Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Bilancio e finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis e A.C. 1747 - Commissione agricoltura
Riferimenti:
AC n. 1747/XV   AC n. 1746-bis/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 54    Progressivo: 13
Data: 09/10/2006
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO   LEGGE FINANZIARIA
Organi della Camera: XIII-Agricoltura


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Bilancio e finanziaria 2007

A.C. 1746-bis e A.C. 1747

Commissione Agricoltura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

54/13

 

9 ottobre 2006

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Agricoltura

 

SIWEB

 

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File: AG0025

 


I N D I C E

 

PARTE I - Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1.       Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente  3

1.1     Il quadro generale riassuntivo  3

1.2     Le variazioni rispetto alle previsioni 2006  5

Tavole allegate L’evoluzione delle spese  nel bilancio dello Stato per il 2007-2009  9

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  10

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  11

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  12

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato  13

La disciplina contabile: il bilancio dello Stato  14

La disciplina contabile: la legge finanziaria  19

PARTE II - Profili di interesse della XIII Commissione

1. Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per il 2007 (Tabella 13)37

1.1.    La struttura dello stato di previsione  37

1.2.    Il contenuto dello stato di previsione  38

1.3     Gli effetti del disegno di legge finanziaria  47

2.       Schede relative al disegno di legge finanziaria  53

Articolo 26 (Biocarburanti)53

Articolo 53 (Contenimento della spesa)65

Articolo 148 (Disposizioni in materia di controlli nel settore agroalimentare e di semplificazione)71

Articolo 149 (Enti irrigui)77

Articolo 150 (Misure in favore della vendita diretta di prodotti agricoli)81

Articolo 151 (Convenzioni con le pubbliche amministrazioni)83

Articolo 152 (Interventi per il settore agricolo)85

Articolo 154 (Norme per l'internazionalizzazione del sistema agroalimentare)93

Articolo 155 (Sviluppo della forma societaria in agricoltura)97

Articolo 156 (Norme in materia di bioenergie)101

Articolo 181 (Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)113

Articolo 201 (Fondo per la montagna)129

 

 


PARTE I
-
Il disegno di legge di bilancio per il 2007


1. Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

1.1    Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2007 a legislazione vigente (A.C. 1747) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

423.453
396.555

402.249
380.567

(2)    Spese finali

427.337

444.684

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

3.885

42.436

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 423 miliardi e spese finali per 427 miliardi di euro.

 

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 3.885 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 42.436 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) prevede:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)    Entrate finali
   - di cui entrate tributarie

450.384
423.486

429.180
407.498

(2)    Spese finali

457.419

474.766

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

7.035

456.586

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 26.931 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 30.081 milioni di euro.


1.2    Le variazioni rispetto alle previsioni 2006

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2006, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento nel testo emendato approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 1060), e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2006

Assestato emendato
2006

B.L.V.
2007

Entrate finali

394.311

401.379

423.453

Tributarie

363.708

373.566

396.555

Extratributarie

28.730

25.939

25.022

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

1.874

1.874

1.875

 

 

 

 

Spese finali

430.975

435.903

427.337

Spese correnti

398.814

402.604

399.364

- Spese correnti al netto interessi

327.399

330.619

325.283

- Interessi

71.416

71.985

74.080

Spese conto capitale

32.161

33.300

27.974

Rimborso prestiti

188.925

188.791

189.099

 

 

 

 

Saldo netto da finanziare

-36.664

-34.524

-3.886

Risparmio pubblico

-6.377

-3.099

+22.214

Avanzo primario

34.736

37.461

70.195

Ricorso al mercato (*)

-232.666

-231.656

-196.134

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 registrano una forte riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2006, nell’importo di 30.638 milioni di euro.

Il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un aumento delle entrate finali di 22.074 milioni di euro ed una riduzione delle spese finali di 8.556 milioni di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’aumento di oltre 22 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2006, è determinata dall’incrementi di quasi 23 miliardi di euro delle entrate tributarie e della riduzione di poco meno di 1 miliardo delle entrate extratributarie. Le entrate del Titolo III, relative all’alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti si mantengono stabili a 1.875 milioni.

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2007, la riduzione ha interessato sia quelle di parte corrente, che registrano, rispetto al bilancio assestato 2006, una riduzione di 3.240 milioni di euro, sia quelle in conto capitale, che presentano una riduzione di 5.326 milioni.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un incremento della spesa per interessi di 2.029 milioni di euro.

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2006, come approvato dalla Camera (A.S. 1060), e il dato previsto a legislazione vigente per il 2007 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2006

BLV 2007

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

84.383

83.942

-0,5

Consumi intermedi

10.309

8.577

-16,8

Imposte pagate sulla produzione

4.434

4.611

4,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

180.813

178.824

-1,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.635

3.826

-17,5

Trasferimenti correnti a imprese

4.575

3.840

-16,1

Trasferimenti all'estero

1.593

1.490

-6,5

Risorse proprie CEE

15.850

17.400

9,8

Interessi passivi e redditi da capitale

71.985

74.080

2,9

Poste correttive e compensative

17.004

15.562

-8,5

Ammortamenti

840

841

0,1

Altre uscite correnti

6.184

6.370

3,0

Totale Spese Correnti

402.604

399.364

-0,8

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

2.819

3.384

20,0

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

11.963

9.822

-17,9

Contributi agli investimenti ad imprese

6.848

4.112

-40,0

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

34

26

-23,5

Contributi agli investimenti a estero

189

203

7,4

Altri trasferimenti in conto capitale

9.955

10.183

2,3

Acquisizioni di attività finanziarie

491

244

-50,3

Totale spese Conto Capitale

33.299

27.974

-16,0

Totale Spese Finali

435.902

427.338

-2,0


Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.C. 1747), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2007 e quelli del disegno di legge di assestamento 2006 (A.S. 1060), si rileva una riduzione delle spese correnti rispetto al 2006 pari a 3.240 milioni di euro.

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          consumi intermedi (-1.731 milioni);

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.527 milioni);

-          trasferimenti a regioni (-1.515 milioni) e a comuni (-1.878 milioni) in gran parte relativi alle risorse occorrenti per l'attuazione dei federalismo amministrativo;

-          trasferimenti ad imprese (-735 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (+1.550 euro) dovuti all’incremento dei trasferimenti concernenti le risorse IVA e il contributo calcolato sul PNL;

-          interessi (+2.095 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2007 evidenziano complessivamente una riduzione (-5,3 miliardi di euro) della spesa in conto capitale, che passa dai 33,3 miliardi dell’assestamento 2006 ai 28 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2007.

 


Tavole allegate
L’evoluzione delle spese
nel bilancio dello Stato per il 2007-2009

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

Si segnala che i dati relativi all’assestato 2006 sono tratti dal disegno di legge iniziali (A.C. 1254).


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Economia e finanze

287.417

271.123

58,0

271.989

58,2

261.661

57,2

Sviluppo economico

 

 

 

 

 

7.800

1,7

Commercio internazionale

 

 

 

 

 

217

0,0

ex Attività produttive

4.250

4.248

0,9

2.392

0,5

 

 

Lavoro e previdenza sociale

 

 

 

 

 

54.902

12,0

Solidarietà sociale

 

 

 

 

 

16.611

3,6

ex Lavoro e politiche sociali

68.956

68.864

14,7

72.035

15,4

 

 

Giustizia

7.655

7.425

1,6

7.884

1,7

7.438

1,6

Affari esteri

2.511

2.340

0,5

2.074

0,4

1.894

0,4

Pubblica istruzione

 

 

 

 

 

42.250

9,2

Università e ricerca

 

 

 

 

 

10.554

2,3

ex Istruzione, università e ricerca

51.604

51.835

11,1

52.084

11,1

 

 

Interno

26.749

25.581

5,5

26.807

5,7

24.287

5,3

Ambiente e territorio

1.376

1.357

0,3

1.061

0,2

735

0,2

Infrastrutture

 

 

 

 

 

3.801

0,8

Trasporti

 

 

 

 

 

2.946

0,6

ex Infrastrutture e trasporti

7.779

7.414

1,6

7.151

1,5

 

 

Comunicazioni

396

384

0,1

252

0,1

229

0,1

Difesa

21.335

21.276

4,6

19.252

4,1

18.134

4,0

Politiche agricole

1.767

1.687

0,4

1.446

0,3

1.190

0,3

Beni e attività culturali

2.392

2.263

0,5

1.882

0,4

1.654

0,4

Salute

1.497

1.446

0,3

1.380

0,3

1.115

0,2

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Redditi da lavoro dipendente

