XIV Commissione - Resoconto di giovedì 13 dicembre 2007


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INDAGINE CONOSCITIVA

Giovedì 13 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Franca BIMBI.

La seduta comincia alle 9.25.

Indagine conoscitiva su Italia e Unione europea dopo la legge n. 11 del 2005.

Audizione di rappresentanti di ANCI, UPI e UNCEM.
(Svolgimento e conclusione).

Franca BIMBI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, anche con la trasmissione televisiva attraverso il canale satellitare della Camera dei deputati. Avverte altresì che i rappresentanti di ANCI e UNCEM hanno comunicato di essere impossibilitati a prendere parte alla riunione odierna.
Introduce, quindi, l'audizione.

Gabriele FERRARI, Componente del Coordinamento nazionale UPI per le Politiche comunitarie e Assessore per le politiche comunitarie della Provincia di Parma, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

Intervengono per formulare quesiti ed osservazioni i deputati Angelo PICANO (Pop-Udeur), Rosella OTTONE (PD-U), Sandro GOZI (PD-U) e Franca BIMBI, presidente.

Gabriele FERRARI, Assessore Politiche comunitarie della Provincia di Parma, Componente del Coordinamento nazionale UPI per le Politiche comunitarie, fornisce ulteriori precisazioni.


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Franca BIMBI, presidente, ringrazia l'assessore Ferrari per il suo intervento.
Dichiara quindi conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.05.

N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 13 dicembre 2007. - Presidenza del presidente Franca Bimbi.

La seduta comincia alle 10.05.

DL 181/07 recante disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza.
C. 3292 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni riunite I e II).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione inizia l'esame.

Franca BIMBI, presidente, sospende la seduta, che riprenderà non appena i lavori dell'Assemblea saranno sospesi.

La seduta, sospesa alle 10.10, è ripresa alle 10.35.

Franca BIMBI, presidente, in sostituzione del relatore Frigato, illustra il disegno di legge in esame che dispone la conversione del decreto-legge 1o novembre 2007, n. 181, recante «Disposizioni urgenti in materia di allontanamento dal territorio nazionale per esigenze di pubblica sicurezza» volto a modificare il decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, di attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. A seguito delle modifiche introdotte dal Senato, il testo originario del decreto-legge, composto di 2 articoli, è stato integrato con ulteriori 2 articoli. Il testo del decreto, come modificato dal Senato in sede di esame del disegno di legge di conversione, consta pertanto di quattro articoli.
L'articolo 1 reca diverse modifiche testuali al decreto legislativo n. 30/2007, principalmente volte a ridefinire i presupposti e le modalità di esecuzione degli allontanamenti dal territorio nazionale dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari, quando tali provvedimenti sono adottati per motivi di pubblica sicurezza. I commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'articolo, peraltro, recano materia diversa, novellando il decreto legislativo n. 215/2003 in tema di parità di trattamento indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.
L'articolo 1-bis interviene sull'articolo 3 della legge n. 654/1975 con l'intento di sanzionare penalmente chiunque incita a commettere o commette atti di violenza, di provocazione alla violenza o di discriminazione, di cui all'articolo 13 di Amsterdam. Attraverso questa disposizione - introdotta nel corso dell'esame del disegno di legge presso il Senato - il legislatore intende sanzionare penalmente chiunque incita a commettere o commette atti di violenza, di provocazione alla violenza o di discriminazione che siano fondati sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. Analiticamente, la disposizione interviene sull'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966. Ricorda sinteticamente, poiché si tratta della norma sul quale si è concentrato maggiormente il dibattito politico e pubblico di questi giorni, che la formulazione vigente dell'articolo 3 della legge n. 654/1975 è oggi diversa da quella originariamente approvata nel 1975; sono, infatti, intervenute due importanti novelle: la cosiddetta legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, nel testo modificato dalla relativa legge di conversione 25 giugno 1993, n. 205) e la recente riforma dei reati di


