XIII Commissione - Mercoledì 17 ottobre 2007


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ALLEGATO 1

Agenzia per l'utilizzo delle risorse idriche in agricoltura.
C. 1985 Misuraca, C. 2136 Lion e C. 2214 Delfino.

TESTO UNIFICATO PREDISPOSTO DAL COMITATO RISTRETTO E ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.
(Piano generale delle infrastrutture irrigue nel Mezzogiorno).

1. Ai fini di una programmazione coordinata e integrata di lungo periodo della realizzazione di infrastrutture irrigue nel territorio delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) approva il «Piano generale delle infrastrutture irrigue di rilevanza nazionale nel Mezzogiorno», di seguito denominato «Piano generale». Il Piano generale viene predisposto con la procedura di cui all'articolo 4 e si riferisce ad un periodo di programmazione di almeno dodici anni. Il Piano generale si articola in programmi triennali e piani di attuazione annuali nei quali si individuano le opere di irrigazione da realizzare nelle regioni di cui al primo periodo.

Art. 2.
(Commissario per le opere irrigue nel Mezzogiorno).

1. Il commissario ad acta di cui al comma 5 dell'articolo 19 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, assume la denominazione di «Commissario per le opere irrigue nel Mezzogiorno», di seguito denominato «Commissario».
2. Ferma restando l'attribuzione delle funzioni e delle attività già previste dalla normativa vigente, il Commissario, limitatamente al territorio delle regioni di cui all'articolo 1 ed in conformità agli indirizzi del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, provvede allo svolgimento dei seguenti compiti:
a) elabora la proposta di Piano generale e i relativi aggiornamenti;
b) approva i piani di attuazione annuali del Piano generale e i progetti relativi alle opere previste dal Piano generale e gestisce i finanziamenti per la realizzazione delle opere medesime;
c) segue la realizzazione degli interventi previsti dal Piano generale, ivi compresi gli interventi previsti in attuazione delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443;
d) esprime pareri, che devono essere obbligatoriamente richiesti dall'amministrazione competente, in materia di infrastrutture irrigue di competenza statale o comunque per schemi idrici di rilevanza nazionale riguardanti risorse idriche destinate all'irrigazione sotto il profilo della loro complessiva coerenza programmatica;
e) esprime pareri alle regioni, per il coordinamento degli interventi previsti dalla programmazione regionale con le previsioni del Piano generale.


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3. Il Commissario provvede allo svolgimento dei compiti di cui al comma 2 con i poteri e secondo le procedure di cui all'articolo 15 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 341.

Art. 3.
(Coordinamento per la programmazione delle opere irrigue).

1. È istituito, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un comitato consultivo per la programmazione delle opere irrigue, composto dal Commissario di cui all'articolo 2, da due rappresentanti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da un rappresentante per ciascuno dei Ministeri delle infrastrutture, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze e da tre rappresentanti delle regioni.
2. I membri del comitato di cui al presente articolo e, tra di essi, il presidente del comitato sono nominati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. I rappresentanti dei Ministeri delle infrastrutture, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'economia e delle finanze sono designati dal relativo Ministro. I rappresentanti delle regioni sono designati dalla Conferenza delle regioni nell'ambito delle regioni di cui all'articolo 1.

Art. 4.
(Definizione e approvazione del Piano generale).

1. Con riferimento alle regioni di cui all'articolo 1, il Commissario predispone una proposta di Piano generale e di programma triennale sulla base dei seguenti criteri e finalità:
a) ricognizione delle infrastrutture irrigue esistenti, in corso di esecuzione o programmate da amministrazioni centrali e regionali;
b) analisi della programmazione delle regioni concernente il settore dell'irrigazione e quello dell'uso del suolo, nonché degli eventuali piani e programmi già elaborati da parte dei consorzi di bonifica o di irrigazione;
c) individuazione a livello nazionale, interregionale e regionale, degli interventi infrastrutturali che, anche in base a una adeguata analisi economica e finanziaria dei costi e dei benefici, risultino maggiormente idonei a soddisfare le esigenze irrigue, da determinare sulla base di apposite analisi, tenendo conto in particolare del riutilizzo delle acque reflue, dei metodi di risparmio delle risorse idriche e energetiche e delle possibilità di ricorso a sistemi di produzione da fonti rinnovabili;
d) definizione di un piano generale degli interventi di cui alla lettera c), articolato per programmi triennali e per piani di attuazione annuali; il piano è corredato da un programma finanziario che determini l'ammontare complessivo delle risorse necessarie per la realizzazione di ciascun programma annuale e indichi distintamente l'entità dei finanziamenti provenienti dal bilancio comunitario, dal bilancio dello Stato, dalle regioni e dagli enti locali e da soggetti privati;
e) definizione delle procedure relative al monitoraggio dell'attuazione dei programmi triennali e dei piani di attuazione annuali e alla valutazione successiva dei risultati degli interventi;
f) previsione di specifici piani di manutenzione delle opere comprese nel programma triennale, in conformità agli indirizzi espressi dal CIPE.

2. Il Commissario presenta la proposta di cui al comma 1 al comitato consultivo di cui all'articolo 3. Il comitato consultivo valuta la proposta con riferimento ai criteri e alle finalità di cui al comma 1 e, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione, può richiedere con parere motivato al Commissario di presentare


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una nuova proposta, indicando le modifiche da apportare alla proposta già presentata. Il Commissario provvede a presentare la nuova proposta entro i successivi sessanta giorni.
3. Acquisito il parere favorevole del comitato consultivo, il Commissario trasmette la proposta di Piano generale, unitamente alla proposta del primo programma triennale degli interventi, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, trasmette il Piano generale e il primo programma triennale al CIPE, che li approva.
4. In sede di prima attuazione, il Piano generale e il primo programma triennale sono approvati dal CIPE entro sedici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. I successivi aggiornamenti del Piano generale e i successivi programmi triennali sono approvati dal CIPE con le procedure di cui al presente articolo entro il 30 giugno dell'anno precedente al primo anno del periodo di programmazione al quale si riferiscono.
5. A seguito dell'approvazione da parte del CIPE del Piano generale e dei programmi triennali, il Commissario, acquisito il parere favorevole del comitato di cui all'articolo 3, approva i piani di attuazione annuali. I piani di attuazione annuali sono approvati entro il 30 ottobre dell'anno precedente a quello al quale si riferiscono. Il comitato consultivo di cui all'articolo 3 valuta lo schema di piano di attuazione con riferimento alla coerenza con gli obiettivi e le previsioni del Piano generale e del programma triennale e, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione, può richiedere con parere motivato al Commissario di presentare un nuovo schema, indicando le modifiche da apportare allo schema già presentato. Il Commissario provvede a presentare il nuovo schema entro i successivi sessanta giorni.

Art. 5.
(Finanziamento del Piano generale delle infrastrutture irrigue).

1. L'approvazione da parte del CIPE del Piano generale e dei programmi triennali comporta l'obbligo di destinare agli interventi previsti dal Piano medesimo tutte le risorse finanziarie stanziate nel bilancio dello Stato per finalità irrigue a carattere non localistico.

Art. 6.
(Semplificazione delle procedure di attuazione delle opere irrigue).

1. Per l'approvazione da parte del Commissario dei progetti delle opere incluse nei piani annuali di attuazione del Piano generale, sulla base dell'istruttoria e della valutazione tecnica favorevole dei competenti dirigenti della struttura commissariale, e per la connessa adozione dei provvedimenti relativi al finanziamento delle medesime opere, non è richiesto il parere degli organi periferici del Ministero delle infrastrutture, anche in deroga ad eventuali norme che lo prevedano.

Art. 7.
(Fondo rotativo per la progettazione delle opere irrigue nel Mezzogiorno e attività per il contenimento degli oneri energetici).

1. Nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito un apposito Fondo rotativo per la progettazione delle opere irrigue nel Mezzogiorno, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro per l'anno 2008.
2. La dotazione del Fondo è costituita mediante versamento al bilancio dello Stato e successiva riassegnazione al Fondo di cui al comma 1, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle economie di spesa realizzate dal Commissario sulle somme stanziate ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 23 giugno 1995, n. 244, convertito, con modificazioni,


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dalla legge 8 agosto 1995, n. 341, dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135, dell'articolo 1, comma 1, della legge 30 giugno 1998, n. 208, dai decreti del Ministro del tesoro 27 maggio 1998 e 7 luglio 1998, adottati in attuazione di quanto previsto dalla delibera CIPE n. 133 del 19 dicembre 2002.
3. I soggetti destinatari di finanziamenti per la realizzazione di infrastrutture irrigue nei territori delle regioni di cui al comma 2 dell'articolo 1 possono richiedere anticipazioni per il finanziamento delle relative progettazioni, a valere sulle disponibilità del Fondo di cui al presente articolo.
4. I soggetti di cui al comma 3 possono altresì richiedere al Commissario, al fine di un contenimento degli oneri energetici connessi al funzionamento delle infrastrutture irrigue, il finanziamento di impianti di produzione da energie rinnovabili entro il limite complessivo annuo del 30 per cento delle disponibilità accertate al 31 dicembre dell'anno precedente, derivanti da economie di spesa realizzate sui programmi di finanziamenti infrastrutturali.

Art. 8.
(Attività di assistenza agli enti irrigui del Mezzogiorno).

1. Il Commissario prosegue nello svolgimento di attività di assistenza tecnica e di supporto a vantaggio agli enti attuatori degli interventi infrastrutturali irrigui nei territori delle regioni di cui all'articolo 1, ai fini della progettazione degli interventi, della valutazione della loro coerenza programmatica e della loro efficacia, nonché dell'accelerazione nella realizzazione dei medesimi, in conformità con quanto previsto dalle delibere CIPE n. 36 del 3 maggio 2002, n. 17 del 9 maggio 2003, n. 20 del 29 settembre 2004 e n. 35 del 27 maggio 2005,
2. Per le finalità di cui al comma 1, nonché per il completamento della definizione dei pregressi rapporti amministrativi di tutte le opere in gestione al Commissario, come disposto dall'articolo 13, comma 4-decies, del decreto-legge 8 luglio 2002, n.138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, e per far fronte agli oneri relativi alla predisposizione e attuazione del Piano generale, il CIPE, in sede di ripartizione degli stanziamenti destinati alle aree sottoutilizzate, destina un importo pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011.

Art. 9.
(Potenziamento della struttura commissariale).

1. Per permettere alla struttura del Commissario di svolgere i compiti ad essa assegnati dalla normativa vigente e dalla presente legge, è comandato presso il Commissario, previo consenso dei dipendenti interessati, personale appartenente ad altre amministrazioni dello Stato, entro un contingente massimo di 15 unità. Il comando ha luogo entro trenta giorni dalla richiesta del Commissario.
2. Per le medesime finalità di cui al comma 1, a decorrere dal 2008 sono istituiti presso la struttura del Commissario tre posti di dirigente. Per la copertura di tali posti nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, il Commissario è autorizzato a stipulare contratti a tempo determinato, di durata non superiore al biennio, con personale di adeguata qualificazione ed esperienza professionale. All'onere derivante dal presente comma, pari a 300 mila euro a decorrere dall'anno 2008, si provvede mediante corrispondente riduzione, a decorrere dall'anno 2008, dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 3-ter, del decreto-legge 1o ottobre 2005, n. 202, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2005, n. 244.


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3. Una quota dei finanziamenti previsti dalle delibere CIPE di cui al comma 1 dell'articolo 8 e degli ulteriori finanziamenti attribuiti ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, non superiore al 7 per cento dell'importo complessivo dei citati finanziamenti, può essere destinata, su richiesta del Commissario, alla retribuzione di prestazioni di lavoro straordinario e a incentivi alla produttività e premi di risultato a favore del personale assegnato o comandato alla struttura commissariale. L'erogazione degli emolumenti di cui al presente comma è disposta con provvedimento del Commissario, in conformità agli importi previsti, per le medesime tipologie di trattamento, dalla contrattazione collettiva per il comparto delle amministrazioni ministeriali.
4.Resta fermo quanto previsto dall'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 19 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, e successivamente a cadenza triennale, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è rideterminato il compenso spettante al Commissario, anche in considerazione dei maggiori compiti assegnati dalla presente legge.

Art. 10.
(Relazione sullo stato delle infrastrutture irrigue nel Mezzogiorno).

1. Il Commissario predispone annualmente una relazione sull'attività svolta ai sensi della presente legge, nonché in attuazione di quanto disposto dal comma 5 dell'articolo 19 del citato decreto-legge n. 32 del 1995 e dal comma 1 dell'articolo 15 del citato decreto-legge n. 244 del 1995, e la trasmette al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello al quale la relazione si riferisce. La relazione dà conto in modo particolareggiato dello stato di avanzamento della progettazione e della realizzazione delle opere irrigue nelle regioni di cui all'articolo 1 e degli effetti relativi al territorio e all'agricoltura delle aree interessate derivanti dalle opere attuate.
2. Entro il 31 marzo di ogni anno, il Ministro, sulla base della relazione di cui al comma 1, trasmette al Parlamento una apposita relazione sull'attività del Commissario e sullo stato delle infrastrutture irrigue nelle regioni di cui all'articolo 1.


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ALLEGATO 2

Disposizioni per lo sviluppo della filiera della pasta di alta qualità prodotta in Italia. C. 2005 Misuraca.

NUOVO TESTO PREDISPOSTO DAL
COMITATO RISTRETTO E ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.
(Finalità).

1. La presente legge promuove la produzione, la diffusione e la commercializzazione della pasta di alta qualità prodotta in Italia, nel rispetto di quanto previsto dal Capo II del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, in particolare valorizzando gli usi e le tradizioni locali, in un contesto di filiera.
2. Per pasta di alta qualità si intende il prodotto ottenuto, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 187, attraverso un procedimento di trafilazione, laminazione e conseguente essiccazione di impasti preparati esclusivamente con semola di grani duri rispondenti a determinate caratteristiche qualitative minime, definite ai sensi del disciplinare riportato in allegato 1.
3. Tutte le fasi della produzione della pasta, dalla produzione agricola alla distribuzione al consumatore sono certificate in conformità con gli standard internazionali.
4. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze e a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio, incentivano con campagne di informazione mirate presso i produttori, gli esercenti ed i consumatori la diffusione della pasta di alta qualità. Le regioni incentivano i produttori ad avviare le procedure per il riconoscimento dei diversi tipi di pasta realizzati secondo gli usi e le tradizioni locali come prodotti ad indicazione geografica protetta.

