XII Commissione - Mercoledì 16 maggio 2007


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ALLEGATO 1

5-00871 Mazzaracchio: Differenze di trattamento da parte di alcune regioni riguardo al ticket sui medicinali.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'articolo 1, comma 796, lettera l), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), prevede la possibilità per le Regioni di accedere al fondo di cui all'articolo 1, comma 181, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), a condizione che le stesse garantiscano la copertura degli eventuali disavanzi per la spesa farmaceutica degli esercizi 2005-2006.
Il presupposto per l'applicazione della norma è il superamento del tetto del 13 per cento per la spesa farmaceutica convenzionata, e la conseguente violazione dell'obbligo di contenimento della spesa farmaceutica nella misura del 40 per cento.
Ne consegue che gli Enti regionali potevano presentare, entro il 28 febbraio 2007, misure alternative alla quota fissa (ticket), le quali devono essere di importo adeguato a garantire l'integrale contenimento del 40 per cento di cui sopra.
Tali iniziative devono essere valutate dal tavolo tecnico istituito presso il Ministero dell'Economia e delle Finanze, avvalendosi del supporto dell'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), in merito alla relativa congruità, intesa sia come valutazione rispetto alla effettiva portata finanziaria delle iniziative presentate, sia come rispetto del vigente assetto normativo ed istituzionale in materia.
Tra le iniziative presentate dalle Regioni, pervenute all'AIFA nel febbraio scorso per le valutazioni di competenza, ve ne sono alcune finalizzate a determinare un prezzo di riferimento all'interno di sette categorie terapeutiche omogenee.
Nel merito, l'AIFA ha richiamato l'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 18 settembre 2001, n. 347 «Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, che ha attribuito al livello istituzionale centrale il compito di individuare, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza (LEA), i medicinali che, in relazione al loro ruolo non essenziale e alla presenza fra i medicinali concedibili, di prodotti aventi attività terapeutica sovrapponibile secondo il criterio delle categorie terapeutiche omogenee, possono essere esclusi totalmente o parzialmente dalla rimborsabilità.
Lo stesso articolo 6, al comma 2, ha ribadito che la totale o parziale rimborsabilità dei farmaci di cui al comma 1, può essere disposta anche a livello regionale in via amministrativa, «tenuto conto dell'andamento della propria spesa farmaceutica rispetto al tetto di spesa programmato». Nella prima fase attuativa della norma il Ministero della salute, su proposta della Commissione Unica del Farmaco (CUF), ha emanato il decreto 4 dicembre 2001, che all'articolo 2, ha previsto per alcune categorie terapeutiche la possibilità per le Regioni di individuare una partecipazione alla spesa da parte dell'assistito di minore entità rispetto ai medicinali ricompresi in altre categorie terapeutiche.
Per quanto attiene alle categorie terapeutiche omogenee, è opportuno ricordare che nel 1999 la CUF aveva precisato che: «la categoria terapeutica omogenea viene definita come un gruppo di farmaci che, in rapporto all'indicazione terapeutica principale, hanno in comune il meccanismo di


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azione e sono caratterizzati da una efficacia clinica ed un profilo di effetti indesiderati pressoché sovrapponibile, pur potendo i singoli farmaci diversificarsi per indicazioni terapeutiche aggiuntive. In una categoria terapeutica sono inclusi medicinali che, per forma farmaceutica, dose unitaria e numero di unità posologiche, consentono di effettuare un intervento terapeutico di intensità e durata sostanzialmente simile».
La stessa CUF aveva previsto anche la possibilità di apportare modifiche ed integrazioni in funzione dell'evoluzione tecnico-scientifica e normativa in materia.
Poiché ai sensi dell'articolo 48, commi 13 e 14, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, «Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici», convertito, con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, la CUF ha cessato di operare a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale 20 settembre 2004, n. 245 (Regolamento AIFA), le relative funzioni sono state attribuite alla Commissione consultiva tecnico-scientifica (CTS).
Pertanto, in coerenza con il vigente assetto istituzionale in materia di politica del farmaco, la CTS ha fornito il necessario supporto tecnico scientifico nella valutazione della congruità delle iniziative regionali, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 405 del 2001 e dell'articolo 1 comma 796, lettera l), della legge finanziaria 2007.
Nell'ambito del contesto farmaco-economico nel quale si inseriscono le iniziative regionali concernenti l'adozione di un prezzo di riferimento per categorie omogenee, dovrebbero comunque essere rispettati i seguenti criteri di applicabilità:
1) il criterio della minimizzazione del costo (livello di riferimento di minor prezzo) deve essere utilizzato per il periodo necessario al raggiungimento del riequilibrio finanziario della spesa farmaceutica;
2) i provvedimenti regionali non devono interferire, sul piano dell'efficacia del sistema complessivo, con le misure di ripiano già adottate a livello nazionale (aggiornamento Prontuario Farmaceutico, pay-back, riduzione dei prezzi, eccetera);
3) deve essere assicurato un coordinamento a livello regionale affinché la metodologia applicativa, l'operatività del modello e i criteri per l'appropriatezza prescrittiva siano uniformi nelle diverse realtà regionali;
4) la categoria omogenea prescelta deve presentare caratteri di omogeneità e sostituibilità in ordine all'efficacia, sicurezza e tollerabilità, in modo da non alterare in maniera significativa il percorso assistenziale del paziente.

