III Commissione - Mercoledì 25 luglio 2007


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ALLEGATO 1

Ratifica Accordo Italia-India sulla cooperazione nel campo della difesa (C. 2267).

ARTICOLO AGGIUNTIVO

Art. 2-bis.

Ai fini dell'esecuzione di quanto previsto dall'articolo 5 dell'Accordo di cui all'articolo 1 della presente legge sono stipulate apposite intese intergovernative per ciascuna operazione di cui al medesimo articolo 5, ai sensi dell'articolo 9, comma 4, della legge 9 luglio 1990, n. 185.
2. 01.Il Relatore.


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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01291 Venier: Sulla presenza navale statunitense nel Golfo Persico.

TESTO DELLA RISPOSTA

Sembra opportuno, a titolo preliminare formulare alcune precisazioni su quanto riportato dall'Onorevole interrogante.
La prima riguarda le voci riguardanti un presunto «invito» indirizzato dall'Ambasciata USA a Beirut ai connazionali a lasciare il Libano, a partire dal 15 luglio. Queste voci non risultano confermate.
Quanto all'invio di una terza portaerei americana nel Golfo, esso sembra inquadrarsi in un normale avvicendamento di unità della Quinta Flotta, come noto basata nell'area.
Circa la questione nucleare iraniana, l'azione diplomatica italiana mira da sempre a ricercare una soluzione pacifica e a scongiurare qualsiasi escalation, escludendo in ogni caso opzioni militari. Dai frequenti contatti intercorsi con Washington non traspare l'intenzione di lanciare operazioni militari a breve o medio termine contro Teheran. Gli USA premono per una terza risoluzione del Consiglio di Sicurezza contro l'Iran dimostrando, per il momento, di volere circoscrivere la questione in ambito ONU.
Due parole, infine, sulla sicurezza dei nostri soldati in Libano.
L'attacco del 24 giugno 2007 contro un convoglio UNIFIL nel sud del Libano, in cui hanno perso la vita sei «caschi blu» spagnoli e colombiani, ha confermato che il compito del contingente internazionale non è certo esente da rischi. Anche per questo il Governo italiano ha predisposto misure di massima sicurezza per i nostri soldati.
Tuttavia, come ha sottolineato il Ministro D'Alema nella comunicazione di ieri al Senato, se siamo consapevoli dei rischi, siamo anche consci della validità del lavoro svolto dal nostro contingente nel Libano meridionale. Validità che è confermata, fra l'altro, dalla richiesta del Primo Ministro Siniora, a fine giugno, di estendere di un anno (fino al 31 agosto 2008) e senza emendamenti il mandato di UNIFIL.


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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01292 Tana De Zulueta: Sul ruolo di Sace SpA nella politica estera italiana.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'azione della SACE a sostegno delle esportazioni italiane e dell'internazionalizzazione si colloca in un contesto di azioni organiche che coinvolgono oltre al Ministero degli affari esteri anche il Ministero del Commercio internazionale ed il Ministero dell'economia e finanze.
Il Ministero degli affari esteri, in particolare, partecipa attivamente alla formazione delle linee direttrici e delle attività della SACE anche dopo il 1o gennaio 2004, data in cui l'agenzia italiana di credito all'esportazione SACE è passata alla condizione giuridica di Società per Azioni. La rete diplomatico-consolare del Ministero degli Affari Esteri fornisce, inoltre, il necessario supporto all'attività della SACE e degli operatori economici italiani.
Le aperture al made by Italy rappresentano attività aggiuntive ed integrative, in risposta a cambiamenti strutturali del commercio internazionale, dell'attività primaria di SACE S.p.A. che è il sostegno al made in Italy. Il 28 giugno 2007 la V Commissione permanente CIPE per il coordinamento e l'indirizzo della politica commerciale con l'estero ha approvato l'ampliamento del perimetro operativo di SACE S.p.A. Le decisioni della citata V Commissione del CIPE sono state approvate in sede CIPE lo scorso 20 luglio.
L'ampliamento del raggio d'azione consente di dar corso alla garanzia o all'assicurazione di operazioni condotte anche da società estere che siano collegate a società italiane o siano controllate da esse (made by Italy) o in caso di rilevanti interessi italiani (strategici, occupazionali o di sicurezza economica) anche a società non controllate o collegate a società italiane. Viene inoltre ampliata la gamma dei soggetti che possono usufruire dei servizi di assicurazione, che include le società finanziarie per meglio corrispondere all'evoluzione dei mercati.
Nel 2005 la SACE ha definito le linee-guida per un nuovo prodotto destinato al sostegno dell'internazionalizzazione delle imprese italiane ed, in particolare, delle PMI, avviando la copertura assicurativa di operazioni di Credit Enhancement con primarie banche nazionali. Questo prodotto finanziario è utilizzato per rafforzare il processo di innovazione e penetrazione delle imprese sui mercati esteri, per ristrutturare o acquistare nuovi impianti e macchinari, per sviluppare e rafforzare le strutture commerciali attraverso fiere e mostre internazionali, per attività di ricerca, sviluppo e pubblicità. Per le summenzionate caratteristiche, questa attività si rivolge soprattutto a beneficio delle PMI.
In tema di ambiente, la delegazione italiana presente ai negoziati per la nuova Raccomandazione sugli approcci comuni in materia ambientale e i crediti all'esportazione, composta da funzionari del Min. Commercio Internazionale, del MAE, del MEF, di SACE e SIMEST, si è distinta proponendo, su numerosi punti, le avanzate soluzioni che attualmente figurano nel testo, approvato il 12 giugno 2007 dal Consiglio dell'OCSE, contribuendo al raggiungimento di un accordo che aumenta il livello di tutela ambientale dei progetti sostenuti dalle Agenzie di Credito alle Esportazioni.
Il testo, approvato, che aggiorna la precedente Raccomandazione del 2005, richiamata