Art. 2.
(Marchio di qualità).

1. Le confezioni di pasta di alta qualità possono essere contraddistinte con un marchio di qualità del prodotto.
2. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, determina, sulla base delle proposte avanzate dalle associazioni di categoria dei pastai maggiormente rappresentative, il marchio di cui al comma 1 e le relative caratteristiche, nel rispetto delle vigenti norme comunitarie in materia di marchi e di etichettatura dei prodotti agroalimentari.
3. In conformità con le disposizioni comunitarie, le associazioni di produttori avviano le necessarie procedure affinché la denominazione di «pasta tradizionale italiana» sia registrata, ai sensi del regolamento (CE) n. 509/2006, del Consiglio, del 20 marzo 2006, come specialità tradizionale garantita ed iscritta nel registro di cui all'articolo 3 del medesimo regolamento.


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Art. 3.
(Fondo di filiera).

1. Al fine di sviluppare tutta la filiera della produzione della pasta di alta qualità, contraddistinta dal marchio di cui all'articolo 2, è istituito un fondo di filiera.
2. Il fondo è destinato al finanziamento di interventi volti a favorire in particolare la diffusione di varietà di grano duro con le caratteristiche di cui all'allegato 1, la promozione del marchio della pasta di alta qualità e la formazione professionale di tutti gli operatori della filiera.
3. Il fondo è alimentato da un prelievo, stabilito di anno in anno dal consorzio di cui al comma 4, sul prezzo di fabbrica della pasta di semola di grano duro contraddistinta dal marchio di cui all'articolo 2, da versarsi da parte dei produttori di pasta direttamente al fondo medesimo. La ripartizione del prelievo tra i componenti della filiera è effettuata con delibera del consorzio di cui al comma 4.
4. Il fondo è amministrato da un consorzio, con personalità giuridica di diritto privato, retto da uno statuto approvato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Il comitato di gestione del consorzio è costituito da rappresentanti designati dalle unioni riconosciute dei produttori agricoli, degli stoccatori, dei mugnai, dei pastai e della distribuzione.

Art.4
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore sei mesi dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Allegato 1
(articolo 1, comma 2)

Disciplinare
Caratteristiche varietali del grano utilizzato per la produzione di pasta di alta qualità

1. Le varietà di grano duro utilizzate nella produzione finale della pasta di alta qualità, anche al fine di garantirne la tracciabilità e la rintracciabilità di filiera, devono rispettare i seguenti requisiti tecnici:
a) requisiti di prodotto:
1) di sicurezza: assenza di residui, basso contenuto di metalli pesanti;
2) nutrizionali: contenuto in termini di macronutrienti, di micronutrienti e di composti bioattivi;
3) tecnologici: contenuto proteico, indice di giallo, indice di glutine, peso ettolitrico;
b) requisiti del contesto produttivo:


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1) usi e tradizioni locali;
2) rispetto dell'ambiente, con particolare riferimento alla produzione integrata o biologica;
c) requisiti di garanzia:
1) marchio di qualità: DOP, IGP, marchio collettivo;
2) rintracciabilità ai sensi dell'articolo 18 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002.

2. La definizione dei requisiti di cui al comma 1, lettere a), b) e c) è demandata al consorzio di cui all'articolo 3, comma 4, sentito l'Istituto sperimentale per la cerealicoltura, e i rappresentanti delle organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative della filiera, verificata la compatibilità con il diritto comunitario.


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ALLEGATO 3

Agricoltura biologica. C. 1629 Lion, C. 1695 Bellotti, C. 2545 Lombardi, C. 2604 Governo e C. 2880 Delfino.

TESTO UNIFICATO PREDISPOSTO DAL COMITATO RISTRETTO E ADOTTATO COME TESTO BASE

TITOLO I
NORME GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

1. La presente legge è volta a promuovere e favorire lo sviluppo e la competitività della produzione biologica, perseguendo le finalità di concorrere alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, alla salvaguardia della biodiversità, alla salute e all'informazione dei consumatori, nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e delle competenze delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
2. Nel rispetto delle finalità di cui al comma 1 e in conformità con la normativa comunitaria vigente in materia, la presente legge disciplina:
a) la produzione, la commercializzazione, l'importazione, l'esportazione, la certificazione e il controllo dei prodotti biologici, nonchè l'utilizzo dei suddetti prodotti nelle attività di ristorazione collettiva;
b) l'uso di indicazioni relative alla produzione biologica nazionale nell'etichettatura e nella pubblicità;
c) le azioni per la salvaguardia, la promozione e lo sviluppo della produzione biologica, ivi comprese la semplificazione amministrativa ed il sostegno alla ricerca.

Art. 2.
(Agricoltura biologica e prodotti dell'agricoltura biologica).

1. Si definisce «produzione biologica» l'impiego dei metodi conformi alla disciplina stabilita nel regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, di seguito denominato «regolamento», e nella presente legge, durante lo svolgimento di tutte le fasi di produzione agricola, di allevamento, di trasformazione e di preparazione alimentare e industriale. Le norme sulla produzione biologica si applicano ai prodotti agricoli non trasformati e trasformati, agli animali d'allevamento, ai prodotti dell'acquacoltura, come definita ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, del 27 luglio 2006.
2. La produzione agricola biologica è attività di interesse nazionale, quale settore economico basato prioritariamente sulla qualità dei prodotti, la sicurezza alimentare e la tutela dell'ambiente.
3. In conformità con quanto previsto dall'articolo 3 del regolamento, la produzione biologica persegue prioritariamente i seguenti obiettivi:
a) produrre alimenti e altri prodotti agricoli con procedimenti naturali o ad essi affini e con l'uso di sostanze presenti in natura;


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b) adottare metodi di produzione che:
1) rispettino i cicli naturali;
2) salvaguardino le risorse naturali, quali l'acqua, il suolo, la materia organica e l'aria, favorendo la conservazione e il risanamento ambientale e la tutela del paesaggio;
3) mantengano e favoriscano un alto livello di diversità biologica;
4) contribuiscano al benessere degli animali;
c) rispondere alla domanda del consumatore di prodotti naturali di alta qualità.

4. La produzione biologica si basa sui principi generali e specifici di cui agli articoli 4 e 5 del regolamento. La produzione di alimenti biologici trasformati si basa altresì sui principi di cui all'articolo 6 del regolamento.
5. Si definiscono «prodotti dell'agricoltura biologica» o «prodotti biologici» i prodotti che hanno conseguito la certificazione di conformità alla disciplina dettata dal regolamento, nonché alla normativa nazionale e regionale in materia.
6. Ai fini della presente legge e dell'applicazione del regolamento, il metodo di agricoltura biodinamica che prevede l'uso di preparati biodinamici è equiparato al metodo di agricoltura biologica.

Art. 3.
(Esclusione di OGM).

1. La produzione biologica esclude l'impiego di organismi geneticamente modificati e di loro derivati.
2. È altresì esclusa nei prodotti biologici la presenza per contaminazione accidentale di organismi geneticamente modificati.

TITOLO II
AUTORITÀ NAZIONALI E LOCALI E ORGANISMI DI SETTORE

Art. 4.
(Autorità nazionali).

1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministero», è l'autorità di indirizzo e coordinamento a livello nazionale delle attività amministrative e tecnico-scientifiche inerenti all'applicazione della regolamentazione comunitaria e della normativa nazionale in materia di agricoltura biologica, nonché l'autorità competente responsabile dei controlli, di cui all'articolo 27 del regolamento. Il Ministero è altresì l'autorità nazionale competente per le attività inerenti all'attuazione del regolamento.
2. Al Ministero è attribuita la competenza esclusiva in materia di importazioni dei prodotti biologici provenienti da Paesi terzi, ai sensi delle pertinenti disposizioni recate dal regolamento, nonché della relativa vigilanza, ferme restando le competenze igienico-sanitarie di controllo ufficiale sugli alimenti svolte all'importazione dagli uffici periferici del Ministero della salute.
3. L'autorità nazionale competente di cui all'articolo 33, paragrafo 1, comma 1, lettera d), del regolamento, è l'Agenzia delle dogane.

Art. 5.
(Autorità locali).

1. Nel rispetto delle competenze primarie e concorrenti loro spettanti, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono le autorità locali competenti, nel rispettivo territorio, per lo svolgimento delle attività tecnico-scientifiche e amministrative, di cui al regolamento.


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2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono autorità di controllo e partecipano al sistema di controllo in conformità con le disposizioni di cui al Titolo VII della presente legge. Alle regioni e alle province autonome possono essere conferite le competenze di controllo secondo quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 17.

Art. 6.
(Comitato consultivo per l'agricoltura biologica).

1. Per agevolare l'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 4 secondo i princìpi della sussidiarietà e della collaborazione istituzionale fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di consentire la concertazione con le parti sociali interessate, è istituito presso il Ministero il Comitato consultivo per l'agricoltura biologica. Al Comitato di cui al presente comma sono confermati i membri e trasferite le risorse umane, finanziarie e strumentali già assegnate al Comitato di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 29 ottobre 2001, che contestualmente è soppresso.
2. Il Comitato di cui al comma 1 ha il compito di esprimere pareri in merito ai provvedimenti concernenti la produzione biologica a livello nazionale e comunitario e alle questioni concernenti la produzione biologica di interesse dell'Unione europea, cui lo Stato italiano è chiamato a fornire il proprio contributo in sede comunitaria ai sensi della procedura di cui all' articolo 37, paragrafo 2, del regolamento. Ai fini dell'adozione dei decreti previsti dalla presente legge il parere del Comitato consultivo deve essere espresso entro un mese dalla trasmissione dello schema di provvedimento.
3. Anche al fine di assicurare il necessario supporto di carattere tecnico-scientifico, normativo e informativo per le attività delle autorità competenti, con apposito decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di seguito denominato «Ministro», possono essere costituite, all'interno del Comitato di cui al presente articolo e su sua proposta, commissioni tecniche consultive competenti per specifiche materie.
4. La partecipazione al Comitato consultivo di cui al presente articolo e alle commissioni tecniche istituite ai sensi del comma 3 non comporta attribuzione di compensi. Il funzionamento del Comitato di cui al presente articolo e delle commissioni tecniche di cui al comma 3 non deve determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

TITOLO III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI ORGANIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE E DEL MERCATO

Art. 7.
(Distretti biologici).

1. Si definiscono distretti biologici i sistemi produttivi locali, anche a carattere interprovinciale e interregionale, a spiccata vocazione agricola ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, nei quali assumano carattere preminente l'agricoltura biologica e le attività connesse o le attività mirate alla valorizzazione dei prodotti locali provenienti dall'agricoltura biologica.
2. I distretti biologici, nel rispetto delle previsioni del decreto-legge 22 novembre 2004, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5, hanno lo scopo di favorire lo sviluppo della produzione agricola e zootecnica biologica e delle filiere collegate e la tutela e la preservazione delle pratiche colturali locali e della biodiversità agricola, nonché di agevolare l'applicazione della normativa di cui al regolamento e alla presente legge e delle norme di certificazione ambientale e territoriale.
3. Nel caso di aree contigue appartenenti a regioni diverse, le regioni interessate concordano metodi e termini per la gestione del distretto interregionale.


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4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro definisce, con proprio decreto, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni», le linee guida per l'istituzione dei distretti biologici.

Art. 8.
(Intese e contratti di filiera).

1. Al fine di favorire la costituzione e la diffusione di intese per l'integrazione di filiera nel settore della produzione biologica, tenuto conto delle particolarità organizzative e produttive della produzione agricola biologica, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, possono essere sottoscritte anche da organizzazioni rappresentative a livello nazionale o regionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti biologici.
2. Si definisce «contratto di coltivazione o di filiera biologica» l'accordo sottoscritto da tutti i soggetti che operano nell'ambito di un processo di produzione, preparazione e commercializzazione di un prodotto biologico. Il contratto di coltivazione o di filiera biologica deve contenere i seguenti elementi obbligatori:
a) i prodotti e i servizi oggetto del contratto e i loro parametri qualitativi;
b) le modalità di certificazione fino all'utilizzatore finale del prodotto;
c) il prezzo indicativo di acquisto o i criteri per definirlo;
d) gli impegni e le responsabilità delle parti.

3. Le amministrazioni pubbliche possono sviluppare azioni volte a promuovere e valorizzare le intese di filiera di cui al comma 1, in particolare se rivolte alla fornitura diretta di alimenti per comunità o per gruppi di acquisto, nonché i contratti di coltivazione o di filiera biologica di cui al comma 2.

Art. 9.
(Organizzazioni dei produttori biologici).

1. Le organizzazioni dei produttori biologici sono disciplinate ai sensi del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, e della relativa normativa di attuazione.
2. Può essere riconosciuta come organizzazione dei produttori biologici un'organizzazione che sia formata da almeno 5 produttori e che registri un fatturato minimo complessivo di 300.000 euro.
3. Nel caso di associazione riconosciuta per il settore dell'agricoltura biologica il volume minimo di produzione, di cui all'articolo 37, comma 3, del citato decreto legislativo n. 102 del 2005, è calcolato con riferimento esclusivo alla produzione agricola biologica certificata.
4. Nell'ambito delle azioni previste dai programmi operativi delle organizzazioni dei produttori biologici, possono essere ammesse le spese dirette allo svolgimento di attività rivolte a favorire la costituzione e il mantenimento di rapporti diretti tra l'organizzazione dei produttori biologici e organizzazioni di consumatori.

TITOLO IV
ETICHETTATURA E LOGO NAZIONALE

Art. 10.
(Etichettatura e pubblicità).

