IV Commissione - Mercoledì 12 settembre 2007


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ALLEGATO 1

Disposizioni per l'ammissione di soggetti fabici nelle Forze armate (C. 2459 Sanna).

SINTESI DELLE ATTIVITÀ SVOLTE DALLA COMMISSIONE SCIENTIFICA

Premessa.

Assegnazione del compito da parte del Ministro della difesa.

Il compito di questa Commissione, costituita dal Ministro della difesa con decreto dell'8 marzo 2007, è stato quello di affrontare la questione della normativa che, fino ad oggi, impedisce l'accesso alle Forze armate ai soggetti carenti - in forma parziale - dell'enzima glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G6PD) nei globuli rossi, condizione altrimenti detta «favismo». Al fine di inquadrare la delicata e complessa problematica in argomento, si reputa opportuno fornire preliminarmente alcune indicazioni di ordine tecnico. L'enzima citato è essenziale per la vitalità funzionale degli eritrociti e, soprattutto, per i processi ossido riduttivi che in essi si svolgono, legati alla loro capacità di assumere e veicolare ai tessuti l'ossigeno indispensabile alle funzioni vitali. La carenza di tale enzima provoca un'improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) e, quindi, la comparsa di grave anemia emolitica con ittero quando il soggetto che ne è affetto ingerisce fave o alcuni farmaci con diverse applicazioni terapeutiche (antimalarici, analgesici, antipiretici, antibiotici, chemioterapici), ovvero, si espone al contatto di essi o di alcune sostanze (alcune, anche di uso comune) che agiscono da fattori scatenanti, in quanto inibiscono l'attività della G6PD eritrocitaria, impoverendo ulteriormente i globuli rossi che sono già carenti dell'enzima. La malattia vera e propria si manifesta in modo improvviso e, nei casi più gravi, circa la metà dei globuli rossi viene distrutta.
Il «favismo» in fase acuta è, infatti, un evento morboso piuttosto pericoloso, in quanto l'anemizzazione può essere rapida e drammatica, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza del soggetto. Al momento dell'inizio dei lavori di questa Commissione, l'accertamento dell'idoneità al servizio militare è disciplinato dal decreto ministeriale 4 aprile 2000, n. 114: «Regolamento recante norme in materia di accertamento dell'idoneità al servizio militare», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 maggio 2000, n. 107. Nel caso specifico, l'Elenco delle imperfezioni e delle infermità che sono causa di non idoneità al servizio militare, allegato al Regolamento, prevede al punto 2, lettera d), anche «i difetti quantitativi o qualitativi degli enzimi, trascorso, ove occorra, il periodo di inabilità temporanea». La successiva Direttiva tecnica applicativa, a cura della competente Direzione Generale della Sanità Militare, pubblicata con decreto 5 dicembre 2005 sulla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2005, n. 300, precisa che il «deficit anche parziale di G6PD è causa di non idoneità al servizio militare». La crisi di favismo, come già detto, può degenerare rapidamente in crisi emolitica, con possibili conseguenze anche letali, qualora non si intervenga prontamente con ricovero ed adeguata terapia ospedaliera. È noto, infatti, che il servizio nelle Forze armate comporta, in molti casi, lo svolgimento di


