Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Ineleggibilità dei soggetti che controllano società aventi rapporti contrattuali con lo Stato o titolari di concessioni o autorizzazioni di notevole entità economica - A.C. 2516
Riferimenti:
AC n. 2516/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 199
Data: 19/06/2007
Descrittori:
AUTORIZZAZIONI   CONCESSIONI
INELEGGIBILITA' PARLAMENTARE   PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Ineleggibilità dei soggetti che controllano
società aventi rapporti contrattuali
con lo Stato o titolari di concessioni o
autorizzazioni di notevole entità economica

A.C. 2516

 

 

 

 

 

n. 199

 

 

19 giugno 2007

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

 

 

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File: ac0263.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  4

Elementi per l’istruttoria legislativa  5

§      Necessità dell’intervento con legge  5

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  5

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  5

Schede di lettura

Il quadro normativo  9

La proposta di legge in esame  14

Proposta di legge

§      A.C. 2516, (on. Franco Russo ed altri), Modifica all’articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di ineleggibilità dei soggetti che controllano società aventi rapporti contrattuali con lo Stato ovvero titolari di concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica  19

§      Codice civile (art. 2359)26

§      D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361. Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati. (artt. 7, 8, 10)27

§      L. 10 ottobre 1990, n. 287. Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. (art. 7)30

§      D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52. (art. 93)31

Giurisprudenza costituzionale

§      Sentenza n. 46 del 26 marzo 1969  35

§      Sentenza n. 129 del 28 maggio 1975  42

§      Sentenza n. 162 del 23 maggio 1985  47

Dottrina

G. Long, Ineleggibilità e incompatibilità,  in Digesto pubblicistico, VIII, Torino, 1993  55

V. Rivosecchi, Articolo 65, in Commentario alla Costituzione, a cura di R. Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, Volume II, Torino, 2006  87

 

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2516

Titolo

Modifica all’articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di ineleggibilità dei soggetti che controllano società aventi rapporti contrattuali con lo Stato ovvero titolari di concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica

Iniziativa

On. Franco Russo ed altri

Settore d’intervento

Elezioni

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date

 

§       presentazione

13 aprile 2007

§       annuncio

16 aprile 2007

§       assegnazione

24 aprile 2007

Commissione competente

I Commissione (Affari costituzionali)

Sede

Sede referente

Pareri previsti

Commissioni II (Giustizia), VI (Finanze), X (Attività produttive)

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

La proposta di legge, composta da un solo articolo, novella l’art. 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al D.P.R. 361/1957, introducendo una nuova causa di ineleggibilità.

Nella sostanza, la novella ha l’effetto di estendere l’ambito di applicazione della causa di ineleggibilità prevista dal co. 1°, n. 1), del citato art. 10, disponendo che essa si applichi non solo a chi risulti, in proprio o in qualità di rappresentante legale di società o di imprese private, vincolato con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni o per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, ma anche a chi abbia una partecipazione di controllo o eserciti un’influenza dominante sulle suddette società.

Relazioni allegate

La proposta di legge, di iniziativa parlamentare, è corredata della sola relazione illustrativa.


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L’art. 65 Cost. riserva alla legge la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L’oggetto della proposta di legge è riconducibile alla materia “organi dello Stato e relative leggi elettorali”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, co. 2°, lett. f), Cost.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

La proposta di legge è configurata in termini di novella al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Presso la 1ª Commissione del Senato è in corso l’esame in sede referente di vari disegni di legge di riforma del sistema elettorale (A.S. 20 ed abb.), nonché del disegno di legge A.S. 1119, recante disposizioni in materia di ineleggibilità e incompatibilità dei magistrati.

Si segnala inoltre che è in corso di esame presso l’Assemblea della Camera la proposta di legge A.C. 1318-A, recante Disposizioni in materia di incompatibilità e di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo e istituzione dell'Autorità garante dell'etica pubblica e della prevenzione dei conflitti di interessi.

 

 


Schede di lettura

 


Il quadro normativo

L’articolo 51 della Costituzione riconosce ad ogni cittadino il diritto di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge.

Il successivo articolo 65, al primo comma, riserva alla legge il compito di individuare le cause di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di deputato o di senatore.