1. L'utilizzo del termine «biologico», nonché dei termini derivati o dei diminutivi in uso, impiegati singolarmente o combinati con altri, nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di prodotti agroalimentari è consentito esclusivamente per i prodotti biologici che rispettano le norme del regolamento medesimo e della presente legge. Quando nell'etichetta,


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nella presentazione e nella pubblicità si fa riferimento al metodo di produzione, i termini «allevamento biologico», «acquacoltura biologica» e «apicoltura biologica» sono considerati equivalenti alla produzione agricola biologica.
2. Fermo restando quanto prescritto dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, le indicazioni previste dal regolamento e dalla presente legge devono figurare sugli imballaggi e sulle etichette dei prodotti biologici nel momento in cui sono posti in vendita, ovvero sui documenti commerciali che accompagnano il prodotto, se si tratta di prodotti sfusi o sigillati in confezioni non destinate al consumatore finale. Ai fini di cui al presente comma, per «consumatore finale» si intende il soggetto che acquista dal venditore al dettaglio.
3. Con decreto del Ministro, da emanare, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le specifiche delle indicazioni e delle diciture di cui ai commi 1 e 2.

Art. 11.
(Logo nazionale).

1. È istituito il logo nazionale per le produzioni biologiche. Il logo di cui al presente comma prevede la dicitura «BIO ITALIA» o dicitura analoga.
2. L'utilizzo del logo di cui al comma 1 è riservato ai prodotti biologici per i quali tutte le fasi del processo di produzione sono interamente realizzate sul territorio nazionale, nel rispetto della disciplina dettata dal regolamento e dalla presente legge.
3. Salvo quanto previsto dal comma 2, con decreto del Ministro, da emanare, di concerto con il Ministro per le politiche europee e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite la forma, le caratteristiche tecniche e la disciplina d'uso del logo nazionale di cui al presente articolo.

TITOLO V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI VARIETÀ DA CONSERVAZIONE E DI PRODUZIONI SPECIFICHE

Art. 12.
(Disciplina per l'impiego di sementi di conservazione in agricoltura biologica).

1. Al fine di promuovere la conservazione in situ e in azienda e l'utilizzazione sostenibile delle risorse fitogenetiche, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, in attuazione degli impegni previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, ratificato ai sensi della legge 6 aprile 2004, n. 101, acquisito il parere della Conferenza Stato-regioni, istituisce un apposito registro nazionale, di seguito denominato «registro», nel quale sono iscritte, su richiesta delle regioni e delle province autonome, di altri enti pubblici, di istituzioni scientifiche, organizzazioni sociali, associazioni e singoli cittadini, previa valutazione dell'effettiva unicità, le «varietà da conservazione», come definite al comma 2.
2. Per «varietà da conservazione» si intendono le varietà, le popolazioni, gli ecotipi, i cloni e le cultivar di interesse agricolo, relativi a specie di piante:
a) autoctone e non autoctone, mai iscritte in altri registri nazionali, purché integratesi da almeno cinquanta anni negli agroecosistemi locali;
b) non più iscritte in alcun registro e minacciate da erosione genetica;
c) non più coltivate sul territorio nazionale e conservate presso orti botanici, istituti sperimentali, banche del germoplasma pubbliche o private, università e centri di ricerca, per le quali sussiste un interesse economico, scientifico, culturale, paesaggistico a favorirne la reintroduzione.


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3. Il Ministero, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito delle rispettive competenze, tutelano il patrimonio agrario costituito dalle risorse genetiche delle piante di cui al comma 2 e provvedono affinché le comunità locali che ne hanno curato la conservazione partecipino ai benefici derivanti dalla loro riproduzione, come previsto dalla Convenzione internazionale sulla biodiversità, ratificata ai sensi della legge 14 febbraio 1994, n. 124.
4. L'iscrizione delle «varietà da conservazione» nel registro è gratuita ed esentata dall'obbligo di esame ufficiale, anche sulla base di adeguata considerazione dei risultati di valutazioni non ufficiali, delle conoscenze acquisite dagli agricoltori nell'esperienza pratica della coltivazione, della riproduzione e dell'impiego. Ai fini dell'iscrizione è altresì disposta la deroga alle condizioni di omogeneità, stabilità e differenziabilità previste dall'articolo 19 della legge 25 novembre 1971, n. 1096.
5. L'iscrizione delle «varietà da conservazione» nel registro comporta la registrazione delle seguenti informazioni:
a) nome comune o nome locale della varietà e ogni eventuale sinonimo;
b) descrizione della varietà risultante da valutazioni ufficiali, non ufficiali e da conoscenze acquisite con l'esperienza pratica durante la coltivazione, la riproduzione e l'impiego;
c) notizie di carattere storico e territoriale relative alla diffusione della varietà e sufficienti per definire, anche in modo provvisorio e progressivo, l'area tradizionale di coltivazione della varietà.

6. Le regioni e le province possono istituire repertori regionali o provinciali delle varietà da conservazione, di seguito denominati «repertori», nei quali possono essere inserite, secondo le disposizioni di cui al comma 4, le sole varietà di cui al comma 2, lettera a). L'iscrizione delle varietà di cui al presente comma nel registro è condizione per il loro inserimento nei repertori.
7. Il Ministero affida all'Ente nazionale sementi elette (ENSE), senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il compito di effettuare le verifiche e i controlli relativi all'iscrizione delle varietà nel registro. L'ENSE effettua annualmente un monitoraggio delle varietà da conservazione iscritte nel registro e nei repertori, nonché presta assistenza, su richiesta dei soggetti interessati, agli enti pubblici, alle istituzioni scientifiche, alle organizzazioni e associazioni del settore e ai singoli cittadini, nello svolgimento di attività di recupero, identificazione, preservazione e reintroduzione della coltivazione delle varietà da conservazione.
8. Per quanto non previsto dal presente articolo, l'iscrizione delle varietà da conservazione nel registroè disciplinata dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 ottobre 1973, n. 1065, e dalla legge 20 aprile 1976, n. 195.
9. Ai produttori agricoli, residenti nei luoghi dove le «varietà da conservazione» iscritte nel registro hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche o che provvedano al loro recupero e mantenimento, è riconosciuto il diritto alla vendita diretta, in ambito locale, di modiche quantità di sementi o materiali da propagazione relativi a tali varietà, qualora prodotti nell'azienda condotta. I produttori agricoli biologici possono effettuare lo scambio diretto, in ambito locale, di modiche quantità di sementi o materiali da propagazione relativi a varietà da conservazione prodotte in azienda. Ai fini del presente comma, per «ambito locale» si intende l'area tradizionale di coltivazione della varietà da conservazione indicata nel registro o nei repertori e, in assenza di tale indicazione, la provincia di appartenenza del produttore; per «modica quantità» si intende una quantità corrispondente al fabbisogno di un'azienda agricola.
10. La vendita o lo scambio di sementi o materiali da propagazione delle varietà


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da conservazione, di cui al comma 9, deve essere accompagnato dall'indicazione scritta dei seguenti elementi:
a) il nome della varietà da conservazione indicato nel registro o nei repertori nei quali è iscritta;
b) la dicitura «varietà da conservazione»;
c) il nome e l'indirizzo del produttore;
d) il nome del detentore dal quale il produttore a sua volta ha ricevuto la semente o il materiale da propagazione e la relativa località di provenienza.

11. In deroga ai limiti territoriali di cui al comma 1, campioni di sementi di varietà da conservazione possono essere scambiati tra privati esclusivamente per attività amatoriali o di conservazione. Ai fini del presente comma, per «campione» si intende una quantità prossima a quella minima sufficiente per garantire la riproduzione della varietà senza ridurne la base genetica.
12. Fatto salvo quanto previsto dai commi da 9 a 11, con decreto del Ministro, sentita la Conferenza Stato-regioni, possono essere definite adeguate restrizioni quantitative ed eventuali deroghe ai fini dell'iscrizione nel registro, nel caso di coltivazione e commercializzazione di sementi di specie e varietà prive di valore intrinseco per la produzione vegetale, ma sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari.
13. La produzione di sementi e materiale di propagazione di varietà da conservazione e il loro scambio, nel rispetto delle disposizioni fitosanitarie nazionali, è disciplinata dalle regioni in modo compatibile con la finalità di agevolare, senza aggravio degli oneri a carico dei soggetti che operano per la conservazione delle varietà medesime, la circolazione di materiale sano o risanato.
14. Sono escluse dal campo di applicazione del presente articolo le varietà geneticamente modificate, nonché le varietà contaminate da varietà geneticamente modificate. È altresì vietato l'utilizzo delle varietà di cui al presente articolo finalizzato alla costituzione di varietà geneticamente modificate.

Art. 13.
(Vino biologico).

1. Si definisce «vino biologico» il vino prodotto con uve provenienti da vigneti condotti con metodo biologico, in conformità alle disposizioni di cui al regolamento e alla presente legge, e certificati ai sensi degli articoli 24 e 25.
2. Nella produzione del vino biologico è vietato l'utilizzo di mosti concentrati e di mosti concentrati rettificati provenienti dal trattamento di uve non biologiche.
3. È vietato tagliare il vino biologico con vini non biologici. È ammesso il taglio del vino biologico con vini in conversione per una quantità massima non superiore al 20 per cento della quantità complessiva.
4. Con decreto del Ministro, da emanare, sentito il Comitato di cui all'articolo 6 e la Conferenza Stato-regioni, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è definito un apposito disciplinare relativo al processo di produzione e all'etichettatura del vino biologico.
5. L'utilizzo del termine «vino biologico», nonché di termini derivati o similari, nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei vini è consentito esclusivamente ai vini prodotti in conformità alle disposizioni di cui al presente articolo e al disciplinare di cui al comma 4.

TITOLO VI
INFORMAZIONE E PROMOZIONE

Art. 14.
(Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica).

1. Al fine di raccogliere, controllare e diffondere le informazioni rilevanti per il


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settore dell'agricoltura biologica, ivi comprese le informazioni relative alle iniziative adottate dai soggetti pubblici e quelle relative ai risultati della ricerca e della sperimentazione, presso il Ministero continua ad operare il Sistema d'informazione nazionale sull'agricoltura biologica (SINAB), che si avvale di un proprio sito Internet.
2. Il SINAB mette a disposizione delle autorità competenti di cui agli articoli 4 e 5 le informazioni a livello nazionale, regionale e locale sul settore dell'agricoltura biologica, fornisce servizi agli operatori del settore per lo sviluppo e la valorizzazione dell'agricoltura biologica italiana e svolge il compito di centro di documentazione e sportello d'informazione per il pubblico.
3. Il Comitato consultivo di cui all'articolo 6 è informato ogni sei mesi sulle attività del SINAB.

Art. 15.
(Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica).

1. Nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica.
2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono le somme già assegnate al Fondo di cui al comma 2 dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che è soppresso. Al Fondo di cui al comma 1 è altresì attribuita una dotazione di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
3. Il Fondo di cui al comma 1 può essere rifinanziato, per uno o più degli anni considerati dal bilancio pluriennale, ai sensi del comma 3, lettera f), dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468.
4. Il Fondo di cui al comma 1 è destinato al finanziamento di programmi di ricerca in materia di agricoltura biologica, nel rispetto degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo. Con decreto del Ministro, da emanare, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro il 30 marzo di ciascun anno, si provvede alla ripartizione del fondo tra i programmi di ricerca, presentati da enti pubblici, università e centri di ricerca, soggetti privati, entro il 31 gennaio del medesimo anno.
5. I soggetti beneficiari dei finanziamenti di cui al comma 4, a conclusione dello svolgimento del programma di ricerca, trasmettono al Ministero una relazione che illustra i risultati conseguiti. Nel caso in cui il programma di ricerca abbia una durata superiore ad un anno, i medesimi soggetti provvedono alla trasmissione di relazioni preliminari sullo stato di avanzamento del programma e sui risultati conseguiti entro il 31 gennaio di ogni anno successivo a quello di assegnazione dei contributi. Il Ministero, avvalendosi del SINAB, rende pubbliche le relazioni di cui al presente comma e individua ogni utile iniziativa per dare attuazione ai risultati dei programmi di ricerca finanziati. Sulla base dei risultati emersi dalle relazioni preliminari di cui al secondo periodo, con il decreto di cui al comma 4 può essere disposta, ove ne sia fatta richiesta, l'assegnazione di ulteriori finanziamenti ad un programma di ricerca che già ne sia stato destinatario.
6. In caso di mancata trasmissione delle relazioni di cui al comma 5, il Ministero provvede al recupero dei finanziamenti assegnati. Nel caso in cui, in base alle relazioni trasmesse, l'attuazione del programma di ricerca risulti carente o i risultati ottenuti irrilevanti, il Ministero può disporre il recupero, anche parziale, dei finanziamenti assegnati.

Art. 16.
(Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica).

1. Nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è istituito il Fondo per lo sviluppo dell'agricoltura biologica.


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2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono:
a) tutte le risorse già assegnate al fondo di cui al comma 2-bis dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, che è soppresso;
b) gli stanziamenti relativi alle autorizzazioni di spesa di cui al comma 87 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e al comma 1085 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
c) le risorse di cui ai commi 289 e 290 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

3. Al Fondo di cui al comma 1 è altresì attribuita una dotazione di 7 milioni di euro per l'anno 2008 e di 15 milioni di euro per l'anno 2009.
4. Il Fondo di cui al comma 1 può essere rifinanziato, per uno o più degli anni considerati dal bilancio pluriennale, ai sensi del comma 3, lettera f), dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468.
5. Il Fondo di cui al comma 1, oltre a finanziare il piano di azione nazionale per l'agricoltura biologica ed i prodotti biologici, è destinato al finanziamento di interventi volti a promuovere lo sviluppo dell'agricoltura biologica riconducibili alle seguenti tipologie:
a) contributi a enti e istituzioni pubbliche e a soggetti privati operanti in regime di convenzione che gestiscono servizi di ristorazione collettiva che utilizzano in misura prevalente e, comunque, non inferiore al 50 per cento del valore complessivo dei prodotti utilizzati, prodotti biologici;
b) campagne di educazione scolastica rivolte a illustrare le caratteristiche intrinseche, le specificità e i vantaggi dell'agricoltura biologica e dei relativi prodotti in termini di qualità, sicurezza degli alimenti, metodi di produzione, aspetti nutrizionali e sanitari, etichettatura, benessere degli animali e rispetto dell'ambiente;
c) iniziative di comunicazione istituzionale, di informazione e di promozione rivolte a favorire la commercializzazione e il consumo dei prodotti biologici, anche attraverso il coinvolgimento e la partecipazione degli operatori del settore;
d) contributi agli enti locali che adottano apposite misure per assicurare che nelle aree di proprietà pubblica destinate a verde, di cui è prevista la fruizione a scopo ricreativo e culturale, nelle aree verdi destinate ad attività scolastiche e in quelle comunque destinate alla fruizione da parte dei minori in età scolare siano adottate tecniche di gestione e di manutenzione compatibili con il metodo biologico.

