioni di dismissione degli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, quote di fondi, titoli negoziati, prodotti derivati, contratti a termine, contratti di opzione) posseduti dai soggetti di cui all'articolo 7, si applicano in ogni caso le aliquote di imposta relative alle partecipazioni non qualificate detenute da persone fisiche.
In forza di tale previsione, le predette plusvalenze saranno sottoposte allo specifico regime tributario previsto ai fini delle imposte sui redditi per tale tipologia di partecipazioni, in base al quale le plusvalenze non qualificate sono assoggettate ad imposta sostitutiva, con aliquota del 12,5 per cento, mentre le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate sono tassate in misura pari al 40 per cento del loro ammontare, con applicazione dell'aliquota ordinaria.
Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, si considerano partecipazioni qualificate quelle che rappresentano una percentuale dei diritti di voto in assemblea ordinaria superiore al 2 per cento, nelle società quotate, ed al 20 per cento, nelle società non quotate, ovvero che rappresentano una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5 per cento, nelle società quotate, ed al 25 per cento, nelle società non quotate.
Inoltre, il comma 2 stabilisce che il trasferimento di attività economiche in un trust istituito ai sensi dell'articolo 14, e la loro successiva restituzione all'interessato, non costituiscono realizzo di plusvalenze o di minusvalenze, e che tutti gli atti e i contratti stipulati ai fini della costituzione del trust e della successiva restituzione all'interessato sono esenti da ogni imposta diretta o indiretta.


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La disposizione specifica inoltre che, qualora la legge regolatrice del trust, o l'atto di costituzione dello stesso, prevedano che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito siano in tutto o in parte imputati al patrimonio stesso, questi ultimi siano sottoposti alle norme fiscali relative alla categoria nella quale rientrano, e che il gestore è tenuto ad applicare le ritenute e le imposte sostitutive dovute.
Tale ultima previsione, la quale formulata in termini non particolarmente chiari, sembra doversi intendersi nel senso che i proventi derivanti dal patrimonio trasferito nel trust, ed imputati al patrimonio medesimo, sono tassati in base alla tipologia reddituale cui essi appartengono.
In tale contesto occorre segnalare anche l'articolo 26, comma 2, il quale chiarisce che per le materie disciplinate dalla legge si applica in ogni caso la legislazione fiscale italiana.
L'articolo 18 disciplina la fattispecie di inadempimento degli obblighi di dichiarazione imposti dall'articolo 8, prevedendo, ai commi 1 e 4, che l'Autorità di cui all'articolo 3 diffidi il soggetto titolare della carica di Governo, ovvero il coniuge, i parenti ed affini entro il secondo grado o le persone stabilmente conviventi ad adempiere entro dieci giorni i loro obblighi.
In caso di ulteriore inadempimento, i commi 2, 3 e 5 stabiliscono l'applicazione, da parte della medesima Autorità, di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 ad euro 35.000 per ciascuna mancata dichiarazione, ovvero per ogni dichiarazione risultata in tutto o in parte incompleta o non veritiera.
Nel caso di violazione dell'obbligo di astensione imposto dall'articolo 11, l'articolo 19 prevede l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 ad euro 150.000 da parte dell'Autorità, la quale è altresì tenuta a darne informazione all'Autorità giudiziaria.
L'articolo 20 disciplina la fattispecie in cui il titolare delle cariche di Governo, violando le misure dettate dall'Autorità per prevenire il conflitto di interessi o in pendenza dei termini per l'adozione delle stesse, prende una decisione, adotta un atto, partecipa ad una deliberazione o omette di adottare un atto dovuto, conseguendo per sé un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto a quello conseguito dalla generalità dei destinatari, ovvero un vantaggio economicamente rilevante e incidente su una categoria ristretta di destinatari della quale il medesimo fa parte. In tal caso la disposizione prevede che l'Autorità, oltre alle sanzioni previste dagli articoli precedenti per la violazione delle misure preventive, applichi una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio ottenuto.
Il comma 2 prevede invece la sanzione amministrativa da 10.000 a 20.000 euro nei confronti del titolare della carioca che partecipi ad una deliberazione o ometta di adottare un atto dovuto, idoneo ad arrecare ad altro componente dello stesso organo cui egli appartiene, al coniuge, al parente o affine entro il secondo grado, o a persona convivente, un vantaggio economicamente rilevante e differenziato rispetto a quello conseguito dalla generalità dei destinatari, ovvero un vantaggio economicamente rilevante e incidente su una categoria ristretta di destinatari della quale fanno parte quel componente, il coniuge o le altre persone sopraindicate. Tale sanzione si cumula con quella prevista dal comma 1, quando il potenziale vantaggio determinato dall'atto è effettivamente conseguito.
Analoga sanzione è applicata, ai sensi del comma 4, al titolare della carica, che, in presenza delle stesse condizioni, arreca, consapevolmente, il medesimo vantaggio economico al coniuge, ad un parente o affine entro il secondo grado, ad una persona stabilmente convivente, o ad imprese o società di cui il medesimo detenga il controllo ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990, ovvero con le quali abbia intrattenuto rapporti di lavoro o di gestione o dalle quali abbia ottenuto finanziamenti