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opinione (legge 24 febbraio 2006, n. 85). L'articolo 3 prevede oggi le seguenti sanzioni penali: reclusione fino a 1 anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro per chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (lettera a)); la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chi «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (lettera b)). Il comma 3 vieta ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo che abbia tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi e sanziona con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi partecipa a tali organizzazioni; con la reclusione da 1 a 6 anni chi promuove o dirige tali organizzazioni. In particolare, il disegno di legge sostituisce il comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, prevedendo le seguenti fattispecie penali: incitamento alla commissione o commissione di atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam: reclusione fino a 3 anni; incitamento alla commissione o commissione di violenza o di atti di provocazione alla violenza per i motivi di cui alla lettera precedente: reclusione da 6 mesi a 4 anni.
Evidenzia che, per quanto riguarda la formulazione della lettera a), come sottolineato anche nel corso dell'esame presso il Senato, la disposizione richiama erroneamente gli atti di discriminazione di cui all'articolo 13, n. 1, del Trattato di Amsterdam che reca esclusivamente la seguente previsione: «Il presente trattato è concluso per un periodo illimitato». Il legislatore intendeva invece riferirsi all'articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea, cioè al trattato CE come modificato a seguito dei successivi trattati. Tale disposizione - frutto di una modifica introdotta dal Trattato di Amsterdam - prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. L'articolo 1-ter trasferisce al tribunale ordinario in composizione monocratica le competenze in materia di espulsioni degli stranieri non appartenenti all'Unione europea, attualmente riconosciute al giudice di pace dal testo unico sull'immigrazione.
L'articolo 2, infine, dispone l'immediata entrata in vigore del decreto.
Intende offrire una lettura difforme da quella prevalsa in questi giorni del provvedimento in esame, a suo avviso viziata da eccessivi ideologismi, partendo dal complesso delle competenze della XIV Commissione. Il decreto-legge, prima di configurarsi come dispositivo di controllo penale è, infatti, uno strumento di attuazione di una direttiva comunitaria 2004/38/CE, originariamente attuata con il decreto legislativo n. 30/2007, il cui schema è stato esaminato dalla Commissione nel dicembre 2006. Rileva che gli obiettivi della direttiva, e quindi della fonte nazionale di recepimento, sono i principi cardine della cittadinanza europea, la libertà di movimento dei cittadini comunitari e dei loro familiari e le regole per la loro integrazione nel mercato unico europeo. Si tratta di obiettivi largamente sottoscritti dagli Stati della Comunità, che ritroviamo oggi all'articolo 2 del Trattato di Lisbona, che verrà firmato in queste ore dagli attuali 27 componenti che, non a caso, trovano nella direttiva una sistemazione normativa equilibrata e condivisibile, connotata dalla presenza di una serie di vincoli alla presenza del lavoratore comunitario (in particolare, con riferimento alla disciplina del diritto di soggiorno fino a tre mesi), che non può risultare eccessivamente onerosa per la comunità chiamata ad accoglierlo ed una ragionata serie di limitazioni al suo allontanamento. Tali misure debbono essere inquadrate in un più ampio contesto di dispositivi a sostegno all'integrazione, in coerenza con gli obiettivi fondamentali dell'Unione europea.