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dall'Onorevole interrogante, stabilisce le regole che gli Stati Membri e le loro agenzie di credito all'esportazione seguono nelle operazioni di sostegno pubblico alle esportazioni con rilevanza per l'ambiente. La Raccomandazione adottata incrementa il livello di protezione ambientale con l'applicazione di regole più rigorose, una maggiore trasparenza e pubblicizzazione dei progetti sostenuti dalle Agenzie di Credito alle Esportazioni ed un più ampio coinvolgimento delle economie emergenti. In tema di pubblicizzazione va, inoltre, sottolineato che SACE è tenuta all'osservanza dell'Accordo Arrangement on Export Credits ed alla sua regolamentazione, di cui la Raccomandazione summenzionata fa parte.


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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-01293 Siniscalchi: Sulla salvaguardia dei diritti umani nel Salvador.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'Italia segue con grande attenzione, la situazione interna nel Paese centroamericano, ivi inclusi gli aspetti concernenti il rispetto dei diritti umani.
Negli incontri con le Autorità salvadoregne il tema dei diritti umani viene regolarmente sollevato da parte italiana. Un aspetto che viene portato all'attenzione degli interlocutori salvadoregni riguarda l'esigenza di contemperare il pur condivisibile sforzo nella lotta alla criminalità organizzata o al terrorismo con il pieno rispetto dei diritti fondamentali dell'individuo.
Da ultimo, in occasione della sua visita a San Salvador (16-19 aprile 2007), la Vice Ministra Onorevole Patrizia Sentinelli ha incontrato la Procuratrice per i Diritti Umani in El Salvador, la connazionale Beatrice Alamanni, con la quale ha a lungo discusso della situazione del rispetto dei diritti umani nel Paese.
Anche l'imminente visita in Italia del Presidente di El Salvador, Saca, nel prossimo ottobre per partecipare alla III Conferenza Nazionale sull'America Latina, potrà costituire un'ulteriore occasione di approfondimento bilaterale su tali temi fondamentali.
I fatti del 2 luglio scorso nella località di Suchitoto hanno comunque formato oggetto di un passo il 17 luglio degli Ambasciatori dei Paesi dell'UE residenti a San Salvador (oltre all'Italia, Spagna, Francia e Germania) con il Ministro degli Esteri Laìnez. Abbiamo espresso al Ministro Lainez la nostra preoccupazione per l'accaduto, sintomo di una eccessiva polarizzazione del confronto politico interno, e lo abbiamo sensibilizzato anche circa le conseguenze negative per l'immagine del Governo salvadoregno a livello internazionale. Il Ministro, nel concordare sull'opportunità di non far acuire il confronto politico, ha assicurato che si sta adoperando per ottenere la scarcerazione di chi è ancora detenuto, fatto salvo l'accertamento di eventuali responsabilità penali.
In riferimento all'ambito regionale, vorrei ricordare, anche per i suoi riflessi sulla problematica dei diritti umani, l'azione che l'Italia ha svolto in sede europea affinché i negoziati in vista dell'Accordo di Associazione tra l'Unione Europea ed il Centro America venissero avviati quanto prima. È, infatti, convinzione del Governo italiano che l'integrazione regionale sia uno strumento essenziale ai fini della lotta alle sperequazioni sociali che sono spesso all'origine delle tensioni che sfociano poi in situazioni di crisi.
Quanto agli impegni di carattere multilaterale, El Salvador ha aderito alla maggior parte delle convenzioni internazionali delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani, tra le quali il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione per i diritti del fanciullo ed i protocolli opzionali annessi, la Convenzione contro la Tortura, senza tuttavia ratificarne il protocollo opzionale relativo all'abolizione della Pena di Morte. Va però segnalato che l'applicazione di questi strumenti presenta alcuni elementi di criticità.
Nel novembre 2006, l'UE ha effettuato un passo presso le autorità del Salvador per discutere degli ostacoli che impediscono la completa applicazione della citata Convenzione contro la Tortura. Il Governo salvadoregno si è dichiarato a conoscenza