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o contributi per lo svolgimento di campagne elettorali per elezioni popolari.
L'articolo 21, comma 1, conferisce una delega al Governo ad integrare il decreto legislativo n. 267 del 2000, recante il Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, relativamente alla disciplina del conflitto di interessi, nonché a dettare disposizioni per assicurare il rispetto di perseguimento esclusivo del pubblico interesse nell'esercizio delle cariche pubbliche e per prevenire situazioni di conflitto di interesse, come definito all'articolo 2 della legge.
In tale contesto il comma 2 fissa il criterio direttivo secondo cui le funzioni di controllo e vigilanza in ambito regionale e locale sono attribuite all'Autorità di cui all'articolo 3.
Il comma 3 prevede inoltre che, fatta salva la previsione di cui all'articolo 78 del citato decreto legislativo n. 267, che già detta norma in materia di obblighi di astensione ed incompatibilità degli amministratori locali, il decreto legislativo emanato in forza della delega adatti alla situazioni locali le misure previste dalla legge per la prevenzione, la risoluzione e la sanzione dei conflitti di interessi alle situazioni locali, anche attraverso la previsione di esenzioni ed integrazioni.
L'articolo 22 modifica l'articolo 3, comma 1, della legge n. 165 del 2004, recante disposizioni di attuazione dell'articolo 122, primo comma, della Costituzione, al fine di integrare i principi fondamentali cui le Regioni devono attenersi nel disciplinare i casi di incompatibilità del Presidente e dei componenti delle giunte regionali. Il nuovo principio introdotto istituisce una causa di incompatibilità, nel caso di conflitto tra gli interessi pubblici da perseguire nell'esercizio di tali funzioni e gli interessi economici di cui i medesimi soggetti siano titolari, rappresentanti, amministratori, curatori, gestori, procuratori o in altra posizione analoga o rispetto ai quali svolgano un'attività di consulenza.
L'articolo 23 integra la disciplina relativa alle funzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
In particolare, il comma 1 stabilisce che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e i comitati regionali per le comunicazioni, accertano che le imprese radiotelevisive facenti capo rispettivamente ai candidati sindaci di comuni superiori a 15.000 abitanti, ai candidati presidenti di Provincia, ai candidati Presidenti di Regione e ai capi delle coalizioni nel corso delle campagne elettorali, non pongano in essere comportamenti che forniscano a tali soggetti un sostegno privilegiato.
Ai sensi del comma 3, la nozione di sostegno privilegiato si riferisce ad atti o comportamenti che abbiano come scopo o come effetto qualsiasi forma di vantaggio, diretto o indiretto, a favore dei candidati.
In base al comma 2, la previsione si estende alle imprese radiotelevisive facenti capo al coniuge e ai parenti entro il secondo grado dei predetti soggetti, ovvero sottoposte al controllo dei medesimi, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 287 del 1990.
Il comma 4 prevede che durante la campagna elettorale, l'Autorità e i comitati regionali sorvegliano che le imprese radiotelevisive non adottino alcun genere di comportamenti in violazione del principio della par condicio e comunque in grado di incidere sul risultato elettorale, tra i candidati alle cariche sopraindicate.
Secondo il comma 5 l'Autorità, nell'esercizio delle predette funzioni, adotta le procedure, si avvale dei poteri ed applica le sanzioni previste dalle disposizioni di cui alla legge n. 223 del 1990 (recante disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato), alla legge n. 249 del 1997 )(recante istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), alla legge n. 28 del 2000 (recante disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali), ed al decreto legislativo n. 177 del 2005 (recante il Testo unico della radiotelevisione).
Ai sensi dei commi 6 e 7, qualora accerti comportamenti in violazione delle predette disposizioni, l'Autorità diffida im