La Costituzione stabilisce inoltre, all’articolo 66, che “ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

 

Le cosiddette cause di ineleggibilità comportano un impedimento giuridico a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale e costituiscono quindi fattispecie limitative del diritto di elettorato passivo.

La ratio prevalente delle norme sulle ineleggibilità è quella di impedire che alcuni candidati, in virtù della carica ricoperta o dell’attività esercitata al momento dell’elezione, possano godere nella pratica di una posizione privilegiata nel corso della campagna elettorale ed esercitare pressioni in grado di condizionare la libera scelta degli elettori.

Alcune cause di ineleggibilità, come quelle relative a chi si trova in rapporti di affari con la pubblica amministrazione, sono invece ispirate dalla considerazione che taluni soggetti per l’attività esercitata “non danno garanzia di obiettività e di disinteresse nell’esercizio delle funzioni alle quali aspirano” (Corte costituzionale, sentenza 11 luglio 1961, n. 42).

Le ineleggibilità del primo tipo hanno di mira soprattutto il momento dell’acquisizione della carica elettiva, mentre le ineleggibilità del secondo tipo sembrano prevalentemente stabilite a garanzia del corretto svolgimento del mandato e risultano per tale aspetto assimilabili alle incompatibilità.

La conseguenza giuridica derivante dall’accertamento di una causa di ineleggibilità da parte degli organi competenti è la nullità dell’elezione, che comporta la perdita dello status di membro dell’assemblea elettiva.

Le cause di ineleggibilità insorte in corso di mandato sono state di norma trattate come cause di incompatibilità, per le quali è data la facoltà dell’opzione al singolo interessato (ma sul punto, vedi infra). L’incompatibilità impone al singolo (validamente eletto) di scegliere tra il mandato elettivo e l’altra carica considerata dalla legge incompatibile con il mandato stesso.

 

Le cause di ineleggibilità a deputato e senatore sono disciplinate dal D.P.R. 361/1957, recante il Testo unico delle leggi per la elezione della Camera (artt. 7-10, che si applicano anche alla elezione del Senato in forza del rinvio contenuto nell’art. 5 del D.Lgs. 20 dicembre 1993, n. 533, Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica).

A norma dell’art. 7, 1° comma, del D.P.R. 361/1957 sono ineleggibili alla carica di deputato e senatore[1]:

§         i presidenti delle giunte provinciali;

§         i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti[2];

§         il capo, il vice capo della polizia e gli ispettori generali di pubblica sicurezza;

§         i capi di gabinetto dei ministri;

§         i Commissari del Governo presso le regioni[3];

§         i prefetti, i viceprefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza;

§         i generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze Armate dello Stato nelle circoscrizioni del loro comando territoriale (si tratta, in quest’ultimo caso, di una ineleggibilità relativa, non estesa cioè a tutto il territorio nazionale).

 

Come si è detto, nella prassi parlamentare le cause di ineleggibilità sopravvenute alla elezione a deputato o senatore sono state di norma trattate, per quanto concerne la determinazione delle conseguenze da esse derivanti, alla stregua di cause di incompatibilità, riconoscendosi all’interessato la facoltà di optare tra la carica di parlamentare e quella ritenuta dalla legge con essa incompatibile. Dall’art. 7, co. 1°, lett. c), del D.P.R. 361/1957 (che sancisce l’ineleggibilità dei sindaci dei comuni con più di 20.000 abitanti), la prassi parlamentare ha costantemente fatto derivare anche l’inverso principio della incompatibilità tra la carica di sindaco nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti e il mandato parlamentare.

Innovando la prassi, la Giunta delle elezioni della Camera, nella seduta del 2 ottobre 2002, ha dichiarato compatibile con il mandato parlamentare la carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti ricoperta da tre deputati. Richiamando tale decisione, la Giunta ha deliberato in senso analogo, a maggioranza, nella seduta del 23 settembre 2004, con riferimento alla carica di presidente di provincia, ricoperta da quattro deputati.

La Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, nella seduta del 28 settembre 2004, tenendo conto del nuovo indirizzo giurisprudenziale della Camera dei deputati, ha deliberato il superamento della regola della trasformazione delle cause di ineleggibilità sopravvenute in cause di incompatibilità e ha dichiarato compatibili le cariche di presidente di provincia rivestite da due senatori.