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Sottolinea che l'efficacia di queste misure e di questi programmi deve essere valutata anche nel caso dell'integrazione della minoranza transnazionale più grande d'Europa (7 milioni di persone), i Rom, sui quali il Consiglio si dispone a dare indicazioni di intervento alla Commissione europea.
Ritiene quindi necessario anche un mutamento di prospettiva per cogliere pienamente le finalità e la ratio stessa della direttiva comunitaria e per disincagliare il dibattito politico sorto in queste settimane attorno ai temi dell'immigrazione.
Le misure di integrazione e, per converso, gli stessi meccanismi di espulsione, non sono, nel quadro della legislazione europea, semplici leve funzionali ad una visione facilmente irenica delle politiche migratorie o, alternativamente, ad una visione dell'Europa come di una «fortezza assediata», ma strumenti per realizzare i grandi obiettivi di una comune cittadinanza europea e di un mercato unico di livello continentale. Osserva che la XIV Commissione con questa consapevolezza ha affrontato il dibattito sull'adozione del decreto legislativo n. 30 del 2007. La stessa previsione di misure sanzionatorie contro condotte di tipo discriminatorio, quali quelle contemplate dall'articolo 1-bis del provvedimento, al di là della soluzione tecnico-normativa che potrà essere individuata per un suo migliore coordinamento con la normativa vigente (in particolare, al raccordo con le norme introdotte dalla cosiddetta legge Mancino) si collega a tale visione e si colloca in una traiettoria giuridico-internazionale di grande rilievo.
Questo percorso, che nasce per garantire, nell'età postbellica, una più adeguata tutela internazionale dei diritti umani attraverso la Carta di San Francisco del 1945, la Convenzione di Roma e la Convenzione di New York del 1966, si è poi intrecciato saldamente con il processo di integrazione europea fino a divenire uno dei tratti caratterizzanti del modello europeo. Sottolinea che attualmente questi tratti concorrono a definire indelebilmente il profilo di un'Europa potenza civile che nella giornata di ieri, a Strasburgo, ha proclamato la sua Carta dei diritti, vietando espressamente, all'articolo 21 qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale.

Sandro GOZI (PD-U) sottolinea che è necessario introdurre nel testo un richiamo esplicito alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che è già applicabile agli ordinamenti nazionali nei termini specificati dalla giurisprudenza. Infatti, l'articolo 51 della Carta dei diritti fondamentali stabilisce che le disposizioni ivi previste si applicano alle istituzioni e agli organi dell'Unione europea come pure agli Stati membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione; pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovo l'applicazione secondo le rispettive competenze. L'articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea prevede che l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. Si sta consolidando una giurisprudenza in materia di diritti fondamentali che si basa sull'articolo 51 della Carta dei diritti e sull'articolo 6 del Trattato sull'Unione europea. Dal combinato disposto delle due disposizioni consegue l'applicabilità della Carta agli ordinamenti nazionali. In particolare, l'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali ha un contenuto molto più forte e sostanziale rispetto all'articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea perché vieta qualsiasi discriminazione tra cui quelle fondate sull'orientamento sessuale. Sottolinea, altresì, che l'articolo 13 del Trattato ha solo un carattere di chiusura e programmatico: non può essere quindi


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invocato direttamente in un procedimento penale, ma offre una semplice possibilità al Consiglio dell'Unione europea di assumere provvedimenti opportuni per combattere anche le discriminazioni derivanti dall'orientamento sessuale. Propone quindi che, nella formulazione del parere, si richieda di richiamare preliminarmente gli articoli 6 del Trattato sull'Unione europea, gli articoli 21 e 51 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dopo, ad adiuvandum, anche l'articolo 13 del Trattato che istituisce la Comunità europea, in modo da inserire in un quadro normativo più coerente la modifica della norma penale.

Franca BIMBI, presidente, alla luce delle considerazioni svolte, preannuncia una proposta di parere favorevole integrato dalla condizione che all'articolo 1-bis, comma 1, lettera a), il riferimento al Trattato di Amsterdam sia sostituito dal richiamo all'articolo 13 del Trattato istitutivo della CE, e dall'osservazione che richiami l'esigenza di prevedere che il divieto di atti di discriminazione discende, oltre che dall'articolo 13, n. 1, del Trattato istitutivo della Comunità europea, anche dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.

Sandro GOZI (PD-U) concorda con l'impostazione della proposta di parere preannunciata dal presidente.

Franca BIMBI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, sospende la seduta, che riprenderà alle 13.30.

La seduta, sospesa alle 11.10, è ripresa alle 13.35.

Franca BIMBI, presidente, come preannunciato nella seduta antimeridiana, presenta una proposta di parere favorevole con una condizione e un'osservazione (vedi allegato 1).