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mediatamente l'impresa radiotelevisiva a desistere dal comportamento contestato e ad adottare, ove possibile, le necessarie misure correttive, infliggendo a quest'ultima, in caso di inottemperanza, le sanzioni previste dalle disposizioni richiamate al comma 5, consistenti in sanzioni pecuniarie, ovvero, nell'ipotesi di violazioni ripetute oltre alla terza volta, nella sospensione dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività radiotelevisiva per un periodo di 15 giorni.
Le sanzioni pecuniarie sono aumentate sino a tre volte, in relazione alla gravità della violazione e al livello istituzionale corrispondente e devono consistere, per ogni singola infrazione, in una misura compresa tra 5.000 e 50.000 euro.
Ai sensi del comma 8, anche nel periodo successivo alla campagna elettorale, e fino all'applicazione delle disposizioni in materia di trust cieco di cui all'articolo 14, l'Autorità e i Comitati regionali sorvegliano costantemente che le imprese radiotelevisive non adottino comportamenti che possano configurare un sostegno privilegiato, applicando, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 7.
In base ai commi 9, 10 e 12, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è tenuta a riferire al Parlamento sugli accertamenti svolti, sui contenuti e le modalità di sostegno privilegiato riscontrate, sulle sanzioni irrogate, nonché sulle misure correttive che si è intimato di porre in essere, oltre a presentare al Parlamento una relazione semestrale sullo stato delle attività di controllo e vigilanza.
Nel medesimo ambito, l'articolo 24 prevede, ai commi 1 e 2, che l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni accerti, anche al di fuori dei periodi elettorali, che le imprese radiotelevisive nazionali non pongano in essere comportamenti che forniscano sostegno privilegiato a titolati di cariche di Governo, procedendo, su istanza di parte o d'ufficio, a svolgere attività di monitoraggio sulla programmazione televisiva, verificando la presenza, nell'arco di 4 mesi, di squilibri dell'informazione in favore di titolari di cariche di Governo.
Il comma 3 stabilisce che, ove accerti la presenza di squilibri, l'Autorità dispone la diffusione di comunicazioni di rettifiche o la messa a disposizione di spazi in favore delle parti politiche lese, mentre il comma 4 prevede una relazione annuale al Parlamento sullo stato complessivo del settore dei media e sui procedimenti in corso o conclusi in merito.
L'articolo 25 contiene la copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento, pari a 5 milioni di euro ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, mentre l'articolo 27, ai commi 1 e 2, reca le disposizioni transitorie, stabilendo che, per i soggetti investiti delle cariche pubbliche oggetto della legge, i termini da questa stabiliti decorrono dal momento della sua entrata in vigore.
La disposizione sancisce inoltre, al comma 3, la soppressione dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione, di cui all'articolo 1 della legge n. 3 del 2003, che è sostituito all'Autorità costituita dall'articolo 13.
L'articolo 28 abroga la legge n. 215 del 2004, recante norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi, nonché il numero 2 dell'articolo 1 della legge n. 441 del 1982, che prevede l'estensione al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Ministri ed ai Sottosegretari di Stato della disciplina per la pubblicità della situazione patrimoniale di titolari di cariche elettive, superata dalle nuove previsioni contenute nel provvedimento in esame, mentre l'articolo 29 disciplina l'entrata in vigore della legge, fissata in via generale in 120 giorni, ad eccezione degli articoli 3 e 4, che entrano in vigore decorsi 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento nella Gazzetta Ufficiale.
Si riserva di formulare una compiuta proposta di parere nella prossima seduta.

Gioacchino ALFANO (FI) rileva come le disposizioni di cui all'articolo 17 meritino


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di essere attentamente valutate, rilevando come esse rechino norme fiscali di favore, le quali risultano estranee al contenuto sostanziale del provvedimento.

Paolo DEL MESE, presidente, ricorda che la Commissione dovrà esprimere il parere sul provvedimento entro la giornata di domani: pertanto, in considerazione della possibilità che il Governo ponga, nella medesima giornata, la questione di fiducia sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 23 del 2007, recante disposizioni per il ripiano dei disavanzi nel settore sanitario, ritiene opportuno prevedere una seduta della Commissione prima dell'inizio dei lavori antimeridiani dell'Assemblea di domani, al fine di assicurare adeguati spazi di approfondimento sul provvedimento in esame.

Francesco TOLOTTI (Ulivo), relatore, si associa alle considerazioni del Presidente, sottolineando l'esigenza che la Commissione sia posta nelle condizioni di valutare adeguatamente i contenuti del disegno di legge.