82.601

81.743

17,5

85.329

18,2

83.941

18,4

Consumi intermedi

13.198

12.782

2,7

10.980

2,3

8.578

1,9

Imposte pagate sulla produzione

4.414

4.391

0,9

4.434

0,9

4.611

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

177.800

175.285

37,5

182.130

38,9

178.824

39,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.218

3.862

0,8

4.624

1,0

3.826

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

5.074

4.875

1,0

4.591

1,0

3.840

0,8

Trasferimenti all'estero

1.704

1.615

0,3

1.592

0,3

1.490

0,3

Risorse proprie cee

15.700

14.480

3,1

15.850

3,4

17.400

3,8

Interessi passivi e redditi da capitale

76.413

70.671

15,1

71.693

15,3

74.080

16,2

Poste correttive e compensative

51.824

49.294

10,5

44.618

9,5

45.643

10,0

Ammortamenti

833

18

0,0

840

0,2

841

0,2

Altre uscite correnti

4.094

1.433

0,3

6.429

1,4

6.370

1,4

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

6.199

6.170

1,3

3.819

0,8

3.384

0,7

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

16.931

16.768

3,6

12.038

2,6

9.822

2,1

Contributi agli investimenti ad imprese

8.383

8.233

1,8

6.833

1,5

4.112

0,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

122

122

0,0

34

0,0

26

0,0

Contributi agli investimenti a estero

404

396

0,1

215

0,0

203

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.215

8.730

1,9

11.150

2,4

10.183

2,2

Acquisizioni di attività finanziarie

6.557

6.375

1,4

490

0,1

244

0,1

Totale spese conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

1 - Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

436.403

391.939

61,7

422.751

64,4

425.786

65,9

2 –     Difesa

21.055

20.772

3,3

17.664

2,7

16.162

2,5

3 - Ordine pubblico e sicurezza

22.566

22.054

3,5

22.295

3,4

20.152

3,1

4 - Affari economici

53.666

51.638

8,1

45.676

7,0

41.533

6,4

5 - Protezione dell'ambiente

2.081

2.021

0,3

1.697

0,3

1.168

0,2

6 - Abitazioni e assetto territoriale

2.505

2.276

0,4

1.624

0,2

1.475

0,2

7 - Sanità

16.114

15.788

2,5

12.533

1,9

8.893

1,4

8 - Attività ricreative, culturali e di culto

14.770

12.690

2,0

12.413

1,9

11.028

1,7

9 –     Istruzione

49.265

49.441

7,8

49.814

7,6

50.075

7,7

10- Protezione sociale

68.871

66.935

10,5

70.012

10,7

70.245

10,9

Spese complessive

687.296

635.554

100

656.479

100

646.517

100


Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Funzionamento

83.642

82.498

17,7

81.757

17,5

81.326

17,8

Interventi

254.709

248.126

53,1

250.042

53,5

247.000

54,0

Oneri comuni

21.396

17.378

3,7

27.935

6,0

25.368

5,5

Trattamenti di quiescenza

1.081

1.169

0,3

1.066

0,2

1.080

0,2

Oneri del debito pubblico

77.045

71.278

15,3

72.310

15,5

74.670

16,3

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti

44.904

44.253

9,5

31.300

6,7

24.691

5,4

Altre spese in conto capitale

362

243

0,1

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.545

2.298

0,5

3.157

0,7

3.161

0,7

Totale conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


La disciplina contabile: il bilancio dello Stato

Il bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio[1];

§      dal quadro generale riassuntivo.

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

L’approvazione del bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese iscritte in bilancio.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

Bilancio di competenza e di cassa

Per ciascuna unità previsionale di base viene indicata la previsione di competenza e quella di cassa.

il bilancio dello Stato, pertanto, è un bilancio misto, vale a dire un bilancio redatto sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Le dotazioni di competenza quantificano l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire (entrate che si prevede di accertare) e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare (spese che si prevede di impegnare).

Le dotazioni di cassa quantificano l’entità prevista delle entrate che saranno incassate (vale a dire versate in Tesoreria) e delle spese che saranno pagate (erogate dalla Tesoreria).

La competenza, pertanto, tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa, invece, si riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento.

 

Le previsioni di cassa sono determinate assumendo come limite massimo, per quanto concerne l’entrata, la massa acquisibile, e per quanto concerne la spesa, la massa spendibile.

La massa acquisibile e spendibile è data dalla somma della consistenza dei residui (rispettivamente attivi e passivi) e della dotazione di competenza.

 

Si definiscono residui attivi le entrate le entrate accertate, ma non incassate, vale a dire le entrate per le quali ha avuto luogo l’accertamento, ma, entro il termine dell’esercizio finanziario, non è stato effettuato il versamento in Tesoreria.

Si definiscono residui passivi le spese che sono state impegnate, ma non sono state pagate, perché non si è concluso entro la fine dell’esercizio il relativo procedimento di spesa.

In deroga al principio generale per il quale le somme stanziate che alla fine dell’esercizio non siano state impegnate costituiscono economie di bilancio, può essere autorizzata la conservazione in bilancio anche di somme non impegnate. Più precisamente, per gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non siano stati impegnati (residui di stanziamento o residui impropri).

 

Sono oggetto di approvazione parlamentare soltanto le previsioni di competenza e di cassa.

Per quanto riguarda i residui, che sono indicati a fini conoscitivi, la quantificazione nel disegno di legge di bilancio è effettuata in via presuntiva. L’esatto ammontare dei residui al 1° gennaio dell’anno di riferimento sarà determinato in sede di rendiconto relativo all’esercizio precedente.

La classificazione delle entrate e delle spese

Gli stanziamenti, sia di entrata che di spesa, sono classificati secondo i criteri dettati dall’art. 4, comma 1, della legge n. 94/1997.

 

In particolare, le entrate sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione;

§      Titoli, che sono individuati in numero di quattro. Titolo I: entrate tributarie; Titolo II: entrate extra-tributarie; Titolo III: entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti; Titolo IV: entrate derivanti da accensione di prestiti. I primi tre titoli rappresentano le entrate finali;

§      Unità previsionali di base, che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano una ripartizione delle unità previsionali di base ai fini della gestione e della rendicontazione.

 

Le spese sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione, e specificamente l’assunzione degli impegni di spesa e l’emissione dei titoli di pagamento;

§      Titoli, che sono individuati in numero di tre. Titolo I: spese correnti; Titolo II: spese in conto capitale; Titolo III: rimborso di passività finanziarie. I primi due titoli rappresentano le spese finali;

§      Unità previsionali di base che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano un’ulteriore ripartizione delle unità revisionali di base, effettuata tenendo conto dell’oggetto, del contenuto economico e funzionale, del carattere obbligatorio o discrezionale della spesa.

Le unità previsionali di base

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, come delineata dalla legge di riforma n. 94/1997 e dal conseguente decreto legislativo n. 279/1997, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 279/97, la determinazione delle UPB deve assicurare la rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti all'azione amministrativa dello Stato

A tal fine, le unità previsionali di base sono articolate per centri di responsabilità amministrativa, che corrispondono alle strutture dell’amministrazione chiamate a gestire le risorse finanziarie.

All’interno di ciascun stato di previsione, le UPB della spesa sono ripartite, in primo luogo per centri di responsabilità amministrativa e, in secondo luogo, per titoli (spesa corrente, spesa in conto capitale, rimborso di passività finanziarie).

 

Al terzo livello, le UPB di spesa corrente sono distinte in:

§      spese di funzionamento;

§      spese per interventi;

§      spese per trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi;

§      spese per oneri del debito pubblico;

§      spese per oneri comuni.

Per la spesa in conto capitale, le UPB sono articolate in:

§      spese di investimento;

§      spese per oneri comuni;

§      altre spese.

 

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)      l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)      l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)      l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

 

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa.

I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

La ripartizione delle unità previsionali di base in capitoli viene effettuata successivamente all’approvazione e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La classificazione funzionale e la classificazione economica

Per rendere più significativa la lettura del bilancio, la legge 468/1978 e successive modificazioni prevede che, in appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa siano ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica.

Queste ripartizioni, pur non essendo oggetto di votazione in Parlamento, hanno un rilevante valore conoscitivo.

In primo luogo la riforma del bilancio ha previsto la classificazione degli stanziamenti di spesa per funzioni-obiettivo (analisi funzionale), con l’intento di evidenziare la ripartizione delle risorse tra le diverse finalità della spesa, ovvero tra le diverse politiche di settore che si intendono attuare.

Oltre all’analisi funzionale, è prevista la classificazione per categorie (analisi economica), che mira ad evidenziare l’effetto che le spese di bilancio hanno sul sistema economico nazionale. Per questo, con la riforma del bilancio, si è previsto che le categorie economiche siano definite in conformità con gli schemi di classificazione del sistema di contabilità nazionale, che è identico per tutti i paesi membri della Comunità europea.

Anche per le entrate viene esposta una classificazione per categorie, che tuttavia non è ancora stata riformulata in base ai criteri della contabilità nazionale, ma fa riferimento, piuttosto, alla natura dei proventi.


La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

 

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


GLOSSARIO
DEI PRINCIPALI TERMINI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA

 

 

Accensione di prestiti

Ammontare delle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale), con esclusione di quelle di durata inferiore all’anno (debito fluttuante). In sede previsionale, nel bilancio dello Stato, l’accensione di prestiti coincide con il ricorso al mercato [®].

 

Amministrazioni pubbliche

Nell’ambito del sistema di contabilità nazionale, complesso delle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita ovvero nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese; le risorse principali sono costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.