 

Le cause di ineleggibilità previste dal co. 1° dell’art. 7 non hanno effetto se gli interessati hanno cessato di esercitare le funzioni almeno 180 giorni prima della data di scadenza della legislatura[4] (D.P.R 361/1957, art. 7, co. 2°). Nel caso di scioglimento della Camera che ne anticipi la scadenza di oltre 120 giorni, le medesime ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni siano cessate entro i 7 giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di scioglimento nella Gazzetta Ufficiale (D.P.R. 361/1957, art. 7, u.c.).

Un’ipotesi specifica di ineleggibilità è quella prevista dall’art. 8 del D.P.R. 361/1957 a carico dei magistrati nelle circoscrizioni elettorali sottoposte, in tutto o in parte, alla giurisdizione degli uffici ai quali sono stati assegnati nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura (anche in questo caso si tratta di una ineleggibilità relativa). La norma non si applica ai magistrati in servizio presso le giurisdizioni superiori. L’ineleggibilità è prevista anche in caso di scioglimento anticipato della Camera e di elezioni suppletive. In ogni caso i magistrati per essere eleggibili devono trovarsi in aspettativa all’atto dell’accettazione della candidatura.

 

Un secondo gruppo di cause di ineleggibilità riguarda coloro che hanno rapporti con Governi stranieri: diplomatici, consoli, vice-consoli, ufficiali addetti alle ambasciate, legazioni e consolati esteri, tanto residenti in Italia quanto all’estero, nonché in generale tutti coloro che, pur conservando la cittadinanza italiana, abbiano un impiego da Governi stranieri (D.P.R. 361/1957, art. 9).

 

Un terzo gruppo di cause di ineleggibilità, stabilito dall’art. 10 del D.P.R. 361/1957, concerne infine coloro che siano titolari di particolari rapporti economici o di affari con lo Stato ossia, nel dettaglio:

§         i soggetti che, “in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private” siano titolari di contratti di opere o di somministrazioni con lo Stato, ovvero di concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici o l’osservanza di norme a tutela del pubblico interesse;

§         i rappresentanti, amministratori e dirigenti di società e imprese volte al profitto dei privati e sussidiate dallo Stato in modo continuativo (con sovvenzioni o con garanzia di assegnazioni o di interessi, salvo che i sussidi siano concessi in forza di una legge generale dello Stato);

§         i relativi consulenti legali e amministrativi.

 

Le ineleggibilità derivanti da rapporti economici con lo Stato hanno dato luogo a incertezze interpretative, soprattutto per la difficoltà di individuare confini netti tra settore pubblico e privato dell’economia.

In particolare, in sede di verifica dei poteri, è apparso difficile stabilire se con la locuzione “imprese volte al profitto dei privati e sussidiate dallo Stato” il legislatore si sia voluto riferire anche, ad esempio, alla categoria degli enti pubblici strumentali, che comprende tra gli altri gli enti di gestione delle partecipazioni statali.

Inoltre, sotto un diverso profilo, va osservato come, poiché le ineleggibilità in esame appaiono preordinate a garantire un obiettivo e disinteressato esercizio della funzione parlamentare e non ad evitare “privilegi elettorali”, la Camera è sembrata propendere per considerarle alla stregua delle cause di incompatibilità, ritenendo sufficiente che, ai fini della conservazione del seggio parlamentare, l’interessato optasse a favore della carica elettiva[5].

In linea generale, la Corte costituzionale ha in più occasioni affermato che l’istituto dell’ineleggibilità deve essere delimitato in termini rigorosi e che le cause di ineleggibilità, derogando al principio costituzionale della generalità del diritto elettorale passivo, sono di stretta interpretazione e possono trovare applicazione solo entro i limiti rigorosamente segnati dalla ratio delle norme che le determinano (cfr. sentenze Corte cost. n. 46/1969, 129/1975, n. 129/1977, n. 171/1984).

Proprio in virtù del principio secondo cui in materia di diritti soggettivi pubblici e, in particolare, di elettorato passivo, non sono consentite interpretazioni estensive, in più successive occasioni la Giunta delle elezioni della Camera ha deliberato nel senso che la causa di ineleggibilità di cui all’art. 10, co. 1°, n. 1), del D.P.R. 361/1957, relativa ai rapporti con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, ovvero per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, non possa riferirsi se non a chi sia titolare di tali rapporti in nome proprio – nella sua qualità di persona fisica – ovvero in quanto legale rappresentante di società o imprese, e non possa intendersi esteso a chi di tali società detenga la partecipazione azionaria di maggioranza o abbia comunque il controllo[6].