Paolo DEL MESE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta da convocare domani, prima dell'inizio dei lavori antimeridiani dell'Assemblea.

Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale.
C. 2272-bis Governo.
(Parere alla X Commissione).

(Seguito esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 2 maggio 2007.

Francesco TOLOTTI (Ulivo), relatore, formula una proposta di parere favorevole con condizione e osservazioni (vedi allegato).

Paolo DEL MESE, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad una seduta da convocare domani, prima dell'inizio dei lavori antimeridiani dell'Assemblea.

La seduta termina alle 14.15.

SEDE REFERENTE

Martedì 8 maggio 2007. - Presidenza del presidente Paolo DEL MESE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alfiero Grandi.

La seduta comincia alle 14.15.

Delega al Governo per il riordino della normativa sulla tassazione dei redditi di capitale, sulla riscossione e accertamento dei tributi erariali, sul sistema estimativo del catasto fabbricati, nonché per la redazione di testi unici delle disposizioni sui tributi statali.
C. 1762 Governo.
(Seguito esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 3 maggio 2007.

Maurizio LEO (AN) sottolinea come il disegno di legge rischi di scardinare l'impostazione generale della disciplina tributaria sui redditi di capitale.
A tale proposito ricorda che la normativa in materia di imposte sui redditi introdotta nell'ordinamento a seguito della riforma tributaria dei primi anni '70 prevedeva che i redditi di capitale fossero tassati al lordo, senza riconoscere la possibilità di portare in diminuzione dall'imponibile alcun componente negativo; per quanto riguardava invece i redditi da partecipazione, essi erano considerati imponibili, nella misura in cui determinassero un risultato positivo per il soggetto percipiente.


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Una prima modifica di tale impostazione originaria venne introdotta nel corso degli anni '80, a partire dalla quale i redditi diversi di natura finanziaria furono sottoposti ad un regime fiscale differenziato, mediante applicazione di un'imposta sostitutiva.
Nel 1997 la tassazione di tali redditi è stata ampiamente rivoluzionata, superando il principio generale secondo cui i redditi di capitale venivano assoggettati a tassazione al lordo di tutti gli eventuali componenti negativi e secondo il principio di cassa. In particolare, in quell'occasione venne per la prima volta introdotto un meccanismo di tassazione per maturazione, in base al quale tali cespiti venivano tassati non sulla base dell'effettivo reddito realizzato, ma, in modo virtuale, sulla base del valore maturato dagli stessi. In una fase di crescita dei valori di mercato di tali titoli si è dunque evidenziato un notevole incremento del gettito fiscale; tuttavia, nel momento in cui l'andamento dei mercati finanziari ha evidenziato una dinamica recessiva, si è registrato il fenomeno opposto, generando un ammontare di minusvalenze in capo agli organismi di investimento collettivo particolarmente imponente, che dovrà prima o poi essere assorbito.
Inoltre, le modifiche introdotte nel 1997 hanno determinato la nascita di numerosi regimi fiscali differenziati applicabili ai redditi di capitale. In particolare si evidenzia, da un lato, il cosiddetto regime della dichiarazione, in base al quale il contribuente è tenuto ad inserire nella propria dichiarazione dei redditi annuale l'ammontare dei redditi di capitale percepiti; dall'altro, il regime del risparmio amministrato, per il quale si prevede l'assoggettamento ad imposta dei redditi di capitale al momento della loro realizzazione, nonché, infine, il regime del risparmio gestito, nel quale, invece, vige il principio secondo cui i redditi sono tassati al momento della loro maturazione, senza che il contribuente abbia effettivamente realizzato tali valori.
In tale contesto evidenzia come il meccanismo di tassazione secondo il principio della maturazione si esponga a diverse censure, sia in quanto appare in contrasto con il principio costituzionale, sancito dall'articolo 53, in base al quale il sistema tributario è informato ai criteri della capacità contributiva e della progressività, sia in quanto risulta in contraddizione con il principio, dichiarato dall'articolo 1 del Testo unico delle imposte sui redditi, secondo cui il presupposto dell'imposta sul reddito è il possesso effettivo di redditi.
Nel rendere ancora più complesso il quadro normativo, il legislatore del 1997 aveva altresì introdotto il meccanismo dell'equalizzatore, in base al quale, per i soggetti sottoposti al regime di tassazione secondo il principio del realizzato, la base imponibile dell'imposta veniva incrementata mediante l'applicazione di un moltiplicatore , al fine di equiparare la posizione di tali soggetti a quella di quanti sono sottoposti al regime di tassazione per maturazione. Tale meccanismo, che fu del resto sottoposto alla censura del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, costituiva evidentemente un ulteriore sovvertimento dei principi dell'ordinamento tributario, oltre a determinare un notevole appesantimento degli adempimenti imposti ai contribuenti.
Passando quindi ad esaminare il contenuto del disegno di legge, rileva come il testo originario dell'articolo 1 preveda l'allineamento al 20 per cento delle aliquote di imposta applicabili a tutte le tipologie di redditi di capitale, nonché l'omogeneizzazione del regime tributario dei fondi comuni italiani con quello dei fondi comunitari armonizzati. Pur concordando pienamente con tale ultima finalità, al fine di eliminare l'attuale disparità di disciplina che svantaggia le imprese finanziarie nazionali, ritiene, invece, che l'allineamento delle aliquote non sia, almeno in questa fase, opportuno, in quanto comporterebbe, per molte tipologie di strumenti finanziari, un notevole aggravio di tassazione, senza peraltro tenere conto delle diversità ad esempio esistenti tra partecipazioni non qualificate e partecipazioni qualificate.
L'emendamento 1.1 del Governo intende apportare ulteriori modifiche a tale