Il settore delle amministrazioni pubbliche è composto di tre sottosettori:

1) amministrazioni centrali, che comprendono i ministeri, la Presidenza del Consiglio, gli organi costituzionali (Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale) e quelli a rilevanza costituzionale (Corte dei Conti, CSM, CNEL) e gli enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (quali ANAS, CONI, CNR, ISTAT, Autorità amministrative indipendenti...);

2) amministrazioni locali, che comprendono gli enti la cui competenza è limitata ad una parte del territorio nazionale (quali regioni, province, comuni, ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS, camere di commercio, università, autorità portuali…)

3) enti di previdenza e assistenza.

Le pubbliche amministrazioni costituiscono il settore di contabilità nazionale preso a riferimento in ambito europeo per la definizione dei parametri di finanza pubblica previsti dal Trattato di Maastricht.

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato [®] sono individuate annualmente in un elenco pubblicato dall’ISTAT. L'elenco è stato da ultimo aggiornato dall’ISTAT con Comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 luglio 2006, n. 174. La compilazione di tale elenco risponde a norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario. Secondo il SEC95 (Sistema europeo dei Conti) [®], ogni unità istituzionale viene classificata nel settore delle pubbliche amministrazioni  sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dal regime giuridico che la governa.

 

Avanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Capitolo

Voce contabile individuata nell’ambito di ciascuna unità previsionale di base [®], rilevante ai soli fini della gestione e della rendicontazione. I capitoli non sono oggetto di approvazione parlamentare.

L’articolazione delle U.P.B. in capitoli - in relazione allo specifico oggetto per l’entrata e secondo il contenuto economico e funzionale della spesa – è effettuata, annualmente, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato contestualmente all’entrata in vigore della legge di approvazione del bilancio.

 

Cassa (bilancio di)

Bilancio nel quale le previsioni di entrata si riferiscono agli incassi e le previsioni di spesa ai pagamenti [® “Entrata (procedimento contabile)”, “Spesa (procedimento contabi­le)”].

Il bilancio annuale di previsione dello Stato viene redatto sia in termini di cassa che in termini di competenza [®].

 

Centro di costo

Unità organizzativa cui è assegnata la responsabilità di gestire risorse che generano costi. E’ la struttura in riferimento alla quale sono effettuate le rilevazioni della contabilità economica per centri di costo [®].

 

Centro di responsabilità amministrativa

Ufficio di livello dirigenziale generale cui sono attribuite, nell’ambito di ciascuno stato di previsione, le risorse finanziarie individuate da un insieme di unità previsionali di base [®] deliberate dal Parlamento. I centri di responsabi­lità amministrativa sono individuati in modo da assicurare il costante adeguamento della struttura del bilancio dello Stato all’organizzazione dell’Amministrazione statale.

 

Classificazione economica

Aggregazione delle spese e delle entrate secondo la loro natura economica, articolata in categorie.

Le principali categorie della tradizionale classificazione economica delle entrate del bilancio dello Stato sono: Imposte sul patrimonio e sul reddito, Tasse e imposte sugli affari, Imposte sulla produzione, consumi e dogane, Monopoli, Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, Proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95 [®]; le principali voci sono: Redditi da lavoro dipendente [®], Consumi intermedi [®], Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, Interessi passivi e redditi da capitale, Investimenti fissi lordi [®] e acquisti di terreni, Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, Acquisizioni di attività finanziarie.

 

Classificazione funzionale

Aggregazione delle spese in base alle finalità cui sono destinate, articolata in funzioni-obiettivo [®].

 

Competenza (bilancio di)

 

Bilancio in cui vengono iscritte, relativamente al periodo considerato, le entrate sulla base degli accertamenti e le spese sulla base degli impegni [® “Entrata (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

Il bilancio annuale di previsione viene redatto sia in termini di competenza (giuridica) che in termini di cassa [®].

 

Consumi intermedi

Corrispondono al valore dei beni e dei servizi consumati quali input nel processo di produzione nelle attività delle pubbliche amministrazioni, con esclusione del capitale fisso (il cui consumo è registrato come ammortamento). I beni e i servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo.

 

Contabilità economica per centri di costo

Secondo quanto disposto dalla legge n. 94/1997, a partire dal 2000, per le Amministrazioni dello Stato è stato introdotto un sistema di contabilità analitica per centri di costo, volta ad individuare i costi di gestione di ciascuna organizzazione, cioè il valore dei fattori produttivi impiegati per la produzione di determinati beni o l’erogazione di determinati servizi. Il sistema di contabilità economica analitica si articola in centri di costo [®], servizi (che rappresentano le attività svolte dai singoli centri di costo) e piano dei conti (che rappresenta lo strumento, articolato su più livelli, mediante il quale viene effettuata la rilevazione economica dei costi).

 

Conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni

Conto che espone le entrate e le spese del settore isti­tuzionale delle amministrazioni pubbliche [®], nell’ambito del sistema di contabilità nazionale. Esso viene predisposto in termini di competenza economica.

Nel conto economico consolidato delle P.A. sono registrate solo le operazioni finali in grado di incidere sulla situazione economica o patrimoniale degli altri soggetti istituzionali, mentre sono escluse tutte le operazioni finanziarie con le quali ad una passività di un settore corrisponde una attività di un altro (concessione di mutui, partecipazioni e conferimenti, riscossione di crediti).

Il conto consolidato delle P.A. è il quadro contabile di riferimento per la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, sia a livello comunitario (negli aggiornamenti annuali del programma di stabilità) sia a livello nazionale (nel documento di programmazione economico-finanziaria).

 

Conto riassuntivo del Tesoro

Documento che, pubblicato mensilmente in Gazzetta ufficiale, dà conto di tutte le operazioni di tesoreria [®] (incassi e pagamenti in termini di competenza e residui; debiti e crediti di tesoreria). Per ciascun periodo di riferimento evidenzia: il risparmio pubblico [®], il saldo da finanziare [®], il disavanzo complessivo [® saldo complessivo] e la situazione del Tesoro.

 

Debito delle amministrazioni pubbliche (debito pubblico)

 

E’ l’insieme delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche; è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività incluse nell’attivo degli enti appartenenti allo stesso settore.

L’aggregato include i seguenti strumenti finanziari:

a) le monete e i depositi; questi comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la tesoreria statale intestati a soggetti non appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche e la raccolta postale inclusa nel passivo di queste ultime;

b) i titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni locali;

c) i prestiti erogati in favore di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche o il cui onere di rimborso sia a carico di queste ultime.

Il debito delle amministrazioni pubbliche è calcolato dalla Banca d’Italia in coerenza con i criteri definiti dall’Unione europea.

 

Disavanzo (deficit)

 

Saldo negativo dei conti di finanza pubblica. Se riferito a conti economici corrisponde all’indebitamento netto [®]; se riferito a conti finanziari coincide con il fabbisogno [®].

In base ai parametri definiti in sede europea, per disavanzo si intende l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni [®].

 

Disavanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Entrata

(procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento di contabilità generale, le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, proventi e crediti di qualsiasi natura, che lo Stato ha il diritto di riscuotere in virtù di leggi, regolamenti o altro titolo.

Il procedimento contabile di entrata si articola in tre fasi:

1) accertamento: fase in cui sorge per lo Stato il diritto a percepire una determinata somma attraverso l’iden­tificazione della ragione del credito e la persona che ne è debitrice; 2) riscossione: fase che consiste nell’esigere dal debitore la somma dovuta allo Stato; 3) versamento: fase in cui le somme riscosse sono versate nella tesoreria dello Stato.

 

Entrate complessive

Costituiscono la somma totale delle entrate.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle entrate correnti [®] e delle entrate in conto capitale [®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei quattro titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti), Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale) e Titolo IV – .”accensione di prestiti” [®].

 

Entrate correnti

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono costituite principalmente da entrate tributarie (imposte dirette e indirette [®]) e dai contributi sociali (effettivi e figurativi) [®].

Nel bilancio dello Stato, corrispondono ai primi due titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, in cui rientrano le entrate di natura fiscale (IRPEF, IRPEG, IRAP, IVA ecc.) e Titolo II – “entrate extratributarie” nel quale sono considerati tutti i proventi diversi da quelli di carattere fiscale, che non incidono sul patrimonio.

 

Entrate in conto capitale

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono le entrate derivanti da imposte in conto capitale [®], da cofinanziamenti dell’Unione europea e da trasferimenti in conto capitale delle imprese e delle famiglie.

Nel bilancio dello Stato, corrispondono al Titolo III delle entrate – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti”.

 

Entrate finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi tre titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti) e Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale).

Esse rappresentano le risorse definitivamente acquisite al bilancio per il raggiungimento dei fini istituzionali, con esclusione delle entrate derivanti dall’accensione di prestiti [®].

 

Fabbisogno

Risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Quando gli incassi superano le erogazioni si ha la cd. “disponibilità”.

Il fabbisogno è un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese dello Stato o di aggregati più vasti.