6. Con decreto del Ministro, da emanare, sentito il Comitato consultivo di cui all'articolo 6 e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro il 30 marzo di ciascun anno, si provvede alla ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Ai fini della ripartizione, ciascuna regione e provincia autonoma trasmette al Ministero entro il 31 gennaio di ciascun anno il programma annuale degli interventi di cui al comma 5 che intende realizzare e, a decorrere dal secondo anno di ripartizione del fondo, una dettagliata illustrazione degli interventi attuati nell'anno precedente. Nella ripartizione del fondo si tiene conto della rilevanza e dell'efficacia degli interventi programmati e di quelli attuati. La mancata presentazione del programma annuale degli interventi da realizzare ovvero dell'illustrazione degli interventi realizzati nell'anno precedente comporta l'esclusione della regione o della provincia autonoma dalla ripartizione del Fondo.
7. Con il decreto di cui al comma 6, una quota del Fondo, non superiore al 50 per cento, può essere annualmente riservata alla realizzazione di iniziative di comunicazione istituzionale, di informazione e di promozione gestite direttamente dal Ministero, che abbiano dimensione nazionale o che siano finalizzate alla diffusione nei mercati internazionali di prodotti biologici recanti nell'etichetta il logo nazionale


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di cui all'articolo 11. Con il medesimo decreto si provvede a definire e approvare il programma annuale delle iniziative di cui al presente comma.
8. Entro il 31 aprile di ogni anno, il Ministro trasmette al Parlamento i decreti di cui al comma 4 dell'articolo 17 e al comma 6 del presente articolo, corredati da una relazione volta a illustrare gli interventi a sostegno dell'agricoltura biologica e le attività di ricerca nel settore realizzate, a livello nazionale e regionale, nell'anno precedente, quelli programmati per l'anno in corso e la situazione generale del comparto.

TITOLO VII
SISTEMA DI CONTROLLO

Capo I
ORGANISMI DI CONTROLLO E CERTIFICAZIONE

Art. 17.
(Autorità responsabile dei controlli).

1. Il Ministero è l'autorità competente responsabile dei controlli, di cui all'articolo 4 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004. e all'articolo 27 del regolamento.
2. Ai sensi del paragrafo 4, lettera b), dell'articolo 27 del regolamento, il Ministero può delegare compiti di controllo a uno o più organismi. A tal fine, il Ministero autorizza persone giuridiche di diritto pubblico o privato, di seguito denominate «organismi di controllo e certificazione», a svolgere attività di controllo e di certificazione sull'applicazione del metodo di produzione biologico da parte degli operatori. Gli organismi di controllo e certificazione sono accreditati secondo la versione più recente pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea, serie C, della norma europea EN 45011 o della guida ISO 65, «Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazione dei prodotti».
3. Il Ministero provvede alla vigilanza sugli organismi di controllo e certificazione autorizzati ai sensi del comma 2, in conformità con quanto previsto dall'articolo 27 del regolamento e dalla presente legge.
4. Il Ministro, con proprio decreto, sentito il Comitato di cui all'articolo 6 e la Conferenza Stato-regioni, può, ai sensi del paragrafo 4 dell'articolo 27 del regolamento, conferire le competenze di controllo di cui al comma 3 alle regioni e alle province autonome, che le esercitano mediante apposite strutture di vigilanza.

Art. 18.
(Comitato di valutazione).

1. Presso il Ministero continua ad operare il Comitato di valutazione degli organismi di controllo e certificazione per l'agricoltura biologica, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220.
2. Il Comitato è composto da dodici membri, nominati con decreto del Ministro, di cui tre rappresentanti del Ministero, tre designati, rispettivamente, dal Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministero della salute e sei designati dalla Conferenza delle regioni e province autonome.
3. I membri del Comitato non devono avere interessenze con alcuno dei soggetti di cui all'articolo 19, né trovarsi in posizione oggettiva o soggettiva di collusione o di conflitto di interessi con alcuno dei soggetti iscritti negli elenchi regionali o nazionali degli operatori biologici, né con alcuna delle strutture, aziende o soggetti privati in genere con i quali gli operatori iscritti negli elenchi hanno rapporti ai fini dell'esercizio della propria attività.
4. Il presidente e il segretario del Comitato sono nominati tra i rappresentanti del Ministero.


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5. Il Comitato si avvale di un ufficio di segreteria composto da funzionari del Ministero, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
6. Il Comitato esprime, entro tre mesi dalla presentazione dell'istanza, pareri obbligatori e vincolanti in merito:
a) al rilascio, al rinnovo e alla revoca dell'autorizzazione agli organismi di controllo e certificazione;
b) alle modifiche degli atti e della documentazione da presentare per la richiesta di autorizzazione.

7. La partecipazione al Comitato non comporta l'attribuzione di compensi.

Art. 19.
(Autorizzazione degli organismi di controllo e certificazione).

1. Al fine di conseguire l'autorizzazione di cui all'articolo 17, comma 2, le persone giuridiche interessate devono presentare istanza al Ministero, previo pagamento di un importo determinato ai sensi del comma 2. L'istanza di cui al presente comma è corredata dallo statuto dell'organismo, dalla illustrazione della struttura, dal manuale della qualità, dal piano-tipo di controllo, di cui al comma 1 dell'articolo 21, dalla definizione delle procedure operative e dalle relative istruzioni, dall'organigramma, dall'elenco dei nomi e dal curriculum vitae del personale addetto alle attività di controllo. Con decreto del Ministro, da emanare, sentita la Conferenza Stato-regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è stabilita l'ulteriore documentazione da allegare all'istanza. Con il medesimo decreto sono altresì stabiliti i requisiti del personale che svolge attività di controllo per conto o alle dipendenze dell'organismo di certificazione e controllo.
2. Le persone giuridiche che presentano l'istanza di cui al comma 1 sono tenute al pagamento delle spese per l'espletamento delle attività istruttorie relative al rilascio e al rinnovo dell'autorizzazione. Con decreto del Ministro, da emanare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, viene stabilita, in base al costo effettivo del servizio, la tariffa da applicare per la determinazione dell'importo dovuto.
3. L'autorizzazione allo svolgimento dell'attività di controllo e certificazione è subordinata, oltre che all'accertamento della regolarità e della completezza della domanda, alla verifica del possesso dei requisiti previsti dal regolamento, dalla presente legge e dal decreto di cui al comma 1. La sussistenza di tali requisiti deve perdurare per tutto il periodo di validità dell'autorizzazione.
4. Gli organismi di controllo e certificazione sono autorizzati con decreto del Ministro, entro sei mesi dalla data di ricevimento dell'istanza, previo parere favorevole del Comitato di valutazione di cui all'articolo 18. Il decreto di autorizzazione è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. L'organismo di controllo provvede a trasmettere alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la documentazione approvata dal Ministero. La documentazione è inviata anche su supporto informatico.
5. Gli organismi di controllo e certificazione autorizzati possono esercitare la propria attività su tutto il territorio nazionale, fatte salve ulteriori disposizioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
6. Il rilascio dell'autorizzazione di cui al comma 4 comporta per l'organismo autorizzato anche la facoltà ad esercitare attività istruttoria delle richieste di autorizzazione all'importazione.
7. L'autorizzazione non è trasferibile, è valida per quattro anni ed è rinnovabile.
8. Gli organismi di controllo e certificazione, entro il centottantesimo giorno antecedente la data di scadenza dell'autorizzazione di cui al comma 4, trasmettono al Ministero istanza di rinnovo, corredata dalla documentazione necessaria ad attestare la validità e l'attualità dei documenti prodotti in sede di prima richiesta dell'autorizzazione


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e da ogni altro documento necessario per dimostrare il perdurare dei requisiti richiesti. Esaminata tale documentazione e acquisito il parere favorevole del Comitato di valutazione di cui all'articolo 18, il Ministro, con apposito decreto, può rinnovare l'autorizzazione di cui al comma 4. Nella valutazione dell'istanza di rinnovo si tiene conto dell'attività svolta dall'organismo, con particolare riferimento alle irregolarità e infrazioni rilevate nel corso dell'attività di vigilanza. Durante le operazioni di verifica previste dal presente comma, e comunque non oltre sei mesi dalla data di scadenza del precedente decreto di autorizzazione, l'organismo di controllo e certificazione può continuare a operare.
9. Gli organismi di controllo e certificazione, già autorizzati in base alle norme vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge, continuano a operare in forza dell'autorizzazione ricevuta per un periodo non superiore a ventiquattro mesi. Almeno sei mesi prima della scadenza di tale termine, detti organismi di controllo e certificazione devono presentare istanza di autorizzazione secondo quanto previsto dal comma 1.
10. Qualora un organismo di controllo e certificazione cessi di possedere i requisiti necessari per l'autorizzazione, il Ministero, di propria iniziativa o su proposta della regione o della provincia autonoma nel cui territorio l'organismo opera, lo diffida a regolarizzare la propria situazione entro il termine stabilito nella diffida medesima, comunque non inferiore a quindici giorni. Se entro il termine di cui al periodo precedente, l'organismo interessato non dimostra di aver regolarizzato la propria situazione, il Ministro, previo parere del Comitato di valutazione di cui all'articolo 18, con decreto motivato, dispone la revoca dell'autorizzazione. Il decreto è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. La revoca ha effetto dal trentesimo giorno successivo alla data della pubblicazione. Entro lo stesso termine, gli operatori che si valgono dell'organismo di controllo e certificazione la cui autorizzazione è stata revocata devono provvedere alla scelta di un altro organismo di controllo e certificazione autorizzato dal Ministero.

Art. 20.
(Elenco nazionale degli organismi di controllo e certificazione).

1. È istituito presso il Ministero l'elenco nazionale degli organismi di controllo e certificazione autorizzati ai sensi della presente legge.
2. Con il decreto di autorizzazione di cui al comma 4 dell'articolo 19 il Ministro dispone l'iscrizione dell'organismo di certificazione e controllo nell'elenco di cui al presente articolo. Con il decreto di revoca di cui al comma 10 del citato articolo 19 il Ministro dispone la cancellazione dell'organismo di controllo e certificazione dall'elenco di cui al presente articolo; la cancellazione ha effetto a partire dal trentesimo giorno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di revoca.
3. L'elenco di cui al presente articolo è pubblico.

Art. 21.
(Piani di controllo).

1. Il piano-tipo di controllo viene presentato unitamente all'istanza di autorizzazione di cui al comma 1 dell'articolo 20 ed è corredato da idonea documentazione secondo quanto disposto dalla norma EN 45011 e da accreditamento rilasciato da un organismo riconosciuto in ambito internazionale. Il piano tipo di controllo deve essere idoneo a garantire l'applicazione dei principi della produzione biologica di cui al regolamento ed alla presente legge per l'intera durata del processo di produzione, preparazione, importazione e commercializzazione del prodotto.
2. Entro un mese dall'adozione del decreto di autorizzazione di cui al comma 4 dell'articolo 19, l'organismo di controllo e certificazione predispone e trasmette al Ministero, nonché alle regioni e province


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autonome nel cui territorio opera, il piano annuale di controllo. Ogni dodici mesi l'organismo provvede a trasmettere il successivo piano annuale di controllo.
3. Con decreto del Ministro, da emanare, sentito il Comitato consultivo di cui all'articolo 6 e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti lo schema di piano-tipo di controllo e lo schema di piano annuale di controllo e sono stabilite le relative modalità di presentazione.
4. Il Ministero, anche su proposta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, può, entro un mese dal ricevimento dei piani annuali di controllo di cui al comma 2, formulare osservazioni. L'organismo di controllo e certificazione adegua il piano annuale di controllo sulla base delle osservazioni formulate dal Ministero. Decorso il termine di cui al primo periodo, il piano annuale di controllo si intende approvato.
5. Gli organismi di controllo e certificazione autorizzati effettuano i controlli previsti dalla normativa comunitaria secondo il piano annuale di controllo predisposto in conformità al piano tipo di controllo.

Art. 22.
(Obblighi degli organismi di controllo e certificazione).

1. Gli organismi di controllo e certificazione verificano l'applicazione, da parte degli operatori, delle misure di controllo e precauzionali previste dal regolamento, nonché la corretta applicazione del metodo biologico, attestando la conformità degli operatori ai requisiti stabiliti dalla normativa europea e dalla presente legge.
2. Gli organismi di controllo e certificazione autorizzati ai sensi dell'articolo 19 e iscritti nell'elenco di cui all'articolo 20, nell'esercizio della propria attività:
a) mantengono un sistema di registrazione e di archiviazione contenente l'iter di ciascuna procedura di certificazione, comprese le fasi di sospensione e di ritiro dei certificati e delle diciture di conformità, e conservano i dati di cui al presente comma per un periodo minimo di cinque anni;
b) verificano che la documentazione tenuta dagli operatori sia gestita con modalità che non permettano di modificare i dati o comunque garantiscano la possibilità di riconoscere le modifiche effettuate;
c) adottano apposite procedure per la selezione, la formazione e l'addestramento del personale utilizzato e istituiscono un apposito registro con i dati e le informazioni aggiornati sulla qualificazione e sull'esperienza professionali del personale impiegato;
d) forniscono al personale utilizzato istruzioni documentate e aggiornate sui suoi compiti e responsabilità;
e) attuano verifiche interne e riesami periodici della propria conformità ai criteri della norma EN 45011, conservandone prova documentale;
f) accertano eventuali violazioni commesse dagli operatori e ne danno immediatamente comunicazione al Ministero, nonché alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel cui territorio esercita la propria attività l'operatore;
g) consentono ai soggetti competenti all'esercizio delle attività di vigilanza di cui all'articolo 23 il libero accesso ai loro uffici e impianti, comunicano ogni informazione e prestano ogni forma di collaborazione ritenuta utile per lo svolgimento delle suddette attività di vigilanza.