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attività, per periodi di tempo di durata variabile, in aree con particolare rischio di contrarre malattie infettive o parassitarie (zone con endemia malarica), per cui sono necessarie misure di profilassi (profilassi antimalarica) o trattamenti farmacologici riconosciuti quali pericolosi per i soggetti carenti di G6PD.
Al tempo stesso, potrebbero verificarsi difficoltà ai fini di uno stretto controllo sulla dieta e nell'accesso ai servizi ospedalieri. Parimenti sarebbe estremamente difficile impedire l'esposizione dei fabici a fattori per loro di grave rischio (campi d'arma o esercitazioni in prossimità di colture agricole), circostanza che, in caso di conseguenze negative sulla salute degli interessati, potrebbe comportare, oltre che responsabilità morali in capo alle autorità di comando e sanitarie militari, anche possibili contenziosi giudiziari. Pertanto, al fini dell'arruolamento per il servizio militare, appare, evidente la necessità - sotto il profilo medico-legale - da un lato, dell'accertamento preventivo dell'eventuale carenza dell'enzima G6PD a cura delle strutture sanitarie militari competenti o, dall'altro, una volta stabilita la sua esistenza, quale diretta conseguenza, di un provvedimento di inabilità permanente al servizio militare del soggetto interessato, a causa dell'impossibilità a prestare servizio in condizioni di sicurezza o di tutela por la sua salute. Va osservato, infatti, che tale giudizio, emesso sino ad oggi, lungi dall'avere un carattere discriminatorio nei confronti dei soggetti fabici, costituisce un chiaro strumento di tutela nei loro confronti, poiché li mette al dovuto riparo da tutte le situazioni di possibile rischio per la loro salute. In sintesi, la condizione di portatore del difetto enzimatico in questione può tramutare, inaccettabilmente sotto il profilo giuridico e deontologico medico, un ipotetico rischio generico di malattia complicata in una serie di fattori di rischio per la vita se trasferita in ambito militare e quindi deve postulare - a salvaguardia dall'interessato e per scongiurare tali rischi - il giudizio di inabilità.
Nelle sopra esposte considerazioni risiede pertanto la ratio della norma di riferimento, per quelle parti in cui vengono prese in considerazione condizioni patologiche, o potenzialmente tali, come quella in esame, dal momento che nel servizio militare può ritenersi ragionevolmente individuabile un rischio professionale operativo cui potrebbe essere esposto un soggetto fabico. La previsione normativa in questione - sostanzialmente negativa sulla possibilità di accedere al servizio militare continuativo da parte dei portatori del difetto in causa in forza del rischio imminente per essi di subire una crisi emolitica fatale per grave anemizzazione incontrollata e incontrollabile - si fonda su elementi incontroversi di tutela della loro salute, di garanzia di piena operatività dello Strumento militare in ogni sua componente e infine di tutela dalla stessa catena di comando ed è confortata dal sostegno delle più accreditate e accettate teorie etiopatogenetiche e cliniche espresse dai massimi esperti del settore specialistico in questione. Ciò nonostante, la Difesa, comunque, ha continuato nell'esame di approfondimento degli aspetti medico-clinico-biologici della tematica.
In tale ottica, è stata disposta la costituzione di questa Commissione scientifica composta da eminenti personalità, che ha studiato, sotto il profilo medico-scientifico e giuridico, l'eventuale compatibilità dell'enzimopatia da «deficit di G6PD, anche parziale», con lo svolgimento delle attività connesse con l'espletamento del servizio militare professionale, da parte dei soggetti affetti da tale carenza.

Descrizione delle attività svolta dalla Commissione.

A. Nella prima riunione si è convenuto sull'opportunità che i soggetti con deficit di G6PD possano essere ammessi al Servizio Militare permanente effettivo, contrariamente a quanto previsto dal regolamento vigente.


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C'è invece stato dibattito se tale deficit fosse compatibile con una idoneità incondizionata o se si dovessero stabilire delle «limitazioni» a scopo protettivo: la prima posizione era basata sulla asserzione che il deficit di G6PD non comportasse alcun incremento reale di rischio emolitico, mentre la seconda posizione era improntata ad una maggiore cautela ritenendo che esso si associ ad un rischio incrementale emolitico reale, ancorché minimo, non sempre prevedibile in tutte le condizioni ed i teatri operativi.
È stato altresì espresso il desiderio di conoscere il comportamento di altre Nazioni in merito all'argomento oggetto della Commissione e di acquisire il parere di responsabili operativi di missioni all'estero sulle possibili implicazioni derivanti dalla eventuale presenza nei loro organici di soggetti con deficit di G6PD.

B. Nella seconda riunione, dedicata alle audizioni di ufficiali di Esercito, Marina, Aviazione e Carabinieri, sono emerse le seguenti osservazioni:
1) i militari in missione, pur avendo ruoli specifici, sono all'occorrenza tutti interscambiabili e non è possibile pertanto garantire ad un militare un ruolo «protetto»;
2) in alcune situazioni (ad esempio in piccole unità della marina quali corvette e sommergibili) non è disponibile in luogo né reperibile in tempi brevi il sangue indispensabile per il trattamento di una crisi emolitica grave;
3) la responsabilità di una eventuale morte, che ricade comunque sugli ufficiali medici (peraltro non assicurati) e sul comandante, sarebbe ancor più gravosa nel caso di morte «evitabile».
Alla fine delle audizioni, su proposta del Consigliere di Stato professor De Cesare, si fa strada l'ipotesi, condivisa, di adottare un criterio di gradualità, articolato nei seguenti atti:
1) implementare un periodo sperimentale (di alcuni anni) di ammissione dei soggetti con deficit di G6PD al servizio militare permanente effettivo;
2) introdurre misure per la responsabilizzazione dei singoli soggetti carenti e per lo spostamento di responsabilità dalla istituzione militare al singolo soggetto consapevole;
3) identificare misure atte a ridurre il rischio di esposizione ai potenziali fattori scatenanti l'emolisi (braccialetto, eccetera);
4) considerare il problema della compatibilità del deficit di G6PD con il servizio militare permanente effettivo in una prospettiva più ampia che comprenda altre situazioni analoghe (esempio intolleranza a farmaci, allergie, eccetera).