Nella Relazione trimestrale di cassa, esso viene calcolato con riferimento al settore statale [®] e al settore pubblico [®].

 

Fabbisogno complessivo

 

E’ il fabbisogno [®] aumentato delle regolazioni debitorie pregresse [®] effettuate (o da effettuare) in contanti nei confronti dei soggetti esterni al settore cui si riferisce il conto e diminuito dei crediti maturati a fine periodo da parte dei fornitori.

 

Fabbisogno primario

E’ il fabbisogno [®] calcolato al netto delle uscite per interessi passivi.

 

Fondi speciali

 

Somme, iscritte su apposite unità previsionali di base (una di parte corrente e una in conto capitale) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati dal Parlamento negli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale. L’ammontare del fondo speciale di parte corrente e del fondo speciale di conto capitale è determinato, rispettivamente, dalla tabella A e dalla tabella B della legge finanziaria. Le tabelle A e B indicano altresì gli accantonamenti relativi ai singoli Ministeri nei quali ciascun fondo è ripartito. Le quote del fondo speciale di parte corrente e, se non corrispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento, di quello in conto capitale non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio.

 

Funzioni obiettivo

Voci della classificazione funzionale [®] individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore. La classificazione per funzioni obiettivo è articolata su quattro livelli, di cui i primi tre sono tratti dalla classificazione standard adottata in sede europea (COFOG-SEC95), mentre il quarto livello, determinato in sede nazionale, indica gli obiettivi perseguiti da ciascuna amministrazione. Il primo livello (divisioni) rappresenta i fini primari perseguiti dalle Amministrazioni; il secondo (gruppi) esprime le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche; il terzo (classi) identifica i comparti di attività in cui si articolano le aree di intervento del livello precedente; il quarto livello (missioni istituzionali) rappresenta gli obiettivi perseguiti da ciascuna Amministrazione.

Le funzioni-obiettivo di primo livello sono 10: Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; Difesa, Ordine pubblico e sicurezza, Affari economici, Protezione dell’ambiente, Abitazioni e assetto territoriale, Sanità, Attività ricreative, culturali e di culto, Istruzione, Protezione sociale.

 

Imposte in conto capitale

Sono le imposte percepite a intervalli irregolari, e solo saltuariamente, sul valore delle attività o del patrimonio netto o sul valore dei beni trasferiti per effetto di lasciti, donazioni o altri trasferimenti.

Comprendono:

a) le imposte sui trasferimenti in conto capitale, quali le imposte sulle successioni e sulle donazioni, con esclusione delle imposte sulle vendite di beni (che non costituiscono trasferimenti);

b) le imposte straordinarie sulle attività o sul patrimonio netto (quali i condoni).

 


Indebitamento netto

 

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], è il saldo conclusivo risultante dalla differenza tra le spese complessive [®] e le entrate complessive [®]; se le entrate superano le spese, si ha “accreditamento netto”. Quando si indica genericamente l’indebitamento netto, si intende fare riferimento a questo saldo, che è il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo (o deficit) previsti a livello europeo.

Analogamente, nel bilancio dello Stato si definisce indebitamento (o accrescimento) netto il saldo risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], escluse le operazioni finanziarie (partecipazioni azionarie e conferimenti, concessione e riscossione di crediti e accensione e rimborso di prestiti).

 

Indebitamento netto strutturale

È l’indebitamento netto (riferito al conto economico consolidato della pubbliche amministrazioni) [®] depurato degli effetti del ciclo economico. Con lo stesso termine può peraltro intendersi l’indebitamento netto depurato degli effetti del ciclo economico e al netto delle misure una tantum.

 

Inflazione

L'inflazione al consumo è un processo di aumento del livello generale dei prezzi dell'insieme dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie. Generalmente, si misura attraverso la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, cioè uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo dei consumi delle famiglie in uno specifico anno.

L'ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo:

§       l’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), che misura l'inflazione a livello dell'intero sistema economico italiano.

§       l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (non agricolo). E' l'indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari (ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato);

§       l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo. Prende a riferimento l'intera collettività nazionale, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita. A differenza degli altri due indici, inoltre considera non il prezzo pieno di vendita ma prezzo effettivamente pagato dal consumatore (ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre per gli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, per quello armonizzato europeo il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore, cioè il ticket); l’indice armonizzato europeo tiene inoltre conto delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni).

L’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale e l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono calcolati anche al netto dei tabacchi.

 

Inflazione programmata

Rappresenta il tasso di inflazione fissato nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) come valore di riferimento per l’anno successivo. Tale tasso viene rapportato all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, esclusi i tabacchi [® “Inflazione”]. Il tasso di inflazione programmata rappresenta il parametro di riferimento per la definizione degli aumenti salariali nella contrattazione nazionale.

 

Investimenti fissi lordi

Sono costituti dalle acquisizioni, al netto delle cessioni, di capitale fisso effettuate dai produttori residenti (cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti). Il capitale fisso consiste di beni materiali e immateriali prodotti destinati a essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore a un anno.

Sono fissi in quanto non comprendono le variazioni delle scorte e degli oggetti di valore.

Sono lordi in quanto includono gli ammortamenti.

 

Perenzione amministrativa

Eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi [®] per i quali non siano state effettuate le relative operazioni di pagamento.

I residui passivi relativi a spese correnti si intendono perenti decorsi due esercizi finanziari successivi a quello della loro iscrizione in bilancio (con l’eccezione dei residui relativi a spese per lavori, forniture e servizi, che si intendono perenti decorsi tre esercizi finanziari). I residui passivi relativi alle spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio non oltre il settimo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione.

 

PIL – Prodotto interno lordo

(nominale e reale)

Corrisponde alla produzione totale di beni e servizi dell’economia, diminuita dei consumi intermedi [®] e aumentata dell’IVA [®] e delle imposte indirette [®]  sulle importazioni [®]. È altresì pari alla somma dei valori aggiunti delle varie branche di attività economica, aumentata delle imposte sui prodotti (incluse l’IVA e le imposte sulle importazioni), al netto dei contributi ai prodotti e dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM).

Quando gli importi sono espressi in termini di valori correnti ci si riferisce al PIL ai prezzi di mercato o PIL nominale.

Per determinare il PIL reale, al fine di disporre di un indicatore sulla crescita dell’economia depurato dall’inflazione, è necessario fare riferimento al PIL a prezzi costanti o, in base alla nuova metodologia adottata dall’ISTAT nel marzo 2006, al PIL calcolato sulla base degli indici a catena.

 

Prestazioni sociali

Sono trasferimenti correnti, in denaro o in natura, finalizzati a sollevare queste ultime dagli oneri derivanti da determinati rischi o bisogni (quali malattia, vecchiaia, morte, invalidità, disoccupazione…).

Comprendono trasferimenti correnti e forfettari dei sistemi privati di assicurazione sociale con o senza costituzione di riserve e i trasferimenti correnti da amministrazioni pubbliche e istituzioni senza scopo di lucro, al servizio delle famiglie non subordinati al pagamento di contributi (assistenza).

 

Redditi da lavoro dipendente

Secondo il SEC95 [®], corrispondono al costo sostenuto dai datori di lavoro a titolo di remunerazione dell'attività prestata alle proprie dipendenze dai lavoratori sia manuali che intellettuali. Sono composti dalle retribuzioni lorde e dai contributi sociali effettivi e/o figurativi [®].

 

Regolazioni contabili

 

Definizione contabile di partite debitorie e creditorie tra lo Stato e gli altri soggetti giuridici con iscrizione del relativo importo nei rispettivi bilanci.

Regolazioni debitorie pregresse

 

Operazioni con cui lo Stato regola in contanti o in titoli la posizione debitoria propria o di un altro soggetto pubblico, relativa a transazioni effettuale in esercizi precedenti.

 

Residui (propri)

 

Si distinguono in residui attivi, che corrispondono a entrate accertate ma non ancora riscosse o versate e residui passivi, che corrispondono a spese impegnate ma non ancora pagate [® “Entrate (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

I residui vengono accertati al momento della chiusura dell’anno finanziario ed iscritti nel Rendiconto generale; essi vengono mantenuti nella contabilità degli esercizi successivi fino a quando non siano effettuale le relative operazioni di incasso o pagamento oppure, nel caso dei residui passivi, siano eliminati per perenzione [®].

I residui attivi, che rappresentano dei credito vantati dallo Stato, vengono classificati in funzione della loro esigibilità: quelli considerati assolutamente inesigibili vengono eliminati dalle scritture contabili con decreto ministeriale.

 

Residui di stanziamento

(impropri)

Stanziamenti di bilancio relativi a spese per i quali è autorizzata la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non hanno dato luogo all’assunzione di impegni verso terzi (per questo differiscono dai residui propri).

In via generale i residui di stanziamento relativi a spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio fino all’esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione; se iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre, possono essere mantenuti in bilancio fino al secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione. La conservazione in bilancio dei residui di stanziamento è subordinata alla ricognizione da parte del Ministe­ro dell’economia e delle finanze dello stato di attuazione dei programmi per i quali le somme sono state stanziate.