3. Entro il 31 gennaio di ogni anno, gli organismi di cui al comma 1 trasmettono al Ministero, nonché alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel cui territorio operano, l'elenco degli operatori ai quali hanno


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rilasciato il certificato di conformità, con l'indicazione delle categorie di prodotti alle quali si riferisce il certificato, e l'elenco degli operatori che sono stati oggetto di controllo. Entro il 31 marzo di ogni anno, gli organismi di cui al comma 1 trasmettono al Ministero, nonché alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel cui territorio operano, una relazione dettagliata sull'attività esercitata, sui controlli eseguiti, sul personale impiegato nell'attività ispettiva e sugli eventuali provvedimenti adottati nell'anno precedente. Ogni quattro mesi, gli organismi di cui al comma 1 comunicano al Ministero, nonché alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, gli aggiornamenti, le modifiche e le integrazioni degli elenchi di cui al primo periodo.
4. Gli organismi di cui al comma 1 comunicano al Ministero, nonché alle regioni e alle province autonome nel cui territorio operano, le modifiche relative alla loro struttura o documentazione di sistema, allo statuto, al manuale della qualità, al piano-tipo di controllo, alle procedure e istruzioni operative, all'organigramma, all'elenco e al curriculum vitae del personale addetto alle attività di controllo. La trasmissione ha luogo entro quindici giorni dalla data in cui le modifiche sono intervenute ovvero sono state approvate. Le modifiche sono corredate da una relazione motivata, con riferimento alle esigenze che ne giustificano l'adozione. Il Ministero, anche su proposta delle regioni e delle province autonome, previo parere del Comitato di valutazione di cui all'articolo 18, può, entro un mese dal ricevimento della comunicazione di cui al presente comma, formulare osservazioni. L'organismo di controllo e certificazione adegua le proprie modifiche sulla base delle osservazioni formulate dal Ministero. Decorso il termine di cui al quarto periodo, le modifiche si intendono approvate.
5. In caso di scioglimento o di revoca dell'autorizzazione, gli organismi di cui al comma 1 consegnano al Ministero la documentazione inerente al sistema di controllo e alle procedure di certificazione.

Capo II
OPERATORI

Art. 23.
(Notifica degli operatori).

1. Prima di immettere prodotti biologici nel mercato, gli operatori che producono, preparano, immagazzinano o importano da un Paese terzo prodotti biologici notificano l'inizio della propria attività alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio è ubicata la sede legale dell'azienda. Copia della notifica è altresì trasmessa alle regioni o alle province autonome ove sono ubicate le unità produttive.
2. La notifica di cui al comma 1, corredata dall'attestazione della data di trasmissione della medesima alla regione o alla provincia autonoma competente, è trasmessa all'organismo di controllo e certificazione autorizzato cui l'operatore fa richiesta di assoggettamento. La trasmissione di cui al presente comma è effettuata dall'operatore, salvo diversa previsione da parte delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 24.
(Certificato di idoneità).

1. L'organismo di controllo e certificazione attesta l'idoneità dell'operatore entro sessanta giorni dalla data di ricezione della prima notifica ed entro i successivi quindici giorni invia il certificato di idoneità, anche su supporto informatico, alla regione o alla provincia autonoma competente per territorio.

Art. 25.
(Certificato di conformità).

1. Gli operatori, ad eccezione dei grossisti e degli operatori di cui al paragrafo 3 dell'articolo 27 del regolamento, sono


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sottoposti a controllo del rispetto delle regole del metodo di produzione biologico almeno una volta l'anno.
2. A seguito dell'esito favorevole del procedimento di controllo, l'organismo di certificazione e controllo autorizzato rilascia il certificato di conformità per gli operatori già assoggettati al sistema di controllo.

Art. 26.
(Assoggettamento al sistema di controllo).

1. L'assoggettamento dell'operatore al sistema di controllo, nonché il periodo di conversione decorrono dalla data della trasmissione della notifica all'organismo di controllo e certificazione.
2. Gli operatori, indipendentemente dal numero e dalle tipologie di attività sottoposte al sistema di controllo e certificazione, sono tenuti ad assoggettarsi ad un unico organismo di controllo e certificazione. Il passaggio da un organismo ad un altro deve avvenire senza soluzione di continuità e con modalità tali da non compromettere l'integrità del sistema di controllo e certificazione. L'organismo di controllo al quale l'operatore ha formalmente comunicato la disdetta dall'assoggettamento, entro un mese, è tenuto a trasmettere al nuovo organismo di controllo tutte le informazioni relative all'operatore stesso riguardanti l'ultimo biennio o l'eventuale minore periodo di attività.

Art. 27.
(Ulteriori obblighi degli operatori).

1. Gli operatori devono documentare l'attività mediante registrazioni obbligatorie e non modificabili al fine di consentire l'efficace svolgimento dell'attività di controllo.
2. Gli operatori assoggettati al regime di controllo sono tenuti a redigere i programmi annuali di produzione relativi all'anno successivo e a trasmetterli all'organismo di controllo e certificazione entro il 31 ottobre dell'anno precedente a quello cui si riferiscono, salvo diversa disposizione delle regioni e delle province autonome.
3. In caso di recesso dal sistema di controllo l'operatore ne dà comunicazione all'organismo di controllo e certificazione e alla regione o alla provincia autonoma con le modalità di cui all'articolo 24. La regione o la provincia autonoma dispone la cancellazione dell'operatore dall'elenco di cui all'articolo 30.

Art. 28.
(Modulistica).

1. Con decreto del Ministro, da emanare, sentito il Comitato di cui all'articolo 6 e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i contenuti della notifica, di cui all'articolo 23, del certificato di idoneità, di cui all'articolo 24, del certificato di conformità, di cui all'articolo 25, e dei programmi annuali di produzione, di cui al comma 2 dell'articolo 27.

Art. 29.
(Elenchi degli operatori).

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono e gestiscono gli elenchi degli operatori dell'agricoltura biologica suddivisi secondo categorie di attività. Sono iscritti negli elenchi di cui al presente articolo gli operatori che, a seguito della notifica di cui all'articolo 24, hanno ricevuto da un organismo di controllo e certificazione autorizzato l'attestato di idoneità di cui all'articolo 25.
2. L'iscrizione negli elenchi delle regioni e delle province autonome comporta il riconoscimento della qualifica di operatore dell'agricoltura biologica, anche ai fini dell'accesso alle agevolazioni e le provvidenze pubbliche.
3. A fini informativi, è istituito presso il Ministero l'elenco nazionale degli operatori


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dell'agricoltura biologica, costituito dagli operatori iscritti negli elenchi di cui al comma 1. A tal fine, le regioni e le province autonome comunicano ogni tre mesi al Ministero gli aggiornamenti dei rispettivi elenchi.
4. Gli elenchi di cui ai commi 1 e 3 sono pubblici.

TITOLO VIII
IMPORTAZIONI

Art. 30.
(Importatori).

1. Gli operatori che intendono svolgere attività di importazione di prodotti da agricoltura biologica provenienti da Paesi terzi, ai sensi del regolamento, notificano al Ministero l'inizio della propria attività.
2. La notifica di cui al comma 1, corredata dell'attestazione della data di trasmissione della medesima al Ministero, è trasmessa a cura dell'operatore all'organismo di controllo e certificazione autorizzato ai sensi dell'articolo 19, cui l'operatore medesimo fa dichiarazione di assoggettamento.
3. Il Ministero istituisce e gestisce l'elenco nazionale degli importatori di prodotti da agricoltura biologica provenienti da Paesi terzi. Sono iscritti nell'elenco gli importatori che hanno effettuato la notifica di cui al comma 1 e che, in conformità con quanto previsto dall'articolo 31, sono stati riconosciuti idonei da un organismo di controllo e certificazione, autorizzato ai sensi dell'articolo 19. Entro 15 giorni dal rilascio, l'organismo di controllo e certificazione invia l'attestato di idoneità, anche su supporto informatico, al Ministero.
4. Con decreto del Ministro, da emanare, sentito il Comitato consultivo di cui all'articolo 6 e la Conferenza Stato-regioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di presentazione e i contenuti della notifica di cui al comma 1, i contenuti dell'attestato di idoneità di cui al comma 3 dell'articolo 31, le modalità di presentazione e i contenuti della richiesta di autorizzazione all'importazione, di cui al comma 4 del medesimo articolo 31.
5. L'elenco di cui al comma 3 è pubblico.

Art. 31.
(Importazione di prodotti di agricoltura biologica).

1. Possono richiedere l'importazione dei prodotti biologici provenienti da Paesi terzi, gli operatori che sono iscritti nell'elenco nazionale di cui comma 3 dell'articolo 20.
2. La domanda di autorizzazione all'importazione di prodotti biologici provenienti da Paesi terzi ai sensi del regolamento è istruita dall'organismo di controllo e certificazione prescelto sul territorio nazionale.
3. L'organismo di controllo e certificazione ha il compito di svolgere l'istruttoria della richiesta di importazione, valutando gli elementi informativi forniti dal richiedente per attestare l'equivalenza delle norme di produzione e delle misure di controllo nonché la continuità dell'applicazione delle misure di ispezione sancite dal regolamento. L'organismo di controllo e certificazione, al termine dell'istruttoria conclusa con una valutazione positiva, rilascia all'importatore un attestato di idoneità. In caso di importazioni successive che non implichino variazioni degli elementi riportati nella domanda di importazione, eccetto le quantità e i lotti dei prodotti interessati, l'operatore richiede all'organismo di controllo e certificazione soltanto il rinnovo del certificato di idoneità all'importazione.
4. L'importatore invia al Ministero l'attestato di idoneità di cui al comma 3, unitamente alla richiesta di importazione. Il Ministero, nei sessanta giorni successivi alla data di ricevimento, emette autorizzazione con validità di un anno all'importazione e all'immissione in libera pratica; informa, altresì, la Commissione europea e


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gli altri Stati membri dell'Unione europea circa il nome del Paese terzo da cui ha luogo l'importazione, i prodotti e le modalità di produzione e di ispezione, nonché le garanzie relative all'applicazione permanente ed effettiva di tali modalità.
5. Il Ministero, nei trenta giorni successivi alla data di ricevimento dell'attestato di idoneità da parte dell'organismo di controllo e certificazione, secondo quanto previsto dal comma 3 dell' articolo 30, ha facoltà di chiedere il riesame degli elementi informativi di cui al comma 3 del presente articolo.
6. Dei provvedimenti di autorizzazione e di immissione in libera pratica di cui al comma 4 è data pubblicità legale mediante inserimento in un'apposita raccolta tenuta presso il Ministero. I medesimi provvedimenti sono altresì comunicati alla regione o alla provincia autonoma nella quale è ubicata la sede legale dell'importatore.

TITOLO IX
SANZIONI

Art. 32.
(Definizioni).

1. Salvo che il fatto costituisca reato, le infrazioni commesse dagli organismi di controllo e certificazione e dagli operatori in violazione della disciplina prevista dal regolamento, dalla presente legge e dai provvedimenti adottati ai fini della sua attuazione sono punite con le sanzioni di cui agli articoli seguenti.
2. Costituisce infrazione:
a) l'inadempienza degli obblighi prescritti dalla normativa vigente che comportino effetti prolungati tali da inficiare l'affidabilità dell'organismo di controllo o dell'operatore nell'ambito del sistema di controllo;
b) la reiterazione della medesima irregolarità o la commissione di più irregolarità diverse nell'arco di dodici mesi;
c) la violazione da parte dell'operatore degli obblighi contrattuali sottoscritti con l'organismo di controllo.

3. Costituisce irregolarità il mancato rispetto di adempimenti formali nella tenuta della documentazione, nonché la mancata applicazione delle disposizioni di cui alla normativa vigente che non comportino effetti prolungati tali da inficiare l'affidabilità dell'organismo di controllo o dell'operatore nell'ambito del sistema di controllo.

Art. 33.
(Infrazioni commesse dagli organismi di controllo e certificazione).

1. Salvo che il fatto costituisca reato, le infrazioni commesse dagli organismi di controllo e certificazione in violazione della disciplina prevista dal regolamento, dalla presente legge e dai provvedimenti adottati ai fini della sua attuazione sono punite con le sanzioni di cui al presente articolo.
2. Si applica la revoca dell'autorizzazione e la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 30.000 euro per infrazioni consistenti in:
a) rilascio di attestazioni e certificazioni in situazioni di non conformità aziendale o dei prodotti;
b) mancato svolgimento delle attività e violazione delle procedure previste nel piano-tipo di controllo o nel piano annuale di controllo;
c) mancato adeguamento della propria struttura o delle proprie procedure o del piano tipo di controllo alle prescrizioni normative vigenti o a quelle ricevute dalle competenti autorità;
d) mancato divieto di commercializzazione dei prodotti nella cui etichettatura e pubblicità si fa riferimento al metodo di produzione biologico, nei casi in cui i


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prodotti non risultino conformi a quanto previsto dal regolamento e dalla presente legge;
e) mancata segnalazione all'autorità competente della sospensione o ritiro della certificazione di conformità.

3. Si applica la sospensione dell'autorizzazione fino a un massimo di tre anni, e la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 5.000 euro ad un massimo di 30.000 euro per infrazioni consistenti in:
a) mancata rilevazione dell'impiego di sostanze non ammesse o della violazione delle condizioni d'uso;
b) mancata rilevazione dell'assenza di un idoneo sistema documentato di identificazione, tracciabilità e separazione delle produzioni presso l'operatore;
c) mancata rilevazione dell'assenza della documentazione di conformità delle materie prime utilizzate presso l'operatore e di un adeguato sistema di registrazione.

4. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 3.000 euro ad un massimo di 18.000 euro per infrazioni consistenti in:
a) mancata rilevazione di etichettatura dei prodotti con diciture non autorizzate;
b) mancata attuazione delle verifiche ispettive interne e dei riesami periodici sul proprio sistema qualità ai sensi della norma EN 45011.

5. In caso di reiterazione da parte di un medesimo organismo di certificazione e di controllo delle infrazioni di cui ai commi 3 e 4, si applica la revoca dell'autorizzazione.
6. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 9.000 euro per infrazioni consistenti in:
a) mancata rilevazione di scostamenti significativi rispetto al programma annuale di produzione;
b) mancato invio della documentazione o delle informazioni o degli elenchi previsti dall'autorità competente nazionale o territoriale;
c) mancato aggiornamento o carenze nella tenuta dell'elenco degli operatori autorizzati.

7. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 6.000 euro per infrazioni consistenti in:
a) mancata richiesta del prescritto parere dell'autorità competente territoriale in merito alla riduzione del periodo di conversione;
b) mancata rilevazione della presenza di mezzi tecnici non ammessi in unità produttive condotte con metodo biologico;
c) mancata rilevazione dell'impiego di sementi e di materiale di riproduzione vegetativa non conformi alle normative vigenti.

Art. 34.
(Irregolarità commesse dagli organismi di controllo e certificazione).

1. Salvo che il fatto costituisca reato, le irregolarità commesse dagli organismi di controllo e certificazione in violazione della disciplina prevista dal regolamento, dalla presente legge e dai provvedimenti adottati ai fini della sua attuazione sono punite con le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al presente articolo.
2. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 600 euro ad un massimo di 3.600 euro per le irregolarità consistenti in:
a) omissioni nell'accertamento dell'effettivo stato aziendale riguardo la separazione da unità produttive convenzionali e


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riguardo ai confini a rischio per le possibili contaminazioni con sostanze non ammesse;
b) omissioni nell'avvio di azioni correttive nei confronti degli operatori a seguito dei rilievi evidenziati dal tecnico ispettore nel corso dell'attività ispettiva;
c) omissioni, carenze o comportamenti non conformi nell'applicazione delle procedure previste dal piano-tipo di controllo o da altri documenti organizzativi interni nonché mancato rispetto di quanto previsto dal piano di controllo annuale anche in relazione alle osservazioni ricevute dalle autorità competenti nazionali e territoriali.

3. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 300 euro ad un massimo di 1.800 euro per le irregolarità consistenti in:
a) omissioni nella rilevazione di errori o incompletezze nelle etichette o nei documenti di accompagnamento dei prodotti;
b) omissioni o carenze nella gestione della documentazione inerente all'attività di controllo esercitata;
c) omissioni e carenze nell'informazione agli operatori sugli obblighi e sulle condizioni relative alla normativa vigente e al rapporto contrattuale con il medesimo organismo di controllo e certificazione.

4. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 300 euro ad un massimo di 600 euro per le irregolarità consistenti in:
a) omissioni nella rilevazione di errori o omissioni dell'operatore nella compilazione, nell'invio e nella conservazione dei documenti aziendali;
b) omissioni nel dare evidenza presso gli operatori dell'attività di controllo esercitata.

Art. 35.
(Irrogazione delle sanzioni a carico degli organismi di controllo e certificazione).

1. Nei casi previsti dall'articolo 28, il Ministro dispone la revoca dell'autorizzazione con le modalità di cui al comma 10 dell'articolo 19. Nel caso in cui le competenze di controllo di cui al comma 3 dell'articolo 17 siano state conferite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, la revoca è disposta su proposta della regione o della provincia autonoma nel cui territorio si sia verificata l'infrazione.
2. Le sanzioni pecuniarie di cui agli articoli 28 e 29 sono irrogate dal Ministero. Nel caso in cui le competenze di controllo di cui al comma 3 dell'articolo 17 siano state conferite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, le sanzioni pecuniarie di cui agli articoli 28 e 29 sono irrogate dalla regione o dalla provincia autonoma competente per territorio.

Art. 36.
(Ritiro del certificato di conformità).

1. Su segnalazione dell'organismo di controllo e certificazione, la regione o la provincia autonoma dispone il ritiro del certificato di conformità e il divieto per l'operatore di commercializzare prodotti nella cui etichettatura e pubblicità è fatto riferimento al metodo di produzione biologico in caso di infrazioni consistenti in:
a) manomissione o falsificazione di documenti o false comunicazioni all'organismo di controllo;
b) impedimento dell'accesso alle strutture aziendali e alla documentazione o alle registrazioni aziendali all'organismo di controllo;
c) assenza delle autorizzazioni igienico-sanitarie necessarie allo svolgimento delle attività aziendali;


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d) utilizzo di OGM, di prodotti che li contengano o ne siano derivati;
e) impiego di sostanze e mezzi tecnici non consentiti;
f) utilizzo fraudolento del certificato di conformità rilasciato dall'organismo di controllo, delle etichette o dei documenti accompagnatori dei prodotti autorizzati dall'organismo di controllo, del marchio o dei riferimenti dell'organismo di controllo;
g) mancato rispetto della sospensione del certificato di conformità.

2. Le regioni e le province autonome comunicano al Ministero i provvedimenti di ritiro del certificato di conformità di cui al presente articolo. Presso il Ministero è istituito un elenco degli operatori ai quali è stato ritirato il certificato di conformità. Gli organismi di controllo e certificazione, all'atto di rilasciare il certificato di idoneità di cui all'articolo 24, verificano che l'operatore non sia stato oggetto di provvedimenti di ritiro di cui al presente articolo. Nel caso in cui l'operatore sia una società di persone, la disposizione di cui al periodo precedente si applica ai soci; nel caso in cui l'operatore sia una società di capitali, la disposizione di cui al periodo precedente si applica agli amministratori della società.

Art. 37.
(Sospensione del certificato di conformità).

1. Su segnalazione dell'organismo di controllo e certificazione, la regione o provincia autonoma competente per territorio dispone la sospensione del certificato di conformità e il divieto per l'operatore di commercializzare prodotti nella cui etichettatura e pubblicità è fatto riferimento al metodo di produzione biologico per un periodo compreso da un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni in caso di infrazioni consistenti in:
a) mancata spedizione della notifica all'autorità competente;
b) assenza del piano HACCP (hazard analysis critical control point), se obbligatorio;
c) mancata trasmissione dei documenti o dei dati a seguito di richiesta dell'organismo di controllo e successivi solleciti documentati;
d) mancata o parziale adozione di azioni preventive prescritte, con effetti sulla certificazione dei prodotti;
e) presenza di varietà parallele senza piano di conversione e utilizzo di piantine orticole convenzionali;
f) impossibilità di identificazione dei prodotti o degli imballaggi;
g) impossibilità di identificazione degli animali; mancato rispetto dell'età minima di macellazione, utilizzo di alimenti non autorizzati dalla normativa vigente, impiego di sostanze non ammesse nella produzione zootecnica, ricorso a pratiche di profilassi o a terapie in zootecnia non conformi;
h) mancato rispetto dei tempi di conversione;
i) mancata separazione da produzioni non certificabili;
l) utilizzo di ingredienti e di ausiliari di fabbricazione non ammessi;
m) impossibilità di identificazione e rintracciabilità dei prodotti nelle fasi di stoccaggio e di preparazione;
n) importazione in assenza di notifica al Ministero;
o) importazione in assenza dell'autorizzazione ministeriale;
p) non rispondenza dei prodotti importati con l'autorizzazione all'importazione;
q) utilizzo di prodotti diversi da quelli indicati nelle comunicazioni all'organismo di controllo sulle transazioni effettuate, con effetti sulla certificazione;


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r) presenza nei prodotti ottenuti dall'operatore e nei mezzi tecnici utilizzati dall'operatore di residui di sostanze non ammesse;
s) utilizzo di etichette o di documentazione accompagnatoria dei prodotti senza autorizzazione da parte dell'organismo di controllo;
t) mancato rispetto di una diffida da parte dell'organismo di controllo;
u) recidiva dopo due diffide o dopo una diffida per il medesimo tipo di irregolarità.

2. Le regioni e le province autonome comunicano al Ministero i provvedimenti di sospensione del certificato di conformità di cui al presente articolo.

Art. 38.
(Diffida).

1. L'organismo di controllo e certificazione, nel caso in cui accerti le irregolarità di cui al presente articolo, diffida per scritto l'operatore interessato a sanarle entro un termine prestabilito.
2. La diffida di cui al comma 1 si applica nel caso in cui siano accertate le seguenti irregolarità:
a) mancata compilazione o aggiornamento delle registrazioni aziendali o degli altri documenti obbligatori;
b) errori nella classificazione del prodotto sui documenti accompagnatori;
c) incompleta trasmissione, da parte dell'operatore, dei documenti richiesti dall'organismo di controllo;
d) assenza del piano di gestione dell'allevamento e del piano di utilizzo delle deiezioni zootecniche;
e) mancata richiesta dei documenti accompagnatori dei prodotti ai fornitori;
f) presenza di etichette o documenti accompagnatori non corrispondenti al prodotto;
g) mancata attuazione del piano di conversione;
h) mancato rispetto delle condizioni per l'uso di un mezzo tecnico;
i) utilizzo di materiale di riproduzione convenzionale, in regime di deroga, senza richiesta di deroga o con deroga negata; origine degli animali o delle api non conforme per i casi non previsti in deroga o con deroga negata;
l) non corretta separazione dei prodotti durante le fasi di stoccaggio;
m) mancata attuazione del piano di adeguamento per le strutture non conformi;
n) mancata attuazione della pratica del pascolo nelle condizioni previste;
o) uso di prodotti o di tecniche nella disinfezione e nella disinfestazione dei locali e delle attrezzature che possono contaminare il prodotto biologico;
p) assenza dell'originale del certificato di conformità; assenza dell'estratto del certificato di controllo, vidimato dalla dogana, per le produzioni importate;
q) utilizzo di prodotti diversi da quelli indicati nelle comunicazioni all'organismo di controllo sulle transazioni effettuate, senza effetti sulla certificazione;
r) configurazione dell'etichetta in maniera diversa dalla bozza autorizzata, con variazioni sostanziali di contenuto;
s) produzione di etichette o di documentazione accompagnatoria dei prodotti senza autorizzazione da parte dell'organismo di controllo;
t) recidiva dopo tre richiami o dopo due richiami relativi al medesimo tipo di irregolarità.

2. Gli organismi di controllo e certificazione trasmettono copia delle diffide di cui al presente articolo alla regione o alla provincia autonoma competente per territorio.


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Art. 39.
(Richiamo).

1. L'organismo di certificazione e controllo emette per scritto un richiamo nei confronti dell'operatore, nel caso in cui accerti le seguenti irregolarità:
a) errori o omissioni nella compilazione della notifica e della notifica di variazione e nella compilazione dei programmi di produzione;
b) ritardo nella spedizione delle notifiche, dei piani di produzione e di altri documenti obbligatori;
c) mancata registrazione delle produzioni da raccolta separata o di scarti di produzione o produzioni declassate;
d) errori o omissioni nella compilazione o mancato aggiornamento delle registrazioni aziendali e di altri documenti obbligatori e non corretta archiviazione dei documenti aziendali;
e) errata o mancata indicazione dei riferimenti alla certificazione di conformità del prodotto nei documenti accompagnatori;
f) mancata richiesta delle deroghe previste dalla normativa vigente;
g) mancata evidenza della gestione di un reclamo da parte dei clienti;
h) mancanze o ritardi nella richiesta della documentazione di conformità dei prodotti ai fornitori;
i) mancata o parziale adozione delle azioni preventive o di adeguamento prescritte dall'organismo di controllo e certificazione, senza effetti sulla certificazione dei prodotti;
l) non corretta separazione dei mezzi tecnici nei magazzini in aziende miste e presenza non autorizzata di mezzi tecnici non ammessi in azienda completamente convertita;
m) superamento dei limiti consentiti nell'utilizzo del rame per la difesa delle colture;
n) inadeguata identificazione dei prodotti e degli imballaggi;
o) mancato rispetto del carico massimo di animali per unità di superficie, mancato rispetto delle superfici minime per animale nei casi non previsti in deroga o con deroga negata, presenza di edifici zootecnici, di pavimentazione o di lettiera di stabulazione divenuti inadeguati, inadeguata identificazione degli animali, condizioni di benessere degli animali divenute insufficienti, mancato rispetto del piano di utilizzo delle deiezioni zootecniche, mancato aggiornamento della scheda razione alimentare;
p) non corretta separazione del prodotto confezionato o comunque identificato;
q) inadeguata identificazione o inadeguata separazione del prodotto nelle fasi di stoccaggio e di processo;
r) omessa archiviazione, da parte dell'importatore, dell'originale del certificato di controllo e delle copie degli estratti dello stesso;
s) configurazione dell'etichetta in maniera diversa dalla bozza autorizzata, ma senza variazioni sostanziali di contenuto;
t) utilizzo erroneo delle etichette autorizzate dall'organismo di controllo, del marchio e dei riferimenti dell'organismo di controllo, del certificato di conformità rilasciato dall'organismo di controllo.

2. Gli organismi di controllo e certificazione trasmettono copia dei richiami di cui al presente articolo alla regione o alla provincia autonoma competente per territorio.


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TITOLO X
DISPOSIZIONI FINANZIARIE FINALI E TRANSITORIE

Art. 40.
(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2008 e a 18 milioni di euro per l'anno 2009, si provvede, quanto a 10 milioni di euro per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione della autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, come determinata dalla tabella C della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e, quanto a 18 milioni di euro per l'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della proiezione per lo stesso anno dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell'ambito dell'unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.

Art. 41.
(Abrogazioni e disposizioni transitorie).