Sulla base di quanto sopra chiarito, la CTS, nella seduta del 20 febbraio 2007, in merito alle iniziative presentate relativamente a sette categorie terapeutiche, si è pronunciata nel senso di ritenere possibile l'applicabilità dell'articolo 6 già citato esclusivamente alla categoria terapeutica omogenea degli inibitori.
Secondo quanto precisato dall'Agenzia Italiana del Farmaco tale parere non si pone in contrasto con la posizione precedentemente assunta dalla stessa Agenzia con il comunicato del 9 febbraio 2007, al quale sembrano fare riferimento gli onorevoli interroganti, in quanto «l'applicabiltà del concetto di categoria omogenea ai sensi dell'articolo 6 di cui sopra, non è in contrasto con l'esigenza di mantenere l'unitarietà del sistema farmaceutico sul territorio nazionale».


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ALLEGATO 2

5-00935 Poretti: Promozione di una efficace politica di prevenzione del tumore polmonare.

TESTO DELLA RISPOSTA

Le iniziative di prevenzione primaria del tumore polmonare, attraverso la disincentivazione del fumo, hanno dato in Italia risultati tutt'altro che insoddisfacenti, producendo una significativa e decisa riduzione della mortalità e dell'incidenza di nuovi casi già a partire dagli anni '90. L'inversione di tendenza osservata nel sesso maschile, più precoce e più accentuata nelle regioni del Centro-Nord dove i livelli erano storicamente più alti, è senz'altro frutto anche delle campagne di prevenzione e degli interventi legislativi di regolamentazione del fumo che si sono susseguiti a partire dagli anni '70 e che hanno provocato una notevole riduzione della prevalenza di fumatori. Nelle donne le stesse iniziative possono aver contribuito a contenere la crescita, ma sicuramente non hanno prodotto l'inversione di tendenza osservata per gli uomini. I livelli di mortalità e incidenza per tumore delle donne, pur essendo ancora molto inferiori rispetto a quelli riscontrati negli uomini, continuano infatti ad aumentare e la forbice si va riducendo. I dati epidemiologici supportano semmai l'opportunità di elaborare delle azioni di informazione e sensibilizzazione sui danni da fumo di sigaretta, mirate in modo più specifico sulle donne. In questa prospettiva si inserisce il programma «Guadagnare in Salute - Rendere facili le scelte salutari», che ha tra i suoi obiettivi quello di scoraggiare il fumo di sigaretta.
L'atto parlamentare evidenzia due aspetti fondamentali della problematica concernente i tumori del polmone:
1) il primo è l'incidenza attuale di questa patologia oncologica che, come precisato anche dall'onorevole Poretti, è indubbiamente una delle cause principali di mortalità per tumori in Italia, con circa 27.000 morti/anno, secondo la stima dell'International Agency for Research on Cancer dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Uno degli indicatori delle capacità assistenziali del sistema sanitario, quale la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi, è pari in Italia al 12 per cento per gli uomini ed al 15 per cento per le donne; tale indicatore è migliore di quello registrato in alcuni paesi europei, come la Finlandia, la Norvegia, il Sud-Est dell'Inghilterra, e non è lontanissimo da quello degli Stati Uniti, pari al 14 per cento per i maschi e 18 per cento per le donne;
2) un secondo aspetto messo in evidenza nell'interrogazione concerne la necessità di una politica sanitaria che preveda specifici programmi di screening, ossia l'applicazione di una metodica di diagnosi precoce ad una popolazione asintomatica, allo scopo di ridurre l'incidenza e/o la mortalità causata dalla patologia oggetto del programma.