 

Ricorso al mercato

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese complessive [®].

Esso esprime l’entità dell’indebitamento a medio e a lungo termine relativo all’anno di riferimento. In sede previsionale il limite del ricorso al mercato è fissato dalla legge finanziaria.

 

Risparmio pubblico

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, è il saldo corrente [®], risultante dalla differenza tra il totale dei primi due titoli delle entrate (entrate tributarie+entrate extratribu­tarie=entrate correnti [®]) e il primo titolo della spesa (spese correnti [®]).

 

Saldo complessivo

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®].

Saldo corrente

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate correnti [®] e le spese correnti [®].

 

Saldo finale

Nel bilancio dello Stato, saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate finali [®] e le spese finale [®].

 

Saldo in conto capitale

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate in conto capitale  [®] e le spese in conto capitale [®].

 

Saldo netto da finanziare

 

Nel bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese finali [®]; sono dunque escluse operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza è indicato nel DPEF e, quindi, fissato normativamente nella legge finanziaria, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.

Se le entrate superano le spese si parla di “saldo netto da impiegare”

 

Saldo primario

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], al netto della spesa per interessi passivi.

 

SEC 95
(Sistema europeo dei conti nazionali e regionali)

Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). I settori istituzionali individuati sono cinque: società non finanziarie; società finanziarie; amministrazioni pubbliche; famiglie; istituzioni sociali private. In rapporto all’Unione economica e monetaria assume specifico rilievo il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche [®].

Per la registrazione delle operazioni viene adottato il criterio della competenza economica [®]. Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.

 

Settore pubblico

 

Aggregato costituito dal settore statale [®], dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza.

Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi dall’ISTAT nelle amministrazioni pubbliche.

 

Settore statale

 

Aggregato costituito dalla gestione del bilancio dello Stato, dalla gestione di tesoreria (quest’ultima ricomprende principalmente le operazione dei bilanci delle ex aziende autonome).

In sostanza, tale settore è costituito dagli enti che imputano direttamente le loro operazioni di cassa sulla tesoreria statale.

 

Spesa (procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento generale di contabilità, sono spese dello Stato quelle alle quali si deve provvedere a carico dell’erario a norma di legge, decreti, regolamenti o altri atti di qualsiasi specie e quelle, in genere, necessarie per il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono dalle amministrazioni dello Stato.

Il procedimento contabile della spesa si articola in quattro fasi:

1) impegno: atto con cui nell’ambito di uno stanziamento di bilancio, una determinata somma viene destinata in modo specifico ad un provvedimento di spesa; l’impegno ha l’effetto di costituire un vincolo per la somma impegnata, che non potrà essere utilizzata per destinazioni diverse; 2) liquidazione: fase in cui viene determinata la persona del creditore e l’ammontare del debito; 3) ordinazione: fase in cui si dà ordine alla tesoreria o agli altri organi competenti di pagare la somma in precedenza liquidata; 4) pagamento: fase in cui gli agenti pagatori o la tesoreria adempiono materialmente all’obbligazione.

 

Spese complessive

Costituiscono la somma totale delle spese.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle spese correnti [®] e delle spese in conto capitale [®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei tre  titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®], Titolo II – Spese in conto capitale (che insieme costituiscono le spese finali) [®], Titolo III – Rimborso prestiti.

 

Spese correnti

Spese destinate alla produzione ed al funzionamento dei vari servizi statali, nonché alla redistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, le spese correnti sono costituite principalmente da spese per: redditi da lavoro dipendente [®], consumi intermedi [®], prestazioni sociali in denaro [®] e interessi passivi.

Fra le ulteriori spese correnti, si ricordano: le prestazioni sociali in natura [®], gli ammortamenti [®], le imposte indirette [®], i contributi alla produzione, gli aiuti internazionali e gli ulteriori trasferimenti correnti (all’UE, alle istituzioni sociali private, alle famiglie e alle imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “1”.

 

Spese finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi due titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®] e Titolo II – Spese in conto capitale [®].

Rappresentano le somme necessarie per le amministrazioni statali per perseguire i propri scopi o fini istituzionali. Dalle spese finali sono quelle escluse relative al rimborso di prestiti (titolo III della spesa), definite “spese strumentali”.

 

Spese in conto capitale

Spese che incidono, direttamente o indirettamente, sulla formazione del capitale.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni le spese correnti sono costituite principalmente sono costituite principalmente da spese per investimenti fissi lordi [®].  Fra le ulteriori spese in conto capitale si ricordano i contributi agli investimenti (soprattutto in favore di imprese) e altri trasferimenti in conto capitale (anch’essi soprattutto in favore di imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “2”.

 

Titoli di Stato

Titoli obbligazionari del Tesoro. Comprendono i prestiti emessi sui mercati esteri, e le seguenti tipologie di titoli emessi sul mercato interno: BOT (Buoni ordinari del Tesoro, privi di cedole, emessi con scadenza variabile da 1 a 12 mesi), BTP (Buoni del Tesoro poliennali a tasso fisso con cedola semestrale, emessi con durata compresa tra i 2 e i 30 anni; dal 2003 sono emessi anche BTP indicizzati all’inflazione) e alcune tipologie di certificati del Tesoro (Titoli obbligazionari emessi dal Tesoro).

 

Unità previsionale di base

 

Unità fondamentale della struttura del bilancio dello Stato, come determinata dalla riforma introdotta dalla legge n. 94/1997.

Le UPB formano oggetto di approvazione parlamentare.

Le UPB di spesa sono classificate per centri di responsabilità amministrativa [®] e sono determinate con riferimento ad aree omogenee di attività in cui si articolano le competenze istituzionali di ciascun ministero.

In particolare , le UPB di spesa sono contrassegnate da 4 numeri; il primo numero indica il centro di responsabilità amministrativa, il secondo il titolo della spesa (1=spesa corrente; 2=spesa in conto capitale).

 

 


PARTE II
-
Profili di interesse della
XIII Commissione

 


1. Stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per il 2007
(Tabella 13)

1.1.   La struttura dello stato di previsione

In base a quanto previsto dalla legge 3 marzo 1997, n. 94 e dal successivo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, la ripartizione degli stati di previsione è effettuata in unità previsionali di base (UPB), che formano oggetto di approvazione parlamentare.

Le unità previsionali di base sono ripartite in capitoli, che non sono oggetto di deliberazione parlamentare ma hanno uno scopo meramente conoscitivo ai fini dell’esame del disegno di legge di bilancio.

Le unità previsionali di base costituiscono l’insieme organico delle risorse finanziarie affidate alla gestione di un unico centro di responsabilità amministrativa. La determinazione delle unità previsionali di base deve assicurare la piena rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi generali perseguiti dalle politiche pubbliche di settore ed all’esigenza di verificare la congruenza delle attività amm0inistrative agli obiettivi medesimi, anche in termini di servizi finali resi ai cittadini. Per la spesa, le unità previsionali di base sono ripartite a seconda che si riferiscano alla spesa corrente, o a quella in conto capitale.

Nelle scritture di bilancio, le unità previsionali di base sono indicate con il codice a quattro numeri: il primo indica il centro di responsabilità, il secondo indica le spese correnti ovvero in conto capitale (1 per le prime e 2 per le seconde) o per il rimborso del debito pubblico (3), il terzo numero indica il tipo di spesa mentre il quarto indica progressivamente l’unità previsionale di base.

A decorrere dall’esercizio per il 2003, e per i successivi due esercizi, i centri di responsabilità del Ministero per le politiche agricole e forestali (MIPAF) sono stati i seguenti:

1 Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del ministro

2 Dipartimento delle politiche di mercato

3 Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi

4 Ispettorato centrale repressione frodi

5 Corpo forestale dello Stato

Con l’approvazione del DPR 23 marzo 2005 n. 79 che ha abrogato il precedente DPR n. 450/2000 è stata avviata la riorganizzazione del Ministero che ora conta al proprio interno il Dipartimento delle filiere agricole e agroalimentari, ed il Dipartimento delle politiche di sviluppo, in sostituzione rispettivamente del Dipartimento delle politiche di mercato e del Dipartimento della qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi.

Le precedenti due direzioni afferenti al Dipartimento delle politiche, aventi competenze in materia di politiche agroalimentari l’una, e di pesca ed acquacoltura l’altra, sono ora diventate tre strutture del Dipartimento delle filiere. La prima struttura si è infatti sdoppiata dando vita ad una direzione generale avente una competenza in tema di politiche agricole, ed una direzione in materia di trasformazione agroalimentare e dei mercati; resta una direzione per la pesca marittima e l’acquacoltura.

Il Dipartimento delle qualità era dotato di tre uffici di livello dirigenziali il primo dei quali era competente in materia di qualità dei prodotti e di tutela del consumatore, il secondo in tema di politiche strutturali e sviluppo rurale, l’ultimo avente la direzione dei servizi e degli affari generali.

L’attuale Dipartimento delle politiche di sviluppo è invece dotato di due distinte strutture dedicate l’una alla qualità dei prodotti e l’altra alla tutela del consumatore, resta una direzione per lo sviluppo rurale, ed una direzione generale dell’amministrazione.