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quadro. A tale riguardo ritiene che, sebbene la proposta emendativa non contempli più, almeno esplicitamente, l'allineamento delle aliquote, si possa dubitare se la reale intenzione del Governo non sia ancora quella di realizzare tale obiettivo in sede di esercizio della delega, richiamando a tale proposito la formulazione della nuova lettera f) del comma 1, la quale prevede, tra l'altro, il coordinamento della nuova disciplina con le norme che regolano l'imposizione societaria. Sottolinea quindi la necessità che l'Esecutivo assuma un orientamento chiaro in merito, al fine di consentire al Parlamento di valutare appieno le conseguenze derivanti dall'intervento legislativo.
Un ulteriore aspetto di criticità della delega è costituito dalla lettera a), la quale, nel prevedere la conservazione del regime di tassazione del risparmio amministrato e del regime del risparmio gestito individuale, sembra introdurre una ulteriore differenziazione nella disciplina di tali redditi, mantenendo sostanzialmente il meccanismo di tassazione secondo il principio del maturato per il solo risparmio gestito individuale.
Esprime altresì perplessità sulla lettera c), mediante la quale si introduce surrettiziamente un meccanismo di deduzione dai redditi da capitale dei relativi costi che, oltre a porsi in contrasto con i principi generali vigenti in materia, determinerà minori entrate dell'Erario quantificabili, a suo giudizio, in circa 5 miliardi di euro.
In merito alla lettera d), evidenzia come essa introduca nuovamente nell'ordinamento il meccanismo dell'equalizzatore, attraverso una previsione di delega che risulta formulata in termini poco chiari. Nel ribadire le osservazioni critiche già espresse in precedenza su tale strumento, rileva come esso, oltre a sovvertire il sistema tributario, renda molto più complesso conoscere il reale rendimento degli strumenti finanziari detenuti. Ritiene quindi necessario sopprimere tale previsione, ovvero prevedere una durata di detenzione degli strumenti finanziari oltre la quale non si applica l'equalizzatore.
Con riferimento alla lettera e), evidenzia come essa sia volta a riassorbire i crediti fiscali vantati dai fondi comuni per le minusvalenze pregresse, le quali ammontano ormai a circa tre miliardi di euro; tuttavia, la previsione, che risulta tra l'altro piuttosto indeterminata, stabilisce che l'utilizzo delle predette minusvalenze ai fini fiscali sia distribuito su più periodi di imposta, e possa avvenire solo a determinate condizioni e con particolari limiti. Rileva pertanto il concreto rischio che tali disposizioni determinino conseguenze negative per i fondi italiani, i quali chiedono invece di essere finalmente equiparati, sul piano del trattamento tributario, ai fondi comunitari armonizzati. Sotto un ulteriore profilo rileva come la norma non affronti la problematica relativa al coordinamento di tali previsioni con la disciplina delle ritenute alla fonte.
Si riserva quindi di svolgere ulteriori considerazioni nel prosieguo dell'esame.

Paolo DEL MESE, presidente, propone di fissare fin d'ora il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 18 di martedì 29 maggio prossimo.

La Commissione concorda.

Paolo DEL MESE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 15.