1. Fatto salvo quanto previsto al comma 2, le disposizioni del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220, ad eccezione dell'articolo 2, sono abrogate.
2. Fino all'adozione dei decreti previsti dagli articoli 10, comma 3, 19, commi 1 e 2, 21, comma 3, 28 e 30, comma 4, continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia alla data in entrata in vigore della presente legge.
3. I commi da 1 a 8 dell'articolo 19-bis della legge 25 novembre 1971, n. 1096, come sostituito dall'articolo 2-bis del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, sono abrogati. La disposizione di cui al comma 9 del citato articolo 19-bis si intende riferita al funzionamento del registro di cui all'articolo 10 della presente legge.
4. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 17 e dal comma 2 dell'articolo 18, i commi 2, 2-bis, 2-ter, 3 e 5 dell'articolo 59 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 42.
(Riferimenti alla normativa comunitaria).

1. Fino al 1o gennaio 2009 i riferimenti al regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio, del 28 giugno 2007, si intendono fatti al regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991, e ai relativi regolamenti di applicazione della Commissione europea.

Art. 43.
(Norma di salvaguardia).

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto e nei limiti degli statuti speciali di autonomia e delle relative norme di attuazione.


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ALLEGATO 4

Proposta di Regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione del mercato vitivinicolo e recante modifica di alcuni regolamenti (COM(372) def.).

PROPOSTA DI DOCUMENTO FINALE PRESENTATA DAL RELATORE

La XIII Commissione Agricoltura,
esaminata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, la proposta di regolamento del Consiglio relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo e recante modifica di alcuni regolamenti (COM(2007) 372 def.);
premesso che:
facendo seguito alla propria comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo «Verso un settore vitivinicolo europeo sostenibile» (COM(2006) 319 def.) del 22 giugno 2006, la Commissione europea ha presentato in data 4 luglio 2007 una proposta di regolamento del Consiglio che detta una nuova disciplina del mercato vitivinicolo, contestualmente abrogando la normativa stabilita dal regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo;
per quanto concerne le misure di sostegno, la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea:
a) elimina gli interventi di mercato disciplinati dal titolo III del regolamento (CE) n. 1493/1999 (aiuto al magazzinaggio, distillazioni obbligatorie e facoltative, aiuto per l'impiego dei mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati per l'arricchimento, aiuto per la produzione di succhi di uve) e prevede l'adozione da parte di ciascuno degli Stati membri produttori di un programma di sostegno di durata quinquennale che contiene misure di promozione sui mercati dei paesi terzi e può contenere altresì misure relative alla ristrutturazione e riconversione dei vigneti, alla vendemmia verde, ai fondi di mutualizzazione e all'assicurazione del raccolto. Le risorse comunitarie destinate alla realizzazione dei programmi di sostegno sono ripartite tra gli Stati membri produttori in base all'allegato II, che fissa la dotazione spettante ai singoli Stati per ciascuno degli anni dal 2009 al 2014 e per gli anni a partire dal 2015; nell'ambito di ogni dotazione annuale è individuato l'importo minimo di risorse da destinare alle misure di promozione;
b) trasferisce agli interventi compresi nella programmazione dello sviluppo rurale una quota di risorse comunitarie inclusa nella spesa storica per gli interventi di mercato nel settore vitivinicolo; le risorse trasferite allo sviluppo rurale, pari a 100 milioni di euro nel 2009, aumentano progressivamente fino a 400 milioni di euro annui a partire dal 2014 e sono ripartite tra gli Stati membri produttori sulla base dell'allegato III;
per quanto concerne le misure regolamentari, la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea:
a) esclude la possibilità di aumento del volume alcolico, ovvero arricchimento, mediante l'aggiunta di saccarosio (»zuccheraggio»), prevedendo che l'arricchimento possa essere effettuato soltanto attraverso l'aggiunta di mosto concentrato o di mosto concentrato rettificato;


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b) limita la possibilità di aumento del volume alcolico a 2 punti percentuali nelle zone viticole A e B e a 1 punto percentuale nella zona viticola C (nella quale è compresa l'Italia), prevedendo, in caso di annate caratterizzate da condizioni climatiche eccezionalmente sfavorevoli, la possibilità di un aumento del volume alcolico fino a 3 punti percentuali esclusivamente nelle zone viticole A e B;
c) trasferisce alla Commissione europea, assistita da un comitato di gestione, la competenza ad autorizzare le pratiche enologiche e le restrizioni che si applicano alla produzione e commercializzazione dei vini nella Comunità; prevede, tuttavia, che per i prodotti destinati alle esportazioni si applichino le pratiche enologiche e le restrizioni riconosciute dall'Organizzazione internazionale della vigna e del vino (OIV) e che, d'altra parte, per finalità di protezione dei vini a denominazione di origine o a indicazione geografica o dei vini spumanti e liquorosi, gli Stati membri possano limitare o escludere il ricorso a determinate pratiche enologiche autorizzate per i vini prodotti sul loro territorio;
d) stabilisce un sistema di denominazioni articolato su vini a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta, prevedendo come requisito per i vini a denominazione di origine la provenienza esclusiva delle uve dalla zona di denominazione e come requisito per i vini a indicazione geografica la provenienza di almeno l'85 per cento delle uve dalla zona di indicazione; definisce la procedura di conferimento della protezione e i contenuti dei disciplinari, gli effetti della protezione e la relazione con i marchi commerciali, i controlli, il riconoscimento delle denominazioni preesistenti;
e) prevede la possibilità di indicare in etichetta, non soltanto per i vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, ma anche per i vini da tavola (vale a dire i vini privi di denominazione o indicazione riconosciuta), l'annata e il vitigno (o i vitigni);
f) disciplina le caratteristiche e le modalità di riconoscimento delle organizzazioni di produttori e delle organizzazioni interprofessionali;
per quanto concerne gli scambi con i paesi terzi, la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea:
a) prevede l'applicazione delle aliquote dei dazi della tariffa doganale comune, la possibilità di subordinare gli scambi alla presentazione di titoli di importazione o di esportazione, la possibilità, su richiesta di uno Stato membro o per iniziativa della Commissione, di sospendere in tutto o in parte il regime del perfezionamento attivo o passivo, in caso di rischio di turbativa del mercato comunitario;
b) richiede che i vini importati nella Comunità siano prodotti nel rispetto delle pratiche enologiche e delle restrizioni raccomandate dall'OIV o autorizzate dalla Comunità;
c) a differenza di quanto indicato nella comunicazione del 22 giugno 2006, vieta il taglio di un vino originario di un paese terzo con un vino della Comunità e il taglio tra vini originari di paesi terzi (allegato VI, lettera C);
per quanto concerne il potenziale produttivo, la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea:
a) impone l'estirpazione degli impianti illegittimi posteriori al 1o settembre 1998 e prevede la possibilità di regolarizzare gli impianti illegittimi anteriori al 1o settembre 1998; in assenza di regolarizzazione è richiesta anche per tali impianti l'estirpazione;
b) stabilisce che il regime di controllo dei diritti di impianto si applichi fino al 31 dicembre 2013;
c) prevede che, nell'ambito del regime di controllo dei diritti di impianto, gli Stati membri possano istituire una riserva nazionale o riserve regionali e che i diritti assegnati alla riserva nazionale o alle riserve regionali possano essere concessi a


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titolo gratuito ai produttori di età inferiore ai quarant'anni che avviano l'attività o, dietro corrispettivo, ai produttori che li utilizzano per impiantare vigneti la cui produzione abbia sicuri sbocchi di mercato;
d) prevede un regime di estirpazione sovvenzionata, che si applica per cinque campagne viticole, a partire dalla campagna 2008/2009. Alle estirpazioni è destinata una dotazione a valere sul bilancio comunitario pari a 430 milioni di euro per la campagna viticola 2008/2009, a 287 milioni di euro per la campagna viticola 2009/2010, a 184 milioni di euro per la campagna viticola 2010/2011, a 110 milioni di euro per la campagna viticola 2011/2012 e a 59 milioni di euro per la campagna viticola 2012/2013. Anche l'entità del premio per l'estirpazione sarà maggiore nel primo anno e si ridurrà progressivamente negli anni successivi. Come indicato nella relazione che accompagna la proposta di regolamento e nella scheda finanziaria, la superficie complessiva delle estirpazioni, che nella comunicazione del 22 giugno 2006 era fissata a 400.000 ettari, nella proposta di regolamento è ridotta a 200.000 ettari. Gli Stati membri possono comunque cessare l'applicazione del regime di estirpazione quando la superficie complessiva estirpata supera il 10 per cento della superficie vitata del paese; possono altresì dichiarare inammissibili al regime di estirpazione, fino ad un limite del 2 per cento della superficie vitata del paese, i vigneti situati in zone di montagna e in forte pendenza e i territori in cui l'applicazione di tale regime sarebbe incompatibile con la protezione dell'ambiente. Le superfici oggetto di estirpazione possono beneficiare del regime di pagamento unico per un importo corrispondente alla media regionale;
per quanto concerne le disposizioni transitorie e finali, la proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea prevede l'applicazione in via transitoria per la campagna viticola 2008/2009 dei premi per l'abbandono, delle misure di ristrutturazione e riconversione, degli interventi per la regolarizzazione del mercato e delle restituzioni alle esportazioni previste dal regolamento (CE) n. 1493/1999;
tenuto conto delle valutazioni e dei rilievi emersi dalle audizioni svolte;
considerato che:
l'eliminazione della possibilità di arricchimento con saccarosio costituisce un elemento essenziale dell'impostazione adottata dalla Commissione europea. La radicale novità della riforma, rispetto al passato, si fonda, infatti, da un lato, sul superamento degli interventi di mercato, destinati principalmente ai paesi dell'Europa meridionale, per i quali non è ammesso il ricorso allo zuccheraggio, e, dall'altro, sulla cessazione dello zuccheraggio nei paesi delle zone viticole A e B. Se tale impostazione venisse meno, si determinerebbe una grave disparità, che imporrebbe una riconsiderazione complessiva dell'impianto della riforma. Sarebbe infatti necessario mantenere gli aiuti per l'arricchimento ottenuto con l'impiego di mosti concentrati e di mosti concentrati rettificati, in considerazione dei maggiori costi rispetto all'arricchimento con saccarosio. La notevole incidenza finanziaria dell'aiuto all'impiego dei mosti esclude che esso possa essere inserito nelle dotazioni delle enveloppes nazionali definite nella proposta di regolamento della Commissione europea; la previsione di tale aiuto, pertanto, implicherebbe una revisione complessiva del piano di ripartizione delle risorse;
l'obbligo di consegna dei sottoprodotti della vinificazione (fecce e vinacce) alla distillazione è da considerarsi uno strumento di regolazione importante per almeno tre ordini di motivi: in primo luogo svolge una funzione fondamentale dal punto di vista ambientale perché le fecce e le vinacce non utilizzate per la distillazione rischiano di trasformarsi in rifiuti determinando gravi danni per l'ambiente ed un conseguente costo sociale. In secondo luogo l'obbligo di distillazione dei sottoprodotti costituisce una garanzia dal


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rischio di pratiche fraudolente di sofisticazione ed infine favorisce pratiche enologiche rivolte alla qualità. Occorre pertanto mantenere un regime di consegna obbligatoria e di aiuto alla distillazione dei sottoprodotti, da considerare non come un intervento di mercato, ma come uno strumento indispensabile di tutela dell'ambiente e di politica della qualità del prodotto;
il trasferimento delle risorse allo sviluppo rurale, combinato con il principio di neutralità di bilancio della riforma, si tradurrebbe in definitiva in una riduzione dei finanziamenti destinati al comparto vitivinicolo; occorre pertanto eliminare tale trasferimento, in modo da garantire che il comparto vitivinicolo disponga di un ammontare di risorse almeno pari a quello assegnato in passato;
con riferimento alle misure comprese nei programmi di sostegno nazionali, occorre, in primo luogo, prevedere misure di promozione rivolte non soltanto ai paesi terzi, ma anche al mercato comunitario, che rappresenta il 67 per cento del mercato mondiale; le misure di promozione nel mercato comunitario devono configurarsi anche come misure di educazione e informazione al consumo di vino responsabile;
per quanto concerne le altre misure che possono essere contemplate nei programmi nazionali, le tipologie proposte dalla Commissione europea appaiono limitate e, almeno in alcuni casi, di ridotta efficacia; si osserva in particolare che non vengono prese in considerazione le esigenze di aggregazione dell'offerta e di potenziamento della filiera; il ricorso a strumenti di tipo assicurativo in caso di avversità atmosferiche, fitopatie o infestazioni può risultare efficace soltanto in presenza di diversi presupposti, quali la sussistenza di un mercato competitivo di offerta dei prodotti assicurativi, la qualificazione dei soggetti promotori, la capacità degli operatori di individuare lo strumento più appropriato rispetto alla situazione particolare di ciascuno di essi; i fondi di mutualizzazione, pur meritevoli di sostegno, non appaiono idonei ad assolvere la funzione di unico strumento di gestione delle crisi di mercato;
la facoltà di aumentare di un ulteriore punto percentuale il volume alcolico, in caso di annate caratterizzate da condizioni climatiche eccezionalmente sfavorevoli, prevista per le zone viticole A e B, dovrebbe essere estesa anche alla zona C;
in materia di pratiche enologiche, appare opportuno, in rapporto alla rilevanza che esse assumono rispetto alla configurazione dei processi di produzione, mantenere al Consiglio dei ministri dell'Unione europea la competenza ad autorizzarle; la previsione di una regolamentazione differenziata per i vini prodotti per il mercato comunitario, per i quali si applicherebbero le pratiche enologiche e le restrizioni autorizzate dalle autorità comunitarie, e per i vini destinati alle esportazioni, soggetti alle pratiche e alle restrizioni riconosciute dall'OIV, non appare giustificata e potrebbe dare adito a frodi; il ricorso a pratiche enologiche non tradizionali dovrebbe essere chiaramente indicato in etichetta;
in relazione al nuovo sistema di denominazioni proposto dalla Commissione europea, emerge l'esigenza di una disciplina che consenta l'adattamento dei tipi di denominazioni attualmente vigenti, che sono ben più note; innanzitutto, ai fini dell'individuazione dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica non è sufficiente prevedere la provenienza delle uve da cui è ottenuto il vino dalla zona di denominazione o indicazione, ma occorre che in tale zona abbiano luogo anche la vinificazione e l'imbottigliamento; per mantenere la differenziazione tra vini a denominazione di origine e vini a indicazione geografica, appare opportuno, anche in sede di normativa di attuazione, distinguere i contenuti dei disciplinari relativi ai primi da quelli relativi ai secondi; la disciplina prevista dovrebbe inoltre garantire la prevalenza del riconoscimento e della protezione delle denominazioni rispetto a quella dei marchi commerciali e