Pertanto, a decorrere dall’esercizio 2006, i centri di responsabilità del Ministero per le politiche agricole e forestali (MIPAF) che compaiono nella tabella XIII sono i seguenti:

1 Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del ministro

2 Dipartimento delle filiere agricole e agroalimentari

3 Dipartimento delle politiche di sviluppo

4 Ispettorato centrale repressione frodi

5 Corpo forestale dello Stato

 

Per quanto riguarda l’analisi funzionale, le spese sono classificate per funzioni-obiettivo.

Le funzioni obiettivo individuate per il MIPAF sono:

1 Servizi generali

2 Difesa

3 Ordine pubblico e sicurezza

4 Affari economici

5 Protezione dell’ambiente

7 Sanità

1.2.   Il contenuto dello stato di previsione

Il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l’esercizio 2007 (AC 1747) prevede per il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (tabella n. 13), una spesa complessiva in termini di competenza pari a 1189,6 milioni di euro. La struttura amministrativa del dicastero agricolo che gode della maggiore attribuzione di risorse è il Dipartimento delle politiche di sviluppo, al quale vengono assegnati 592 mln di euro che rappreserntano la metà dell’intera dotazione della tabella.

Nell’esercizio 2006 le risorse inizialmente iscritte in bilancio erano pari a 1276,4 milioni di euro (+ 86,8 mln di euro rispetto all’esercizio in esame), divenuti 1.401,5 milioni a bilancio approvato, e con la legge di assestamento ulteriormente rivisti a 1.445,7 milioni.

La tabella 13 prevede, spese di parte corrente pari a 704,9 mln (795,8 per il 2006), e spese in conto capitale pari a 484,7 mln (480,6 mln nel 2006).

 Per le prime continua a pesare in particolare il Corpo forestale che da solo assorbe 405,4 mln per le proprie spese di funzionamento.

Mentre per la parte capitale va segnalato che, se nei trascorsi esercizi la voce di gran lunga più rilevante era costituita dal Fondo unico per gli investimenti, per l’esercizio in esame gli investimenti più consistenti afferiscono alla Bonifica, miglioramento e sviluppo fondiario, UPB 3.2.3.3 cui sono attribuiti 332,4 mln, fondamentalmente diretti ad assicurare il finanziamento degli incentivi assicurativi del fondo di solidarietà nazionale, (190 mln) e quelli diretti al recupero delle risorse idriche nelle aree di crisi 81 mln).

Il Fondo Unico, che trova una posta di soli 28,7 mln viene in ogni caso significativamente rifinanziato con la tab. D per l’importo di 235,6 mln per il 2007

Pur in presenza di una contrazione delle risorse assegnate alla spesa di parte corrente, rimane confermata la netta prevalenza di queste all’interno delle spesa complessivamente autorizzata nella tabella XIII. La struttura della spesa iscritta nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende ormai stabile il prevalere degli stanziamenti attribuiti al titolo I, ed è conseguente alla lenta erosione delle disponibilità conferite nel corso degli ultimi esercizi alle le spese in conto capitale.

 

 

La classificazione per centri di responsabilità

Gabinetto ed uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro

Al Gabinetto ed agli uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro sono attribuiti poco meno di 58 mln (170,7 mln per il 2006) quasi equamente distribuiti fra spese correnti e in conto capitale, a causa del sensibile calo del Fondo unico per gli investimenti, al quale sono assegnati 28,7 milioni invece dei 136,4 mln del trascorso esercizio. La finanziaria in esame tuttavia attribuisce al fondo un rifinanziamento iscritto nella tabella D.

Nel Fondo unico per gli investimenti, istituito nell’esercizio 2003 sulla base all’articolo 46 della legge finanziaria 2002 (legge n. 448/2001), debbono confluire le risorse relative ad autorizzazioni di spesa per nuovi investimenti, nonché gli stanziamenti disposti in bilancio relativamente ad investimenti già autorizzati. Il Fondo iscritto nella tabella del Ministero dell’agricoltura sul Cap 7003 (UPB 1.2.10.2) si configura attualmente come Fondo generale costituito per una parte dalle risorse di cui dispongono le diverse leggi che di anno in anno l’allegato 2 alle tabelle della finanziaria vi include, e dall’altra dalle risorse intestate direttamente alla legge. 448, che costituiscono il Fondo unico in senso proprio[2].

A decorrere dall’esercizio 2005, scontando la manovra disposta con il ddl finanziaria per quello in corso d’esame, il fondo è stato dotato secondo gli importi riportati nella tabella che segue:

UPB 1.2.10.2

Cap 7300

2005

2006

2007

2008

2009

Prev. bilancio 2005

347,128

347,128

13,103

 

 

L. n. 311/04, Tab E

- 93,717

- 93,717

--

 

 

L. n. 311/04, Tab F

- 13,000

- 13,000

+ 26,000

 

 

L. n. 311/04, co. 87

- 2,000

--

--

 

 

Definitivo 2005

238,411

240,411

39,103

 

 

D.L. n. 22/05

 

- 22,000

 

 

 

L. n. 266/05, co. 426

 

- 3,000

 

 

 

L. n. 266/05, Tab. E

 

- 82,100

- 10,400

 

 

Definitivo 2006

 

133,311

28,703

13,103

 

Prev. bilancio 2007

 

 

28,703

13,103

13,103

DDL finanziaria Tab. D

 

 

220,600

220,000

270,000

Totale 2007

 

 

249,303

233,103

233,103

 

La tabella evidenzia le seguenti operazioni:

§       la Tabella E della finanziaria 2005 ha definanziato di 93,717 milioni sia la posta relativa all’esercizio 2005 che quella per il 2006;

§       laTabella F della medesima finanziaria ha posticipato all’anno 2007 13 milioni di eurodel 2005 e 13 milioni del 2006;

§       infine l’articolo 1, comma 87 della stessa legge n. 311 ha ridotto la posta relativa al 2005 di ulteriori 2 milioni di euro, destinati al finanziamento del Piano d’azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici;

§       il DL n. 22/05 con l’art. 1, co 2 ha sottratto 22 mln all’esercizio 2006 per attribuirli all’UNIRE (per il potenziamento delle proprie infrastrutture);

§       l’art. 1, co. 426 della finanziaria 2006 che ha assegnato 3 mln per la diffusione della nostra cultura gastronomica, della tutela delle produzioni tipiche e per la ricerca nel campo agroalimentare;

§       la tabella E della stessa finanziaria 2006, ha decretato una variazione negativa pari a - 82,1 milioni per il 2006 e pari a - 10,4 milioni per il 2007;

§       la tabella D dell’esercizio in esame dispone un rifinanziamento del fondo su base triennale, per 220 milioni sia per il 2007 che per il 2008, e 270 mln per il terzo anno del bilancio triennale.

 

I restanti 29,2 mln (34,3 mln nel 2006) che sono assegnati al Gabinetto coprono le spese di parte corrente e vanno per 7,5 mln sulla UPB 1.1.1.0 per le spese di funzionamento per il personale e per acquisto di beni e servizi (in primo luogo fitto di locali ed oneri accessori).

Tra gli oneri comuni, nella UPB 1.1.5.3 compare il CAP 1125 Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese, con una dotazione pari a 21,7 mln. Tale autorizzazione di spesa è attuativa dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 266/2005 finanziaria per il 2006, che ha indicato i seguenti provvedimenti da includere nel Fondo del MIPAAF:

§      DL n. 16/2004, art. 3, co. 2 che ha recato misure di accompagnamento sociale,

§      L. 311/2004, art. 1, co. 245 che ha disposto contributi per l’interruzione obbligatoria dell’attività di pesca

§      L. 499/1999 nella parte in cui finanzia le attività del dicastero agricolo, specificamente gli enti e istituti di ricerca (per le attività di certificazione del materiale di moltiplicazione, per la definizione dei processi di tracciabilità agroindustriale, per l’esecuzione dei controlli da parte dell’Agecontrol non cofinanziati dall’UE).

 

Dipartimento delle filiere agricole e agroalimentari

Il dipartimento delle filiere vede una sensibile riduzione delle proprie risorse a causa dell’esaurirsi dei benefici di natura fiscale e previdenziale di cui hanno potuto godere le imprese esercitanti la pesca costiera, benefici il cui protrarsi è stato sancito con le ultime finanziarie a decorrere dal 2004.

Al dipartimento sono pertanto assegnati 55,4 mln (80,70 mln nel 2006), relativi prevalentemente alle spese correnti (34,7 mln) destinate in primo luogo agli interventi per il settore della pesca, che si vede attribuire 20,5 mln sulla UPB 2.1.2.7.