La ricognizione circa il comportamento di altre Nazioni (Stati Uniti, Grecia, Francia, Inghilterra e Turchia) in merito al problema del deficit di G6PD evidenzia, ancorché incompleta, attitudini diverse, dalla compatibilità con lo svolgimento del servizio militare su responsabilità individuale (USA), alla non compatibilità (Turchia), alla compatibilità condizionata dal non avere mai avuto manifestazioni cliniche (Grecia, Francia).
Infine, su proposta del professor Cao, si è deciso di interpellare il professor Lucio Luzzatto circa il rischio incrementale emolitico associato al deficit di G6PD.

C. Nella terza riunione, dedicata alla audizione del professor Luzzatto, sono emersi i seguenti punti:
i soggetti con attività G6PD ≥ 30 per cento del valore medio della metodica quantitativa di riferimento se maschi e ≥ 60 per cento se femmine non avrebbero rischio emolitico incrementale e dovrebbero quindi avere idoneità incondizionata. Il cut-of del 60 per cento per le donne eterozigoti (caratterizzate dalla presenza di due popolazioni eritrocitarie, una carente e l'altra non) è stato ritenuto accettabile pur non esistendo studi che abbiano correlato il rischio o la gravità dell'emolisi con il grado di lionizzazione;


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i soggetti con attività G6PD <30 per cento se maschi e <60 per cento se femmine hanno rischio incrementale emolitico essenzialmente legato all'assunzione di farmaci antimalarici. Tali soggetti possono essere considerati idonei al servizio militare con prescrizione di non mangiare fave, di non assumere i farmaci elencati come potenzialmente pericolosi, di non essere preferibilmente impiegati in missioni in aree malariche.

D. Nella quarta riunione abbiamo preso visione dei documenti inviati dal professor Carcassi, il quale ha risposto a specifici quesiti che gli sono stati posti dal Colonnello Roberto Rossetti per conto ed a nome del Presidente della Commissione.

Al termine di una giornata di lavoro è stato preparato il seguente documento, concertato e firmato da tutti i componenti della Commissione, all'unanimità.


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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'ammissione di soggetti fabici nelle Forze armate (C. 2459 Sanna).

DOCUMENTO FINALE APPROVATO ALL'UNANIMITÀ DALLA COMMISSIONE SCIENTIFICA

La Commissione per lo studio della compatibilità della enzimopatia da deficit di G6PD, anche parziale, con lo svolgimento del servizio militare, nominata con decreto del Ministro della difesa datato 8 marzo 2007, al termine dei suoi lavori conviene all'unanimità sulla seguente proposta:
1) di ritenere non idonei al S.M. i soggetti che presentino la seguente condizione sanitaria ed, a tal fine, modificare la voce dell'elenco imperfezioni/infermità come segue: «deficit di G6PD che abbia dato luogo a comprovate manifestazioni emolitiche»;
2) ritenere idonei al S.M.I. i soggetti con attività G6PD ≥ 30 per cento se maschi e ≥ 70 per cento se femmine;
3) ritenere idonei al S.M. i soggetti con attività G6PD < 30 per cento se maschi e < 70 per cento se femmine, con prescrizioni aggiuntive per quanto riguarda attività o condizioni di rischio elettivo;
4) di identificare comunque misure per la responsabilizzazione dei singoli soggetti carenti;
5) di identificare misure atte a ridurre comunque il rischio di esposizione ai potenziali fattori scatenanti l'emolisi (braccialetto, eccetera);
6) di utilizzare il «caso» G6PD come occasione di discussione di (o come modello applicabile per) altre situazioni analoghe (esempio intolleranza a farmaci, allergie, eccetera).

Considerazioni finali.

La rivalutazione complessiva dal difetto di G6PD, porta a concludere che tale difetto non debba essere considerato un fattore di discriminazione nella valutazione medico-legale dell'idoneità al servizio militare.
In alcuni casi e per singoli soggetti giudicati idonei al servizio militare, previe comprovate analisi, potranno sussistere limitazioni motivate a particolari attività d'impiego operativo.


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ALLEGATO 3

Sulla missione al Corpo d'Armata di Reazione Rapida della NATO di Solbiate Olona del 3 luglio 2007.