La diagnosi precoce, che è l'applicazione di un test diagnostico ad una persona asintomatica con l'obiettivo di individuare la lesione in una fase precoce (neoplastica e pre-neoplastica), si propone di evitare o posporre la morte per la causa specifica e/o modificare la qualità della vita.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha predisposto un elenco dei seguenti


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criteri che devono essere soddisfatti per iniziare un programma di screening:
a) rilevanza sociale della patologia oggetto del programma di screening;
b) efficacia del trattamento;
c) disponibilità dei servizi di approfondimento diagnostico;
d) esistenza di uno stadio riconoscibile preclinico;
e) disponibilità di un test attuabile;
f) accettabilità del test per la popolazione;
g) conoscenza della storia naturale della malattia;
h) individuazione dei soggetti da sottoporre a successivi interventi;
i) rapporto favorevole fra costi (compresi gli effetti negativi dell'intervento) e benefici;
j) attuazione continuativa del programma.

Fino ad oggi, le principali agenzie internazionali di valutazione delle pratiche di diagnostica precoce, come l'American Cancer Society, la Cochrane Collaboration, la US Preventive Task Force, la Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health, consigliano di non eseguire lo screening per il tumore del polmone con radiografia del torace, analisi dell'espettorato, Tomografia assiale computerizzata, Tac spirale.
Altri enti autorevoli, come il National Institute for Healt and Clinical Exellence e lo Scottish Intercollegiate Guidelines Network non hanno ancora predisposto raccomandazioni per lo screening di tale forma oncologica.
Recentemente, peraltro, sono stati pubblicati su Lancet i risultati dello studio ELCAP (Early Lung Cancer Action Project) che mostrano che è possibile identificare forme di tumore del polmone in fase precoce e, quindi, con maggiore possibilità di sopravvivenza.
Sul Journal of American Medical Association, infine, un gruppo di ricercatori, fra i quali americani e italiani (Istituto Nazionale Tumori di Milano), ha pubblicato un'analisi statistica che ha dimostrato come i risultati ottenuti finora non sono in grado di confermare l'effettiva capacità dello screening, effettuato con Tomografia Computerizzata, nella riduzione della mortalità per questo tumore.
L'interrogazione cita a supporto della promozione dello screening con Tac spirale un recente studio collaborativo coordinato dalla Cornell University (New York), che ha riportato per pazienti con tumore del polmone in stadio 1, diagnosticati con screening basato su Tac spirale, percentuali di sopravvivenza dell'88 per cento a 10 anni dalla diagnosi.
Uno studio multi-centrico, analogo a quello citato nell'interrogazione, pubblicato recentemente sul Journal of the American Medical Association (JAMA), invece riporta risultati che conducono a valutazioni di segno opposto. Sicuramente lo screening con Tac spirale incrementa il numero di diagnosi di tumore polmonare (144 contro 44.5 attesi), la proporzione di tumori in stadio localizzato e quindi il numero di resezioni polmonari (109 osservati contro 11 attesi). Ma nelle coorti di soggetti esaminati (n=3247) non si osserva né una riduzione della proporzione di casi in stadio avanzato, né una riduzione della mortalità per tumore polmonare (38 osservati contro 38.8 attesi).
Lo studio riportato nell'interrogazione, purtroppo, non ha un gruppo di controllo (né reale né simulato), sul quale poter verificare quale sarebbe stato l'esito in assenza di screening, ed inoltre non analizza la mortalità dell'intera coorte, bensì la sopravvivenza dei soli soggetti diagnosticati in stadio localizzato. Ciò non permette di rispondere all'interrogativo cruciale, ovvero se le diagnosi aggiuntive, individuate tramite la Tac spirale, siano in prevalenza piccole lesioni a carattere indolente, la cui rimozione non modifica la