In detta unità previsionale di base vanno segnalati i seguenti capitoli di spesa:

·           il cap 1476, che reca le risorse destinate al  Fondo di solidarietà nazionale della pesca;

·           il cap 1477, che sulla base della legge n. 267/91 sul piano triennale per la pesca, attribuisce i fondi alle associazioni di categoria del settore ittico;

·           il cap. 1481, che sotto la denominazione “trasferimenti alle imprese”, unifica le spese stanziate a vario titolo per misure di accompagnamento sociale (per la riconversione o per le interruzioni) ma le cui risorse vengono, in base all’art. 1, comma 11 della finanziaria 2006, fatte confluire nella nuova UPB 1.1.5.3

·           il cap 1482, che reca una posta di 2,4 mln per gli imprenditori che svolgono attività connesse a quelle della pesca;

·           il cap. 1486 vede l’esaurirsi degli effetti del D.L. n. 157/2004 (conv. mod. L. 204/2004). Che con l’art. 3 aveva approvato un intervento in favore della flotta peschereccia della regione Molise per il triennio 2004/2006;

·           infine, con una posta di 6 milioni di euro, persiste in bilancio il cap. 1485, la cui istituzione nel 2004 era conseguente all’approvazione dell’articolo 2, co. 5, della legge n. 350/2003 (legge. finanziaria 2004), che aveva prorogato, per il solo anno 2004, le disposizioni di cui all'articolo 11 della Legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001), con il quale taluni benefici di natura fiscale e previdenziale erano stati estesi alle imprese esercitanti la pesca costiera (nonché a quelle della pesca interna e nelle acque lagunari). Le previste agevolazioni sono state ulteriormente protratte al 2005 dal comma 510 dell’art. 1 della legge 311/2004 Finanziaria per il 2005, e sono protratte anche per il 2006 dal co. 119 della legge n. 266/2005 finanziaria 2006.

Ancora tra le spese per interventi, va segnalata la UPB 2.1.2.1 che sul Cap 1466 (in precedenza 1468) recava i 13 mln assegnati all’Agecontrol per i controlli di qualità sugli ortofrutticoli alla stessa assegnati dal D.L. n. 22/2005[3]. La posta era stata definita dal comma 427 della finanziaria 2006. In proposito va segnalato che il comma 4 dell’art. 148 della finanziaria in esame reca anche per l’esercizio 2007 le risorse necessarie all’espletamento dei controlli, quantificandole in 23 meuro.

Le rimanenti risorse di parte corrente vanno soprattutto alle spese di funzionamento che, restando fondamentalmente stabili, assorbono 13,3 mln (UPB 2.1.1.0), destinati per la gran parte al personale (10,2 mln).

 

Dipartimento delle politiche di sviluppo.

Al Dipartimento delle politiche di sviluppo sono assegnati 592 mln (517 mln nel 2006), di cui 180 mln di parte corrente e 412 in conto capitale.

Per le spese di parte corrente, sulla UPB 3.1.1.0 sono iscritti 26,5 mln (27,6 mln nel 2006) per spese di funzionamento, destinati in gran parte al personale.

 

 

La quota più significativa, 142,5 mln (152,5 mln nel 2006) va invece agli interventi destinati al trasferimento di risorse, che sono soprattutto riservati  al Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura (CRA), che da solo si vede attribuire 92,9 mln, arrotondati con la tab. C della finanziaria a 100 mln per ciascun anno del triennio, iscritti sulla UPB 3.1.2.10 per le spese per il personale ormai posto a suo carico in seguito all’approvazione delle nuove norme statutarie.

 

Per quanto riguarda le spese in conto capitale (come detto stabilite in quasi 412 mln), una significativa parte delle risorse è assegnata alla bonifica, miglioramento e sviluppo fondiario, con l’appostamento di 332,4 mln (212,6 mln. nel 2006) sulla UPB 3.2.3.3. Di questi, circa 41 mln (Cap 7450) sono stabilmente diretti al sostegno nell’ammortamento dei mutui decennali contratti dai consorzi di bonifica per la realizzazione delle opere di particolare rilevanza nel settore dell’irrigazione (DL n. 67/97, art. 1, co. 3). Inoltre, anche per l’esercizio 2007 restano destinati al recupero delle risorse idriche nelle aree di crisi e per una maggiore protezione ambientale (Cap 7453) poco più di 81 mln in conseguenza del differimento al 2008, disposto dalla legge 311/2004 (Finanziaria per il 3005), del nuovo limite d’impegno che pertanto compare solo nella tabella F della finanziaria (cfr. tabella successiva).

 

Il menzionato importo complessivo di 81 mln deriva dalla iscrizione sul capitolo dei seguenti limiti di impegno, tutti quindicennali:

·         5 mln di euro circa annuali a decorrere dall’esercizio 2002 ed altri 5 mln a decorre dal 2003, entrambi in base all’art. 141 della legge n. 388/2000 (finanziaria 2001);

·         15 mln. con decorrenza dal 2002, disposti dall’articolo 13, comma 4-nonies del D.L. n. 138/2002 (conv. mod. L. 178/2002);

·         5 mln. attribuiti dall’art. 80, co. 45 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003);

·         l’art. 4, co. 31 della legge n. 350/2003 (legge finanziaria per il 2004) ha autorizzato due ulteriori limiti d’impegno quindicennali, pari entrambi a 50 mln di euro, a decorrere, rispettivamente, dal 2005 e dal 2006;

·         tuttavia la tabella F della legge 311/2004 Finanziaria 2005, in sede di rimodulazione della spesa delle leggi pluriennali, ha disposto che il limite d’impegno che avrebbe dovuto decorrere dall’esercizio 2006 venga posticipato all’esercizio 2008.

 


Lo stanziamento derivante dall’accumularsi delle risorse assegnate dalle citate norme al capitolo 7453 è illustrato nella tabella che segue.

 

Cap. 7453 (UPB 3.2.3.3) – Spese per il recupero di risorse idriche in aree di crisi

(limiti d’impegno quindicennali – milioni di euro)

 

Legislazione

Anno

 

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008...

 

L. 388/2000, art. 141.3

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

5,65

 

D.L. 138/2002, art. 13.4 nonies

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15,49

15-49

 

L. 289/2002, art. 80.45

 

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

5,27

 

L. 350/2003, art. 4.31

 

 

 

50,00

50,00

50,00

50,00

50,00

50,00

50,00

 

L. 311/2004,  tab F

 

 

 

 

- 50,00

- 50,00

 

 

TOTALE  Cap 7453

21,14

31,09

31,09

81,09

81,09

81,09

131,09

 

 

Ancora nella medesima UPB 3.2.3.3. sono allocati i capitoli di spesa relativi agli interventi di sostegno del settore agricolo per le avversità atmosferiche previsti ora con il D.lgs. n. 102/2004 (Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della L. 7 marzo 2003, n. 38) che pur avendo sostituito la precedente legge 185/1992 conserva quale strumento operativo il “Fondo di solidarietà nazionale”.

Con il D.lgs. 102/2004 il Fondo di solidarietà nazionale mantiene la veste di conto infruttifero aperto presso la Tesoreria ed intestato al Ministerro delle politiche agricole (art. 15), ma la dotazioni del fondo deve riversarsi in due distinti capitoli, l’uno iscritto nello stato di previsione del dicastero agricolo, denominato Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi, l’altro iscritto nella tabella del dicastero dell’economia, e denominato Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori. Il Mipaf pertanto gestisce le risorse stanziate sul Cap. 7439 della UPB 3.2.3.3 destinate ad incentivare la stipula dei contratti assicurativi che, in quanto classificate come interventi di sostegno dell’economia dal comma 84 della legge 311/2004 (Finanziaria 2005), possono annualmente essere rifinanziate in tab D della legge finanziaria; il dicastero dell’economia invece gestisce le risorse destinate agli interventi di compensazione dei danni sofferti dai produttori e agli interventi di ripristino delle infrastrutture, Cap 7411 della UPB 3.2.4.3.; le disponibilità destinate agli interventi indennizzatori, ancora interviene il citato comma 84, sono individuate “a valere sulle risorse del Fondo di protezione civile”, che viene annualmente determinato in tabella C. Il Cap 7411 del dicastero dell’economia reca 43,108 mln per il 2007, mentre per completezza si segnala che nella tabella C il Fondo per la protezione civile, di cui alla l. 142/1991,- viene incrementato di 20 mln per ogni anno del triennio in esame, e pertanto ha una dotazione di 223 meuro per ciascun anno.

Per ulteriormente rafforzare gli incentivi destinati ad indirizzare il comparto primario verso una maggiore copertura assicurativa, con l’art. 127, comma 3 della legge 388/2000 (finanziaria 2001) è stato istituito presso l’ISMEA un Fondo per la riassicurazione dei rischi agricoli, deputato a compensare i rischi coperti da polizze che godono del contributo pubblico ai sensi del D.lgs. 102. Per la gestione del Fondo, stanziato sul cap 7489 della medesima UPB 3.2.3.3 del Mipaf, l’ISMEA deve tenere una contabilità separata.

Sulla base della illustrata legislazione il Cap 7439, precedentemente diretto al sostegno delle associazioni di produttori per la difesa passiva ed attiva delle produzioni, è ora intestato al Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi e reca una posta di 190 mln di euro.