 

Si ricorda infine che non sono eleggibili a membro del Parlamento il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario di un’Azienda sanitaria locale, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno 180 giorni prima della data di scadenza della legislatura. In caso di scioglimento anticipato delle Camere, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso gli stessi soggetti non sono eleggibili nei collegi elettorali (rectius, secondo la L. 270/2005, nelle circoscrizioni) nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell’Azienda sanitaria locale presso la quale abbiano esercitato le loro funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura (D.Lgs. 502/1992, art. 3, co. 9).

 


La proposta di legge in esame

La proposta di legge A.C. 2516 (on. Franco Russo ed altri), è composta da un solo articolo che, novellando l’art. 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al citato D.P.R. 361/1957, introduce una nuova causa di ineleggibilità derivante da rapporti economici con lo Stato, che – nella sostanza – estende la portata della causa di ineleggibilità prevista dal co. 1°, n. 1), del citato art. 10.

Come si è ricordato (v. supra, la scheda relativa al quadro normativo), ai sensi di tale disposizione non sono eleggibili alla carica di deputato (e di senatore, ai sensi del rinvio operato dall’art. 5 del D.Lgs. 553/1993) coloro che, in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private, risultino vincolati con lo Stato

§         per contratti di opere o di somministrazioni, oppure

§         per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta.

Il testo in esame inserisce, dopo il n. 1) del primo comma dell’art. 10, un nuovo n. 1-bis), che esclude l’eleggibilità anche di coloro che

§         detengano, anche indirettamente o congiuntamente con altri, una partecipazione che comporti il controllo, ovvero l’esercizio di un’influenza dominante su una società vincolata con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, o per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, secondo la previsione di cui al precedente n. 1);

§         intrattengano con la società medesima rapporti contrattuali che conferiscono la facoltà di esercitare un’influenza dominante sulla composizione degli organi sociali o sulle attività societarie;

§         beneficino di tali rapporti contrattuali per interposta persona.

Le forme del controllo e dell’influenza dominante su una società rilevanti ai fini della configurabilità della causa di ineleggibilità sono individuate dal testo in commento mediante esplicito rinvio:

§         all’art. 2359 del codice civile;

§         all’art. 7 della L. 287/1990[7] (legge istitutiva dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato);

§         all’art. 93 del testo unico in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. 58/1998[8].

L’art. 2359 c.c. (Società controllate e società collegate) considera controllate le società in cui un’altra società:

§         dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (n. 1);

§         dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria[9] (n. 2);

§         esercita un’influenza dominante in virtù di particolari vincoli contrattuali (n. 3).

 

Ai sensi dell’art. 7 della L. 287/1990, si ha controllo, oltre che nei casi contemplati dall’art. 2359 c.c., anche in presenza di diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sulle attività di un’impresa, anche attraverso:

§         diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio;

§         diritti, contratti o altri rapporti giuridici che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi.

Il controllo è acquisito dal soggetto che sia titolare o beneficiario dei rapporti giuridici suddetti ovvero che, pur non essendo titolare o beneficiario, abbia il potere di esercitare i diritti che ne derivano.

 

L’art. 93 del D.Lgs. 58/1998, infine, considera imprese controllate quelle indicate nell'art. 2359, co. 1°, n. 1) e 2), c.c., nonché:

§         le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

§         le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria[10].

 

Le finalità del proposto intervento normativo sono esposte nella relazione illustrativa, secondo la quale la proposta di legge mira a “colmare una lacuna presente nell’attuale formulazione dell’articolo 10 del testo unico” disciplinando specificamente “una causa di ineleggibilità che ora l’ordinamento vieta di ricavare analogicamente da norme riferite a fattispecie diverse” (sul punto, v. la scheda relativa al quadro normativo), estendendo la previsione di ineleggibilità parlamentare “a tutti i soggetti che, controllando, direttamente o indirettamente, società concessionarie, si trovano in una posizione che”, sostiene la relazione, “in taluni casi (come nel settore delle comunicazioni), può conferire loro una capacità di influenza sull’opinione pubblica (e, quindi, sull’elettorato) incompatibile con le regole del sistema democratico e, in particolare, con il principio delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive dettato dall’articolo 51 della Costituzione”.