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probabilità di sviluppare lesioni di grado avanzato e di morire per tumore polmonare.
Lo studio citato nell'interrogazione non prende inoltre in esame i potenziali rischi implicati dall'eccesso di diagnosi ottenute con Tac spirale. L'aumento fino a 3 volte del numero di diagnosi e fino a 10 volte del numero di resezioni chirurgiche rappresenta un sostanziale incremento del carico sanitario, oltre che un aggravio psicologico e fisico per i pazienti, in assenza di un reale e comprovato beneficio. Il tasso di mortalità operatoria riscontrato nello studio è decisamente inferiore (0.5 per cento) a quello medio osservato, ad esempio, negli Stati Uniti (5 per cento), mentre la frequenza di serie complicanze post chirurgiche è più alta del 20 per cento.
Si pone a questo punto la necessità di una attenta valutazione del significato dei dati riportati.
Tale valutazione, che è indispensabile per poter effettuare le scelte di programmazione sanitaria, deve focalizzarsi su:
il significato dell'aumento della sopravvivenza;
il permanere delle incertezze riguardo i possibili effetti negativi di una pratica diffusa di diagnosi precoce e, quindi, la necessità di ulteriori dati.

L'efficacia dello screening oncologico, cioè la riduzione della mortalità per quella causa di tumore, non è dimostrata di per sé dall'aumento della sopravvivenza, la quale potrebbe essere attribuita al cosiddetto lead time bias: se un individuo scopre di avere un cancro prima, l'aumento della sopravvivenza potrebbe essere solo apparente, in quanto dovuto alla anticipazione diagnostica.
In questo senso, il monitoraggio della sopravvivenza dovrebbe proseguire ancora per molti anni per poter concludere che è stato effettivamente prevenuto un evento di morte.
Inoltre, permangono alcune aree di incertezza, in quanto nello screening per il tumore del polmone molte ricerche e valutazioni epidemiologiche hanno segnalato due tipi di rischi:
il rischio della sovradiagnosi, cioè quello di identificare forme tumorali a bassa potenzialità di crescita o con crescita indolente, che di per sé non metterebbero a rischio di morte i soggetti che, invece, in quanto forti fumatori, spesso hanno una attesa di vita inferiore alla media per altre cause, come ad esempio le malattie cardiovascolari;
i rischi, compresa la mortalità per cause chirurgiche, connessi all'aumento del numero degli interventi che, di conseguenza, vengono effettuati.

Pertanto, una buona parte dei ricercatori ritiene che sia necessario attendere il risultato degli studi randomizzati controllati attualmente in corso, per poter assumere strategie obiettive e mirate di prevenzione.
Il principale studio randomizzato, in corso negli USA, è coordinato dal National Cancer Institute, e prevede un arruolamento di circa 50.000 soggetti.
In Europa, uno studio NELSON ha arruolato 18.000 soggetti in Olanda e Danimarca; in Italia, nella Regione Toscana lo studio ITALUNG-CT coinvolge circa 3.000 arruolati.
Questi studi consentiranno di dare una risposta sulla effettiva efficacia dello screening per il tumore al polmone intorno al 2010.
L'ipotesi di un programma organizzato di screening per il tumore del polmone non soddisfa due requisiti essenziali:
manca una solida dimostrazione dell'efficacia nel ridurre la mortalità dovuta al tumore;
non c'è evidenza di un rapporto positivo tra benefici e conseguenze dell'eventuale programma.

Per questi due motivi, al momento non appare opportuno suggerire lo screening


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per il tumore al polmone come intervento corrente di sanità pubblica.
La diagnosi precoce ai singoli individui dovrebbe essere illustrata, a chi lo richiede, come una pratica in corso di validazione, e con possibili rischi oltre che benefici, e dovrebbe essere limitata solo ai soggetti ad alto rischio (fumatori, particolari categorie di lavoratori).
La partecipazione dei cittadini a programmi di diagnosi precoce dovrebbe essere, allo stato attuale delle conoscenze, limitata agli studi di valutazione di efficacia e performance del test, svolti in centri qualificati nell'esecuzione del test e nell'offerta di accertamenti e trattamenti successivi al risultato sospetto/positivo.