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di tali difficoltà, soprattutto per quanto concerne la situazione difficile delle carceri e il mancato rispetto delle leggi riguardanti la protezione dei detenuti da parte degli ufficiali di polizia.
Per quanto concerne la pena di morte, la Costituzione salvadoregna prevede che essa possa essere comminata solo nei casi previsti dal codice militare durante uno stato di guerra internazionale: l'ultima esecuzione ha avuto luogo nel 1973. Il Paese è tra i 95 firmatari della Dichiarazione di Associazione presentata all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre 2006 e al Consiglio dei Diritti Umani di cui l'Italia è parte.
Quanto al rispetto dei diritti civili, della libertà di associazione e di espressione, evocato dall'Onorevole interrogante, il Salvador ha ratificato il relativo Patto delle Nazioni Unite del 1966, compreso il Primo Protocollo opzionale (che prevede la competenza del Comitato dei diritti umani a ricevere e esaminare comunicazioni individuali). La Costituzione garantisce le libertà di associazione e di espressione consentendo la formazione di numerose organizzazioni per la difesa dei diritti dell'uomo e di sindacati. Attualmente le Autorità salvadoregne stanno cercando di dare attuazione alle normative sui diritti sindacali contenute nelle Convenzioni 87 e 98 dell'ILO, ratificate nel settembre 2006. Si segnalano, tuttavia, alcune denunce di intimidazioni ai danni di alcuni militanti di ONG locali.
Secondo un rapporto del maggio 2007 dei Capi Missione UE accreditati a San Salvador sulla situazione di sicurezza nel Paese, si registra una forte diffusione di armi da fuoco e diffusa violenza, facendo del Salvador il Paese con il tasso di omicidi - comparato alla popolazione - più elevato del continente americano. Il tasso di impunità resta dunque elevato, in quanto le Autorità salvadoregne riescono con difficoltà ad arginare simili fenomeni.
Restano ancora aperte, poi, le ferite che la guerra civile hanno inferto alla società civile salvadoregne. Nel corso di una recente visita in Salvador, il Presidente del gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate del Consiglio dei diritti dell'uomo, M. Corcuera, ha criticato le autorità salvadoregne per il clima di impunità del Paese, dovuto, a suo avviso, all'impossibilità di processare gli autori delle sparizioni forzate, a causa della protezione conferita loro dalla legge d'amnistia approvata nel 1993, riguardante i crimini commessi durante il periodo della guerra civile. A tal proposito, nel marzo 2007, l'UE ha effettuato un passo ufficiale alle Autorità locali senza tuttavia riuscire, per il momento, ad ottenere risposte soddisfacenti.