Antonello FALOMI (RC-SE), nel condividere il contenuto del parere proposto, richiama l'attenzione sull'opportunità di prevedere una condizione cui dovrebbe conseguire la modifica del testo in esame. Ricorda, infatti, che il termine di scadenza del decreto-legge è fissato al 1o gennaio 2008 e che, come sottolineato dal rappresentante del Governo, nella seduta di ieri presso le Commissioni riunite I e II della Camera, le necessarie modifiche al testo in esame dovrebbero essere apportate in altro provvedimento legislativo. Auspica pertanto che il parere della XIV Commissione non venga inteso quale richiesta di modifica del provvedimento in esame. Ritiene altresì che, nelle premesse del parere, dovrebbero essere richiamati taluni contenuti significativi della direttiva 2004/38/CE, nella quale i provvedimenti di allontanamento sono giustificati unicamente da specifici motivi ivi indicati.

Rosella OTTONE (PD-U), nel condividere la formulazione del parere proposto, suggerisce di inserire piuttosto nelle premesse il contenuto della condizione prevista, considerato che essa è volta a porre rimedio ad un errore tecnico.

Angelo PICANO (Pop-Udeur) riterrebbe opportuno esprimere un parere favorevole senza condizioni né osservazioni, considerato che i termini per la conversione del decreto-legge non consentono una immediata modifica del testo. Osserva altresì che le questioni relative alla materia della pubblica sicurezza dovrebbero essere ulteriormente approfondite in un altro provvedimento legislativo.

Antonello FALOMI (RC-SE) propone trasformare la condizione in osservazione e di formulare pertanto una proposta di parere con due osservazioni.

Franca BIMBI, presidente, concorda sull'opportunità di richiamare nelle premesse del parere il riferimento tecnicamente errato al Trattato di Amsterdam. Non condivide le osservazioni sulle tematiche della discriminazione formulate dai deputati Falomi e Picano. Osserva che la discussione del provvedimento presso il Senato si è incentrata erroneamente sul


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tema dell'omofobia, in quanto la direttiva 2004/38/CE fa riferimento a principi di non discriminazione. Aggiunge che il richiamo a tali principi, contenuto nel decreto-legge, deve avvenire nel rispetto al diritto vigente, nel quadro di riferimento della citata direttiva. Ritiene pertanto che, se nel provvedimento in esame si mantiene il riferimento alla cosiddetta «legge Mancino», sia necessario richiamare anche il principio di non discriminazione in base al diritto vigente. Ricorda, infine, i principi della direttiva 2004/38/CE, quali la libertà di soggiornare e circolare liberamente nel territorio degli Stati membri, la cittadinanza dell'Unione, che dovrebbe costituire lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri, la tutela dell'unità della famiglia, sottolineando anche che, per periodi superiori a tre mesi, gli Stati membri, in base alla direttiva, dovrebbero avere la possibilità di tenere conto di alcuni parametri economici dei beneficiari del diritto di soggiorno. Tutti questi principi orientano la stessa normativa sull'allontanamento.

Antonello FALOMI (RC-SE) sottolinea che questo requisito non è previsto tra i motivi di allontanamento.

Franca BIMBI, presidente, ricorda che l'articolo 16 della direttiva 2004/38/CE prevede la possibilità di allontanamento nel caso in cui il beneficiario del diritto di soggiorno diventi un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato membro. Ribadisce che la mera correzione della cosiddetta «legge Mancino» comporta anche il richiamo ai principi di non discriminazione, tra i quali è ricompreso anche quello dell'orientamento sessuale che, tuttavia, non riguarda esclusivamente l'omofobia. Ritiene che, trattandosi di un errore tecnico, il contenuto della condizione potrebbe essere citato nelle premesse del parere, unitamente al richiamo ai suddetti principi della direttiva.

Antonello FALOMI (RC-SE) non concorda con la proposta del presidente di richiamare in premessa, tra i principi della direttiva 2004/38/CE, il concetto di unità della famiglia che, a suo avviso, deve essere inteso nell'accezione più ampia dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 30 del 2007, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE. Sottolinea che, in base a questo articolo, per familiare si intende anche il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante.

Franca BIMBI, presidente, alla luce delle considerazioni svolte, riformula la sua proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato 2).

La Commissione approva la proposta di parere, come riformulata.

La seduta termina alle 14.20.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI