Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Bilancio e Finanziaria 2008 - A.C. 3256 e A.C. 3257 - Commissione Affari costituzionali - Seconda edizione
Riferimenti:
AC n. 3256/XV   AC n. 3257/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 291    Progressivo: 1
Data: 22/11/2007
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

 

Bilancio e Finanziaria 2008

A.C. 3256 e A.C. 3257

Commissione Affari costituzionali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 291/1

Seconda edizione

22 novembre 2007


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

Hanno collaborato alla redazione del presente dossier il Dipartimento Bilancio e l’Ufficio Rapporti con l’Unione Europea

 

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: ac0328.doc

 


I N D I C E

 

PARTE I – Gli obiettivi di finanza pubblica

1. Le previsioni macroeconomiche  3

2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008  9

PARTE II – La manovra di finanza pubblica per il 2008

1. L’articolazione della manovra  17

2. Il contenuto della manovra  19

3. La disciplina contabile: la legge finanziaria  26

PARTE III – Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato  31

§      1.1 Funzioni e struttura del Bilancio  31

§      1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato  33

§      1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato  36

-       Le  Missioni37

-       I Programmi41

-       La struttura del Bilancio decisionale  50

-       Il Bilancio gestionale  51

-       Lo stato di previsione dell’entrata  52

2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente  55

§      2.1 Il quadro generale riassuntivo  55

§      2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007  56

§      2.3 Il bilancio di cassa  59

3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato  60

4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato  62

5. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato per il 2006-2008 – Tavole allegate  63

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  64

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  65

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  66

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato  67

Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato  68

Gli stanziamenti per la Presidenza del Consiglio dei ministri nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella n. 2)

Gli stanziamenti di interesse della I Commissione  73

§      La Missione n. 1 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri)73

§      Altri stanziamenti di interesse della I Commissione  77

Lo stato di previsione del Ministero dell’interno (Tabella n. 8)

Le previsioni di competenza  81

§      Le previsioni di spesa in base alle missioni81

I residui84

Le autorizzazioni di cassa  86

Gli effetti del disegno di legge finanziaria sullo stato di previsione del Ministero dell’interno e sugli stanziamenti relativi alla Presidenza del Consiglio dei ministri

Le tabelle A e B (fondi speciali)89

La tabella C   91

La tabella D   97

La tabella E   98

La tabella F  99

Gli articoli del disegno di legge finanziaria di interesse della I Commissione (Affari costituzionali)

Sintesi103

Schede di lettura  109

§      Articolo 14, comma 4 (Contrasto all’immigrazione clandestina)109

§      Articolo 16 (Indennità membri Parlamento)110

§      Articolo 17 (Norme sulla formazione e composizione del Governo)116

§      Articolo 18 (Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)124

§      Articolo 23 (Scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio)127

§      Articolo 24, comma 4 (Pubbliche affissioni)131

§      Articolo 25 (Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)133

-       Premessa  134

-       Compatibilità costituzionale  136

-       La modifica dell’articolo 27 del testo unico sugli enti locali137

-       Disposizioni di attuazione  144

-       Le comunità montane  146

§      Articolo 26 (Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)150

§      Articolo 27, commi 1 e 2 (Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti da duplicazione di funzioni)172

§      Articolo 38 (Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)174

§      Articolo 39 (Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)177

§      Articolo 67, comma 1 (Riduzione autorizzazione di spesa legge 157/1999)180

§      Articolo 119, comma 1 (Politiche migratorie nazionali e comunitarie)183

-       Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE   185

-       Procedure di contenzioso  198

§      Articolo 128 (Contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche: auto di servizio, corrispondenza postale, telefonia, immobili)200

§      Articolo 133 (Contenimento degli uffici di diretta collaborazione)209

§      Articolo 134 (Soppressione e razionalizzazione degli enti pubblici statali)213

§      Articolo 137 (Riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche statali)220

§      Articolo 144 (Emolumenti, consulenze, responsabilità contabile, controllo della Corte dei conti)227

-       Limiti massimi e pubblicità degli emolumenti a carico delle pubbliche finanze (commi 1-11)230

-       Consulenze e altri incarichi esterni (commi 12-16)238

-       Assicurazione di pubblici amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali (comma 17)246

-       Misure concernenti l’organizzazione e le funzioni della Corte dei conti (commi 18-21)251

-       Trattamento economico del personale in regime di diritto pubblico (comma 22)256

 

 


PARTE I
Gli obiettivi di finanza pubblica

 


1. Le previsioni macroeconomiche

Le previsioni macroeconomiche contenute nel DPEF 2008-2011, presentato nel giugno scorso, sono state riviste nella Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, presentata in data 1 ottobre.

 

Per quanto concerne la crescita, la Nota di aggiornamento rivede al ribasso la stima di crescita del PIL reale per il 2008, indicandola all’1,5 per cento, rispetto ad una previsione del 1,9 per cento indicata nel DPEF di giugno.

Anche le previsioni relative al 2009 e 2010 vengono riviste al ribasso dello 0,1 per cento (1,6 e 1,7 per cento rispettivamente, a fronte di 1,7 e 1,8 stimati a giugno), mentre viene confermata la previsione relativa al 2011 (pari all'1,8 per cento).

Tali revisioni sono in gran parte ascrivibili alle persistenti incertezze in ordine all’ampiezza e alla durata degli effetti delle forti turbolenze sui mercati finanziari internazionali indotte dalla recente crisi dei mutui sub-prime statunitensi e, più in generale, alle conseguenze del rallentamento statunitense sull’economia mondiale e, di riflesso, su quella italiana.

 

Per ciò che riguarda le previsioni degli organi internazionali, la stima dicrescita del PIL indicata dal Governo per il 2008 risulta sostanzialmente in linea con quella formulata dai principali organismi internazionali.

 

Prodotto interno lordo 2008

Confronti internazionali

(variazioni % a prezzi costanti)

 

Commissione UE

OCSE

FMI

Italia

1,4

1,7

1,3

Francia

2,0

2,2

2,0

Spagna

3,0

2,7

2,7

Germania

2,1

2,2

2,0

Area euro

2,2

2,3

2,1

Regno unito

2,2

2,5

2,3

Ue – 27

2,4

-

-

Usa

1,7

2,5

1,9

Giappone

1,9

2,1

1,7

Fonte:Commissione UE: Autumn economic outlook 2007; OCSE: Economic outolook for OECD countries, an interim assessment (settembre 07); FMI: World Economic Outlook (ottobre 2007).

 


Per quanto concerne le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche, nel 2008 il buon andamento del reddito disponibile e il previsto rinnovo dei contratti di lavoro nel settore pubblico e privato sosterranno i consumi delle famiglie, che si attestano su una variazione costante dell’1,8 per cento per tutto l’arco di previsione 2008-2011, anche grazie al consolidamento dei livelli occupazionali.

 

Per quanto riguarda gli investimenti, è previsto un rallentamento costante della componente relativa alle costruzioni, a causa della fine del ciclo espansivo del settore nell’ultimo decennio, segnalata anche dalla tendenziale riduzione della concessione di mutui alle famiglie da parte delle banche.

Analoga flessione è prevista in relazione all’acquisto dei macchinari e attrezzature che tuttavia non dovrebbe spingersi oltre il 2008. Dopo tale anno, infatti, è prevista una ripresa delle variazioni in aumento di tale voce.

 

Dal lato del mercato estero, il graduale recupero di quote del mercato internazionale da parte della produzione nazionale sosterrà le esportazioni che sono previste in lieve aumento.

Anche per le importazioni vi sarà un incremento durante tutto l’arco 2008-2011, ma il consolidamento della moneta unica su ragioni di scambio bilaterali più elevate rispetto al passato, consentirà una riduzione del deficit corrente della bilancia dei pagamenti rispetto al PIL, che si attesterà su livelli negativi comunque piuttosto bassi.

 

Il costo del lavoro per unità di prodotto subirà una temporanea accelerazione nel 2008 (+3,4%) per il rinnovo dei contratti scaduti del pubblico impiego e di parte del settore privato. Nell’arco previsivo, tuttavia, è previsto un progressivo rallentamento dovuto ad una riduzione della dinamica incrementale delle retribuzioni.

L’inflazione al consumo è prevista attestarsi in media al di sotto del 2 per cento lungo tutto il periodo 2008-2011.

 


Nella tavola seguente sono esposte le previsioni relative alle principali grandezze macroeconomiche per gli anni 2008 e successivi.

 

Quadro macroeconomico programmatico

(variazioni % e contributi alla crescita del PIL)

 

2007

2008

2009

2010

2011

PIL

1,9

1,5

1,6

1,7

1,8

Importazioni

1,8

2,5

3,1

3,3

3,4

Domanda nazionale(*)

2,0

1,4

1,5

1,6

1,6

-spesa delle famiglie

2,0

1,8

1,8

1,8

1,8

-spesa delle P.A. e delle I.S.P.

1,6

0,3

0,0

0,0

0,0

Investimenti fissi lordi

2,4

1,6

1,8

2,1

2,3

Variazioni delle scorte(*)

-0,1

0,0

0,0

0,0

0,0

Esportazioni

2,0

2,8

3,5

3,8

4,1

Esportazioni nette (*)

0,0

0,1

0,1

0,1

0,1

(*) Contributo % relativo alla crescita del PIL.

 

 

LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[1]

L’economia dell’Unione Europea - Rallentamento della crescita, ma prospettive solide nonostante le difficoltà dell’economia statunitense

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE la crescita dell'economia dell'Unione europea dovrebbe rallentare dal 2,9% nel 2007 al 2,4% sia nel 2008 che nel 2009 (e, nell'area dell'euro, dal 2,6% nel 2007 al 2,2% nel 2008 e al 2,1% nel 2009). Tuttavia, grazie ad un quadro mondiale tuttora favorevole e a fondamentali solidi, la revisione al ribasso rispetto alle previsioni di primavera è limitata a 0,3 punti percentuali nel 2008 per entrambe le aree rispetto a sei mesi fa.

Dopo una crescita solida nel primo semestre del 2007, il rallentamento nella seconda parte dell'anno è spiegato parzialmente dall'impatto delle turbolenze nei mercati finanziari, per quanto la fase ascendente del ciclo potrebbe essersi già conclusa prima dell'inizio di tali turbolenze questa estate. Secondo lo scenario previsivo centrale della Commissione le tensioni finanziarie si esauriranno gradualmente. Nel frattempo esse hanno chiaramente ridotto la propensione al rischio degli investitori e hanno determinato un inasprimento delle condizioni di finanziamento. Finora gli investimenti si sono dimostrati dinamici, ma in questa fase del ciclo dovrebbero attenuarsi, non da ultimo a causa del forte rallentamento nel settore della costruzione verificatosi in alcuni Stati membri. Il consumo privato ha registrato una ripresa e sta diventando il motore principale della crescita grazie a prospettive favorevoli in materia di occupazione, purché la fiducia dei consumatori resti buona.

Sul lato esterno, la crescita della UE continua ad essere sostenuta dalle prospettive favorevoli dell'economia mondiale, specialmente delle economie emergenti, che compensano ampiamente il rallentamento negli USA. Pertanto, secondo la Commissione, l'economia della UE crescerà in linea con il proprio potenziale nei due anni oggetto di previsione. Tuttavia l'inflazione dovrebbe salire al 2,4% nell'area dell'euro nei prossimi trimestri a causa dei prezzi più elevati dei prodotti di base, per poi riscendere a circa il 2% la prossima estate.

Disoccupazione ancora in calo

Una crescita vigorosa dell'occupazione, pari a circa l'1,5% sia nella UE che nell'area dell'euro, dovrebbe aver portato alla creazione di 3,6 milioni di nuovi posti di lavoro quest'anno nella UE (2,3 milioni nell'area dell'euro). Questo miglioramento ha riguardato un gran numero di settori, tipi di contratti di lavoro e Stati membri. In futuro la crescita dell'occupazione dovrebbe decelerare a circa l'1% in media nel 2008-2009 sia nella UE che nell'area dell'euro, di pari passo con la maturazione del ciclo economico. Ciononostante, dovrebbero essere creati 4,5 milioni di nuovi posti di lavoro nella UE nel 2008-2009 (3,2 milioni nell'area dell'euro), il che dovrebbe portare il tasso di occupazione globale ad oltre il 66% entro il 2009. Il tasso di disoccupazione dovrebbe ammontare al 6,6% nella UE e al 7,1% nell'area dell'euro entro il 2009, livelli mai registrati negli ultimi quindici anni.

Le carenze di manodopera stanno diventando più comuni e pertanto i salari dovrebbero crescere un pò più rapidamente nel periodo oggetto delle previsioni, in particolare nel 2008, quando l'andamento rifletterà in parte misure una tantum e di recupero rispetto agli anni precedenti caratterizzati da moderazione salariale. Ma la crescita sostenuta della produttività del lavoro dovrebbe limitare l'aumento dei costi unitari del lavoro e contribuire a contenere le pressioni inflazionistiche.

I rischi di un peggioramento

I principali rischi di un peggioramento delle prospettive di crescita sono collegati ad eventi verificatisi nei mercati finanziari e alla possibilità di un rallentamento più marcato o più protratto del previsto negli USA. In alcuni segmenti dei mercati finanziari continuano a registrarsi disfunzioni e non si può escludere un periodo più lungo di incertezza, il che influenzerebbe più gravemente del previsto le condizioni del credito e di conseguenza i mercati immobiliari. D'altro canto, il mercato del lavoro potrebbe registrare risultati migliori del previsto, il che rafforzerebbe i redditi da lavoro e la fiducia dei consumatori. Per quanto riguarda l'inflazione, ulteriori aumenti del prezzo del petrolio e incrementi dei prezzi degli alimentari e delle materie prime determinano rischi di un'inflazione più elevata rispetto alle previsioni dello scenario di base.

Le previsioni per l’economia italiana - La crescita prosegue, ma rimane al di sotto dell’area Euro

A seguito della debole crescita del PIL reale durante la prima metà dell’anno, le previsioni generali di crescita economica per il 2007 si attestano sull’1,9%, in linea con le previsioni della primavera e con il potenziale di crescita dell’economia. Rafforzati da uno sviluppo favorevole dell’occupazione e dagli incentivi fiscali per l’acquisto di beni durevoli, i consumi privati sono stati i principali veicoli della crescita del PIL nella prima metà dell’anno.

La domanda interna continuerà a svolgere il ruolo di principale contributo alla crescita durante l’anno, grazie anche all’atteso aumento degli investimenti. Per quanto concerne l’evoluzione del settore estero, se da un lato le esportazioni di beni hanno registrato un forte aumento in termini di valore, dall’altro l’Italia sta continuando ad accumulare perdite significative di quote di mercato in termini di volume. Comunque, tenendo conto delle moderate dinamiche di importazione - in particolare di beni energetici - si prevede che le esportazioni nette apporteranno un contributo lievemente positivo alla crescita del PIL nel 2007, sebbene il settore dei servizi, incluso quello turistico, abbia spinto nella direzione opposta. Le previsioni per l’inflazione per il 2007 sono dell’1,9 per cento, in diminuzione rispetto al 2,2 per cento del 2006, grazie anche ad un più basso contributo dei prezzi dell’energia e ad alcune delle misure di liberalizzazione adottate sinora, in particolare nel settore delle telecomunicazioni.

Le prospettive per il 2008 ed il 2009

L’impatto della crescita all’inizio del 2008 sarà considerevolmente più basso di quanto previsto nel 2007.

Nel contesto di un ambiente internazionale ancora favorevole, sebbene lievemente meno dinamico e più incerto, la previsione complessiva di crescita economica nel 2008 è del 1,4%, ossia 0,3 punti percentuali in meno rispetto alle previsioni della primavera 2007 (a fronte di una previsione del Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF pari all’1,5 per cento, rivista al ribasso di 4 decimi di punto rispetto alla previsione del DPEF per tenere conto degli effetti della turbolenze nei mercati finanziari statunitensi dovute alla crisi dei mutui sub-prime).

Per il 2009, la crescita del PIL reale si prevede convergente rispetto al potenziale, all’1,6%, in linea con le previsioni del Governo.

Grazie all’atteso aumento del reddito reale disponibile, i consumi privati continueranno a rappresentare il maggior fattore trainante del PIL in entrambi gli anni, sebbene si preveda una decelerazione nel 2008, sulla scorta di un atteso aumento nel tasso di risparmio. La spesa per investimenti si prevede in decelerazione, a causa delle condizioni finanziarie meno favorevoli, nonché a causa di investimenti pubblici meno massicci. In particolare, nel 2008 gli investimenti in costruzioni residenziali subiranno un rallentamento rispetto agli alti tassi di crescita registrati nel biennio 2005-2007.

L’utilizzazione, attualmente elevata, della capacità produttiva, comporterà che la componente delle attrezzature continuerà a crescere nel 2008, sebbene ad un passo più moderato; si prevede una lieve accelerazione nel 2009. Data la domanda esterna ancora favorevole e l’attuale ristrutturazione nel settore manifatturiero, si prevede che la crescita delle esportazioni rimanga ampiamente stabile nel 2008 ed acceleri nel 2009, con un più alto contributo da parte dei servizi. Dall’altro lato, si prevede che la crescita delle importazioni si assesti su un sentiero coerente ai livelli storici, anche trainato dall’apprezzamento del tasso di cambio. Il risultato è un contributo lievemente negativo alla crescita economica da parte delle esportazioni nette nel 2008 e nel 2009 (a fronte di un contributo positivo dello 0, 1 per cento indicato dal Governo nella Relazione previsionale e programmatica per il 2008). In questo scenario, l’Italia continuerà a perdere quote di mercato in termini di volume.

Mercato del lavoro, costi e prezzi

Nel 2007 la crescita dell’occupazione rallenterà, dopo il forte aumento registrato nel 2006. Tuttavia, la diminuzione del tasso di disoccupazione rimarrà sostanziale. Assieme ad una limitata ripresa del tasso di crescita della forza lavoro, si prevede che il tasso di disoccupazione continui a scendere sia nel 2008 che nel 2009. Dopo il significativo aumento nel 2007, si prevede una decelerazione della produttività del lavoro durante il 2008, e un lieve recupero nel 2009. Nel settore manifatturiero si prevede un rallentamento della crescita della produttività già nel 2007, dopo i risultati sostenuti registrati nel 2006. Una crescita dinamica del costo per unità di lavoro, assieme all’aumento dei prezzi dei generi alimentari e del petrolio, spingeranno lievemente verso l’alto il tasso di inflazione (al 2% nel 2008). Ci si aspetta peraltro una nuova decelerazione per l’anno successivo, all’1,9%, dal momento che le pressioni inflazionistiche saranno contenute.


2. Gli obiettivi di finanza pubblica per il 2008

La Nota di aggiornamento al DPEF 2008-2011, approvata con risoluzione dalla Camera nella seduta del 4 ottobre 2007, ha rivisto le stime dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto sia della più recente evoluzione delle entrate e delle spese, sia degli effetti delle misure adottate con il decreto legge collegato alla manovra n.159/07 sull’andamento tendenziale dei conti pubblici.

 

La stima dell’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per l’anno in corso è stata pertanto rideterminata al 2,4 per cento del PIL, a fronte del 2,5 per cento indicato nel DPEF di giugno e contenuto nell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità (dicembre 2006)[2].

 

Il quadro tendenziale di finanza pubblica, registrando la favorevole dinamica dei conti pubblici, prospetta, per il 2008, un indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL, con un miglioramento rispetto alla previsione indicata nel DPEF di 0,4 punti percentuali di PIL.

 

Sulla base degli andamenti tendenziali delle entrate e delle spese, l’indebitamento netto continuerebbe a diminuire negli anni successivi al 2008 (di 0,2 punti percentuali nel 2009, di 0,4 punti nel 2010 e di 0,2 punti nel 2011), fino a giungere all’1 per cento nel 2011 (contro l’1,3 per cento indicato dal DPEF).

 

A fronte del miglioramento degli andamenti tendenziali, la Nota di aggiornamento conferma sostanzialmente il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2008 e seguenti indicato nel DPEF di giugno.

Per il 2008, si mantienepertanto l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche fissato al 2,2 per cento dal DPEF[3].

Sono altresì confermate le stime contenute nel DPEF inerenti la spesa per interessi (4, 9 per cento) e dell’indebitamento netto corretto per il ciclo (2,1 per cento), nonché il percorso di crescita dell’avanzo primario, che nel 2008 dovrebbe attestarsi al 2,6 per cento del PIL.

Il rapporto debito-PIL dovrebbe attestarsi al 103,5 per cento[4].

Sempre per il 2008, le stime fornite dalla Nota prevedono il mantenimento al medesimo livello raggiunto nell’anno in corso della pressione fiscale (43 per cento del PIL), mentre la spesa corrente primaria si dovrebbe attestare al 40 per cento del PIL, con un aumento di due decimi di punto percentuale rispetto al 2007 (39,8 per cento del PIL)

 

Saldi di finanza pubblica per il 2008

(Valori in % del PIL)

 

 

Nota di aggiornamento

Indebitamento netto

- 2,2

Tendenziale

- 1,8

Avanzo primario

2,6

Tendenziale

3,0

Interessi

 4,9

Indebitamento netto corretto*

- 2,1

Debito Pubblico

Tendenziale

103,5

103,1

*              Per il ciclo e al netto delle misure una tantum

 

Per gli anni successivi al 2008, si prevede un indebitamento netto programmatico dell’1,5 per cento del PIL nel 2009 e dello 0,7 per cento del PIL nel 2010, fino ad arrivare al pareggio di bilancio nel 2011.

L’avanzo primario dovrebbe aumentare progressivamente fino a raggiungere il 4,9 per cento nel 2011, mentre il rapporto debito-PIL dovrebbe risultare pari al 101, 5 per cento nel 2009, al 98,5 per cento nel 2010, e al 95,1 per cento nel 2011.

Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica negli anni 2009-2011 occorrerà pertanto una manovra correttiva annua di almeno lo 0,4 per cento del PIL.

Tali risorse, sulla base delle indicazioni programmatiche del Governo, dovranno essere reperite senza aggravi della pressione fiscale, ma agendo sul fronte della spesa, in continuità con le azioni intraprese nell’anno in corso ai fini dell’attuazione di un programma di riqualificazione della spesa pubblica.

Coerentemente a tale impostazione, è previsto che la pressione fiscale diminuisca dal 42,8 per cento del PIL nel 2009 al 42,5 per cento nel 2011; analogamente, la spesa corrente primaria dovrebbe passare dal 39, 3 per cento del PIL nel 2009 al 38,6 per cento nel 2011.


LE PREVISIONI ECONOMICHE D’AUTUNNO DELLA COMMISSIONE EUROPEA[5]

 

In base alle previsioni economiche d'autunno della Commissione UE, si prevede che a seguito sia di entrate inattese che degli sforzi di risanamento, il disavanzo di bilancio per il 2007 sia nella UE che nell'area dell'euro scenda al livello più basso da molti anni a questa parte, facendo registrare una media dell'1,1% del PIL nella UE e dello 0,8% del PIL nell'area dell'euro.

Anche il disavanzo strutturale dovrebbe migliorare quest'anno, seppure in misura inferiore, ma successivamente il risanamento finanziario si interromperà.

 In particolare,. un peggioramento è previsto nel 2008 in taluni Paesi, a causa del rallentamento della crescita economica e dell'uso delle entrate impreviste per spese aggiuntive in taluni Paesi.

Il disavanzo globale per il 2008 dovrebbe salire all'1,2% del PIL nella UE e allo 0,9% nell'area dell'euro, per poi stabilizzarsi nel 2009, in caso di politiche invariate. In termini strutturali, anche il risanamento finanziario dovrebbe interrompersi nel 2008 e nel 2009.

Il debito pubblico è su un sentiero di discesa e dovrebbe calare al 63,4% del PIL nell'area dell'euro entro il 2009 e scendere al di sotto del 60% nella UE già nel 2007.

La Finanza pubblica italiana

Per quanto concerne l’Italia, per il 2007 si prevede che l’indebitamento netto si attesti al -2,3 per cento del PIL ( a fronte del -2,4 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF).

Il miglioramento rispetto al 4,4 per cento registrato nel 2006 riflette i sostenuti introiti e gli effetti delle misure una tantum, che si innalzano da un valore negativo dell’1,2 per cento del PIL nel 2006, ad un valore positivo dello 0,2 per cento del PIL (tasse sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e ricavi derivanti dalla vendita del patrimonio). Un’apprezzabile parte di questo miglioramento è dovuta alle nuove misure che compensano la perdita del gettito IVA legato alla decisione della Corte Europea di Giustizia relativamente al regime italiano dell’IVA per le auto aziendali, ufficialmente stimato a più dello 0,3 per cento del PIL.

L’avanzo primario è previsto attestarsi al 2,5 per cento del PIL durante il 2007.

Il rapporto entrate/ PIL - al netto delle misure una tantum - aumenterà di oltre l’1 per cento. Circa un terzo di questo aumento deriva dal trasferimento di parte dei flussi del TFR dalle imprese al sistema nazionale di previdenza (INPS), misura che porta risorse ulteriori nel breve termine, ma che non migliora la sostenibilità della finanza pubblica.

Il resto può essere ascritto a varie misure adottate nel 2006 per l’ampliamento della base imponibile, così come ad un gettito eccezionalmente positivo derivante dalla tassazione dei redditi d’impresa.

Per ciò che riguarda la spesa, si prevede un lieve aumento della quota del PIL relativa alla spesa per interessi.

Due pacchetti di misure adottate durante l’anno aventi l’effetto di aumentare il deficit (ci si riferisce ai Decreti Legge n. 81 e n. 159 del 2007), hanno lasciato presagire spese ulteriori, ufficialmente stimate come corrispondenti allo 0,9 per cento del PIL. Come risultato di queste misure, la spesa primaria corrente in termini reali è prevista in aumento del 2,3 per cento rispetto al 2006, al di sopra della crescita potenziale del prodotto.

Si prevede inoltre un aumento ancora maggiore degli investimenti pubblici, ancorché non pari a quanto previsto nelle proiezioni ufficiali, data la caduta registrata nel primo semestre. Ciò spiega le previsioni relative al deficit, inferiori di 0,1 punti percentuali, da parte dei servizi della Commissione. L’esito della spesa potrebbe peraltro essere più basso, se vi sono ritardi nei flussi di cassa, in particolare a livello locale, negli ultimi mesi dell’anno.

Il deficit strutturale - calcolato tenendo conto degli aggiustamenti del ciclo economico, al netto delle misure temporanee ed una tantum - si prevede che sia più basso, rispetto al 2006, di quasi lo 0,75 per cento del PIL.

Nel biennio 2006-2007, l’aggiustamento strutturale generale sarà vicino al 2 per cento del PIL.

Per il 2008, il Governo ha confermato l’obiettivo di un rapporto deficit / PIL del 2,2 per cento, con una crescita del PIL reale all’1,5 per cento.

Partendo da una proiezione di base di un rapporto deficit/PIL dell’1,8 per cento a legislazione invariata, il disegno di legge finanziaria adottato il 29 settembre ha un impatto sulla crescita del deficit di 0,4 punti percentuali. Il medesimo disegno di legge prevede una riorganizzazione della spesa, così come ulteriori spese correnti ed alcuni tagli alle tasse.

Il finanziamento degli accordi salariali del settore pubblico per il biennio 2006-2007 assorbe almeno tre quarti della spesa addizionale netta.

Nelle proiezioni ufficiali, il costo dei salari aumenta di circa il 7 per cento nel 2008 (9 per cento nel periodo 2007-2008).

I tagli fiscali sono principalmente legati alla deducibilità degli affitti ed alla diminuzione dei tributi locali sugli immobili. Il disegno di legge finanziaria prevede inoltre una riduzione delle aliquote IRES e IRAP.

I servizi della Commissione prevedono un deficit attestato al 2,3 per cento del PIL per il 2008 (a fronte di una previsione del 2,2 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Da un lato, la stima dell’impatto del disegno di legge finanziaria per il 2008 è in linea con la stima ufficiale; dall’altro lato, le proiezioni di base sulla spesa primaria della Commissione sono lievemente più caute, stante l’assenza di misure convincenti per il contenimento della spesa e tenendo conto che alcune spese potrebbero slittare dal 2007 al 2008.

L’avanzo primario è previsto come sostanzialmente invariato.

Ci si attende che la spesa per interessi, rispetto al PIL, cresca ulteriormente dello 0,1 per cento. Non si prevedono miglioramenti nell’assetto strutturale del bilancio (le imposte sostitutive sulla rivalutazione delle partecipazioni societarie e i proventi derivanti dalla vendita del patrimonio dovrebbero ridurre il deficit dello 0,1 per cento del PIL).

La Commissione sottolinea quindi come vi siano rischi sia per la parte positiva, sia per la parte negativa legata alla previsioni sul deficit per l’anno 2008.

Da un lato, è possibile un miglior effetto di trascinamento del 2007, dati i risultati positivi di budget nella prima metà dell’anno e gli sviluppi favorevoli nel fabbisogno del settore statale fino a ottobre. Dall’altro lato, gli scostamenti previsionali simili a quelli registrati nel 2007 potrebbero condurre ad un deficit più alto. Inoltre, l’esito dei cambiamenti sostanziali nella tassazione delle imprese è soggetto a incertezza significativa su entrambi i fronti.

Basandosi sull’usuale assunto dell’invarianza delle politiche, si prevede poi che il deficit nel 2009 rimanga invariato rispetto al livello previsto nel 2008 (2,3 per cento del PIL). Inoltre, anche a causa di una sostanziosa crescita del PIL nominale, si prevede che il debito pubblico diminuisca dal 106,8 per cento nel 2006 al 104,3 per cento nel 2007(a fronte di una previsione del 105 per cento indicata dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF). Si prevede poi una diminuzione al 102,9 nel 2008 (a fronte del 103,5 per cento indicato dal Governo nella Nota di aggiornamento al DPEF) e, basandosi su uno scenario a politiche invariate, un’ulteriore lieve diminuzione nel 2009.


PARTE II
La manovra di finanza pubblica


1. L’articolazione della manovra

La manovra di finanza pubblica varata nel Consiglio dei Ministri del 28 settembre è composta da un decreto-legge collegato (n. 159 del 2007), avente impatto principalmente sull'esercizio 2007, dal disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 e il bilancio pluriennale per il triennio 2008-2011 (AC 3257), dal disegno di legge finanziaria per il 2008 (AC 3256), e da una serie di provvedimenti collegati elencati nella Nota di aggiornamento al DPEF.

 

In particolare, i disegni di legge collegati, alcuni già trasmessi al Parlamento ed altri in corso di preparazione[6], riguardano:

 

§      l’attuazione dell’Accordo su previdenza, lavoro e competitività del 23 luglio scorso tra Governo e parti sociali, cd. Protocollo Welfare(AC 3178);

§      i costi della politica e la razionalizzazione della P.A.;

§      il sostegno ai non autosufficienti, le politiche sociali e la famiglia;

§      la razionalizzazione e l’ammodernamento del sistema sanitario nazionale;

§      le infrastrutture, l’ambiente, l’assetto e la mobilità sul territorio.

 

Nell'audizione del 4 ottobre presso le Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato il Ministro dell'economia ha precisato che la manovra annuale di finanza pubblica si articola su 4 anni, poiché, oltre a riguardare - come di norma - il triennio futuro (2008-1011), interviene ancora una volta sul 2007, con il decreto-legge n. 159 del 2007.

Tale legame del decreto-legge n. 159 del 2007 con la manovra di finanza pubblica è reso evidente dalla circostanza secondo la quale tale provvedimento anticipa alcuni degli interventi che il DPEF 2008-2011 inseriva nella cosiddetta "Tassonomia delle spese eventuali", relative ad impegni sottoscritti e alle prassi consolidate. Si tratta in particolare di una quota degli oneri del contratto del pubblico impiego, di stanziamenti per la cooperazione internazionale e per gli investimenti di Ferrovie ed ANAS.

 

Il decreto-legge n.159 del 2007, approvato contestualmente alla manovra di bilancio per il 2008 e attualmente in corso d’esame da parte del Parlamento, reca interventi che operano quasi esclusivamente nel 2007, con effetti onerosi pari a oltre 8400 milioni di euro, coperti, quanto a 5.978 milioni di euro a valere sulle maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni registrate nel disegno di legge di assestamento del Bilancio dello Stato, quanto 1.320 milioni di euro mediante utilizzo della riduzione dell’autorizzazione di spesa concernente il contributo al bilancio comunitario, anch’essa già iscritta (per un importo pari a 1300 milioni di euro) nell’assestamento 2007, e quanto 1.100 milioni di euro mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa del Fondo per le aree sottoutilizzate, di cui all’articolo 61, comma 1, della legge n. 289 del 2002.

I principali interventi introdotti dal decreto riguardano, per la spesa corrente, le misure una tantum a favore dei soggetti c.d. incapienti per un importo complessivo di 1.900 milioni di euro, le risorse per il pubblico impiego e la cooperazione internazionale, nonché le risorse per l'istruzione. Le maggiori spese in conto capitale riguardano le risorse a favore dell'edilizia residenziale pubblica, le spese per l'ambiente e le risorse per opere pubbliche e trasporti (investimenti Anas e Ferrovie).


2. Il contenuto della manovra

 

Diversamente dalle manovre adottate negli ultimi anni[7], la manovra finanziaria per il 2008 non ha la funzione di ricondurre il disavanzo tendenziale, vale a dire il disavanzo che si produrrebbe sulla base della legislazione vigente qualora non intervenissero ulteriori provvedimenti, ai valori programmatici.

 

Il Governo ha infatti confermato l’obiettivo di indebitamento netto del conto economico delle amministrazioni pubbliche indicato dal DPEF al -2,2 per cento del PIL per il 2008, destinando le maggiori risorse resesi disponibili dal favorevole andamento del quadro tendenziale dei conti pubblici e, segnatamente, delle entrate tributarie, al finanziamento di nuovi interventi oggetto dalla manovra contenuta nel disegno di legge finanziaria, la quale, rispetto al quadro tendenziale, reca un effetto espansivo di circa 0,4 punti di PIL nel 2008, 0,3 nel 2009 e nel 2010 e di 0,2 nel 2011.

 

La manovra finanziaria comporta pertanto un aumento dell'indebitamento netto per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 rispetto alle previsioni a legislazione vigente.

 

Nel 2008, a seguito delle modifiche apportate dal Senato all’articolato e alle tabelle del disegno di legge finanziaria, l'aumento dell'indebitamento netto, pari a circa 6.421 milioni di euro, deriva da una riduzione netta delle entrate di circa 2.345 milioni di euro e da un aumento complessivo delle spese pari a circa 4.076 milioni di euro[8].

 


La tabella seguente riepiloga gli effetti complessivi in termini di indebitamento netto per il triennio 2008-2010, disaggregandoli in termini di variazione netta delle entrate (composta dal saldo delle minori e maggiori entrate) e delle spese (anch'esse espresse come saldo delle maggiori e minori spese).

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008

2009

2010

Maggiori entrate

707

733

1.160

Minori entrate

3.052

4.568

3.532

Riduzione Netta Entrate

2.345

3.835

2.372

Maggiori spese (articolato + tabelle)

9.767

6.860

8.973

Minori Spese

5.691

5.911

5.997

Aumento Netto Spese

4.076

949

2.976

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

4.785

5.348

 

Negli anni successivi, il peggioramento dell'indebitamento netto è inferiore a quello che si prevede nel 2008, risultando pari a circa 4.785 milioni di euro per il 2009 e a 5.348 milioni di euro per il 2010.

 

Tale andamento appare riconducibile ad una serie di fattori.

Gli effetti sul saldo derivanti dalla componente dal lato delle entrate rimangono significativi in ciascuno degli esercizi, con variazioni da un esercizio all'altro dovute principalmente ai meccanismi di saldo-acconto degli interventi operati sulle imposte.

Decrescente risulta invece il contributo netto delle spese. La variabilità del contributo delle maggiori spese è ascrivibile, tra l’altro, alle spese di attuazione del Protocollo Welfare (che mostrano un andamento crescente, nel 2010 pari a 2.750 milioni di euro, a fronte della stima per il 2008 di 1.278 milioni di euro). Il contributo crescente delle minori spese nel triennio dipende principalmente dalla valutazione dei risparmi connessi con la razionalizzazione della spesa delle Pubbliche amministrazioni, soprattutto in relazione alla riduzione dei consumi intermedi.

La riduzione di gettito è ascrivibile principalmente agli effetti degli interventi di natura tributaria sulle famiglie (casa e affitti), mentre l'incremento dal lato della spesa dipende in larga misura da interventi di parte corrente, tra cui, in particolare, le misure in materia di pubblico impiego e le risorse per l'attuazione del Protocollo Welfare, che costituiscono la gran parte delle maggiori spese correnti. La maggiore spesa in conto capitale vede rifinanziamenti nella parte tabellare del disegno di legge finanziaria. I risparmi di spesa riguardano in gran parte le misure di parte capitale e sono ascrivibili per oltre 1500 milioni di euro alla modifica del termine di perenzione dei residui passivi relativi a spese in conto capitale, cui si aggiungono ulteriori interventi di razionalizzazione della spesa di parte corrente, tra i quali una ulteriore riduzione dei consumi intermedi.

Nel complesso, nel 2008 le spese in conto capitale con le misure riportate nell'articolato diminuiscono di 2.554 milioni, in quanto le maggiori spese, pari a 1.337 milioni, risultano inferiori alle misure di contenimento valutate in circa 3.891 milioni.

 

Rispetto al testo del disegno di legge finanziaria presentato al Senato, le modifiche ivi apportate hanno determinato una riduzione della variazione netta delle entrate, che, per il 2008, sono passate da -2.606 milioni di euro a – 2.345 milioni di euro, a fronte della quale si è registrato un aumento netto delle spese per un importo pari a 261 milioni di euro.

 

La tabella seguente espone il confronto degli effetti in termini di indebitamento netto per l’anno 2008 tra il testo del disegno di legge finanziaria presentato dal Governo e quello approvato dal Senato.

 

Effetti sul conto economico delle Amministrazioni Pubbliche

(mln euro)

2008 AS1817

2008 AC3256

Differenza

Maggiori entrate

262

707

445

Minori entrate

2.867

3.052

185

Riduzione Netta Entrate

2.606

2.345

-261

Maggiori spese (articolato + tabelle)

8.557

9.767

1.210

Minori Spese

4.742

5.691

949

Aumento Netto Spese

3.815

4.076

261

Aumento dell'Indebitamento netto

6.421

6.421

0

 

 

Per quanto concerne il contenuto, si osserva, preliminarmente, come la manovra finanziaria per il 2008 si collochi nella nuova cornice generale della decisione di bilancio, caratterizzata dalla nuova classificazione in Missioni (34) e Programmi (167) del Bilancio dello Stato[9].

 

La riclassificazione del Bilancio dello Stato per Missioni e Programmi si è infatti riverberata anche nella struttura del disegno di legge finanziaria per il 2008.

 

La direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 luglio 2007, sopperendo alla mancanza di una procedura formalizzata comune a tutte le Amministrazioni, ha infatti introdotto delle linee guida per le Amministrazioni che hanno consentito una più ordinata e organica predisposizione delle proposte di variazione della legislazione vigente da introdurre nel disegno di legge finanziaria. Conseguentemente, già durante il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, le singole proposte provenienti dai Dicasteri sono state strutturate seguendo la classificazione in Missioni e Programmi. Ai sensi della suddetta circolare le proposte di variazione dovevano infatti contenere: a) la definizione di priorità, con l’indicazione delle ragioni delle variazioni ed il grado di priorità rispetto alle altre proposte; b) la redistribuzione delle risorse già in gestione dell’Amministrazione sulla base della legislazione vigente piuttosto che ad un aumento; di conseguenza, le proposte dovevano includere le possibili abrogazioni di normativa vigente per liberare risorse al fine di potenziare i Programmi ritenuti prioritari; c) gli obiettivi da perseguire, anche al fine della realizzazione della c.d. spending review, ossia del piano di analisi e valutazione della spesa pubblica avviato dal Governo.

 

Le Missioni - ossia le funzioni principali e i grandi obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica - che interessano il disegno di legge finanziaria per il 2008 sono pari a 29 su un totale di 34 previste dalla nuova classificazione del Bilancio.

Le disposizioni relative a tali Missioni sono inserite al Titolo III, “Interventi sulle Missioni”, Capi I – XXVIII del provvedimento.

 

La tabella che segue reca l’elenco delle Missioni cui sono ascritti effetti di spesa nell’articolato e nelle tabelle del disegno di legge finanziaria secondo l’allegato 7 riferito al testo presentato al Senato e il corrispondente peso percentuale in termini di saldo netto da finanziare[10].

 

Anno
2008

Missioni

Saldo netto da finanziare

Quota parte
%
sul totale delle spese ripartite per Missione

3

Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

10.935,9

44,3

33

Fondi da ripartire

4.024,1

16,3

4

L'Italia in Europa e nel Mondo

3.493,7

14,1

25

Politiche previdenziali

1.631,4

6,6

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

1.150,0

4,7

11

Competitività e sviluppo delle imprese

1.067,3

4,3

26

Politiche del lavoro

880,0

3,6

13

Diritto alla mobilità

625,4

2,5

23

Istruzione universitaria

550,0

2,2

1

Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e PCM

134,0

0,5

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

125,0

0,5

17

Ricerca ed innovazione

84,3

0,3

15

Comunicazioni

80,0

0,3

9

Agricoltura-politiche agroalimentari e pesca

74,7

0,3

29

Politiche economico-finanziarie e di bilancio

74,1

0,3

8

Soccorso civile

68,6

0,3

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

58,8

0,2

27

Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

51,5

0,2

30

Giovani e sport

51,0

0,2

18

Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente

50,0

0,2

21

Tutela e valorizzazione dei beni culturali

35,4

0,1

5

Difesa e sicurezza del territorio

30,0

0,1

16

Commercio internazionale ed internazionalizzazione sistema produttivo

30,0

0,1

7

Ordine pubblico e sicurezza

24,3

0,1

31

Turismo

0,0

0,0

22

Istruzione scolastica

-20,0

-0,1

varie*

Misure di razionalizzazione della spesa che interessano più missioni/programmi

-604,0

-2,4

 

Totale

24.705,4

100,0

 

Sulla base di tali dati si evince come rimangano esclusi dalla ripartizione per Missione gli articoli iniziali del disegno di legge, relativi alle disposizioni di cui al Titolo I e II in materia di risultati differenziali e di entrata (da 1 a 15), nonché gli articoli finali, relativi alle disposizioni in materia di contenimento e razionalizzazione delle spese valide per tutte le Missioni (da 137 a 144) ed in materia di pubblico impiego (da 145 a 149), poiché non imputabili distintamente ad alcuna specifica Missione.

Per quanto attiene agli interventi sulle Missioni recati dal disegno di legge finanziaria presentato dal Governo, si osserva come, sul versante delle spesa, gli effetti più rilevanti in termini di saldo netto da finanziare siano ascrivibili alle Missioni 3 (Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali[11]), 33 (Fondi da ripartire) e 4 (L’Italia in Europa e nel mondo). Di particolare rilievo in termini di impatto quantitativo sono inoltre le diverse misure di riduzione/razionalizzazione della spesa che interessano più Missioni/Programmi (per un approfondimento in ordine alla riclassificazione del Bilancio dello Stato si rinvia alla Parte III del presente dossier).

 

Sempre in ordine al contenuto del disegno di legge finanziaria, esso reca, sul versante del reperimento delle risorse, una serie di misure di razionalizzazione e riqualificazione della spesa, tra le quali si segnalano:

 

§      le minori spese in conto capitale ascrivibili alla previsione di riduzione del termine di perenzione dei residui propri di conto capitale, che viene portato da sette a tre anni (art. 142);

§      le minori spese correnti ascrivibili al taglio lineare delle spese per consumi intermedi non aventi carattere obbligatorio (art.126), nonché la limitazione delle iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri per il 50 per cento dei versamenti riassegnabili all’entrata (art.131).

§      le misure finalizzate alla riduzione dei costi della politica, quali la non applicazione dell’adeguamento annuale all’indennità parlamentare (art. 16), la riduzione dei contributi relativi alle comunità montane oggetto di soppressione (art. 25), e la riduzione degli stanziamenti relativi al rimborso delle spese elettorali (art. 67, co. 1);

§      le minori spese in conto capitale derivanti dalla limitazione: degli investimenti degli enti previdenziali pubblici nella misura del 7 per cento dei fondi disponibili (art. 106); delle spese annue di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché delle spese di manutenzione straordinaria degli immobili utilizzati da enti pubblici (art. 131);

§      le minori spese correnti derivanti dalle misure volte alla riduzione del costo degli immobili in uso alle Amministrazioni statali, da attuarsi attraverso un piano di razionalizzazione degli spazi (art. 135).

 

Tra le misure di razionalizzazione della spesa, si segnalano, inoltre: le disposizioni di contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche concernenti la cilindrata massima delle autovetture di servizio, la riduzione delle spese postali e telefoniche, la razionalizzazione dell’uso delle dotazioni strumentali e informatiche e dei beni immobili (art. 128); le diposizioni in materia di riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche (art.137), nonché le misure in materia di limiti alle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art.144).

 

Per quanto concerne l’utilizzo delle risorse, tra le disposizioni recanti minori entrate, la quota preponderante è rappresentata degli interventi di carattere tributario in favore delle famiglie e, segnatamente, dalle misure agevolative riguardanti l’abitazione principale, tra le quali la detrazione ICI in favore dei proprietari e quelle Ire in favore degli affittuari, che determinano effetti, in termini di indebitamento netto, per circa 2,2 miliardi di euro.

 

Con riguardo agli interventi in favore delle famiglie, si rammenta che il decreto legge n. 159/2007 collegato alla manovra di finanza pubblica prevede per l’anno in corso l’istituzione di un fondo con una dotazione pari a 1,9 miliardi di euro, destinata all’attribuzione ai soggetti incapienti ed ai relativi familiari fiscalmente a carico di una somma forfetaria a titolo di rimborso di parte delle maggiori entrate affluite all’erario .

 

Gli interventi inerenti il prelievo sulle imprese appaiono invece caratterizzati da molteplici misure che, a fronte di riduzioni di aliquota (IRES e IRAP), determinano un ampliamento delle basi imponibili, realizzando nel contempo una semplificazione e razionalizzazione del prelievo medesimo.

In materia di pubblico impiego le maggiori spese sono ascrivibili in prevalenza all’integrazione degli stanziamenti per i rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007 con riferimento ai protocolli siglati dal Governo con le organizzazioni sindacali nell’aprile e nel maggio 2007; le misure adottate in materia recano complessivamente, in termini di indebitamento netto, maggiori oneri pari ad oltre 2 miliardi di euro per il 2008.

Tra le disposizioni in materia di previdenza e assistenza, il peso preponderante è rappresentato dal finanziamento del Protocollo sul Welfare del 23 luglio 2007, la cui attuazione è rinviata al disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica attualmente all’esame della Camera (AC 3178). Si segnalano, inoltre, le misure nel settore degli ammortizzatori sociali le quali, peraltro, essendo finanziate a valere sul Fondo per l’occupazione, non hanno autonoma incidenza sui saldi.

In materia di sanità, si segnalano le disposizioni che, in attuazione di quanto previsto dai Piani di rientro del disavanzo sottoscritti da alcuni regione, autorizzano lo Stato ad effettuare un’anticipazione a Lazio, Campania, Molise e Sicilia, nel limite massimo di 9.100 milioni di euro, finalizzata all’estinzione anticipata dei debiti sanitari cumulati fino al 31 dicembre 2005 (art. 29).

In materia di enti locali, si segnala, infine, la modifica dei criteri contabili del patto di stabilità interno, finalizzata, tra l’altro, ad agevolare l’utilizzo degli avanzi di amministrazione per il finanziamento della spesa in conto capitale.


3. La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

 

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).

 


 

PARTE III
Il disegno di legge di Bilancio per il 200
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1. La disciplina contabile: il Bilancio dello Stato

1.1 Funzioni e struttura del Bilancio

Il Bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il Bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del Bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il Bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

 

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio;

§      dal quadro generale riassuntivo.

 

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare: esse sono individuate dai singoli disegni di legge di bilancio, con i quali si provvede, di volta in volta, alle eventuali modifiche o integrazioni rispetto alla classificazione dell'anno precedente.

Fino al bilancio 2007, le unità previsionali di base hanno seguito la classificazione delineata dall’articolo 4 della legge di riforma n. 94/97.

In particolare, negli stati di previsione relativi alla spesa, le unità previsionali di base sono articolate, al primo livello, per centri di responsabilità amministrativa, che attualmente corrispondono alle direzioni generali dei singoli dicasteri competenti a gestire le risorse finanziarie assegnate. Al secondo livello, sono articolate sulla base del titolo della spesa (corrente, in conto capitale o rimborso di passività finanziarie). Al terzo livello, le unità previsionali di base sono distinte in base alla tipologia di spesa. Per la spesa corrente le tipologie sono: funzionamento; interventi; trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi; oneri del debito pubblico; oneri comuni. Per la spesa in conto capitale, le unità previsionali di base sono articolate in: investimenti, oneri comuni; altre spese. Le unità previsionali di base presentano un ulteriore ripartizione (quarto livello), che si riferisce alla specifica destinazione dello stanziamento .Quando ci si riferisce genericamente alle “unità previsionali di base” si intende far riferimento alle unità di quarto livello. Le unità previsionali di base di quarto livello sono quelle che, sino al bilancio 2007, sono state oggetto di emendamenti nel corso dell’esame parlamentare, limitatamente alla parte discrezionale.

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)  l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)  l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)  l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa. I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

Nel quadro generale riassuntivo sono esposti i seguenti saldi:

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate tributarie ed extratributarie e il totale delle spese correnti (risparmio pubblico, che corrisponde al saldo corrente);

-        il risultato differenziale tra tutte le entrate e le spese, ad esclusione delle operazioni finanziarie relative alle partecipazioni azionarie, ai conferimenti, alla concessione e riscossione di crediti e all’accensione e rimborso di prestiti (indebitamento o accreditamento netto);

-        il risultato differenziale tra il totale delle entrate finali ed il totale delle spese finali, vale a dire il totale delle entrate con esclusione delle entrate relative alle operazioni di accensione di prestiti e il totale delle spese con esclusione delle spese relative a rimborso di prestiti (saldo netto da finanziare);

-        il risultato differenziale fra il totale delle entrate finali e il totale delle spese (ricorso al mercato).

In appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa sono ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica. Queste ripartizioni non sono oggetto di votazione in Parlamento ed hanno un valore meramente conoscitivo

 

L’approvazione del Bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese ivi iscritte.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in Bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

1.2 La ripresa del processo di riforma del Bilancio dello Stato

Nel corso del 2007 è stato svolto un ampio dibattito[12] che è sfociato nell’avvio di un processo di riforma degli strumenti e delle procedure di finanza pubblica, che ha investito vari aspetti della problematica, dal potenziamento degli strumenti per il monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, alla modifica delle modalità con le quali si predispongono le manovre di Bilancio, sino alla riclassificazione del Bilancio dello Stato, anche in funzione di un vasto programma di analisi, valutazione e riqualificazione della spesa pubblica (cd. spending review).

 

In tale ambito, la Legge finanziaria per il 2007[13] ha predisposto una serie di strumenti finalizzati ad avviare una riforma dei bilanci pubblici, a potenziare il monitoraggio sugli andamenti di finanza pubblica e a consentire il controllo della spesa pubblica, quali:

-        la Commissione tecnica per la finanza pubblica[14] (CTFP), cui sono stati assegnati compiti di studio e analisi, al fine di formulare proposte per accelerare il processo di armonizzazione e di coordinamento della finanza pubblica e di riforma dei bilanci delle amministrazioni pubbliche; con specifico riferimento al Bilancio dello Stato, alla Commissione è stato assegnato il compito di disegnare una diversa classificazione della spesa, anche mediante ridefinizione delle unità elementari ai fini dell'approvazione parlamentare, finalizzata al miglioramento della scelta allocativa e ad una efficiente gestione delle risorse, rafforzando i processi di misurazione delle attività pubbliche e la responsabilizzazione delle competenti amministrazioni;

-        un apposito Servizio studi nell’ambito del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, con finalità di raccordo alla Commissione tecnica (comma 476);

-        il rafforzamento delle attività e degli strumenti di analisi e monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica già esistenti, anche con il potenziamento ed il collegamento fra loro delle strutture di supporto del Parlamento (comma 481);

-        un programma straordinario di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali (cd. spending review), affidato al Ministro dell'economia,volto a riesaminare in modo sistematico l’insieme dei Programmi di spesa in atto e valutando la loro corrispondenza agli obiettivi originari ed alle nuove priorità nell’azione di Governo, al fine di migliorare l’efficienza organizzativa e la qualità dei servizi offerti dallo Stato.

Ulteriori passi verso la riforma del Bilancio e un processo sistematico di analisi e valutazione della spesa sono stati:

-        la presentazione da parte del Ministro dell’economia al Consiglio dei Ministri e alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato degli “Orientamenti del MEF in materia di struttura del Bilancio e valutazione della spesa” (Gennaio 2007);

-        l’indicazione da parte del Presidente del Consiglio dei Dicasteri che avvieranno la spending review: Giustizia, Interni, Istruzione, Infrastrutture e Trasporti, (Aprile 2007);

-        la pubblicazione della Circolare del MEF per la predisposizione del Bilancio per l’anno 2008, recante una prima ipotesi di riclassificazione del Bilancio dello Stato (7 Giugno 2007) e della Direttiva del Presidente del Consiglio recante le modalità per la presentazione della legge finanziaria[15](3 agosto 2007);

-        la presentazione di un prima relazione sui risultati del programma di analisi e valutazione della spesa e sulle conseguenti iniziative di intervento: “Libro verde sulla spesa pubblica” (6 settembre 2007);

-        la presentazione del disegno di legge di bilancio per l’anno 2008 riclassificato per Missioni e Programmi (cfr.oltre).

 

Per quanto attiene al dibattito svoltosi sul versante parlamentare, si ricorda che in data 13 febbraio 2007, che le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno deliberato lo svolgimento di un'indagine conoscitiva congiunta sulle linee di riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio[16].

Le due Commissioni Bilancio della Camera e del Senato, nella riunioni, rispettivamente, del 9 e 10 maggio 2007, hanno costituito, ciascuna al proprio interno, un Comitato permanente per il monitoraggio della finanza pubblica - composto in modo paritetico da rappresentanti dei gruppi di maggioranza e dei gruppi di opposizione e presieduto dal Presidente della Commissione - chiamato a svolgere un'attività conoscitiva avente per oggetto le caratteristiche della spesa pubblica, le dinamiche che regolano il suo andamento, i fattori che ne rendono difficile, in base alla vigente normativa, il contenimento, e l'individuazione dei possibili rimedi ai fini di una più efficace allocazione delle risorse disponibili.

 

Per quanto concerne il Bilancio dello Stato, il dibattito che ha condotto alla riclassificazione del Bilancio in Missioni e Programmi (cfr.oltre) è scaturito dalla considerazione che la struttura attuale del Bilancio – fondata sulle unità previsionali di base articolate, al primo livello, in Centri di responsabilità amministrativa - non consente ancora una chiara identificazione delle “azioni” svolte attraverso l’utilizzo delle risorse pubbliche.

Fino al 2007 il Bilancio è stato infatti strutturato sulla base dell’organizzazione delle Amministrazioni (chi gestisce le risorse) e non anche sulle funzioni (cosa viene realizzato con le risorse disponibili).

Si è pertanto ritenuto che ciò renda complesso il monitoraggio e la valutazione delle politiche pubbliche, non agevolando la definizione delle priorità dell’azione politica ed amministrativa.

Conseguentemente,si è provveduto ad innovare la struttura del Bilancio ponendo al centro dell’attenzione i criteri di allocazione dell’insieme delle risorse pubbliche e le loro modalità di utilizzo, anche al fine di superare la tradizionale logica "incrementale", in base alla quale è invalsa la tendenza a rifinanziare le politiche di spesa in essere senza valutarne attentamente la qualità e l’efficienza in relazione agli obiettivi che si intendono conseguire.

La nuova classificazione del Bilancio, rendendo più evidente il legame tra risorse stanziate e azioni perseguite econsentendoper tale via una più agevole misurazione e verifica degli obiettivi raggiunti, appare, del resto, strettamente funzionale al processo di valutazione e riqualificazione della spesa (cd. spending review)avviato dal Governo al fine di riesaminare in modo sistematico l’efficienza e l’efficacia dell'insieme dei Programmi di spesa in atto.

1.3 La nuova classificazione del Bilancio dello Stato

In coerenza con il dibattito sviluppatosi e con agli impegni assunti in sede parlamentare, il Governo ha inteso dare una ulteriore spinta alla riforma del bilancio del 1997, procedendo, ai fini della predisposizione del Bilancio di previsione a legislazione vigente per il prossimo anno e per il triennio 2008-2010, ad una profonda revisione in senso funzionale del sistema di classificazione del Bilancio dello Stato, volta a chiarire meglio la relazione fra l’insieme complessivo delle risorse disponibili e le specifiche finalità pubbliche perseguite.

 

La revisione operata è avvenuta a legislazione vigente.

Al riguardo, la relazione al disegno di legge di Bilancio per il 20008[17], sottolinea come la nuova struttura del Bilancio si basi sempre sulla legge n. 468 del 1978, come modificata dalla legge di riforma n. 94 del 1997; nel riprendere il processo di riforma si capovolge tuttavia l'impostazione precedente, in quanto si passa da uno schema basato sulle Amministrazioni e le sottostanti unità organizzative (Centri di responsabilità che gestiscono le risorse), ad una struttura che pone al centro le funzioni da svolgere, individuando le grandi finalità perseguite nel lungo periodo con la spesa pubblica (le Missioni), e come esse si realizzano concretamente attraverso uno o più Programmi di spesa (cfr.oltre).

 

Si ricorda che la normativa vigente (articolo 4, comma 2, lettera b), della legge di riforma n. 94 del 1997), prevede che le “funzioni-obiettivo siano individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore e di misurare il prodotto della attività amministrativa, ove possibile anche in termini di servizi finali resi ai cittadini”. In linea con tali prescrizioni, nell’ambito del bilancio annuale, sino ad oggi, è stata applicata una classificazione funzionale della spesa, basata per i primi tre livelli (Divisioni, Gruppi, Classi) sulla classificazione COFOG (classification of functions of government - classificazione delle funzioni di Governo, previste dal SEC 95 elaborata in sede OCSE) e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali della spesa pubblica del nostro Paese. La suddivisione percentuale degli stanziamenti di spesa per funzioni obiettivo ha avuto, fino ad ora, un significato solo conoscitivo ed informativo, rivelandosi, ad avviso del Governo[18], insoddisfacente ed inadeguata, stante la sua scarsa capacità di raccordo con il bilancio decisionale votato dal Parlamento e la scarsa significatività nel rappresentare le peculiarità della spesa pubblica italiana. Tale classificazione, inoltre, sviluppandosi strutturalmente in modo trasversale tra i vari Ministeri, non risulta, sempre ad avviso del Governo, idonea a costituire la base per un diverso sistema gestionale diretto alla responsabilizzazione dei dirigenti.

 

La riclassificazione è stata attuata all’interno della struttura attuale del Bilancio dello Stato, il quale, ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 468 del 1978, si articola in stati di previsione, corrispondenti, per quanto riguarda la spesa, ai Ministeri.

 

Per quanto concerne gli stati di previsione della spesa, la riorganizzazione operata si fonda su una classificazione delle risorse finanziarie secondo due livelli di aggregazione: 34Missioni, a loro volta articolate in 167 “Programmi.

 

Si segnala, peraltro, che nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), si fa riferimento a 168 programmi, ma in realtà, secondo quanto riportato nell’allegato al medesimo disegno di legge “Riepilogo Missione/Programma”, i Programmi ivi effettivamente contemplati sono 167.

Le  Missioni

Le Missioni rappresentano le funzioni principali e gli obiettivi strategici perseguiti con la spesa pubblica. Sono quindi una rappresentazione politico-istituzionale del Bilancio, volta a rendere più trasparenti i grandi aggregati di spesa e a meglio comunicare le direttrici principali dell’azione amministrativa delle singole Amministrazioni.

 

L’articolazione delle Missioni sottende una visione dello Stato che non svolge solo le funzioni fondamentali - quali, ad esempio, l'amministrazione della difesa (Missione 5), e della la giustizia (Missione 6), la tutela della salute (Missione 20) e la promozione dell’istruzione scolastica (Missione 22) - ma espleta anche compiti di tutela di particolari categorie sociali e di redistribuzione delle risorse, tutelando, ad esempio, i diritti sociali e la famiglia (Missione 24) e i giovani e lo sport (Missione 30), ovvero interessi collettivi, come lo sviluppo sostenibile e la tutela del territorio e dell’ambiente (Missione 18).

 

Le Missioni non corrispondono alla ripartizione degli stati di previsione, nel senso che vi sono numerosi Ministeri che partecipano a più di una Missione istituzionale e che vi sono Missioni istituzionali affidate alla responsabilità di più Ministeri. Esse possono essere pertanto ministeriali o trasversali a più Dicasteri (interministeriali), a seconda dell’attuale ripartizione di funzioni, superando, come accennato, l’approccio tradizionale che articola la spesa pubblica secondo l’organizzazione amministrativa del Governo.

 

Le Missioni possono essere ricondotte ad un concetto di "risorse di settore", ove la Missione circoscrive l'insieme di risorse disponibili per quella specifica funzione, e può dunque essere utilizzata nell'ambito del dibattito parlamentare per organizzare la discussione della sessione di Bilancio.

 

Rispetto alla classificazione funzionale della spesa applicata sino al Bilancio 2007, basata per i primi tre livelli sulla classificazione COFOG (classification of functions of government) - ossia sulla classificazione delle funzioni di Governo previste dal SEC/95 ed elaborata in sede OCSE - e per il quarto livello sulle Missioni istituzionali, espressive delle realtà funzionali del nostro Paese, il nuovo concetto di missione, introdotto per il Bilancio 2008, si avvicina al primo livello della classificazione COFOG (Divisioni), avente lo scopo di confrontare macroaggregati e consentire una rappresentazione sintetica della spesa pubblica. Di converso, se ne allontana per la maggiore capacità esplicativa, considerato che la classificazione in Missioni in oggetto ha ricondotto a funzioni primarie dello Stato italiano attività che, nella classificazione COFOG, vengono considerate al secondo (Gruppi) o al terzo (Classi) livello; nel contempo, non fa riferimento ad alcune funzioni di primo livello COFOG che hanno scarsa capacità esplicativa ( come, ad esempio, gli "Affari economici").

 

La nuova struttura prevede inoltre due Missioni trasversali, presenti in tutti i Ministeri: "Fonde da ripartire" e "Servizi istituzionali e generali".

La Missione "Fondi da ripartire" raccoglie alcuni fondi di riserva e speciali, che non hanno, in sede di predisposizione della legge di Bilancio di previsione, una collocazione specifica, ma la cui attribuzione è demandata ad atti e provvedimenti successivi adottati in corso di gestione.

La seconda - "Servizi istituzionali e generali" - raggruppa le spese di funzionamento dell'apparato amministrativo, le quali sono trasversali a più finalità e non attribuibili puntualmente alle singole Missioni. Rientrano, in particolare, in tale categoria le spese per "l'indirizzo politico" e per "gli affari generali".

 

Si segnala, in proposito, come durante il dibattito parlamentare svoltosi in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di Bilancio, sia stato sottolineato come le due Missioni di carattere generale e trasversale che interessano gli stati di previsione di tutti i Ministeri tolgano in parte significatività alla costruzione dei Programmi, e che pertanto potrebbe in prospettiva valutarsi l’opportunità di ripartire le relative risorse nell’ambito dei singoli Programmi. Nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nel riassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha inoltre sottolineato, tra l’altro, limpossibilità di rapportare direttamente alle Missioni alcune norme di carattere trasversale (come quelle, ad esempio, inerenti il pubblico impiego e i consumi intermedi).

 

Ciascuna Missione è di norma suddivisa in più Programmi[19], ma non mancano Missioni (Missione n. 25 – Politiche previdenziali – Missione n.31 - Turismo) che consistono in un unico Programma (cfr.oltre).

 

Come accennato, la riclassificazione del Bilancio consente di identificare chiaramente lo stock delle risorse disponibili[20] a legislazione vigente per ciascuna della 34 grandi finalità istituzionali perseguite con la spesa pubblica, offendo pertanto un quadro più ampio e completo di quello offerto dalla legge finanziaria, che si limita invece a definire soltanto le risorse incrementali al margine per il prossimo anno[21].

 

A tale proposito, analizzando la quota delle risorse disponibili per il 2008 per ognuna delle 34 Missioni rispetto al totale del Bilancio dello Stato, così come rideterminate dalla II Nota di Variazione approvata dal Senato - che ha trasferito nel bilancio a legislazione vigente gli effetti del disegno di legge finanziaria e degli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dal Senato - emerge come le percentuali maggiori delle risorse siano destinate a:

§      le relazioni finanziarie con le autonomie locali (Missione 3 – Relazioni autonomie territoriali - 23,55 per cento );

§      gli interessi per il servizio del debito (Missione 34 – Debito pubblico - 16,33 per cento)[22];

§      i trasferimenti agli enti previdenziali per la previdenza obbligatoria e complementare (Missione 25– Politiche previdenziali- 14,31 per cento).

 

Il 10,51 per cento della spesa complessiva è poi destinato alle missioni relative all’istruzione scolastica e universitaria (Missione 22 – Istruzione scolastica – e 23 – Istruzione universitaria), il 5,68 per cento alle relazioni internazionali e alla cooperazione ( Missione 4 – L’Italia in Europa e nel mondo) e il 5,06 per cento è riferito ai diritti sociali e alla solidarietà sociale (Missione 24).

A fronte dell’entità delle risorse destinate alle suddette finalità istituzionali, si segnalano, a titolo esemplificativo, le risorse destinate alla ricerca e all’innovazione (Missione 17- 0,85 per cento); alle politiche del lavoro (Missione 26 - 0,76 per cento) e all’energia e diversificazione delle fonti energetiche (Missione 10 - 0,01 per cento).

 

La tabella che segue mostra l’ammontare complessivo e in quota percentuale delle risorse disponibili per ciascuna delle 34 Missioni iscritte nel Bilancio 2008, comprensive delle variazioni apportate dalla II Nota di variazione approvata dal Senato[23].

 

Numero Missione

Missioni

Stanziamenti BLV + II Nota Var.
(mln. di euro)

%
sul totale
BLV+II Nota Var.

3

Relazioni autonomie territoriali

112.792

23,55

34

Debito pubblico*

78.231

16,33

25

Politiche previdenziali

68.559

14,31

22

Istruzione scolastica

41.583

8,68

4

L'Italia in Europa e nel mondo

27.205

5,68

24

Diritti sociali e solidarietà sociale

24.234

5,06

33

Fondi da ripartire

19.961

4,17

5

Difesa e sicurezza del territorio

19.008

3,97

13

Diritto alla mobilità

10.514

2,19

7

Ordine pubblico e sicurezza

9.321

1,95

29

Politiche finanziarie e di bilancio**

8.920

1,86

23

Istruzione universitaria

8.760

1,83

6

Giustizia

7.268

1,52

28

Sviluppo e riequilibrio territoriale

5.489

1,15

11

Competitività e sviluppo imprese

4.433

0,93

17

Ricerca ed innovazione

4.060

0,85

14

Infrastrutture pubbliche e logistica

3.914

0,82

8

Soccorso civile

3.755

0,78

26

Politiche per il lavoro

3.624

0,76

1

Organi costituzionali

3.334

0,70

32

Servizi generali amministrazioni

2.830

0,59

18

Sviluppo sostenibile

1.665

0,35

21

Tutela beni culturali

1.633

0,34

27

Immigrazione

1.486

0,31

9

Agricoltura e pesca

1.364

0,28

15

Comunicazioni

1.354

0,28

19

Casa e assetto urbanistico

1.060

0,22

30

Giovani e sport

958

0,20

20

Tutela della salute***

881

0,18

2

Amm.ne generale territorio

352

0,07

16

Commercio internazionale

268

0,06

31

Turismo

113

0,02

10

Energia e fonti energetiche

59

0,01

12

Regolazione dei mercati

16

0,00

TOTALE

479.004

100,00

 

(*)    La Missione “Debito pubblico” rappresenta il valore cumulato del debito lordo consolidato dello Stato; essa si articola nei Programmi “Oneri per il servizio del debito statale”(interessi passivi) e “Rimborsi del debito statale” (rimborso di prestiti). Il dato indicato nella tabella si riferisce alla Missione al netto dei rimborsi del debito statale.

(**) Al netto delle regolazioni contabili, restituzioni e rimborsi d’imposta.

(***) La voce non include le risorse delle regioni.

 

 

I Programmi

Ogni Missione si realizza concretamente attraverso uno o più Programmi.

 

I 167 Programmi individuati rappresentano “aggregati omogenei di attività svolte all’interno di ogni singolo Ministero, per perseguire obiettivi ben definiti nell’ambito delle finalità istituzionali, riconosciute al Dicastero competente”.

Essi sono prevalentemente di competenza di un unico Ministero, anche se non mancano Programmi condivisi tra più Amministrazioni[24].

 

Tra i Programmi, sono condivisi tra più Amministrazioni: Indirizzo politico; Servizi e affari generali per le Amministrazioni di competenza; Fondi da assegnare; Prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento; Sviluppo sostenibile; Tutela e conservazione della fauna, della flora e salvaguardia della biodiversità; Vigilanza, prevenzione e repressione in ambito ambientale; Previdenza obbligatoria e complementare, sicurezza sociale, trasferimenti agli enti ed organismi interessati; Rapporti con le confessioni religiose; Oneri per il servizio del debito statale; Rimborsi del debito statale.

 

Il Programma trova la sua base normativa nell’art. 2, comma 2, della legge 468/78, come modificato dalla legge n. 94/97, e rappresenta il fulcro della nuova classificazione proposta, in quanto, ad avviso del Governo, costituisce un livello di aggregazione sufficientemente dettagliato da consentire all’organo politico di poter scegliere chiaramente l'impiego delle risorse tra scopi alternativi.

 

I nuovi Programmi derivano sostanzialmente dall'aggregazione delle attuali Missioni istituzionali (4° livello funzionale successivo ai tre livelli della classificazione COFOG), in modo da identificare aggregati più ampi e significativi rispetto a quelli esistenti.

I Programmi indicano quanto più possibile i risultati da perseguire in termini di impatto dell’azione pubblica sui cittadini e nel territorio (outcome). Nel concreto, alcuni Programmi hanno carattere strumentale, indicano cioè input dell’Amministrazione statale per perseguire le sue finalità, o evidenziano prodotti o servizi finali dell’azione dello Stato (output)

 

Per ogni Ministero esistono due Programmi trasversali, dove vengono allocate le “spese indirette”, non attribuibili ex ante ai Programmi, e le spese di "indirizzo politico", collegati entrambi alla corrispondente Missione "Servizi istituzionali e generali", sopra richiamata.

 

Ciascun Programma si estrinseca in un insieme di sottostanti "attività" che ogni Amministrazione pone in essere per il raggiungimento delle proprie finalità.

I Programmi sono pertanto frazionati in “Macroaggregati”, i quali evidenziano le diverse tipologie di spesa attribuite a ciascun Programma e costituiscono le unità fondamentali di voto nell’esame parlamentare del disegno di legge di Bilancio, corrispondenti alle voci dell’attuale terzo livello delle unità previsionali di base, previsto dall’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo n. 279/1997.

 

I Macroaggregati evidenziano le risorse attribuite e gestite dal Centro di responsabilità; i Centri di responsabilità vengono pertanto collocati al di sotto dei Macroaggregati, per consentire l'evidenziazione degli stanziamenti di Missioni, Programmi e unità previsionali di base, assegnati agli stessi Centri di responsabilità, secondo le schema seguente:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati (unità di voto parlamentare)

Per la Spesa corrente

-       1. Funzionamento

-       2. Interventi

-       3. Oneri comuni

-       4. Trattamenti di quiescenza, integrativi e sostitutivi

-       5. Oneri del debito pubblico

Per la Spesa in conto capitale

-       6. Investimenti

-       7. Altre spese in c/capitale

-       8. Oneri comuni

Rimborso di prestiti

-       9. Rimborso del debito pubblico

 

Centro di responsabilità amministrativa

 

In pratica, nel Bilancio predisposto per la decisione parlamentare, ogni Ministero ha in evidenza, in via progressiva, le “Missioni” sulle quali è coinvolto, i “Programmi” di competenza specifica, con riferimento ai Macroaggregati di spesa e, nell’ambito di questi ultimi, i Centri di responsabilità interessati.

Nell'allegato tecnico al Bilancio, il quale è comprensivo anche dei capitoli sottostanti a ciascun Centro di responsabilità amministrativa, la struttura contabile, per ogni stato di previsione della spesa, alla luce della nuova classificazione, è la seguente:

§      Primo livello di aggregazione:

-       34 Missioni

§      Secondo livello di aggregazione:

-       167 Programmi

          Terzo livello di aggregazione:

-       Macroaggregati (unità previsionale di base – unità di voto parlamentare), di cui 8 per i tre titoli della spesa - di cui 5 per la spesa corrente e 3 per la spesa in conto capitale – ed uno per il rimborso di prestiti.

          Quarto livello di aggregazione:

-       Centri di responsabilità amministrativa

·         Capitoli

 

A seguito della riclassificazione, le unità di voto per il 2008 presentano una sensibile riduzione rispetto alle unità di voto 2007, passando da 1.716 per il 2007, a 714 per il 2008, con una diminuzione del 60 per cento circa.

 


La tabella che segue evidenzia la variazione delle unità di voto del nuovo Bilancio di previsione 2008 rispetto all’anno precedente[25]:

 

Bilancio per unità previsionali di base

Amministrazioni

Unità di voto 2007

Unità di voto 2008

Entrate

164

60

Economia e Finanze

295

115

Sviluppo economico

84

46

Lavoro e previdenza sociale

60

26

Giustizia

39

16

Affari esteri

85

26

Pubblica istruzione

201

44

Interno

67

47

Ambiente, tutela territorio e mare

61

30

Infrastrutture

67

31

Comunicazioni

54

20

Difesa

81

26

Politiche agricole e forestali

59

34

Beni e attività culturali

108

34

Salute

55

25

Trasporti

65

40

Università e ricerca

34

30

Solidarietà sociale

37

26

Commercio internazionale

40

14

Aziende

 

 

Monopoli di Stato

19

7

Archivi notarili

15

7

Istituto agronomico oltremare

10

5

Fondo edifici di culto

16

5

Totale

1.716

714

 

Tale riduzione è ascrivibile al fatto che le poste 2008 da sottoporre al voto delle Camere sono, come detto, i Macroaggregati, ossia le unità previsionali di base al III livello (spese di funzionamento, spese per interventi, spese di investimento, ecc.) mentre, fino alla redazione del Bilancio di previsione 2007, le unità di voto erano rappresentate dalle unità previsionali di base al IV livello, determinate con riferimento ad aree omogenee di attività, anche a carattere strumentale, scaturenti dall'articolazione delle competenze istituzionali di ciascun Ministero[26].

 

Ciascun Macroaggregato è a sua volta suddiviso in tre voci corrispondenti alla fonte normativa della previsione di Bilancio.

 

Sono in particolare evidenziate:

 

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese predeterminate per legge (c.d. fattori legislativi), vale a dire spese obbligatorie a carattere rigido previste da disposizioni normative che quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio. Questa quota non può essere modificata né in aumento né in riduzione durante l’esame parlamentare, ma solo con altra legge sostanziale. Con riferimento ad essa viene fornito l’elenco delle autorizzazioni legislative sottostanti, con l’indicazione anche dell’apporto finanziario recato da ciascuna di esse;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente ad oneri inderogabili, vale a dire spese obbligatorie previste da disposizioni normative che tuttavia non quantificano specificamente lo stanziamento da iscrivere in Bilancio, il quale è determinato in base all’effettivo fabbisogno; sono quindi spese vincolate a particolari meccanismi che regolano la loro evoluzione e che possono essere determinati sia dalle leggi che da altri atti normativi. Si tratta, in sostanza, di spese obbligatorie o aventi natura obbligatoria la cui quota iscritta in bilancio può essere modificata solo in caso di necessità di adeguamento al fabbisogno;

§      la quota della dotazione finanziaria corrispondente a spese discrezionali, che rappresentano stanziamenti non prefissati legislativamente che trovano copertura nell'equilibrio complessivo della legge di bilancio individuato in coerenza con i vincoli di finanza pubblica. Si tratta delle spese di funzionamento dei Ministeri, che vengono quantificate tenendo conto delle necessità segnalate dalle Amministrazioni, in funzione dei programmi di spesa da perseguire. Tale quota può essere modificata in sede parlamentare; nella voce spese discrezionali è tuttavia precisata la quota che corrisponde alle spese vincolate, ossia le spese derivanti da obbligazioni giuridiche perfezionate, che pur essendo di natura discrezionale sono relative ad impegni giuridici assunti dall’amministrazione i quali devono in ogni caso essere adempiuti (es. canoni di locazione di immobili). La quota “vincolata” ai contratti in essere, qualificata spesa avente natura obbligatoria, non può essere ridotta senza determinare l’insorgere di un debito a carico dell’Amministrazione, con il conseguente contenzioso.

 

La ripartizione delle spese negli allegati riferiti a ciascun Macroaggregato in spese discrezionali, oneri inderogabili e spese predeterminate per legge e, segnatamente, la specifica indicazione nell’ambito delle spese predeterminate per legge delle singole disposizioni autorizzative introducono significativi elementi di trasparenza del Bilancio, rendendo più agevole il raccordo tra le disposizioni legislative di spesa e i corrispondenti stanziamenti di Bilancio.

 

La tabella 3, allegata al disegno di legge di Bilancio presentato al Senato (A.S.1818), rappresenta l'analisi gli oneri giuridicamente obbligatori per Missioni[27], attestando l'incidenza delle spese legislativamente vincolate sul totale delle spese finali.

In particolare, gli stanziamenti di competenza per l'anno finanziario 2008, direttamente ovvero indirettamente stabiliti dalla legge, risultano pari a 437.442 milioni di euro su un totale di spese finali pari a 466.909 milioni di euro, con una incidenza del 93,76 per cento, definiti nell'ambito delle spese correnti e in conto capitale.

 

A tale ultimo proposito, si segnala che nella relazione all’Aula del Senato sul disegno di legge di bilancio (A.S. 1817 A), si sottolinei come le indicazioni della suddetta tabella 3 concernente l’analisi degli oneri giuridicamente obbligatori per missioni destino molte perplessità, posto che se è prevedibile che la spesa corrente giuridicamente vincolante si aggiri intorno a percentuali comprese tra un minimo del 79,37 per cento ed un massimo del 100 per cento, non appare altrettanto plausibile che l’80-90 per cento della spesa in conto capitale sia vincolata, con l’eccezione vistosa delle Missioni 5 (difesa e sicurezza del territorio) e 20 (tutela della salute). In tale sede si è inoltre rilevato come un tale livello di rigidità del bilancio non consenta alcuna revisione della spesa né alcuna politica redistributiva.

 

Come accennato, al di sotto dei Macroaggregati si collocano i Centri di responsabilità amministrativa.

 

L’articolazione del Bilancio per Centri di responsabilità è prevista dalla vigente legislazione la quale, all’articolo 2, comma 2, della legge n. 468 del 1978 prevede l’articolazione per “centri di responsabilità amministrativa, cui è affidata la relativa gestione”. Il principio è confermato dall’articolo 1 del D.Lgs. n. 297 del 1997, il quale prevede che le unità previsionali di base costituiscono “l’insieme organico delle risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa”.

 

Nell’ambito della riclassificazione operata, i Programmi sono stati definiti con riferimento alle attività effettivamente svolte, non alle strutture attualmente esistenti all’interno dei Ministeri; vi sono pertanto casi nei quali più Centri di responsabilità partecipano ad un singolo Programmaattraverso lo svolgimento di specifiche attività che concorrono, in sostanza, al raggiungimento di obiettivi rientranti in uno stesso Programma[28].

 

Al riguardo, si segnala che nella audizione dinanzi alle Commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato del 9 ottobre 2007, la Commissione tecnica per la finanza pubblica, nelriassumere le criticità del Bilancio riclassificato, ha, tra l’altro, sottolineato:

§      l’insufficiente coerenza tra le strutture del Bilancio (i Programmi) e l’organizzazione amministrativa ( i Centri di responsabilità);

§      l’eccessiva frammentazione dei Programmi tra più Centri di responsabilità;

l’eccessiva eterogeneità delle dimensioni dei Programmi.

 

I Centri di responsabilità sono peraltro esposti a fini meramente conoscitivi, poiché, come precisato, l’unità elementare di voto è quella dei Macroaggregati.

 

La costruzione delle Missioni e dei Programmi risulta condizionata dall’attuale ripartizione di competenze nell’ambito delle strutture amministrative, per comprensibili esigenze di continuità gestionale. Ciò implica che il criterio di omogeneità funzionale che dovrebbe presiedere alla definizione delle Missioni e dei Programmi è stato rispettato solo parzialmente. Permane infatti l’asimmetria fra Bilancio “politico” (quello oggetto di approvazione parlamentare) e Bilancio “gestionale” (quello che guida la concreta gestione delle risorse da parte delle amministrazioni), la quale potrà essere completamente superata quando alla riclassificazione in senso funzionale corrisponderà la complessiva riforma delle strutture amministrative, che dovrebbe determinare, nella logica riformatrice del Governo, una completa corrispondenza fra Programmi d’azione inseriti nel Bilancio e Centri di responsabilità affidati alla gestione di un unico dirigente. La riclassificazione operata offre, in tal senso, a tutte le Amministrazioni centrali, l'opportunità di reimpostare la propria organizzazione, rivedendo strutture, responsabilità e attività svolte, identificando nel contempo le possibili sinergie, duplicazioni o sovrapposizioni di attività tra i diversi Centri di responsabilità amministrativa e Ministeri.

 

Nelle more del completamento del processo di riforma il disegno di legge di Bilancio per il 2008 ha peraltro introdotto talune disposizioni volte ad accrescere sensibilmente la flessibilità gestionale del Bilancio.

 

Si tratta di una esigenza emersa con forza negli ultimi anni, stante la rigidità dell’attuale Bilancio - che è il risultato di centinaia di leggi che si sono stratificate nel tempo e che spesso definiscono minuziosamente le modalità di impiego delle risorse (attivando migliaia di diversi capitoli di spesa) – che in quanto tale non incentiva un uso efficiente delle risorse, posto che quelle eventualmente risparmiate non possono essere utilizzate facilmente in altri impieghi se non con modifiche normative difficili da conseguire.

La tendenza, recentemente manifestatasi, a concedere ai Ministeri di spesa una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse si colloca peraltro nell’ambito della speculare tendenza a introdurre meccanismi di contenimento generalizzato della spesa, per la cui sostenibilità è apparsa necessaria la previsione di una maggiore flessibilità gestionale.

Per quanto concerne le norme di flessibilità contenute nel disegno di legge di bilancio per il 2008, si segnala, in particolare, l’articolo 22, comma 22, il quale dispone che, ai fini di assicurare alle Amministrazioni la necessaria flessibilità nella gestione delle risorse a seguito della ristrutturazione del Bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad effettuare con propri decreti - da comunicare alle Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione - variazioni compensative tra capitoli della medesima unità previsionale di base di parte corrente «funzionamento, interventi, oneri comuni, oneri del debito pubblico» e di conto capitale «investimenti e oneri comuni», che sono stati frazionati per la loro allocazione sui diversi programmi dello stesso stato di previsione. Inoltre, ai sensi del successivo comma 23, i Ministri competenti, nell’ambito dei programmi concernenti i propri stati di previsione, sono inoltre autorizzati ad effettuare, con propri decreti da comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, anche con evidenze informatiche, eventuali variazioni compensative per la stessa categoria economica tra i capitoli di spese discrezionali relativi ai programmi medesimi, allocati nei diversi centri di responsabilità amministrativa. Tali variazioni non devono peraltro comportare alterazioni dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno[29].


La struttura del Bilancio decisionale

Come accennato, a seguito della nuova classificazione del Bilancio, in ciascun stato di previsione si prevede una esposizione che, attraverso le Missioni, i Programmi, i Macroaggregati - cui si aggiungono le analisi che si ritrovano nella parte illustrativa e tecnica del Bilancio, costituita dagli allegati a ciascuno stato di previsione - consente di identificare chiaramente le funzioni e gli obiettivi generali che lo Stato si prefigge di conseguire con la spesa pubblica.

La struttura del documento di Bilancio per la decisione non si discosta dall’impostazione adottata degli anni precedenti.

Il documento, infatti, si articola nelle consuete 19 tabelle (gli stati di previsione): la prima riguarda l’Entrata, le seguenti, dalla n. 2 alla n. 19, i singoli stati di previsione della spesa dei Ministeri.

Esso contiene inoltre l’insieme di “elenchi”, “riassunti”, “riepiloghi” e “tavole” che tendono a migliorare la lettura dei dati e, nel contempo, a fornire più immediatezza alla comprensione delle grandi cifre del bilancio.

Per quanto concerne gli allegati tecnici al disegno di legge di bilancio, essi sono costituiti dalle tabelle relative agli stati di previsione di ciascun Ministero.

La parte iniziale delle predette tabelle è rappresentata dalla Nota preliminare, che ha la funzione di illustrare i criteri utilizzati per la formulazione delle previsioni di spesa in coerenza con i criteri ed i parametri indicati nel DPEF[30].

Le Note preliminari si inseriscono pertanto nel quadro della definizione sia delle finalità da perseguire che delle risorse dirette a realizzarle, al fine di valorizzare l’allocazione delle risorse finanziarie pubbliche verso i risultati da raggiungere.

Nelle Note sono indicate, da parte di ciascun Ministro, le priorità – in coerenza con le scelte di politica economica definite sulla base dello scenario macroeconomico, finanziario ed istituzionale della vigente legislazione di settore - delle iniziative legislative in itinere o in progetto, e individuati gli obiettivi che le Amministrazioni intendono conseguire con riferimento ai propri Programmi, nonché gli indicatori di efficienza ed efficacia che si intendono utilizzare per valutare i risultati.

Gli obiettivi, definiti da ciascun Ministro su proposta dei Centri di responsabilità amministrativa, devono rappresentare le politiche pubbliche di settore di interesse del Ministero, coerenti con le priorità politiche scaturenti dai Programmi dell’amministrazione.

Per quanto concerne la struttura contabile dell’allegato tecnico di ciascun stato di previsione, essa indica, disaggregati per capitolo, i contenuti di ciascuna unità previsionale di base (Macroaggregato) e il carattere giuridicamente obbligatorio e/o discrezionale della relativa spesa.

Tramite i capitoli, individuati nell’ambito di ciascun Centro di responsabilità amministrativa, si ha il collegamento con la classificazione economica e funzionale COFOG, al terzo livello (Divisioni – Gruppi – Classi), cui si procede attraverso l’indicazione percentuale sottostante a ciascun capitolo di spesa in relazione alle finalità perseguite con le rispettive somme stanziate.

La struttura contabile, per ogni stato di previsione, ricalca quella già illustrata, secondo la sequenza: Missioni → Programmi → Macroaggregati → Centri di responsabilità amministrativa → Capitoli.

Lo stato di previsione di ogni Ministero presenta, inoltre, una scheda di analisiUnità previsionale di base – Macroaggregatoper ciascun Programma. Tale scheda fornisce specifiche informazioni contabili, rilevanti dal punto di vista conoscitivo, concernenti gli stanziamenti ivi previsti.

 

La scheda è così strutturata:

§      Indicazione della Missione del Ministero;

§      Indicazione del Programma, con la descrizione delle attività sottostanti;

§      Dettaglio contabile delle Unità previsionali di base, con la distinzione, al loro interno, della tipologia di spesa, a seconda che si tratti di: spese discrezionali, oneri inderogabili, spese predeterminate per legge o fattore legislativo.

 

Relativamente alle spese discrezionali viene riportata la quota vincolata (indicata con asterisco), cioè connessa a obbligazioni giuridicamente perfezionate, che impegnano quota parte dello stanziamento e lo rendono non assoggettabile a riduzioni senza causare l’insorgenza di nuovi debiti. Gli stanziamenti previsti, vengono distinti, a loro volta, per competenza, cassa e residui.

Nell’ambito dei fattori legislativi, vengono, infine, indicate le norme autorizzative su cui si fondano le previsioni di spesa, con il relativo importo. Come accennato, tale indicazione costituisce una innovazione rispetto agli anni precedenti, nell’ottica del perseguimento di una maggiore trasparenza sulla metodologia di costruzione del bilancio di previsione a legislazione vigente.

 

Il Bilancio gestionale

Nell’ambito della riclassificazione operata il collegamento con il Bilancio gestionale è assicurato mediante la ripartizione dei capitoli per Missioni e Programmi.

La legge di Bilancio, definitivamente approvata, sarà infatti accompagnata, conte di consueto, dal cosiddetto "Bilancio per capitoli", pubblicato con apposito Decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze a norma dell'art. 1, comma 2, L. 94/1997.

La funzione che viene di fatto riconosciuta a tale Bilancio gestionale è quella di fornire lo strumento contabile, a disposizione del titolare del Centro di responsabilità amministrativa, per la gestione e la rendicontazione delle risorse finanziarie attribuite.

Il Bilancio gestionale continuerà ad essere strutturato per Centri di responsabilità e, nell’ambito degli stessi, per Missioni, Programmi, macroaggregati e capitoli, a loro volta disaggregati in ulteriori entità contabili, costituite dai piani gestionali.

Il c.d. “il Bilancio per capitoli" assumerà quindi la seguente struttura gestionale:

 

§      Missioni

§      Programmi

§      Macroaggregati

§      Centro di responsabilità amministrativa

§      Capitoli

     Piani gestionali.

 

Nel caso in cui più Centri di responsabilità concorrano al medesimo Programma occorrerà peraltro un coordinamento all’interno dei singoli Ministeri. Sul punto, la citata circolare del MEF del 5 giugno 2007, sottolinea l’opportunità di una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma, l’istituzione della figura del “coordinatore di programma”.

Lo stato di previsione dell’entrata

Nel quadro della riclassificazione del Bilancio dello Stato sopra descritta, riferita in particolare al versante della spesa, si é operata anche la revisione dello stato di previsione dell'entrata, al fine di armonizzarlo alla nuova struttura, migliorando nel contempo il livello qualitativo delle informazioni fornite dal documento.

Nell'occasione, si è operato un avvicinamento della classificazione ai principi posti alla base dei criteri SEC 95, rispettando peraltro le peculiarità connesse all'inquadramento nell'ambito del Bilancio dello Stato.

La nuova classificazione dell'entrata è articolata su quattro livelli di aggregazione.

Nel primo livello si ha una suddivisione per i quattro titoli:

1)      entrate tributarie;

2)      entrate extra tributarie;

3)      entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e dalla riscossione di crediti;

4)      entrate derivanti dall'accensione di prestiti.


Al secondo livello è stata introdotta la distinzione tra entrate ricorrenti ed entrate non ricorrenti, di particolare rilevanza per la finanza pubblica ai fini della valutazione, per il rispetto del Patto di Stabilità e crescita, dei conti pubblici (in particolare dell’indebitamento strutturale, al netto del ciclo e delle una tantum) da parte dei competenti organismi comunitari.

 

Nel terzo livello è evidenziata la tipologia dell'entrata: per le tributarie, le voci sono costituite dai tributi più importanti (IRE, IRES, IVA), ovvero raggruppamenti di tributi aventi caratteristiche analoghe (ad esempio, imposte sostitutive, imposte sui generi di monopolio, ecc.); per i restanti titoli, è indicata la tipologia del provento per aggregati più o meno ampi (ad esempio, proventi speciali, redditi da capitale, entrate derivanti da servizi resi dall' amministrazione statale, ecc.).

 

Per il quarto livello, nelle entrate tributarie si distinguono gli introiti relativi ai singoli tributi in " entrate derivanti dall'attività ordinaria di gestione" ed "entrate derivanti dall'attività di accertamento e controllo", come già previsto nella struttura in essere nel Bilancio di previsione 2007. La suddivisione in parola consente di individuare, tra le entrate relative ad un determinato tributo o aggregato di tributi, la quota che si riferisce ai versamenti effettuati spontaneamente dai contribuenti dalla quota correlata all'attività di accertamento e controllo svolta dagli uffici finanziari, finalizzata alla lotta all'evasione. Nei restanti titoli, al quarto livello, che rappresenta le poste da sottoporre al voto delle Camere, vengono indicate le voci di dettaglio dei proventi che rientrano nelle tipologie di introiti individuate al terzo livello. Si riporta di seguito lo schema sintetico.

 

ENTRATE

§      Titoli I livello:

-       Tributarie

-       Extra Tributarie

-       Alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione crediti

-       Accensione prestiti

§      Natura II livello:

-       Entrate ricorrenti

-       Entrate non ricorrenti

§      Unità di III livello

-       Tipologia dell'entrata

§      Unità di IV livello (unità di voto parlamentare)

-       Attività/Proventi

Come sopra accennato, si ricorda che a seguito della riclassificazione, le unità di voto inerenti l’entrata sono passate da 164 nel 2007 a 60.


2. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

2.1 Il quadro generale riassuntivo

 

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2008 a legislazione vigente (A.S. 1818) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

458.234
427.376

431.966
408.100

(2)      Spese finali

466.909

488.328

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

8.675

56.362

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 458.234 milioni e spese finali per 466.909 milioni di euro.

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 8.675 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 56.362 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) prevede:

 

BLV 2008 (A.S. 1818)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

491.244
460.386

464.975
441.110

(2)      Spese finali

508.969

530.402

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

17.725

65.426

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 33.010 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 42.060 milioni di euro.

2.2 Le variazioni rispetto alle previsioni 2007

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2007, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento, come presentato dal Governo (A.S. 1679) e come modificato dal D.L. n. 81/2007[31] e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2007

Assestato
2007

Assestato
2007
+
 DL 81/2007

B.L.V.
2008

Entrate finali

432.304

439.882

440.301

458.234

Tributarie

404.669

412.072

412.492

427.376

Extratributarie

25.497

25.671

25.670

28.604

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.139

2.139

2.139

2.254

Spese finali

455.277

458.689

463.083

466.909

Spese correnti

414.558

417.643

420.410

421.860

- Spese correnti al netto interessi

340.508

342.228

344.988

343.249

- Interessi

74.050

75.415

75.422

78.611

Spese conto capitale

40.719

41.045

42.673

45.049

Rimborso prestiti

189.099

191.194

191.194

198.212

Spese Complessive

644.376

649.882

654.277

665.121

Saldo netto da finanziare

22.972

18.807

22.781

8.675

Risparmio pubblico

15.607

20.100

17.752

34.120

Avanzo primario

51.078

56.609

52.640

69.937

Ricorso al mercato (*)

224.591

212.310

223.285

215.937

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2008 registrano una sostanziale riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2007, nell’importo di 14,1 miliardi di euro, passando dai 22,8 miliardi dell’assestato 2007, come integrato dal citato D.L. n. 81, agli 8,7 miliardi del BLV 2008.

 

Il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007 come modificato dal D.L. n. 81/2007, un incremento sia delle entrate finali, di circa 18 miliardi, che delle spese finali di circa 3,8 miliardi di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’incremento rispetto alle previsioni assestate per il 2007, è per la gran parte determinato dall’incremento di circa 14,9 miliardi di euro delle entrate tributarie e di 2,9 miliardi delle entrate extratributarie.

 

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2008, quelle di parte corrente registrano, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento di 1,4 miliardi di euro e quelle in conto capitale di circa 2,4 miliardi.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2008 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2007, un incremento della spesa per interessi di 3,2 miliardi di euro.

 

 

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2007 e il dato a legislazione vigente per il 2008 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2007
+
DL 81/2007

BLV 2008

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

85.962

86.864

1,0

Consumi intermedi

10.781

9.917

-9,9

Imposte pagate sulla produzione

4.485

4.529

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

191.588

193.012

0,7

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.105

3.895

-5,1

Trasferimenti correnti a imprese

5.952

4.564

-23,3

Trasferimenti all'estero

2.215

1.682

-24,1

Risorse proprie CEE

17.400

15.800

-9,2

Interessi passivi e redditi da capitale

75.422

78.612

4,2

Poste correttive e compensative

14.983

14.054

-6,2

Ammortamenti

841

847

0,7

Altre uscite correnti

6.675

8.285

24,1

Totale Spese Correnti

420.410

421.860

0,3

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

5.758

6.070

5,4

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

18.004

20.407

13,3

Contributi agli investimenti ad imprese

8.840

8.863

0,3

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

91

68

-25,3

Contributi agli investimenti a estero

354

175

-50,6

Altri trasferimenti in conto capitale

8.830

9.115

3,2

Acquisizioni di attività finanziarie

797

350

-56,1

Totale spese Conto Capitale

42.674

45.049

5,6

Totale Spese Finali

463.084

466.909

0,8

 

Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.S 1818), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2008 e quelli del disegno di legge di assestamento 2007, integrato dal D.L. n. 81, si rileva un incremento delle spese correnti rispetto al 2007 pari a 1.450 milioni di euro.

 

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          redditi da lavoro dipendente (+902 milioni);

-          trasferimenti ad amministrazioni pubbliche (1.424 milioni), in particolare dei trasferimenti alle amministrazioni locali (+882 milioni) quale risultante dei maggiori trasferimenti alle regioni per 2.305 milioni e dei minori trasferimenti ai comuni per 2.225 milioni;

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.153 milioni);

-          interessi (+3.189 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

 

Presentano invece una riduzione, rispetto al 2007, i seguenti comparti di spesa:

-          trasferimenti ad imprese (-1.388 milioni);

-          consumi intermedi (-1.064 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (-1.600 euro).

 

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2008 evidenziano complessivamente un incremento pari a 2.374 milioni di euro della spesa in conto capitale, che passa dai 42,7 miliardi dell’assestamento 2007 ai 45 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2008.

 

2.3 Il bilancio di cassa

 

 

Residui
presunti
31/12/07

Competenza 2008

Massa acquisibile/
spendibile

Cassa 2008

Coeff.
%

 

1

2

3 (1+2)

4

5= 4/3

Entrate finali
di cui:

155.653

458.234

613.887

431.966

70,4

- Tributarie

88.820

427.376

516.196

408.100

79,1

- Extratributarie

66.786

28.604

95.390

21.612

22,7

- Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

47

2.254

2.301

2.254

97,9

 

Spese finali
di cui:

78.166

467.909

545.074

488.328

89,6

Spese correnti al netto interessi

29.464

343.248

372.713

359.639

96,5

Interessi

583

78.612

79.194

78.654

99,3

Totale Spese correnti

30.047

421.860

451.907

438.293

97,0

Spese conto capitale

48.119

45.049

93.167

50.035

53,7

 

Il bilancio di cassa per l'anno 2008 reca, al netto di regolazioni debitorie e contabili, previsioni di incassi e pagamenti pari, rispettivamente, a 432 miliardi e 488 miliardi di euro.

La massa acquisibile e la massa spendibile (risultante dalla somma dei residui presunti al 31 dicembre 2007 e la previsione di competenza BLV 2008) vengono indicate, rispettivamente, in 613,9 miliardi e 545 miliardi.

I coefficienti di realizzazione espressi dal raffronto dei flussi di cassa previsti con i corrispondenti potenziali risultano pari al 70,4 per cento per le entrate finali ed al 89,6 per cento per le spese finali.


3. Emendamenti al disegno di legge di bilancio a legislazione vigente approvati dal Senato

 

Di seguito si riportano le variazioni risultanti dagli emendamenti al disegno di legge di bilancio approvati dalla 5a Commissione del Senato.

L’Assemblea non ha apportato alcuna variazione.

 

(dati in euro)

Tab. 2 - Economia e finanze

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.12-5

1.3.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Guardia di finanza - Funzionamento

+89.698

2.Tab. 2.12-5

5.1.1

Ordine pubblico e sicurezza (7)- Guardia di finanza - Funzionamento

+50.346

2.Tab. 2.12-5

25.2.3

Fondi da ripartire (34) – Ragioneria generale dello Stato – Oneri comuni di parte corrente

-140.044

 

 

Conseguentemente introduce il comma 22 all’articolo 2 del d.d.l di bilancio fissando in 50 unità il numero massimo di ufficiali ausiliari del Corpo della Guardia di finanza da mantenere in servizio nel 2008.

 

2.Tab. 2.20-5

3.1.1

Italia nell’Europa e nel Mondo (4) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-120.000

2.Tab. 2.24-5

24.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Dipartimento amministrazione generale del personale e dei servizi del Tesoro – Funzionamento

-10.000.000

2.Tab. 11.10-5

1.2.1

Politiche economico-finanziarie e di bilancio (29) - Ragioneria generale dello Stato – Funzionamento

-1.000.000

 

 

Tab. 8 - Interno

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.24-5

3.2.1

Ordine pubblico e sicurezza (7) – Dipartimento della pubblica sicurezza - Funzionamento

+10.000.000

 


 

Tab. 11 Comunicazioni

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.9-5

4.1.1

Servizi generali per le amministrazioni pubbliche (32) – Gabinetto del Ministro - Funzionamento

-100.000

 

 

Tab. - 15 Salute

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 11.10-5

1.4.1

Tutela della salute (20) – Dipartimento dell’innovazione - Funzionamento

+1.000.000

 

 

Tab. 17 - Università e ricerca

Emendamento

UPB

Missione/Centro di responsabilità /Denominazione UPB

Competenza

2.Tab. 2.20-5

2.2.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca di base – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+120.000

2.Tab. 11.9-5

2.1.1

Ricerca e innovazione (17) Ricerca applicata – Dipartimento per l’università - Funzionamento

+100.000


4. Il bilancio per il 2008 come modificato dalle Note di variazioni approvate dal Senato

Il Governo ha presentato nel corso dell’esame al Senato due Note di variazioni:

 

§      la I Nota di variazioni (A.S. 1818-bis) provvede a trasporre nel bilancio a legislazione vigente per il 2008 gli effetti contabili del D.L. n. 159/2007, recante “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l’equità sociale”, dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008. Tali effetti interessano gli stati di previsione dell’entrata (Tabella 1), del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella 2), dello sviluppo economico (Tabella 3) del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (Tabella 4), del Ministero dell’interno (Tabella 8); del Ministero dell’ambiente (Tabella 9);

§      la II Nota di variazioni (A.S. 1818-ter) trasferisce nel bilancio a legislazione vigente come modificato dalla I Nota gli effetti del disegno di legge finanziaria come approvato dal Senato e degli emendamenti approvati dal Senato direttamente al disegno di legge di bilancio.

 

Conseguentemente, il bilancio a legislazione vigente 2008, come integrato dalle due Note di variazioni, al lordo delle regolazioni debitorie e dei rimborsi IVA, viene ad essere così determinato:

(competenza – milioni di euro)

 

BLV 2008

I Nota

Differenza I Nota/BLV

II Nota

Differenza
II Nota/I Nota

Differenza
II Nota/BL
V

Entrate finali

491.244

491.289

45

491.471

182

227

Tributarie

460.386

460.414

28

459.706

-708

-680

Extratributarie

28.604

28.621

17

29.511

890

907

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

2.254

2.254

-

2.254

-

-

Spese finali

508.969

508.995

26

535.185

26.190

26.216

Spese correnti

458.220

458.251

31

468.251

10.000

10.031

- Spese correnti al netto interessi

379.608

 

1

 

2

3

- Interessi

78.612

78.612

-

78.616

4

4

Spese conto capitale

50.749

50.744

-5

66.933

16.189

16.184

Rimborso prestiti

198.212

198.212

-

198.212

-

-

Spese complessive

707.181

707.207

26

733.397

26.190

26.216

Saldo netto da finanziare

17.725

17.705

-20

43.714

26.009

25.989

Risparmio pubblico

30.770

30.785

15

20.965

-9.820

-9.805

 


5. L’evoluzione della spesa nel bilancio dello Stato
per il 2006-2008
– Tavole allegate

 

 

 

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola V     Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

I dati del disegno di legge di assestamento 2007 sono riferiti al testo approvato dal Senato (A.C. 3170).

 


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato
(*)

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

ECONOMIA E FINANZE

274.247

260.673

55,8

290.308

58,5

303.359

59,6

303.382

59,6

321.279

60,0

SVILUPPO ECONOMICO

3.439

3.402

0,7

6.451

1,3

6.630

1,3

6.625

1,3

8.788

1,6

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

72.866

72.103

15,4

56.855

11,5

58.800

11,6

58.806

11,6

61.667

11,5

GIUSTIZIA

8.155

7.983

1,7

7.816

1,6

7.608

1,5

7.608

1,5

7.565

1,4

AFFARI ESTERI

2.283

2.129

0,5

2.455

0,5

2.223

0,4

2.222

0,4

2.545

0,5

ISTRUZIONE

53.841

57.046

12,2

42.396

8,5

42.468

8,3

42.468

8,3

42.425

7,9

INTERNO

28.311

27.971

6,0

25.204

5,1

24.373

4,8

24.376

4,8

25.013

4,7

AMBIENTE E TUTELA MARE

1.199

1.187

0,3

1.428

0,3

1.514

0,3

1.514

0,3

1.596

0,3

INFRASTRUTTURE

8.040

7.885

1,7

4.106

0,8

4.027

0,8

4.027

0,8

4.159

0,8

COMUNICAZIONI

271

259

0,1

328

0,1

322

0,1

322

0,1

351

0,1

DIFESA

20.533

20.398

4,4

21.487

4,3

20.928

4,1

20.928

4,1

21.118

3,9

POLITICHE AGRICOLE

1.715

1.645

0,4

1.728

0,3

1.747

0,3

1.747

0,3

1.700

0,3

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

2.210

2.152

0,5

1.985

0,4

1.913

0,4

1.913

0,4

2.009

0,4

SALUTE

1.576

1.568

0,3

1.348

0,3

1.355

0,3

1.355

0,3

1.557

0,3

TRASPORTI

3

2

0,0

3.948

0,8

3.654

0,7

3.654

0,7

4.471

0,8

UNIVERSITA' E RICERCA

690

688

0,1

11.102

2,2

10.724

2,1

10.724

2,1

11.398

2,1

SOLIDARIETA' SOCIALE

 

 

 

17.282

3,5

17.079

3,4

17.079

3,4

17.267

3,2

COMMERCIO INTERNAZIONALE

2

2

0,0

262

0,1

245

0,0

245

0,0

279

0,1

TOTALE SPESE FINALI

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Redditi da lavoro dipendente

85.642

88.213

18,9

85.720

17,3

86.863

17,1

86.864

17,1

88.972

16,6

Consumi intermedi

12.593

12.163

2,6

10.813

2,2

9.916

1,9

9.916

1,9

9.882

1,8

Imposte pagate sulla produzione

4.667

4.844

1,0

4.488

0,9

4.529

0,9

4.529

0,9

4.525

0,8

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

183.939

182.512

39,1

191.079

38,5

193.012

37,9

193.014

37,9

199.456

37,3

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.920

4.668

1,0

4.075

0,8

3.896

0,8

3.898

0,8

4.101

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

4.739

4.598

1,0

5.730

1,2

4.564

0,9

4.564

0,9

4.202

0,8

Trasferimenti all'estero

1.739

1.576

0,3

1.945

0,4

1.682

0,3

1.682

0,3

1.938

0,4

Risorse proprie cee

15.850

14.577

3,1

16.100

3,2

15.800

3,1

15.800

3,1

15.800

3,0

Interessi passivi e redditi da capitale

75.695

70.801

15,2

75.415

15,2

78.612

15,4

78.612

15,4

78.616

14,7

Poste correttive e compensative

46.750

43.274

9,3

44.428

8,9

50.214

9,9

50.214

9,9

50.232

9,4

Ammortamenti

840,0

163,0

0,0

841

0,2

847

0,2

847

0,2

847

0,2

Altre uscite correnti

2.184

751

0,2

6.105

1,2

8.285

1,6

8.311

1,6

9.680

1,8

Totale spese correnti

439.558

428.140

91,7

446.739

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.251

87,5

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

4.196

4.138

0,9

5.759

1,2

6.070

1,2

6.071

1,2

6.270

1,2

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

14.817

14.769

3,2

17.501

3,5

20.407

4,0

20.407

4,0

24.780

4,6

Contributi agli investimenti ad imprese

10.223

10.107

2,2

8.140

1,6

8.863

1,7

8.863

1,7

10.357

1,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

130

130

0,0

91

0,0

68

0,0

68

0,0

110

0,0

Contributi agli investimenti a estero

399

399

0,1

354

0,1

175

0,0

175

0,0

215

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.190

8.626

1,8

17.535

3,5

14.816

2,9

14.810

2,9

15.681

2,9

Acquisizioni di attività finanziarie7

868

784

0,2

370

0,1

350

0,1

350

0,1

9.520

1,8

Totale spese conto capitale

39.823

38.953

8,3

49.750

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.093

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


 

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

II Nota

%

1 -Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

234.367

225.326

48,2

445.383

64,8

465.195

65,8

481.600

65,7

2 –       Difesa

19.291

19.319

4,1

19.679

2,9

18.564

2,6

18.514

2,5

3 -Ordine pubblico e sicurezza

23.717

23.437

5,0

20.977

3,1

21.003

3,0

20.981

2,9

4 -Affari economici

50.450

48.272

10,3

55.138

8,0

56.430

8,0

62.600

8,5

5 -Protezione dell'ambiente

1.866

1.833

0,4

1.557

0,2

1.406

0,2

1.988

0,3

6 -Abitazioni e assetto territoriale

1.973

1.891

0,4

1.608

0,2

1.522

0,2

1.529

0,2

7 -Sanità

11.910

11.706

2,5

13.064

1,9

10.928

1,5

11.936

1,6

8 -Attività ricreative, culturali e di culto

12.798

9.832

2,1

10.289

1,5

9.927

1,4

10.033

1,4

9 –       Istruzione

52.651

55.848

12,0

50.517

7,3

50.218

7,1

51.213

7,0

10- Protezione sociale

70.360

69.629

14,9

69.472

10,1

71.988

10,2

73.003

10,0

Spese complessive

479.383

467.093

100

687.684

100

707.181

100

733.397

100


 

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2006

2007

2008

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Funzionamento

87.774

90.325

19,3

83.173

16,8

81.708

16,1

81.708

16,1

81.366

15,2

Interventi

257.142

250.540

53,6

259.770

52,3

263.611

51,8

263.614

51,8

273.090

51,0

Oneri comuni

17.330

14.856

3,2

26.688

5,4

33.687

6,6

33.715

6,6

34.578

6,5

Trattamenti di quiescenza

1.164

1.187

0,3

1.104

0,2

soppresso

 

 

-

-

-

Oneri del debito pubblico

76.147

71.232

15,3

76.005

15,3

79.214

15,6

79.214

15,6

79.218

14,8

Totale spese correnti

439.557

428.140

91,7

446.740

90,0

458.220

90,0

458.251

90,0

468.252

87,5

Investimenti

36.509

36.098

7,7

37.014

7,5

46.973

9,2

46.968

9,2

63.425

11,9

Altre spese in conto capitale

492

413

0,1

122

0,0

122

0,0

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.823

2.444

0,5

12.613

2,5

3.654

0,7

3.654

0,7

3.386

0,6

Totale conto capitale

39.824

38.955

8,3

49.749

10,0

50.749

10,0

50.744

10,0

66.933

12,5

Totale spese finali

479.381

467.095

100

496.489

100

508.969

100

508.995

100

535.185

100


Tavola V – Andamento delle Missioni ed incidenza percentuale sulle spese complessive del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

2008

MISSIONI

BLV

%

I Nota

%

II Nota

%

Differenza

1 - Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio

3.233

0,5

3.233

0,5

3.334

0,5

101

2 - Amministrazione generale

353

0,0

353

0,0

352

0,0

-1

3 - Relazioni finanziarie autonomie territoriali

100.023

14,1

100.023

14,1

112.792

15,4

12.769

4 - L'Italia in Europa e nel mondo

24.048

3,4

24.048

3,4

27.205

3,7

3.157

5 - Difesa e sicurezza del territorio

19.172

2,7

19.172

2,7

19.008

2,6

-164

6 – Giustizia

7.275

1,0

7.275

1,0

7.268

1,0

-7

7 - Ordine pubblico e sicurezza

9.422

1,3

9.425

1,3

9.321

1,3

-101

8 - Soccorso civile

3.710

0,5

3.710

0,5

3.755

0,5

45

9 - Agricoltura e pesca

1.255

0,2

1.255

0,2

1.364

0,2

109

10 - Energia e fonti energetiche

59

0,0

59

0,0

59

0,0

-

11 - Competitività e sviluppo imprese

5.574

0,8

5.574

0,8

4.433

0,6

-1.141

12 - Regolazione dei mercati

16

0,0

16

0,0

16

0,0

-

13 - Diritto alla mobilità

7.960

1,1

7.960

1,1

10.514

1,4

2.554

14 - Infrastrutture pubbliche e logistica

3.778

0,5

3.778

0,5

3.914

0,5

136

 15- Comunicazioni

896

0,1

896

0,1

1.354

0,2

458

16 - Commercio internazionale

234

0,0

234

0,0

268

0,0

34

17 - Ricerca ed innovazione

3.968

0,6

3.968

0,6

4.060

0,6

92

18 - Sviluppo sostenibile

1.017

0,1

1.017

0,1

1.665

0,2

648

19 - Casa e assetto urbanistico

1.060

0,1

1.060

0,1

1.060

0,1

-

20 - Tutela della salute

702

0,1

702

0,1

881

0,1

179

21 - Tutela beni culturali

1.380

0,2

1.380

0,2

1.633

0,2

253

22 - Istruzione scolastica

41.609

5,9

41.609

5,9

41.583

5,7

-26

23 - Istruzione universitaria

8.168

1,2

8.168

1,2

8.760

1,2

592

24 - Diritti sociali e solidarietà sociale

24.046

3,4

24.046

3,4

24.234

3,3

188

25 - Politiche previdenziali

66.903

9,5

66.908

9,5

68.559

9,3

1.656

26 - Politiche per il lavoro

2.701

0,4

2.701

0,4

3.624

0,5

923

27 - Immigrazione

1.427

0,2

1.427

0,2

1.486

0,2

59

28 - Sviluppo e riequilibrio territoriale

4.545

0,6

4.539

0,6

5.489

0,7

944

29 - Politiche finanziarie e di bilancio

65.007

9,2

65.004

9,2

65.125

8,9

118

30 - Giovani e sport

902

0,1

902

0,1

958

0,1

56

31 - Turismo

113

0,0

113

0,0

113

0,0

-

32 - Servizi generali amministrazioni

2.920

0,4

2.920

0,4

2.830

0,4

-90

33 - Fondi da ripartire

17.286

2,4

17.312

2,4

19.961

2,7

2.675

34 - Debito pubblico

276.417

39,1

276.417

39,1

276.421

37,7

4

TOTALE

707.181

100,0

707.207

100,0

733.397

100,0

26.216


Gli stanziamenti per la Presidenza del Consiglio dei ministri nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
(Tabella n. 2)

 


Gli stanziamenti di interesse della I Commissione

Nella presente scheda si riportano i dati relativi agli stanziamenti di competenza recati dal disegno di legge di bilancio a legislazione vigente (A.S. 1818), presentato al Senato il 1° ottobre 2007, come risultanti a seguito dell’approvazione da parte dell’altro ramo del Parlamento delle due note di variazioni (A.S. 1818/2-bis e A.S. 1818/2-ter), che si riferiscano ad ambiti materiali di competenza della I Commissione (Affari costituzionali).

 

Come si è già evidenziato, il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 presentato al Senato (A.S. 1818) reca una nuova articolazione del bilancio dello Stato, relativa agli stati di previsioni della spesa, in 34 missioni, divise in 168 programmi, che intende valorizzare una lettura dei documenti di bilancio basata sulle funzioni affidate ai singoli Ministeri, attraverso l’individuazione delle grandi finalità perseguite nel lungo periodo con la spesa pubblica (le missioni), e della loro concreta realizzazione attraverso uno o più programmi di spesa.

La Missione n. 1 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri)

In questo quadro, per quanto riguarda gli ambiti di interesse della I Commissione (Affari costituzionali) nell’ambito degli stanziamenti previsti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, viene, in primo luogo, in evidenza la Missione n. 1 (Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei Ministri).

 

In quest’ambito, rileva in primo luogo la spesa per gli Organi Costituzionali, oggetto del programma 1.1, che corrisponde all’unità previsionale di base 21.1.3[32].

La previsione iniziale del disegno di legge di bilancio riferita a tale programma era pari a 1.998,91 milioni di euro, con un incremento rispetto alle previsioni assestate per il 2007 pari a 53,35 milioni di euro.

La seconda nota di variazioni approvata dal Senato ha peraltro ridotto 43,80 milioni di euro le previsioni di spesa per il 2008 riferite agli Organi costituzionali di, portandole a 1.955,11 milioni euro, con un incremento rispetto alle previsioni assestate del 2007 inferiore a 10 milioni di euro.

Tale riduzione deve attribuirsi in primo luogo alla riduzione di 20 milioni di euro dei fondi destinati al rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie (cap. 1638) per effetto della riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui alla L. 157/1999 prevista dall’art. 67, comma 1, del disegno di legge finanziaria.

Inoltre, si segnala che, successivamente alla presentazione del disegno di legge di bilancio, le amministrazioni degli Organi costituzionali hanno comunicato una riduzione delle richieste di dotazione finanziaria precedentemente formulate, al fine di adeguare il tasso di crescita delle dotazioni stesse al tasso programmato di inflazione. A seguito di tale riduzione, il cap. 2101 relativo alle spese per la Presidenza della Repubblica è stato ridotto di 2,85 milioni di euro, il cap. 2103 riferito alle spese per il Senato della Repubblica subisce un decremento di 7,5 milioni di euro, il cap. 2104, che reca la dotazione della Camera dei deputati si riduce di 12,35 milioni di euro ed il cap. 2105, riferito al funzionamento della Corte Costituzionale presenta un calo di 1,1 milioni euro.

 

Per quanto riguarda invece la spesa per il funzionamento degli Organi a rilevanza costituzionale, compresa nel programma 1.2 e riferita al funzionamento della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato e dei T.A.R, del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana, del C.N.E.L. e del C.S.M. l’u.p.b. 21.2.3 reca una previsione iniziale di 546,39 milioni euro, con un incremento di 2,58 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per l’esercizio 2007.

La seconda nota di variazioni, in relazione alle previsioni contenute al riguardo nel disegno di legge finanziaria approvato dal Senato, ha incrementato di 4 milioni di euro gli stanziamenti recati dall’u.p.b. in relazione al funzionamento del Consiglio di Stato e dei T.A.R.

 

Le previsioni relative al funzionamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono invece oggetto del programma 21.3 e ammontano nel testo iniziale del disegno di legge di bilancio a 687,30 milioni di euro, con un incremento di 31,86 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2007.

A seguito dell’approvazione da parte del Senato della seconda nota di variazioni, le previsioni per il 2008 riferite al programma in esame hanno subito un ulteriore incremento di 141 milioni di euro e ora ammontano quindi a 828,30 milioni di euro.

Più in particolare, nell’ambito dell’unica u.p.b. riferita alla Presidenza del Consiglio (u.p.b. 21.3.3), lo stanziamento destinato al Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri (cap. 2115) ammonta – a seguito dell’approvazione della seconda nota di variazioni - a 524,88 milioni di euro, dei quali 453,88 milioni di euro corrispondono allo stanziamento riportato nella Tabella C allegata al disegno di legge finanziaria e  


alle disposizioni introdotte dal medesimo disegno di legge finanziaria.

 

Lo stanziamento del capitolo 2185, relativo al Fondo occorrente per gli interventi del Servizio civile nazionale dopo l’approvazione della seconda nota di variazioni ammonta invece a 303,42 milioni di euro, che corrispondo allo stanziamento previsto per tale finalità dalla Tabella C allegata al disegno di legge finanziaria.

Deve peraltro osservarsi che l’importo degli stanziamenti destinati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri non è esaurito dalle risorse accantonate nel capitolo 2115 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, ma è ripartito tra diversi capitoli in ragione delle diverse missioni perseguite con gli stanziamenti.

Come evidenziato, infatti, dalla nota esplicativa riferita al capitolo 2115 riportata nel testo iniziale della Tabella n. 2 del disegno di legge di bilancio, gli importi degli stanziamenti da destinare a legislazione vigente agli interventi di pertinenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, pari a 929,16 milioni di euro è costituito:

§         dalle risorse iscritte nella Tabella C a legislazione vigente (pari a 424,26 milioni di euro);

§         dalle risorse destinate dalla legge finanziaria per il 2007 alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alle relative politiche di settore gestite dai Ministeri senza portafoglio (pari a 495,50 milioni di euro);

§         dalle somme relative al funzionamento del C.I.P.E., provenienti dal Ministero dello sviluppo economico (pari a 14,51 milioni di euro);

§         dalle risorse derivanti dalla ristrutturazione dei Ministeri[33] e da specifiche disposizioni legislative (pari a 9,40 milioni di euro).

Tali risorse sono così ripartite dal testo iniziale del disegno di legge di bilancio:

§         cap. 2102 (Interventi nel settore delle politiche della famiglia): 280 milioni di euro;

§         cap. 2108 (Interventi per le pari opportunità): 45 milioni di euro;

§         cap. 2106 (Interventi per le Comunità giovanili): 11,7 milioni di euro;

§         cap. 2107 (Interventi nel settore del turismo): 62,6 milioni di euro.

§         le somme rimanenti sono destinate al Fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Peraltro, anche gli interventi così delineati non esauriscono il quadro delle risorse A questi si aggiungono, inoltre, altri interventi quali quelli per il programma 6.2 (protezione civile), pari a 69,3 mln di parte corrente (u.p.b. 6.2.3) e 1.681,5 mln in conto capitale (u.p.b. 6.2.8) e quelli per il programma 11.2 (sostegno all’editoria) che ammontano a 348 mln (u.p.b. 11.2.3).

 

Più in generale, con riferimento agli stanziamenti riferibili alla Presidenza del Consiglio dei ministri si ricorda che fino all’esercizio finanziario 1999 era previsto un autonomo stato di previsione, che individuava 20 centri di responsabilità, riportato nella Tabella 2 – Stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, allegata alla legge annuale di bilancio.

Tale impostazione è stata radicalmente modificata a seguito della riforma dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio conseguente all’approvazione del D.Lgs. 303/1999, “Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”[34]. Questo decreto legislativo, da un lato, ha trasferito numerose funzioni attribuite alla Presidenza del Consiglio ad altre amministrazioni, dall’altro le ha conferito autonomia contabile e di bilancio disponendo l’iscrizione delle disponibilità finanziarie della Presidenza in un’apposita unità previsionale di base (U.P.B.) dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica (oggi Ministero dell’economia e delle finanze). Nei limiti di tali disponibilità la Presidenza provvede all’autonoma gestione delle spese.

In questo contesto, il D.Lgs. 303/1999 attribuisce ampia autonomia alla Presidenza, con riferimento sia all’organizzazione interna, sia agli aspetti finanziari. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, l’art. 8 del D.Lgs. 303/1999 stabilisce che la programmazione e la gestione delle spese viene affidata alla piena autonomia della Presidenza. La struttura dei bilanci e la disciplina della gestione delle spese, in coerenza con i princìpi generali della contabilità pubblica e tenendo conto delle specifiche esigenze della Presidenza, sono demandati all’emanazione di appositi decreti del Presidente del Consiglio. Tali decreti sono comunicati ai Presidenti delle Camere, ai quali sono trasmessi, al fine di garantirne la trasparenza, anche i bilanci preventivi e il rendiconto della gestione finanziaria. In sede di attuazione di tali disposizioni è stato emanato il D.P.C.M. 9 dicembre 2002, Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio, che, tra l’altro reca la disciplina del bilancio annuale di previsione[35]. Tale provvedimento prevede che spetta all’Ufficio bilancio e ragioneria elaborare il progetto di bilancio, sulla base della direttiva annuale del Segretario generale. Sentita la conferenza dei capi dipartimento, il Segretario generale sottopone, entro il 30 novembre, il bilancio al Presidente del Consiglio che lo approva con proprio decreto. Il bilancio viene quindi comunicato ai Presidenti delle Camere entro 15 giorni dalla sua approvazione. Qualora, in seguito all’approvazione del bilancio dello Stato, si renda necessario apportare delle variazioni al bilancio dello Presidenza, il Presidente del Consiglio vi provvede con proprio decreto. Il bilancio della Presidenza, infine, viene trasmesso, entro dieci giorni dalla pubblicazione del bilancio dello Stato, per la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. In allegato al bilancio di previsione viene presentato il bilancio pluriennale, ed, inoltre, è prevista la predisposizione del conto finanziario entro il 10 giugno di ogni anno.

Il bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio relativo all’anno 2007 è stato approvato con D.P.C.M. 12 dicembre 2006[36].

Altri stanziamenti di interesse della I Commissione

§       Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (cap. 5107). Mentre nell’esercizio in corso, come negli anni precedenti, lo stanziamento per i servizi di informazione e sicurezza è allocato in una u.p.b. apposita (12.1.2.2) recante un unico capitolo, nella nuova classificazione del bilancio dello Stato adottata dal disegno di legge di bilancio per il 2008 tali spese sono allocate nella u.p.b. 25.1.2 insieme a tutti gli altri interventi relativi al programma Fondi da riassegnare (missione Fondi da ripartire 25). Lo stanziamento previsto per il cap. 5107, recante il fondo da ripartire per le spese di organizzazione e di funzionamento e per le spese riservate per CESIS, SISMI e SISDE è pari a 690 mln di euro (+ 612,7 rispetto alle previsioni assestate e + 75 mln rispetto alle previsioni della legge di bilancio 2007). Come di consueto lo stanziamento per i servizi di sicurezza compare indiviso in sede di bilancio di previsione per essere poi ripartito, con variazioni che saranno registrate nel d.d.l. di assestamento, tra la stessa Presidenza, per il funzionamento del CESIS, e il Ministero dell'interno e il Ministero della difesa per il funzionamento rispettivamente del SISDE e del SISMI. Si ricorda, che il 12 ottobre 2007, quindi dopo la presentazione del ddl di bilancio alle Camere (1° ottobre), è entrata in vigore la legge 124/2007 che ha riformato la struttura dei servizi di informazione e sicurezza istituendo il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e dall’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI) in sostituzione, rispettivamente di CESIS, SISMI e SISDE. L’art. 29 della legge 124 prevede che nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze sia istituita un’apposita unità previsionale di base per le spese del sistema di informazione per la sicurezza, dove confluiscono (ai sensi dell’art. 45 della legge 124) gli stanziamenti già iscritti, per analoghe esigenze, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze. In sede di prima applicazione, all’attuazione della legge si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente (art. 45, L. 124);

§       Istituto nazionale di statistica (cap. 1580), con una previsione di spesa pari a 158,5 milioni di euro, (-7,6 mln rispetto alle previsioni assestate);

§       Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica amministrazione (cap. 1707), il cui stanziamento di 16,3 milioni di euro in termini di competenza risulta diminuito di 222,2 rispetto alle previsioni assestate.

 

 


Lo stato di previsione
del Ministero dell’interno
(Tabella n. 8)


Le previsioni di competenza

Gli stanziamenti, in termini di competenza, nel bilancio di previsione per il 2006 a legislazione vigente, tenuto conto della prima e della seconda nota di variazioni[37], ammontano a 25.013,35 milioni di euro, di cui 20.902,62 milioni di euro per la parte corrente e 4.110,72 milioni di euro in conto capitale. Rispetto al totale delle spese finali dell’intero bilancio dello Stato, tali stanziamenti rappresentano il 4,7% (erano il 5,1% secondo il bilancio assestato per il 2007).

Nell’ambito del bilancio dell’Interno le spese correnti e quelle in conto capitale incidono sul totale delle spese finali rispettivamente per l’83,57% e il 16,43%.

Le spese totali previste dal bilancio assestato per l’anno 2007 sono pari a 25.193,86 milioni di euro, di cui 22.337,07 milioni di euro di parte corrente e 2.856,78 milioni di euro in conto capitale. Lo stato di previsione del Ministero per il 2008 registra dunque, rispetto al bilancio assestato 2006, una riduzione delle spese pari a 180,51 milioni di euro (saldo tra -1.434,45 milioni di euro per la parte corrente e +1.253,94 milioni di euro per le spese in conto capitale).

Le previsioni di spesa in base alle missioni

Come si è già evidenziato, il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008 presentato al Senato (A.S. 1818) reca una nuova articolazione del bilancio dello Stato, relativa agli stati di previsioni della spesa, in 34 missioni, divise in 168 programmi, che intende valorizzare una lettura dei documenti di bilancio basata sulle funzioni affidate ai singoli Ministeri, attraverso l’individuazione delle grandi finalità perseguite nel lungo periodo con la spesa pubblica (le missioni), e della loro concreta realizzazione attraverso uno o più programmi di spesa.

 

Lo stato di previsione del Ministero dell’interno si articola in 7 missioni, a loro volta suddivise in 15 programmi, secondo il seguente schema:

 

Missione

Programma

1. Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio

1.1. Rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio

2. Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

2.2. Interventi, servizi e supporto alle autonomie territoriali

2.3. Trasferimenti a carattere generale ad Enti locali

3. Ordine pubblico e sicurezza

3.1. Contrasto al crimine

3.2. Pubblica sicurezza

3.3. Prevenzione generale e controllo del territorio

3.4. Sicurezza democratica

4. Soccorso civile

4.1. Organizzazione e gestione del sistema nazionale di difesa civile

4.2. Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico

5. Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

5.1. Garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della coesione sociale

5.2. Gestione flussi migratori

5.3. Rapporti con le confessioni religiose

6. Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

6.1. Indirizzo politico

7. Fondi da ripartire

7. Fondi da assegnare

 

Questa la ripartizione delle spese di competenza secondo le missioni.

Sono poste a confronto le voci relative al bilancio assestato 2007, al bilancio 2008 a legislazione vigente e al bilancio 2008 come risultante dalla I e II nota di variazioni.

 

Missione

Assestamento
2007

Bilancio 2008
a leg. vig.

Bilancio 2008
I e II nota di var.

1. Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio

339,97

353,46

352,04

2. Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

14.509,43

13.771,95

14.445,39

3. Ordine pubblico e sicurezza

7.516,36

7.379,18

7.262,63

4. Soccorso civile

1.741,04

1.738,66

1.727,96

5. Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

284,21

305,92

314,86

6. Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

541,35

555,07

552,79

7. Fondi da ripartire

261,49

268,61

357,66

In milioni di euro.


I residui

La consistenza presunta dei residui passivi del Ministero dell’interno al 1° gennaio 2008 è stata valutata in 7.020,16 milioni di euro, con una diminuzione rispetto a quelli accertati al 1° gennaio 2007, quali risultano dal rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006, pari a 600,33 milioni.

Occorre ricordare che la stima effettuata in sede di bilancio di previsione viene accertata in rendiconto e tale accertamento di solito è superiore alle stime iniziali. La valutazione dei residui presenta infatti carattere di provvisorietà, condizionata com’è dal concreto evolversi della gestione.

Il sensibile decremento dei residui, rispetto all’assestamento 2007, nelle unità previsionali di base di parte corrente è in gran parte compensato da un incremento in quelle in conto capitale.

 

Residui

Assestamento
2007

Bilancio
2008

Variazione

Delle U.P.B. di parte corrente

2.659,40

2.303,05

-356,35

Delle U.P.B. in conto capitale

4.961,09

4.717,11

-243,98

Totale

7.620,49

7.020,16

-600,33

In milioni di euro.

 

La voce più consistente di parte corrente è quella relativa alle spese per interventi, per la quale sono previsti residui passivi pari a 1.495,05 milioni di euro.

I residui passivi presunti delle unità previsionali di base in conto capitale sono interamente costituiti da residui delle spese per investimenti.

Questa la percentuale dei residui, rispetto agli stanziamenti di competenza per missioni:

 

Missione

Residui

% rispetto alla competenza

1. Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza generale di Governo e dello Stato sul territorio

25,59

7,27

2. Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

4.803,26

33,25

3. Ordine pubblico e sicurezza

1.633,48

22,49

4. Soccorso civile

358,95

20,77

5. Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

113,70

36,11

6. Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

33,48

6,06

7. Fondi da ripartire

51,69

14,45

In milioni di euro.


Le autorizzazioni di cassa

L’autorizzazione di cassa indica il limite entro cui il Ministero è autorizzato ad effettuare pagamenti. Essa è commisurata alla capacità di spesa dell’Amministrazione e viene calcolata sul totale di competenza e residui (massa spendibile).

In base alla sopra indicata previsione relativa alla consistenza dei residui passivi, le autorizzazioni di cassa dello stato di previsione del Ministero dell’interno per il 2008, tenuto conto delle due note di variazione, sono pari a 25.180,80 milioni di euro, di cui 20.925,36 milioni di euro di parte corrente e 4.255,44 milioni di euro in conto capitale, con un decremento, rispetto all’assestamento, di 600.08 milioni di euro ed un coefficiente medio di realizzazione (che rappresenta la percentuale di massa spendibile che può essere effettivamente pagata nel corso dell’esercizio successivo ed è determinata dal rapporto tra autorizzazione di cassa e massa spendibile) pari al 78,61%.

 

Autorizzazioni di cassa

Assestamento
2007

Bilancio
2008

Variazione

Di parte corrente

22.720,43

20.925,36

-1.795,07

In conto capitale

3.060,45

4.255,44

+1.194,99

Totale

25.780,88

25.180,80

-600,08

In milioni di euro.

 

Per la parte corrente, la quota per interventi, pari a 11.125,89 milioni di euro, supera di poco la metà.

La parte in conto capitale è interamente costituita dalla spesa per investimenti.

 


Gli effetti del disegno di legge finanziaria sullo stato di previsione del Ministero dell’interno e sugli stanziamenti relativi alla Presidenza del Consiglio dei ministri


Le tabelle A e B (fondi speciali)

Le tabelle A e B del disegno di legge finanziaria 2008 (A.C. 3256) contengono, rispettivamente per la spesa corrente e per quella in conto capitale, gli accantonamenti sui fondi speciali iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, finalizzati alla copertura di provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati nel triennio di riferimento. Si tratta in effetti di “prenotazioni” di spesa: gli importi indicati verranno infatti iscritti nello stato di previsione di ciascun ministero assegnatario solo dopo l’approvazione dei relativi progetti di legge.

Anche quest’anno, come nei precedenti, il disegno di legge finanziaria non specifica, nell’ambito dell’accantonamento complessivo assegnato a ciascun ministero, le finalizzazioni della spesa, indicando i soli importi globali; la relazione al disegno di legge reca informazioni sulla destinazione degli accantonamenti.

 

Per quanto riguarda il Ministero dell’interno, nella tabella A (fondo speciale di parte corrente) allegata al disegno di legge finanziaria è ad esso riservato un accantonamento pari a 81 milioni di euro per il 2008; 95,1 milioni per il 2009 e 95,9 milioni per il 2010.

La relazione governativa che accompagna il disegno di legge finanziaria finalizza gli accantonamenti al provvedimento di modifica della legge sulla cittadinanza e a quello concernente la delega sull’immigrazione.

Si ricorda che la legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) recava per tale Ministero un accantonamento pari a 1 milione di euro per il 2007; nessun accantonamento era previsto per il 2008 e il 2009.

 

La tabella B (fondo speciale in conto capitale) – non diversamente dalla legge finanziaria 2007 – non riserva alcun accantonamento a favore del Ministero dell’interno.

 

Le spese relative alla Presidenza del Consiglio dei ministri sono inserite nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze: esse pertanto non assumono autonoma evidenza nelle tabelle A e B allegate al disegno di legge finanziaria 2008.

Si segnala peraltro che la citata relazione al disegno di legge prevede, con riferimento agli accantonamenti in tabella A relativi al Ministero dell’economia e delle finanze, che essi siano in parte destinati a finalità concernenti materie di interesse della I Commissione, quali l’istituzione del difensore civico delle persone private della libertà personale. Non risultano invece, tra le finalizzazioni degli accantonamenti in tabella B relativi al medesimo ministero, riferimenti a materie riconducibili alla I Commissione.


La tabella C

La tabella C determina il finanziamento di leggi di spesa che espressamente demandano alla legge finanziaria la definizione delle risorse da impiegare annualmente. Tale definizione é effettuata su base triennale, ma ha valore prescrittivo solo per il primo anno di esercizio.

Per il Ministero dell’interno l’attuale tabella C reca le seguenti voci:

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Ordine pubblico e sicurezza

 

 

 

Contrasto al crimine

 

 

 

L. 451/1959: istituzione del capitolo "Fondo scorta" per il personale della Polizia di Stato
(3.1.1. – Funzionamento – cap. 2674)

14,98

15,27

15,27

D.P.R. 309/1990, testo unico sulla disciplina degli stupefacenti
art. 101: potenziamento delle attività di prevenzione e repressione del traffico illecito di stupefacenti
(3.1.1. – Funzionamento – capp. 2668; 2815)

2,88

2,94

2,94

Prevenzione generale e controllo del territorio

 

 

 

L. 451/1959: istituzione del capitolo "Fondo scorta" per il personale della Polizia di Stato
(3.3.1. – Funzionamento – cap. 2543)

14,98

15,27

15,27

Totale missione

32,84

33,47

33,47

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Soccorso civile

 

 

 

Prevenzione dal rischio e soccorso pubblico

 

 

 

L. 968/1969 e D.L. 361/1995, conv. con mod. in L. 437/1995 (art. 4): “Fondo scorta” del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
(4.2.1. – Funzionamento – cap. 1916)

17,37

17,70

17,70

Totale missione

17,37

17,70

17,70

In milioni di euro.


 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Immigrazione, accoglienza e garanzia dei diritti

 

 

 

Garanzia dei diritti e interventi per lo sviluppo della garanzia sociale

 

 

 

L. 549/1995 misure di razionalizzazione della finanza pubblica
art. 1, co. 43: contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi
(5.1.2. – Interventi – cap. 2309)

0,50

0,11

0,11

D.Lgs. 140/2005 attuazione direttiva 2003/9/CE norme minime per la l’accoglienza dei richiedenti asilo
- art. 13: somme destinate all’accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato
(5.1.2. – Interventi – cap. 2311)

17,86

17,86

17,86

Totale missione

18,36

17,96

17,96

In milioni di euro.

 

Totale Ministero interno

68,57

69,14

69,14

In milioni di euro.

 

 

Per quanto concerne le voci riferibili alla Presidenza del Consiglio dei ministri all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, questi sono gli stanziamenti:

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri

 

 

 

Presidenza del Consiglio dei ministri

 

 

 

L. 230/1998, norme in materia di obiezione di coscienza
- art. 19: fondo nazionale per il servizio civile
(21.3.3. – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2185)

303,42

257,29

257,29

D.Lgs. 303/1999: ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri
(3.1.5.2  21.3.3. – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2115)

453,88

432,96

486,21

Totale missione

757,30

690,25

743,50

In milioni di euro.


 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali

 

 

 

Regolazioni contabili ed altri trasferimenti alle regioni a statuto speciale

 

 

 

L. 38/2001, norme a tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia
- art. 16, co. 2: tutela della minoranza linguistica slovena
(2.3.6. – Investimenti – cap. 7513/P)

5,25

5,36

5,36

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Soccorso civile

 

 

 

Protezione civile

 

 

 

D.L. 142/1991, conv. in L. 195/1991, provvedimenti in favore delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto del 1990 etc.
- (art. 6, co. 1): Reintegro fondo protezione civile
(6.2.8. – Oneri comuni di conto capitale – cap. 7446/P)

218,76

222,85

222,85

D.L. 142/1991, conv. in L. 195/1991, provvedimenti in favore delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto del 1990 etc.
- art. 6, co. 1: Provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto del 1990
(6.2.8. – Oneri comuni di conto capitale – cap. 7446/P)

78,72

80,35

80,35

L. 225/1992, Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile
- art. 1: Servizio nazionale della protezione civile
(6.2.3. – Oneri comuni di parte corrente cap. 2184)

39,34

40,10

40,10

L. 225/1992, Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile
- art. 3: attività e compiti di protezione civile
(6.2.8. – Oneri comuni di conto capitale – cap. 7447)

535,17

391,29

391,29

Totale missione

871,99

734,59

734,59

In milioni di euro.


 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Comunicazioni

 

 

 

Sostegno all’editoria

 

 

 

L. 67/1987: rinnovo della L. 416/1981, recante disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria
(11.2.3 – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2183 e 11.2.8 - Oneri comuni di conto capitale – cap. 7442)

381,95

336,37

331,37

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Ricerca e innovazione

 

 

 

Ricerca di base e applicata

 

 

 

D.Lgs. 39/1993, norme in materia di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche
- art. 4: istituzione Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione  (12.1.2. –– Interventi – cap. 1707/P)

16,31

16,62

16,62

Totale missione

16,31

16,62

16,62

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia

 

 

 

Promozione dei diritti e delle pari opportunità

 

 

 

D.L. 223/2006, conv. L. 248/2006, Disposizioni urgenti per il rilancio economico ecc.

- art. 19, co. 3: Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità
(17.4.3 – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2108

45

45

45

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Politiche economico-finanziarie e di bilancio

 

 

 

Regolazione giurisdizione e coordinamento del sistema della fiscalità

 

 

 

D.Lgs. 287/1999 Riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione e riqualificazione del personale delle amministrazioni pubbliche (1.1.2. – Interventi – cap. 3935)

14,49

14,77

14,77

In milioni di euro.

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Giovani e sport

 

 

 

Attività ricreative e sport

 

 

 

D.L. 181/2006, disposizioni sul riordino della Presidenza del Consiglio e dei ministeri
- art. 1, co. 19, lett. a):adeguamento della struttura Presidenza del Consiglio per l’esercizio delle funzioni in materia di sport
(22.2.3 – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2111 e 22.1.8 – Oneri comuni di conto capitale - 7450)

176,43

167,82

144,82

Incentivazione e sostegno alla gioventù

 

 

 

D.L. 223/2006, conv. L. 248/2006, Disposizioni urgenti per il rilancio economico ecc.

- art. 19, co. 2: fondo per le politiche giovanili
(22.2.3 – Oneri comuni di parte corrente – cap. 2106)

139,70

119,70

119,70

D.L. 297/2006, conv. L. 15/2007, Disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l’adeguamento a decisioni in ambito comunitario
- art. 6, co. 2: Agenzia nazionale per i giovani (22.2.2 – Oneri comuni di parte corrente – cap. 1597)

--

--

0,60

Totale

316,12

287,52

265,12

In milioni di euro.

 

 

Oggetto del provvedimento

2008

2009

2010

missione Servizi istituzionali e generali delle amministrazioni pubbliche

 

 

 

Servizi generali, formativi, assistenza legale ed approvvigionamenti per le amministrazioni pubbliche

 

 

 

D.P.R. 701/1977: regolamento di esecuzione del D.P.R. 472/1972, sul riordinamento e potenziamento della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione
(24.1.2 – Interventi – cap. 5217)

14,39

14,69

14,69

L. 146/1980, legge finanziaria 1980
- art. 36: assegnazione a favore dell’ISTAT (24.1.2 – Interventi – cap. 1680)

158,52

161,48

161,48

D.Lgs. 285/1999: riordino del Centro di formazione studi (FORMEZ)
(24.1.2 – Interventi – cap. 5200)

21,11

21,51

21,51

D.Lgs. 165/2001, norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche
- art. 46: Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
(24.1.2 – Interventi – cap. 5223)

3,36

3,42

3,42

 

 

 

 

In milioni di euro.

 


La tabella D

Con la tabella D si dispone il rifinanziamento, per uno o più esercizi nell’arco del triennio, di norme recanti interventi di sostegno dell’economia, classificati tra le spese in conto capitale.

La Tabella D del disegno di legge finanziaria per il 2008 non prevede il rifinanziamento di interventi afferenti alla Presidenza del Consiglio né di competenza del Ministero dell’interno.

La legge finanziaria 2007 disponeva i seguenti rifinanziamenti di interventi di quest’ultimo dicastero:

§      116,2 milioni per ciascun anno del triennio quale finanziamento del Fondo per lo sviluppo degli investimenti dei comuni e delle province, quale quota destinata all’ammortamento dei mutui degli enti locali dissestati (D.L. n. 515 del 1994) (Tab. F - Settore 27);

§      100 milioni per ciascun anno del triennio quali contributi per spese pubbliche nei comuni di Napoli e Palermo (D.L. n. 67 del 1997, art. 3) (Tab. F - Settore 27);

§      103,3 milioni di euro per ciascun anno del triennio quali contributi per la fornitura gratuita libri di testo (L. 448 del 1998, art. 27) (Tab. F - Settore 27).


La tabella E

La tabella E, recante riduzioni di autorizzazioni di spesa disposte da leggi precedenti, non contempla voci di interesse della Presidenza del Consiglio, né afferenti allo stato di previsione del Ministero dell’interno.


 

La tabella F

La tabella F ha il compito di indicare, nel corso degli anni, la “modulazione” della spesa autorizzata da leggi di spesa aventi effetto finanziario pluriennale. Non si tratta, pertanto, di nuove autorizzazioni di spesa ma di nuova articolazione annuale di somme già autorizzate in passato. In pratica è possibile, ferma restando l’entità complessiva delle somme autorizzate, spostare una parte o tutte le somme stanziate per l’anno di riferimento agli anni successivi, anche prorogando nel tempo l’originaria durata della legge.

Sulla tabella F si riflettono anche i nuovi stanziamenti autorizzati in base alla tabella D o gli eventuali definanziamenti di cui alla tabella E.

Per quanto qui rileva, nel disegno di legge finanziaria 2008, la tabella F annovera, nel settore 27 (“Interventi diversi”), alcune rimodulazioni incidenti su capitoli degli stati di previsione della spesa del Ministero dell’interno, relativi a trasferimenti per gli enti locali (Missione Relazioni finanziarie con le autonomie territoriali; Programma Trasferimenti a carattere generale per gli enti locali, macroaggregato 2.3.6 – Investimenti ; capp. 7232, 7239 e 7243).

 

 


 

Gli articoli del disegno di legge finanziaria
di interesse della I Commissione
(Affari costituzionali)

 


 

Sintesi

Si dà conto sommariamente delle disposizioni recate dal disegno di legge finanziaria, nel testo approvato dal Senato, che più direttamente attengono all’ambito di competenza della I Commissione (Affari costituzionali).

Le successive schede di lettura illustrano analiticamente le disposizioni medesime.

 

Il comma 4 dell’articolo 14 reca autorizzazioni di spesa per il triennio 2008-2010 a favore del Ministero dell’interno, da utilizzare per il rafforzamento dell’attività di contrasto all’immigrazione clandestina.

L’articolo 16 stabilisce che nella determinazione delle quote mensili dell’indennità parlamentare, per cinque anni dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008, non venga applicato l’adeguamento automatico previsto dall’art. 24, co. 1 e 2, della L. 448/1998.

L’articolo 17 dispone che, a partire dal Governo successivo a quello in carica, il numero e le attribuzioni dei ministeri siano quelli fissati dal D.Lgs. 300/1999 nella sua originaria formulazione, ed abroga con la medesima decorrenza i D.L. 217/2001 e 181/2006, che hanno modificato il citato D.Lgs. 300/1999 portando il numero previsto dei ministeri da 12 a 18. Si dispone parimenti che la prossima compagine governativa non possa superare in totale le 60 unità, e che sia composta in coerenza con il principio di pari opportunità tra i generi di cui all’art. 51, primo comma, della Costituzione.

L’articolo 18 dispone la riduzione del 20 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dei compensi dei Commissari straordinari del Governo.

Il comma 4 dell’articolo 24 aggiunge un nuovo articolo al D.Lgs. 507/1993, il comma 1 del quale consente ai comuni di riservare una quota, non superiore al 10 per cento del totale, di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni; il comma 2 riapre il termine per poter fruire della sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005, prevista dal comma 2 del già abrogato art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993.

L’articolo 23 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni, contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004, concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione entro i termini stabiliti.

L’articolo 25 riforma la disciplina relativa alle comunità montane, al fine della loro razionalizzazione e del contenimento dei costi, attraverso la novella dell’art. 27 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000). Le comunità montane dovranno essere composte da almeno sette comuni con precisi requisiti altimetrici. L’entità del risparmio è calcolato in 33,4 milioni di euro per il 2008 e in 66,8 milioni di euro per ciascuno degli anni successivi.

L’articolo 26 modifica in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), con l’intento di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali:

§         il comma 1 riduce il tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12;

§         il comma 2 modifica il regime delle aspettative degli amministratori locali;

§         il comma 3 interviene in materia di indennità degli stessi;

§         il comma 4 dispone in merito al divieto di cumulo degli emolumenti;

§         il comma 5 sostituisce l’indennità di missione con un rimborso forfettario;

§         il comma 6 stabilisce che ogni comune possa aderire ad un’unica forma associativa tra quelle previste dal TUEL;

§         il comma 7 interviene in materia di organi per la tenuta e la revisione delle liste elettorali;

§         il comma 8 reca le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6.

I commi 1 e 2 dell’articolo 27 recano una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali. Il primo comma è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine di eliminarne le duplicazioni. Il secondo comma è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

L’articolo 38 dispone che, dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale e accessorio attinente alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e ai Vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici.

L’articolo 39 istituisce per il 2008, presso il Ministero dell'Interno, un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni per le necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ed un fondo di parte corrente con la dotazione iniziale di 10 milioni di euro per il rinnovo e l’ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze della Polizia di Stato.Ulteriori 10 milioni sono destinati al personale delle forze di Polizia di Stato al fine di evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario.

L’articolo 67, comma 1, riduce di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie.

Il comma 1 dell’articolo 119 autorizza la spesa di 1.500.000 euro per ciascun anno del triennio 2008-2010 per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ai programmi finanziati dalla UE attraverso i fondi europei in materia migratoria. Il comma 2 integra con 50 milioni di euro per l’anno 2008 il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati.

L’articolo 128 reca misure volte al contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche in materia di auto di servizio, corrispondenza postale, telefonia e immobili. In particolare, il comma 1 si prevede che la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell’ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato  - ad esclusione delle autovetture utilizzate dal Corpo dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile - non possa superare i 1600 centimetri cubici.

I commi 2 e 3recano disposizioni volte a sanzionare, attraverso una riduzione delle risorse finanziarie, il mancato uso da parte delle pubbliche amministrazioni delle modalità di trasmissione informatica dei documenti.

I commi da 4 a 6 dispongono l’obbligo per le amministrazioni centrali di utilizzare i servizi “Voce tramite protocollo Internet” (VoIP), previsti dal sistema pubblico di connettività, attribuendo al CNIPA il compito di monitorare il rispetto di tale obbligo. In caso di non osservanza, nell’esercizio successivo si opera una riduzione del 30% delle risorse stanziate per spese di telefonia. Il comma s dispone, inoltre,  la riduzione lineare delle dotazioni di bilancio dei ministeri relative alle spese postali e telefoniche; le altre pubbliche amministrazioni dovranno adottare analoghe misure per realizzare risparmi di spesa e, in caso di accertamento di minori economie, subiscono riduzioni dei trasferimenti statali.

I commi da 7 a 11, a contenimento delle spese di funzionamento, impongono alle pubbliche amministrazioni l’adozione di piani triennali per la razionalizzazione dell’uso delle dotazioni strumentali, anche informatiche; delle autovetture di servizio; dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio. Tali piani indicano altresì misure dirette a circoscrivere l’assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità, individuando altresì forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze. I piani triennali devono essere resi pubblici dagli uffici per le relazioni con il pubblico e attraverso i siti internet delle singole amministrazioni.

Il comma 12 dispone che tutte le pubbliche amministrazioni siano tenute a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze i beni immobili ad uso abitativo o di servizio in proprio possesso, esclusi i beni infrastrutturali.

Il comma 13 prevede che le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale debbano adottare, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del testo, gli atti di rispettiva competenza secondo i propri ordinamenti per attuare i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dall’articolo in oggetto.

Il comma 14 riduce il numero dei membri del CNIPA da quattro a due, cui si aggiunge il Presidente; in via transitoria, si dispone che fino al 2 agosto 2009 i componenti di tale organo collegiale siano tre e che in tale composizione provvisoria in caso di parità di voti prevalga quello del Presidente.

L’articolo 133 introduce il divieto di istituire di uffici di diretta collaborazione nelle amministrazioni prive di un vertice che sia espressione di rappresentanza politica.

L’articolo 134, al commi 1 e 2, autorizza l’adozione, entro 180 giorni, di regolamenti di delegificazione per il riordino, la trasformazione o la soppressione e messa in liquidazione di enti ed organismi pubblici statali. Il comma 3 dispone la soppressione degli enti, organismi e strutture, di cui all’allegato A, che non siano stati riordinati entro il termine di cui al co. 1. I commi 4 e 5 rimettono a un successivo D.P.C.M. la destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi. Il comma 6 dispone l’irrilevanza ai fini fiscali degli atti connessi alle operazioni di trasformazione. Il comma 7 abroga la previgente disciplina in materia (art. 28, L. 448/2001); il comma 8 definisce gli obiettivi di risparmio della disposizione e fissa una clausola di salvaguardia in caso di mancato raggiungimento di tali obiettivi.

L’articolo 137 reca disposizioni in materia di riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e di pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche statali.

L’articolo 144 reca, ai commi da 1 a 11, disposizioni che limitano le erogazioni a carico della finanza pubblica volte a remunerare funzioni o attività svolte da persone fisiche nell’ambito di rapporti con pubbliche amministrazioni o altri organismi pubblici.

Il commi 1 e 8 sopprimono rispettivamente il comma 593 e parte del comma 466 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, che contengono disposizioni analoghe a quelle introdotte. Il comma 2 pone un tetto al trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva emolumenti nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo, o per incarichi e mandati di qualsiasi natura, da parte di pubbliche amministrazioni statali, enti pubblici anche economici, società non quotate a capitale totalmente o prevalentemente pubblico e loro controllate. Il trattamento economico onnicomprensivo massimo in tali casi, e fatte salve alcune eccezioni e possibilità di deroga, non può superare quello del primo Presidente della Corte di cassazione. Ai sensi del medesimo comma, i relativi atti di spesa non possono avere attuazione, se non previamente resi noti sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato e comunicati al Governo e al Parlamento. Si prevede altresì il collocamento in aspettativa senza assegni di chi sia al contempo legato da rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o da queste partecipate, controllate o collegate e componente di organi di governo o controllo dei medesimi organismi o società. Il comma 3 dispone che la Banca d’Italia e le autorità indipendenti trovino la loro disciplina in materia in una futura, complessiva legge di riforma. I commi 4, 5 e 6 specificano le modalità di applicazione della nuova disciplina alle situazioni e ai rapporti in corso, nonché a quelli di nuova istituzione. Il comma 7 impone alla RAI un obbligo di comunicazione alla Commissione parlamentare di vigilanza delle retribuzioni dirigenziali e dei compensi per la conduzione di trasmissioni. I commi 9-11 recano una peculiare forma di controllo di legittimità da parte della Corte dei conti sugli atti comportanti spesa ai sensi del co. 2. Il comma 12 reca disposizioni in materia di pubblicità dei rapporti di collaborazione e di consulenza a titolo oneroso, prevedendo che le pubbliche amministrazioni debbano pubblicare sul loro sito web i provvedimenti con cui hanno affidato gli incarichi, con l’indicazione dei soggetti beneficiari dei pagamenti, degli importi erogati e della ragione dell’affidamento dell’incarico.

I commi da 13 a 15 recano norme volte a rafforzare i controlli sulle spese degli enti locali per incarichi di studio o di ricerca, ovvero per consulenze.

Il comma 13 stabilisce che i suddetti incarichi possano essere conferiti dall’ente locale solo nell’ambito di un programma approvato dal Consiglio dell’ente stesso. Il comma 14 demanda al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali la definizione, in conformità alla legislazione vigente in materia, dei limiti, dei criteri e delle modalità per il conferimento di incarichi esterni, nonché del limite massimo della relativa spesa annua. Il comma 15 prevede che la sezione regionale della Corte dei Conti debba esprimere un parere obbligatorio e non vincolante sulla legittimità e sulla compatibilità finanziaria delle disposizioni del regolamento dei servizi e del personale adottate in materia di incarichi esterni in attuazione del comma 14.

Il comma 16 prevede – con alcune eccezioni, da individuarsi anche attraverso un apposito D.P.C.M. – la “soppressione” dei contratti di consulenza di durata continuativa stipulati con personale facente parte di “speciali uffici o strutture”, comunque denominati, istituiti presso amministrazioni statali.

Il comma 17 prevede la nullità dei contratti di assicurazione stipulati da parte di enti pubblici in favore dei rispettivi amministratori al fine di tenerli indenni dai rischi derivanti dall’espletamento dei compiti connessi con la carica da loro ricoperta e riferibili alla responsabilità amministrativa o contabile. I contratti di assicurazione in corso perdono efficacia a decorrere dal 30 giugno 2008; è prevista una misura sanzionatoria per chi stipula o beneficia di contratti di assicurazione nulli.

I commi 18-21 recano disposizioni sulla Corte dei conti.

Il comma 18 abroga il comma 9 dell’art. 7 della L. 131/2003 (la cosiddetta “legge La Loggia”) eliminando la facoltà per le regioni, ivi prevista, di procedere all’integrazione della composizione delle sezioni regionali della Corte dei conti attraverso la nomina di due componenti. Il comma 19 prevede una riorganizzazione degli uffici della Corte dei conti, da attuare a livello regolamentare, al fine di coordinare le nuove funzioni istituzionali attribuite dall’articolo in esame con quelle già svolte dalla stessa. Il comma 20 prevede che ove un’amministrazione ritenga di non ottemperare ai rilievi svolti dalla Corte dei conti nell’esercizio del controllo su gestioni di spesa e di entrata, essa debba inviare un documento motivato alla Presidenza delle Camere, alla Presidenza del Consiglio e alla Presidenza della Corte dei conti. Il comma 21 prevede che la Corte dei conti, nel definire annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo di gestione tenga conto anche – ai fini del referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica – delle relazioni degli organi che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico.

Il comma 22 limita al solo 2007 (e non anche al 2008, come previsto dal testo vigente dell’art. 1, co. 576, della legge finanziaria per il 2007) il “taglio” del 30 per cento degli adeguamenti automatici previsto da tale disposizione per le retribuzioni di dipendenti pubblici appartenenti a specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale “non contrattualizzato”.

 

Si segnalano infine le disposizioni concernenti:

§         il personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di cui all’articolo 14, comma 2, lettera a), che reca stanziamenti per assunzione di personale anche dirigenziale ed all’articolo 149, comma 5 (integrazione di risorse per rinnovi contrattuali);

§         l’istituzione, nei fondi destinati ai progetti di impiego dei volontari del Servizio civile nazionale, di due quote di riserva destinate a finalità di assistenza a disabili gravi (articolo 105);

§         il personale delle Forze di polizia, presenti nell’ambito della disciplina introdotta dagli articoli 146 (assunzioni di personale) 148 (mobilità del personale) e 149, comma 4 (integrazione di risorse per rinnovi contrattuali).

 


Schede di lettura

Articolo 14, comma 4
(Contrasto all’immigrazione clandestina)

 

4. Per le esigenze di rafforzamento dell'attività di contrasto all'immigrazione clandestina, è autorizzata, a favore del Ministero dell'interno, la spesa di 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 19,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 17,5 milioni di euro per l'anno 2010. Agli oneri derivanti dal presente comma si provvede, quanto a 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 16 milioni di euro per l'anno 2010, a valere sulle maggiori entrate derivanti dalle disposizioni del presente articolo nonché della presente legge e, per la restante parte, pari a 9,1 milioni di euro per l'anno 2008, 7,1 milioni di euro per l'anno 2009 e 1,5 milioni di euro per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa recata dall'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

 

Il comma 4 dell’articolo 14 autorizza per il triennio 2008-2010 una spesa differenziata per ciascun anno a favore del Ministero dell’interno da utilizzare per il rafforzamento dell’attività di contrasto all’immigrazione clandestina.

A tal fine sono autorizzate per il 2008 la spesa di 9,1 milioni di euro; per il 2009 di 19, 1 milioni di euro; per il 2010 di 17,5 milioni di euro.

Gli oneri derivanti da tale impegno sono reperiti come segue:

§      12 milioni per il 2009 e 16 milioni per il 2010 a valere sulle maggiorientrate derivanti da quanto disposto dalle disposizioni dello stesso art. 14 e della legge finanziaria nel suo complesso;

§      9,1 milioni di euro previsti per il 2008, i restanti 7,1 milioni di euro della spesa prevista per il 2009 e i restanti 1,5 milioni di euro per il 2010 mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa disposta dall’art. 3, co. 151, della legge finanziaria 2004[38].

 

Il comma citato istituisce, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un fondo per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro. La ripartizione tra le varie unità previsionali di base è demandata a decreti del Ministro dell'Interno, da comunicare, anche con evidenze informatiche:

-          al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio;

-          alle competenti Commissioni parlamentari;

-          alla Corte dei conti.


Articolo 16
(Indennità membri Parlamento)

 

1. Ai fini della determinazione delle quote di cui all'articolo 1, secondo comma, della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, per cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente legge non si applica l'adeguamento retributivo previsto dall'articolo 24, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1998, n. 448.

 

 

L’articolo 16, non modificato nel corso dell’esame da parte del Senato, reca una norma di contenimento delle spese per le indennità parlamentari.

 

L’indennità è prevista dalla Costituzione (art. 69) ed è disciplinata dalla L. 1261/1965[39]. Essa è fissata nella misura massima dalla legge: non può superare il trattamento complessivo massimo annuo lordo dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate (art. 1, co. 2°).

L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005[40] (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai componenti della Camera e del Senato.

Spetta agli Uffici di Presidenza dei due rami del Parlamento determinare in concreto, entro il citato limite massimo, l’ammontare delle dodici quote mensili da corrispondere a titolo di indennità. In attuazione della disposizione della legge finanziarie per il 2006, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati ed il Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica hanno disposto la riduzione pari al 10 per cento dell’importo lordo allora vigente della quota mensile dell’indennità parlamentare spettante rispettivamente a deputati e senatori.

Per i membri della Camera dei deputati[41], l’importo mensile è attualmente pari a 5.486,58 euro, al netto delle ritenute previdenziali (784,14 euro) e assistenziali (526,66 euro) della quota contributiva per l’assegno vitalizio (1.006,51 euro) e della ritenuta fiscale (3.899,75 euro).

Per i senatori, l'importo mensile spettante nel 2007 è pari a 5.613,59 euro al netto della ritenuta fiscale (4.015,18 euro), nonché delle quote contributive per l'assegno vitalizio, per l'assegno di solidarietà e per l'assistenza sanitaria. Nel caso in cui il Senatore versi anche la quota aggiuntiva per la reversibilità dell'assegno vitalizio, l'importo netto dell'indennità scende a 5.355,46 euro.

Si ricorda inoltre che il trattamento economico dei parlamentari comprende – oltre all’indennità – una diaria corrisposta a titolo di rimborso delle spese di soggiorno a Roma (art. 2, L. 1261/1965). L’ammontare è determinato dagli Uffici di Presidenza in misura non superiore alla indennità di missione giornaliera prevista per i magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione ed equiparate[42].

Vanno distinte dalle due voci indicate quelle relative ai rimborsi a vario titolo previsti (per le spese inerenti al rapporto tra eletto ed elettori; per le spese accessorie di viaggio e per i viaggi all’estero; per le spese telefoniche).

 

La disposizione in esame stabilisce che nella determinazione delle quote mensili dell’indennità parlamentare – per cinque anni dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2008non venga applicato l’adeguamento automatico previsto dall’articolo 24, commi 1 e 2 della legge 448 del 1998[43].

 

Le disposizioni richiamate – la cui applicazione verrebbe sospesa in relazione alle indennità parlamentari – prevedono che gli stipendi, l'indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato” (docenti e ricercatori universitari, personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, colonnelli e generali delle Forze armate, personale dirigente della carriera prefettizia, personale della carriera diplomatica), siano adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti in regime contrattuale sulle voci della rispettiva retribuzione (la disposizione richiamate precisa che le voci retributive devono intendersi comprensive dell'indennità integrativa speciale e devono corrispondere a quelle utilizzate dallo stesso ISTAT per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali).

Quanto al meccanismo di concreta individuazione della misura dell'adeguamento annuo, il comma 2 dell’art. 24 prevede che la determinazione sia effettuata, entro il 30 aprile di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[44]. Al fine dell’adozione del D.P.C.M. l'ISTAT provvede a comunicare entro il mese di marzo la variazione percentuale registrata nell’anno precedente dalle retribuzioni del personale “contrattualizzato”. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l'adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell'anno precedente, salvo successivo conguaglio.

 

Il comma 4 dell’articolo 24 della legge 448 del 1998, che non è espressamente richiamato dalla norma in esame, prevede a sua volta che il criterio dell’adeguamento automatico sopra descritto si applichi anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell'adeguamento triennale tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego, fatta salva, per i profili non interessati dalla disposizione, la disciplina speciale di cui all’art. 2 della L. 27/1981.

 

In base a detta disposizione, che ha sostituito integralmente gli artt. 11, 12, legge n. 97 del 1979, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto ogni triennio nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l'indennità integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali ed enti di previdenza). La percentuale spettante, calcolata dall’ISTAT rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell'ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell'ultimo anno del triennio precedente, è determinata nel primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro, ed ha effetto dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello di riferimento: al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio gli stipendi sono aumentati, a titolo di acconto, per ciascun anno, in misura pari al 30% della variazione percentuale verificatasi nel triennio precedente, tranne l'eventuale conguaglio.

Il più recente adeguamento retributivo dei magistrati è stato disposto con il D.P.C.M. del 15 maggio 2006, che ha previsto un incremento del 12,30 per cento a decorrere dal 2006, previo riassorbimento degli incrementi già corrisposti per il 2004 e il 2005[45]. Per gli anni 2007 e 2008 il D.P.C.M. ha invece disposto, a titolo di acconto, un adeguamento del 3,69 per cento annuo.

 

In proposito, con riferimento alla formulazione del testo, potrebbe valutarsi l’opportunità di richiamare il comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, in considerazione del fatto che l’indennità parlamentare assume come parametro il trattamento economico di personale appartenente alla magistratura (magistrati con funzioni di presidente di Sezione della Corte di cassazione).

 

Con riferimento al meccanismo di adeguamento automatico previsto dall’art. 24 della L. 448/1998 si ricorda che l’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha disposto la riduzione del 30 %, per gli anni 2007 e 2008, della misura dell’adeguamento retributivo previsto per le categorie che ancora usufruiscono di progressioni stipendiali automatiche tra quelle, cosiddette in regime pubblico, indicate dall’art. 3 del D.Lgs. 165/2001, fermo restando il procedimento di determinazione previsto dalla disciplina vigente.

La limitazione percentuale degli adeguamenti retributivi nel biennio 2007-2008, che opera solo nei confronti di chi percepisca retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro e – come precisato anche nella relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2007[46] – trova applicazione anche nei confronti dei magistrati, non dà luogo a successivi recuperi.

Nell’anno 2009 vi sarà invece applicazione nella misura piena dell’indice di adeguamento e reintegrazione “della base retributiva cui applicarlo”.

Al riguardo, si segnala peraltro che gli effetti del “taglio” dell’adeguamento automatico previsto dalla L. 296/2006 sono limitati al solo anno 2007 dal comma 22 dell’art. 144 del disegno di legge in esame (v. infra).

 

Con riferimento agli effetti della disposizione in esame, si rileva che essa – diversamente dalla norma relativa alla riduzione dell’adeguamento automatico prevista per il personale in regime di diritto pubblico dalla scorsa legge finanziaria – non reca una disciplina della fase temporale successiva al “blocco” dell’adeguamento automatico.

In questo contesto sembrerebbe quindi doversi ritenere che le decisioni al riguardo saranno rimesse agli Uffici di Presidenza delle due Camere, i quali – nell’ambito dei poteri ad essi attributi dalla L. 1261/1965 – potrebbero alternativamente:

§      applicare l’adeguamento sull’importo “congelato” dell’indennità;

§      operare conformemente all’art. 1, comma 576, della legge finanziaria per il 2007 e applicare l’adeguamento previa reintegrazione della base cui applicarlo, riallineando così l’importo delle indennità al trattamento dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di cassazione.

Sempre con riferimento alla portata della disposizione sotto il profilo finanziario, si segnala che nella relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria[47] il Governo illustra come essa produca una riduzione di spesa “a cascata”, posto che all’indennità dei parlamentari nazionali sono legati gli emolumenti di una serie di titolari di pubblici uffici (parlamentari europei, ministri e sottosegretari non parlamentari, consiglieri regionali).

 

L’importo dell’indennità spettante ai parlamentari europei corrisponde attualmente a quello dell’indennità di funzione del parlamentare nazionale. In particolare, l’art. 1 della L. 384/1979[48] stabilisce che ai membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia competa, dal giorno successivo a quello dell’elezione e fino a quando non sia diversamente stabilito dal medesimo Parlamento europeo, un’indennità mensile pari all’indennità percepita dai membri del Parlamento nazionale in applicazione dell’art. 1 della L. 1261/1965. L’art. 1, co. 52, della L. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha ridotto del 10 per cento anche l’ammontare massimo delle indennità mensili spettanti ai membri del Parlamento europeo eletti in Italia.

Deve peraltro ricordarsi che nel 2009 entrerà in vigore, lo Statuto dei deputati del Parlamento europeo, il quale provvede tra l’altro (artt. 9 e seguenti) a rendere omogeneo il trattamento dei singoli eurodeputati e a porlo a carico del bilancio dell’Unione europea anziché – come ora – di quello dei singoli Stati membri. L’indennità sarà pari al 38,5 per cento del trattamento economico di base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee e ammonterà quindi a circa 7.000 euro mensili. Gli Stati membri (art. 29) potranno definire per i propri deputati del Parlamento europeo una regolamentazione in deroga alle disposizioni dello statuto in materia di indennità, indennità transitorie, pensioni di anzianità e pensioni di reversibilità per un periodo di transizione che non potrà superare la durata di due legislature del Parlamento europeo (quindi fino al 2019). I pagamenti relativi saranno in questo caso interamente a carico del bilancio dei rispettivi Stati membri.

Per quanto riguarda, invece, ministri e sottosegretari non parlamentari, la L. 418/1999[49], all’art. 1, ha stabilito che ad essi sia corrisposta – in aggiunta allo stipendio previsto dall’art. 2 della L. 212/1952[50] – anche una indennità pari a quella spettante ai membri del Parlamento, al netto degli oneri previdenziali e assistenziali. Si ricorda che, come anche l’indennità dei parlamentari, l’indennità ex legge 418, è stata ridotta del 10 per cento dall’art. 1, co. 52, della L. 266/2005.

Con riferimento invece ai consiglieri regionali, si rileva che nella maggior parte delle regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è costituita da due voci: una, definita come indennità di carica, è corrisposta in misura uguale a tutti i consiglieri; l’altra, indicata come indennità di funzione si aggiunge alla prima ed è attribuita ai consiglieri che ricoprono talune cariche nel Consiglio o nella Giunta regionali. La legge della regione determina le cariche cui essa spetta e la misura della indennità per ognuna di esse. In tutte le regioni l’indennità riconosciuta ai consiglieri è estesa anche ai componenti ‘laici’ della giunta regionale. Il prospetto che segue mostra – a fronte per ciascuna regione – la misura di queste due voci e ne indica il parametro di commisurazione.

L’indennità di carica costituisce l’indennità base, ed è per lo più espressa in forma di percentuale dell'indennità lorda percepita dai componenti del Parlamento nazionale ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261. Diverso parametro assume invece la regione Umbria, che collega l’indennità dei consiglieri al trattamento economico dei magistrati con funzioni di Presidente di Sezione della Corte di Cassazione. Per l’esercizio di determinate funzioni spetta ai consiglieri una ulteriore quota, sempre in percentuale, della medesima indennità lorda spettante ai componenti della Camera dei deputati – o membri del Parlamento. Alcune regioni per questa parte di indennità assumono, invece, altri parametri: la indennità di base dei consiglieri – (Trentino Alto-Adige e Friuli-Venezia Giulia), indennità di funzione spettanti a determinate cariche – Friuli-Venezia Giulia o altre cariche dello Stato nel caso della Sardegna per il Presidente della Regione. In altri casi infine, fermo restando il parametro iniziale, la determinazione delle indennità di funzione è demandata all’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (Sardegna) o dell’Assemblea regionale (Sicilia).

 

Per quanto riguarda i collegamenti con lavori legislativi in corso, si segnala che il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati ha avviato l’esame in di quattro proposte di legge in materia di contenimento dei costi della politica, nel cui ambito ha avviato una indagine conoscitiva attualmente in corso. In proposito si segnala, tra le proposte in esame, l’A.C. 2179 (on. Donadi e altri), che – analogamente a quanto previsto dall’articolo in esame – prevede un “congelamento” dell’indennità, prevedendo che fino a tutto il 2010 l’ammontare dell’indennità, e di ogni altro emolumento ad essa commisurato per legge o regolamento, resti determinato nella misura vigente alla data di entrata in vigore della legge.

 


Articolo 17
(Norme sulla formazione e composizione del Governo)

 

1. A partire dal Governo successivo a quello in carica alla data di entrata in vigore della presente legge, il numero dei Ministeri e il relativo riparto di attribuzioni sono stabiliti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nel testo pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 203 del 30 agosto 1999. Il numero totale dei componenti del Governo a qualsiasi titolo, ivi compresi ministri senza portafoglio, vice ministri e sottosegretari, non può essere superiore a sessanta e la composizione del Governo deve essere coerente con il principio stabilito dal secondo periodo del primo comma dell'articolo 51 della Costituzione.

2. A far data dall'applicazione, ai sensi del comma 1 del presente articolo, del decreto legislativo n. 300 del 1999 sono abrogati il decreto-legge 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n. 317, e il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

 

 

L’articolo 17, introdotto dal Senato, al comma 1 innova in ordine alla composizione del Governo e al riparto di attribuzioni fra i ministeri.

Tale nuova disciplina è destinata a trovare applicazione “a partire dal Governo successivo a quello in carica” alla data di entrata in vigore della legge. In altri termini, la nuova disciplina non riguarda il Governo attualmente in carica, che rimane soggetto alla normativa vigente in tema di numero e attribuzioni dei ministeri.

La disposizione in esame utilizza una tecnica legislativa attraverso la quale il numero e le attribuzioni dei ministeri sono definiti mediante richiamo delle relative disposizioni del D.Lgs. 300/1999[51], di cui è prevista la reviviscenza nella formulazione originaria.

In sostanza, la disposizione in esame compatta in un unico articolo e fa rivivere la disciplina dell’organizzazione del Governo di cui al testo originario del D.Lgs. 300/1999 (c.d. riforma Bassanini).

Il dies a quo della reviviscenza sembrerebbe implicare che la nuova disciplina organizzativa debba essere osservata nella formazione del Governo che succederà a quello attualmente in carica.

 

La delega conferita dalla L. 59/1997[52] per la riforma dell’organizzazione dei Ministeri – che diede origine al D.Lgs. 300/1999 – era espressamente intesa a razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo.

Tra i princìpi e criteri direttivi della delega vi erano i seguenti: procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all’inizio della nuova legislatura; eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all’interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (cfr art. 12, co. 1, lett. f) e g), della L. 59/1997).

Il D.Lgs. 300/1999, che prevedeva dodici ministeri, non ha mai avuto applicazione nella sua formulazione originaria. Esso infatti avrebbe dovuto essere applicato a partire dalla XIV legislatura, allorché però fu emanato il D.L. 217/2001[53]. Tale decreto-legge, modificando il testo originario del D.Lgs. 300/1999, portò a quattordici il numero dei Ministeri.

Una ulteriore riforma è stata posta in essere all’inizio della presente legislatura, attraverso il D.L. 181/2006[54]. Tale provvedimento ha portato a diciotto il numero dei Ministeri.

La tabella seguente raffronta le diverse composizioni del Governo secondo le formulazioni D.Lgs. 300/1999 succedutesi nel tempo.


 

Art. 2, co. 1, del D.Lgs. 300/1999

Testo originario

Testo modificato
dal D.L. 217/2001

Testo vigente,
con le modifiche recate dal D.L. 181/2006

1. A decorrere dalla prossima legislatura, i ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1. I ministeri sono i seguenti:

1) Ministero degli affari esteri

1) Ministero degli affari esteri;

1) Ministero degli affari esteri;

2) Ministero dell’interno

2) Ministero dell’interno;

2) Ministero dell’interno;

3) Ministero della giustizia

3) Ministero della giustizia;

3) Ministero della giustizia;

4) Ministero della difesa

4) Ministero della difesa;

4) Ministero della difesa;

5) Ministero dell’economia e delle finanze

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

5) Ministero dell’economia e delle finanze;

6) Ministero delle attività produttive

6) Ministero delle attività produttive;

6) Ministero dello sviluppo economico;


 

7) Ministero del commercio internazionale;

 

7) Ministero delle comunicazioni;

8) Ministero delle comunicazioni;

7) Ministero delle politiche agricole e forestali

8) Ministero delle politiche agricole e forestali;

9) Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio

9) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

10) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;

9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti

10) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

11) Ministero delle infrastrutture;

 

 

12) Ministero dei trasporti;

10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali

11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale;

 

12) Ministero della salute;

14) Ministero della salute;

11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca

13) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

15) Ministero della pubblica istruzione;

 

 

16) Ministero dell’università e della ricerca;

12) Ministero per i beni e le attività culturali.

14) Ministero per i beni e le attività culturali.

17) Ministero per i beni e delle attività culturali;

 

 

18) Ministero della solidarietà sociale.

 

La disposizione in esame ripristina, come detto, non solo il numero (e la denominazione), ma anche la originaria ripartizione delle attribuzioni fra i ministeri. Tale ripartizione è illustrata dalla tabella posta in calce alla presente scheda.

Il comma 1, al secondo periodo, pone anche un limite complessivo al numero dei componenti del Governo “a qualsiasi titolo”: esso non può essere superiore a sessanta unità, comprendendo in tale nozione allargata di componente del Governo i ministri senza portafoglio, i viceministri e i sottosegretari. Inoltre, il contingente governativo, nel rispetto del suddetto limite numerico complessivo, deve essere configurato “in coerenza” con il principio di cui all’articolo 51, primo comma, secondo periodo, della Costituzione, a mente del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ai fini dell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.

Dalla formulazione dell’art. 51 Cost. non sembra discendere un vincolo giuridico in ordine alla composizione della futura compagine governativa, quanto piuttosto l’obbligo di promuovere le “pari opportunità nell’accesso” tra i due generi; il modo in cui di tale principio si darà lettura e applicazione in sede di formazione del nuovo Governo sembra sostanzialmente rimesso alle sensibilità e alle dinamiche dei diversi attori politico-istituzionali.

 

Il comma 2 prevede che, a decorrere dalla reviviscenza del testo originario del D.Lgs. 300/1999, siano abrogati il D.L. 217/2001 e il D.L. 181/2006, dei quali si è innanzi trattato. Benché non espressamente dichiarato, appare evidente l’intento di far tornare in vigore, con tale abrogazione, il testo originario del D.Lgs. 300/1999, limitatamente peraltro alle parti che hanno formato oggetto di abrogazione o modifica da parte dei due menzionati decreti-legge.

Si segnala peraltro che l’abrogazione dei due decreti-legge travolge anche le diverse disposizioni, in essi contenute, non concernenti il numero e le attribuzioni dei ministeri, alcune delle quali modificative di fonti legislative diverse dal D.Lgs. 300/1999. Gli effetti di tali abrogazioni non emergono sempre con chiarezza, né – in ogni caso – risulta evidente la connessione tra tali effetti e la ratio dell’articolo in esame.

 

Si fa ad esempio riferimento, con riguardo al D.L. 217/2001:

-        al co. 6-bis (competenze aggiuntive del Ministero per le politiche agricole e forestali);

-        al co. 12 (competenze dei vice ministri);

-        al co. 13 (incarichi di diretta collaborazione),

e con riguardo all’art. 1 del D.L. 181/2006:

-        ai co. 9-bis e 9-ter (disciplina dei consorzi agrari e promozione del sistema agroalimentare italiano);

-        al co. 19-quinquies (riordino della Commissione per le adozioni internazionali);

-        al co. 22-ter (modifica alla L. 400/1988);

-        ai co. da 24 a 24-octies (uffici e incarichi di diretta collaborazione);

-        al co. 24-novies (requisiti per la nomina dei direttori generali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere).

 

Va inoltre rilevato che, avendo il D.L. 181/2006 operato una redistribuzione delle competenze in svariate materie anche tra la Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri dicasteri, il riassetto conseguente all’abrogazione del D.L. coinvolgerà anche la Presidenza del Consiglio, pur questa non essendo questa disciplinata dal D.Lgs. 300/1999 (bensì dal parallelo D.Lgs. 303/1999).

In conseguenza dell’intervento previsto dall’articolo in esame, si renderà comunque necessario un riassetto dell’organizzazione interna dei ministeri coinvolti dal riordino (e, come si è detto, della Presidenza del Consiglio). Nel silenzio del testo, sembra applicabile lo strumento regolamentare previsto in via generale dall’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988[55].

 

Tale norma prevede che l’organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministri siano determinate con regolamento emanato ai sensi del co. 2 del medesimo art. 17, cioè con regolamento di delegificazione. Gli schemi di regolamento sono trasmessi al Consiglio di Stato, ai sensi dello stesso art. 17, co. 2 L. 400/1988, e alle Camere, ai sensi dell’art. 13, co. 2 della L. 59/1997, perché su di essi sia espresso, entro 30 giorni, il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il Consiglio dei ministri adotta quindi in via definitiva con propria deliberazione il regolamento, che viene emanato con decreto del Presidente della Repubblica.

 

Nulla peraltro dispone l’articolo in esame in ordine alle modalità di ricognizione delle strutture amministrative trasferite in esito alla ridefinizione del numero e delle attribuzioni dei ministeri, né in ordine ai modi e ai tempi del conseguente trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie e del personale da un ministero all’altro.

 

Le attribuzioni dei ministeri secondo il testo originario del D.Lgs. 300/1999

 

Ministeri

Attribuzioni

Ministero degli Affari esteri

(articoli 12 e 13)

Funzioni e compiti in materia di rapporti politici, economici, sociali e culturali con l’estero; di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale; di analisi, definizione e attuazione dell’azione italiana in materia di politica internazionale; di rapporti con gli altri Stati con le organizzazioni internazionali; di stipulazione e di revisione dei trattati e delle convenzioni internazionali e di coordinamento delle relative attività di gestione; di studio e di risoluzione delle questione di diritto internazionale, nonché di contenzioso internazionale; di rappresentanza della posizione italiana in ordine all’attuazione delle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune previste dal Trattato dell’Unione europea e di rapporti attinenti alle relazioni politiche ed economiche esterne dell’Unione europea; di cooperazione allo sviluppo; di emigrazione e tutela delle collettività italiane e dei lavoratori all’estero; cura delle attività di integrazione europea in relazione alle istanze e ai processi negoziali riguardanti i trattai dell’Unione europea, della Comunità europea, della Ceca, dell’Euratom.

Ministero dell’Interno

(articoli 14 e 15)

Funzioni e compiti in materia di: garanzia della regolare costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, difesa civile e politiche di protezione civile, poteri di ordinanza in materia di protezione civile, tutela dei diritti civili, cittadinanza, immigrazione, asilo, soccorso pubblico, prevenzione incendi.

Ministero della Giustizia

(articoli 16-19)

Funzioni e compiti ad esso attribuiti dalla Costituzione, dalle leggi e dai regolamenti in materia di giustizia e attività giudiziaria ed esecuzione delle pene, rapporti con il Consiglio superiore della magistratura, attribuzioni concernenti i magistrati ordinari, vigilanza sugli ordini professionali, archivi notarili, cooperazione internazionale in materia civile e penale.

Ministero della Difesa

(articoli 20-22)

Funzioni e compiti in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace, partecipazione a organismi internazionali di settore, pianificazione generale e operativa delle forze armate e interforze, pianificazione relativa all'area industriale di interesse della difesa.

 

 

Ministero dell’Economia e delle finanze

(articoli 23-26)

 

 

Funzioni e compiti in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio, programmazione degli investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, politiche fiscali e sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane, programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione. Il ministero svolge altresì i compiti di vigilanza su enti e attività e le funzioni relative ai rapporti con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge.

Ministero delle Attività produttive

(articoli 27-32)

Funzioni e compiti in materia di industria, artigianato, energia, commercio, fiere e mercati, trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli, turismo e industria alberghiera, miniere, cave e torbiere, acque minerali e termali, politiche per i consumatori, commercio con l'estero e internazionalizzazione del sistema produttivo, poste, telecomunicazioni, editoria, produzioni multimediali, informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, con particolare riguardo per il commercio elettronico.

Ministero delle Politiche agricole e forestali

(articoli 33 e 34)

Funzioni e compiti in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca.

Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio

(articoli 35-40)

Funzioni e compiti in materia di tutela dell'ambiente e del territorio; identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali; difesa del suolo e tutela delle acque; protezione della natura; gestione dei rifiuti, inquinamento e rischio ambientale; promozione di politiche di sviluppo sostenibile; risorse idriche.

Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti

(articoli 41-44)

Funzioni e compiti in materia di identificazione delle linee fondamentali: dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane, reti infrastrutturali e opere di competenza statale; politiche urbane e dell'edilizia abitativa; opere marittime e infrastrutture idrauliche, trasporti e viabilità.

Ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali

(articoli 45-48)

Funzioni e compiti in materia di politiche sociali, con particolare riferimento alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone e delle famiglie, di tutela della salute umana, coordinamento del sistema sanitario nazionale, sanità veterinaria, tutela della salute nei luoghi di lavoro, igiene e sicurezza degli alimenti, di politiche del lavoro e sviluppo dell'occupazione, di tutela del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale.

Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca

(articoli 49-51)

Funzioni e compiti in materia di istruzione scolastica e istruzione superiore, di istruzione universitaria, di ricerca scientifica e tecnologica.

Ministero per i Beni e le attività culturali

(articoli 52-54)

Funzioni e compiti in materia di beni culturali e ambientali, spettacolo e sport, eccettuate quelle attribuite ad altri ministeri o ad agenzie.

 


Articolo 18
(Contenimento dei compensi ai Commissari straordinari di Governo)

 

1. I compensi dei Commissari straordinari di Governo, di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono ridotti del 20 per cento dal 1o gennaio 2008.

 

 

L’articolo in esame, non modificato dal Senato, dispone la riduzione del 20 per cento, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dei compensi dei Commissari straordinari del Governo.

I Commissari straordinari del Governo, la cui disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’art. 11 della L. 400/1988[56] anche al fine di razionalizzare le figure commissariali, costituiscono organi strumentali del Governo, a natura speciale e a competenza settorialmente definita[57].

 

In base al disposto del comma 1 dell’art. 11, i Commissari straordinari possono essere nominati:

-        per la realizzazione di specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri;

-        per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali.

Quanto alle attribuzioni dei Commissari straordinari, esse non sono espressamente individuate dalla legge n. 400, la quale sul punto – oltre a prevedere la facoltà per il Governo di istituire i Commissari e di conferire loro i necessari poteri – si limita ad escludere che essi possano esercitare attribuzioni devolute dalla legge ai ministeri. La dottrina ha inoltre precisato che, derivando i compiti commissariali da una specifica attribuzione da parte del Governo, deve ritenersi che al Commissario straordinario non possano essere attribuiti compiti diversi da quelli rientranti nella sfera di competenze dell’esecutivo e, comunque, nell’ambito di attribuzioni suscettibili di delega. L’attribuzione dei poteri ha natura essenzialmente temporanea ed il tempo di durata dell’incarico è contenuto nel decreto di nomina, salva comunque la possibilità di prorogare o revocare l’incarico stesso.

Sotto il profilo procedurale, il comma 2 del medesimo articolo 11 prevede che la nomina avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Il decreto di nomina non ha solo contenuto di preposizione di un soggetto all’incarico commissariale, essendo previsto che esso debba determinare i compiti del commissario e le dotazioni di mezzi e di personale a sua disposizione. Del conferimento dell'incarico è data immediata comunicazione al Parlamento e notizia nella Gazzetta Ufficiale.

Attualmente risultano in carica 10 Commissari straordinari di Governo[58]:

-        Commissariostraordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura (D.P.R. 29 aprile 2006): Pref. Dott. Raffaele Lauro (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento e il raccordo delle attività poste in essere da enti e soggetti pubblici e privati che operano nel territorio di Gioia Tauro, al fine di garantirne la sicurezza dello sviluppo del porto e dell'area industriale (D.P.R. 29 dicembre 2006) Pref. Dott. Mario Mori (termine incarico: 28 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse allo sviluppo dell’area di Gioia Tauro (D.P.R. 23 maggio 2007) Ing. Rodolfo De Dominicis (termine incarico: 31 maggio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative volte a fronteggiare le conseguenze dell'encefalopatia spongiforme bovina e le nuove emergenze zootecniche in atto (D.P.R. 8 giugno 2007) Dott. Ettore Ianì (termine incarico. 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza (D.P.R. 13 luglio 2007) On. Dott. Paolo Costa (termine incarico: 12 luglio 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per la gestione delle aree del Comune di Castel Volturno (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott.Giulio Maninchedda (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario per le persone scomparse (D.P.R. 31 luglio 2007) Pref. Dott. Gennaro Monaco (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività finalizzate ad approfondire gli aspetti ambientali, sanitari ed economici relativi all'asse ferroviario Torino-Lione (D.P.R. 2 agosto 2007) Arch. Mario Virano (termine incarico: 30 giugno 2008);

-        Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse all'attuazione della legge 3 agosto 2004, n. 206, concernente benefici per le vittime degli atti di terrorismo (D.P.R. 17 settembre 2007) Pref. Dott. Gianlorenzo Fiore (termine incarico: 31 dicembre 2007);

-        Commissario straordinario per la gestione e la destinazionedei beni confiscati alla mafia (D.P.R. 6 novembre 2007) Dott. Antonio Maruccia (termine incarico: 30 luglio 2008).

 

Per quanto attiene ai compensi attribuiti ai Commissari straordinari, che sono specifico oggetto della disposizione in esame, si rileva che né la L. 400/1988, né altre disposizioni legislative regolano in modo specifico la materia e che, in questo quadro, i decreti di nomina rimettono la quantificazione dei compensi dovuti a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze[59].

 

A tale riguardo si segnala che la relazione tecnica allegata al testo iniziale del disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che gli emolumenti spettanti a ciascun Commissario straordinario ammontano a circa 60.000 euro annui (la cifra si dovrebbe ovviamente riferire ai compensi lordi).

Si rileva peraltro che probabilmente tale dato si riferisce ad una media dei diversi compensi spettanti ai diversi commissari. In alcuni casi, infatti, i decreti di nomina prevedono che al Commissario sia attribuito il solo rimborso delle spese di missione[60].

 

Alla luce del quadro sopra descritto e dell’assenza di una predeterminazione normativa dei compensi da attribuire ai Commissari potrebbe quindi ritenersi che la riduzione dei compensi prevista dalla disposizione in esame debba intendersi riferita ai soli Commissari attualmente in carica, mentre per le nomine successive all’entrata in vigore della presente legge il compenso sarà determinato di volta in volta.

 


Articolo 23
(Scioglimento dei consigli comunali nei casi
di mancata approvazione del bilancio)

 

1. Ai fini dell'approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio sono confermate, per l'anno 2008, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2004, n. 314, convertito, con modificazioni, dalla legge 1o marzo 2005, n. 26.

 

 

L’articolo 23 conferma per l’anno 2008 l’applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 314 del 2004 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 26/2005), concernenti l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali, ai fini dell’approvazione del bilancio di previsione degli enti locali e della verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio.

 

In sostanza, la disposizione citata richiama l’applicazione delle disposizioni dettate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002)[61], concernenti lo scioglimento dei consigli comunali nei casi di mancata approvazione del bilancio di previsione nei termini stabiliti.

Più in particolare, le disposizioni richiamate disciplinano la procedura per lo scioglimento del consiglio comunale nel caso in cui un comune non abbia predisposto lo schema di bilancio o approvato il bilancio stesso nei termini previsti dal testo unico degli enti locali (art. 141, comma 1, lett. c), del D.Lgs. n. 267/2000), nonché nel caso in cui il consiglio non abbia adottato le necessarie misure per riportare in equilibrio il bilancio.

In tali casi, l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 attribuisce al prefetto i poteri, prima spettanti al Comitato regionale di controllo, relativi alla nomina del commissario ad acta incaricato di predisporre lo schema del bilancio ovvero di provvedere all’approvazione del bilancio stesso.

 

Lo scioglimento dei consigli comunali per mancata approvazione del bilancio di previsione, ovvero per mancata adozione dei provvedimenti di riequilibrio del bilancio, è previsto dall’articolo 141, comma 1, lettera c), del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000.

La disposizione stabilisce che i consigli comunali e provinciali vengano sciolti, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, in presenza di determinate fattispecie, tra le quali, appunto, la mancata approvazione nei termini del bilancio[62].

In tale specifica ipotesi, l’art. 141 del TUEL prevede che trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) nomina un commissario affinché predisponga lo schema d’ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso, e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

La norma prevista dal D.L. n. 13/2002, che assegna al prefetto la nomina del commissario ad acta, è stata introdotta a seguito dell’abrogazione dell’articolo 130 della Costituzione che individuava nel CO.RE.CO. l’organo cui era affidato il controllo di legittimità sugli atti degli enti locali, abrogazione disposta dall’art. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione. In assenza di una disposizione transitoria, era sorto il problema di quale organo fosse legittimato a nominare i commissari ad acta che devono redigere o approvare un documento contabile essenziale per regolare la vita amministrativa dell’ente, anche nella fase intermedia tra scioglimento e rinnovo elettorale delle assemblee. Con l’articolo 1 del D.L. n. 13/2002 è stata quindiintrodotta una disciplina di carattere transitorio, diretta a colmare il vuoto normativo determinatosi con l’abrogazione della norma costituzionale.

Le norme del D.L. n. 13/2002, dettate per l’anno 2002, sono state richiamate da successivi provvedimenti legislativi, ed applicate anche negli anni 2003, 2004, 2005, 2006 e 2007.

 

La procedura introdotta dal D.L. n. 13/2002 e, di fatto, richiamata dal comma in esame, prevede che, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato:

a)      nell’ipotesi di mancata predisposizione dello schema del bilancio da parte della Giunta, il prefetto nominerà un commissario per la predisposizione dell’atto d’ufficio e, successivamente, assegnerà al Consiglio un termine di venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione;

b)      nell’ipotesi in cui lo schema di bilancio risulti già predisposto dalla Giunta, il prefetto dovrà assegnare al Consiglio, con atto notificato ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per l’adozione della relativa deliberazione.

 

Decorso inutilmente il termine assegnato al Consiglio per l’approvazione del bilancio, il prefetto si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente e inizia la procedura per lo scioglimento del Consiglio.

Va evidenziato in proposito che il comma 3 dell’art. 1 del D.L. n. 13/2002 afferma il principio per cui spetta agli statuti degli enti locali disciplinare, in tale ipotesi, le modalità di nomina del commissario per la predisposizione dello schema e per l’approvazione del bilancio.

L’attribuzione al prefetto dei poteri di nomina del commissario, pertanto, si applica soltanto nel caso in cui lo statuto comunale non detti una disciplina diversa.

In ogni caso, il termine entro il quale deve avere luogo l’approvazione del bilancio nel caso di ricorso alla nomina di un commissario è fissato in 50 giorni dalla scadenza di quello prescritto.

 

L’applicazione della procedura sopra illustrata si applica anche all’ipotesi di scioglimento per mancata adozione, da parte degli enti locali, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dall’articolo 193 del D.Lgs. n. 267/2000.

 

Ai sensi dell’articolo 193 del Testo unico, gli enti locali sono tenuti, durante la gestione, al rispetto del pareggio finanziario e di tutti gli equilibri stabiliti in bilancio sia per la copertura delle spese correnti che per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal Testo unico.

Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell’ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno, l’organo consiliare deve provvedere, con propria delibera, ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale sede l’organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti fuori bilancio (di cui all’articolo 194), e per il ripiano dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato.

Qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un disavanzo, di amministrazione o di gestione, il Consiglio adotta le misure necessarie a ripristinare il pareggio.

 

La mancata adozione, da parte dell’ente, dei suddetti provvedimenti di riequilibrio è equiparata ad ogni effetto alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all’articolo 141 del Testo unico, e dà luogo alla procedura di scioglimento del Consiglio prevista in tale ipotesi.

 

 

 

 


 

Articolo 24, comma 4
(Pubbliche affissioni)

 

4. Dopo l'articolo 20.1 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è inserito il seguente:

«Art. 20.1.1 - (Spazi riservati ed esenzione dal diritto) - 1. I comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l'affissione di manifesti ai soggetti di cui all'articolo 20, o quelli che intendono riservarli per motivi attinenti ai princìpi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari, possono continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque in misura non superiore alla predetta percentuale del 10 per cento.

2. Il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, già previsto dall'articolo 20-bis, comma 2, è fissato al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio».

 

 

Il comma 4 dell’articolo 24, aggiunto nel corso dell’esame in sede referente al Senato, aggiunge un nuovo articolo (art. 20.1.1) al D.Lgs. 507/1993[63] (che disciplina, tra l’altro, l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni), dopo l’attuale art. 20.1.

 

Si ricorda in premessa che il comma 1 dell’art. 20-bis del D.Lgs. 507/1993[64] prevedeva (a decorrere dal 1° gennaio 2005) l’obbligo per i comuni di riservare il 10 per cento degli spazi complessivamente destinati all’affissione dei manifesti, ai soggetti di cui al precedente art. 20, in esenzione dal diritto sulle pubbliche affissioni.

I soggetti menzionati dal citato art. 20[65] sono i seguenti:

-        Stato ed enti pubblici territoriali (fatti salvi i casi per i quali è prevista l’esenzione ai sensi dell’art. 21);

-        comitati, associazioni, fondazioni ed ogni altro ente che non abbia scopo di lucro;

-        soggetti che realizzano attività politiche, sindacali e di categoria, culturali, sportive, filantropiche e religiose, con il patrocinio o la partecipazione degli enti pubblici territoriali;

-        soggetti che realizzano festeggiamenti patriottici, religiosi, spettacoli viaggianti e di beneficenza;

-        soggetti che effettuano annunci mortuari.

 

Il comma 2 dell’art 20-bis disponeva inoltre la sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità commesse fino alla data di entrata in vigore della disposizione (1° gennaio 2005), relativamente alle violazioni compiute mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari. In base a tale norma le violazioni, anche ripetute, potevano essere definite, in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute a 100 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento era stato fissato, a pena di decadenza dal beneficio, al 31 maggio 2005.

L’articolo 20-bis è stato abrogato dall’art. 1, co. 176, lett. a), della legge finanziaria 2007 (L. 27 dicembre 2006, n. 296), a decorrere dal 1° gennaio 2007. Il successivo comma 177 ha tuttavia fatto salvi gli effetti prodotti dal comma 2 dell’art. 20-bis.

 

Il comma 1 del nuovo articolo 20.1.1 riguarda i comuni che hanno riservato il 10 per cento degli spazi totali per l’affissione di manifesti ai soggetti di cui all’art. 20 del medesimo D.Lgs. 507/1993, o che intendono riservarli per motivi attinenti ai principi ispiratori dei loro piani generali degli impianti pubblicitari.

Tali comuni, secondo la norma in esame, potranno continuare a disporre di spazi esenti dal diritto sulle pubbliche affissioni, comunque non oltre il 10 per cento del totale, pari alla quota già prevista dall’abrogato art. 20-bis.

Effetto della norma pare quello di rendere possibile, anche per il futuro (per i comuni che “intendono riservare […]”) la riserva di spazi che l’abrogato art. 20-bis prevedeva come obbligatoria.

 

Il secondo comma del nuovo articolo aggiuntivo riapre il termine per effettuare il versamento della somma di 100 euro per anno e per provincia, in sanatoria delle violazioni delle norme in materia d’affissioni e pubblicità verificatesi sino al 1° gennaio 2005. Il termine, già fissato al 31 maggio 2005 dal comma 2 dell’abrogato art. 20-bis, è differito al 30 settembre 2008, a pena di decadenza dal beneficio.

 

Si ricorda infine che il comma 157 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007 ha introdotto un art. 20.1 nel D.Lgs. 507/1993, a norma del quale, ai fini della salvaguardia degli enti locali e a decorrere dal 1° gennaio 2007, gli oneri derivanti dalla rimozione dei manifesti affissi in violazione delle disposizioni vigenti sono a carico dei soggetti per conto dei quali gli stessi sono stati affissi, salva prova contraria.

 

 


Articolo 25
(Comunità montane: razionalizzazione e contenimento dei costi)

 

1. L’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

«Art. 27. - (Natura e ruolo). - 1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane. Esse possono estendersi in territori appartenenti anche a province diverse.

2. La comunità montana ha un organo consiliare e un organo esecutivo le cui modalità di elezione sono disciplinate dallo statuto.

3. La regione individua gli ambiti per la costituzione delle comunità montane, in modo da assicurare gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali, sulla base dei seguenti princìpi e criteri:

a) previsione che la costituzione della comunità montana avvenga con provvedimento del presidente della Giunta regionale tra almeno sette comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali debbono essere comuni situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di cinquecento metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine ed il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di seicento metri. Gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni aventi le predette caratteristiche altimetriche. La costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

b) esclusione dalle comunità montane dei capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

5. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

a) le modalità di approvazione dello statuto;

b) la composizione degli organi rappresentativi, in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita da tutti i consiglieri dei comuni che eleggono i componenti dell’organo rappresentativo con voto limitato;

c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;

e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali».

2. Le regioni provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 27, commi 3 e 5, lettera b), del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.

3. In caso di mancata attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, nei termini fissati, cessano comunque di appartenere alla comunità montana i comuni:

a) capoluoghi di provincia;

b) costieri;

c) con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

d) non rispondenti alle caratteristiche di cui ai commi 3, lettera a), e 5, lettera b), dell’articolo 27 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, come modificato dal presente articolo.

4. Entro il medesimo termine di cui al comma 2 sono soppresse le comunità montane che risultano costituite da meno di sette comuni, anche in conseguenza di quanto previsto dal comma 3.

5. Le regioni provvedono, entro il 30 giugno 2008, a disciplinare gli effetti conseguenti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3, e dalla soppressione delle comunità montane di cui al comma 4, comprese le determinazioni inerenti la ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali delle comunità montane, facendo salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni provvedono altresì a disciplinare, fino all’adozione o comunque in mancanza delle predette determinazioni, la successione in tutti i rapporti giuridici, ivi inclusi quelli di lavoro a tempo indeterminato, e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni cui si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.

6. Dall’attuazione del presente articolo devono conseguire economie di spesa non inferiori a 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 ed a 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

7. Il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009.

8. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e il Ministro dell’interno presentano al Parlamento una relazione sull’applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo.

 

 

Premessa

L’articolo 25, modificato profondamente nel corso dell’esame in sede referente al Senato[66], reca misure per la razionalizzazione e il contenimento dei costi delle comunità montane, finalità indicate nella rubrica dell’articolo.

L’articolo in esame è composto da due parti: la prima, corrispondente al comma 1, novella completamente l’articolo 27 del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000)[67] relativo alla natura e al ruolo delle comunità montane, mentre il successivo articolo 28, riguardante le funzioni di dette comunità, non viene modificato.

La seconda parte (commi da 2 a 8) dispone in ordine alle modalità attuative della riforma operata dal comma 1, individuando in particolare l’entità del risparmio da raggiungere, pari a 33,4 milioni di euro per il 2008 e a 66,8 milioni di euro per ciascuno degli anni successivi.

 

Secondo una ricerca dell’Istituto nazionale della montagna (IMONT), in conseguenza dell’approvazione del testo del Senato, le 355 comunità montane attuali verrebbero ridotte a 193 (sarebbero state 253 secondo il testo del d.d.l. originario presentato dal Governo).

 

Una parte del contenuto normativo dell’articolo, sia nella versione originaria, sia nella formulazione approvata dal Senato, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[68].

 

In materia di sostegno alla montagna si segnala l’articolo 28, comma 1, del provvedimento in esame (alla cui scheda si fa rinvio) che assegna per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna 50 milioni di euro annui dal 2008 al 2010.

 

Il Governo si è impegnato ad aumentare ulteriormente la dotazione del Fondo accogliendo un ordine del giorno in sede di approvazione dell’articolo in esame[69]. L’ordine del giorno prevede, inoltre, il finanziamento dell’IMONT per garantirne l’operatività, l’aumento della dotazione a favore del Club alpino italiano contro il ridimensionamento a 60 mila euro proposta dalla finanziaria, l’inserimento dell’articolo in esame in una legge organica sulla montagna già presentata al Senato.

Si segnala che l’art. 134, co. 3, del provvedimento in esame, prevede la soppressione dell’Ente italiano montagna-EIM (organismo che dovrà sostituire l’IMONT, ai sensi dell’art. 1, co. 1279 della legge finanziaria 2007 L. 296/2006) se non sarà oggetto di uno dei regolamenti di semplificazione di cui al co. 1 dello stesso art. 134.

 

Si segnala, inoltre, che l’articolo 26 del provvedimento in esame interviene in materia di indennità degli amministratori locali, compresi quelli delle comunità montane (vedi oltre).

Compatibilità costituzionale

La giurisprudenza costituzionale affermatasi successivamente alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, ricomprende le comunità montane nell’ambito della competenza regionale residuale, il che di per sé parrebbe escludere l’ambito di intervento statale, salvo per tale ambito si rilevi un titolo ulteriore. Le comunità montane, infatti, non sono considerate dalla Costituzione come enti locali necessari, né sono considerati all’interno della disposizione che attribuisce allo Stato competenza in tema di funzioni fondamentali degli enti locali ed organi degli enti locali.

Secondo la Corte, infatti, (sent. 456/2005) la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. 267/2000, rientra ora nella competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, della Costituzione.

Inoltre (da ultimo, sent. 397/2006) l’art. 114 (che individua nei comuni, province, città metropolitane, regioni e nello Stato gli enti costituenti la Repubblica) e l’art. 117, secondo comma, lettera p) (che affida alla legislazione esclusiva dello Stato la legislazione elettorale, gli organi di Governo e le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane) della Costituzione non trovano applicazione nei confronti delle comunità montane, in quanto in tali disposizioni si fa esclusivo riferimento ai comuni, alle province e alle città metropolitane e l’indicazione deve ritenersi tassativa (sentt. 456/2005 e 244/2005). Allo stesso modo non si estende alle comunità montane il sistema delle garanzie, in sede di esercizio delle funzioni amministrative, assicurato dal nuovo art. 118 della Costituzione. Le comunità montane sono (sent. 238/2007) “enti locali costituzionalmente non necessari”.

Tuttavia, non sembra potersi negare ogni titolo all’intervento statale, il cui fondamento potrebbe trovarsi sia nella finalità del coordinamento finanziario (essendo finalità della norma la riduzione delle spese), sia nel riflesso – sulle comunità montane – di disposizioni dettate comunque in riferimento agli organi degli enti locali con “copertura” costituzionale, quali sono i comuni. Questo solo se – ammesso che le ipotizzate titolarità abbiano fondamento – non sia rinvenuta una eventuale “prevalenza” della competenza regionale residuale.

L’applicabilità, poi, della norma in esame nei confronti delle autonomie differenziate è un effetto della norma non agevolmente affermabile in modo univoco. A parte il caso della Sicilia (che ha soppresso le comunità montane con L.R. 9/1986[70]), per le altre regioni a statuto speciale, l’articolo 151, comma 3, del d.d.l. in esame, contenente la c.d. “clausola di salvaguardia” non appare sicuro indice di riferimento per determinare l’applicabilità o meno: la competenza delle autonomie differenziate in tema di comunità montane appare indubbia, ma si potrebbe ritenere che concorra la già affermata competenza statale in tema di coordinamento finanziario (non l’altra, in tema di organi comunali, propria delle Regioni a statuto speciale a differenza delle Regioni a statuto ordinario[71]).

La Corte ha spesso ribadito che i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica attinenti alla spesa “devono ritenersi applicabili anche alle autonomie speciali, in considerazione dell’obbligo generale di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all’azione di risanamento della finanza pubblica” (sentt. 169/2007, 82/2007, nonché sentt., da questa richiamate, 417/2005, 353/2004, 345/2004 e 36/2004, 416/1995; in senso analogo, anche sent. 267/2006).

La modifica dell’articolo 27 del testo unico sugli enti locali

Il comma 1 dell’articolo 25 in esame novella l’articolo 27 del TUEL, che contiene la vigente disciplina delle comunità montane (vedi testo a fronte).

 

Art. 27 D.Lgs. 267/2000

Testo vigente

Art. 27 D.Lgs. 267/2000

Testo modificato

Articolo 27
Natura e ruolo

Articolo 27
Natura e ruolo

1. Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l’esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l’esercizio associato delle funzioni comunali.

1. Le comunità montane sono unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane. Esse possono estendersi in territori appartenenti anche a province diverse.

2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle minoranze.

2. La comunità montana ha un organo consiliare e un organo esecutivo le cui modalità di elezione sono disciplinate dallo statuto.

3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all’articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della Giunta regionale.

3. La regione individua gli ambiti per la costituzione di comunità montane, in modo da assicurare gli interventi per la valorizzazione della montagna e l’esercizio associato delle funzioni comunali, sulla base dei seguenti principi e criteri:

a) previsione che la costituzione della comunità montana avvenga con provvedimento del presidente della Giunta regionale tra almeno sette comuni tra loro confinanti, non meno della metà dei quali debbono essere comuni situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sopra il livello del mare ovvero comuni situati per almeno il 50 per cento della loro superficie al di sopra di cinquecento metri di altitudine sul livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di cinquecento metri. Nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine ed il dislivello della quota altimetrica, di cui al periodo precedente, sono di seicento metri. Gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni aventi le predette caratteristiche altimetriche. La costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio;

b) esclusione dalle comunità montane dei capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

 

4. I criteri di cui al comma 3 valgono ai fini della costituzione delle comunità montane e non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare:

5. Identico:

a) le modalità di approvazione dello statuto;

a) identica;

b) le procedure di concertazione;

b) la composizione degli organi rappresentativi, in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che i comuni non possono indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita da tutti i consiglieri dei comuni che eleggono i componenti dell’organo rappresentativo con voto limitato;

c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali;

c) identica;

d) i criteri di ripartizione tra le comunità montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell’Unione europea;

d) identica;

e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.

e) identica.

5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L’esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.

soppresso.

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede allo scioglimento della comunità montana.

6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali.

7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell’àmbito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell’andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell’utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.

soppresso.

8. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel complesso i trasferimenti erariali attribuiti all’ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall’articolo 36 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.

soppresso.

 

Il nuovo testo del comma 1 dell’articolo 27 contiene la definizione delle comunità montane, che sono individuate come “unioni di comuni costituite per l’esercizio di funzioni attribuite dalla legge ovvero conferite dai comuni, nonché per l’esercizio associato delle funzioni comunali, ai fini della valorizzazione delle zone montane”.

Viene mantenuta il principio dell’assimilazione delle comunità montane alle unioni di comuni (disciplinate dall’art. 32 del TUEL) ma viene soppressa la qualificazione di tale forma particolare di unione di comuni quale ente locale costituito tra comuni montani e parzialmente montani.

Rispetto alla definizione contenuta nel vigente primo comma non si evidenziano sostanziali differenze né rispetto al fatto che esse possono abbracciare più di una provincia, né rispetto alle finalità, che sono – sia pure con talune modifiche – riproposte. Può notarsi che non figura più il riferimento alle “funzioni proprie [e] funzioni conferite”, ma le funzioni sono – secondo la nuova formulazione – “attribuite” ex lege, e “conferite” dai Comuni: dette funzioni sostanziano la prima delle finalità istitutive delle comunità, restando la valorizzazione delle zone montane una finalità mediata.

 

Il nuovo testo del comma 2 dell’articolo 27 si limita a prescrivere, in modo assai sintetico, gli organi dell’unione di comuni montani, prevedendo la presenza di un organo consiliare (il testo vigente dice “rappresentativo”) ed un organo esecutivo e ad affidare allo Statuto le relative modalità di elezione. Tuttavia, norme che specificano le modalità di elezione dell’organo rappresentativo sono contenute nel successivo comma 5 dell’art. 27 (vedi infra) che pur rinvia la disciplina alla Regione.

 

Il vigente testo del comma 2 dell’articolo 27 prevede, relativamente agli organi, che la comunità montana debba avere un organo rappresentativo ed un organo esecutivo, i cui membri sono già sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti; i rappresentanti dei comuni della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti; il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. La disposizione impone, poi, per l’elezione dei rappresentanti della comunità, il voto limitato e la garanzia della rappresentanza delle minoranze.

Il nuovo testo del comma 2 non ripropone tale sistema, essendo la nuova disciplina in materia contenuta, come accennato, nel comma 5 dell’art. 27 novellato (lettera b) al quale si rinvia.

 

Il nuovo testo del comma 3 dell’articolo 27 limita, rispetto al testo vigente, le condizioni di costituzione delle unioni di comuni montani.

Nella prima parte, il novellato comma 3 conferma quanto già attualmente previsto circa la necessità dell’intervento della regione, che è chiamata non solo ad individuare gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione delle comunità montane, ma anche la costituzione, che avviene con provvedimento del presidente della regione.

Non vi è più, invece, il riferimento alle “sedi concertative” tra regione, comuni e province di cui all’articolo 4, commi 4 e 5 TUEL.

La norma novella il TUEL, che è stato approvato prima della novella del Titolo V. Nel nuovo contesto costituzionale l’indicazione per via legislativa, da parte dello Stato, di un determinato organo della regione potrebbe essere ritenuta una scelta normativa da ponderare sotto il profilo della costituzionalità.

La costituzione della comunità montana può avvenire, tuttavia, e qui si riscontra la novità che appare di maggior rilievo, solo in presenza dei princìpi e criteri direttivi dettati direttamente dalla norma statale.

 

Come sarà osservato in riferimento all’art. 27, la norma si preoccupa anche in questo caso di fornire parametri all’attività regionale, e più precisamente, principi e criteri, normalmente propri dei procedimenti di delega.

Può essere utile ricordare che la novella costituzionale del 2001 ha abrogato la previgente previsione dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione che prevedeva la figura della delega statale di funzioni amministrative alle Regioni.

 

I principi e criteri direttivi dettati dalla norma sono i seguenti:

1.    le comunità montane sono costituite da almeno sette comuni

-          montani,

-          tra loro confinanti,

-          con esclusione dei esclusi capoluoghi di provincia, dei comuni costieri e dei comuni con popolazione complessiva superiore a 15.000 abitanti;

2.    almeno la metà dei comuni:

-          debbono essere situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 500 m (600 m nelle regioni alpine) di altitudine s.l.m,

-          ovvero debbono essere comuni situati per almeno il 50% della loro superficie al di sopra di 500 m di altitudine s.l.m. e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore è almeno 500 m (600 m nelle regioni alpine);

3.    gli altri comuni debbono essere confinanti con almeno uno dei comuni che hanno le caratteristiche altimetriche di cui al punto 2;

4.    la costituzione della comunità montana può avvenire tra meno di sette comuni qualora per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione della stessa con almeno sette comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio.

 

La disciplina delle condizioni per la costituzione delle comunità montane è attualmente contenuta – in termini considerevolmente diversi – nel comma 5 dell’art. 27 del TUEL: la normativa vigente si limita, in primo luogo, a dar facoltà alla regione di escludere dalla comunità montane i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. La legge regionale può oggi altresì prevedere, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l’inclusione dei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.

La norma che esclude i comuni capoluogo di provincia dalla partecipazione alle comunità montane, già vigente, è invece confermata nel testo proposto.

 

Nella legislazione statale, a proposito dei criteri altimetrici, si possono ricordare:

§         la L. 703/1952[72] che, nell’attribuire ai comuni montani (ed a quelli situati nelle piccole isole) una quota dell’allora vigente IGE (imposta generale sull’entrata), considerava “comuni montani” i comuni censuari – tra l’altro – il cui territorio avesse un’altitudine minima non inferiore a m 600 s.l.m., ovvero un dislivello non inferiore a m 600 tra l’altitudine minima e quella massima (art. 3, co. 3°);

§         la L. 991/1952 (art. 1[73]) che considerava territori montani i comuni censuari situati per almeno l’80 per cento della loro superficie al di sopra di m 600 s.l.m., e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale fosse non minore di m 600 (oltre alle condizioni relative al reddito). La stessa legge introduceva poi la nozione di “comune parzialmente montano” ripresa dalla L. 1014/1960 (art. 14)[74].

 

Il successivo comma 4 novellato contiene disposizioni che riprendono almeno in parte la sostanza dispositiva contenuta nel secondo periodo del vigente comma 5 dell’art. 27 del TUEL, tesa a non escludere i territori montani non “comunità montane” dai provvedimenti comunitari, statali e regionali a favore della montagna: in altri termini per beneficiare dei relativi interventi di sostegno non è condizione necessaria essere comunità montana.

Nel testo in esame, analogamente, si dispone infatti che i criteri limitativi dettati al comma 3, che valgono, come visto, ai fini della costituzione delle unioni di comuni montani, non rilevano tuttavia in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione europea e dalle leggi statali e regionali.

 

Il comma 5 dell’art. 27 novellato riproduce senza grandi variazioni il contenuto del vigente comma 4 dell’art. 27 del TUEL, relativamente alla disciplina regionale dello statuto delle comunità montane e della ripartizione dei finanziamenti.

Una sostanziale novità concerne solo la lettera b), che nel testo vigente riguarda le procedure di concertazione (la cui disciplina è attualmente affidata allo statuto), e che nel testo proposto riguarda la composizione degli organi rappresentativi (il comma 2 novellato recita: “organo consiliare”), per il quale si prescrive:

§      che sia garantita la presenza delle minoranze,

§      che i comuni possano indicare un solo membro.

I due criteri vengono contemperati prevedendo che i componenti dell’organo rappresentativo siano eletti da tutti i consiglieri comunali attraverso il voto limitato.

 

In proposito, si segnala la circolare del Ministero dell’interno-Direzione centrale per le autonomie dell’8 maggio 2003, avente per oggetto l’ordinamento delle comunità montane, che precisa quanto segue:

“Per voto limitato deve intendersi il meccanismo in base al quale ciascun consigliere-elettore vota indicando un numero di preferenze inferiore rispetto a quello dei rappresentanti da eleggere in seno alla comunità montana.

Considerato che alcune leggi regionali prevedono procedimenti di votazione separata tra forze di maggioranza e quelle di minoranza, si è di frequente prospettata la problematica circa la compatibilità del sistema del ‘voto limitato’ con i predetti procedimenti di votazione separata.

Su tale questione il Consiglio di Stato ha formulato l’avviso che i sistemi di votazione separata, previsti da alcune leggi regionali, sono compatibili con la normativa del T.U.E.L. n. 267 e, pertanto, applicabili, in quanto idonei a realizzare la finalità perseguita dalla norma, che è quella di garantire la partecipazione dei rappresentanti della minoranza nel Consiglio Comunitario.

Al riguardo, va peraltro rilevato che la Quinta Sezione del Consiglio di Stato (v. sentenza n. 2586 del 13 maggio 2002) aveva affermato, in sede giurisdizionale, il diverso orientamento per il quale il sistema del voto separato, là dove previsto dalla legislazione regionale, dovesse considerarsi incompatibile con la normativa statale sopravvenuta”.

 

Il comma 6 dell’art. 27 novellato riproduce in gran parte il contenuto del vigente comma 6, relativo alla fusione dei comuni di una comunità montana in un nuovo comune, al netto della disposizione per cui tale disciplina si applica anche nel caso in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani (ipotesi non più possibile nel nuovo regime).

Non viene tuttavia neppure riprodotta la disposizione per cui, con la legge regionale istitutiva del nuovo comune, si provvede allo scioglimento della comunità montana.

 

Non viene neanche considerata l’ipotesi di costituzione di più comunità montane in luogo di una unica comunità per le quali il comma 8 dell’art. 27 vigente, non riprodotto nel testo in esame, prevede il trasferimento e la ripartizione dei fondi spettanti alla comunità montana di origine.

Disposizioni di attuazione

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del testo legislativo in esame (entro il 30 giugno 2008) le regioni provvedano all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 27, commi 3 (condizioni per la costituzione delle comunità montane) e 5, lettera b) (modalità di composizione degli organi rappresentativi), così come novellate.

 

I commi 3 e 4 dell’articolo in esame prevedono che, in caso di inadempienza delle regioni, allo scadere del termine previsto:

§      cessino di appartenere alla comunità montana i comuni che non possono far parte delle comunità montane ai sensi delle condizioni previste (comma 3):

-       i comuni capoluoghi di provincia;

-       i comuni costieri;

-       i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti;

-       i comuni senza le caratteristiche altimetriche sopra esaminate (art. 27, co. 3, novellato);

-       i comuni i cui organi rappresentativi non sono stati formati secondo le modalità indicate dall’art. 27, co. 5, lett. b) novellato (garanzia delle minoranze, un solo membro per ciascun comune, corpo elettorale formato da tutti i consiglieri comunali, elezioni con voto limitato).

§       siano soppresse le comunità montane (comma 4) costituite da meno di 7 comuni anche per il venir meno delle tipologie di comune elencate al comma 3.

 

Il comma 5 incarica le regioni di disciplinare, entro il 30 giugno 2008, gli effetti conseguenti dalle misure disposte, vale a dire la nuova disciplina posta dai commi 2 e 3, e – ciò che appare di maggior rilievo – la soppressione delle comunità montane prevista dal precedente comma 4, che prevedibilmente comporterà il venir meno di un soggetto titolare di rapporti giuridici di varia natura.

 

Le regioni sembrano tuttavia chiamate a disciplinare entro il 30 giugno 2008 gli effetti di eventi che si dovrebbero verificare a partire da tale data, infatti proprio il 30 giugno 2008 è il termine ultimo entro il quale le regioni devono attuare le disposizione del provvedimento in esame e oltre il quale scattano in ogni caso la soppressione o il ridimensionamento (a seconda dei casi) delle comunità montane.

 

La norma indica alcuni contenuti alla futura disciplina regionale.

La ripartizione delle risorse (umane, finanziarie e strumentali delle comunità montane), deve far salvi i rapporti di lavoro esistenti alla data di entrata in vigore del testo normativo in esame.

L’oggetto della futura disciplina regionale deve comprendere la successione in tutti i rapporti giuridici – vengono nuovamente menzionati in particolare quelli di lavoro, ma limitatamente a quelli a tempo indeterminato (la precedente misura di tutela, di cui al punto precedente, non sembra prevedere tale limitazione) – ad ogni effetto, anche processuale; la disposizione prevede che in relazione alle obbligazioni si applicano i principi della solidarietà attiva e passiva.

 

L’espressione “solidarietà attiva e passiva” richiama le cosiddette obbligazioni solidali e descrive, nel caso della solidarietà attiva, il vincolo in forza del quale, in presenza di più creditori di un medesimo debitore, ogni creditore può pretendere l’intera prestazione, e l’adempimento da lui conseguito libera il debitore anche nei confronti degli altri; il concreditore che avrà riscosso dovrà corrispondere ai restanti concreditori la parte della prestazione di loro spettanza.

Con solidarietà passiva si indica invece il vincolo in forza del quale, in presenza di più debitori di un unico creditore, i debitori sono solidalmente obbligati per la medesima prestazione, così che il creditore può pretendere l’intera prestazione da uno qualunque dei debitori, il cui adempimento libera tutti gli altri. Il condebitore che ha pagato avrà azione di rivalsa nei confronti degli altri, per ottenere il rimborso della sua parte.

 

Sulla competenza regionale e sui relativi profili di rilievo costituzionale in materia di comunità montane si rinvia a quanto esposto in apertura della presente scheda.

 

I commi 6 e seguenti dell’articolo in esame sono dedicati in particolare alle conseguenze finanziarie delle misure disposte dai commi precedenti.

 

Il comma 6, in particolare, prevede che dall’attuazione del complesso delle misure apportate le regioni devono conseguire economie di spesa non inferiori a 33,4 milioni per il 2008, che salgono a 66,8 milioni annui dall’anno successivo.

Di un pari importo, ai sensi del seguente comma 7, è ridotto il Fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 504/1992.

Le due disposizioni sono sostanzialmente ma non formalmente legate. Ciò pare comportare che la prevista diminuzione di spesa potrebbe essere non conseguita, mentre la riduzione del Fondo ordinario è misura immediatamente e certamente operativa al momento dell’entrata in vigore del testo legislativo in esame.

 

Si ricorda che i trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dal D.Lgs. 504/1992[75]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§         “Fondo ordinario”, in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§         “Fondo consolidato”, in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§         “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI). Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

Nel 2007 la dotazione del Fondo ordinario delle comunità montane è pari a 190 milioni di euro[76].

 

Il comma 8 prevede una relazione (una tantum, entro un anno dall’entrata in vigore del testo normativo in esame) del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali e del Ministro dell’interno al Parlamento sull’applicazione delle disposizioni esaminate.

Le comunità montane

Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (D.Lgs. 267/2000, art. 27), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[77]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di Comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia (non solo dalle Regioni ma anche) dai Comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[78].

Ciascuna comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità.

L’art. 82, co. 1, del D.Lgs. 267/2000 ricomprende tra gli amministratori locali che hanno diritto ad un’indennità il presidente della comunità montana e i componenti degli organi esecutivi delle comunità montane.

Il co. 2 dello stesso articolo prevede inoltre, per i consiglieri delle comunità montane, la corresponsione di un gettone di presenza per l’effettiva partecipazione alle riunioni dei consigli e delle commissioni comunitarie formalmente convocate, nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione montana della comunità montana.

Sono validi, anche per le indennità degli amministratori delle comunità montane, i limiti di spesa e il divieto di cumulo previsti per quelle dei componenti delle unioni di comuni:

§       le indennità di funzione devono essere pari a quelle previste per un comune avente popolazione eguale alla popolazione montana della comunità montana;

§       la spesa complessiva delle indennità di funzione attribuite agli assessori non può superare quella determinata per gli assessori del comune di riferimento[79];

§       le indennità di funzione non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

 

Nella tabella allegata sono indicati alcuni dati relativi alle comunità montane.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia alla Relazione sullo stato della montagna italiana trasmessa alle Camere dal Presidente del Consiglio ai sensi dell’art.24, co. 4, della L. 31 gennaio 1994, n. 97 il 21 novembre 2006 (doc. CXV, n. 1)[80].


La montagna italiana al 1° gennaio 2007

 

Regioni

Comuni

Comuni montani


comunità
montane

Superf.
Territ.
Ha (a1)

Superf.
Montana
Ha (a2)

%
(b1/a1)

Pop.
Totale
(a2)

Pop.
Montana
(b2)

%
(b2/a2)

 

(A)

Tot.
(B)

Parz.
(C)

B+C

C/A

 

 

 

 

 

 

 

PIEMONTE

1.206

503

27

530

43,95

48

2.540.246

1.316.591

51,83

4.341.733

675.253

15,55

VDA

74

74

0

74

100,00

8

326.324

326.324

100,00

123.978

123.978

100,00

LIGURIA

235

167

20

187

79,57

19

542.155

441.834

81,50

1.610.134

348.558

21,65

LOMBARDIA

1546

529

13

543

35,12

30

2.386.280

1.032.322

43,26

9.475.202

1.265.687

13,36

TRENTO

223

223

0

223

100,00

11

620.690

620.690

100,00

502.478

502.478

100,00

BOLZANO

116

116

0

116

100,00

8

739.992

739.992

100,00

482.650

482.650

100,00

VENETO

581

119

39

158

27,19

19

1.839.885

588.703

32,00

4.738.313

410.588

8,67

FVG

219

84

21

105

47,95

4

785.839

447.349

56,93

1.208.278

174.432

14,44

EMI.ROM.

341

95

29

124

36,36

18

2.211.734

851.977

38,52

4.187.557

371.736

8,88

TOSCANA

287

114

43

157

54,70

20

2.299.351

1.086.904

47,27

3.619.872

533.049

14,73

MARCHE

246

103

21

124

50,41

13

969.406

571.873

58,99

1.528.809

315.874

20,66

UMBRIA

92

69

22

91

98,91

9

845.604

725.875

85,84

867.878

552.830

63,70

LAZIO

378

175

65

240

63,49

22

1.723.597

761.634

44,19

5.304.778

753.428

14,20

ABRUZZO

305

200

27

227

74,43

19

1.076.271

824.885

76,64

1.305.307

479.777

36,76

MOLISE

136

111

12

123

90,44

10

443.768

349.157

78,68

320.907

224.006

69,80

CAMPANIA

551

197

102

298

54,08

27

1.359.024

765.979

56,36

5.790.929

687.215

11,87

PUGLIA

258

26

35

61

23,64

6

1.935.790

479.609

24,78

4.071.518

315.384

7,75

BASILICATA

131

106

9

115

87,79

14

999.461

712.243

71,26

594.086

393.653

66,26

CALABRIA

409

218

68

286

69,93

26

1.508.055

990.991

65,71

2.004.415

733.784

36,61

SICILIA

390

102

83

185

47,44

0

2.571.140

943.179

36,68

5.017.212

640.510

12,77

SARDEGNA

377

215

19

234

62,07

24

2.408.989

1.793.774

74,46

1.655.677

837.735

50,60

TOTALE

8.101

3.546

655

4.201

51,86

355

30.133.601

16.371.885

54,33

58.751.711

10.822.605

18,42

FONTE: Elaborazioni UNCEM su dati ISTAT al 31/12/2005

 


Articolo 26
(Contenimento dei costi per la rappresentanza nei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e degli assessori comunali e provinciali)

 

1. All’articolo 47, comma 1, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la parola: «sedici» è sostituita dalla seguente: «dodici».

2. All’articolo 81, comma 1, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province»;

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86».

3. All’articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali»;

b) i commi 4 e 6 sono abrogati;

c) al comma 8, la lettera c) è sostituita dalla seguente:

«c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione tra quelli facenti parte dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o della comunità montana»;

d) al comma 11, il primo periodo è sostituito dai seguenti: «Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità» e il terzo periodo è soppresso.

4. L’articolo 83 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 83. - (Divieto di cumulo) - 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta».

5. L’articolo 84 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 è sostituito dal seguente:

«Art. 84. - (Rimborso delle spese di viaggio) - 1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfettario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate».

6. Ai fini della semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, ad ogni amministrazione comunale è consentita l’adesione ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatte salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti. Dopo il 1o aprile 2008, se permane l’adesione multipla ogni atto adottato dall’associazione tra comuni è nullo ed è, altresì, nullo ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte dell’amministrazione comunale interessata.

7. Le funzioni della commissione elettorale comunale previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, sono attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale. L’incarico di componente delle commissioni elettorali comunali e delle commissioni e sottocommissioni elettorali circondariali è gratuito, ad eccezione delle spese di viaggio effettivamente sostenute. In tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto la materia elettorale ogni riferimento alla commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

8. A decorrere dal 2008 il fondo ordinario di cui all’articolo 34, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è ridotto di 313 milioni di euro. In sede di ripartizione delle risorse del fondo ordinario, come rideterminate ai sensi del presente comma, si tiene conto, anche sulla base di certificazioni prodotte dagli enti interessati, delle riduzioni di spesa derivanti, per ciascun ente territoriale, dall’attuazione delle disposizioni del presente articolo. Le risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6, valutate in 313 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, sono destinate, per l’anno 2008, per 100 milioni di euro all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo 1, comma 703, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartire in proporzione alla popolazione residente, e per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall’articolo 87.

 

 

L’articolo 26 modifica in più parti il Testo unico sull’ordinamento degli enti locali[81] al principale fine, evidenziato dalla rubrica, di contenere i costi per la rappresentanza degli enti locali.

 

Una parte del contenuto normativo dell’articolo, sia nella versione originaria, sia nella formulazione approvata dal Senato, corrisponde sostanzialmente allo schema di disegno di legge, approvato dal Consiglio dei Ministri il 13 luglio 2007 e pubblicato nel sito del Governo, recante “Misure per la riduzione dei costi politico-amministrativi e per la promozione della trasparenza”. Iniziative legislative sul tema sono all’esame della Camera dei deputati[82].

 

Si ricorda che le disposizioni del TUEL non trovano applicazione nelle regioni a statuto speciale e nelle Province autonome che, in forza dell’autonomia normativa in materia di ordinamento degli enti locali loro riconosciuta, hanno emanato specifiche disposizioni.

Il comma 1 interviene sull’art. 47, comma 1, del TUEL, riducendo il previsto tetto massimo di assessori (comunali e provinciali) da 16 a 12 (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 47
Natura e ruolo

Articolo 47
Natura e ruolo

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a sedici unità.

1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici unità.

2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli stessi.

2. Identico.

3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

3. Identico.

4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.

4. Identico.

5. Fino all’adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:

a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra 250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;

b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30 consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati 45 consiglieri.

5. Identico.

 

La norma vigente prevede che la Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a 16 unità.

 

La modifica proposta riduce pertanto il numero massimo dei componenti delle giunte nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, in quelli che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia e nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti.

 

La composizione delle giunte comunali e provinciali è direttamente correlata a quella dei rispettivi consigli dall’art. 47, comma 1, del TUEL.

L’art. 37 del TUEL determina la composizione dei consigli comunali[83] e provinciali[84] in relazione alla dimensione demografica degli enti, come risulta dall’ultimo censimento.

Nelle due tabelle seguenti si riporta il numero degli enti (comuni e province) che dovrebbero essere interessati dalla disposizione in esame, suddivisi per classe demografica, con l’indicazione del numero di consiglieri previsti dall’art. 37 del TUEL e del tetto massimo di assessori attualmente indicato dall’art. 47 del medesimo TUEL.

Non sono stati considerate né le province né i comuni appartenenti alle regioni a statuto speciale. Per il numero dei comuni e la loro ripartizione in classi demografiche si è fatto riferimento ai dati del censimento 2001. Per quanto riguarda le province, sono state considerate quelle costituite al 31 dicembre 2006.


Componenti Giunte comunali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il sindaco)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero dei comuni

100.001-250.000 e capoluoghi di provincia con popolazione inferiore

41

14

75

250.001-500.000

47

16

5

500.001-1.000.000

51

16

2

Oltre 1.000.000

61

16

3

Totale

 

 

85

 

Componenti Giunte provinciali

 

Classe demografica

Numero dei componenti del Consiglio (compreso il presidente della provincia)

Tetto massimo degli assessori attualmente previsto

Numero delle province

oltre 1.400.000 abitanti

45

15

5

 

Non essendo prevista una norma transitoria, si dovrebbe ipotizzare che i consigli comunali e provinciali provvedano ad adeguare gli statuti in modo da recepire in questi ultimi la disposizione in esame e conseguentemente pervenire ad una composizione delle giunte rispettosa dei nuovi limiti fissati.

 

Si ricorda peraltro che il comma 2 dell’art. 47 del TUEL stabilisce che gli statuti possono fissare in modo rigido il numero degli assessori, oppure determinarne il numero massimo: in quest’ultimo caso, il sindaco e il presidente della provincia hanno piena facoltà di limitare la composizione della giunta nominando un numero di assessori inferiore a quello massimo.

 

Il comma 2, articolato nelle lettere a) e b), interviene sull’articolo 81 del TUEL, che disciplina il regime delle aspettative degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 81
Aspettative

Articolo 81
Aspettative

1. Gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

1. I sindaci, i presidenti delle province, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, i presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, nonché i membri delle giunte di comuni e province che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova. I consiglieri di cui all’articolo 77, comma 2, se a domanda collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato, assumono a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86.

 

La disposizione di cui alla lettera a) modifica il primo periodo del vigente art. 81 al fine di limitare la possibilità di collocamento in aspettativa non retribuita, per il periodo di espletamento del mandato, soltanto ad alcune figure di amministratori locali, vale a dire ai: sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali.

 

L’art. 81, nel testo vigente, prevede che gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti, possano essere collocati a richiesta in aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.

Attraverso il richiamo all’art. 77, secondo comma, la normativa vigente comprende dunque – oltre alle figure contemplate dal comma in esame – anche i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

 

La disposizione di cui alla lettera b) aggiunge invece al vigente art. 81 un nuovo periodo, che riguarda i “consiglieri” di cui all’articolo 77, comma 2; essa sembra fare dunque riferimento ai seguenti soggetti in quanto componenti dei rispettivi organi rappresentativi: i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i consiglieri delle comunità montane[85], i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento. La novella introdotta dalla lettera b) della disposizione in esame dispone che tutti costoro assumano a proprio carico l’intero pagamento degli oneri previdenziali, assistenziali e di ogni altra natura previsti dall’articolo 86, qualora siano stati collocati – a domanda – in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato.

Dalla lettura dell’art. 81 del TUEL, come risulta nel testo novellato dalle due disposizioni illustrate, sembrerebbe dunque che possano essere comunque collocati in aspettativa tutti i soggetti[86] di cui all’art. 77, comma 2, del TUEL, pur se il pagamento degli oneri previdenziali è posto a carico dell’ente locale soltanto per gli amministratori espressamente elencati nel primo periodo dell’art. 81 come riformulato, e cioè per i sindaci, presidenti delle province, presidenti dei consigli comunali e provinciali, presidenti delle comunità montane e delle unioni di comuni, componenti delle giunte comunali e provinciali.

Il nuovo testo dell’art. 81, inoltre, dovrebbe essere coordinato con quello dell’art. 86, comma 1, del TUEL, che non viene modificato dalla disposizione in esame.

 

L’art. 86, comma 1, stabilisce che gli enti locali assumano a proprio carico il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi per i seguenti amministratori locali che siano lavoratori dipendenti collocati in aspettativa non retribuita per il periodo di espletamento del mandato: sindaci, presidenti di provincia, presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, assessori provinciali e assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, presidenti dei consigli provinciali; presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un effettivo decentramento di funzioni; presidenti delle aziende anche consortili fino all’approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali.

 

Il comma 3, con le disposizioni di cui alle lettere da a) a d), apporta alcune modifiche all’articolo 82 del TUEL, relativo alle indennità degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 82
Indennità

Articolo 82
Indennità

1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l’aspettativa.

1. Identico.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali, limitatamente ai comuni capoluogo di provincia, e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un terzo dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.

2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l’ammontare percepito nell’ambito di un mese da un consigliere può superare l’importo pari ad un quarto dell’indennità massima prevista per il rispettivo sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8. Nessuna indennità è dovuta ai consiglieri circoscrizionali.

3. Ai soli fini dell’applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.

3. Identico.

4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all’interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Il regime di indennità di funzione per i consiglieri prevede l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle sedute degli organi collegiali.

Abrogato

5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L’interessato opta per la percezione di una delle due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.

5. Identico.

6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona.

Abrogato

7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne.

7. Identico.

8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:

8. Identico:

a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;

a) identica;

b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell’ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell’ammontare del bilancio di parte corrente;

b) identica;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;

c) articolazione dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vice sindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane sono attribuite le indennità di funzione nella misura massima del 50 per cento dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione tra quelli facenti parte dell’unione di comuni, del consorzio fra enti locali o delle comunità montane;

d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad esse assegnate;

d) identica;

e) determinazione dell’indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell’indennità si tiene conto del trattamento economico fondamentale del segretario comunale;

e) identica;

f) previsione dell’integrazione dell’indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.

f) identica.

9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.

9. Identico.

10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell’adeguamento della misura delle indennità e dei gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell’ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure stabilite per l’anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell’indice dei prezzi al consumo rilevata dall’ISTAT e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.

10. Identico.

11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                       Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

11. Le indennità di funzione, determinate ai sensi del comma 8, possono essere incrementate con delibera di giunta, relativamente ai sindaci, ai presidenti di provincia e agli assessori comunali e provinciali, e con delibera di consiglio per i presidenti delle assemblee. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione del precedente periodo sono nulle di diritto. La corresponsione dei gettoni di presenza è comunque subordinata alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni; il regolamento ne stabilisce termini e modalità. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dal decreto di cui al comma 8.

 

La lettera a) sostituisce il testo vigente del comma 2 dell’art. 82, riducendo da un terzo a un quarto dell’indennità del sindaco o del presidente dell’organo rappresentativo dell’ente locale, il limite massimo di valore del gettone di presenza che consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire per la partecipazione a consigli e commissioni.

Il nuovo testo, inoltre:

§      esclude espressamente dal diritto all’indennità tutti i consiglieri circoscrizionali;

§      include nel diritto al gettone di presenza i consiglieri circoscrizionali di comuni non capoluogo di provincia (i consiglieri circoscrizionali di comuni capoluogo di provincia hanno già tale diritto ai sensi dell’art. 82 TUEL nel testo vigente).

Non è chiara la finalità della previsione di cui al primo punto (esclusione dei consiglieri circoscrizionali dal diritto all’indennità), in quanto l’art. 82, comma 1, del TUEL, che non viene modificato, attribuisce l’indennità di funzione unicamente ai presidenti dei consigli circoscrizionali dei soli comuni capoluogo di provincia, mentre, per i consiglieri circoscrizionali, l’art. 82, comma 2, prevede il diritto a percepire soltanto i gettoni di presenza.

 

La lettera b) abroga i commi 4 e 6 del testo vigente dell’art. 82, facendo in tal modo venire la possibilità di trasformare il gettone di presenza in indennità di funzione e di cumulare entrambi gli emolumenti.

 

Secondo la disciplina vigente (art. 82 TUEL, modificato proprio per questa parte dalla lettera b)) gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che l’interessato opti, a richiesta, per la trasformazione del gettone di presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l’ente pari o minori oneri finanziari. Nel caso in cui si scelga il regime di indennità di funzione, questo deve prevedere l’applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di assenza ingiustificata dalle sedute degli organi collegiali (comma 4).

Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza soltanto nel caso in cui siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi, ricoperti dalla stessa persona (comma 6).

Agli amministratori ai quali viene corrisposta l’indennità di funzione non è dovuto alcun gettone per la partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell’organo costituiscono articolazioni interne ed esterne (comma 7).

 

La lettera c), sostituisce il testo vigente della lettera c) del comma 8 dell’art. 82, recante alcuni dei criteri per la quantificazione delle indennità e dei gettoni di presenza.

 

La determinazione della misura base delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza è demandata (art. 82, comma 8) ad un regolamento ministeriale, adottato con decreto del ministro dell’interno[87], nel rispetto di specifici criteri, elencati nelle lettere da a) a f) del medesimo comma 8. La lettera c), in particolare, stabilisce che l’importo dell’indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli assessori, e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, deve essere parametrato a quello fissato per il sindaco e per il presidente della provincia.

Le indennità del presidente e degli assessori delle forma associative di enti locali sono invece pari a quelle previste per un comune cha abbia popolazione pari alla popolazione dell’unione dei diversi enti locali associati o alla popolazione montana della comunità montana.

 

Il testo proposto:

§      elimina il riferimento ai “consiglieri” che hanno optato per le indennità, essendo venuta meno tale possibilità (in conseguenza della già esaminata soppressione del comma 4 dell’art. 82);

§      modifica il parametro per la fissazione delle indennità del presidente e degli assessori delle forme associative di enti locali (unioni di comuni, consorzi e comunità montane), riducendolo dal 100% dell’indennità prevista per un comune con popolazione pari alla somma di popolazioni dei diversi enti associati, al 50% dell’indennità prevista per il comune avente maggiore popolazione, tra quelli facenti parte dell’unione o della comunità montana.

 

La lettera d), sostituisce il primo periodo del testo vigente del comma 11 dell’art. 82, concernente la facoltà degli organi degli enti locali di modificare le indennità e i gettoni di presenza.

 

Le misure delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza possono essere incrementate (se l’ente non versa in stato di dissesto finanziario) o diminuite con delibera consiliare o della giunta, sulla base di valutazioni e scelte politiche e di gestione[88] (art. 82, co. 11).

La legge pone un limite agli incrementi: la spesa complessiva per le indennità e i gettoni di presenza risultante non deve superare una quota dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli enti, dalla tabella D del D.M. 119/2000.

La L. 266/2005 (legge finanziaria 2006), all’art. 1, co. 201, dispone che gli enti locali possono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica attraverso interventi diretti alla riduzione dei costi di funzionamento degli organi istituzionali, da adottare ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000.

il disegno di legge finanziaria per il 2007 (A.C. 1746-bis), nel testo originario presentato dal Governo, prevedeva, all’art. 76, co. 1, lett. i), la soppressione della facoltà per gli organi degli enti locali di aumentare, ai sensi dell’art. 82, co. 11, del D.Lgs. 267/2000, le indennità e i gettoni di presenza, mantenendo ferma la possibilità di apportare riduzioni a tali emolumenti. La disposizione stabiliva inoltre che gli eventuali incrementi già disposti dovessero essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall’entrata in vigore della legge finanziaria 2007. La previsione illustrata, presente anche nel testo approvato in prima lettura dalla Camera (A.S. 1183, art. 18, comma 361), è stata successivamente soppressa nel corso dell’esame al Senato in seguito all’approvazione del “maxiemendamento” del Governo.

 

Nel nuovo testo del comma 11 dell’art. 82 viene soppresso il riferimento ai gettoni di presenza e si prevede, per le indennità, la possibilità di incremento unicamente per i sindaci, i presidenti di provincia e gli assessori (con delibera della giunta) e per i presidenti delle assemblee (con delibera del consiglio).

In tal modo, risulta del tutto eliminata la facoltà per gli organi degli enti locali di adeguare gli importi dei gettoni di presenza e viene inoltre ridotto il numero degli amministratori locali per i quali è possibile: non sono più compresi tra questi i presidenti di comunità montane e dei consigli circoscrizionali dei comuni capoluogo di provincia e i componenti degli organi esecutivi di comunità montane, unioni di comuni, consorzi fra enti locali.

Il nuovo testo, inoltre, esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario fino alla conclusione dello stesso, nonché gli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno fino all’accertamento del rientro dei parametri. Le delibere adottate in violazione di tali divieti sono nulle di diritto.

 

Il testo vigente del comma 11 dell’art. 82 già esclude dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.

 

Il comma 11 dell’art. 82, come riformulato, subordina la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere a consigli e commissioni, rimettendo al regolamento (comunale) termini e modalità (è da ritenere, specialmente in relazione alla nozione di “effettiva”).

 

Il comma 4 sostituisce l’articolo 83 del TUEL, che disciplina il divieto di cumulo degli emolumenti degli amministratori locali (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 83
Divieto di cumulo

Articolo 83
Divieto di cumulo

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente Capo.

 

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all’articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

 

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell’esercizio dell’opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l’indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta.

 

Il testo vigente consta di un solo comma, con cui si stabilisce che parlamentari nazionali o europei, e consiglieri regionali possono percepire soltanto i gettoni di presenza. Il novellato comma 1 dell’art. 83 esclude invece tale possibilità.

Viene poi introdotto un comma 2, ai sensi del quale gli amministratori locali (definiti in senso ampio , con riferimento all’articolo 77, comma 2, del TUEL[89]) non percepiscono alcun compenso per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominati, se tale partecipazione è connessa all’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

Sono invece percepibili le indennità di missione e sono fatte salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, che hanno una disciplina specifica.

Con il comma 3, anch’esso aggiunto dalla novella in esame, si dispone infine che, in presenza di cariche incompatibili, non si cumulano le indennità di funzione.

L’indennità spettante per la carica sopraggiunta (che si è cioè aggiunta – in modo incompatibile – a quella già esercitata) non viene corrisposta, fino al momento dell’esercizio dell’opzione (che è l’ordinaria modalità di risoluzione delle incompatibilità) a chi venga a trovarsi a cumulare la carica incompatibile.

La rimozione della condizione di incompatibilità rende poi percepibile l’unica indennità cui si ha, da quel momento, diritto.

L’indennità per la carica "sopraggiunta" non dovrebbe competere fin dal momento di acquisizione della nuova carica, ma il momento di accertamento di tale status potrebbe essere successivo: in tal caso, potrebbe dunque porsi la questione del recupero di indennità indebitamente percepite.

 

Il comma 5 novella l’articolo 84 del TUEL, allo scopo di sostituire l’indennità di missione percepita dagli amministratori locali in caso di viaggio, con un rimborso forfettario onnicomprensivo per le spese diverse da quelle di viaggio, il cui importo è fissato con decreto del Ministero dell’interno e del Ministero dell’economia, d’intesa con la Conferenza Stato-città, mantenendo comunque il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute (vedi testo a fronte).

 

D.Lgs. 267/2000
Testo vigente

D.Lgs. 267/2000
Testo modificato

Articolo 84
Rimborsi spese e indennità di missione

Articolo 84
Rimborso delle spese di viaggio

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di missione alle condizioni dell’articolo 1, comma 1, e dell’articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per l’ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.

1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché un rimborso forfettario onnicomprensivo per le altre spese, nella misura fissata con decreto del Ministro dell’interno e del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell’indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

2. La liquidazione del rimborso delle spese è effettuata dal dirigente competente, su richiesta dell’interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.

3. Identico.

4. I consigli e le assemblee possono sostituire all’indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando con regolamento i casi in cui si applica l’uno o l’altro trattamento.

4. Soppresso.

 

La disposizione, per il resto, conferma quella vigente, ad eccezione del comma 4, che prevede attualmente la possibilità di sostituire l’indennità di missione con il rimborso delle spese effettivamente sostenute.

 

Gli amministratori che si recano, per motivi dipendenti dal loro mandato, fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente hanno diritto al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché all’indennità di missione (art. 84, TUEL).

Le missioni devono essere autorizzate dal capo dell’amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, dal presidente del consiglio, nel caso di consiglieri.

Le richieste di rimborso delle spese di viaggio e soggiorno devono essere documentate e accompagnate da una dichiarazione sulla durata e sulle finalità della missione.

Agli amministratori che non risiedono nel capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, sono rimborsate le sole spese di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi, e per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle loro funzioni.

L’indennità di missione può essere sostituita dal rimborso di tutte le spese - non solo quelle di viaggio - effettivamente sostenute (comma 4).

 

Il comma 6 prevede che ogni comune possa aderire ad una unica forma associativa per ciascuna di quelle previste dagli articoli 31, 32 e 33 del TUEL (sostanzialmente, consorzi e unioni di comuni).

Finalità della norma è la semplificazione della varietà e della diversità delle forme associative comunali e del processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture.

La norma in esame sanziona la permanenza di un comune in più di una forma associativa dello stesso tipo oltre il termine del 1° aprile 2008 ("adesione multipla"). In tal caso è nullo non solo ogni atto adottato dall’associazione (forma associativa), ma anche ogni atto attinente all’adesione o allo svolgimento di essa da parte del comune interessato (per il quale - dovrebbe intendersi - permane l’adesione a più forme associative).

Si osserva che la nullità degli atti dell’“associazione” pare colpire anche i comuni ad essa partecipanti eventualmente incolpevoli (per i quali non si configuri cioè adesione multipla), nonché tutte le associazioni alle quali il comune partecipi, inclusa – ad esempio – la prima alla quale abbia ha aderito.

In considerazione del fatto che l’art. 33 del TUEL disciplina le linee principali dell’intervento regionale in materia di incentivazione delle forme associative dei Comuni ai fini della riorganizzazione sovracomunale dei servizi e delle funzioni, andrebbe valutato come la disposizione in esame si inserisca nel quadro delle competenze dello Stato e delle Regioni delineate dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

La disposizione, infine, incide direttamente su norme contenute nel TUEL. Si dovrebbe pertanto valutare l’opportunità –conformemente a quanto previsto dal punto 3), lettera a), della Circolare del Presidente della Camera del 20 aprile 2001, recante regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi – di riformularla in termini di novella al Testo unico citato.

 

La norma fa espressamente salve le disposizioni di legge in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, per le quali sia rinvia alla scheda relativa alla disposizione sugli ambiti territoriali ottimali (ATO) di cui all’art. 27.

 

Gli articoli 31, 32 e 33 del TUEL sono contenuti, insieme ad altri, nel capo V[90] del Testo unico, intitolato appunto alle forme associative.

Ivi si prevedono, oltre alle convenzioni[91] (art. 30), i “consorzi” e le “unioni di comuni” (art. 32). Si ricorda peraltro che il comma 7 dell’art. 31 già dispone che tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio; inoltre, la legge dello Stato, in caso di rilevante interesse pubblico, può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori. L’art. 33 non individua ulteriori forme di associazione e di cooperazione tra i Comuni; esso attribuisce alle Regioni il compito di promuovere l’esercizio associato delle funzioni dei Comuni e di individuare i livelli ottimali di esercizio delle stesse. Le regioni predispongono, concordandolo con i Comuni nelle apposite sedi concertative, un programma per l’individuazione degli ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, prevedendo la corresponsione di contributi per incentivare l’unificazione tra gli enti.

I consorzi e le unioni di comuni, differentemente dalle convenzioni, prevedono la costituzione di organi amministrativi per la loro conduzione. Si ricorda peraltro, che, per quanto riguarda le unioni di comuni, il presidente dell’unione deve essere scelto tra i sindaci dei comuni interessati e gli altri organi devono essere formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati (art. 32, comma 2).

 

Il comma 7 stabilisce che le funzioni della commissione elettorale comunale in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali, siano attribuite al responsabile dell’ufficio elettorale comunale e che in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale, ogni riferimento alla Commissione elettorale comunale deve intendersi effettuato al responsabile dell’ufficio elettorale comunale.

 

Non risulta chiara la finalità della disposizione illustrata: essa sembra voler attribuire al responsabile dell’ufficio elettorale comunale (cioè ad una figura gerarchica del personale dell’ente, in qualche modo sottoposta al sindaco) le funzioni in materia di tenuta e revisione delle liste elettorali attualmente svolte dalla Commissione elettorale comunale (che è invece un organo collegiale, eletto dal Consiglio comunale al suo interno).

Secondo quando si evince dal tenore letterale della disposizione, che fa espresso riferimento soltanto al Testo unico sull’elettorato attivo (D.P.R. 223/1967[92]), sembrano invece rimanere in capo alla Commissione elettorale comunale le funzioni relative alla tenuta dell’albo degli scrutatori e alla nomina degli stessi affidate a tale organo dalla L. 95/1989[93].

 

Il Consiglio comunale nella prima seduta elegge, tra i propri membri, la Commissione elettorale comunale, composta dal sindaco e da tre componenti effettivi e tre supplenti nei comuni al cui consiglio sono assegnati fino a cinquanta consiglieri, da otto componenti effettivi e otto supplenti negli altri comuni (art. 12, D.P.R. 223/1967).

Il riferimento alla Commissione elettorale comunale contenuto in tutte le leggi o decreti aventi ad oggetto materia elettorale si intende effettuato, ai sensi dell’art. 26, comma 13, della legge 340/2000[94], all’Ufficiale elettorale.

Secondo quanto stabilisce l’art. 4-bis del D.P.R. 223/1967, alla tenuta e all’aggiornamento delle liste elettorali provvede l’Ufficio elettorale e in ciascun comune l’Ufficiale elettorale è la Commissione elettorale prevista dagli articoli 12, 13, 14 e 15 dello stesso testo unico. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti la Commissione elettorale può delegare e revocare le funzioni di Ufficiale elettorale al segretario comunale o a un funzionario del comune.

 

La disposizione sopprime inoltre il gettone di presenza che viene attualmente corrisposto ai componenti delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali circondariali, mantenendo invece il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

 

In ogni comune capoluogo di circoscrizione giudiziaria, dopo l’insediamento del consiglio provinciale, è costituita, con decreto del presidente della corte di appello, una commissione elettorale circondariale[95], presieduta dal prefetto o da un suo delegato e composta da quattro componenti effettivi e da quattro componenti supplenti, di cui uno effettivo ed uno supplente designati dal prefetto, e tre effettivi e tre supplenti designati dal consiglio provinciale (art. 21 del D.P.R. 223/1967). Nei circondari con popolazione superiore a 50.000 abitanti può essere costituita, su proposta del presidente della Commissione circondariale, una sottocommissione elettorale circondariale.

Ai componenti e ai segretari delle commissioni (e delle sottocommissioni) elettorali circondariali può essere corrisposto, oltre al rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, un gettone di presenza pari a lire 60.000 (euro 30,99), al lordo delle ritenute di legge, in luogo di quello previsto dalle disposizioni in vigore per i componenti delle commissioni costituite presso le amministrazioni dello Stato. L’importo del gettone di presenza è rivalutato, a partire dall’anno 2000, con le procedure ed i termini previsti dalla legge 117/1985[96].

 

Il comma 8, infine, contiene le disposizioni di rilievo finanziario relative alle risorse derivanti dalle riduzioni di spesa di cui ai commi da 1 a 6 che precedono.

A decorrere dal 2008 il “fondo ordinario” (su cui v. infra) è ridotto di 313 milioni di euro, vale a dire per un ammontare pari a quello per il quale vengono valutati i risparmi derivanti dai commi da 1 a 6 fin qui esaminati.

Dal testo qui in esame potrebbe dedursi che dal comma 7 non sono attesi in modo esplicito risparmi.

Il comma in esame, quindi, destina la stessa cifra di 313 milioni di euro che sono in sostanza finanziati dai predetti risparmi, per le seguenti finalità per l’anno 2008:

§      per 213 milioni di euro a copertura di quota parte degli oneri derivanti dall’articolo 87 (relativo alla quota fissa di partecipazione, alla cui scheda si rimanda).

§      per 100 milioni di euro all’incremento del contributo ordinario di cui all’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, in favore dei piccoli comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, non rientranti nei parametri di cui al medesimo comma, da ripartirsi in proporzione alla popolazione residente.

Beneficiari sono – più precisamente – una parte dei piccoli comuni, in particolare quelli dotati delle seguenti caratteristiche:

§         popolazione fino a 5.000 abitanti;

§         non rientranti nei parametri previsti dall’articolo 1, comma 703, della legge finanziaria 2007, vale a dire:

§         popolazione residente oltre i 65 anni superiore al 30% del totale;

§         popolazione residente sotto i 5 anni superiore al 5% del totale.

 

Il comma 703 citato reca numerose disposizioni in favore dei piccoli comuni, individuando i beneficiari su 3 parametri, contenuti alle lettere da a) a c) dello stesso comma. Il terzo parametro, che riguarda i piccolissimi comuni sotto i 3.000 abitanti, conferisce risorse a valere sul fondo ordinario per gli investimenti e perciò potrebbe essere ritenuto non incluso per il riferimento – nella disposizione in esame – al “contributo ordinario”.

I comuni sono individuati dal comma 703 della legge finanziaria 2007, in primo luogo, per avere una popolazione fino a 5.000 abitanti, e, in secondo luogo, per avere una delle seguenti caratteristiche:

§       rapporto tra la popolazione residente ultrasessantacinquenne e popolazione residente complessiva è superiore al 30 per cento (55 milioni di contributo ordinario, di cui il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale e socio-assistenziale);

§rapporto tra popolazione residente di età inferiore a cinque anni e popolazione residente complessiva è superiore al 5 per cento (71 milioni di contributo ordinario, di cui almeno il 50 per cento finalizzato ad interventi di natura sociale);

§       popolazione inferiore a 3.000 abitanti (42 milioni contributo a valere sul fondo nazionale ordinario per gli investimenti).

Beneficiano infine di un contributo complessivo di 20 milioni di euro le comunità montane.

I trasferimenti erariali a favore degli enti locali iscritti nel bilancio dello Stato si articolano sulla base di fondi disciplinati dall’art. 34 del D.Lgs. 504/1992[97]. In particolare, secondo lo schema generale delineato dal citato decreto legislativo, lo Stato concorre al finanziamento dei bilanci di province e comuni con l’assegnazione dei seguenti fondi:

§       “Fondo ordinario” (articolo 34, comma 1, lettera a) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono la gran parte delle risorse destinate al finanziamento dei bilanci degli enti locali;

§       “Fondo consolidato” (articolo 34, comma 1, lettera b) del D.Lgs. 504), in cui confluiscono i contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi;

§       “Fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale” (articolo 34, comma 1, lettera c) del D.Lgs. 504) relativo, in particolare, ai problemi perequativi derivanti dall’ICI. Le risorse sono attribuite alle province e ai comuni sulla base del gettito delle imposte e delle addizionali di loro competenza per le quali non vi sia discrezionalità, considerato in relazione alla classe demografica di appartenenza degli enti medesimi.

 

 

 

 


Articolo 27, commi 1 e 2
(Norma di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti
da duplicazione di funzioni)

 

1. Anche ai fini del coordinamento della finanza pubblica, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, lo Stato e le regioni, nell'ambito di rispettiva competenza legislativa, provvedono all'accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi, comunque denominati, titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

2. I comuni e le province provvedono alla soppressione degli enti, agenzie ed organismi, comunque denominati, istituiti dai medesimi enti locali nell'ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle svolte dagli enti locali medesimi.

 

 

I commi 1 e 2 dell’articolo in esame contengono una disposizione di indirizzo diretta alla razionalizzazione dell’organizzazione amministrativa degli enti territoriali, in particolare alla soppressione o accorpamento di enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni – o parte di esse – esercitate dagli enti territoriali.

Scopo della norma è il miglioramento dei saldi di bilancio di regioni ed enti locali, miglioramento non quantificabile e da considerare come misura ulteriore (non determinante) per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità.

 

Il primo comma è indirizzato alle regioni che, in coordinamento con lo Stato, dovrebbero provvedere alla revisione dell’allocazione delle funzioni al fine, come detto, di eliminarne le duplicazioni.

Il secondo comma è diretto agli enti locali, per quanto concerne enti ed organismi da essi istituiti.

Le disposizioni in esame sono in relazione con quanto disposto dall’articolo 134, comma 1, lettera c), del disegno di legge in esame, secondo cui lo Stato provvede a sopprimere od accorpare enti, agenzie, organismi che svolgano le medesime funzioni - in tutto o in parte – esercitate da regioni ed enti locali su conferimento o delega dello Stato.

 

La norma richiama il principio di coordinamento della finanza pubblica e l’attuazione dell’articolo 118 della Costituzione.

Com’è noto il principio di coordinamento della finanza pubblica, contenuto nel secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione, può essere alla base dell’intervento legittimo dello Stato sulle politiche degli enti territoriali imponendo anche vincoli di bilancio - come nel caso delle regole del patto di stabilità e crescita - a condizione che venga mantenuto il carattere “finalistico” dell’azione di coordinamento. In altre parole lo Stato può prescrivere criteri ed obiettivi ma non imporre nel dettaglio gli strumenti per raggiungerli[98].

L’articolo 118 della Costituzione statuisce il principio secondo cui le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni e ogni diversa allocazione – anche per assicurarne l’esercizio unitario - deve ispirarsi ai principi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza.

 

Norma di indirizzo ispirata ai principi sopra citati, non è accompagnata da disposizioni sulla rilevazione di adempimenti specifici o comunque sul monitoraggio del comportamento delle regioni e degli enti locali a riguardo. Sono altresì assenti disposizioni su conseguenti sanzioni in caso di non osservanza.

Si rileva infine che in caso di inadempienza – peraltro come visto non rilevata - non sembrano esserci gli estremi per un eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 120 secondo comma della Costituzione: Lo Stato potrebbe ‘solamente’ impugnare innanzi la Corte costituzionale la legge regionale emanata in violazione dei principi richiamati dalla norma.

 


 

Articolo 38
(Riattribuzione delle funzioni istituzionali del personale
in posizione di comando appartenente alle Forze di polizia
e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

 

1. Fermo quanto previsto dall'articolo 1, comma 6-septies, del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, a decorrere dal 1o febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale ed accessorio attinente alla posizione di comando del personale appartenente alle Forze di polizia e al Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici dello stesso. Resta fermo il divieto di cumulabilità previsto dall'articolo 3, comma 63, della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

 

 

L’articolo 38 stabilisce che, a decorrere dal 1° febbraio 2008, il trattamento economico fondamentale e accessorio attinente alla posizione di comando del personale delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco è posto a carico delle amministrazioni utilizzatrici.

La ratio di tale disposizione è esplicitata in sede di relazione illustrativa e tecnica, laddove il Governo afferma che pur non determinando risparmi di spesa “si può presumere che [...] determini un decremento del personale comandato, e conseguentemente un recupero delle unità a disposizione per compiti d’istituto”.

L’elemento di innovazione introdotto dalla norma in esame sembra pertanto essere quello di porre in ogni caso a carico della amministrazione utilizzatrice (sia essa statale o meno) l’onere di corresponsione del trattamento economico spettante al personale de quo in posizione di comando.

 

La disciplina generale del comando, ove non disapplicata a livello di contrattazione collettiva (per il personale “privatizzato”), è posta dagli articoli 56 e ss. del D.P.R. 3/1957[99]. In particolare, l’articolo 57 (Trattamento del personale comandato e carico della spesa) del D.P.R. citato attribuisce la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale all'amministrazione di appartenenza, mentre carica quella relativa alla spesa del personale comandato presso enti pubblici direttamente ed interamente all'ente presso cui detto personale va a prestare servizio; tale ente è, altresì, tenuto a versare all'amministrazione statale cui il personale stesso appartiene l'importo dei contributi e delle ritenute sul trattamento economico previsti dalla legge. Il periodo di tempo trascorso nella posizione di comando è computato agli effetti del trattamento di quiescenza e di previdenza. Alle promozioni di tutto il personale comandato, nonché agli aumenti periodici, provvede l'amministrazione cui l'impiegato appartiene organicamente.

 

L’articolo in esame stabilisce altresì che le disposizioni recate dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006[100] così come modificato dalla L. di conversione 17/2007 rimangano invariate.

 

La norma da ultimo citata dispone che fino al 31 dicembre 2011, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili al personale appartenente al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, collocato in posizione di comando o fuori ruolo presso gli organi costituzionali, presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché presso gli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, del D. Lgs. 165/2001[101] cui ciascun ministro può avvalersi, per l’esercizio delle funzioni, che gli sono proprie, di indirizzo politico-amministrativo e di controllo della rispondenza dei risultati dell’attività amministrativa agli indirizzi impartiti, continua ad applicarsi la disposizione di cui al sopra citato art. 57 del testo unico di cui al D.P.R. 3/1957. Al medesimo personale indicato dall’art. 1, comma 6-septies del D.L. 300/2006, e fino alla data del 31 dicembre 2011, non si applicano, altresì, il limite di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'art. 133 del D. Lgs. 217/2005[102] ovvero la disposizione secondo la quale possono essere collocati in posizione di comando o fuori ruolo non più di cinque unità di personale di livello dirigenziale contemporaneamente, e la disposizione di cui al comma 3 del medesimo art. 133 ai sensi della quale il trattamento economico e ogni altro onere finanziario relativi al personale collocato in posizione di comando o fuori ruolo sono a carico dell'amministrazione di destinazione.

 

Resta fermo, secondo quanto precisato dal secondo periodo della disposizione in esame, il divieto posto dall’art. 3, comma 63 della L. 537/1993[103], ossia la non cumulabilità di indennità, compensi o emolumenti, comunque denominati, anche se pensionabili, corrisposti dall'amministrazione di appartenenza con altri analoghi trattamenti economici accessori previsti da specifiche disposizioni di legge a favore del personale dell'amministrazione presso la quale i pubblici dipendenti “comandati” prestano servizio.

 

Si ricorda infine che il personale delle Forze di polizia e quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco sono tuttora in regime di diritto pubblico (art. 3 del D. Lgs. 165/2001). Inoltre con la firma, il 31 ottobre 2007 del rinnovo del contratto di lavoro 2006-2007, tutto il personale del Corpo dei Vigili del fuoco (dirigenti, direttivi, personale operativo e personale amministrativo) è entrato nel comparto di contrattazione di diritto pubblico.

 

 


Articolo 39
(Potenziamento della sicurezza e del soccorso pubblico)

 

1. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico, ad esclusione delle spese per il personale e di quelle destinate al ripianamento delle posizioni debitorie, con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni di euro per le specifiche necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire con uno o più decreti del Ministro dell'interno da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

2. Per l'anno 2008 è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo di parte corrente per il rinnovo e l'ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze di Polizia di Stato, con una dotazione iniziale di 10 milioni di euro da ripartire secondo le modalità previste nel comma 1.

3. Per evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario, a decorrere dall'anno 2008 sono stanziati 10 milioni di euro, da destinare al personale delle forze di Polizia di Stato.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 39 in esame istituisce per il 2008, presso il Ministero dell'Interno, un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento della sicurezza e del soccorso pubblico con una dotazione di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni per le necessità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da ripartire tramite uno o più decreti del ministro degli Interni. Dallo stanziamento sono escluse le spese per il personale e quelle per il ripianamento delle posizioni debitorie.

 

Si ricorda che Difesa e sicurezza del territorio, Ordine pubblico e sicurezza e Soccorso civile rappresentano, nell’ambito della riclassificazione del bilancio operata dal Governo, tre missioni distinte: per la prima, il bilancio a legislazione vigente prevede uno stanziamento complessivo di competenza per il 2008 pari a euro 1.000.000.000; per la seconda pari a euro 1.270.566.850, per la terza pari a 1.824.682.362.

In seno al Ministero dell’interno, le competenze in tema di sicurezza spettano al Dipartimento della pubblica sicurezza, che provvede:

§         all'attuazione della politica dell'Ordine e della Sicurezza Pubblica;

§         al coordinamento tecnico-operativo delle Forze di Polizia;

§         alla direzione e amministrazione della Polizia di Stato;

§         alla direzione e gestione dei supporti tecnici.

Quanto al soccorso pubblico, le relative competenze spettano al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, che svolge le funzioni e i compiti spettanti al Ministero di seguito indicati:

§         soccorso pubblico;

§         prevenzione incendi e altre attività assegnate al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco dalle vigenti normative;

§         difesa civile.

 

Il riparto del fondo è demandato a uno o più decreti del Ministro dell’interno, da comunicare – anche con evidenze informatiche – al Ministero dell’economia e delle finanze per il tramite dell’Ufficio centrale di bilancio, alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.

 

Relativamente al bilancio del Ministero dell’interno, la Corte dei Conti, nella premessa al capitolo a questo dedicato della Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2006, sottolinea che “nell’esercizio in esame, il bilancio iniziale del Ministero dell’interno è stato sottostimato, come risulta dalla non irrilevante forbice tra stanziamenti iniziali e definitivi; sottostima che si rinviene anche nel bilancio del 2007, nell’ambito del quale alcuni capitoli di spesa, sui quali gravano oneri per impegni assunti negli anni precedenti e che si estendono a più esercizi, non hanno sufficienti stanziamenti. Tale situazione comporta un apparente contenimento della spesa per il funzionamento dell’apparato ministeriale, determinando invece il formarsi e l’incrementarsi di oneri sommersi, ai quali, comunque, l’Amministrazione dovrà fare fronte nei successivi esercizi, in alcuni casi anche con aggravi per interessi per ritardati pagamenti. L’Amministrazione ha comunicato che l’ammontare di tali debiti è pari a 408 milioni”. Analizzando nello specifico la situazione relativa al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, la Corte aggiunge che i debiti pregressi del Dipartimento raggiungono gli 83 milioni (derivanti dalla spesa per fitti di sedi di servizio, dalle spese per le utenze energetiche ed idriche, dagli oneri per il lavoro straordinario proveniente dagli anni precedenti derivanti dalla mancata assegnazione di somme versate da Regioni ed Enti locali a seguito di convenzioni stipulate con il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco e per l’insufficiente finanziamento dei costi dei servizi resi in occasione delle Olimpiadi di Torino, mentre sono in sofferenza i capitoli di spesa per la gestione dei mezzi operativi per l’attività di soccorso ordinario e speciale). La carenza di risorse, continua la Corte, “seppur non riconducibile alle manovre di contenimento della spesa (…) è ancor più accentuata dal mancato rimborso da parte del Dipartimento della Protezione civile, dei costi sostenuti dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco per interventi richiesti in situazioni di particolari emergenze. Complessivamente, devono ancora essere rimborsati circa 2,5 milioni, per eventi verificatisi nel 2002”.

 

Il comma 1-bis, introdotto, come il successivo 1-ter, a seguito dell’approvazione da parte dell’Assemblea del Senato dell’emendamento 25.600 (testo 2)[104], istituisce per il 2008 nel bilancio del Ministero dell’interno un fondo di parte corrente con la dotazione iniziale di 10 milioni di euro per il rinnovo e l’ammodernamento degli automezzi e degli aeromobili delle forze della Polizia di Stato. Il riparto delle somme  avviene con le stesse modalità previste per il riparto del fondo per le esigenze della sicurezza e del soccorso pubblico.

 

L’urgenza di rinnovare il parco automezzi delle forze di Polizia di Stato è stata sottolineata anche nel corso delle Audizioni tenutesi nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull'organizzazione e il funzionamento delle forze di polizia. In tale occasione il capo della Polizia di Stato, prefetto Antonio Manganelli (seduta del 26 luglio 2007) e il ministro dell'interno Giuliano Amato (seduta del 30 maggio 2007) hanno sottolineato l’importanza di un intervento in tal senso. In particolare, dai dati forniti emerge che, con riferimento alle articolazioni centrali e periferiche del Dipartimento della Pubblica sicurezza, la quantità di auto e motoveicoli esposti al logoramento, ovvero con un impiego superiore ai sette anni, e che quindi necessitano di sostituzione, risultano il 43% della dotazione di autovetture specializzate; il 30% della dotazione di autovetture di istituto; il 49% della dotazione di autovetture di serie; il 26% della dotazione di moto con colore di istituto; il 48% della dotazione di moto con colore di serie e il 54% della dotazione di veicoli per i servizi di ordine pubblico.

 

In ultimo, il comma 1-ter impegna ulteriori 10 milioni da destinare al personale delle forze di Polizia di Stato al fine di evitare eccessive limitazioni alle prestazioni di lavoro straordinario.

 

Risulta utile anche in questo caso riferirsi a quanto illustrato dalla Corte dei Conti nella Relazione sopra citata in merito alle prestazioni di lavoro straordinario delle Forze di Polizia di Stato. A tale proposito, la Corte rileva come si manifestino situazioni debitorie con riguardo al trattamento economico accessorio del personale, in particolare con riferimento al compenso per lavoro straordinario e all’indennità di ordine pubblico per le Forze di polizia. In particolare gli stanziamenti per lavoro straordinario e per l’indennità di ordine pubblico si presentano insufficienti in presenza di eventi di carattere straordinario, quali le Olimpiadi di Torino, per le quali non vengono previsti specifici stanziamenti e che pertanto richiedono il ricorso agli ordinari stanziamenti di bilancio. La Corte rileva inoltre che, con specifico riferimento agli incontri di calcio nella stagione 2006/2007, sono stati impiegati per 2.444 incontri, 216.880 unità provenienti dalle Forze di Polizia di Stato, con un costo per lavoro straordinario di circa 11,8 milioni di euro.

 

 


Articolo 67, comma 1
(Riduzione autorizzazione di spesa legge 157/1999)

 

1. L'autorizzazione di spesa di cui alla legge 3 giugno 1999, n. 157, è ridotta di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2008.

 

Il comma 1 dell’articolo 67, non modificato nel corso dell’esame del Senato, riduce di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa di cui alla L. 157/1999[105] destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie.

 

La disciplina del contributo pubblico per le spese elettorali è recata principalmente dalla L. 157/1999, anche attraverso rinvii, per quanto attiene ai criteri per il riparto delle somme da assegnare, alla L. 515/1993[106] ed alla L. 43/1995[107] (v. infra).

Le campagne elettorali per le quali è previsto il rimborso delle spese si riferiscono al rinnovo dei seguenti organi:

§         Camera dei deputati;

§         Senato;

§         Parlamento europeo;

§         Consigli regionali.

I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, corrispondenti ai sopra detti organi (L. 157/1999, art. 1, co. 1 e 3).

L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero dei cittadini della Repubblica iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati (L. 157/1999, art. 1, commi 1, 3 e 5).

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero sono state recentemente introdotte specifiche disposizioni[108]. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5 per cento, destinando tali somme integrative alle formazioni politiche concorrenti nelle consultazioni elettorali della circoscrizione Estero (L. 157/1999, art. 1, co. 1-bis e 5-bis).

Si ricorda, inoltre, che l’art. 6-bis, comma 2, della L. 157/1999, prevede che per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della L. 157/1999, è istituito un fondo di garanzia alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali[109]. Al riguardo, si segnala altresì che il comma 1 del testo originario del disegno di legge finanziaria, successivamente stralciato ai sensi dell’art. 126, comma 3, del Regolamento del Senato e confluito nel disegno di legge A.S. 1817-terdecies, aveva previsto la soppressione di tale Fondo.

Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni comunali e provinciali (ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo deiconsigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, i quali formano insieme il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige)[110].

La legge prevede infine una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 ed ai referendum costituzionali ex art. 138 della Costituzione (L. 157/1999, art. 1, co. 4). Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso, da erogarsi in unica soluzione, pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta (pari quindi a 500.000 euro) e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui.

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi, il contributo è versato sulla base di quote annuali entro il 31 luglio di ogni anno. L'erogazione dei rimborsi è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati per quanto riguarda il rinnovo della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali, nonché per i comitati promotori dei referendum, e con decreto del Presidente del Senato della Repubblica, per il rinnovo del Senato della Repubblica.

 

Al riguardo si segnala che lo stanziamento di competenza previsto dal disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2008 (A.S. 1818) per i fondi relativi ai rimborsi delle spese elettorali[111] ammontava a 204.319.044 euro. A seguito della riduzione prevista le somme destinate a tal fine risultano ora pari a 184.319.044 euro.

 

Quanto alla formulazione della disposizione, si segnala che essa pare suscettibile di determinare problemi applicativi in sede di ripartizione dei rimborsi elettorali e referendari in quanto non interviene sui criteri di determinazione dell’ammontare dei fondi da ripartire, recati dall’art. 1 della legge n. 157 del 1999, ma esclusivamente sull’autorizzazione di spesa ad essi destinata. Pertanto, fermi restando i parametri di  determinazione dei fondi, al fine di conseguire la riduzione prevista dall’art. 36, comma 1,  si renderebbe necessario un loro taglio in misura proporzionale al loro ammontare fino alla concorrenza di 20 milioni di euro. Resterebbe peraltro da valutare le modalità di applicazione della decurtazione ai fondi per i rimborsi referendari, la cui erogazione ha carattere eventuale, essendo legata all’effettivo svolgimento delle consultazioni referendarie e, nel caso di referendum abrogativi,  al raggiungimento del quorum di validità di partecipazione al voto.

Dovrebbe, pertanto, valutarsi l’opportunità – in conformità a quanto previsto dal punto 3 della Circolare del Presidente della Camera dei deputati del 20 aprile 2001 recante regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi – di intervenire con una modifica testuale dell’art. 1, commi 4 e 5, della L. 157/1999.

 

 


Articolo 119, comma 1
(Politiche migratorie nazionali e comunitarie)

 

1. È autorizzata la spesa di euro 1.500.000 per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ai programmi finanziati dall'Unione europea attraverso i fondi europei in materia migratoria. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 151, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

2. Il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, istituito presso il Ministero della solidarietà sociale dall'articolo 1, comma 1267, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è integrato di 50 milioni di euro per l'anno 2008.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 119 autorizza la spesa di 1.500.000 euro per ciascun anno del triennio 2008-2010, per la partecipazione del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno ai programmi finanziati dalla UE attraverso i fondi europei in materia migratoria.

La copertura del relativo onere è ottenuta mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 151 della legge 350/2003 (legge finanziaria 2004).

 

La disposizione da ultimo citata ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo da ripartire per le esigenze correnti di funzionamento dei servizi dell'Amministrazione, con una dotazione, a decorrere dall'anno 2004, di 100 milioni di euro.

 

In sede di relazione illustrativa, il Governo precisa che il comma in esame è volto a consentire l’utilizzo dei fondi europei in materia migratoria destinati all’Italia, che in assenza di risorse interne per il cofinanziamento dei progetti (fissato in sede europea in una misura che va dal 20% al 50 %), rischierebbero di andare perduti.

 

La relazione tecnica rimanda al Programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”[112] che stabilisce meccanismi di solidarietà finanziaria (Fondi) riguardanti i seguenti quattro ambiti:

§         controlli e sorveglianza delle frontiere esterne (gestione integrata delle frontiere) e politica in materia di visti, in complementarità con l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (FRONTEX);

§         gestione integrata, da parte degli Stati membri, dei rimpatri di cittadini di paesi terzi in soggiorno irregolare nell’UE e applicazione efficace ed uniforme delle norme comuni concernenti il rimpatrio conformemente all'evoluzione della politica condotta in tale settore;

§         integrazione dei cittadini dei paesi terzi in soggiorno regolare attraverso azioni positive in grado di sostenere gli sforzi compiuti dagli Stati membri per permettere loro di integrarsi più facilmente nelle società europee;

§         sostegno e promozione degli sforzi compiuti dagli Stati membri per accogliere rifugiati e sfollati (sulla base dell’esistente Fondo europeo per i rifugiati) e sostenere le conseguenze di tale accoglienza; individuazione delle migliori pratiche e creazione di strutture di cooperazione efficaci per migliorare la qualità del processo decisionale nel quadro del regime europeo comune in materia di asilo.

È prevista pertanto, in sede di Unione, l'istituzione di 4 fondi:

§         Fondo per le frontiere esterne (2007-2013) di cui alla Decisione n. 574/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007-2013, nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§         Fondo europeo per i rimpatri (2008-2013) di cui alla Decisione 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008-2013 nell’ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§         Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi (2007-2013), di cui alla Decisione 2007/435/CE del Consiglio, del 25 giugno 2007, che istituisce il Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2013 nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori;

§         Fondo Europeo per i rifugiati (2008-2013) di cui allaDecisione n. 573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008-2013, nell'ambito del programma generale Solidarietà e gestione dei flussi migratori e che abroga la decisione 2004/904/CE del Consiglio;

 

Il comma 2 integra, per l’anno 2008, il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati di 50 milioni di euro.

Il Fondo,istituito presso il Ministero della solidarietà sociale ai sensi dell’art. 1, commi 1267-1268 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006[113]), con una dotazione pari a 50 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, è fra l’altro finalizzato alla realizzazione di un piano per l’accoglienza degli alunni stranieri, anche per favorire il rapporto scuola-famiglia, mediante l’utilizzo, per fini non didattici, di apposite figure professionali madrelingua quali i mediatori culturali. I provvedimenti concernenti l’utilizzazione del Fondo sono adottati dal ministro della solidarietà sociale di concerto con il ministro per i diritti e le pari opportunità. presso il Ministero della solidarietà sociale.

 

In attuazione della legge finanziaria 2007, è stata emanata la Direttiva del 3 agosto 2007 concernente l’utilizzazione del Fondo, con cui vengono definiti gli obiettivi e le aree prioritarie di intervento che saranno finanziate per l’anno 2007, per un ammontare complessivo di 50 milioni di euro.

Le aree prioritarie di intervento individuate sono: sostegno all’accesso all’alloggio; accoglienza degli alunni stranieri; tutela dei minori stranieri non accompagnati; valorizzazione delle seconde generazioni di stranieri; tutela delle donne immigrate a rischio di marginalità sociale; diffusione della lingua e della cultura italiana; diffusione della conoscenza della Costituzione italiana, dell’ordinamento giuridico nazionale e dei percorsi di inclusione sociale. I progetti potranno essere presentati, in forma singola ovvero in partenariato da Regioni, province autonome, enti locali, associazioni e altri organismi privati che svolgono attività per favorire l'integrazione sociale degli stranieri, iscritte al registro di cui all’art. 52 del D.P.R. 394/99 nonché associazioni ed enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 215/2003[114].

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Strumenti finanziari

Per fornire adeguato supporto finanziario alle azioni dell’UE nell’area libertà, giustizia e sicurezza, per il periodo 2007-2013, sono stati adottati i programmi quadro “Sicurezza e tutela delle libertà” (COM(2005)124-1), “Diritti fondamentali e giustizia” (COM(2005)122-1), “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1), i cui obiettivi sono in linea con le priorità politiche individuate dal programma dell’Aja.

In particolare, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” per il periodo 2007-2013[115] intende rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione di una gestione integrata delle frontiere esterne e all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Esso opera in funzione di complementarietà rispetto alle altre iniziative ed organi operanti nel contesto della stessa politica comune, quali l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne (Frontex), il Sistema di informazione visti (VIS) e il Sistema di informazione Schengen (SIS). Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:

-   “Fondo europeo per le frontiere esterne“, con una dotazione di 1820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);

-   “Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 699,3 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007);[116]

-   “Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);

-   “Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).

Il 26 giugno 2007, la Commissione, secondo quanto preannunciato nella comunicazione del 25 gennaio 2006 “Programma tematico di cooperazione con i paesi terzi nei settori dell’emigrazione e dell’asilo” (COM(2006)26), ha presentato il programma di cooperazione con i paesi terzi nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, con una dotazione di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013, destinato a sostituire il vigente programma Aeneas.

L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione

Il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative (cd. pacchetto Frattini) volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina. Il pacchetto comprende:

·       la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea”(COM(2007)247);

·       la comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”(COM(2007)248);

·       la proposta di direttiva (COM(2007)249) relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell’Unione europea (vedi infra ).

La comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea” fa seguito all’invito, rivolto alla Commissione dal Consiglio europeo del 14 -15 dicembre 2006, a “presentare proposte sul dialogo rafforzato e misure concrete” per quanto riguarda l’applicazione dell’approccio globale.

L’approccio globale in materia di immigrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005, attraverso l’approvazione di un documento dal titolo Approccio globale in materia di migrazione: azioni prioritarie incentrate sull'Africa e il Mediterraneo”. In considerazione della crescente importanza delle questioni migratorie per l’Unione europea e per i suoi Stati membri ed allo scopo di rispondere alle opportunità ed alle sfide della migrazione, come delineato nel programma dell’Aja, il documento del Consiglio europeo conteneva l’indicazione di una serie di interventi da attuare nel 2006 e la definizione di un programma di azioni prioritarie in quattro settori:

-   potenziamento della cooperazione e dell'operato degli Stati membri;

-   cooperazione con i principali Paesi d’origine in Africa;

-   cooperazione con i Paesi vicini dell'area mediterranea;

-   aspetti legati al finanziamento e all’attuazione degli interventi.

L’approccio globale all’immigrazione, inizialmente centrato sull’Africa e l’area mediterranea[117], viene ora esteso anche alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea.

La comunicazione interessa pertanto principalmente: Turchia, Balcani occidentali (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica jugoslava di Macedonia, Montenegro e Serbia, incluso il Kosovo); i paesi partner della politica europea di vicinato (ENP) in Europa orientale (Ucraina, Moldavia e Bielorussia) e Caucaso meridionale (Armenia, Azerbadjan e Georgia) e la Federazione russa. Per ogni singola area geografica viene ricordato l’attuale quadro di dialogo politico ed economico con l’UE e le relazioni di cooperazione (che investono di solito anche l’immigrazione) e vengono formulate raccomandazioni al fine di rafforzare la cooperazione in materia di immigrazione sulla base delle iniziative già esistenti.

La comunicazione sottolinea inoltre che l’applicazione dell’approccio globale alle aree orientali e sudorientali vicine all’UE, secondo il concetto di “rotte migratorie”, esige che si considerino anche i paesi di origine e di transito più lontani: paesi partner della Politica Europea di vicinato (PEV)[118] in Medio Oriente (Siria, Libano e Giordania), Iran e Iraq; Asia centrale (Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) e paesi d’origine asiatici come la Cina, l’India, il Pakistan, l’Afghanistan, il Bangladesh, lo Sri Lanka, il Vietman, le Filippine e l’Indonesia.

La comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi”intende conferire un contenuto operativo all’Approccio globale in materia di migrazione dell’UE, fornendo un sostegno all’immigrazione legale.

A tal fine essa esamina la natura giuridica, la forma e i contenuti dei “partenariati per la mobilità” che l’Unione europea potrà concludere con i paesi terzi, che si sono impegnati a cooperare attivamente nella gestione dei flussi migratori, anche combattendo contro la migrazione illegale, e che desiderano assicurare ai loro cittadini un migliore accesso al territorio dell’Unione. I partenariati saranno concepiti in funzione della specificità di ogni paese terzo interessato nonché del livello di impegno che il paese terzo è disposto ad assumere per combattere la migrazione illegale e facilitare il reinserimento dei migranti di rientro. Gli impegni della CE e degli Stati membri partecipanti potrebbero comprendere: migliori opportunità di migrazione legale per cittadini del paese terzo; assistenza ai paesi terzi per lo sviluppo della loro capacità di gestire i flussi migratori legali; misure per affrontare il rischio della fuga di cervelli e promuovere la migrazione circolare o di rientro; miglioramento e/o facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata a cittadini di un paese terzo. La comunicazione affronta, inoltre, il tema specifico della “migrazione circolare”, individuando le forme di migrazione circolare più adatte al contesto dell’UE (migrazione circolare di cittadini di paesi terzi stabiliti nell’UE e migrazione circolare di persone residenti in un paese terzo)e indicando interventi legislativi specifici al fine di promuoverle. In particolare la comunicazione suggerisce l’introduzione di incentivi alla migrazione circolare in alcuni strumenti legislativi annunciati nel Piano d’azione sulla migrazione legale[119]: proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti altamente qualificati; proposta di direttiva sull’ammissione dei migranti stagionali; proposta di direttiva sull’ammissione di tirocinanti retribuiti[120]. Modifiche potrebbero inoltre essere apportate alla direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei soggiornanti di lungo periodo, alla direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato e alla direttiva 2005/71/CE, relativa a una procedura specificamente concepita per l’ammissione di cittadini di paesi terzi a fini di ricerca scientifica.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007 e il Consiglio affari generali del 18 giugno 2007, nelle loro conclusioni, hanno accolto favorevolmente le misure proposte, esprimendo soddisfazione per i progressi realizzati nell’attuazione della Strategia di approccio globale alla migrazione, stabilita dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 e completata dalle conclusioni sullo sviluppo di una politica europea integrata delle migrazioni del 14-15 dicembre 2006. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha approvato le conclusioni del Consiglio del 12 e del 18 giugno, invitando gli Stati membri e la Commissione ad assicurare che siano assegnate risorse umane e finanziarie adeguate, all’interno del quadro finanziario esistente, per permettere la tempestiva attuazione della politica migratoria globale. Il Consiglio europeo ha inoltre stabilito che valuterà lo stato di attuazione della politica migratoria globale nella prossima riunione del dicembre 2007, in base ad una relazione interinale sull’andamento dei lavori, elaborata dalla Commissione.

Immigrazione legale

I documenti di riferimento per la politica dell’Unione in materia di immigrazione legale e integrazione sono costituiti dalla comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione”, presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005 (COM(2005)389), e dal Piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato dalla Commissione il 21 dicembre 2005 (COM(2005)669), al fine di sviluppare una politica coerente dell’UE in materia di immigrazione legale, nel periodo rimanente del programma dell’Aia (2006-2009).

La comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione” propone un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali esprime parere favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo.

Il Piano d’azione per l’immigrazione legale comprende, invece, quattro sezioni consacrate alle principali dimensioni del fenomeno dell’immigrazione legale, nel quadro di un approccio globale, così come richiesto dal Consiglio europeo del 15 – 16 dicembre 2005. In particolare, la Commissione prevede di presentare, per tappe, proposte legislative sulle condizioni per l’entrata ed il soggiorno degli immigrati da Paesi terzi con finalità di lavoro.

Si tratta in particolare di:

-   una direttiva di carattere generale (effettivamente presentata il 23 ottobre 2007 -vedi infra) che mira a definire un quadro comune di diritti per tutti i cittadini di Paesi terzi legalmente occupati, già ammessi in uno Stato membro, ma non ancora in possesso dello status di residenti di lunga durata;

-   quattro direttive specifiche, che tratteranno delle condizioni di entrata e soggiorno di determinate categorie di immigrati (lavoratori altamente qualificati – presentata il 23 ottobre 2007, vedi infra -, lavoratori stagionali, lavoratori in trasferimento all'interno di società multinazionali e tirocinanti retribuiti). Gli Stati membri resteranno competenti per determinare le quote di lavoratori migranti da ammettere.

Il Piano d’azione è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006 e dal Parlamento europeo (che ha adottato una risoluzione) il 24 ottobre 2006. Nella risoluzione adottata il Parlamento europeo sottolinea, tra l’altro, che la politica dell'UE deve prevedere efficaci misure di accoglienza e di integrazione degli immigrati, soprattutto delle donne, che rappresentano ormai la maggioranza, e invitano gli Stati membri a rafforzare le strutture e i servizi sociali che consentiranno il normale stabilimento dei migranti, nonché l'informazione relativa ai diritti e ai doveri che discendono dai principi e dalle leggi vigenti in ciascuno Stato membro. Il 26 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato un’ulteriore risoluzione sul piano d'azione sull'immigrazione legale, nel quale, partendo dal documento adottato dalla Commissione nel 2005, esprime la posizione del Parlamento su tutte le ulteriori iniziative finora promosse in materia dalla Commissione e dal Consiglio.

 

Le più recenti iniziative in materia di immigrazione legale

Sulla base di quanto stabilito nel Piano d’azione, il 23 ottobre 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

·       una proposta di direttiva (COM(2007)637) relativa all’ammissione nell’Unione di migranti per posti di lavoro altamente qualificati.

La proposta di direttiva ha l’obiettivo di:

- instaurare una procedura speciale per l’ingresso e il soggiorno di cittadini  di paesi terzi che richiedano di risiedere nell’Unione europea per occupare posti di lavoro altamente qualificati per un periodo superiore a tre mesi;

- definire le condizioni in cui i cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno regolare in uno Stato membro, ai sensi della proposta di direttiva in questione, possano soggiornare con le loro famiglie in altri Stati membri.

Per definire la nozione di “impiego altamente qualificato” la proposta di direttiva si basa su due elementi: l’obbligo di esercitare un’attività economica dipendente (escludendo quindi i lavoratori autonomi) e l’elevata qualificazione professionale richiesta. A questo proposito, al fine di includere nel campo di azione della proposta di direttiva anche quei lavoratori che non abbiano necessariamente bisogno di un diploma di studi superiori per esercitare la loro attività (ad es. nel settore dell’informatica), viene considerata, al posto del diploma, l’esperienza acquisita in almeno tre anni di attività nel settore.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, la proposta di direttiva stabilisce che iI richiedente debba provare di possedere i diplomi o i requisiti di esperienza suddetti e presentare obbligatoriamente un contratto di lavoro (o un’offerta vincolante di impiego), in cui sia indicato uno stipendio pari almeno a tre volte il salario minimo fissato a livello nazionale. Il richiedente (ma non i suoi familiari) in possesso dei requisiti previsti riceverà un permesso di soggiorno denominato “carta blu europea”, con la menzione delle condizioni a cui essi sono autorizzati a lavorare. E’ prevista una procedura accelerata (30 giorni) per i cittadini di paesi terzi che già soggiornino regolarmente in uno Stato membro e vogliano modificare il proprio statuto giuridico. Gli articoli 7, 9 e 10 della proposta stabiliscono che essa non crea un “diritto di ammissione”, enunciando i motivi di rifiuto, possibili o obbligatori, del rilascio, ritiro o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, quali, in particolare, il non rispetto dei requisiti, l’esistenza di quote e la possibilità per lo Stato membro di procedere a un esame del mercato del lavoro.

La proposta, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

·       una proposta di direttiva (COM(2007)638), che istituisce una procedura unica per la richiesta di permesso unico di residenza e lavoro e stabilisce un insieme comune di diritti per i lavoratori dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

La proposta prevede che la direttiva si applichi ai cittadini di paesi terzi che richiedano l’autorizzazione a risiedere e a lavorare nel territorio dell’Unione europea e ai lavoratori provenienti da paesi terzi e soggiornanti regolarmente in uno Stato membro.

In base alla proposta di direttiva:

- ogni domanda di autorizzazione a soggiornare e a lavorare sul territorio dello Stato membro è introdotta nel quadro di una procedura di domanda unica;

- la decisione relativa al rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico prende la forma di un titolo combinato che autorizza contestualmente a soggiornare e a lavorare nel quadro di un atto amministrativo unico.

La proposta prevede che il permesso unico sia rilasciato, con l’integrazione obbligatoria delle opportune informazioni riguardo al lavoro, nel formato armonizzato già previsto dal Regolamento CE n. 1030/2002 per il permesso di soggiorno per cittadini di paesi terzi.

Il Capo III della proposta di direttiva è dedicato al diritto alla parità di trattamento. Esso stabilisce in particolare che i lavoratori provenienti da paesi terzi godano dell’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali almeno per quanto riguarda: a) condizioni di lavoro, incluse le condizioni in materia di salario, di licenziamento, di salute e sicurezza sul lavoro; b) libertà di associazione, di affiliazione e di impegno in una organizzazione di lavoratori o datori di lavoro o in qualsiasi organizzazione professionale, compresi i vantaggi che possono da ciò derivare senza pregiudizio delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e di sicurezza pubblica; c) istruzione e formazione professionale; d) riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli professionali, conformemente alle procedure nazionali applicabili; e) i settori della sicurezza sociale quali definiti dal regolamento CE 1408/71,  relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati, non salariati e ai membri delle loro famiglie; f) il pagamento dei diritti di quiescenza in caso di spostamento in un paese terzo; g) vantaggi fiscali; h) accesso a beni e servizi offerti al pubblico, comprese le procedure di accesso all’ abitazione e l’assistenza offerta dai servizi per l’impiego.

Gli Stati membri possono limitare l’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali:

-   esigendo la prova di una conoscenza appropriata della lingua per consentire l’accesso all’istruzione e alla formazione; l’accesso all’università può essere subordinato a prerequisiti particolari in materia di studio;

-   restringendo i diritti conferiti in materia di istruzione e formazione, per quanto riguarda le borse di studio;

-   restringendo i diritti conferiti dal punto h), per quanto riguarda gli alloggi sociali, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o  abbiano avuto il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni;

-   restringendo i diritti conferiti dai punti a), b) e g), ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego;

-   restringendo i diritti conferiti dal punto e) ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego, tranne che per quanto riguarda le indennità di disoccupazione.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il 10 agosto 2007 la Commissione ha presentato una proposta di decisione (COM(2007)466) che istituisce una rete europea sulle migrazioni (REM).

Obiettivo della REM è "soddisfare le esigenze di informazione sulla migrazione e sull’asilo delle istituzioni comunitarie, delle autorità e delle istituzioni degli Stati membri e dei cittadini, fornendo informazioni aggiornate, oggettive, affidabili e comparabili nell’intento di sostenere il processo politico e decisionale nell’Unione europea in questi settori".

La rete è tenuta, in particolare, a raccogliere e scambiare dati e informazioni provenienti da varie fonti, analizzarli, pubblicare relazioni, creare e mantenere un sistema di scambio di informazioni accessibile al pubblico basato su Internet (sito REM) e cooperare con altri organi competenti europei e internazionali. La rete sarà composta dai punti di contatto nazionali, uno per Stato membro, e dalla Commissione europea. Per garantire la partecipazione attiva degli Stati membri e un adeguato collegamento tra l'attività della REM e l'agenda politica dell'UE, sarà istituito un comitato direttivo composto da rappresentanti dei singoli Stati membri, della Commissione e del Parlamento europeo.

La proposta di decisione, che segue la procedura di consultazione, è in attesa di esame da parte del Parlamento europeo e del Consiglio

Integrazione

Per quanto riguarda, in particolare, l’integrazione, si ricorda che nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’integrazione economica. Vengono presentate, in particolare, le politiche integrative, governative e non, consigliando modi e strumenti per renderle efficaci. Con l’ausilio di esempi concreti, vengono descritte le pratiche attuate per migliorare la qualità abitativa nello spazio urbano ed eliminare le barriere sociali per gli immigrati.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”, ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha espresso compiacimento per le conclusioni del Consiglio del 12 giugno, sottolineando l’importanza di ulteriori iniziative volte ad agevolare lo scambio di esperienze sulle politiche di integrazione degli Stati membri[121].

L’11 settembre 2007 la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2007)512)[122], nella quale, richiamandosi ai “Principi di base comuni della politica di integrazione dell’immigrante nell’Unione europea (PCB)”, adottati dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, nel quadro del programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione ”Un programma comune per l’integrazione” (vedi supra), ribadisce la necessità di rafforzare il nesso fra le politiche relative all’immigrazione legale e le strategie di integrazione.

 

Lotta all’immigrazione clandestina

Il 1° settembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva[123], che stabilisce norme comuni in materia di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi in condizioni di soggiorno irregolare.

La proposta di direttiva introduce norme comuni agli Stati membri riguardanti il rimpatrio, l'allontanamento, l'uso di misure coercitive, la custodia temporanea e il reingresso di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. La proposta è volta a stabilire un corpus di norme applicabile a qualsiasi cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente e prevede una procedura diretta a porre fine ad un soggiorno irregolare. Nei confronti del cittadino di un paese terzo soggiornante illegalmente deve essere presa una decisione di rimpatrio. Va data priorità al rimpatrio volontario e, solo se il cittadino in questione non intende rimpatriare volontariamente, gli Stati membri fanno rispettare l’obbligo di rimpatrio con un provvedimento di allontanamento. La proposta attribuisce una dimensione europea agli effetti delle misure di rimpatrio adottate a livello nazionale, ponendo in essere un divieto al rientro sul territorio, valido per l’insieme dell’Unione Europea

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 15 gennaio 2008.

Nel quadro dell’impegno dell’Unione europea contro l’immigrazione illegale e lo sfruttamento dei lavoratori clandestini, il 16 maggio 2007, la Commissione ha presentato una proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi in posizione irregolare[124]. La proposta, che mira ad introdurre un deterrente all’utilizzo di manodopera irregolare, intende ridurre le discrepanze fra le misure preventive, le sanzioni e le modalità di applicazione già esistenti nei vari Stati membri, creando, inoltre, condizioni di parità tra le imprese.

La proposta di direttiva prevede sanzioni per i datori di lavoro (persone fisiche o giuridiche, ma anche privati cittadini quando agiscono in qualità di datori di lavoro) che impieghino cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, senza aver svolto le necessarie verifiche. In base alla proposta infatti, e come misura preventiva, i datori di lavoro, prima dell’assunzione sono tenuti a verificare che i cittadini di paesi terzi siano in possesso di permesso di soggiorno o di altra autorizzazione analoga. Oltre a multe ed altre sanzioni amministrative, la Commissione propone, per i casi più gravi anche sanzioni penali.In particolare, la proposta di direttiva dispone che la violazione del divieto di impiego illegale, se intenzionale, costituisca reato se:

-   la violazione prosegue, oppure è reiterata, dopo che le autorità o i giudici nazionali competenti, in un periodo di due anni, hanno accertato che il datore di lavoro l’ha già commessa due volte;

-   la violazione riguarda un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare (almeno quattro);

-   la violazione è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento, ad esempio, da condizioni lavorative sensibilmente diverse da quelle di cui godono i lavoratori assunti legalmente, oppure

-   il datore di lavoro ricorre al lavoro o ai servizi di una persona nella consapevolezza che tale persona è vittima della tratta di esseri umani.

La proposta prevede che gli Stati membri predispongano un meccanismo che consenta ai cittadini di paesi terzi interessati di presentare denunce, sia direttamente che tramite terzi, come sindacati o associazioni. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato – a seconda della durata dei procedimenti nazionali – ai cittadini dei paesi terzi vittime di sfruttamento e che cooperino ad azioni penali contro i datori di lavoro. La proposta prevede infine che gli Stati membri effettuino un numero minimo di ispezioni nelle imprese stabilite nei loro territori.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Consiglio nella riunione del 5 dicembre 2007 e dal Parlamento europeo nella seduta del 9 aprile 2008. Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha sottolineato l’importanza della proposta, in considerazione del fatto che il lavoro illegale costituisce uno dei principali fattori di attrazione per gli immigrati clandestini[125].

Per quanto riguarda il contrasto all’immigrazione clandestina e il controllo delle frontiere, conformemente al programma dell’Aja, il 19 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione (COM(2006)402), sulle priorità politiche nella lotta contro l’immigrazione clandestina, di cittadini di paesi terzi. Nella comunicazione si esamina, in particolare, come rendere più sicure le frontiere esterne, ipotizzando l’introduzione di una gestione elettronica delle frontiere e di un sistema d’ingresso e di uscita automatizzato. Vi si trattano, inoltre, i problemi della regolarizzazione (dai primi anni Ottanta sono state regolarizzate, in cinque Stati dell’UE, 3.752.565 persone) e la necessità di affrontare il problema dell’occupazione dei cittadini di paesi terzi in situazione irregolare.

Il documento è stato esaminato dal Consiglio il 24 luglio 2006.

Nella stessa data e come parte dello stesso “pacchetto” di misure[126] miranti ad accrescere la solidarietà fra gli Stati membri nella lotta all’immigrazione clandestina, la Commissione ha presentato una proposta di regolamento (COM(2006)403), che istituisce un Codice comunitario dei visti, volto a facilitare i viaggi effettuati legalmente ed a lottare contro l’immigrazione clandestina, mediante una maggiore armonizzazione delle leggi nazionali e delle prassi degli uffici consolari locali. Ai fini della semplificazione, e in accordo con la politica della Commissione di “legiferare meglio”, la proposta incorpora in un unico Codice dei visti tutti gli strumenti giuridici che disciplinano le decisioni relative alle condizioni e alle procedure di rilascio dei visti.

Il Parlamento europeo dovrebbe esaminare la proposta, in prima lettura, secondo la procedura di codecisione, nella riunione del 12 marzo 2008.

Si ricorda infine che il27 settembre 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulle priorità politiche nella lotta contro l'immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi.

 

Controllo delle frontiere

Infine, per quanto riguarda più specificamente il controllo delle frontiere, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[127]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne[128], evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali.

La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

In questo quadro, il 24 maggio 2007 l’Agenzia per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex) ha lanciato il programma “Rete di pattuglie europea” (EPN), primo sistema di coordinamento delle pattuglie di sorveglianza delle frontiere marittime dell’Unione europea, per contrastare l’immigrazione clandestina. Il progetto interessa le coste atlantiche e mediterranee, al fine di sincronizzare le misure adottate dagli Stati membri e permettere la loro integrazione alle attività comuni dell’UE.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12 e 13 giugno 2007 ha adottato il regolamento (COM(2006)401), relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Nel corso della medesima riunione, il Consiglio ha adottato conclusioni sulla necessità di rafforzare la cooperazione tra gli Stati membri, la Commissione e l’agenzia Frontex in materia di rimpatrio, nel quadro del sostegno che sarà fornito dal Fondo per il rimpatrio 2008-2013.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha invitato tutti gli interessati a prodigare gli sforzi per rendere operative al più presto le squadre di intervento rapido e per sfruttare al massimo le nuove possibilità offerte dalla rete di pattuglie costiere e dal registro centralizzato delle attrezzature tecniche o toolbox (CRATE), gestito da Frontex, la cui utilizzazione è subordinata alla firma di specifici memorandum di intesa tra Frontex e gli Stati membri coinvolti

Il 12 giugno 2007 il Consiglioha adottato un regolamento[129] relativo ai poteri ed al finanziamento di squadre di intervento rapido (RABIT), comprendenti guardie di frontiera distaccate in un altro Stato membro per fornirvi assistenza tecnica ed operativa. Come constatato nel corso del Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007, Frontex ha avviato le procedure di applicazione del regolamento, che prevedono la redazione di una lista di ufficiali, la loro formazione e la composizione delle squadre. La prima esercitazione dovrebbe avere luogo in Portogallo nel periodo ottobre-novembre 2007.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 settembre 2007 ha adottato conclusioni sull’ulteriore rafforzamento delle frontiere marittime meridionali dell’UE[130]nelle quali esorta gli Stati membri, in uno spirito di solidarietà e di responsabilità condivisa, a fornire supporto, in modo bilaterale, a singoli Stati membri[131] che siano sottoposti a particolari pressioni, acuite da fattori quali la loro posizione geografica, il livello di impegno degli Stati terzi confinanti nello adempiere ai loro obblighi internazionali in materia di ricerca e salvataggio e lo stato attuale della cooperazione con detti paesi.

Procedure di contenzioso

Il 4 aprile 2006, la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[132] (procedura d’infrazione n. 2006/2075) per mancato rispetto del regolamento (CE) 1030/2002, che istituisce un modello uniforme per i permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di paesi terzi. Non rilasciando ancora permessi di soggiorno conformi al modello uniforme, lo Stato italiano violerebbe l’articolo 9 del regolamento citato, in base al quale gli Stati membri rilasciano permessi di soggiorno di modello uniforme al più tardi entro un anno a decorrere dall’adozione degli elementi e dei requisiti di sicurezza complementari. Tali elementi e requisiti sono stati effettivamente definiti con la decisione della Commissione C/2002/3069 del 14 agosto 2002, il cui articolo 2 impone agli Stati membri di fornire alla Commissione un fac-simile del permesso di soggiorno, non appena disponibile.

 


Articolo 128
(Contenimento dei costi delle amministrazioni pubbliche: auto di servizio, corrispondenza postale, telefonia, immobili)

 

1. A decorrere dall'anno 2008 la cilindrata media delle autovetture di servizio assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell'ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato non può superare i 1600 centimetri cubici, escludendo dal computo le autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile.

2. Il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) effettua, anche a campione, azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 47 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, nonché delle disposizioni in materia di posta elettronica certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA, comporta, per le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea.

3. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità attuative del comma 2.

4. All'articolo 78 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«2-bis. Le pubbliche amministrazioni centrali sono tenute, a decorrere dal 1o gennaio 2008 e comunque a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla data predetta, ad utilizzare i servizi «Voce tramite protocollo Internet» (VoIP) previsti dal sistema pubblico di connettività o da analoghe convenzioni stipulate da Consip s.p.a. a livello territoriale.

2-ter. Il CNIPA effettua azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui al comma 2-bis.

2-quater. Il mancato adeguamento alle disposizioni di cui al comma 2-bis comporta la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di telefonia».

5. Con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità attuative dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'articolo 78 del citato codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, introdotti dal comma 4 del presente articolo.

6. In relazione a quanto previsto dai commi 4 e 5, le dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti spese postali e telefoniche sono rideterminate in maniera lineare in misura tale da realizzare complessivamente una riduzione di 7 milioni di euro per l'anno 2008, 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 14 milioni di euro a decorrere dal 2010. Le altre pubbliche amministrazioni dovranno altresì adottare misure di contenimento delle suddette spese al fine di realizzare risparmi in termini di indebitamento netto non inferiori a 18 milioni di euro per l'anno 2008, a 128 milioni di euro per l'anno 2009 e a 272 milioni di euro per l'anno 2010. Al fine di garantire l'effettivo conseguimento di tali obiettivi di risparmio, in caso di accertamento di minori economie, si provvede alle corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti.

7. Ai fini del contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo:

a) delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;

b) delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

8. Nei piani di cui alla lettera a) del comma 7 sono altresì indicate le misure dirette a circoscrivere l'assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità e limitatamente al periodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l'uso, individuando, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

9. Qualora gli interventi di cui al comma 7 implichino la dismissione di dotazioni strumentali, il piano è corredato della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell'operazione in termini di costi e benefici.

10. A consuntivo annuale, le amministrazioni trasmettono una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

11. I piani triennali di cui al comma 7 sono resi pubblici con le modalità previste dall'articolo 11 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005.

12. Le amministrazioni di cui al comma 7, sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, sentita l'Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, all'esito della ricognizione propedeutica alla adozione dei piani triennali di cui alla lettera c) del comma 7 provvedono a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze i dati relativi a:

a) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali, distinguendoli in base al relativo titolo, determinandone la consistenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantificando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

13. Le regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, adottano, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dal presente articolo.

14. All'articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, le parole: «quattro membri», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «due membri».

15. Fino al 2 agosto 2009 l'organo collegiale di cui all'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 39 del 1993 è costituito dal presidente e da tre membri; fino alla predetta data, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità di voti, prevale quello del presidente.

 

 

L’articolo 128 reca norme eterogenee, complessivamente finalizzate alla razionalizzazione della spesa delle pubbliche amministrazioni.

 

In particolare, il comma 1 dispone, a decorrere dal 2008, un limite alla cilindrata media delle autovetture di servizio (le c.d. auto blu)assegnate in uso esclusivo e non esclusivo nell'ambito delle magistrature e di ciascuna amministrazione civile dello Stato, precisando che essa non possa superare i 1600 centimetri cubici.

Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine, della sicurezza pubblica e della protezione civile.

 

L’utilizzo delle autovetture pubbliche è stato nelle ultime Legislature più volte oggetto di dibattito e di interventi legislativi. L’individuazione delle particolari categorie che potevano beneficiare dell’utilizzo dell’autovettura di servizio è stata effettuata conil D.P.C.M. 28 febbraio 1997. Con il D.P.C.M. 11 aprile 1997 sono stati precisati i criteri generali per la predisposizione, da parte delle amministrazioni pubbliche, di piani di impiego più razionale e meno dispendioso, mentre con la direttiva della Presidenza del Consiglio 27 febbraio 1998, so state dettate nuove modalità per la gestione del parco macchine esistente, in relazione all'esigenza di realizzare economie di spesa.

L’assegnazione in uso esclusivo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato è stata nuovamente disciplinata, con l’introduzione di ulteriori limitazioni, da una Direttiva del Presidente del Consiglio del 30 ottobre 2001.

Una seconda direttiva del 30 ottobre 2001 ha provveduto a ridefinire i modi di utilizzo delle autovetture di servizio delle amministrazioni civili dello Stato e degli enti pubblici non economici, prevedendo, peraltro, che il Ministero dell'economia e delle finanze riferisca al Parlamento sui risultati del monitoraggio relativo all'attuazione delle procedure di affidamento, di dismissione e di smantellamento, nonché di fornire annualmente i dati relativi alle riduzioni di spesa conseguite dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti. L’unica relazione sinora trasmessa è il documento CCXXVIII, n. 1 (trasmessa alla Presidenza il 19 aprile 2006) riferita all’anno 2005.

Da ultimo, la legge finanziaria 2006 (articolo 1, comma 11 della legge 23 dicembre 2005, n. 266) ha introdotto una disciplina restrittiva delle spese sostenibili dalle pubbliche amministrazioni per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture. Si è in particolare previsto che, a decorrere dal 2006, le pubbliche amministrazioni, ad eccezione di quelle operanti per l'ordine e la sicurezza pubblica, non possano effettuare spese in tale ambito di ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2004. Da detta misura sono stati esclusi gli enti territoriali e gli enti del Servizio sanitario nazionale.  La disposizione si è posta in linea di continuità con la legge finanziaria per il 2005 e, in particolare con l’art. 1, comma 12, che aveva previsto, per gli anni 2005, 2006 e 2007, un limite analogo ma meno rigoroso, pari, rispettivamente, al 90 per cento, all’80 per cento e al 70 per cento della spesa sostenuta nel 2004. La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 505 della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha, tra l’altro, esteso a tutte le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni le disposizioni della citata l. n. 266/2005 in materia di limitazione delle spese per auto di servizio, chesi applicavano a tutte le pubbliche amministrazioni previste dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165/2001, fatte salve alcune esclusioni

 

Il comma 2 reca una norma volta a sanzionare il mancato uso da parte delle pubbliche amministrazioni della posta elettronica.

 

Tale mezzo di comunicazione dei documenti è prescritto come “normale” dall’articolo 47 del Codice dell’amministrazione digitale (decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82); la trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna, in base al successivo articolo 48,  avviene mediante la posta elettronica certificata.

La Relazione illustrativa al disegno di legge presentato la Senato sottolinea come “lo strumento della posta elettronica, in particolare quella certificata […] presenta caratteristiche di economicità, semplicità e velocità di trasmissione, facilità di archiviazione, possibilità di invio multiplo, integrabilità con altri strumenti ed applicazioni telematiche e, infine, di affidabilità”.

 

Si prevede, al riguardo, che il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) effettui verifiche a campione.

Se in base alle risultanze delle verifiche una singola amministrazione ha mancato di adeguarsi alla normativa in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata, essa subisce la riduzione, nell’esercizio successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di invio di corrispondenza cartacea.

 

Sono comprese nell’ambito applicativo della disciplina in oggetto le amministrazioni dello Stato, comprese le aziende e amministrazioni statali ad ordinamento autonomo e gli enti pubblici non economici nazionali

 

Il comma 3  dispone che le modalità di attuazione delle norme di cui al comma 2 siano stabilite con  decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

In sede di coordinamento formale del testo al Senato, si è precisato che le modalità attuative di cui al comma 3 riguardano le sole norme relative all’utilizzo della posta elettronica ed alla trasmissione documentale di cui al comma 2, mentre il testo originario faceva riferimento all’attuazione dell’intero articolo.

La relazione tecnica quantifica il risparmio derivante dall’introduzione delle disposizioni in esame in circa 166 milioni di euro annui, quando la misura opererà a regime. Si stima tuttavia che tali risparmi, permanendo nella disponibilità delle Amministrazioni ed essendo dunque potenzialmente spendibili, non possano essere preventivamente portati a miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Si sottolinea, inoltre,  come la gradualità del recepimento della nuova procedura abbia effetti positivi limitati nel biennio 2008-2009, recando un risparmio di 15 milioni di euro nel 2008 e 80 milioni di euro nel 2009.

 

I commi 4-6, introducono alcune norme nel Codice dell’amministrazione digitale, dettando misuredi innovazione in materia di comunicazioni telefoniche, nonché correlate misure di contenimento della spesa.

 

In dettaglio,il comma 4 aggiunge i commi da 2-bis a 2-quater  all’articolo 78 del Codice di amministrazione digitale, di cui al citato D.Lgs. n. 82/2005. 

Anzitutto si dispone l’obbligo, per le amministrazioni centrali, di utilizzare i servizi “Voce tramite protocollo Internet” (VoIP) previsti dal Sistema Pubblico di Connettività o da analoghe convenzioni stipulate da Consip s.p.a. a livello territoriale, a decorrere dal 1° gennaio 2008 e, comunque, a partire dalla scadenza dei contratti relativi ai servizi di fonia in corso alla medesima data (articolo 78, comma 2-bis).

Si ricorda che il “Voice over IP” (Voce tramite protocollo Internet, acronimo “VoIP”) è una tecnologia che rende possibile effettuare una conversazione telefonica sfruttando una connessione Internet o un'altra rete per trasmissione dati che utilizza il protocollo IP, consentendo un notevole risparmio dei costi per servizi telefonici. La relativa tecnologia, coma sottolinea la relazione illustrativa, è stata inclusa nei progetti e negli accordi finalizzati a realizzare il citato Sistema Pubblico di Connettività.

Ai sensi dell’articolo 73, comma 1 del d. lgs. n. 82/2005, il Sistema Pubblico di Connettività - SPC è l'insieme di infrastrutture tecnologiche e di regole tecniche per lo sviluppo, la condivisione, l'integrazione e la diffusione del patrimonio informativo e dei dati della pubblica amministrazione, necessarie per assicurare l'interoperabilità di base ed evoluta e la cooperazione applicativa dei sistemi informatici e dei flussi informativi, garantendo la sicurezza, la riservatezza delle informazioni, nonché la salvaguardia e l'autonomia del patrimonio informativo di ciascuna pubblica amministrazione.
Il completamento del SPC è previsto entro il 2007.

 

L’attività di monitoraggio e verifica del rispetto di tali disposizioni è demandata al CNIPA (articolo 78, comma 2-bis); in caso di mancato adeguamento alle medesime disposizioni è prevista la riduzione, nell'esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell'anno in corso per spese di telefonia (articolo 78, comma 2-quater).

La Relazione tecnica quantifica i risparmi derivanti dalle disposizioni del comma 4 in 120 milioni di euro a regime, e cioè dal 2010 in poi. Per il 2008 ed il 2009, i risparmi quantificati ammontano rispettivamente a 10 e 60 milioni di euro.

Complessivamente, dunque, gli effetti dei commi 2 e 4 sono così stimati:

-        25 milioni nel 2008, di cui  7 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare;

-        140 milioni nel 2009, di cui 12 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare;

-        286 milioni nel 2010, di cui 14 milioni riferiti ai Ministeri con impatto sul saldo netto da finanziare.

 

Il comma 5  dispone che le modalità attuative delle citate norme introdotte nel Codice dell’amministrazione digitale (commi 2-bis- 2-quater dell’ articolo 78), siano determinate con decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle comunicazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.  

 

Il comma 6, in relazione alle misure di razionalizzazione di cui ai commi 4 e 5, dispone un taglio lineare delle dotazioni delle unità previsionali di base degli stati di previsione dei Ministeri concernenti spese postali e telefoniche, in misura tale da realizzare, complessivamente, una riduzione di 7 milioni di euro per l'anno 2008, 12 milioni di euro per l'anno 2009 e 14 milioni di euro a decorrere dal 2010.

Le “altre” pubbliche amministrazioni (diverse da quelle centrali) sono chiamate a adottare misure di contenimento delle spese postali e telefoniche tali da comportare risparmi, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 18 milioni di euro per l’anno 2008, a 128 milioni di euro per l’anno 2009 e a 272 milioni di euro per l’anno 2010. Il mancato rispetto dei suddetti obiettivi di risparmio sarà sanzionato, in caso di accertate minori economie, con corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali verso le amministrazioni inadempienti.

I commi da 7 a 11 prefigurano l’adozione di piani triennali da parte della generalità delle pubbliche amministrazioni volti al contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture attraverso una razionalizzazione dell’utilizzo di determinati beni:

 

In particolare, il comma 7 dispone che le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165[133], adottino piani triennali per l'individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell'utilizzo:

§      delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell'automazione d'ufficio;

§      delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo;

§      dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali.

 

In relazione alle dotazioni strumentali, il comma 8 dispone che nei piani triennali siano indicate altresì misure dirette alla limitazione dell’assegnazione di telefoni cellulari al personale in servizio.

Nello specifico, tali misure:

-        sono dirette a circoscrivere l'assegnazione di apparecchiature di telefonia mobile ai soli casi in cui il personale debba assicurare, per esigenze di servizio, pronta e costante reperibilità, limitatamente alperiodo necessario allo svolgimento delle particolari attività che ne richiedono l'uso,

-        individuano, nel rispetto della normativa sulla tutela della riservatezza dei dati personali, forme di verifica, anche a campione, circa il corretto utilizzo delle relative utenze.

 

Il comma 9 prescrive che, qualora gli interventi di pianificazione implichino la dismissione di dotazioni strumentali, essi siano corredati della documentazione necessaria a dimostrare la congruenza dell'operazione in termini di costi e benefici.

 

Il comma 10 dispone la trasmissione, a consuntivo annuale, di una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente.

Il comma 11, infine, prevede che i suddetti piani triennali siano resi pubblici dagli Uffici per le Relazioni con il Pubblico e attraverso la pubblicazione sui siti web delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità previste, rispettivamente,  dall’articolo 11 del citato decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e dall'articolo 54 del Codice dell'amministrazione digitale.

Il comma 12 prevede una sorta di censimento degli immobili in mano pubblica. Tutte le pubbliche amministrazioni interessate dalla suddetta pianificazione triennale sono infatti tenute a comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, all’esito della ricognizione propedeutica alla redazione del piano triennale di razionalizzazione di cui al comma 7, lettera c),  i datirelativi a:

a) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, sui quali vantino a qualunque titolo diritti reali. Si dispone che essi vengano distinti in base al relativo titolo, determinandone la consistenza complessiva ed indicando gli eventuali proventi annualmente ritratti dalla cessione in locazione o in ogni caso dalla costituzione in relazione agli stessi di diritti in favore di terzi;

b) i beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali, dei quali abbiano a qualunque titolo la disponibilità, distinguendoli in base al relativo titolo e determinandone la consistenza complessiva, nonché quantificando gli oneri annui complessivamente sostenuti a qualunque titolo per assicurarne la disponibilità.

La comunicazione di tali dati avviene sulla base di criteri e modalità definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottare, sentita l'Agenzia del demanio, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

Si ricorda che l’articolo 131 del disegno di legge in esame detta specifiche misure di razionalizzazione della spesa per la manutenzione straordinaria dei beni immobili delle amministrazioni statali e, in genere, della amministrazioni pubbliche (cfr. articolo 131, relativa scheda di lettura).

 

Il comma 13,nel presupposto che la materia disciplinata dall’articolo in esame afferisca al coordinamento della finanza pubblica (in relazione al quale la Costituzione prevede legislazione concorrente), dispone che le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria, adottino, secondo i propri ordinamenti, gli atti di rispettiva competenza al fine di attuare i princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica desumibili dal presente articolo.

 

I commi 14 e 15 dettano norme relative all’ Autorità istituita presso il Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione – CNIPA.

In particolare, il comma 14, mediante una novella all’articolo 4 del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39,  riduce da quattro a due – oltre al Presidente - il numero dei componenti del CNIPA.

Il comma 15 reca una norma transitoria, stabilendo che sino al 2 agosto 2009 l’Autorità è costituita dal Presidente e da tre membri e che, ai fini delle deliberazioni, in caso di parità di voti prevale quello del presidente.

Si fa presente che la Relazione tecnica, in relazione alle norme dei commi 14.-15, non reca alcuna quantificazione dei risparmi di spesa conseguibili dalle misure di riduzione dei membri del CNIPA.

 

 


Articolo 133
(Contenimento degli uffici di diretta collaborazione)

 

1. All'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tali amministrazioni è fatto divieto di istituire uffici di diretta collaborazione, posti alle dirette dipendenze dell'organo di vertice dell'ente».

2. Alla scadenza del rispettivo incarico, i vertici degli uffici di diretta collaborazione istituiti alla data di entrata in vigore della presente legge presso le amministrazioni di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, decadono e il personale appartenente ai ruoli della pubblica amministrazione, compresi i dirigenti, è riassegnato secondo le procedure ordinarie.

 

 

L’articolo 133, non modificato dal Senato, reca al comma 1 una novella all’articolo 4, comma 4, del D.lgs. 165/2001[134], introducendo il divieto per le amministrazioni prive di un vertice che sia espressione di rappresentanza politica di istituire di uffici di diretta collaborazione.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge finanziaria presentato al Senato (A.S. 1817) chiarisce che la disposizione in esame intende “circoscrivere gli uffici di diretta collaborazione unicamente a quelle strutture che, poste alle dirette dipendenze di un vertice politico, sono di supporto a tale vertice per l’elaborazione dell’indirizzo, rappresentando il trait d’union fra autorità politica e l’amministrazione, di cui orientano l’attività e controllano i risultati rispetto agli obiettivi prestabiliti” Analoghe considerazioni sono svolte dalla relazione tecnica allegata al medesimo disegno di legge, la quale evidenza altresì come la disposizione si configuri quale strumento di razionalizzazione organizzativa che consentirà un contenimento di spese che sara rilevabile solo in sede di consuntivo.

In via generale, con riferimento agli uffici di diretta collaborazione (comunemente indicati anche come uffici di staff) si rileva che la previsione di una loro specifica disciplina normativa si colloca nel quadro del più complessivo procedimento di riforma del pubblico impiego e della dirigenza e della precisazione della separazione tra politica e amministrazione che ha caratterizzato la pubblica amministrazione italiana a partire dagli anni ’90 del secolo, prendendo le mosse dalla L. 142/1990, per arrivare – attraverso il D.Lgs. 29/1993 – al più compiuto assetto della materia ora confluito nel D.Lgs. 165/2001. Il principio di separazione tra politica e amministrazione viene poi declinato nel diverso principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall'altro, per le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica (art. 4, co. 4, D.Lgs. 165/2001).

La più precisa attribuzione agli organi di governo del compito di esercitare le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, nonché di verificare la rispondenza agli indirizzi impartiti dei risultati dell'attività amministrativa e della gestione (art. 4, co. 1, D.Lgs. 165/2001) ha infatti determinato un adeguamento del ruolo e della disciplina degli uffici destinati a svolgere attività di supporto agli organi di direzione politica. Più specificamente, l’art. 14 del D.Lgs. 165/2001 ha previsto che ai fini dell’esercizio delle proprie funzioni di indirizzo politico-amministrativo i ministri si avvalgano di uffici di diretta collaborazione, che hanno competenze esclusive di supporto e di raccordo con l'amministrazione. L’istituzione e la disciplina di detti uffici è affidata a regolamenti da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della L. 400/1988[135], dall’entrata in vigore dei quali sono state abrogate le norme del R.D.L. 1100/1924 e le altre disposizioni riguardanti la costituzione e la disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segretarie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.

Agli uffici di diretta collaborazione sono assegnati, nei limiti stabiliti dai menzionati regolamenti:

§         dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando[136];

§         collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;

§         esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

L’art. 14 prevede inoltre che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, sia determinato senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.

I regolamenti relativi agli uffici di diretta collaborazionedei vari Ministeri presentano una impostazione sostanzialmente similare (pur con le inevitabili differenze di dettaglio dovute anche alle diverse caratteristiche dei Ministeri). Essi dispongono relativamente all’articolazione degli uffici di diretta collaborazione, alle funzioni di tali uffici, ai responsabili e al personale di tali uffici (di cui viene fissato un contingente massimo), al trattamento economico di tale personale, alle modalità di gestione. Alcune specifiche disposizioni disciplinano il personale delle segreterie dei sottosegretari di Stato e dell’ufficio e delle segreterie dei vice Ministri (ove presenti). Generalmente si prevede un limite percentuale (rispetto al contingente complessivo di personale) entro cui è possibile avvalersi di collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per specifiche aree di attività e per particolari professionalità e specializzazioni, anche con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

Deve altresì segnalarsi che la disciplina degli uffici di diretta collaborazione è stata innovata con il D.L. 181/2006, convertito, con modificazioni, dalla L. 233/2006, che ha introdotto un periodo all’art. 14, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, il quale ha previsto che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. In base a tale disposizione, che sembra aver disposto una sorta di “spoils system” per il personale degli uffici di diretta collaborazione, nel caso di formazione di un nuovo Governo si avrebbe la cessazione di tutte le forme di utilizzazione del personale previste dall’art. 14, comma 2 disposte dal precedente Governo, ove non intervenga un provvedimento di espressa conferma da parte del nuovo Ministro.

Con più specifico riferimento alla disposizione in esame, è opportuno segnalare come la dottrina abbia evidenziato come la disciplina degli uffici di diretta collaborazione, dettata per i ministeri dall’art. 14 del D.Lgs. 165/2001, ha trovato applicazione, con modalità differenziate, anche con riferimento ad altre amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo (INPS, ISTAT etc.). Gli studi condotti in materia[137] hanno, in particolare, evidenziato come gli uffici di diretta collaborazione negli enti pubblici presentino significative differenze rispetto a quelli ministeriali, in quanto le strutture create negli enti pubblici – essendo poste al servizio di una struttura di vertice di natura non politica – si caratterizzano per una frequente commistione tra attività di supporto agli organi di vertice e attività di vera e propria gestione o, quantomeno, di collaborazione alla gestione “ordinaria”.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame reca la disciplina di una fase transitoria, volta a rendere effettivo con gradualità il divieto di istituzione degli uffici di diretta collaborazione introdotto dal comma 1. La disposizione prevede, in particolare, che alla scadenza dell’incarico attribuito:

§         i vertici degli uffici di diretta collaborazione già istituiti decadono;

§         il personale e i dirigenti delle pubbliche amministrazioni sono riassegnati all’amministrazione d’appartenenza secondo le procedure ordinarie.

Con riferimento alla formulazione letterale della disposizione, si osserva che essa sembra voler prevedere la prosecuzione degli incarichi già assegnati fino alla loro scadenza naturale. In questo quadro, tuttavia, non risulta di facile interpretazione il riferimento alla “decadenza” dei vertici degli uffici, dal momento che solitamente con tale espressione si fa riferimento a provvedimenti di revisione con efficacia ex nunc, che incidono su un rapporto di diritto pubblico in essere. Nella disposizione in esame, tuttavia, la decadenza dall’incarico sembrerebbe derivare comunque dalla scadenza dell’incarico stesso.

Non sembra peraltro prevista una specifica disciplina per i collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato e gli esperti e consulenti assunti con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.

 

 


 

Articolo 134
(Soppressione e razionalizzazione degli enti pubblici statali)

 

1. Al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementare l'efficienza e di migliorare la qualità dei servizi, con uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del Ministro per l'attuazione del programma di Governo, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro o i Ministri interessati, sentite le organizzazioni sindacali in relazione alla destinazione del personale, sono riordinati, trasformati o soppressi e messi in liquidazione, enti ed organismi pubblici statali, nonché strutture amministrative pubbliche statali, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) fusione di enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;

b) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato, ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi secondo le modalità previste dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404, e successive modificazioni, fermo restando quanto previsto dalla lettera e) del presente comma, nonché dall'articolo 9, comma 1-bis, lettera c), del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112;

c) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali;

d) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi e riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali almeno del 30 per cento, con salvezza della funzionalità dei predetti organi;

e) previsione che, per gli enti soppressi e messi in liquidazione, lo Stato risponde delle passività nei limiti dell'attivo della singola liquidazione in conformità alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa;

f) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato ai sensi della lettera b);

g) trasferimento, all'amministrazione che riveste preminente competenza nella materia, delle funzioni di enti, organismi e strutture soppressi.

2. Gli schemi dei regolamenti di cui al comma 1 sono trasmessi al Parlamento per l'acquisizione del parere della Commissione di cui all'articolo 14, comma 19, della legge 28 novembre 2005, n. 246. Il parere è espresso entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreto, salva la richiesta di proroga ai sensi del comma 23 del medesimo articolo 14. Trascorso tale termine, eventualmente prorogato, il parere si intende espresso favorevolmente.

3. Tutti gli enti, organismi e strutture compresi nell'elenco di cui all'allegato A, che non sono oggetto dei regolamenti di cui al comma 1, sono soppressi a far data dalla scadenza del termine di cui al medesimo comma 1. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con le procedure di cui ai commi 1 e 2, è stabilita l'attribuzione delle funzioni degli enti soppressi che debbono essere mantenute all'amministrazione che riveste primaria competenza nella materia, ed è disciplinata la destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi.

4. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sei mesi dalla data di scadenza dei termini per l'emanazione dei regolamenti ai sensi del comma 1, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati, è disciplinata la destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi ai sensi dello stesso comma 1.

5. Sugli schemi di decreto di cui al comma 4 è acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di trasmissione. Trascorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.

6. Tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali.

7. A decorrere dal 1o gennaio 2008, è abrogato l'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni, ad eccezione dei commi 7, 9, 10 e 11. Sono comunque fatti salvi i regolamenti emanati in applicazione del citato articolo 28.

8. A decorrere dalla data di cui al comma 7, dall'attuazione del presente articolo deve derivare il miglioramento dell'indebitamento netto di cui all'articolo 1, comma 483, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, tenuto conto anche degli effetti in termini di risparmio di spesa derivanti dai regolamenti emanati in applicazione dell'articolo 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. In caso di accertamento di minori economie, rispetto ai predetti obiettivi di miglioramento dell'indebitamento netto, si applica il comma 621, lettera a), dell'articolo 1 della citata legge n. 296 del 2006.

 

 

L’articolo 134 delinea una nuova procedura per addivenire alla soppressione o razionalizzazione degli enti pubblici statali volta, come i precedenti interventi in materia, a conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, a ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche e ad incrementare l’efficienza e migliorare la qualità dei servizi.

 

Il tema della razionalizzazione degli enti pubblici nazionali ha formato oggetto nel tempo di diversi interventi legislativi. La disposizione in esame ha un immediato precedente nell’art. 1, co. 482 e ss. della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), che a sua volta ha disposto in materia apportando diverse modificazioni alla disciplina previgente, recata dall’art. 28 della legge finanziaria 2002 (L. 448/2001).

 

Il comma 1 autorizza, per le finalità sopra indicate, l’emanazione uno o più regolamenti di delegificazione[138] ai quali è direttamente affidato il compito di procedere al riordino, alla trasformazione o alla soppressione e messa in liquidazione degli enti ed organismi pubblici statali, nonché di strutture amministrative pubbliche statali.

La norma in esame limita pertanto il proprio ambito oggettivo all’area statale, mentre la finanziaria 2007 si riferiva in maniera più ampia a “enti ed organismi pubblici”, nonché a “strutture amministrative pubbliche”.

 

Si ricorda, in relazione all’ambito oggettivo dell’intervento, che l’art. 117, co. 2°, lett. g), Cost. attribuisce allo Stato la potestà legislativa esclusiva con riguardo all’“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”.

 

Per l’adozione dei regolamenti, è previsto il termine di 180 giorni dall’entrata in vigore della legge.

I regolamenti in questione devono essere adottati – secondo un procedimento analogo a quello già dettato dall’art. 28 (e successive modificazioni) della legge finanziaria 2002 – su proposta del ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e del ministro per l’attuazione del programma di Governo, di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e con il ministro interessato, sentite le organizzazioni sindacali per quanto riguarda i riflessi sulla destinazione del personale.

Vengono quindi individuati i “princìpi e criteri direttivi” cui devono attenersi i regolamenti.

Si rileva che tale dizione è quella che l’art. 76 della Costituzione riferisce alle norme di delega per l’approvazione dei decreti legislativi, mentre l’art. 17, co. 2, della L. 400/1988 prevede che la norma di legge che autorizza l’intervento di un regolamento di delegificazione individui le “norme generali regolatrici della materia”.

I “principi e criteri direttivi” sono così indicati dal comma 1:

§       (lett. a)) fusione degli enti, organismi e strutture pubbliche comunque denominate che svolgono attività analoghe o complementari, con conseguente riduzione della spesa complessiva e corrispondente riduzione del contributo statale di funzionamento;

§       (lett. b)) trasformazione degli enti ed organismi pubblici che non svolgono funzioni e servizi di rilevante interesse pubblico in soggetti di diritto privato ovvero soppressione e messa in liquidazione degli stessi. Per la soppressione e messa in liquidazione si rinvia alle modalità previste dalla L. 1404/1956[139]. Resta fermo quanto previsto dalla successiva lett. e) (v. infra) in ordine alla responsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati, nonché dall’art. 9, co. 1-bis, lett. c), del D.L. 63/2002[140], a seguito del quale è stata approvata la convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e la Fintecna Spa per l’affidamento della gestione della liquidazione e del contenzioso degli enti soppressi[141];

§       (lett. c)) fusione, trasformazione o soppressione degli enti che svolgono attività in materie devolute alla competenza legislativa regionale ovvero attività relative a funzioni amministrative conferite alle regioni o agli enti locali;

§       (lett. d)) razionalizzazione degli organi di indirizzo amministrativo, di gestione e consultivi, nonché riduzione del numero dei componenti degli organi collegiali in misura non inferiore al 30 per cento ma compatibile con la funzionalità degli stessi;

§       (lett. e)) limitazione dellaresponsabilità finanziaria dello Stato per gli enti soppressi o liquidati all’attivo della singola liquidazione;

§       (lett. f)) abrogazione delle disposizioni legislative che prescrivono il finanziamento, diretto o indiretto, a carico del bilancio dello Stato o di altre amministrazioni pubbliche, degli enti ed organismi pubblici soppressi e posti in liquidazione o trasformati in soggetti di diritto privato;

§       (lett. g)) trasferimento delle funzioni degli enti soppressi all’amministrazione con “preminente competenza” nella materia.

 

Il comma 2 prevede che gli schemi di regolamento siano trasmessi al Parlamento perché sia acquisito il parere della Commissione bicamerale per la semplificazione della legislazione.

 

Tale Commissione è stata istituita dalla legge di semplificazione 2005 (L. 246/2005). È composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati nel rispetto della proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, su designazione dei gruppi medesimi.

La Commissione svolge un ruolo di tipo consultivo nel processo in corso di semplificazione legislativa, delineato dall’art. 14 della citata L. 246/2005.

 

Il parere deve essere reso dalla Commissione entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi – con possibilità di una proroga di venti giorni – decorsi i quali il parere si intende espresso favorevolmente.

La disposizione configura una non usuale fattispecie di silenzio-assenso di un organo parlamentare. Più frequente, nella legislazione vigente, appare la previsione che scaduto il termine per il parere l’atto possa essere adottato.

 

Il comma 3 pone una norma “di chiusura”, prevedendo che una serie di enti e organismi, elencati nell’allegato A al d.d.l. finanziaria, siano soppressi ex lege ove, alla scadenza del termine per l’adozione dei regolamenti, non risultino oggetto di alcun intervento di razionalizzazione. Le funzioni degli enti soppressi ex lege dovranno essere attribuite – con regolamenti di delegificazione adottati con le procedure sopra descritte – all’amministrazione con competenza “primaria” nella materia. Sempre con regolamento di delegificazione è previsto si disponga in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi.

La scelta operata del Governo è in questo caso di tipo “intermedio”: la scadenza infruttuosa del termine non determina né una soppressione generalizzata[142], né una situazione del tutto immodificata; importa la soppressione automatica dei (soli) enti individuati ed enumerati nella tabella A allegata al d.d.l. finanziaria, nulla disponendo con riguardo ai restanti enti e organismi.

Nel corso dell’esame al Senato, l’allegato A è stato modificato, escludendo dalla soppressione automatica cinque enti compresi in origine nell’allegato stesso.

 

Si tratta dei seguenti:

-          Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (Is.I.A.O.);

-          Lega navale italiana (L.N.I.);

-          Ente nazionale risi;

-          Fondazione Guglielmo Marconi;

-          Istituto Beata Lucia di Narni.

L’elenco così modificato contempla un totale di 12 enti.

 

L’Istituto italiano per l’Africa e l’Oriente (Is.I.A.O.) è stato istituito con legge 25 novembre 1995, n. 505, quale ente pubblico non economico, soggetto alla vigilanza del Ministero degli affari esteri, con le medesime finalità di studio e promozione culturale già assegnate all’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente e all’Istituto italo-africano, contestualmente soppressi.

La Lega navale italiana, istituita con R.D. n. 48 del 1907, è un ente pubblico preposto a servizi di pubblico interesse che opera sotto la vigilanza dei ministeri della Difesa e dei Trasporti e Navigazione e sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica.

L’ente nazionale risi, istituito con R.D.L. n. 1237 del 1931, è un ente pubblico economico sottoposto alla vigilanza del Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali; svolge un’attività diretta alla tutela del settore risicolo italiano.

La Fondazione Guglielmo Marconi, istituita con R.D. n. 354 del 1938, promuove la ricerca nel campo delle telecomunicazioni e intraprende iniziative rivolte alla conoscenza e alla diffusione dell’attività scientifica di Guglielmo Marconi.

L’Istituto Beata Lucia di Narni è un’istituzione pubblica che svolge attività di sostegno e accoglienza ai minori in stato di disagio sociale e alle donne a rischio di violenze.

 

Il comma 4 prevede che con D.P.C.M., entro sei mesi dalla scadenza del termine per l’adozione dei regolamenti di razionalizzazione, si debba provvedere in ordine alla destinazione delle risorse finanziarie, strumentali e di personale degli enti soppressi per intervento del Governo. Il comma 5 prevede che sugli schemi di D.P.C.M. di cui sopra sia acquisito il parere dei competenti organi parlamentari, da rendere entro trenta giorni dalla trasmissione dell’atto. Scaduto il termine, i decreti possono comunque essere adottati.

Si segnala che il testo in esame prevede due atti diversi in ordine alla destinazione delle risorse degli enti soppressi: regolamento di delegificazione, al comma 3; D.P.C.M., al comma 4.

 

Il comma 6 stabilisce che sono irrilevanti a fini fiscali tutti gli atti connessi alle “operazioni di trasformazione”.

 

Il comma 7 prevede la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2008, della previgente disciplina in tema di razionalizzazione degli enti pubblici, di cui all’art. 28 della legge finanziaria 2002 (v. sopra). Sono però fatti salvi i commi 7, 9, 10 e 11 e i regolamenti già emanati sulla scorta di quell’articolo.

 

Il comma 7 stabilisce che tutti gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali.

Il comma 9 stabilisce bilanci consuntivi delle Autorità indipendenti sono annualmente pubblicati in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze.

Il comma 10 stabilisce che l’esenzione fiscale degli atti di trasformazione si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle regioni e dalle province autonome.

Il comma 11 stabilisce che gli enti competenti, nell’esercizio delle funzioni e dei compiti in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere ed impianti, possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici.

 

Il comma 8 specifica che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, dall’attuazione delle disposizioni esaminate deve derivare un miglioramento dell’indebitamento netto, non inferiore a 310 milioni di euro per l’anno 2008 e a 415 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009. Nel caso di accertamento di minori economie, si prevede la riduzione delle dotazioni di bilancio relative ai trasferimenti agli enti pubblici, in maniera lineare, fino alla concorrenza degli importi sopra indicati, secondo quanto disposto dall’art. 1, co. 621, lett. a), della legge finanziaria 2007.


Articolo 137
(Riduzione dei componenti degli organi societari delle società in mano pubblica e pubblicità delle consulenze delle amministrazioni pubbliche statali)

 

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, commi 459, 460, 461, 462 e 463, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le amministrazioni pubbliche statali che detengono, direttamente o indirettamente, il controllo di società, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, promuovono entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nelle forme previste dalla vigente normativa, anche attraverso atti di indirizzo, iniziative volte a:

a) ridurre il numero dei componenti degli organi societari a tre, se composti attualmente da più di cinque membri, e a cinque, se composti attualmente da più di sette membri;

b) prevedere, per i consigli di amministrazione o di gestione costituiti da tre componenti, che al presidente siano attribuite, senza alcun compenso aggiuntivo, anche le funzioni di amministratore delegato;

c) sopprimere la carica di vice presidente eventualmente contemplata dagli statuti, ovvero prevedere che la carica stessa sia mantenuta esclusivamente quale modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di assenza o di impedimento, senza titolo a compensi aggiuntivi;

d) eliminare la previsione di gettoni di presenza per i componenti degli organi societari, ove esistenti, nonché limitare la costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta ai casi strettamente necessari.

2. Le modifiche statutarie hanno effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche stesse.

3. Nelle società di cui al comma 1 in cui le amministrazioni statali detengono il controllo indiretto, non è consentito nominare, nei consigli di amministrazione o di gestione, amministratori della società controllante, a meno che non siano attribuite ai medesimi deleghe gestionali a carattere permanente e continuativo ovvero che la nomina risponda all'esigenza di rendere disponibili alla società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante. Nei casi di cui al presente comma gli emolumenti rivenienti dalla partecipazione agli organi della società controllata sono comunque riversati alla società controllante.

4. Le società di cui al presente articolo adottano, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni dalla Consip s.p.a., motivando espressamente le ragioni dell'eventuale scostamento da tali parametri, con particolare riguardo ai casi in cui le società stesse siano soggette alla normativa comunitaria sugli appalti pubblici.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle società quotate in mercati regolamentati, nonché, relativamente al comma 1, lettera b), alle società di cui all'articolo 1, commi 459 e 461, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

6. Ai fini di quanto disciplinato dal presente articolo, alle società di cui all'articolo 1, comma 729, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, continuano ad applicarsi le disposizioni del predetto comma 729, nonché le altre ad esse relative contenute nella medesima legge n. 296 del 2006.

7. I contratti relativi a rapporti di consulenza con le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono efficaci a decorrere dalla data di pubblicazione del nominativo del consulente, dell'oggetto dell'incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale dell'amministrazione stipulante.

 

 

L’articolo 137, ai commi da 1 a 3,reca disposizioni volte a ridurre i componenti degli organi delle società in mano pubblica, le quali danno seguito – senza sostituirla - alla disciplina limitativa già introdotta in materia dalla legge finanziaria per 2007 (legge n.296/2006, commi 459-463), che viene infatti richiamata e fatta salva.

 

Si ricorda, in particolare,  che l’art. 1, comma 459, della legge finanziaria 2007 ha disposto la riduzione dei membri dei consigli di amministrazione di Sviluppo Italia S.p.A. e della Sogin S.p.A, prevedendo che i componenti dei suddetti consigli di amministrazione siano ridotti al numero di tre, nonché la cessazione dall’incarico dei consiglieri allora in carica  alla data dell’entrata in vigore della legge finanziaria medesima (1° gennaio 2007). Si è inoltre stabilito che il limite di tre membri del consiglio di amministrazione si applichi alle società controllaterisultanti dal piano di riordino e dismissione delle partecipazione societarie di Sviluppo Italia S.p.A. (ora denominata “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.”) previsto dal successivo comma 461.

Si rammenta, inoltre, che la legge finanziaria 2007, all’art.1, comma 729) ha introdotto anche norme limitative riferite alle società partecipate dagli enti locali (cfr. infra,  il commento del comma 6).

 

In particolare il comma 1, modificato dal Senato, chiama le amministrazioni pubbliche statali (e non più, come previsto dal testo originario, la generalità delle pubbliche amministrazioni[143]) a porre in essere iniziative atte a incidere sugli organi societari delle società da esse direttamente o indirettamente controllate.

Per la definizione di “controllo” il testo rinvia all’articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, in base al quale sono considerate società controllate: le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria e le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria. Si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta (cd. controllo “indiretto”).Il controllo indiretto, di cui al comma 2 dell’art. 2359 c.c.,  è basato sul principio della transitività, per il quale se una società controlla un’altra e questa a sua volta una terza, si deduce che la prima società controlli anche la terza.

Tali iniziative devono essere promosse entro 90 giorni dall’entrata in vigore del testo in esame, anche attraverso atti di indirizzo, e sono volte a:

 

a.    ridurre il numero dei componenti degli organi societari (a tre, se gli organi sono composti attualmente da più di cinque membri; a cinque, se se sono composti attualmente da più di sette membri)[144];

b.    prevedere che nei consigli amministrativi o di gestione formati da tre membri le funzioni di amministratore delegato siano attribuite al presidente, senza alcun compenso aggiuntivo per quest’ultimo;

c.    sopprimere del tutto la carica di vice presidente, ove prevista a livello statutario, ovvero specificare che questa permane solo come modalità di individuazione del sostituto del presidente in caso di sua assenza o impedimento, senza che essa dia titolo a compensi aggiuntivi;

d.    eliminare, ove prevista, la corresponsione di gettoni di presenza per i componenti gli organi societari;

e.    limitare ai “casi strettamente necessari” la costituzione di organismi con funzioni consultive o di proposta. 

 

Il comma 2 prevede che le modifiche statutarie, che saranno determinate dalle iniziative delle pubbliche amministrazioni, abbiano effetto a decorrere dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche stesse.

 

Il comma 3 reca una norma relativa alle sole società indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni statali, nelle quali è fatto divieto di nominare nei consigli d’amministrazione o gestione amministratori della società controllante.

A tale divieto si  può derogare in due casi:

 

§      se sono attribuite a tali soggetti deleghe gestionali a carattere permanente e continuativo;

§      se la nomina è tesa a mettere a disposizione della società controllata particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante.

 

Anche nei casi di operatività delle deroghe, gli emolumenti legati alla partecipazione agli organi della società controllata sono comunque “riversati alla società controllante”.

La norma sembra potersi intendere come volta ad escludere che le suddette nomine in deroga comportino emolumenti aggiuntivi per gli amministratori della società controllante, pur apparendo la formulazione sul punto non del tutto chiara, anche sotto il profilo del trattamento fiscale dei compensi eventualmente percepiti e “riversati” alla società controllante .

 

Ai sensi del comma 4 le società in mano pubblica, come individuate dal comma 1, sono invitate ad adottare, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni da Consip S.p.A.

Si tratta di una norma non cogente, in quanto dette società possono scostarsi dai parametri, pur dovendo fornire motivazione espressa delle ragioni dello scostamento. Tale onere di motivazione vale soprattutto, ma non esclusivamente, nei casi in cui le società siano soggette alla normativa comunitaria sugli appalti pubblici.

 

Si osserva che i parametri di qualità prezzo devono essere non identici, ma solo “rapportati” a quelli forniti dalla Consip: tale formulazione potrebbe rivelarsi di non agevole interpretazione. Inoltre, si impone alle società controllate dalla mano pubblica - soggetti formalmente privati[145] - un onere di motivazione relativo a transazioni commerciali, senza che siano espressamente indicate le conseguenze legate all’omessa motivazione.

 

Si ricorda che CONSIP s.p.a. è la società cui è stato conferito l'incarico di stipulare convenzioni e contratti quadro per l'acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato (D.M. 24 febbraio 2000). In base all’articolo 26, comma 3, della legge 488/1999 (legge finanziaria 2000) e successive modificazioni, le amministrazioni pubbliche possano ricorrere alle “convenzioni Consip”[146], ovvero ne utilizzano i parametri di prezzo-qualità, come limiti massimi, per l'acquisto di beni e servizi comparabili oggetto delle stesse, anche utilizzando procedure telematiche per l'acquisizione di beni e servizi.

 

Il comma 5 esenta dalla disciplina sopra illustrata le società quotate nei mercati regolamentati.

Inoltre, esenta dall’obbligo relativo alla coincidenza fra la carica di presidente del consiglio d’amministrazione e quella di amministratore delegato - di cui al precedente comma 1, lettera b) - le società Sviluppo Italia S.p.A. (ora “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa”) e Sogin S.p.A..

 

Si ricorda che la società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3, con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

I commi 460-464 della legge finanziaria per il 2007 hanno disposto il riassetto della società, che ha assunto la denominazione di “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa”.

Per quanto concerne la SOGIN, l’articolo 13, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, impegnava il gruppo ENEL a costituire una società per lo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustile e le attività connesse e conseguenti, anche in consorzio con altri enti pubblici o società. Il 31 maggio dello stesso anno ENEL Spa diede vita alla “Società gestione impianti nucleari” (SOGIN Spa).

La SOGIN era dotata di un capitale sociale iniziale di 200 milioni di lire Successivamente, il 3 novembre 2000, in forza di una convenzione, l’ENEL trasferiva l’intero pacchetto azionario SOGIN al Ministero del Tesoro, conformemente a quanto previsto dall’articolo 13, comma 4, del citato decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Il valore del ramo d’azienda relativo alle attività nucleari dell’ENEL veniva determinato in 30 miliardi di lire, e l’assemblea straordinaria di SOGIN deliberava un aumento di capitale di lire 30 miliardi da attuarsi mediante conferimento del ramo d'azienda.

Le risorse finanziarie impiegate da SOGIN per l'attuazione dei programmi di messa in sicurezza e smantellamento degli impianti derivano da due diversi contributi: a) il fondo trasferito a SOGIN dall’ENEL all’atto del conferimento delle attività nucleari; b) il finanziamento pubblico accordato dal governo sulla base delle determinazioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas a valere sulla componente A2 della tariffa elettrica (oneri nucleari). I programmi di attività di SOGIN sono sottoposti alla valutazione dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che ne controlla l’efficienza al fine del riconoscimento da parte dello Stato dei relativi oneri economici.

 

Il comma 6 stabilisce che alle società partecipate, anche in via indiretta, da enti locali, continuano ad applicarsi le norme limitative recate in materia dalla legge finanziaria 2007.

 

Si ricorda che commi 725-733 della legge finanziaria mirano al contenimento della spesa degli enti territoriali. In particolare, i commi 731 e 732 trattano degli emolumenti dei consiglieri circoscrizionali e della composizione dell’organo di revisione economico-finanziario, mentre gli altri commi limitano sia l’entità massima dei compensi spettanti agli amministratori di società partecipate da comuni o province sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione.

In particolare, il comma 729, richiamato dalla disposizione in esame, pone il limite numerico di tre componenti ai consigli di amministrazione delle società totalmente partecipate, anche in via indiretta, da enti locali. Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare è fissato con D.P.C.M. da adottare su proposta del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, di concerto con i ministri dell'interno e dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, si dispone che il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non sia superiore a cinque

Le disposizioni illustrate operano una deroga alla disciplina generale recata dal codice civile, secondo la quale spetta all’atto costitutivo o all’assemblea dei soci stabilire il numero degli amministratori delle società per azioni e determinare i relativi compensi (artt. 2328, 2380-bis e 2389 c.c.).

 

Il comma 7 dispone in ordine al diverso tema delle consulenze delle pubbliche amministrazioni.

Esso condiziona l’efficacia dei contratti di consulenza stipulati con le pubbliche amministrazioni (individuate mediante l’usuale rinvio all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001) alla pubblicazione del nominativo del consulente, dell’oggetto dell’incarico e del relativo compenso sul sito istituzionale della pubblica amministrazione stipulante.

 

Si ricorda che la materia degli incarichi di consulenza delle pubbliche amministrazioni è stata oggetto, nel corso degli ultimi anni, di una pluralità di interventi di contenimento.

L’articolo 1, comma 9, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005) ha stabilito, ad esempio, che, a decorrere dall’anno 2006, la spesa annua per studi ed incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni non può essere superiore al 40 per cento di quella sostenuta nell'anno 2004. Precedentemente, l’articolo 1, comma 11, della legge finanziaria 2005 (legge n. 311/2004) ha previsto che l'affidamento di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze a soggetti estranei all'amministrazione debba essere adeguatamente motivato e che è possibile soltanto nei casi previsti dalla legge ovvero nell'ipotesi di eventi straordinari. In ogni caso, l'atto di affidamento di incarichi e consulenze deve essere trasmesso alla Corte dei conti. L'affidamento di incarichi in assenza dei predetti presupposti costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

Si ricorda, inoltre, per quanto concerne l’affidamento di incarichi di consulenze, che ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001,  le amministrazioni pubbliche - a fronte di esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio - possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

L’art. 53 del citato D.Lgs. 165/2001 stabilisce inoltre che le pubbliche amministrazioni sono tenute a comunicare semestralmente al Dipartimento della funzione pubblica l'elenco dei collaboratori esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei compensi corrisposti .

L'altra norma di riferimento in materia - in relazione agli enti locali - è l'articolo 110, comma 6, del D.Lgs. n. 267/2000, in base al quale per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull'ordinamento degli uffici può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Accanto a tale norma di carattere generale, esistono poi altre disposizioni, di tipo speciale, che consentono agli enti locali di conferire incarichi (ad esempio l'articolo 17 della legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/1994, che prevede la possibilità, alle condizioni e con le modalità ivi stabilite, di conferire incarichi per la progettazione di opere pubbliche).

Le norme di carattere generale richiamate sono quelle che consentono, tra l’altro, il ricorso alle collaborazioni coordinate e continuative: da esse emerge infatti la possibilità di ricorrere a rapporti di collaborazione solo per prestazioni di elevata professionalità e di elevata autonomia nel loro svolgimento.

Sempre con riferimento specifico agli enti locali, l’articolo 1, comma 42 della legge finanziaria 2005 disciplina il conferimento di incarichi di studio e di consulenze da parte degli enti locali con popolazione superiore a 5.000 abitanti, introducendo una serie di aggravi procedurali, volti a rendere più complesso il procedimento di affidamento degli incarichi a soggetti estranei all'amministrazione locale (adeguata motivazione del conferimento dell’incarico, con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare i medesimi servizi, valutazione dell’organo di revisione economico-finanziaria dell’ente locale e trasmissione alla Corte dei conti dell’atto di affidamento).

 

 

 


Articolo 144
(Emolumenti, consulenze, responsabilità contabile, controllo della Corte dei conti)

 

1. Il comma 593 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è abrogato.

2. Il trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, ovvero sia titolare di incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio metropolitano, non può superare quello del primo presidente della Corte di cassazione. Il limite si applica anche ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, ai dirigenti. Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale indispensabile per competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza. Nessun atto comportante spesa ai sensi dei precedenti periodi può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione o del soggetto interessato, nonché comunicato al Governo e al Parlamento. In caso di violazione, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita. Le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni, fermo restando quanto disposto dal periodo precedente. Le amministrazioni, gli enti e le società di cui al primo e secondo periodo del presente comma per i quali il limite trova applicazione sono tenuti alla preventiva comunicazione dei relativi atti alla Corte dei conti. Per le amministrazioni dello Stato possono essere autorizzate deroghe con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o loro partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo dell'organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza. Ai fini dell'applicazione del presente comma sono computate in modo cumulativo le somme comunque erogate all'interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi da uno stesso organismo conferiti nel corso dell'anno. Alla Banca d'Italia e alle altre autorità indipendenti il presente comma si applica limitatamente alle previsioni di pubblicità e trasparenza per le retribuzioni e gli emolumenti comunque superiori al limite di cui al primo periodo del presente comma.

3. Per la Banca d'Italia e le altre autorità indipendenti la legge di riforma delle stesse autorità disciplina in via generale i modi di finanziamento, i controlli sulla spesa, nonché le retribuzioni e gli emolumenti, perseguendo gli obiettivi di riduzione di costi e contenimento di retribuzioni ed emolumenti di cui al comma 2.

4. Le disposizioni di cui al comma 2 non si applicano ai contratti di diritto privato in corso alla data del 28 settembre 2007. Se il superamento del limite di cui al comma 2 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura non privatistica, o da rapporti di lavoro di natura non privatistica con i soggetti di cui al primo e secondo periodo del comma 2, si procede alla decurtazione annuale del trattamento economico complessivo di una cifra pari al 25 per cento della parte eccedente il limite di cui al comma 2, primo periodo. La decurtazione annuale cessa al raggiungimento del limite medesimo. Alla medesima decurtazione si procede anche nel caso in cui il superamento del limite sia determinato dal cumulo con emolumenti derivanti dai contratti di cui al primo periodo. In caso di cumulo di più incarichi, cariche o mandati la decurtazione di cui al presente comma opera a partire dall'incarico, carica o mandato da ultimo conferito.

5. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano comunque alla stipula di tutti i nuovi contratti e al rinnovo per scadenza di tutti i contratti in essere che non possono in alcun caso essere prorogati oltre la scadenza prevista.

6. A tutte le situazioni e rapporti contemplati dai commi 4 e 5 si applicano senza eccezione le prescrizioni di pubblicità e trasparenza di cui al comma 2.

7. Tutte le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI radiotelevisione italiana Spa sono rese note alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

8. Il primo, secondo e terzo periodo dell'articolo 1, comma 466, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono soppressi. Alle fattispecie già disciplinate dai periodi soppressi si applicano i commi 2 e 3 del presente articolo.

9. Gli atti delle amministrazioni dello Stato, comportanti spese ai sensi del comma 2 del presente articolo, sono trasmessi alla Corte dei conti per il controllo di legittimità, ai sensi dell'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340.

10. Il presidente della sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato accerta, prima della registrazione o della ricusazione del visto, l'avvenuta pubblicazione dell'incarico sul sito web dell'amministrazione. Il visto è comunque ricusato nel caso di mancata pubblicazione.

11. Le disposizioni dei commi 9 e 10 costituiscono princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

12. All'articolo 1, comma 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, le parole da: «pubblicano» fino a: «erogato» sono sostituite dalle seguenti: «sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto».

13. L'affidamento da parte degli enti locali di incarichi di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all'amministrazione può avvenire solo nell'ambito di un programma approvato dal consiglio ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera b), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

14. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi dell'articolo 89 del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono fissati, in conformità a quanto stabilito dalle disposizioni vigenti, i limiti, i criteri e le modalità per l'affidamento di incarichi di collaborazione, di studio o di ricerca, ovvero di consulenze, a soggetti estranei all'amministrazione. Con il medesimo regolamento è fissato il limite massimo della spesa annua per gli incarichi e consulenze. L'affidamento di incarichi o consulenze effettuato in violazione delle disposizioni regolamentari emanate ai sensi del presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

15. Le disposizioni regolamentari di cui al comma 14 sono trasmesse, per estratto, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti che, entro trenta giorni dalla ricezione, esprime parere obbligatorio ma non vincolante sulla legittimità e compatibilità finanziaria delle stesse.

16. Dalla data di emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al quarto periodo del presente comma sono soppressi tutti i contratti di consulenza di durata continuativa riferibili al personale facente parte di speciali uffici o strutture, comunque denominati, istituiti presso le amministrazioni dello Stato, fatta eccezione per quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e delle attività culturali e storico-artistiche e alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Le relative funzioni sono demandate alle direzioni generali competenti per materia ovvero per vicinanza di materia. Il personale di ruolo dipendente dall'amministrazione statale è restituito a quella di appartenenza ovvero può essere inquadrato, con le procedure e le modalità previste dal citato decreto legislativo n. 165 del 2001, in uno degli uffici del Ministero presso cui presta servizio. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro il 30 giugno 2008, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono individuati, tra gli uffici e le strutture di cui al primo periodo, quelli per i quali sussistono contratti di consulenza e di durata continuativa indispensabili per assicurare il perseguimento delle finalità istituzionali.

17. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile. I contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008. In caso di violazione della presente disposizione, l'amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

18. L'articolo 7, comma 9, della legge 5 giugno 2003, n. 131, è abrogato. I componenti già nominati in attuazione della predetta disposizione alla data del 1o ottobre 2007 rimangono in carica fino alla fine del mandato. I componenti nominati successivamente cessano dalla carica alla data di entrata in vigore della presente legge, terminando dalla medesima data ogni corresponsione di emolumenti a qualsiasi titolo in precedenza percepiti.

19. Per il coordinamento delle nuove funzioni istituzionali conseguenti all'applicazione del presente articolo con quelle in atto già svolte, il Consiglio di presidenza della Corte dei conti adotta, su proposta del presidente della Corte, i regolamenti necessari per riorganizzare gli uffici ed i servizi dell'Istituto, ai sensi dell'articolo 4 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286. Il presidente della Corte, quale organo di governo dell'Istituto, formula le proposte regolamentari, sentito il segretario generale, nell'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-istituzionale ai sensi degli articoli 4, comma 1, e 15, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando i conseguenti provvedimenti applicativi.

20. A fini di razionalizzazione della spesa pubblica, di vigilanza sulle entrate e di potenziamento del controllo svolto dalla Corte dei conti, l'amministrazione che ritenga di non ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte a conclusione di controlli su gestioni di spesa o di entrata svolti a norma dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, adotta, entro trenta giorni dalla ricezione dei rilievi, un provvedimento motivato da comunicare alla Presidenza delle Camere, alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla Presidenza della Corte dei conti.

21. Al comma 4 dell'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, anche tenendo conto, ai fini di referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli organi, collegiali o monocratici, che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico».

22. All'articolo 1, comma 576, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «per gli anni 2007 e 2008» sono sostituite dalle seguenti: «per l'anno 2007»;

b) le parole: «nell'anno 2009» sono sostituite dalle seguenti: «nell'anno 2008».

Limiti massimi e pubblicità degli emolumenti a carico delle pubbliche finanze (commi 1-11)

L’articolo 144, interamente riformulato e ampliato nel corso dell’esame al Senato, reca ai commi da 1 a 11 disposizioni che limitano le erogazioni a carico della finanza pubblica volte a remunerare funzioni o attività svolte da persone fisiche nell’ambito di rapporti con pubbliche amministrazioni o altri organismi pubblici.

 

Il comma 1 sopprime il comma 593 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007[147], che contiene una analoga disciplina, volta al contenimento e alla trasparenza delle retribuzioni per i dirigenti “esterni” e i titolari di incarichi pubblici.

 

Il primo periodo del comma oggetto della soppressione impone un tetto massimo alle retribuzioni di varie categorie di titolari di incarichi pubblici, pari all’ammontare della retribuzione spettante al primo presidente della Corte di cassazione.

Il secondo periodo subordina la possibilità di dare attuazione a qualsiasi atto che “comporti spesa” ai sensi del precedente periodo all’adozione delle seguenti forme di pubblicità:

§         pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso;

§         comunicazione al Governo e al Parlamento.

La disposizione ha ad oggetto le retribuzioni:

§         dei dirigenti “esterni” delle pubbliche amministrazioni (come individuati dall’art. 19, co. 6, del D.Lgs. 165/2001);

§         dei consulenti;

§         dei membri di commissioni e di collegi;

§         dei titolari di “qualsivoglia incarico” corrisposto dallo Stato, da enti pubblici o da società a prevalente partecipazione pubblica non quotate in borsa.

Il terzo periodo del comma dispone che, in caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo siano tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

 

La formulazione del comma 2 dell’articolo in esame, e dei commi immediatamente successivi, suscita in alcune parti incertezze interpretative, delle quali si dirà nel corso dell’illustrazione.

Il comma 2 pone un tetto al “trattamento economico onnicomprensivo” di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con:

§         pubbliche amministrazioni statali di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001;

§         agenzie;

§         enti pubblici anche economici;

§         enti di ricerca;

§         università;

§         società a capitale totalmente o prevalentemente pubblico non quotate (nei mercati regolamentati) e società da queste controllate.

Il termine “statali” recato dal comma esclude dal novero dei destinatari alcune tra le amministrazioni pubbliche elencate dall’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, che pure il comma richiama espressamente.

 

Ai sensi dell’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, per amministrazioni pubbliche si intendono “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.

 

Risultano certamente escluse “le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni”[148]; sembrerebbe invece – ma il dettato normativo non appare del tutto chiaro – che la generale dizione “enti pubblici anche economici” includa quelli regionali e locali e che per “società […] a totale o prevalente partecipazione pubblica” si intendano anche quelle partecipate da Regioni ed enti locali.

Sono altresì escluse dalla disposizione la Banca d’Italia “e le altre autorità indipendenti[149]”: di esse tratta infatti l’ultimo periodo del comma 2, al solo fine di estendere a tali organismi gli obblighi di pubblicità (sui quali, v. infra) per gli emolumenti superiori al limite fissato (che pertanto non sono vietati), e il successivo comma 3, che rinvia a una futura organica legge di riforma la disciplina dei modi di finanziamento, dei controlli sulla spesa e delle retribuzioni, in conformità agli obiettivi di contenimento desumibili dal comma 2.

 

Il 5 marzo 2007 il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge che detta principi in materia di funzioni, organizzazione e attività delle Autorità indipendenti di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati. Il disegno di legge (A.S. 1366) è attualmente all’esame della 1ª Commissione (Affari costituzionali) in sede referente.

 

Il tetto imposto dal comma 2 si applica altresì (con formulazione in qualche caso ridondante rispetto a quanto già disposto in via generale):

§         agli emolumenti di quanti siano titolari di “incarichi o mandati di qualsiasi natura” conferiti (dalle pubbliche amministrazioni sopra elencate, parrebbe intendersi) nel territorio metropolitano (l’espressione sembra voler escludere gli incarichi conferiti all’estero nell’ambito ad es. delle rappresentanze diplomatiche e delle missioni militari);

§         ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

§         ai presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate (presumibilmente, a totale o prevalente partecipazione pubblica);

§         ai dirigenti (è da ritenere, delle pubbliche amministrazioni suelencate).

 

Un’esplicita esclusione è prevista per le attività di natura professionale e i contratti d’opera aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale ritenuta “indispensabile per competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza”. Nel silenzio della norma, la valutazione su tale carattere di indispensabilità sembrerebbe rimessa allo stesso ente o amministrazione che dispone l’erogazione. In nessun caso tali contratti possono essere stipulati con chi percepisca emolumenti o retribuzioni ad altro titolo (non è precisato se dalla stessa o anche da altra amministrazione pubblica).

 

Il trattamento economico onnicomprensivo massimo nei casi sin qui indicati non può superare quello del primo Presidente della Corte di cassazione.

 

Si ricorda che l’articolo 36 Cost. pone, tra i criteri cui commisurare la retribuzione del lavoratore, quello della proporzionalità rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato.

Nell’attuale assetto del pubblico impiego, la definizione della retribuzione dei pubblici dipendenti è demandata alla contrattazione collettiva, ad eccezione dei settori rimasti in regime di diritto pubblico[150].

 

La nozione di “trattamento economico onnicomprensivo”, che la disposizione in esame non definisce, appare tecnicamente generica.

 

Essa include presumibilmente (ma non esaustivamente):

§         la retribuzione da lavoro dipendente, nelle componenti del trattamento economico fondamentale (stipendio e indennità fisse) e dei trattamenti economici accessori (lavoro straordinario, indennità variabili, indennità di funzione e di risultato, ecc.) come usualmente definite dai contratti collettivi;

§         le indennità di funzione o compensi comunque denominati per lo svolgimento di funzioni pubbliche para-professionali (come quelle dei Capi di Gabinetto, dei membri di Consigli di amministrazione di enti e società pubbliche, etc.);

§         i compensi per consulenze, arbitrati, o altre prestazioni di lavoro autonomo.

 

Il penultimo periodo del comma precisa tuttavia che il termine “onnicomprensivo” implica il computo del cumulo degli emolumenti provenienti a vario titolo anche da diverse amministrazioni o organismi pubblici (compresi tra quelli destinatari della disposizione), nonché degli emolumenti provenienti da una stessa amministrazione o organismo anche se relativi a una pluralità di incarichi conferiti nel corso dell’anno.

Ciò premesso, va segnalato che il parametro di riferimento per il tetto retributivo, rappresentato a sua volta dal “trattamento economico onnicomprensivo” percepito dal primo presidente della Corte di cassazione, non appare definibile in modo certo e stabile – a differenza della “retribuzione” del primo presidente della Corte[151] – rientrando come si è detto in tale dizione anche emolumenti, eventuali e variabili, aggiuntivi alla retribuzione.

 

Il comma 2 in esame prevede, ancora, che gli atti “comportanti spesa ai sensi dei precedenti periodi” non possano avere attuazione, se non siano previamente:

§         resi noti – con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso – sul sito webdell’amministrazione o del soggetto interessato;

§         comunicati al Governo e al Parlamento.

Tale obbligo – alla luce della formulazione letterale del comma – sembra doversi applicare a tutti gli atti che incidano sul trattamento economico relativo a tutti i rapporti di lavoro dipendente o autonomo, nonché ad incarichi o mandati di qualsiasi natura. Non sembra potersi ritenere, infatti, che l’obbligo sussista per i soli atti di spesa che comportino il superamento del limite massimo, considerato che tali atti sono vietati in radice (salve le deroghe di cui si dirà).

 

Finalità della disposizione appare quella di assicurare la trasparenza e consentire forme di controllo diffuso sui più elevati livelli retributivi nel settore pubblico, nonché – presumibilmente – quella di rendere in concreto possibile il rispetto del limite massimo, ponendo ogni amministrazione nelle condizioni di conoscere l’ammontare complessivo degli emolumenti spettanti ad un medesimo soggetto anche in virtù di rapporti in atto con altre amministrazioni.

 

Se tale lettura fosse corretta, parrebbe opportuna una valutazione della sua congruità rispetto alla complessiva ratio della disciplina in esame e, in ogni caso, una verifica sull’impatto amministrativo della disposizione, presumibilmente elevato in termini sia di onere organizzativo e finanziario per la gestione e l’aggiornamento dei dati, sia di tempi di realizzazione del sistema.

 

La platea dei destinatari dell’obbligo di pubblicazione, infatti, includerebbe (e supererebbe) la totalità dei dipendenti statali; la pubblicazione e la comunicazione a Parlamento e Governo avrebbero inoltre ad oggetto ogni singola variazione del trattamento economico di ciascun soggetto.

 

Sembra inoltre opportuno un approfondimento sulla compatibilità con la disciplina a tutela della riservatezza dei dati personali di una disposizione che, come quella in esame, imporrebbe la diffusione di informazioni personali, nominativamente qualificate, concernenti una così ampia cerchia di cittadini.

 

In caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso in solido, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

Dal riferimento all’“ammontare eccedente” sembra doversi desumere che la misura illustrata sanzioni unicamente la violazione del divieto di cui al primo periodo del comma (corresponsione di compensi superiori al tetto ivi indicato), e non la violazione degli obblighi di pubblicazione e comunicazione.

 

Le disposizioni che fissano il tetto agli emolumenti non possono essere derogate se non per motivate esigenze di carattere eccezionale, e comunque per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Resta ferma la disciplina sanzionatoria delle violazioni di cui si è già detto.

Non appare di immediata evidenza la ragione sottesa alla scelta di ribadire la responsabilità per i casi di violazione.

I soggetti tenuti al rispetto del limite di spesa di cui al comma 1 devono comunicare preventivamente i “relativi atti” alla Corte dei conti.

I “relativi atti” sembrano essere quelli assunti in deroga al tetto retributivo, ancorché la formulazione sia sul punto non del tutto perspicua.

Una specifica disciplina è riservata alle amministrazioni dello Stato: per esse i tetti retributivi possono essere superati previa autorizzazione data con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione di concerto col Ministro dell’economia e delle finanze, nel limite massimo di 25 unità, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità.

Non è precisato se il limite numerico è riferito (come parrebbe) al complesso delle amministrazioni statali o a ciascuna di esse. Può inoltre risultare opportuno un coordinamento tra la disciplina delle deroghe per le amministrazioni dello Stato e quella, più generale, sopra illustrata (con particolare riguardo alla sussistenza di motivate esigenze di carattere eccezionale e al limite triennale).

 

Il nono periodo del comma in esame prevede il necessario collocamento in aspettativa senza assegni e con sospensione dell’iscrizione ai competenti istituti di previdenza e assistenza di coloro che, essendo legati da rapporto di lavoro con organismi pubblici anche economici ovvero con società a partecipazione pubblica o da queste partecipate, controllate o collegate, siano al tempo stesso componenti degli organi di governo e di controllo dei medesimi organismi o società.

 

Il comma 4 specifica i limiti entro i quali la disciplina di cui al comma 2, dianzi illustrata, è immediatamente operativa anche nei riguardi delle situazioni e dei rapporti in corso.

È in primo luogo esclusa l’applicazione del limite massimo ai contratti di diritto privato in corso alla data del 28 settembre 2007, data in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge finanziaria.

L’esclusione ha ad oggetto sia gli incarichi di funzione dirigenziale, al cui conferimento accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico (cfr. art. 19, co. 2, D.Lgs. 165/2001), sia gli incarichi definiti nell’ambito di un rapporto di lavoro autonomo o comunque su base contrattuale, sia, infine, la generalità dei rapporti di lavoro dipendente con le amministrazioni pubbliche: questi, ai sensi dell’art. 2, co. 2 e 3, del citato D.Lgs. 165/2001, sono infatti regolati contrattualmente ai sensi delle disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa.

Sono al contrario assoggettati al limite posto dal comma 2 gli “incarichi, mandati e cariche” e i rapporti di lavoro di natura non privatistica in corso al 28 settembre 2007. Tra questi ultimi rientrano i rapporti di lavoro del personale definito “in regime di diritto pubblico”, che l’art. 3 del D.Lgs. 165/2001 sottrae alla disciplina generale, e il cui stato giuridico ed economico resta disciplinato dai rispettivi ordinamenti.

 

Tra le categorie c.d. “non contrattualizzate”, il citato art. 3 annovera le seguenti:

§         magistrati ordinari, amministrativi e contabili;

§         avvocati e procuratori dello Stato;

§         personale militare;

§         Forze di polizia di Stato;

§         personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia;

§         vigili del fuoco;

§         docenti e ricercatori universitari.

 

Con riferimento a tali incarichi o rapporti, il superamento del limite di cui al comma 2 eventualmente riscontrato, comporta un “rientro” graduale, mediante una decurtazione annuale del 25 per cento della parte eccedente. Nel caso in cui l’eccedenza derivi dal cumulo di più incarichi, cariche o mandati la decurtazione opera a partire da quello conferito per ultimo.

 

Il comma 5 dispone che i limiti introdotti dal comma 2 si applichino comunque a tutti contratti di nuova stipulazione, nonché a quelli rinnovati per scadenza dopo la data del 28 settembre 2007, i quali non possono in alcun caso essere prorogati.

Restano pertanto virtualmente sottratti alla nuova disciplina i rapporti di lavoro a tempo indeterminato in essere alla medesima data.

Il comma 6 estende peraltro a tutti i rapporti in corso, a prescindere dall’applicabilità del tetto massimo, le prescrizioni di pubblicità e trasparenza di cui al comma 2. Il comma 7 aggiunge un ulteriore obbligo di comunicazione per le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI: tali emolumenti devono essere resi noti alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

 

Il comma 8 sopprime parte del comma 466 dell’art. 1 della legge finanziaria 2007, che dispone in materia di compensi per gli amministratori investiti di particolari cariche nelle società partecipate dal Ministero dell’economia o da queste controllate o a queste collegate.

 

La disposizione riguarda le società non quotate partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze e le rispettive società controllate e collegate.

Relativamente a tali società sono introdotti limiti per i compensi degli amministratori investiti di particolari cariche, prevedendosi in particolare che i compensi non possano superare l’importo di 500.000 euro annui. A tale importo può essere aggiunta una quota variabile, non superiore al 50 per cento della retribuzione fissa, che verrà corrisposta al raggiungimento di obiettivi annuali, oggettivi e specifici. Gli importi sono rivalutati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione al tasso di inflazione programmato. Per comprovate ed effettive esigenze il Ministro dell’economia e delle finanze può concedere autorizzazioni alla deroga.

Si stabilisce infine che, nella regolamentazione del rapporto di amministrazione, le società non potranno inserire clausole contrattuali che, al momento della cessazione dell’incarico, prevedano per gli amministratori investiti di particolari cariche benefìci economici in misura superiore ad una annualità dell’indennità loro spettante.

 

Della disciplina recata dal co. 466, in virtù delle soppressioni recate dal comma in esame, resta in vigore solo la limitazione dei benefici legati alla cessazione dell’incarico. Ciò in quanto le situazioni già disciplinate dalle norme soppresse vengono sottoposte alla regolazione di cui ai commi 2 e 3 (rectius: 2, 4, 5 e 6) dell’articolo in esame.

 

Il comma 9 prevede che gli atti che comportano una spesa ai sensi del precedente comma 2 siano sottoposti al controllo di legittimità della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 27 della L. 340/2000[152].

Non appare evidente la ragione del rinvio alla norma testé citata, che disciplina solo alcuni profili del procedimento di controllo della Corte dei conti; sembrerebbe più opportuno un coordinamento con l’art. 3 della L. 20/1994[153], che elenca (con carattere di tassatività) gli atti non aventi forza di legge sui quali si esercita il controllo preventivo di legittimità della Corte.

In base al successivo comma 10, ai fini della registrazione dell’atto la Corte dei conti verifica l’avvenuta pubblicazione dell’incarico sul sito web dell’amministrazione, in assenza della quale il visto va comunque ricusato.

Tali disposizioni sono qualificate dal comma 11 come princìpi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, vincolanti l’esercizio dell’attività legislativa delle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

La portata di tale principio non appare ben chiara, atteso che la disciplina vigente, a partire dal citato art. 3 della L. 20/1994, limita e concentra il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti sugli atti fondamentali del Governo, prevedendo che gli enti territoriali siano sottoposti a forme di controllo successivo di gestione (sul punto, vedi infra).

Per altro verso, dalla formulazione del comma sembra, benché indirettamente, desumersi che l’obbligo generalizzato di pubblicazione su sito web degli incarichi e delle relative retribuzioni, di cui al comma 2 dell’articolo, costituisca esso stesso un principio di coordinamento della finanza pubblica al quale le Regioni dovrebbero attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa.

Consulenze e altri incarichi esterni (commi 12-16)

Il comma 12, inserito nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificato dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento,reca una novella all’art. 1, co. 127 della L. 662/1996[154], in materia di pubblicità dei rapporti di collaborazione e di consulenza a titolo oneroso.

Nel testo vigente il comma 127 stabilisce che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso debbano pubblicare elenchi nei quali sono indicati i soggetti percettori, la ragione dell’incarico e l’ammontare erogato e debbano trasmettere semestralmente copia di detti elenchi al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri.

In base alla modifica testuale apportata dal comma in esame, le amministrazioni non devono limitarsi alla pubblicazione (in forma libera) degli elenchi, ma devono pubblicare sul loro sito web i provvedimenti con cui hanno affidato gli incarichi, con l’indicazione dei soggetti beneficiari dei pagamenti, degli importi erogati e della ragione dell’affidamento dell’incarico.

In caso di omessa pubblicazione, si prevede che la liquidazione del corrispettivo per la collaborazione o l’incarico costituisca illecito disciplinare e determini l’insorgere della responsabilità amministrativa del dirigente preposto per il danno cagionato.

Non viene innovata invece la disposizione relativa alla trasmissione degli elenchi al Dipartimento per la funzione pubblica.

Quanto alla portata applicativa della disposizione, si osserva che – poiché la novella interviene su una disposizione riferita in via generale alle “pubbliche amministrazioni” – potrebbero sorgere incertezze sull’esatta delimitazione dell’ambito dei destinatari.

Più in generale, si rileva che la norma in esame sembra presentare forti analogie e margini di sovrapponibilità con disposizioni introdotte negli ultimi annial fine di rafforzare la trasparenza circa gli incarichi di consulenza affidati dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, si segnala che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. 223/2006 (c.d. “decreto Bersani 1”)[155], l’art. 53 del D.Lgs. 165/2001 già prevede che le pubbliche amministrazioni[156] rendano noti, mediante inserimento nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti indicando l’oggetto, la durata e il compenso dell’incarico.

In questo quadro, potrebbe valutarsi l’opportunità di un miglior coordinamento tra le due disposizioni. La portata innovativa della disposizione in esame sembra infatti limitarsi all’introduzione dell’obbligo di pubblicare non solo i dati relativi alle consulenze, ma anche i provvedimenti con i quali sono conferiti gli incarichi, con l’indicazione anche delle ragioni dell’incarico stesso. Inoltre, mentre la disposizione dell’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001 fa riferimento ai soli consulenti, la disposizione oggetto della novella in esame si applicherebbe più genericamente anche a tutte le forme di collaborazione esterna.

 

Per completezza, si segnala inoltre che più stringenti vincoli di pubblicità sono previsti dall’art. 1, comma 593, della legge finanziaria per il 2007, che viene tuttavia abrogato dal co. 1 e sostituito dalla disciplina di cui ai commi 2-11 dell’articolo in esame (vedi supra).

 

I commi da 13 a 15 dell’articolo 144, introdotti nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificati dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento,recano norme volte a rafforzare i controlli sulle spese degli enti locali per incarichi di studio o di ricerca, ovvero per consulenze.

In particolare, il comma 13 stabilisce che i suddetti incarichi possano essere conferiti dall’ente locale solo nell’ambito di un programma approvato dal Consiglio dell’ente stesso.

 

La norma richiama espressamente i programmi approvati ai sensi dell’art. 42, co. 2, lett. b) del testo unico sugli enti locali (T.U.E.L.[157]). Tale disposizione riporta un elenco delle attribuzioni dei Consigli comunali e provinciali, nella quale la competenza dell’organo consiliare ècircoscritta agli atti fondamentali di natura programmatoria o aventi un elevato contenuto di indirizzo politico, mentre sono affidati alle Giunte comunali tutti gli atti rientranti nelle funzioni degli organi di governo. In particolare, la lettera b) richiamata dalla disposizione in esame prevede che spetti ai Consigli la competenza su atti di programmazione e su documenti di bilancio (“programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici, bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie”). Il comma 4 del medesimo art. 42 esclude che deliberazioni in ordine alle materia affidate alla competenza dei Consigli possano essere adottate in via d’urgenza da altri organi del comune o della provincia, salvo per quanto attinene alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta, che devono essere sottoposte a ratifica del Consiglio nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.

 

La ratio della disposizione è evidentemente quella di limitare la discrezionalità delle Giunte comunali e provinciali nelle scelte circa l’affidamento di incarichi esterni, rimettendo la decisione in ordine alla previsione degli incarichi stessi ad un programma di carattere generale deliberato dall’organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo dell’ente locale.

Il comma 14 demanda al regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali[158] la definizione, in conformità alla legislazione vigente in materia, dei limiti, dei criteri e delle modalità per il conferimento di incarichi esterni, nonché del limite massimo della relativa spesa annua.

La disposizione reca inoltre una specifica norma sanzionatoria, prevedendo che il conferimento di incarichi esterni in violazione delle norme del regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità per i danni cagionati alla pubblica amministrazione.

 

In generale, con riferimento alla disciplina degli incarichi di studio e ricerca, nonché delle consulenze, si segnala in primo luogo che – con una disposizione di carattere generale, che trova applicazione con riferimento a tutte le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 165/2001, e quindi anche agli enti locali – l’art. 7 del D.Lgs 165/2001, come modificato dal D.L. 223/2001[159] (c.d. “decreto Bersani 1), prevede (co. 6 e 6-bis) che le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa solo per esigenze cui non possano far fronte con personale in servizio e in favore di esperti di provata competenza. Gli incarichi devono essere, inoltre, attribuiti nel rispetto dei seguenti principi:

§         l’oggetto della prestazione deve rientrare nelle competenze dell’amministrazione conferente e deve corrispondere ad obiettivi e progetti specifici e determinati;

§         l’amministrazione deve in via preliminare accertare l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane a disposizione;

§         la prestazione deve avere natura temporanea e altamente qualificata;

§         devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.

La disposizione prevede altresì che tutte le amministrazioni pubbliche debbano disciplinare e rendere pubbliche procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione.

Con più specifico riferimento, agli enti locali il T.U.E.L.[160] prevede semplicemente che per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi possa prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità. Peraltro, il comma 6-ter del ricordato art. 7 del D.Lgs. 165/2001 – anch’esso introdotto dal c.d. “decreto Bersani 1” – precisa che i regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi debbano ispirarsi ai principi di carattere generale introdotti per tutte le pubbliche amministrazioni.

 

Il successivo comma 15 prevede che la sezione regionale della Corte dei Conti debba esprimere un parere obbligatorio e non vincolante sulla legittimità e sulla compatibilità finanziaria delle disposizioni del regolamento dei servizi e del personale adottate in materia di incarichi esterni in attuazione del comma 14.

A tal fine, la disposizione prevede che esse siano trasmesse per estratto alla Corte dei Conti, che si pronuncia entro 30 giorni dalla loro ricezione.

Con riferimento ai controlli introdotti dalla disposizione in esame, si segnala la necessità di un approfondimento circa il loro inquadramento nell’ambito dell’assetto delle competenze risultante dalla riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione.

 

Con riferimento alla materia dei controlli sugli atti degli enti locali, occorre infatti osservare in via preliminare che l’assetto di tali controlli ha subito profonde modifiche a seguito dell’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2001. Fino a tale riforma, infatti, la Costituzione[161] prevedeva che un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercitasse, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali. Era altresì previsto che in casi determinati dalla medesima legge potesse essere esercitato un controllo di merito, nella forma di richiesta motivata agli enti deliberanti di riesaminare la loro deliberazione.

La legislazione attuativa di tale disposizione costituzionale si è progressivamente evoluta nel senso di affievolire la funzione di controllo, con l’abolizione totale del controllo di merito e la riduzione degli atti sottoposti a controllo di legittimità preventivo. L’ art. 126 del T.U.E.L. prevedeva in questo quadro che il controllo preventivo di legittimità di cui all’art. 130 Cost. si esercitasse esclusivamente sugli statuti dell’ente, sui regolamenti di competenza del Consiglio, esclusi quelli attinenti all’autonomia organizzativa e contabile dello stesso Consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal Consiglio, sul rendiconto della gestione. L’art. 127 prevedeva inoltre forme di controllo eventuale, attivabili su richiesta di un quarto dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, per deliberazioni riguardanti:

§         appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;

§         dotazioni organiche e relative variazioni;

§         assunzioni del personale.

Il sistema delineato è tuttavia stato superato dal nuovo quadro costituzionale, che è unanimemente stato interpretato nel senso della soppressione dei controlli di legittimità di tipo preventivo e del venir meno dei compiti affidati in materia ai comitati regionali di controllo (Co.re.Co.). Come osservato anche dal Consiglio di Stato[162], infatti, deve ritenersi che “con l’abrogazione dell’art. 130 Cost., siano venuti meno, insieme alle norme che li disciplinavano, i controlli di legittimità sugli atti degli enti locali”.

In questo quadro, particolare rilievo assumono, quindi, i controlli – di diverso carattere – attribuiti dalla legislazione vigente alla Corte dei conti.

Tali forme di controllo sono comunemente ricostruite dalla dottrina in termini di controlli “ausiliari” ad altre attività, in quanto volti a consentire in particolare una maggiore efficacia del controllo politico effettuato dalle assemblee elettive, sia a livello centrale, che a livello degli enti territoriali. Con riferimento al rapporto con tali ultimi enti, la dottrina e la giurisprudenza hanno altresì evidenziato la natura “collaborativa” dei controlli svolti dalla Corte, sottolineando come essi siano tesi a stimolare autonome misure correttive da parte degli enti locali, delle quali la Corte stessa può valutare congruità ed efficacia.

Quanto ai controlli svolti dalla Corte dei conti con riferimento alle autonomie territoriali, assumono in primo luogo rilievo le disposizioni dell’art. 3, co. 4, 5 e 6 della L. 20/1994[163], con le quali è stato disciplinato il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, il controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali e dei loro enti strumentali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e i loro enti strumentali (e anche delle università e delle istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella Regione). Con particolare riferimento agli enti locali, la L. 20/1994 ha mantenuto in vigore i controlli già previsti dal D.L 786/1981[164], che prevedeva l’esame dei conti consuntivi delle province e dei comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti ai fini di riferire al riguardo al Parlamento.

In particolare l’art. 7 della L. 131/2003[165] (c.d. legge La Loggia), nel disciplinare forme di controllo successivo sugli enti locali, reca[166] un’articolata disciplina delle funzioni della Corte dei conti, a fini di coordinamento della finanza pubblica: in particolare, la Corte è tenuta a verificare il rispetto degli equilibri di bilancio da parte degli enti territoriali, nonché (tramite le sezioni regionali di controllo) il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nel rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni. Al fine di rafforzare la natura collaborativa dei controlli previsti, l’art. 7 prevede inoltre che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti riferiscano sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti controllati.

Comuni, Province e Città metropolitane possono richiedere, di norma attraverso il  Consiglio delle autonomie locali, ulterioriforme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa.

In questo quadro, nel quale il controllo della Corte dei Conti non ha ad oggetto singoli atti, bensì la gestione complessiva dell’ente locale, e non mira direttamente alla irrogazione di sanzioni, ma ad evitare il verificarsi o il ripetersi di irregolarità o disfunzioni, è successivamente intervenuto l’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006[167].

Tale disposizione ha introdotto una nuova forma di controllo della Corte dei Conti, imponendo la trasmissione alla Corte di apposite relazioni degli organi di revisione degli enti locali sul bilancio di previsione dell’esercizio di competenza e sul rendiconto di esercizio ai fini di un monitoraggio finalizzato in particolare a prevenire squilibri di bilancio. A tal fine, si prevede che la Corte dei conti definisce unitariamente criteri e linee guida cui debbono attenersi gli organi degli enti locali di revisione economico-finanziaria nella predisposizione della relazione d trasmettere. Qualora le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti accertino comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità  interno, adottano una specifica pronuncia al riguardo, vigilando sull’adozione da parte dell’ente locale delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di mancato rispetto delle regole del patto di stabilità interno

Con riferimento alla compatibilità con il quadro costituzionale delineatosi a seguito della modifica del titolo V della Costituzione di disposizioni statali che introducono forme di controllo contabile sugli enti locali, si segnala che recentemente, con la sent. 179/2007, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento all’art. 1, commi 166-169, della legge finanziaria per il 2006. Al riguardo, la Consulta ha avuto modo di evidenziare come dette norme “introducono un nuovo tipo di controllo affidato alla Corte dei conti, dichiaratamente finalizzato ad assicurare, in vista della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost.”.

In questo contesto, la Corte ha sottolineato la natura collaborativa del controllo disciplinato dalle norme della finanziaria per il 2006, che si limita alla segnalazione all’ente controllato delle rilevate disfunzioni e rimette all’ente stesso l’adozione delle misure necessarie. C’è, dunque – secondo la Corte – una netta separazione tra la funzione di controllo della Corte dei conti e l’attività amministrativa degli enti, che sono sottoposti al controllo stesso, né la Corte ritiene possa dirsi che la vigilanza sull’adozione delle misure necessarie da parte degli enti interessati implichi un’invasione delle competenze amministrative di questi ultimi, poiché l’attività di vigilanza, limitatamente ai fini suddetti, è indispensabile per l’effettività del controllo stesso.

Pertanto, la Consulta ritiene che, alla luce del fatto che il controllo sulla gestione finanziaria è complementare rispetto al controllo sulla gestione amministrativa, ed è utile per soddisfare l’esigenza degli equilibri di bilancio, la previsione da parte di una legge dello Stato del controllo in esame rientri nella competenza propria di quest’ultimo di dettare principi nella materia concorrente della “armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica” (art. 117, terzo comma, Cost.).

Al riguardo, si ricorda altresì che con la sentenza n. 417 del 2005, la Corte Costituzionale aveva, tra l’altro, dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale di una disposizione[168] la quale prevedeva che gli organismi degli enti locali competenti in materia di controlli di gestione dovessero fornire le proprie conclusioni, oltre che agli amministratori ed ai responsabili dei servizi, anche alla Corte dei conti.

In quella sede la Corte evidenziò come tale obbligo non fosse di per sé idoneo a pregiudicare l'autonomia delle regioni e degli enti locali, in quanto esso doveva considerarsi «espressione di un coordinamento meramente informativo»

Richiamando la propria precedente giurisprudenza in materia, la Corte riconduce inoltre la disposizione alla competenza statale in materia di princípi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, con funzione regolatrice della finanza pubblica allargata, allo scopo di assicurare il rispetto del patto di stabilità. La finalità dell'azione di coordinamento finanziario comporta infatti che a livello centrale si possano collocare non solo la determinazione delle norme fondamentali che reggono la materia, ma altresì la determinazione di norme puntuali, quali quelle relative alla disciplina degli obblighi di invio di informazioni sulla situazione finanziaria dalle regioni e dagli enti locali alla Corte dei conti. La fissazione di dette norme da parte del legislatore statale è diretta, infatti, a realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario – che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali - e, proprio perché viene «incontro alle esigenze di contenimento della spesa pubblica e di rispetto del patto di stabilità interno», è idonea a realizzare l'ulteriore finalità del buon andamento delle pubbliche amministrazioni.

 

 

Il comma 16, introdotto nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e non modificato dall’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento, prevede la “soppressione” dei contratti di consulenza di durata continuativa stipulati con personale facente parte di “speciali uffici o strutture”, comunque denominati, istituiti presso amministrazioni statali.

Sono espressamente esentati da tale soppressione i contratti di consulenza stipulati dalle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio culturale e storico artistico e dell’attività culturale, alla tutela della salute e alla pubblica incolumità.

Sembrerebbe inoltre che la disposizione intenda esentare dalla soppressione anche i contratti di “consulenza e di durata continuativa” individuati come indispensabili per il perseguimento delle finalità istituzionali di uffici e strutture delle amministrazioni statali. L’individuazione è effettuata con D.P.C.M. da emanare entro il 30 giugno 2008, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti.

A seguito della cessazione delle consulenze, le relative funzioni sono demandate alle “direzioni generali” che abbiano competenza nella stessa materia o in materie affini. Il personale di ruolo delle amministrazioni statali è restituito all’amministrazione di appartenenza ovvero può essere inquadrato – nel rispetto delle procedure previste per i passaggi fra amministrazioni diverse – in uno degli uffici del Ministero presso il quale presta servizio.

Al riguardo, si segnala che la formulazione letterale della disposizione in esame non pare consentire una chiara ricostruzione della sua portata applicativa. In particolare, si osserva che:

§         non appare univocamente interpretabile la fattispecie dei “contratti di consulenza di durata continuativa” (che, peraltro, nel quarto periodo della disposizione viene individuata con l’endiadi “contratti di consulenza e di durata continuativa”). A tale riguardo, sembrerebbe possibile intendere che la disposizione voglia escludere dal proprio ambito applicativo incarichi di studio e ricerca, rivolgendosi alla disciplina di attività di consulenza che determinino forme di collaborazione stabili nel tempo. Non risulta tuttavia evidente se tale stabilità di collaborazione debba trovare un preciso riscontro nelle forme contrattuali che regolano il rapporto, in particolare attraverso la costituzione di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa; non è inoltre chiaro come si concili la presenza di un contratto di consulenza con la prestazione continuativa di servizio da parte del personale proveniente da altre amministrazioni statali richiamato dal terzo periodo del comma 16. Tale personale, infatti, sembrerebbe dover prestare servizio presso amministrazione diversa da quella di appartenenza in forza di collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo;

§         non risulta con chiarezza né quali siano le modalità con cui i consulenti “facciano parte” di uffici e strutture delle amministrazioni dello Stato né quali siano le modalità per identificare gli uffici e le strutture interessati dalla disposizione;

§         con riferimento al trasferimento di funzioni conseguente alla “soppressione” delle consulenze, si osserva che la disposizione prevede che le funzioni siano demandate alle “direzioni generali” competenti nelle medesime materie o in materie affini. Al riguardo, sembrerebbe che la norma intenda fare riferimento alle “direzioni generali” previste dall’ordinamento dei ministeri di cui al D.Lgs. 300/1999[169]. Si segnala peraltro che, ai sensi dell’art. 3, co. 1, di tale decreto legislativo le strutture di primo livello dei ministeri sono costituite alternativamente da dipartimenti o direzioni generali. In considerazione della previsione del trasferimento delle funzioni non risulta inoltre chiaro se – oltre alle consulenze – debbano essere soppressi anche gli uffici o le strutture nell’ambito dei quali esse erano prestate.

Sempre ai fini della miglior formulazione della disposizione, si segnala che i contratti di consulenza individuati con D.P.C.M. come indispensabili ai sensi del quarto periodo del comma 16 non sono espressamente fatti salvi dalla generale “soppressione” prevista dal primo periodo del medesimo comma, che si riferisce testualmente a “tutti i contratti di consulenza di durata continuativa”, ad eccezione di quelli riferiti a strutture preposte alla tutela di specifici interessi.

Assicurazione di pubblici amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali (comma 17)

Il comma 17, inserito nel corso dell’esame da parte della 5a Commissione del Senato e modificato da parte dell’Assemblea dell’altro ramo del Parlamento, prevede la nullità dei contratti di assicurazione stipulati da parte di enti pubblici in favore dei rispettivi amministratori al fine di tenerli indenni dai rischi derivanti dall’espletamento dei compiti connessi con la carica da loro ricoperta e riferibili alla responsabilità per danni causati allo Stato o a ad altri enti pubblici (c.d. responsabilità amministrativa) e alla responsabilità contabile.

La norma non incide peraltro sulla possibilità per i soggetti interessati di stipulare a proprio carico un’assicurazione per tali rischi.

 

Per quanto riguarda i collegamenti con lavori legislativi in corso, si segnala che il 17 maggio 2007 la I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei deputati ha avviato l’esame in di quattro proposte di legge in materia di contenimento dei costi della politica, nel cui ambito ha avviato una indagine conoscitiva attualmente in corso. In proposito si segnalano, tra le proposte in esame, l’A.C. 1942 e l’A.C. 2250, i quali – rispettivamente all’art. 3 e all’art. 2 – recano norme sostanzialmente identiche a quelle introdotte dal primo periodo del comma 17.

 

La responsabilità amministrativa tutela le pubbliche amministrazioni, anche ad ordinamento autonomo, nei confronti dei danni ad esse arrecati dal funzionario o dall’impiegato all’interno del rapporto d’ufficio, obbligando il responsabile a risarcire il danno causato della sua condotta. A tale riguardo l’art. 82, primo comma, della legge di contabilità dello Stato del 1923[170] prevede che “l’impiegato che per azione od omissione, anche solo colposa, nell’esercizio delle sue funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo”. Analogamente, ai sensi dell’art. 18 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato[171] “l’impiegato delle amministrazioni dello Stato anche ad ordinamento autonomo, è tenuto a risarcire alle amministrazioni stesse i danni derivanti da violazioni di obblighi di servizio”, salvi i casi in cui abbia agito per un ordine che era obbligato ad eseguire. In tal caso, è tuttavia responsabile il superiore che ha impartito l’ordine.

La giurisdizione in materia è storicamente attribuita alla Corte dei conti[172], che nella sua giurisprudenza ha delineato i confini di tale forma di responsabilità, cui si attribuisce comunemente natura contrattuale[173].

Quanto all’ambito soggettivo di applicazione, la Corte ha evidenziato che la responsabilità si estende a tutti gli amministratori, dipendenti pubblici e soggetti che siano legati alla pubblica amministrazione da un rapporto d’impiego o di ufficio: non sono quindi responsabili i soli impiegati pubblici, ma anche i titolari di incarichi elettivi (quali i Ministri) o onorari, e i c.d. funzionari di fatto, cioè quanti di fatto si trovino a svolgere funzioni pubbliche.

La giurisprudenza della Corte dei conti, confortata dalla Corte di cassazione, ha ritenuto sottoposti alla propria giurisdizione anche soggetti estranei alla pubblica amministrazione, ma inseriti in modo stabile nel relativo apparato organizzativo, come per esempio i direttori dei lavori. La Corte di Cassazione ha inoltre riconosciuto la giurisdizione della Corte dei conti anche nei confronti degli amministratori degli enti pubblici economici[174] e delle s.p.a. partecipate in modo totalitario o prevalente da pubblici poteri[175].

Per quanto concerne i presupposti della responsabilità amministrativa, affinché un soggetto possa essere chiamato a rispondere in tale sede occorre che lo stesso, con una condotta dolosa o gravemente colposa[176] collegata o inerente al rapporto esistente con l’amministrazione, abbia causato un danno pubblico risarcibile che si ponga come conseguenza diretta e immediata di detta condotta. Ai sensi del co. 4 dell’art. 1 della L. 20/1994, sussiste responsabilità amministrativa anche nei casi in cui il danno sia cagionato ad enti o amministrazioni diverse da quella di appartenenza.

La responsabilità è personale e non si trasferisce agli eredi se non in casi eccezionali (dolo ed arricchimento illecito e conseguente indebito arricchimento degli eredi stessi)[177].

Il danno pubblico risarcibile è un danno patrimoniale, nel senso che presuppone un pregiudizio economico inteso come perdita, distruzione, sottrazione di beni o valori della p.a., ovvero come mancato guadagno. Il concetto di danno, inoltre, va rapportato al concetto di bene pubblico tutelato. Anche il pregiudizio di un bene immateriale (ad esempio l’immagine e il prestigio dell’amministrazione) è considerato un danno risarcibile in quanto pur non comportando una diminuzione patrimoniale diretta, è tuttavia suscettibile di una valutazione patrimoniale[178]. Secondo le regole generali, per essere risarcibile il danno deve essere certo, attuale ed effettivo.

Sin dall’art. 20 della L. 1483/1853 si prevedeva il potere della Corte dei Conti di ridurre il danno che i pubblici ufficiali stipendiati erano tenuti a risarcire (c.d. potere riduttivo). La legge di contabilità di Stato del 1923 stabiliva, in proposito, che la Corte dei conti “valutate le singole responsabilità può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto” (art. 83, primo comma). L’art. 1 della L. 20/1994 ha poi precisato che, fermo restando il potere di riduzione, nel quantificare il danno il giudice deve, comunque, tenere conto dei vantaggi conseguiti dalla collettività amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dipendenti sottoposti al giudizio di responsabilità (in altri termini, se dalla condotta illecita del funzionario è derivata anche un’utilità, di ciò bisogna tener conto per determinare l’ammontare del danno).

 

Per quanto riguarda, invece, la responsabilità contabile, essa investe tutti gli agenti contabili, vale a dire tutti gli agenti della riscossione, i tesorieri, i consegnatari e quanti in via di fatto o di diritto si trovino ad avere la disponibilità materiale di denaro, beni o altri valori pubblici[179] e non adempiano all’obbligo di custodia e restituzione che a loro incombe. La responsabilità si realizza nel caso di qualunque irregolarità commessa nella riscossione o nei pagamenti o nella conservazione del denaro e dei valori pubblici.

Sotto il profilo procedurale, il giudizio volto ad accertare la sussistenza di una responsabilità contabile (c.d. giudizio di conto) presenta notevoli differenze rispetto al giudizio in materia di responsabilità amministrativa: il giudizio di conto si instaura, infatti, automaticamente al momento della presentazione del rendiconto giudiziale, cui gli agenti contabili sono periodicamente tenuti. A seguito della presentazione dei rendiconto il Presidente della Sezione giurisdizionale competente assegna il conto ad un magistrato relatore, che verifica la regolarità del conto e della gestione. Al termine della fase di verifica il relatore deposita una relazione nella quale, ove non rilevi anomalie, richiede il discarico dell’agente che ha presentato il conto. Se anche il Procuratore regionale conclude per il discarico, il conto viene approvato con decreto del Presidente della Sezione, in caso contrario si apre una fase contenziosa. Il giudizio si conclude con una pronuncia della Sezione che può essere di discarico o di condanna del contabile.

 

Quanto alla possibilità per una pubblica amministrazione di stipulare polizze assicurative a favore dei propri amministratori o dipendenti per rischi derivanti dai compiti di istituto, essa è prevista in via generale per gli amministratori degli enti locali.

L’art. 86, comma 5, del testo unico sugli enti locali (D.Lgs. 267/2000), riprendendo una disposizione già contenuta nell’art. 23 della L. 816/1985, stabilisce che “i comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato”. Tale normativa si applica espressamente ai soli amministratori di enti locali come definiti dall’art. 77 del testo unico (su cui v. infra) e non è stata pertanto ritenuta applicabile a soggetti che nel vigore delle precedenti disposizioni in materia ne beneficiavano (in particolare i rappresentanti nominati dagli enti locali in organi di amministrazione di soggetti esterni all’ente di appartenenza). Analogamente, si ritiene che non rientrino nell’ambito applicativo della disposizione i componenti esterni di commissioni che operino all’interno dell’ente.

Quanto alla possibilità di prevedere forme di copertura assicurativa a favore di amministratori o dipendenti pubblici, con oneri a carico delle Amministrazioni di appartenenza, estese non solo ai casi di responsabilità civile nei confronti di terzi, bensì anche al rischio costituito da eventuali condanne da parte della Corte dei conti, si tratta di questione che è stata oggetto nel tempo di grande attenzione da parte della magistratura contabile.

A tale riguardo, deve in primo luogo richiamarsi la Deliberazione n. 1/2005/P resa dalla Corte dei conti, Sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, nell’adunanza congiunta del I e II Collegio del 13 gennaio 2005. La deliberazione si riferiva, in particolare, ad un contratto, stipulato con una compagnia assicurativa, per la copertura di talune ipotesi di responsabilità del personale della Polizia di Stato. In tale contratto si faceva, in particolare, riferimento, oltre alla copertura della “responsabilità civile ed amministrativa per gli eventi dannosi non dolosi causati a terzi dal personale delle Forze di Polizia nello svolgimento della propria attività istituzionale” (prevista dall’art. 16, comma 4, della L. 448/2001), anche alle ipotesi di responsabilità civile ed amministrativa per danni cagionati “allo Stato ed alla Pubblica Amministrazione in genere, compreso l’Ente di appartenenza” nonché di responsabilità “contabile” per danni cagionati “alla Pubblica Amministrazione, all’Ente di appartenenza e/o all’Erario”.

La Corte richiama a tale proposito i propri costanti orientamenti in materia, evidenziando come “un ente pubblico può assicurare esclusivamente rischi che rientrino nella sfera della propria responsabilità patrimoniale e che si vogliono trasferire all’assicuratore, con la conseguenza che è illegittima, e comporta responsabilità di chi l’ha deliberata, la stipula di una polizza per coprire gli amministratori dai rischi conseguenti ad una eventuale responsabilità amministrativa” (Corte dei Conti, sez. Lazio, 12 febbraio 1997, n. 12)[180]. Analogamente aveva osservato che “Del tutto al di fuori del sistema appare l’assunzione da parte dell’ente pubblico dell’onere della tutela assicurativa dei propri amministratori o dipendenti con riferimento alla responsabilità amministrativa per danno erariale, per la sua contrarietà al principio di cui all’art. 28 della Costituzione, tenendosi anche conto della peculiare natura di tale forma di responsabilità in relazione alla sua funzione di deterrenza, che ne costituisce contenuto essenziale accanto a quello risarcitorio; funzione che non può essere annullata o ridotta utilizzandosi risorse pubbliche, la cui destinazione a tale scopo non può che essere ritenuta illecita e produttiva di danno per l’erario, giacché si opera traslazione del rischio dal soggetto imputabile al soggetto creditore” (Corte dei Conti, sez. Lombardia, 8 novembre 2001, n. 12509).

Con particolare riferimento, poi, all’assicurazione per la responsabilità contabile la Corte dei conti evidenzia che “non è dato rilevare un qualsivoglia interesse dell’Amministrazione che possa giustificare l’assunzione della copertura assicurativa da parte della stessa in presenza di inadempienze di detti agenti contabili. In dette ipotesi, in realtà, sotto un profilo civilistico, si può affermare che il contratto risulta privo di causa non ravvisandosi uno scopo giuridicamente tutelabile nell’assumere l’Amministrazione il pagamento di un premio assicurativo per tenere indenni coloro che dovrebbero risarcire un danno proprio alla stessa Amministrazione”.

 

Esistono comunque disposizioni legislative a livello regionale che prevedono la stipula di polizze assicurative riferite anche a fattispecie di responsabilità amministrativa e contabile[181].

In particolare, l’art. 1 della L.R. Emilia-Romagna 24/1997[182] stabilisce che la Regione provveda alla copertura assicurativa cumulativa dei componenti del Consiglio regionale in carica con riferimento, tra l’altro, ai rischi derivanti dall’espletamento di compiti istituzionali connessi con la carica ricoperta e riguardanti la responsabilità patrimoniale, amministrativa e giudiziaria, comprese la responsabilità per danni cagionati allo Stato, alla pubblica Amministrazione ed alla Regione e la responsabilità contabile. La copertura per tali rischi e responsabilità deve estendersi anche alle contestazioni, agli addebiti e alle richieste avanzate nei confronti dei consiglieri e degli assessori dopo la loro cessazione dalla carica, purché riferiti ad atti o fatti avvenuti nel periodo della loro carica. I consiglieri regionali concorrono alla spesa nella misura del cinquanta per cento del premio, o della quota del premio riferibile a tali rischi e responsabilità.

Analoghe provvidenze, sempre con riferimento ai Consiglieri regionali, sono previste dalla L.R. Lazio 48/1998[183].

 

Con riferimento alla formulazione testuale dal primo periodo della disposizione in esame si evidenzia l’opportunità di chiarire in modo univoco l’ambito applicativo delle norme, precisando in particolare la portata del riferimento agli “amministratori” di enti pubblici e se esso debba intendersi riferito ai soli titolari di incarichi elettivi o di governo o anche ai dirigenti degli enti stessi.

 

Si segnala infatti che non esiste nel nostro ordinamento una nozione generalmente accolta di amministratore pubblico. Una definizione, peraltro direttamente applicabile al solo Capo IV del T.U.E.L., è invece prevista per gli amministratori degli enti locali dall’art. 77 del D.Lgs. 267/2000. In quel contesto sono definiti amministratori “i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento”.

 

Il secondo periodo del comma 17, inserito nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea del Senato, reca invece una disciplina transitoria riferita ai contratti di assicurazione in corso alla data di entrata in vigore della disposizione stessa, prevedendo che la loro efficacia cessa il 30 giugno 2008, e una norma sanzionatoria per il caso di stipula di contratti di assicurazione in violazione della disposizione in esame. A tale riguardo, si prevede che gli amministratori che pongano in essere nuovi contratti o proroghino quelli attualmente in essere ed i beneficiari della copertura assicurata dai contratti stessi siano tenuti a risarcire – a titolo di responsabilità amministrativa – una somma pari a 10 volte l’ammontare dei premi complessivamente previsti dal contratto nullo.

Misure concernenti l’organizzazione e le funzioni della Corte dei conti (commi 18-21)

Il comma 18 abroga il comma 9 dell’articolo 7 della L. 131/2003 (la cosiddetta “Legge La Loggia”[184] eliminando la facoltà per le regioni, ivi prevista,di procedere all’integrazione della composizione delle sezioni regionali della Corte dei conti attraverso la nomina di due componenti.

La soppressione di tale disposizione comporta anche il venir meno della possibilità per le sezioni regionali di controllo di avvalersi di personale della Regione con oneri a carico dell’amministrazione di appartenenza, previsto nella fase di prima applicazione della L. 131/2003.

Il comma disciplina, inoltre, le modifiche alla situazione giuridica dei consiglieri attualmente in carica in conseguenza della soppressione della norma, distinguendo tra coloro che risultano essere stati nominati alla data del 1° ottobre 2007 e quelli nominati successivamente. I primi rimangono in carica fino alla fine del loro mandato, mentre i secondi decadono – dalla data di entrata in vigore del testo in esame – e non hanno più diritto alla corresponsione degli emolumenti in precedenza percepiti “a qualsiasi titolo”.

 

Si ricorda che la soppressione dell’integrazione delle sezioni regionali della Corte dei conti è prevista dall’articolo 10 dell’A.C. 1942 e l’articolo 8 dell’A.C. 2250, aventi per oggetto il contenimento dei costi della politica, attualmente all’esame della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera.

Secondo quanto sostenuto nelle relazioni illustrative di entrambe le proposte di legge, l’abrogazione della disposizione consentirebbe, oltre a risparmi di spesa, il superamento di un’ambigua commistione tra controllori e controllati. In proposito, si osserva che l’art. 7, co. 9, della legge 131, precisa che dall’integrazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

L’art. 7, co. 9, della L. 131/2003 prevede la possibilità di integrare la composizione delle sezioni regionali della Corte dei conti con due componenti designati:

§         uno, dal Consiglio regionale;

§         l’altro, dal Consiglio delle autonomie locali oppure, nelle Regioni ove tale organo, previsto dall’ultimo comma dell’art. 123 Cost., non sia stato ancora istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su indicazione delle associazioni rappresentative dei comuni e delle province a livello regionale.

L’individuazione dell’organo (della regione e rappresentativo degli enti locali) competente a designare i componenti aggiuntivi delle sezioni regionali della Corte può qualificarsi come disposizione “recessiva” o “cedevole”: viene, infatti, espressamente previsto che essa operi “salvo diversa previsione dello statuto della regione”.

La disposizione individua le categorie di soggetti tra le quali le regioni ed i Consigli delle autonomie locali debbono scegliere i componenti aggiuntivi: questi debbono essere scelti tra persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche, economiche, finanziarie, giuridiche e contabili.

A tale proposito si ricorda che l’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385, prevede che “i posti di consigliere, non riservati ai primi referendari della Corte dei conti, […] possono essere conferiti ad estranei alle amministrazioni dello Stato, che, per l’attività svolta o gli studi giuridico-amministrativo-contabili compiuti, e per le doti attitudinali e di carattere, posseggano piena idoneità all’esercizio delle funzioni di consigliere della Corte dei conti”.

La loro nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. I componenti aggiuntivi durano in carica 5 anni e non sono riconfermabili.

Lo status dei componenti è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri finanziari a carico della Regione. È tuttavia previsto, come già accennato, che l’integrazione debba avvenire senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (che in quanto tale sembrerebbe ampiamente comprensiva anche di quella non statale).

Per la nomina è prescritto il parere del consiglio di presidenza della Corte dei conti, su richiesta motivata della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L’art. 7, co. 9, della L. 131/2003 prevede inoltre che ciascuna sezione regionale di controllo della Corte dei conti possa avvalersi di personale delle regioni, previe intese con le regioni stesse. Sono posti limiti a tale possibilità, in quanto essa:

§         è data in sede di prima applicazione;

§         è connessa allo svolgimento delle funzioni di verifica sugli equilibri di bilancio degli enti territoriali e delle altre funzioni di verifica di cui all’art. 7, co. 7; alla realizzazione di forme di collaborazione tra regioni e sezioni regionali della Corte dei conti (art. 7, co. 8), nonché alla nomina dei componenti delle sezioni regionali designati dalle regioni (art. 7, co. 9);

§         è limitata ad un contingente massimo di dieci unità di personale per ciascuna sezione regionale.

Le sezioni regionali di controllo potranno avvalersi anche di segretari comunali e provinciali del ruolo unico previsto dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (co. 6, sesto periodo)[185] sotto duplice condizioni, procedurale la prima e finanziaria la seconda:

§         previe intese con l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali o con le sue sezioni regionali;

§         con oneri a carico della Regione.

 

La generalizzazione dell’istituzione di sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti è avvenuta con la deliberazione del 16 giugno 2000, n. 14, della stessa Corte, in ottemperanza alle disposizioni dell’art. 3, co. 2, del D.Lgs. 286/1999; tale ultima disposizione, con l’obiettivo di dare corpo ad una riforma organica del sistema dei controlli, aveva infatti attribuito alla Corte dei conti il potere di determinare, anche in deroga a previgenti disposizioni di legge il numero, la composizione e la sede dei propri organi adibiti a compiti di controllo preventivo su atti o successivo su pubbliche gestioni e degli organi di supporto. Coerentemente con il disegno di riforma della pubblica amministrazione in direzione di una maggiore efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, infatti, alla Corte è stata intestata una funzione di controllo successivo delle gestioni delle amministrazione dello Stato, delle regioni e degli enti locali. L’attribuzione di competenze di tipo nuovo richiedeva che la Corte si desse una struttura organizzativa idonea.

L’art. 2, co. 1, della deliberazione n. 14 del 2000 ha quindi previsto che fosse istituita in ogni regione ad autonomia ordinaria una Sezione regionale di controllo, con sede nel capoluogo. Le sezioni, che hanno sostituito le preesistenti “delegazioni” regionali[186] e i “collegi” regionali[187], si sono insediate a decorrere dal 1 gennaio 2001, ai sensi del D.M. 21 dicembre 2000 (G.U. 28 dicembre 2000, n. 301).

In precedenza esistevano già sezioni regionali di controllo nelle regioni a statuto speciale[188].

Quanto alle competenze loro attribuite, le sezioni regionali esercitano, ai sensi dell’articolo 3, co. 4, 5 e 6 della L. 20/1994, con la quale è stato introdotto il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, il controllo sulla gestione delle amministrazioni regionali e dei loro enti strumentali, nonché il controllo sulla gestione degli enti locali territoriali e i loro enti strumentali (e anche delle università e delle istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione). Inoltre le sezioni regionali esercitano il controllo di legittimità sugli atti e il controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato aventi sede nella regione.

Il regolamento di auto-organizzazione della Corte prevede che il controllo comprenda anche la verifica della gestione dei cofinanziamenti regionali per interventi sostenuti con fondi comunitari. Il controllo sulla gestione affidato alle sezioni regionali include anche le verifiche sul funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione, come richiesto dal co. 4 dell’art. 3 della L. 20/1994.

È sempre il citato regolamento di auto-organizzazione della Corte che disciplina la composizione delle sezioni regionali (art. 2, co. 5). Ciascuna di esse deve essere presieduta da un Presidente di sezione e composta almeno da altri tre magistrati assegnati dal Consiglio di Presidenza[189]. A questi magistrati il Presidente della sezione assegna le indagini di controllo sulla gestione, all’inizio di ciascun anno, secondo le cadenze previste dai programmi. I controlli sulla gestione infatti vengono programmati, secondo quanto stabilisce l’articolo 5 del citato regolamento di organizzazione delle funzioni di controllo della Corte 16 giugno 2000.

Ai sensi dell’art. 5 della deliberazione n. 14 del 2000, la programmazione delle attività di controllo avviene sia a livello centrale (“Le sezioni riunite in sede di controllo definiscono entro il 30 ottobre il quadro di riferimento programmatico, anche pluriennale, delle indagini di finanza pubblica e dei controlli sulla gestione, e i relativi indirizzi di coordinamento e criteri metodologici di massima”), sia a livello regionale (“Le sezioni regionali di controllo, previa analisi di fattibilità [...] deliberano i propri programmi di controllo entro il 30 novembre di ciascun anno. I programmi individuano anche metodologie di analisi sul funzionamento dei controlli interni ai sensi delle norme vigenti al fine di verificarne l’azione e di trarre indirizzi per la successiva programmazione delle attività di controllo”). È anche previsto che i presidenti delle sezioni regionali di controllo comunichino ai presidenti dei Consigli regionali i programmi di lavoro deliberati.

Le deliberazioni della sezione sono assunte con la presenza di almeno tre componenti. Il presidente può disporre che la sezione si articoli in due collegi con competenze nei riguardi, rispettivamente, delle amministrazioni dello Stato e delle amministrazioni regionali e restanti enti ed istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione.

 

Il comma 19 prevede una riorganizzazione degli uffici della Corte dei conti, da attuare a livello regolamentare, al fine di coordinare le nuove funzioni istituzionali attribuite dall’articolo in esame con quelle già svolte dalla stessa.

I regolamenti di organizzazione sono adottati dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, su proposta del Presidente della Corte stessa, il quale a sua volta formula le proposte con il parere del segretario generale.

 

Il comma 20 reca una norma volta a potenziare il ruolo della Corte dei conti nell’esercizio del controllo su gestioni di spesa e di entrata, al fine indicato di razionalizzazione della spesa pubblica e vigilanza sulle entrate.

Si prevede, in particolare, che ove un’amministrazione ritenga di non ottemperare ai rilievi svolti dalla Corte dei conti nell’esercizio del controllo su gestioni di spesa e di entrata, essa debba inviare un documento motivato alla Presidenza delle Camere, alla Presidenza del Consiglio e alla Presidenza della Corte dei conti.

 

Il comma 21 reca una modifica testuale all’articolo 3, comma 4 della legge 20/1994. Si prevede che la Corte dei conti, nel definire annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo di gestione, sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari, tenga conto anche – ai fini del referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica – delle relazioni degli organi che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico.

 

Tra gli organi di controllo e vigilanza cui fa riferimento la disposizione in esame devono presumibilmente considerarsi i servizi di controllo interno istituiti nelle singole amministrazioni. Per quanto riguarda le autorità amministrative indipendenti si segnala a titolo puramente esemplificativo il servizio di controllo interno istituito presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (art. 25 del regolamento adottato con deliberazione 9 ottobre 2002).

 

Si ricorda che la citata L. 20/1994 ha avuto ad oggetto la riforma delle funzioni di controllo della Corte dei Conti.

I tratti fondamentali del modello di controllo prefigurato dalla legge di riforma sono tre. In primo luogo, il controllo preventivo di legittimità è limitato e concentrato sugli atti fondamentali del Governo (e non più su tutti gli atti prodotti dall'amministrazione); in secondo luogo, viene potenziato e generalizzato a tutte le amministrazioni il controllo successivo sulla gestione, da svolgere sulla base di appositi programmi elaborati dalla Corte dei conti, che riferisce al Parlamento nazionale ed ai Consigli regionali sull'esito dei controlli eseguiti; in terzo luogo viene attribuito alla Corte dei conti il compito di verificare la funzionalità dei controlli interni all'amministrazione.

Il richiamato articolo 3, comma 4, prevede che la Corte svolga, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte, poi, accerta, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa.

La Corte, inoltre, definisce ogni anno i programmi ed i criteri di riferimento del controllo di gestione sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari. L’intervento del Parlamento nel procedimento di formazione del programma di controllo di gestione della Corte dei conti è stato introdotto di recente ad opera della legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 473).

Ai sensi del comma 6 dell’art. 3, la Corte dei conti riferisce, almeno annualmente, al Parlamento ed ai consigli regionali sull'esito dei controlli eseguiti.

Trattamento economico del personale in regime di diritto pubblico (comma 22)

Il comma 22, così come risultante a seguito degli emendamenti approvati dall’Assemblea del Senato, recauna novella all’art. 1, co. 576, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), che limita al solo 2007 (e non anche al 2008, come previsto dal testo vigente del comma 576) il “taglio” del 30 per cento degli adeguamenti automatici previsto da tale disposizione per le retribuzioni di dipendenti pubblici appartenenti a specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato”.

La limitazione percentuale degli adeguamenti retributivi nel biennio 2007-2008, che opera solo nei confronti di chi percepisca retribuzioni complessivamente superiori a 53.000 euro e – come precisato anche nella relazione illustrativa al testo iniziale del disegno di legge finanziaria per il 2007[190]trova applicazione anche nei confronti dei magistrati, non dà luogo a successivi recuperi.

 

In base all’art. 24 della 448/1998[191], gli stipendi, l’indennità integrativa speciale e gli assegni fissi e continuativi di specifiche categorie di personale pubblico, rientranti nel c.d. personale non “contrattualizzato” (docenti e ricercatori universitari, personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, colonnelli e generali delle Forze armate, personale dirigente della carriera prefettizia, personale della carriera diplomatica), siano adeguati di diritto annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall’ISTAT, conseguiti nell’anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti in regime contrattuale sulle voci della rispettiva retribuzione (la disposizione richiamate precisa che le voci retributive devono intendersi comprensive dell’indennità integrativa speciale e devono corrispondere a quelle utilizzate dallo stesso ISTAT per l’elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali).

Quanto al meccanismo di concreta individuazione della misura dell’adeguamento annuo il comma 2 dell’art. 24 prevede che la determinazione sia effettuata, entro il 30 aprile di ciascun anno, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[192]. Al fine dell’adozione del D.P.C.M. l’ISTAT provvede a comunicare entro il mese di marzo la variazione percentuale registrata nell’anno precedente dalle retribuzioni del personale “contrattualizzato”. Qualora i dati necessari non siano disponibili entro i termini previsti, l’adeguamento è effettuato nella stessa misura percentuale dell’anno precedente, salvo successivo conguaglio.

Il comma 4 dell’articolo 24 della legge 448 del 1998 prevede a sua volta che il criterio dell’adeguamento automatico sopra descritto si applichi anche al personale di magistratura ed agli avvocati e procuratori dello Stato ai fini del calcolo dell’adeguamento triennale tenendo conto degli incrementi medi pro capite del trattamento economico complessivo, comprensivo di quello accessorio e variabile, delle altre categorie del pubblico impiego, fatta salva, per i profili non interessati dalla disposizione, la disciplina speciale di cui all’art. 2 della L. 27/1981.

In base a detta disposizione, che ha sostituito integralmente gli artt. 11, 12, legge n. 97 del 1979, gli stipendi dei magistrati sono adeguati di diritto ogni triennio nella misura percentuale pari alla media degli incrementi delle voci retributive, esclusa l’indennità integrativa speciale, ottenuti dagli altri pubblici dipendenti (appartenenti alle amministrazioni statali, alle aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e comuni, ospedali ed enti di previdenza). La percentuale spettante, calcolata dall’ISTAT rapportando il complesso del trattamento economico medio per unità corrisposto nell’ultimo anno del triennio di riferimento a quello dell’ultimo anno del triennio precedente, è determinata nel primo anno di ogni triennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia e con quello del tesoro, ed ha effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento: al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio gli stipendi sono aumentati, a titolo di acconto, per ciascun anno, in misura pari al 30% della variazione percentuale verificatasi nel triennio precedente, tranne l’eventuale conguaglio.

Il più recente adeguamento retributivo dei magistrati è stato disposto con il D.P.C.M. del 15 maggio 2006, che ha previsto un incremento del 12,30 per cento a decorrere dal 2006, previo riassorbimento degli incrementi già corrisposti per il 2004 e il 2005[193]. Per gli anni 2007 e 2008 il D.P.C.M. ha invece disposto, a titolo di acconto, un adeguamento del 3,69 per cento annuo.

 

In conseguenza della limitazione del “taglio” dell’adeguamento automatico al solo 2007, la disposizione in esame anticipa al 2008 il ripristino dell’ordinaria progressione stipendiale. Nell’anno 2008 vi sarà quindi l’applicazione dell’indice di adeguamento nella misura piena e la reintegrazione della base retributiva cui applicarlo.

 

 



[1]    Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa. eu/economy_finance/index_en.htm.

[2]    Tale stima incorpora anche gli effetti del decreto legge n.159/07 adottato contestualmente alla Nota di aggiornamento. Tale decreto, la cui adozione è stata resa possibile dai favorevoli andamenti di finanza pubblica, che si sono rivelati migliori rispetto alle previsioni, a causa sia del virtuoso andamento del gettito tributario, sia di una crescita più contenuta della spesa primaria corrente rispetto a quella stimata in precedenza, si configura come un manovra di carattere espansivo che comporta un incremento dell’indebitamento netto rispetto al valore tendenziale pari allo 0,5 per cento del PIL. Il quadro a legislazione vigente indica, infatti, per il 2007, un indebitamento netto tendenziale del 1,9 per cento, inferiore di 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni del DPEF di giugno ante decreto legge n.81/07.

[3]    La manovra finanziaria per il 2008 comporta, dunque, un peggioramento del’indebitamento netto rispetto al quadro tendenziale a legislazione vigente parti allo 0,4 per cento del PIL (sul punto, cfr., oltre, la Parte II, par. 2, del presente dossier).

[4]    A fronte del 103, 2 per cento stimato per il 2008 dal DPEF di giugno.

[5]    Fonti: Sito internet dell’Unione Europea. Il testo completo delle previsioni economiche di autunno della Commissione è disponibile al seguente indirizzo: http://ec.europa.eu/economy_finance/index_en.htm.

[6]    La Nota di aggiornamento al DPEF ha specificato che tali disegni di legge debbono essere presentati alle Camere entro il 15 novembre, ai sensi dell’articolo 1-bis, comma 1, lettera c), della legge n. 468/1978 e successive modificazioni

[7]    Al riguardo, si osserva, come dall’anno 2000 le manovre finanziarie annuali abbiano sempre operato una correzione netta sul saldo di riferimento, al fine di ricondurre l’andamento tendenziale dei conti pubblici agli obiettivi programmatici, ad eccezione tuttavia dell’esercizio 2001, nel quale la manovra netta – al pari di quella prevista per il prossimo anno - è risultata negativa, ossia ha prodotto un effetto di peggioramento sull'indebitamento netto. Si ricorda che nelle valutazioni relative alle manovre annuali di finanza pubblica la manovra netta corrisponde alla correzione netta operata sul saldo di riferimento; rappresenta cioè la somma algebrica del complesso degli interventi disposti con la manovra annuale. Con la dizione manovra lorda si fa invece riferimento al complesso delle risorse attivate, comprensive quindi di quelle destinate a finanziare interventi di spesa o di riduzione di entrata.

[8]    I dati contenuti nel presente paragrafo sono stati elaborati sulla base di un allegato 7, aggiornato alle modifiche apportate nel corso dell’esame al Senato, acquisito per le vie brevi dalla Ragioneria generale dello Stato.

[9]    Cfr., oltre, la Parte III, del presente dossier.

[10]   Si ricorda che le Missioni cui l’allegato 7 riclassificato non ascrive effetti di spesa nell’articolato della legge finanziaria per il 2008 sono: Missione 2, Amministrazione generale e supporto alla rappresentanza di governo; Missione 12, Regolazione dei mercati; 19, Casa e assetto urbanistico; 29, Politiche economico-finanziarie e di bilancio; 31, Turismo e 34, Debito pubblico.

[11]   La quota particolarmente elevata degli importi in termini di saldo netto da finanziare ascrivibile a tale Missione è imputabile, per la gran parte, alle operazioni di ristrutturazione del debito concernenti i disavanzi dei servizi sanitari regionali.

[12]   Si veda, al riguardo, il dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio”, n. 73.

[13]   Legge 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, commi 474-481.

[14]   Istituita dalla Legge finanziaria per il 2007, è stata costituita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 16 marzo 2007.

[15]   In base a tale atto di indirizzo, al fine di razionalizzare il processo di formazione del disegno di legge finanziaria, i singoli Dicasteri sono stati chiamati a formulare le proprie proposte - sulla base della nuova classificazione del Bilancio in Missioni e Programmi - distinte per programma e a indicare, in ordine di priorità, le opzioni di riallocazione di risorse all’interno dello stesso stato di previsione, specificando altresì gli obiettivi che si intendono perseguire.

[16]   Si rinvia, al riguardo, al citato dossier del Servizio Studi, Documentazioni e ricerche, “Il dibattito sulla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio” n. 73.

[17]   Atto Senato n.1818

[18] Cfr. la relazione al disegno di legge di Bilancio 2008 presentato al Senato (A.S. 1818).

[19]   Si segnalano, ad esempio, la Missione 17 (Ricerca e Innovazione), 4 (L’Italia in Europa e nel mondo) e 22 (Istruzione scolastica), articolate, rispettivamente, in 16, 11 e 10 distinti Programmi.

[20]   Al netto di alcune partite finanziarie - quali i rimborsi del debito statale - il Bilancio 2008 ripartisce tra le 34 Missioni ivi contemplate circa quasi 480 miliardi di euro.

Si ricorda, peraltro, come la legge finanziaria per il 2007 abbia previsto alcuni istituti (accantonamenti del comma 507 e Fondo TFR) che fanno sì che taluni stanziamenti di bilancio non corrispondano più all’effettiva disponibilità. A tale riguardo, nel corso del sopra richiamato dibattito parlamentare in ordine alla riforma degli strumenti e delle procedure di bilancio, è stato sottolineato, tra l’altro, come, a fini di trasparenza, appaia opportuno che nel bilancio sia data evidenza contabile a queste situazioni, sottolineandosi, altresì, come il meccanismo di flessibilità gestionale previsto dal comma 507 (possibilità di apportare variazioni nell’ambito degli accantonamenti), concepito con riferimento alle unità previsionali di base del bilancio 2007, possa comportare problemi di applicazione se trasposto nel nuovo bilancio, data la maggiore ampiezza, rispetto alle unità previsionali di base, dei macroaggregati (cfr.oltre), ai quali sembrerebbero doversi riferire gli accantonamenti.

[21]   A fronte di un bilancio di oltre 470 miliardi di euro (al netto delle partite finanziarie concernenti i rimborsi del debito statale e di imposta), le variazioni proposte dalla legge finanziaria per il 2008 dal lato della spesa – che riguardano 29 delle 34 missioni dello Stato - incidono per circa il 3 per cento del bilancio.

[22]   Considerando la Missione 34 ( Debito pubblico) al netto del Programma 34.2 “Rimborso del debito statale”, pari a 198.178 milioni di euro, che riguarda titoli in scadenza nell’esercizio finanziario 2008.

[23]   Si veda anche la Tavola  V allegata al presente dossier, nella quale i dati sono riferiti al lordo del rimborso del debito statale.

[24]   Si segnala che nel disegno di legge di bilancio presentato al Senato (A.S. 1818), reca un allegato nel quale è esposto il riepilogo delle 34 Missioni con i relativi Programmi.

[25]   Il prospetto in esame riproduce la tabella n. 4 del disegno di legge di bilancio, AS. 1818.

[26]   Si ricorda che la tabella 4 del disegno di legge di Bilancio per il 2008 reca il prospetto che per ogni Ministero mette a confronto le unità previsionali di base, presenti nel disegno di Bilancio di previsione 2008, con le unità previsionali di base esposte nel Bilancio di previsione 2007.

[27]   Al netto delle regolazioni contabili, debitorie, dei rimborsi iva, ecc.

[28]   Al fine di convogliare attività e risorse in processi che rispondano ad esigenze di efficacia e di efficienza, la circolare n.21 del 5 giugno 2007 del Ministero dell’Economia e delle Finanze prevede la figura del “coordinatore di programma” che, nell’ambito di ogni Ministero, dovrebbe assumere il compito di razionalizzare l’impiego delle risorse disponibili. Tale coordinamento, realizzato dal Ministro ovvero da un suo delegato, è volto a garantire una visione unitaria delle risorse relative ad ogni singolo programma

[29]   Il comma 19 del medesimo articolo 22 dispone inoltre che con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente - da comunicare alle Commissioni parlamentari e da inviare alla Corte dei conti - possono essere effettuate variazioni compensative tra capitoli delle unità previsionali del medesimo stato di previsione della spesa, fatta eccezione per le autorizzazioni di spesa di natura obbligatoria, per le spese in annualità e a pagamento differito e per quelle direttamente regolate con legge. Per una migliore flessibilità gestionale del bilancio, il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, è autorizzato ad apportare con propri decreti da inviare alla Corte dei conti per la registrazione, variazioni compensative in termini di cassa, nell’ambito di ciascun titolo di bilancio, tra capitoli delle unità previsionali di base del medesimo stato di previsione.

[30]   Cfr. art. 2 della legge n. 468/1978 come modificata dalla legge n. 94/1997.

[31]   Si tratta del decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 3 agosto 2007, con il quale il Governo, alla luce dei favorevoli andamenti tendenziali di finanza pubblica, ha realizzato, contestualmente alla presentazione del DPEF, una manovra di carattere espansivo pari a circa lo 0,4 per cento del PIL.

[32]   Si ricorda che le unità previsionali di base corrispondono ai macroaggregati previsti dalla nuova classificazione del bilancio e costituiscono l’ unità di voto parlamentare.

[33]   Si ricorda che con la riforma dell’organizzazione ministeriale recata dal D.L. 181/2006 (Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri), convertito, con modificazioni dalla L. 233/2006 alla Presidenza del Consiglio dei ministri sono state trasferite le competenze in materia di: sport; indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili; indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, nonché interventi per il sostegno alla famiglia; vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali (che si occupa del relativo albo), nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale; iniziativa legislativa in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione; promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost. (i quali definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà).

      Mentre le prime tre aree di competenza erano proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferiscono ad un ambito di intervento (enti locali) prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno. Per contro, sono state trasferite ad altre amministrazioni alcune competenze già attribuite alla Presidenza del Consiglio: al neoistituito Ministero della solidarietà sociale sono attribuite le funzioni concernenti le politiche antidroga e il Servizio civile nazionale; al Ministero degli affari esteri sono trasferite le funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo.

[34]   D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[35]    Il D.P.C.M. 9 dicembre 2002 ha sostituito il D.P.C.M. 23 dicembre 1999, recante la prima attuazione della disciplina finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio. Recentemente, è intervenuto in materiail D.P.C.M. 4 luglio 2007, Modificazioni al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 dicembre 2002, concernente la disciplina dell'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha recato innovazioni anche al fine di tener conto della nuova struttura espositiva del bilancio.

[36]    Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale23 gennaio 2007, n. 18 (Suppl. Ordinario n. 15).

[37]    La I nota di variazioni (A.C. 3257-bis) ha trasposto nel bilancio a legislazione vigente per il 2006 gli effetti contabili del D.L. 159/2007, recante “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale”, dichiarato collegato alla manovra di finanza pubblica, e degli emendamenti approvati in sede di conversione. La II nota di variazioni (A.C. 3257-ter) ha trasferito nel bilancio a legislazione vigente come modificato dalla I nota gli effetti del disegno di legge finanziaria come approvato dal Senato e degli emendamenti approvati dal Senato direttamente al disegno di legge di bilancio.

[38]    Legge 24 dicembre 2003, n. 350, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004.

[39]    Legge 31 ottobre 1965, n. 1261, Determinazione dell’indennità spettante ai membri del Parlamento.

[40]    Legge 23 dicembre 2005 n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006).

[41]    I dati numerici riportati nella presente scheda sono pubblicati nei siti Internet della Camera dei deputati (http://www.camera.it/deputatism/4385/documentotesto.asp) e del Senato della Repubblica (http://www.senato.it/composizione/21593/111577/genpagina.htm).

[42]    Per i membri della Camera dei deputati, la diaria ammonta attualmente a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 206,58 euro per ogni giorno di assenza del deputato da quelle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni che avvengono con il procedimento elettronico. È considerato presente il deputato che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

      Per i senatori, la diaria ammonta a 4.003,11 euro mensili. Tale somma viene ridotta di 258,23 euro per ogni giorno di assenza del senatore dalle sedute dell’Assemblea in cui si svolgono votazioni qualificate e verifiche del numero legale. È considerato presente il Senatore che partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni effettuate nell’arco della giornata.

[43]    Legge 23 dicembre 1998, n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[44]    L’adeguamento relativo all’anno 2007 è stato disposto con d.p.c.m. del 27 aprile 2007 che ha previsto un incremento dei trattamenti rispetto a quelli in godimento alla data del 1° gennaio 2006 in misura pari a 4,28 per cento.

[45]    Nelle premesse al decreto si rileva che, in mancanza di una elaborazione specifica dell’ISTAT riferita al criterio di calcolo individuato dal comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, si è individuato un possibile parametro di riferimento per l’aggiornamento dei trattamenti nel dato di contabilità nazionale relativo all’incremento nel periodo di riferimento della retribuzione pro capite lorda nella Pubblica Amministrazione (pari al 13,30 per cento), precisandosi tuttavia che tale dato non può essere tenuto presente in toto e giustifica quindi l’attribuzione, salvo conguaglio, di un aumento identico a quello stabilito nel precedente d.p.c.m.

[46]    A.C. 1746, art. 64.

[47]    A.S. 1817.

[48]    Legge 13 agosto 1979 n. 384, Trattamento dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

[49]    Legge 9 novembre 1999 n. 418, Disposizioni in materia di indennità dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato non parlamentari.

[50]    Legge 8 aprile 1952, Revisione del trattamento economico dei dipendenti statali.

[51]    D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1999, n. 203, S.O..

[52]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. Bassanini 1), art. 11, co. 1, lett. a).

[53]    D.L. 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.

[54]    D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[55]    Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’art. 17, co. 4-bis così recita: “L'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti emanati ai sensi del comma 2, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, con i contenuti e con l'osservanza dei criteri che seguono:

a)       riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione;

b)       individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;

c)       previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati;

d)       indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche;

e)       previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali”.

[56]    L. 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[57]    Per tale definizione v. S. Labriola II governo della repubblica: organi e poteri: commento alla legge 23 agosto 1988, n. 400.

[58]    La relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria (A.S. 1818) evidenziava che i commissari straordinari nominati ai sensi dell’art. 11 della L. 400/1988 non superano le 15 unità.

[59]    Per un esempio cfr. art. 5 del D.P.R. 27 febbraio 2004, Nomina del commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, ai sensi dell'art. 11 della L. 23 agosto 1988, n. 400, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2004, n. 97.

[60]    In tal senso si veda l’art. 3 del DPR 13 luglio 2007, Nomina del Commissario straordinario per ampliamento dell’insediamento militare americano all’interno dell’aeroporto “Dal Molin” di Vicenza.

[61]   Più precisamente, l’art. 1, co. 1-bis, del D.L. n. 314/2004 richiama l'articolo 1, commi 2 e 3, del D.L. n. 80/2004 (legge n. 140/2004), che prevedeva l’applicazione, nell’esercizio finanziario 2005, delle disposizioni recate per l’anno 2002 dall’articolo 1 del D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 (legge n. 75/2002).

[62]    In particolare, l’articolo 141, comma 1, del D.Lgs. n. 267/2000 dispone che i consigli comunali e provinciali siano sciolti:

a)       quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico;

b)      quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:

1)       impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;

2)       dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;

3)       cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;

4)       riduzione dell’organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;

c)       quando non sia approvato nei termini il bilancio;

c-bis)nelle ipotesi in cui gli enti territoriali al di sopra dei 1.000 abitanti siano sprovvisti dei relativi strumenti urbanistici generali e non adottino tali strumenti entro 18 mesi dalla data di elezione degli organi. In questo caso, il decreto di scioglimento del consiglio è adottato su proposta del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (lettera aggiunta dal comma 7 dell’articolo 32 del D.L. n. 269/2003, conv. dalla legge n. 326/2003).

[63]    D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, Revisione ed armonizzazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[64]    Introdotto dall’art. 1, co. 480, lett. c), della legge finanziaria 2005 (L. 30 dicembre 2004, n. 311).

[65]    Per tali soggetti, ai sensi del medesimo articolo, la tariffa per il servizio delle pubbliche affissioni è ridotta alla metà.

[66]    Em. 13.4 (testo 3) del relatore all’art. 13 dell’A.S. 1817 (modificato dal subem. 13.4 (testo 2)/1 riformulato) approvato nella seduta della 5ª Commissione (Bilancio) del Senato nella seduta del 1° novembre 2007 (nott.).

[67]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[68]    A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[69]    Ordine del giorno G13.100 (testo 2) Santini ed altri accolto come raccomandazione nella seduta dell’Assemblea del Senato del 9 novembre 2007 (antim.).

[70]    L.R. 6 marzo 1986, n. 9, Istituzione della Provincia regionale (art. 45).

[71]    La Corte ha già avuto occasione di affermare, con specifico riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera p), Cost., che la competenza primaria attribuita alle Regioni a statuto differenziato in materia di ordinamento degli enti locali «non è intaccata dalla riforma del titolo V, parte seconda della Costituzione, ma sopravvive, quanto meno, nello stesso ambito e negli stessi limiti definiti dagli statuti» (sentenze n. 238/2007, n. 48/2003).

[72]    L. 2 luglio 1952, n. 703, Disposizioni in materia di finanza locale.

[73]    L. 25 luglio 1952, n. 991, Provvedimenti in favore dei territori montani. L’art. 1 è stato abrogato dalla L. 8 giugno 1990, n. 142.

[74]    L. 16 settembre 1960, n. 1014, Norme per contribuire alla sistemazione dei bilanci comunali e provinciali e modificazioni di talune disposizioni in materia di tributi locali.

[75]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[76]    Si veda il documento trasmesso dall’Unione nazionale comunità montane in occasione dell’audizione presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato l’8 ottobre 2007.

[77]   Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[78]   Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[79]   Il riferimento è alla popolazione che risiede nel territorio classificato come montano, con esclusione di quella residente nei territori non classificati come montani pur essendo inclusi nel perimetro della comunità.

[80]    www.camera.it/_dati/leg15/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/095/001/INTERO.pdf.

[81]    D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (nel prosieguo: TUEL).

[82]   A.C. 1942 e abbinati, in corso di esame in sede referente presso la Commissione affari costituzionali.

[83]   Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:

§       da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;

§       da 50 membri nei comuni con più di 500.000 abitanti;

§       da 46 membri nei comuni con più di 250.000 abitanti;

§       da 40 membri nei comuni con più di 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi di provincia;

§       da 30 membri nei comuni con più di 30.000 abitanti;

§       da 20 membri nei comuni con più di 10.000 abitanti;

§       da 16 membri nei comuni con più di 3.000 abitanti;

§       da 12 membri negli altri comuni.

[84]   Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:

§       da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

§       da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

§       da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

§       da 24 membri nelle altre province.

[85]   Il riferimento ai “consiglieri” contenuto nella lettera b) del comma 2 dell’art. 26 sembrerebbe escludere gli assessori delle comunità montane e gli assessori o componenti del consiglio di amministrazione delle unioni di comuni.

[86]   Si richiama in proposito l’osservazione contenuta nella nota precedente.

[87]   Il vigente regolamento è stato approvato con D.M. 4 aprile 2000, n. 119. Il co. 10 dell’art. 82 prevede l’adeguamento degli importi ogni tre anni. Non essendo stato emanato un nuovo D.M., attualmente continua ad applicarsi il D.M. 119/2000 con le relative tabelle.

[88]   Il Ministero dell’interno, con la circolare 5 giugno 2000 n. 5/2000, Misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza per gli amministratori locali, ha precisato che, qualora gli organi intendano aumentare o diminuire gli importi delle indennità e dei gettoni di presenza stabiliti dal D.M., attese le implicazioni d’ordine politico e gestionale-contabile della scelta, spetta necessariamente alla giunta ed al consiglio deliberare dette variazioni nei confronti, ciascuno, dei propri componenti. Va, altresì, tenuto conto che competenti a deliberare in ordine alle indennità di funzione spettanti ai presidenti dei consigli comunali e provinciali sono i rispettivi consigli, in quanto rileva l’appartenenza all’organo.

[89]   Vale a dire: i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.

[90]   Del titolo II della parte I.

[91]   Nel testo approvato dalla Commissione affari costituzionali del Senato, l’obbligo di aderire ad un’unica forma associativa era previsto anche per quanto riguarda le convenzioni. Con l’emendamento 14.750 del relatore, approvato dall’Assemblea il 9 novembre 2007 (pomerid.) tale obbligo è stato soppresso, lasciando libera per i Comuni la possibilità di stipulare convenzioni con altri Comuni. Il relatore ha osservato che la previsione soppressa sarebbe stata suscettibile di far aumentare le spese.

[92]   D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali.

[93]   L. 8 marzo 1989, n. 95, Norme per l'istituzione dell'albo e per il sorteggio delle persone idonee all'ufficio di scrutatore di seggio elettorale e modifica all'articolo 53 del testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali, approvato con D.P.R. 16 maggio 1960, n. 570.

[94]   L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.

[95]   La Commissione elettorale circondariale:

esamina le operazioni compiute dalla Commissione elettorale comunale e decide sui ricorsi presentati contro di esse;

2) cancella dagli elenchi formati dalla Commissione comunale i cittadini indebitamente proposti per la iscrizione o per la cancellazione, anche quando non vi sia reclamo;

3) decide sulle domande d’iscrizione o di cancellazione che possono esserle pervenute direttamente.

[96]   L. 4 aprile 1985, n. 117, Norme per l’adeguamento degli onorari dei componenti gli uffici elettorali di sezione.

[97]   D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[98]    Sentenze Corte costituzionale 390/2004, 417/2005, 449/2005, 88/2006)

[99]    D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[100]  D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni diverse convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio, n. 17, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 28 dicembre 2006, n. 300, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative. Disposizioni di delegazione legislativa

[101]  D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[102]  D.Lgs. 13 ottobre 2005, n. 217, Ordinamento del personale del Corpo nazionale deii vigili del fuoco a norma dell’articolo 2 della L. 30 settembre 2004, n. 252.

[103]  L. 24 dicembre 1993, n. 537, Interventi correttivi di finanza pubblica.

[104]Resoconto nella seduta del 12 novembre 2007 (n. 249)

[105]L. 3 giugno 1999, n. 157, Nuove norme in materia di rimborso delle spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti politici.

[106]  L. 10 dicembre 1993, n. 515, Disciplina delle campagne elettorali per l’elezione alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica.

[107]  L. 23 febbraio 1995, n. 43, Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario.

[108]  L’art. 39-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (conv. con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248) ha in questo senso modificato in varie parti la L. 157/1999.

[109]  Il Regolamento recante le modalità di gestione e funzionamento del fondo è stato adottato con il D.M. Economia e finanze 22 febbraio 2007, n. 31.

[110]  Al riguardo si veda la L. 29 novembre 2004, n. 298, Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, della L. 3 giugno 1999, n. 157 e dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della L. 23 febbraio 1995, n. 43, in materia di rimborso per le spese elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.

[111]U.p.b. 21.1.3 (Organi costituzionali – oneri comuni d parte corrente) Capitolo 1638 (Fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei consigli regionali)

[112]COM(2005) 123 def., Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo che istituisce un Programma quadro sulla solidarietà e gestione dei flussi migratori per il periodo 2007-2013.

[113]  L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[114]  D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica.

[115]            La comunicazione della Commissione (COM(2005)123-1), istitutiva del programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori, è stata favorevolmente accolta dal Parlamento europeo con una risoluzione il 24 ottobre 2006.

[116]            L’attuale Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2005-2010 (COM(2004)102), rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2007.

[117]            L’approccio globale in materia di migrazione è stato adottato dal Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005.

[118]           Inaugurata dalla Commissione con la comunicazione COM(2003)104 presentata l’11 marzo 2003, la politica europea di vicinato si rivolge ai nuovi Stati indipendenti ( Bielorussia, Moldova, Ucraina), ai paesi del Mediterraneo meridionale e, a seguito della decisione del Consiglio del 14 giugno 2004, anche agli Stati del Caucaso, con l’obiettivodi creare una zona di prosperità condivisa e buon vicinato. La politica europea di vicinato, nettamente distinta dalla questione della potenziale adesione all’UE, propone un nuovo approccio nei confronti dei paesi interessati: in cambio dei progressi concreti compiuti in termini di riconoscimento dei valori comuni e di attuazione effettiva di riforme politiche, economiche e istituzionali, si riconosce loro una partecipazione al mercato interno dell’UE, nonché un’ulteriore integrazione e liberalizzazione per favorire la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. Una delle componenti principali della politica europea di vicinato è rappresentata dai piani d’azione, che vengono concordati dall’Unione europea con ciascuno dei paesi interessati. Tali piani d’azione, differenziati, per riflettere lo stato delle relazioni con ciascun paese, le sue necessità e capacità, nonché gli interessi comuni, definiscono il percorso da seguire nei prossimi 3-5 anni.

[119]           COM(2005)669. Vedi paragrafo seguente

[120]           Vedi infra, paragrafo Immigrazione legale e integrazione

[121]           Si ricorda che nell’ottobre 2006 si è svolto a Rotterdam il primo Forum europeo per l’Integrazione. La seconda edizione avrà luogo a Milano nel prossimo mese di ottobre.

[122]           Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha stabilito la pubblicazione di relazioni annuali che descrivano le misure prese a livello nazionale e comunitario in materia di ammissione ed integrazione dei cittadini di paesi terzi e analizzino i cambiamenti intercorsi La prima relazione annuale COM(2004)508 è stata pubblicata nel luglio 2004, la seconda SEC(2006)892 nel giugno 2006.

[123]            COM(2005)391.

[124]            Per le due comunicazioni che, insieme alla proposta di direttiva, costituiscono il “pacchetto” di misure (cd.pacchetto Frattini) presentato dalla Commissione il 16 maggio 2007, vedi supra, paragrafo “L’approccio globale in materia di migrazione: recenti iniziative della Commissione”.

[125]            A questo proposito si segnala che il 24 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2007)628) sul rafforzamento della lotta contro il lavoro non dichiarato.

[126]            Oltre alla comunicazione  e alla proposta di direttiva, il pacchetto di misure presentato dalla Commissione il 19 luglio 2006 comprendeva anche la proposta di regolamento (COM(2006)401), relativo alle squadre di rapido intervento, definitivamente approvata il 12 giugno 2007 (vedi infra).

[127]            COM(2006)733.

[128]                  L’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea (FRONTEX) è stata istituita con il regolamento (CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004.

    L’Agenzia ha il compito:

    di coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne;

    assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione;

    preparare analisi dei rischi;

    seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne;

    aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne;

    fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.

[129] Regolamento CE n. 863/2007

[130] Il 30 novembre 2006, sulla base delle indicazioni del Consiglio del 5-6 ottobre 2006, la Commissione ha presentato la comunicazione “Rinforzare la gestione delle frontiere marittime meridionali dell’Unione europea[130]”. La comunicazione, finalizzata a rafforzare l’attività dell’Agenzia europea per la gestione delle frontiere esterne, evidenzia una serie di nuovi strumenti destinati a migliorare la gestione integrata delle frontiere europee. Si propone, fra l'altro, una rete di pattugliamento costiero, un sistema europeo di sorveglianza e un'assistenza operativa, volta a migliorare la capacità degli Stati membri di gestire flussi misti di immigranti illegali. La comunicazione è stata esaminata dal Consiglio nella riunione del 4 dicembre 2006.

[131] Ad esempio, nelle operazioni di rimpatrio, di accoglienza, di presa a carico dei richiedenti asilo e dei profughi.

[132] La lettera di costituzione in mora rappresenta la prima fase della procedura d’infrazione e mette uno Stato in condizioni di presentare le sue osservazioni, qualora la Commissione reputi che esso abbia mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù del trattato che istituisce la Comunità europea. Qualora la Commissione non ritenga esaurienti tali osservazioni, essa emette un parere motivato, seconda e ultima fase della procedura d’infrazione, prima che la Commissione europea proceda al deferimento formale dello Stato membro davanti alla Corte di giustizia, affinché accerti la sussistenza di una violazione del diritto comunitario, secondo quanto previsto dall’art. 226 del Trattato.

[133]  Si ricorda che il citato comma 2 intende, per amministrazioni pubbliche, tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al d. lgs. n.300/1999 (comprese le agenzie fiscali).

Per le Regioni, le province autonome e gli enti del Servizio sanitario nazionale si veda tuttavia il comma 13 del presente articolo .

 

[134]  Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[135]  In base a tale disposizione, inserita dalla L. 59/1997 (c.d. legge Bassanini) la organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate, con regolamenti di delegificazione, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal D.Lgs. 29/1993. Con specifico riferimento agli uffici di diretta collaborazione, la lettera a) del comma 4-bis dell’art. 17 dispone che il riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato debba realizzarsi in modo da stabilire che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell'organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l'amministrazione. Più dettagliatamente, l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 ha precisato che  regolamenti devono attenersi anche ad ulteriori princìpi e criteri direttivi:

-        attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l'efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;

-        assolvimento dei compiti di supporto per l'assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità, anche ai fini della verifica della gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;

-        organizzazione degli uffici preposti al controllo interno, secondo le disposizioni del D.Lgs. 286/1999, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;

-        organizzazione del settore giuridico-legislativo che assicuri: il raccordo permanente con l'attività normativa del Parlamento e l'elaborazione di testi normativi del Governo che consentano la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l'applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;

-        attribuzione dell'incarico di Capo degli uffici di diretta collaborazione ad esperti, anche estranei all'amministrazione, dotati di elevata professionalità.

[136]  L’art. 13 del D.L. 12 giugno 2001, n. 217, convertito, con modificazioni dalla L. 3 agosto 2001, n. 317, nel ribadire che gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio, possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni di cui al D.Lgs. 165/2001, nel rispetto dell'autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale, ha poi introdotto una specifica disciplina per il collocamento in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita dei dipendenti di enti territoriali o ad ordinamento autonomo, dei magistrati e avvocati dello Stato, nonché del personale di livello dirigenziale o apicale delle regioni e degli enti locali.

[137]  V. in particolare M. Argentati et al. Gli uffici di diretta collaborazione negli enti pubblici in Giornale di diritto amministrativo n. 1/2007 pag. 93 e segg.

[138]  Da emanare con D.P.R. ai sensi dell’art. 17, co. 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

[139]  Legge 4 dicembre 1956, n. 1404, Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale.

[140]  Decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63, Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La menzionata lett. c) ha stabilito – ferma restando la titolarità, in capo al Ministero dell’economia e delle finanze, dei rapporti giuridici attivi e passivi – che la gestione della liquidazione nonché del contenzioso può essere da questo affidata ad una società, direttamente o indirettamente controllata dallo Stato, scelta in deroga alle norme di contabilità generale dello Stato. La società può avvalersi anche dell’assistenza, della rappresentanza e della difesa in giudizio dell’Avvocatura dello Stato alle stesse condizioni e con le stesse modalità con le quali se ne avvalgono, ai sensi della normativa vigente, le Amministrazioni dello Stato. È, altresì, facoltà della società di procedere alla revoca dei mandati già conferiti. La società esercita ogni potere allo stato attribuito all’Ispettorato generale per la liquidazione degli enti disciolti del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Sulla base di criteri di efficacia ed economicità e al fine di eliminare il contenzioso pendente, evitando l’instaurazione di nuove cause, la società può compiere qualsiasi atto di diritto privato, ivi incluse transazioni relative a rapporti concernenti differenti procedure di liquidazione, cessioni di aziende, cessioni di crediti in blocco pro soluto e rinunce a domande giudiziali. Sulle transazioni la società può chiedere il parere all’Avvocatura dello Stato. La società può anche rinunciare a crediti al di fuori delle ipotesi previste dal terzo comma dell’articolo 9 della citata L. 1404/1956. In base ad una apposita convenzione, sono disciplinati i rapporti con il Ministero dell’economia e delle finanze e, in particolare, il compenso spettante alla società, i profili contabili del rapporto, nonché le modalità di rendicontazione e di controllo.

[141]  V. il decreto 27 settembre 2004 (Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306).

[142]  Come prevedeva il testo originario dell’art. 28 della legge finanziaria 2002, prima della riformulazione operata dall’art. 1, co. 482, della legge finanziaria 2007.

[143]  In particolare, la formulazione originaria della norma faceva riferimento alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ossia a tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

[144]  Il Senato ha inasprito la riduzione prevista dal testo originario, in base al quale il numero massimo di componenti era pari, rispettivamente, a 5 e a 7.

[145]  Va segnalato che la giurisprudenza più recente sembra ricostruire la natura giuridica delle società in mano pubblica privilegiando gli elementi sostanziali rispetto a quelli meramente formali. Così, secondo alcune ricostruzioni, sarebbe ormai pacifico che una s.p.a. in mano pubblica è privata esclusivamente per la forma giuridica assunta, ma sul piano sostanziale essa, visto che continua ad essere sotto il controllo pubblico, è assimilabile ad un ente pubblico. Va peraltro evidenziato che la norma in oggetto non riguarda solo le società a totale partecipazione pubblica, in relazione alle quali la suddetta giurisprudenza è stata per lo più elaborata.

[146]  Si tratta delle convenzioni, stipulate dalla Consip, con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi.

[147]  Legge 27 dicembre 2006, n. 296.

[148]  Va ricordato in proposito che il co. 2 dell’art. 151 del disegno di legge in esame prevede in via generale che tutte le sue disposizioni costituiscono norme di coordinamento della finanza pubblica per gli enti territoriali; non appare peraltro evidente se e quale incidenza abbia tale principio sulla disposizione in esame. Vedi anche al riguardo quanto detto infra, con riferimento al comma 11.

[149]  Il termine “altre” sembra attribuire anche alla Banca d’Italia la qualifica di autorità amministrativa indipendente, definendo una questione sin qui dibattuta in dottrina.

[150]  In tema di statuizione legislativa di tetti massimi alla retribuzione, la Corte costituzionale ha avuto modo di affermare che (sent. 124/1991, relativa ad un meccanismo di indicizzazione stabilito per legge in maniera cogente, pertanto ad una fattispecie non sovrapponibile a quella in esame): “[…] l’autonomia collettiva non è immune da limiti legali. II legislatore può stabilire […] vincoli di compatibilità con obiettivi generali di politica economica, individuati nel quadro dei programmi e controlli previsti dall’art. 41, terzo comma, Cost. […] Compressioni legali di questa libertà, nella forma di massimi contrattuali, sono giustificabili solo in situazioni eccezionali, a salvaguardia di superiori interessi generali, e quindi con carattere di transitorietà, senza peraltro che la durata del provvedimento debba necessariamente essere predeterminata con l’indicazione di una precisa scadenza. Cessata l’emergenza che lo legittimava, la conservazione del provvedimento si pone in contrasto non solo con l’art. 39 Cost. […] ma anche con l’art. 36 Cost., del quale la contrattazione collettiva, secondo una interpretazione costituzionale consolidata, è lo strumento di attuazione”.

[151]  Il parametro della “retribuzione” è utilizzato da varie disposizioni, ultima tra le quali il citato art. 1, comma 593, della legge finanziaria 2006; in sede applicativa, l’importo è stato determinato in circa 274.000 euro lordi.

[152]  Legge 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999.

[153]  Legge 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[154]  Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[155]  D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[156]  La disposizione, essendo inserita nell’ambito del D.Lgs. 165/2001, si applica a “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed  amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decretolegislativo 30 luglio 1999, n. 300(art. 1, co. 2, D.Lgs. 165/2001).

[157]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[158]Il regolamento è disciplinato dall’art. 89 del T.U.E.L., che prevede i principi ispiratori per la sua redazione e ne disciplinai i contenuti essenziali.

[159]Il testo iniziale dell’art. 7 del D.Lgs. 165/2001 prevedeva che “per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.

[160]Art. 110, comma 6, D.Lgs. 267/2000.

[161]Art. 130 Cost., abrogato dall’art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

[162]Consiglio di Stato, Sez. V. sentenza 25 marzo – 8 agosto 2003, n. 4598

[163]  L. 14 gennaio 1994 n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti. L’art. 148 del T.U.E.L. per quel che concerne il controllo esterno sulla gestione degli enti locali contiene esclusivamente un rinvio alle norme della L. 20/1994.

[164]Art. 13 del D.L. 22 dicembre 1981, n. 786, Disposizioni in materia di finanza locale, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1982, n. 51.

[165]L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[166]Si vedano i commi 7-9 dell’art. 7.

[167]L. 23 dicembre 2005, n. 266, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2006.

[168]Si trattava, in particolare, dell’art. 1, co. 5, del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, che ha inserito nel T.U.E.L. l’art. 198-bis.

[169]D.Lgs. 30 luglio1999 n. 300, Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[170]  R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato.

[171]  D.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3, Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato.

[172]  Art. 83, R.D. 2440/1923 e art. 52, R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti.

[173]  In tal senso C.Cost., sentenza 12 gennaio 1993, n. 24.

[174]  Corte di Cassazione, ordinanza a SS.UU., n. 19667 del 22 dicembre 2003.

[175]  Corte di Cassazione, sentenza a SS.UU., n. 3899 del 26 febbraio 2004.

[176]  Art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, come modificato dall’art. 3, D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

[177]  Art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994, n. 20.

[178]  In tal senso si veda, ad esempio, Cass., Sez. Un., sent. n. 5668 del 25 giugno 1997.

[179]  Per un elenco di tali soggetti si veda, in particolare, lart. 74 del R.D. 2440/1923 e l’art. 178 del regolamento d’esecuzione di cui al R.D. 23 maggio 1924, n. 827, Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato. Per gli enti locali si veda l’art. 93 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali.

[180]  In tal senso si sono pronunciate anche altre sentenze della Corte dei Conti: si vedano, in particolare, Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria n.553/EL/2002 del 10 dicembre 2002  e Sezione Giurisdizionale Regionale del Friuli-Venezia Giulia n. 423/EL/2002 del 28 ottobre 2003.

[181]  Disposizioni riferite genericamente a forme di assicurazione per i Consiglieri regionali contro i rischi conseguenti all’espletamento del mandato sono previste inoltre nelle regioni Piemonte (art. 1, comma 2, L.R. 30 dicembre 1981, n. 57, come modificato da ultimo con l’art. 1 L.R. 17 giugno 1997, n. 35) e Veneto (art. 6-bis della L. R. 10 marzo 1973, n. 9, inserito dall’art. 81 della L.R. 30 gennaio 1997, n. 6). La legge regionale per il Veneto prevede in particolare che l’onere derivante dall’assicurazione sia posto per il 30 per cento a carico dei consiglieri regionali e per il 70 per cento a carico del bilancio del Consiglio regionale.

[182]  L.R. 26 luglio 1997, n. 24, Disposizioni integrative della legge regionale 14 aprile 1995, n. 42, e successive modificazioni.

[183]  L.R. 5 novembre 1998, n. 48, Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 2 maggio 1995, n. 19. “Disposizioni in materia di indennità dei Consiglieri regionali”. Copertura assicurativa rischi derivanti dall’espletamento compiti istituzionali. La legge ha al riguardo introdotto l’art. 9-bis nella L.R. 19/1995.

[184]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[185]  La figura dei segretari comunali e provinciali è disciplinata dagli artt. 97 e segg. del D.Lgs. 267/2000; l’art. 98 prevede l’albo nazionale, al quale si accede per concorso, articolato per sezioni regionali (art. 98) e l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali, cui è affidata la cura di un interesse pubblico, qual è la corretta gestione della categoria dei segretari comunali e provinciali (art. 102).

[186]  Articolazioni decentrate della sezione di controllo sugli atti di governo e sulle amministrazioni dello Stato in sede regionale, avevano sede presso ogni capoluogo di regione a statuto ordinario, ed esercitavano il controllo preventivo, successivo e sulla gestione delle amministrazioni dello Stato avente sede nella corrispondente regione.

[187]  Questi ultimi erano stati istituiti con deliberazione della Corte 13 giugno 1997, n. 1/97, in forza della quale “la Corte dei conti esercita le funzioni di controllo successivo sulla gestione delle regioni, delle amministrazioni pubbliche non statali e degli enti pubblici regionali, nonché sulla gestione dei comuni, delle province e delle altre istituzioni di autonomia operanti nel territorio di ciascuna regione mediante collegi operanti in sede regionale, mediante il modello organizzativo di sezioni”.

[188]  Due in Trentino Alto Adige, con sede in Trento e Bolzano; una sezione di controllo per il Friuli Venezia Giulia con sede in Trieste; una in Sicilia con sede a Palermo; una in Sardegna con sede a Cagliari.

[189]  Il C.d.P. della Corte dei Conti, istituito con l’articolo 10 della L. 117/1988 e modificato, per quanto riguarda la composizione, dall’art. 18 della legge 205/2000 e dall’art. 1 del D.Lgs. 62/2006, ha competenza per i provvedimenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte (principalmente, ma non solo, per i provvedimenti di natura disciplinare).

[190]    A.C. 1746, art. 64.

[191]L. 23 dicembre 1998 n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[192]   L’adeguamento relativo all’anno 2007 è stato disposto con d.p.c.m. del 27 aprile 2007 che ha previsto un incremento dei trattamenti rispetto a quelli in godimento alla data del 1° gennaio 2006 in misura pari a 4,28 per cento.

[193]   Nelle premesse al decreto si rileva che, in mancanza di una elaborazione specifica dell’ISTAT riferita al criterio di calcolo individuato dal comma 4 dell’art. 24 della L. 448/1998, si è individuato un possibile parametro di riferimento per l’aggiornamento dei trattamenti nel dato di contabilità nazionale relativo all’incremento nel periodo di riferimento della retribuzione pro capite lorda nella Pubblica Amministrazione (pari al 13,30 per cento), precisandosi tuttavia che tale dato non può essere tenuto presente in toto e giustifica quindi l’attribuzione, salvo conguaglio, di un aumento identico a quello stabilito nel precedente d.p.c.m.