 


Proposta di legge

 


N. 2516

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati FRANCO RUSSO, MASCIA, FRIAS

¾

 

Modifica all’articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di ineleggibilità dei soggetti che controllano società aventi rapporti contrattuali con lo Stato ovvero titolari di concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica

 

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Presentata il 13 aprile 2007

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Onorevoli Colleghi! - L’articolo 10, primo comma, numero 1), del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, dispone che non sono eleggibili «coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l’obbligo di adempimenti specifici, l’osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta».

È stato ritenuto costantemente in sede di interpretazione che la norma di cui all’articolo 10 del testo unico vada riferita alle concessioni ad personam, assegnate cioè a persone fisiche. Tale interpretazione della norma ha individuato come causa di ineleggibilità soltanto la proprietà di imprese individuali e la rappresentanza legale di società di capitali, ignorando invece totalmente i soggetti che detengono la proprietà della maggioranza delle azioni o delle quote sociali di una società titolare di una concessione di notevole entità economica.

È noto l’orientamento giurisprudenziale della Giunta delle elezioni della Camera rispetto alla posizione del deputato Silvio Berlusconi. Nelle legislature precedenti (XII legislatura, seduta del 20 luglio 1994; XIII legislatura, seduta del 17 ottobre 1996; XIV legislatura, seduta del 18 aprile 2002) e nella XV legislatura (seduta del 26 ottobre 2006) la Giunta delle elezioni ha, infatti, sempre archiviato per infondatezza i ricorsi e gli esposti presentati avverso l’eleggibilità del deputato Berlusconi, ritenendo che in materia di diritti soggettivi pubblici e in particolare di elettorato passivo non sono consentite - nel vigente ordinamento - interpretazioni estensive e che l’articolo 10 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 non fosse applicabile all’interessato in quanto l’inciso «in proprio» deve intendersi «in nome proprio» e, quindi, non applicabile a chi, come il deputato Berlusconi, non risultava titolare di concessioni radiotelevisive in nome proprio, essendo la sua posizione riferibile alla società concessionaria solo a mezzo di rapporti di azionariato.

Questa giurisprudenza non tiene conto, tuttavia, del fatto che le più importanti concessioni (a differenza di quanto immaginato dal legislatore del 1948) sono ormai assegnate a società di capitali e ignora soprattutto l’evoluzione degli assetti proprietari e delle architetture dei gruppi societari, nonché i profondi mutamenti che lo sviluppo tecnologico e sociale ha prodotto negli strumenti e canali attraverso cui, a differenza del passato, si svolge oggi la comunicazione politica.

La presente proposta di legge, che mira a colmare una lacuna presente nell’attuale formulazione dell’articolo 10 del testo unico di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, disciplina in modo specifico - in conformità a quanto previsto dall’articolo 65, primo comma, della Costituzione - una causa di ineleggibilità che ora l’ordinamento vieta di ricavare analogicamente da norme riferite a fattispecie diverse.

La necessità di un intervento legislativo in materia risponde anche all’esigenza di evitare disparità di trattamento di assai dubbia costituzionalità: attualmente, infatti, può essere dichiarato ineleggibile un imprenditore individuale titolare di una concessione di notevole entità economica o addirittura un semplice consulente di una società che goda di analoga concessione, ma non chi di una tale società abbia il controllo azionario assoluto, a condizione che non rivesta in essa alcuna carica formale. È indubbio che i vantaggi di cui possono godere i rappresentanti legali o i semplici consulenti di una società concessionaria possano essere tratti anche, e soprattutto, da chi controlla la società attraverso forme di partecipazione azionaria o rapporti giuridici di altro genere che costituiscano titolo per esercitare un’influenza determinante sulle scelte societarie e finanche sulla composizione degli organi sociali, indirizzandone l’attività e le strategie.