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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-01294 D'Elia: Sull'attività del Comitato per le sanzioni del Consiglio di Sicurezza dell'ONU in relazione alla crisi del Darfur.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il Comitato sanzioni Sudan è un organo sussidiario del Consiglio di Sicurezza, istituito con Risoluzione 1551 del 2005. Ne fanno parte tutti i membri dello stesso Consiglio di Sicurezza.
Il Comitato ha il compito di monitorare l'attuazione del regime sanzionatorio già deciso dal Consiglio di Sicurezza, ma non può assumere autonomamente decisioni in merito ad eventuali rafforzamenti di suddetto regime. Decisioni in tal senso possono essere assunte solo dal Consiglio di Sicurezza stesso.
Gli organismi dell'ONU continuano comunque a seguire la questione della protezione dei civili in Sudan con la massima attenzione.
Il tema è stato al centro della missione che una rappresentanza del Consiglio di Sicurezza ha effettuato in Sudan, nell'ambito di una visita nel continente africano che si è tenuta dal 14 al 21 giugno 2007. Per l'Italia, era presente il Vice Rappresentante Permanente d'Italia alle Nazioni Unite, Ambasciatore Aldo Mantovani.
La situazione in Darfur è stata uno dei temi dominanti dell'agenda delle ultime sessioni del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, di cui l'Italia è membro. Nel corso della quarta sessione (marzo 2007) l'Italia e l'UE hanno lavorato a complessi negoziati con il Gruppo africano, conclusisi con l'approvazione per consenso di un testo di risoluzione sulla situazione in Darfur.
La risoluzione ha dato mandato ad un gruppo di esperti, composto dal Relatore Speciale sul Sudan e da altri sei relatori speciali «tematici», di riferire sullo stato di attuazione delle raccomandazioni sul Darfur, contenute nei numerosi documenti delle Nazioni Unite, nonché di promuoverne l'attuazione.
Nella sua quinta sessione, il Consiglio dei Diritti Umani (giugno 2007) ha approvato per consenso il primo rapporto del gruppo di esperti sullo stato di attuazione delle raccomandazioni sul Darfur. Dal documento emerge un quadro fortemente critico della situazione in quella regione; d'altro canto, viene registrata positivamente la disponibilità dimostrata da Khartoum nel collaborare con il gruppo di esperti - a differenza dell'ostruzionismo opposto in passato - al fine di concordare un pacchetto dì raccomandazioni per migliorare lo stato dei diritti umani in Darfur.
Il Consiglio Diritti Umani manterrà all'attenzione la situazione della regione anche durante la prossima sessione (10-28 settembre 2007), con una prima informativa del Gruppo di esperti sull'adempimento da parte del Governo del Sudan delle raccomandazioni dello stesso Gruppo, in vista della presentazione del rapporto finale alla VII sessione.


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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-01324 Paoletti Tangheroni: Sulla demolizione del «Villaggio della Speranza» in Bangladesh.

TESTO DELLA RISPOSTA

Il Governo segue con grande attenzione, insieme ai rappresentanti della Comunità internazionale presenti a Dhaka, la questione della protezione dei diritti umani e di quelli delle minoranze, siano esse religiose, etniche o culturali. Il nostro Ambasciatore a Dhaka è già intervenuto ripetutamente sul Governo invitandolo a richiamare le forze dell'ordine e la pubblica amministrazione ad una maggior vigilanza e rispetto di tali diritti.
Il caso delle case di Khulna, soprattutto per le sue possibili ripercussioni di carattere religioso, è uno dei dossier che viene seguito con costante attenzione. Le 40 casette del villaggio denominato «Ashar Para» sono state abbattute dalla Khulna Development Authority (KDA), l'ente municipale responsabile dello sviluppo della città, in quanto costruite di recente e senza autorizzazione su di un terreno acquistato dalla Diocesi di Khulna il 23 aprile 2006.
La richiesta di demolizione era stata avanzata qualche mese fa e contro di essa era stato proposto un immediato ricorso. A fine febbraio, il Nunzio Apostolico e il nostro Ambasciatore a Dhaka hanno, inoltre, fatto dei passi ufficiali presso il Ministero degli Esteri chiedendo un intervento presso le autorità locali per riconsiderare la decisione informando le altre Ambasciate e la Presidenza di turno dell'Unione Europea della situazione che si era venuta a creare a Khulna. Gli interventi effettuati sono serviti a far rientrare l'accusa che circolava circa l'uso delle case per convertire famiglie mussulmane, accusa assai grave che poteva avere serie ripercussioni anche su altre iniziative che i missionari, italiani ma non solo, portano avanti nel Paese ben oltre l'iniziativa del villaggio «Ashar Para».
La Presidenza di turno dell'Unione europea ha recentemente sollevato il caso presso le Autorità locali chiedendo che venga concessa l'autorizzazione alla costruzione di nuove case o venga assegnato alla Curia un appezzamento alternativo su cui ricostruire le abitazioni.
Va tenuto presente, ad ogni modo, che da gennaio in Bangladesh è in vigore lo Stato di emergenza e il Paese è retto da un Governo provvisorio che gode dell'appoggio esterno delle Forze Armate e che dovrebbe portare il Paese alle elezioni politiche generali. Per creare le condizioni favorevoli alle elezioni, il Governo ha iniziato alcune importanti riforme istituzionali ed una campagna contro la corruzione che ha già portato all'arresto di numerosi ex-ministri, esponenti politici di tutti i partiti, dirigenti della pubblica amministrazione ed imprenditori. Di questa campagna fanno parte anche iniziative rivolte al recupero di terreni pubblici usurpati od occupati e l'abbattimento di strutture illegalmente costruite o che comunque violino leggi o permessi. Sono stati abbattuti molti negozi e case e, in particolare a Dhaka, sono stati distrutti con le ruspe diversi slums che ospitavano molte migliaia di persone.