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ALLEGATO 3

5-00775 Mancuso: Iniziative normative volte a vietare la vendita di droghe da parte dei cosiddetti smart-shop.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il termine smart drugs è utilizzato per indicare dei composti, di origine sia vegetale sia chimica, che contengono vitamine e principi attivi di estratti vegetali, ma anche sostanze con caratteristiche allucinogene, le quali vengono commercializzate in esercizi commerciali denominati smart shop.
In Italia esistono circa un centinaio di tali esercizi che vendono non solo prodotti di origine naturale e sintetica, ma anche prodotti destinati alla coltivazione di piante, nonché accessori per fumo quali filtri, cartine, pipe, vaporizzatori, eccetera.
Solitamente, i composti in esame sono venduti come profumatori ambientali o come semi da collezione, ma spesso vengono fumati o masticati, nonostante su molte confezioni sia apposta un'etichetta che sconsiglia un uso diverso da quello per il quale esse vengono ufficialmente commercializzate.
Tali prodotti risultano essere in vendita anche tramite Internet; inoltre esistono in commercio cocktail o mix di diverse sostanze create dagli stessi gestori sulla base di conoscenze del tutto empiriche.
Qualora pervengano al Ministero della salute segnalazioni relative ad effetti che possano far presumere proprietà stupefacenti nei prodotti venduti negli smart shop, viene avviato il procedimento per l'eventuale inserimento nelle tabelle delle sostanze stupefacenti e psicotrope, allegate al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 «Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza».
Affinché una sostanza possa essere sottoposta a controllo, tuttavia, è necessario che venga confermata la sua capacità di indurre dipendenza fisica o psichica e ne venga inoltre dimostrata l'attività sul sistema nervoso centrale, che può essere di stimolazione o depressione, con effetti quali allucinazioni o disturbi della funzione motoria, del pensiero, del comportamento e della percezione sensoriale.
Si ribadisce, pertanto, che per l'inserimento di una sostanza nel decreto del Presidente della Repubblica citato deve essere confermato scientificamente che il relativo abuso è tale da costituire un significativo pericolo per la salute pubblica, con conseguenze negative anche a livello sociale.
Per l'aggiornamento delle tabelle citate è previsto il decreto del Ministero della salute, acquisito il parere del Consiglio Superiore di Sanità e sentito il Ministro della solidarietà sociale.
Anche per quanto riguarda le piante o loro parti, i relativi principi attivi devono provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali.
A seguito di alcuni recenti eventi avversi, provocati dall'ingestione di semi di Argyreia nervosa che sono in libera vendita presso esercizi commerciali «specializzati» quali gli ecosmartshop o gli oxibar, già in data 18 marzo 2005, il Ministero aveva richiesto il parere all'Istituto Superiore di Sanità, il quale era all'epoca tra gli organi competenti circa la procedura di aggiornamento delle tabelle.