COMUNICAZIONI

Una delegazione della Commissione Difesa da me guidata e composta dai deputati Massimo Nardi (DCA-NPSI) e Pierfrancesco Emilio Romano Gamba (AN), si è recata in missione a Solbiate Olona (VA) il 3 luglio 2007, per visitare il Corpo d'Armata di Reazione Rapida della NATO.
La delegazione è stata accolta dal Comandante, Generale di Corpo d'Armata Mauro del Vecchio, che ha illustrato i profili di carattere generale, gli aspetti ordinativi, le capacità operative e gli impegni passati e futuri del Corpo d'armata di reazione rapida italiano.
Per quanto riguarda i profili di carattere generale, è stato rilevato che il Corpo d'armata di reazione rapida di Solbiate Olona è stato costituito il 1o novembre 2002 ed è stato certificato dalla NATO come pienamente operativo il 12 dicembre 2002. La realizzazione del Corpo ha richiesto un forte impegno in termini di personale, infrastrutture, equipaggiamento, addestramento e risorse finanziarie. La sua collocazione territoriale è stata decisa in funzione degli importanti centri di comunicazione che si trovano nell'area: sei porti (Savona, Genova, La Spezia, Trieste, Venezia e Ancona) e sei aeroporti (Torino-Caselle, Novara-Cameri, Milano-Malpensa, Milano-Linate, Bergamo-Orio al Serio e Piacenza).
Per quanto riguarda gli aspetti ordinativi, è stato rilevato che i Corpi d'Armata ad elevata prontezza, come quello di Solbiate Olona, sono stati istituiti ai fini della creazione e del mantenimento di una capacità di impiego operativo in operazioni approvate dal Consiglio Nord Atlantico per la condotta di operazioni convenzionali di supporto alla pace e di supporto umanitario. In particolare, il Corpo d'Armata di Reazione Rapida di Solbiate Olona ha la capacità di rischierarsi rapidamente in teatri operativi a distanze notevoli dalla madre patria e di esercitare funzioni di comando e controllo su forze - che hanno una consistenza numerica di circa 60 mila uomini e di circa 15-20 mila mezzi tattici e logistici - nonché di gestire l'area affidata alla propria responsabilità nella sua interezza.
I costi relativi al solo Comando del Corpo di reazione rapida, comprensivi dei costi del personale, della logistica, dell'addestramento e dei trasporti sono risultati pari, nell'anno 2006, a circa 2 milioni e 600 mila euro.
Per quanto riguarda le attività operative, nel triennio 2004-2006, il Corpo d'Armata di Reazione Rapida di Solbiate Olona ha partecipato alla predisposizione della NATO response Force NPR 3 e alla realizzazione della missione ISAF VIII. Nel triennio 2007-2009 parteciperà all'approntamento della NATO response Force NPR 9 e alla missione ISAF XII/I.
La Nato response Force è uno strumento flessibile, immediatamente proiettabile per la risposta immediata alle crisi, attraverso il quale la NATO può provvedere all'evacuazione della popolazione civile, al supporto ad operazioni di soccorso in eventi calamitosi, ad operazioni di risposta per la risoluzione delle crisi, al supporto di operazioni antiterrorismo, ad operazioni di embargo, alla Forza di intervento rapido e alla Forza dimostrativa.


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Le Forze a disposizione sono costituite da diverse componenti: terrestre (a livello di Brigata - 3.000/3.500 uomini); aeronavale (a livello di gruppo navale), aerea (200 sortite al giorno) e di Forze speciali. Lo strumento è proiettabile in 5 giorni con un'autonomia di un mese, estendibile in caso di operazioni di risposta alle crisi.
Il contributo italiano alla NATO response Force è costituito, per l'Esercito, fino a una Brigata, comprensiva degli assetti di supporto alla manovra e di supposto logistico; per la Marina fino a una portaerei, 6 unità e un battaglione da sbarco; per l'Aeronautica fino a 15 aerei più gli assetti logistici e di difesa aerea; per i Carabinieri fino a un Comando di battaglione e due Compagnie, per gli assetti interforze da Nuclei di Forze speciali.
In sostanza, la NATO response Force è una forza particolarmente rilevante sia in termini di forza tecnologica sia in termini di capacità operative, che è composta dalle Forze di eccellenza delle varie Forze armate e assumerà in futuro un ruolo fondamentale come primo strumento della NATO per la risposta alle crisi. Tale Forza viene approntata in un periodo di 18 mesi, che si articola in una prima fase nazionale, in una successiva fase di preparazione multinazionale e in una fase conclusiva di «prontezza».
Infine, sono state illustrate le molteplici attività svolte dalla NATO in Afghanistan, nell'ambito dell'operazione ISAF, sia di controllo del territorio, sia di sostegno alla popolazione civile e alla ricostruzione.
Nel corso della visita inoltre, i responsabili militari hanno illustrato le principali caratteristiche delle installazioni militari presenti nell'area.
A conclusione della visita, dopo una conferenza stampa, nel pomeriggio la delegazione si è recata a Milano presso palazzo Cusani sede del Comando territoriale dell'Esercito.