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tutelare adeguatamente le denominazioni di vini preesistenti;
la possibilità di indicare anche nell'etichetta dei vini da tavola il vitigno e l'annata rischia di produrre effetti ingannevoli per il consumatore; tali vini infatti sembrerebbero assimilabili ai vini a denominazione di origine e a indicazione geografica, mentre non sussistono per i vini da tavola sistemi di tracciabilità e controlli che permettano di verificare la veridicità delle indicazioni che potrebbero essere inserite nell'etichetta;
insieme con il divieto di tagliare un vino originario di un paese terzo con un vino della Comunità e di tagliare, nel territorio della Comunità, vini originari di paesi terzi, appare necessario, per le medesime finalità di tutela della qualità dei vini europei e di piena informazione del consumatore, mantenere espressamente il divieto di vinificare mosti provenienti da paesi extracomunitari;
la fissazione al 31 dicembre 2013 del termine di scadenza del regime di controllo degli impianti e, contestualmente, la previsione di un regime di estirpazioni sovvenzionate fino alla campagna viticola 2012/2013 non appaiono coerenti; un significativo ammontare di risorse è infatti destinato a interventi di eliminazione degli impianti ai quali potrebbe seguire, dopo poco tempo, un massiccio incremento degli impianti medesimi, reso possibile dalla liberalizzazione;
la liberalizzazione degli impianti nel lungo periodo può determinare effetti positivi (più ampia libertà di attività in relazione alle richieste del mercato; riduzione delle barriere all'ingresso di nuovi operatori e alla crescita degli operatori di successo; diminuzione dei costi); emerge tuttavia l'esigenza di un passaggio graduale, idoneo ad evitare squilibri che potrebbero essere prodotti da un improvviso e notevole incremento dell'offerta e a permettere di assorbire almeno parzialmente i costi di impianto sostenuti dalle aziende. A tal fine appare in ogni caso opportuno prevedere che una decisione in merito alla cessazione del regime di controllo degli impianti sia preceduta da una valutazione di impatto della relativa disciplina; si potrebbe inoltre ipotizzare l'adozione, a partire dal 1o gennaio 2014, di misure transitorie, quali la libera circolazione dei diritti di impianto all'interno della Comunità e la facoltà per i detentori di diritti di impianto di aumentare le superfici vitate di una limitata quota percentuale per i primi cinque anni; in ogni caso, anche dopo il 2013, devono rimanere escluse dalla liberalizzazione degli impianti le aree delimitate dai disciplinari dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica;
per quanto concerne il regime di estirpazione sovvenzionata, non si condivide la funzione di centralità affidata dalla proposta anzi appare opportuno limitarne ulteriormente sia l'estensione, determinata dalla superficie complessiva alla quale dovrebbe applicarsi, sia la durata; dovrebbe essere, al contrario, ampliata la facoltà per gli Stati membri di escludere l'ammissibilità all'estirpazione per ragioni di carattere socio-culturale o di tutela dell'ambiente e del territorio; si potrebbe altresì valutare la possibilità di ripartire tra gli Stati membri, in proporzione alla rispettiva superficie vitata totale, le risorse destinate al regime di estirpazione e attribuire ai singoli Stati la facoltà di prevedere, in alternativa al regime di estirpazione, l'attribuzione di un aiuto ai produttori connesso ad un basso livello di rese per ettaro (con esclusione dei vigneti nelle aree delimitate dai disciplinari dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica) o a una significativa riduzione delle rese per ettaro, nonché ad interventi di miglioramento della qualità del prodotto;
rilevato che presso la Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale del Parlamento europeo il relatore sulla proposta di regolamento, on. Giuseppe Castiglione, ha presentato una proposta di relazione che prospetta numerose e significative modifiche rispetto alle proposte della Commissione europea, in ampia misura rispondenti alle esigenze sopra evidenziate;


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impegna il Governo

A) a condurre i negoziati a livello comunitario rivolti alla definizione del regolamento relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo in modo da conformarsi ai seguenti indirizzi prioritari:
1) a sostenere con determinazione l'eliminazione della possibilità di arricchimento con saccarosio perché l'abolizione di tale pratica è da considerarsi uno dei perni centrali della proposta di regolamento: il venir meno di tale indirizzo rischia di compromettere l'intera impostazione in quanto non sarebbe più sostenibile l'abolizione dell'aiuto relativo all'impiego dei mosti concentrati e dei mosti concentrati rettificati per l'arricchimento, da finanziare con risorse aggiuntive rispetto a quelle destinate alle enveloppes nazionali in base alla proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea;
2) sostenere il mantenimento dell'obbligo di consegna alla distillazione dei sottoprodotti della vinificazione (fecce e vinacce), in modo da permettere un utilizzo di tali sottoprodotti pienamente rispettoso dell'ambiente, da impedire che ricadano sulle aziende vinicole pesanti oneri per lo smaltimento e da evitare il rischio di sofisticazioni; a tal fine prevedere un regime che, a differenza di quello attualmente vigente, elimini il prezzo di acquisto delle vinacce di uve, delle fecce di vino e del vino consegnati alla distillazione e preveda un aiuto al distillatore relativo all'attività di raccolta e di trattamento dei sottoprodotti, il cui importo e le cui modalità di assegnazione saranno determinati dalla Commissione europea, assistita dal comitato di gestione;
3) sostenere la soppressione delle disposizioni che prevedono il trasferimento di una quota consistente di risorse finanziarie comunitarie dalle misure specifiche per il comparto vitivinicolo agli interventi compresi nella programmazione dello sviluppo rurale, proponendo invece che tali risorse siano destinate al finanziamento della distillazione dei sottoprodotti e all'incremento delle dotazioni spettanti alle enveloppes nazionali;
4) con riferimento alla disciplina delle denominazioni proposta dalla Commissione europea, sostenere che si preveda che, ai fini del riconoscimento delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, sia richiesto non soltanto che dalla zona di denominazione o di indicazione provengano le uve da cui il vino è ottenuto, ma anche che in tale zona siano effettuati la produzione, la trasformazione, l'elaborazione, l'affinamento e l'imbottigliamento del vino medesimo;
5) con riferimento all'etichettatura, sostenere l'eliminazione della possibilità di indicare anche nell'etichetta dei vini da tavola il vitigno e l'annata;

B) a condurre i negoziati a livello comunitario rivolti alla definizione del regolamento relativo all'organizzazione comune del mercato vitivinicolo in modo da conformarsi ai seguenti ulteriori indirizzi:
1) prevedere, nell'ambito dei programmi di sostegno nazionali, misure di promozione rivolte non soltanto ai paesi terzi, ma anche al mercato comunitario; stabilire che le misure di promozione relative al mercato comunitario sono costituite anche da interventi di educazione e informazione al consumo di vino responsabile; riservare le misure di promozione destinate ai paesi terzi ai vini a denominazione di origine e ai vini a indicazione geografica;
2) ampliare le tipologie di misure, diverse dagli interventi per la promozione, che possono essere previste nell'ambito dei programmi di sostegno nazionali, inserendo, in particolare:
a) misure di ristrutturazione e di potenziamento della filiera, finalizzate all'aggregazione dell'offerta e alla condivisione dei servizi e gestite dalle organizzazioni dei produttori e dalle organizzazioni interprofessionali;
b) misure di prevenzione delle crisi;
c) misure di gestione delle crisi;


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d) misure di sostegno alla ricerca e sviluppo;
e) misure di miglioramento della qualità;
3) richiedere che, in caso di annate caratterizzate da condizioni climatiche eccezionalmente sfavorevoli, la facoltà di aumentare di un ulteriore punto percentuale il volume alcolico, prevista per le zone viticole A e B, sia estesa anche alla zona C;
4) per quanto concerne le pratiche enologiche, sostenere il mantenimento in capo al Consiglio dei ministri dell'Unione europea della competenza ad autorizzarle e l'applicazione anche ai vini destinati alle esportazioni delle pratiche enologiche e delle restrizioni autorizzate in virtù del diritto comunitario; richiedere che il ricorso a pratiche enologiche non tradizionali sia indicato in modo chiaro in etichetta;
5) riguardo alla disciplina delle denominazioni, sollecitare, anche in sede di normativa di attuazione, una differenziazione dei contenuti dei disciplinari relativi ai vini a denominazione di origine rispetto ai contenuti dei disciplinari dei vini a indicazione geografica; garantire la prevalenza del riconoscimento e della protezione delle denominazioni rispetto a quella dei marchi commerciali, eliminando la disposizione che esclude la protezione di una denominazione di origine e di una indicazione geografica per effetto della notorietà di un marchio commerciale, prevedendo che non si può procedere alla registrazione di un marchio dopo che la domanda di protezione di una analoga denominazione o indicazione sia già stata presentata allo Stato membro (anziché alla Commissione europea), escludendo la possibilità di continuare a utilizzare e rinnovare marchi che sfruttino la notorietà di denominazioni o indicazioni protette o che comunque producano effetti ingannevoli rispetto a queste; tutelare le denominazioni di vini preesistenti;
6) a fini di tutela della qualità dei vini europei e di piena informazione del consumatore, prevedere espressamente, in modo analogo a quanto disposto dal regolamento (CE) n. 1493/1999, oltre al divieto di tagliare un vino originario di un paese terzo con un vino della Comunità e di tagliare, nel territorio della Comunità, vini originari di paesi terzi, anche il divieto di vinificare mosti provenienti da paesi extracomunitari;
7) evitare di fissare al 31 dicembre 2013 la data di scadenza del regime di controllo degli impianti e, di conseguenza, di applicare dal 2014 una liberalizzazione completa e subitanea; introdurre a partire da tale anno misure di passaggio graduale alla liberalizzazione, quali la previsione della libera circolazione dei diritti di impianto all'interno della Comunità e della facoltà per i detentori di diritti di impianto di aumentare le superfici vitate di una limitata quota percentuale per i primi cinque anni; prevedere, anche dopo il 2013, l'esclusione dalla liberalizzazione degli impianti delle aree delimitate dai disciplinari dei vini a denominazione di origine e a indicazione geografica;
8) relativamente al regime di estirpazione sovvenzionata, sostenere una ulteriore limitazione della superficie complessiva alla quale dovrebbe applicarsi e della durata (non oltre la campagna viticola 2010/2011); eliminare le limitazioni quantitative alla facoltà per gli Stati membri di escludere l'ammissibilità all'estirpazione per ragioni di carattere socio-culturale o di tutela dell'ambiente e del territorio; prospettare la possibilità di ripartire tra gli Stati membri, in proporzione alla rispettiva superficie vitata totale, le risorse che, sulla base della proposta della Commissione europea, sono destinate al regime di estirpazione e attribuire ai singoli Stati la facoltà di prevedere, in alternativa al regime di estirpazione, l'attribuzione di un premio ai produttori connesso ad un basso livello di rese per ettaro.
Il Relatore


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ALLEGATO 5

Risoluzione n. 7-00273 Misuraca: Assunzioni relative a concorsi espletati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.

NUOVA FORMULAZIONE DELLA RISOLUZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

La XIII Commissione,
premesso che:
nel 2006 sono stati banditi diversi concorsi pubblici per esami da parte del Ministero delle politiche agricole, con relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana - 4a serie speciale - n. 101 del 23 dicembre 2005, in particolare un concorso, per esami, a diciassette posti di collaboratore amministrativo, area C, posizione economica C1, del ruolo agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un concorso, per esami, a diciassette posti di direttore amministrativo, area C, posizione economica C2, del ruolo agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un concorso, per esami, a tredici posti di direttore tecnico, area C, posizione economica C2, del ruolo agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; un concorso, per esami, a diciassette posti di collaboratore tecnico, area C, posizione economica C1, del ruolo agricoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
l'organico del personale del Ministero delle politiche agricole e forestali è fortemente scoperto (dal pluriennale blocco delle assunzioni), tanto che a livello complessivo ha una percentuale di scoperto del 41,59 per cento, ed in particolare per le qualifiche attinenti ai concorsi sopraddetti vi sono vacanze di 118 posti (72,39 per cento) per la posizione economica C1 e di 98 posti (48,76 per cento) per la posizione economica C2;
sono state già espletate le procedure degli esami di cui sopra e di conseguenza sono state approvate le graduatorie finali, pubblicate nel Bollettino MIPAF n. 12 del 27 settembre 2006, ma che ancora non sono stati assunti i vincitori, peraltro insufficienti a coprire le carenze di organico;
la situazione è tanto più grave se si pensa alle molteplici funzioni assegnate al Ministero delle politiche agricole da recenti previsioni normative;
nel corso dell'anno 2007 sono stati presentati diversi emendamenti da parte dei gruppi sia di maggioranza che di opposizione, in particolare in occasione della conversione del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 «Disposizioni urgenti in materia finanziaria» il che manifesta la volontà bipartisan a superare le carenze nell'organico del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali,

impegna il Governo

a dare seguito alle assunzioni dei concorsi banditi ed espletati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con il rispetto dei vincoli normativi e finanziari previsti dalla disciplina vigente.
(8-00088)
«Misuraca, Fabbri, Baldelli, Giuseppe Fini, Grimaldi, Iannarilli, Licastro Scardino, Marinello, Minardo, Romele, Paolo Russo».