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Secondo l'ISS non vi erano elementi sufficienti per esprimersi sulla presunta pericolosità per la salute pubblica, nonostante che tali semi contengano in bassa concentrazione l'Amide dell'Acido Lisergico (LSA o Ergina), sostanza iscritta nella tabella I delle sostanze stupefacenti e psicotrope.
In data 13 giugno 2006, l'Agenzia Italiana del Farmaco ha inviato una segnalazione relativa a sospette reazioni avverse, a seguito dell'ingestione di semi di Argyreia nervosa.
Inoltre, in occasione del decesso di un giovane avvenuto lo scorso autunno a Bari, dopo l'assunzione di semi di Ipomoea violacea (pianta della stessa specie e con proprietà analoghe all'Argyreia nervosa) regolarmente acquistati in uno smart shop, la Procura della Repubblica di Bari, che indaga su tale decesso, con nota del 16 ottobre 2006 ha espressamente richiesto di sottoporre alla legislazione in materia di stupefacenti i semi delle suddette piante.
Pertanto, al fine di un eventuale inserimento dei semi di Argyreia nelle tabelle degli stupefacenti, è stato richiesto il parere del CSS, che, nella seduta del 1o marzo 2007, non si è espresso sull'opportunità o meno di inserimento in tabella dei predetti semi, sollecitando il Ministero a «chiedere il parere agli organismi internazionali competenti», ossia all'International Narcotics Control Board (INCB), prassi peraltro non contemplata dalla normativa nazionale.
Tuttavia, il Consiglio ha ribadito che non può essere ammessa «la presenza di stupefacenti nei prodotti in libera vendita, dal momento che nessuna legge autorizza una soglia minima di tali sostanze», invitando il Ministero ad emanare «un'ordinanza di divieto di commercializzazione ai fini della somministrazione nell'uomo dei prodotti in questione», che, attualmente, è in fase di predisposizione da parte della Direzione Generale competente.
Relativamente all'affermazione circa la mancanza di una letteratura medico-scientifica sugli effetti delle sostanze comunemente vendute negli smart shop, si precisa che il Dipartimento del Farmaco, Osservatorio Fumo Alcol e Droga dell'Istituto Superiore di Sanità ha svolto una approfondita ricerca sull'argomento, in collaborazione con il Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicina e Farmacologia-Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Messina.
I risultati sono stati pubblicati in uno studio il cui titolo è «Smart drugs», che comprende 25 monografie delle principali smart drugs riportando per ognuna di esse le caratteristiche botaniche, farmaco-tossicologiche (es.: effetti sul sistema nervoso centrale, effetti collaterali, intossicazione acuta e cronica) e le metodologie per analisi quali-quantitative di tali prodotti.
La pubblicazione, presentata al Ministero della salute il 31 ottobre 2006 nell'ambito della Conferenza «Tossicodipendenze: dalle evidenze scientifiche alla pratica clinica e alle decisioni politiche», è disponibile on-line sul sito dell'Osservatorio suddetto e può essere quindi utilizzato, secondo le rispettive esigenze, dalle forze dell'ordine, da studiosi e dai centri antiveleni al fine di diagnosticare eventuali intossicazioni.
Per quanto concerne le sostanze che possono essere ingerite (con o senza proprietà nutrizionali), si precisa che sono pervenute al Ministero della salute diverse segnalazioni concernenti la commercializzazione di sostanze non ammesse negli integratori alimentari.
Al riguardo, si sottolinea il recente provvedimento 15 febbraio 2007 con il quale è stata sancita, in sede di Conferenza Stato-Regioni, l'intesa sul Piano di vigilanza per l'anno 2007 sugli integratori alimentari commercializzati come prodotti alimentari e presentati come tali.
Tale piano prevede specifiche verifiche ispettive presso le strutture di vendita e di distribuzione di integratori alimentari, comprese le palestre, i centri fitness e simili.
Tali controlli hanno lo scopo di verificare, attraverso l'esame dell'etichetta, che i prodotti posti in vendita non contengano estratti vegetali non consentiti; le ragioni di natura sanitaria e la valenza tossicologica


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delle sostanze vegetali incluse nell'elenco di piante e derivati allegato al suddetto Provvedimento, sono state verificate dalla Commissione unica per la dietetica e la nutrizione (CUDN) di questo Ministero.
Il piano, che ha caratteristiche di penetrazione capillare, coinvolgendo le Regioni e quindi tutte le ASL, potrà certamente fornire un quadro esatto della situazione attuale relativamente alla presenza sul territorio nazionale di prodotti illegali.
I dati riepilogativi dell'attività di controllo saranno trasmessi dalle Regioni all'Istituto Superiore di Sanità che provvederà a elaborarli e, a indagine completata, a trasmetterli al Ministero della salute per gli eventuali provvedimenti dei quali si renda necessaria l'adozione.


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ALLEGATO 4

Nuove norme in materia di parto. Testo unificato C. 589 Lucchese, C. 1237 Palumbo, C. 1447 Bianchi e Poretti, C. 1611 Poretti, C. 1923 Governo, C. 1632 Dioguardi, C. 1754 Zanotti e Nicchi e C. 2230 Consiglio regionale del Piemonte.

EMENDAMENTI

ART. 6.

Al comma 1, sopprimere le parole: territoriali extraospedalieri.
6. 8 (nuova formulazione).Palumbo.

Al comma 4, sostituire le parole: l'assistenza domiciliare integrata alla madre e al neonato con le parole: l'assistenza ostetrica domiciliare.
6. 50 (ex 1.7).Dioguardi.

ART. 7.

Al comma 1, sostituire le parole: sia mediche sia infermieristiche con le seguenti: mediche, ostetriche ed infermieristiche.
7. 1 (nuova formulazione).Dioguardi.