Si rende necessario, pertanto, estendere la previsione di ineleggibilità parlamentare di cui all’articolo 10, primo comma, numero 1), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 a tutti i soggetti che, controllando, direttamente o indirettamente, società concessionarie, si trovano in una posizione che, in taluni casi (come nel settore delle comunicazioni), può conferire loro una capacità di influenza sull’opinione pubblica (e, quindi, sull’elettorato) incompatibile con le regole del sistema democratico e, in particolare, con il principio delle pari opportunità di accesso alle cariche elettive dettato dall’articolo 51 della Costituzione. Ciò in conformità alla ratio fondativa dell’articolo 51 della Costituzione, il quale impone non solo lo svolgimento in condizioni di parità delle competizioni elettorali, ma anche il rispetto della genuinità e dell’autenticità del voto degli elettori. In altre parole, l’accesso in condizioni di parità alle cariche pubbliche deve essere commisurato alla logica del meccanismo previsto per tale accesso: se tale meccanismo, come nel caso delle cariche elettive, vede una competizione (tra individui o tra partiti) intesa a captare il voto di determinati soggetti, ciò significa che occorrerà assicurare ai candidati condizioni di parità ed evitare, appunto con lo strumento dell’ineleggibilità, tutte quelle situazioni che possano portare a un’espressione del voto non genuina e a un’alterazione sostanziale delle procedure democratiche di formazione della rappresentanza.



 


proposta  di legge

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Art. 1.

 Al primo comma dell’articolo 10 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, dopo il numero 1) è inserito il seguente:

«1-bis) coloro che detengano, anche indirettamente o congiuntamente con altri, una partecipazione che comporti il controllo, ovvero l’esercizio di un’influenza dominante, nelle forme di cui all’articolo 2359 del codice civile, all’articolo 7 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e all’articolo 93 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, su una società vincolata con lo Stato nei modi di cui al numero 1) del presente comma, ovvero intrattengano con essa rapporti contrattuali che conferiscono la facoltà di esercitare un’influenza dominante sulla composizione degli organi sociali o sulle attività societarie, o beneficino di tali rapporti contrattuali per interposta persona».

 

 

 




[1]     La causa di ineleggibilità già prevista dalla lett. a) dell’art. 7, co. 1° (deputato o consigliere regionale) è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale (sentenza n. 344 del 1993).

[2]     L’accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive ricoperte (D.Lgs. 267/2000, Testo unico degli enti locali, art. 62).

[3]     La riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione (L.Cost. 3/2001) ha abrogato gli articoli della Costituzione che prevedevano, nelle regioni a statuto ordinario, la figura del Commissario del Governo. L’art. 10 della legge 5 giugno 2003, n. 131 ha attribuito, in tutte le Regioni a statuto ordinario, al Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie le funzioni già esercitate dal Commissario del Governo, con l’eccezione di alcune di esse, soppresse con la riforma costituzionale ricordata.

[4]     I cinque anni della legislatura sono calcolati a decorrere dalla data della prima riunione dell’Assemblea (D.P.R. 361/1957, art. 7, quinto comma).

[5]     Cfr. Camera dei deputati, Assemblea, seduta del 19 luglio 1989, elezione contestata per il Collegio XXII (on. D’Angelo), (doc. III, n. 1); Giunta delle elezioni, esame di ricorsi in materia di ineleggibilità (on. Mistrello Destro), seduta del 26 ottobre 2006.

[6]     Cfr. Camera dei deputati, Giunta delle elezioni, esame di ricorsi in materia di ineleggibilità (on. Berlusconi): seduta del 17 ottobre 1996 (in cui si richiama l’analoga pronunzia della Giunta nella seduta del 20 luglio 1994); seduta del 18 aprile 2002; seduta del 26 ottobre 2006. L’espressione “in proprio” di cui alla norma di legge, secondo quanto sostenuto nel corso del relativo dibattito, non appare riferibile al fenomeno delle società e tantomeno può essere richiamato nei casi di partecipazioni azionarie indirette. Nell’occasione è stata d’altro canto segnalata la complessità e la delicatezza di questa come di altre questioni, concernenti le ineleggibilità, sottoposte all’esame della Giunta, e si è osservato che talune difficoltà applicative delle relative disposizioni di legge suggerirebbero un intervento del legislatore diretto a razionalizzare l’intera materia, in modo da eliminare gli spazi di non univoca interpretazione.

[7]     L. 10 ottobre 1990, n. 287, Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

[8]     D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

[9]     Ai fini dell'applicazione di questo e del precedente punto si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

[10]    Ai fini dell'applicazione di questo e del precedente punto si considerano anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.