Le disposizioni della finanziaria 2006 avevano infatti dotato il capitolo in modo assai più consistente di quanto previsto all’inizio della manovra, attribuendogli definitivamente 160 mln per il 2006, e 200 mln sia per il 2007 che per il 2008. Il D.L. n. 202/2005 (art. 5, co. 3-quater) tuttavia ha sottratto su entrambe le annualità 2006 e 2007 10 milioni di euro destinati ai mutui accesi dalle imprese della filiera avicola per una loro riconversione o ristrutturazione.

Infine, sul Cap 7480, 10 mln sono confermati per il Fondo per la riassicurazione dei rischi atmosferici, istituito presso l’ISMEA allo scopo di sostenere la competitività delle imprese e favorire la riduzione delle conseguenze dei rischi atmosferici. Le risorse costituite dai menzionati 10 mln sono state assegnate al fondo per la riassicurazione dall’art. 13, co. 4-sexies del D.L. n. 138/2002 (conv. mod. L. 178/2002) a decorrere dall’esercizio 2002.

Sono riservati alla informazione e ricerca complessivi 56,6 (64,5 mln nel 2006) nella UPB 3.2.3.4; in tale Unità va segnalato il cap 7638, che prevede 44,5 mln destinati alle cinque regioni a statuto speciale per gli interventi loro trasferiti dal D.lgs. n. 143/1997 (che ha riformato il dicastero agricolo in attuazione della legge n. 59/97).

Infine, nella UPB 3.2.3.5 zootecnia sono iscritti 22 mln interamente attribuiti al cap 7732 di nuova istituzione e riservati all’UNIRE per il potenziamento delle proprie infrastrutture, come disposto dal DL n. 22/2005 (conv. legge n. 71/2005)

 

Ispettorato centrale repressione frodi

All’Ispettorato centrale repressione frodi, la cui struttura è riformata dall’art. 148 della finanziaria in esame, sono assegnati 41,5 mln di euro (38,8 mln nel 2005), di fatto destinati interamente alle spese di natura corrente per funzionamento. All’interno della UPB 4.1.1.0 le spese per stipendi e per i connessi oneri sociali assorbono da sole 32,3 mln (cap 2397 e cap 2408).

 

Corpo forestale dello Stato.

Al Corpo forestale dello Stato, che ha visto ridefinire in modo organico le proprie competenze dalla legge n. 36/2004 (Nuovo ordinamento del Corpo forestale dello Stato) sono assegnati 442,7 mln (460,28 mln. nel 2006), quasi per intero destinati alle spese di parte corrente (420 mln), riservate alle spese generali di funzionamento (UPB 5.1.1.1). Alle spese di personale sono destinati 386,5 mln (per stipendi ed oneri sociali), mentre ulteriori 13,6 mln sono riservati alle spese per beni e servizi che includono ora anche quelle per vettovagliamento, equipaggiamento e casermaggio.

Della parte in conto capitale, 23,2 mln totali, all’economia montana e forestale (UPB 5.2.3.4) sono assegnati 20,9 mln (soprattutto da impiegarsi per l’attività di prevenzione e lotta agli incendi, incluso l’addestramento del personale e l’acquisto, manutenzione e noleggio dei mezzi aerei e terrestri).

 

La classificazione per funzioni-obiettivo

Sotto il profilo delle funzioni-obiettivo dell’Amministrazione, ottenute attraverso l’aggregazione delle diverse attività da questa svolte, il totale dei 1189,6 mln di euro in competenza nella tabella del Ministero delle politiche agricole e forestali viene ripartito fra i diversi centri di responsabilità nel modo che segue[4]:

1.    ai servizi generali delle pubbliche amministrazioni vengono attributi 4,4 mln (quasi 5 mln nel 2006); di questi poco più di 4 (4,7 mln nel 2006) sono assegnati all’Ispettorato centrale repressione frodi, per essere destinati essenzialmente al personale. Il totale assegnato nel bilancio dello Stato a tale funzione è pari a 425.786 mln di euro, ed è l’aggregato preponderante poiché rappresenta il 65,9% degli stanziamenti di bilancio autorizzati in competenza per l’esercizio 2007;

2.    alla difesa sono assegnati poco più di 95,5 mln (79,9 mln nel 2006) interamente attribuiti al Corpo forestale dello Stato per i compiti istituzionalmente assegnati di difesa civile in occasione di pubbliche calamità. Il totale assegnato nel bilancio dello Stato alla funzione difesa è pari a 16.162 mln., voce che rappresenta il 2,5% della spesa totale;

3.    all’ordine pubblico e sicurezza sono assegnati 124,3 mln (209,4 mln nel 2006) ancora interamente attribuiti al Corpo forestale dello Stato. Il totale assegnato nel bilancio dello Stato è di 22.152 mln, che rappresentano il 3,1% della spesa totale;

4.    gli affari economici godono dello stanziamento di gran lunga più rilevante, pari a 760,7 mln (804,2 mln nel 2006). L’importo, detratte le risorse del Fondo unico per gli investimenti e riservate al Gabinetto per la realizzazione dell’indirizzo politico, è assegnato per 590,9 mln (516,6 mln. nel 2006) al dipartimento delle politiche di sviluppo (per essere destinato alla incentivazione del settore agricolo ed agroindustriale, ivi inclusi gli incentivi destinati al sistema irriguo e quelli destinati alla diffusione del sistema assicurativo in agricoltura). Al dipartimento delle filiere agricole e di mercato vanno circa 55,1 mln (80,8 mln nel 2006) per gli interventi di programmazione e di gestione delle filiere agroindustriali, ma soprattutto di incentivazione del comparto della pesca. Le restanti risorse vanno per 37,4 mln (34,1 mln nel 2006) all’Ispettorato repressione frodi per lo svolgimento della propria attività istituzionale, diretta alla prevenzione e repressione delle frodi agroalimentari, e per 19,3 mln al Corpo forestale dello Stato per la propria attività di protezione delle aree boschive. Nel bilancio statale la spesa per gli Affari Economici è pari a 41.533 mln di euro e rappresenta il 6,4% degli stanziamenti di bilancio. La quota di risorse gestita dal dicastero agricolo rappresenta quasi l'poco più del 1,8% del totale riservato all’intera funzione;

5.    alle protezione dell'ambiente sono assegnati 204,7 mln (177,7 mln nel 2006) sostanzialmente attribuiti al Corpo forestale dello Stato per la tutela e la conservazione della fauna e flora, nonché per l’attività di tutela delle aree protette. Il totale assegnato nel bilancio dello Stato per tale funzione è di 1.168 mln. Che incide sul bilancio dello Stato per lo 0,2%. Le risorse assegnate al dicastero agricolo per tale funzione incidono sullo stanziamento complessivo iscritto nel bilancio statale peri l 15%;

6.    alla funzione sanità vanno quasi 23,4 mila euro (175 mila nel 2005) assegnati ancora al Corpo forestale dello Stato per l’attività di vigilanza nel settore della sanità veterinaria. Il totale assegnato nel bilancio dello Stato per tale funzione è di 8.893 mln pari al 1,4%.

1.3    Gli effetti del disegno di legge finanziaria

Tabelle A e B

Si rammenta che le Tabelle A e B, che riguardano le voci da includere rispettivamente nel Fondo speciale di parte corrente e nel Fondo speciale di conto capitale ai sensi dell'art. 11-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni, non hanno effetti immediati sullo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole, in quanto si limitano a predeterminare gli stanziamenti necessari alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi, di competenza del dicastero agricolo, che si prevede possano essere approvati nel corso dell’esercizio finanziario in via di approvazione. Gli importi prenotati dal dicastero agricolo compaiono pertanto nel bilancio statale nella UPB 4.1.5.9 (di parte corrente) e sulla UPB 4.2.10.1 (conto capitale) del Ministero dell’economia e delle finanze, che hanno come Centro di responsabilità amministrativa la Ragioneria Generale dello Stato.

Le somme previste nelle Tabelle A e B saranno iscritte nello stato di previsione del Ministero agricolo soltanto dopo l'eventuale approvazione dei relativi provvedimenti legislativi, comparendo pertanto in sede di assestamento o di rendicontazione del bilancio.

Nel fondo speciale di parte corrente (tabella A) sono complessivamente iscritti per il Ministero delle politiche agricole e forestali 45 mln. di euro per il 2007, e pari importi anche per gli anni 2008 e 2009 (la legge  finanziaria per il 2006 aveva previsto uno stanziamento di 10,6 mln di euro per il 2006, 11,6 per il 2007 e 9,6 per il 2008).

La relazione illustrativa del disegno di legge finanziaria (AC 1746) si limita ad indicare, in merito alle finalità di utilizzo dell’accantonamento, “per interventi vari”.

Nel fondo speciale di parte capitale (tabella B), che nel passato esercizio non recava alcuna prenotazione, è disposto un accantonamento per il Ministero delle politiche agricole e forestali pari a 240 milioni per il 2007 e di 290 milioni per ciascuno degli anni 2007 e 2008.

L’accantonamento è preordinato ai seguenti utilizzi:

-          realizzazione del piano forestale;

-          lo sviluppo dell’agricoltura;

-          per le opere irrigue.

Tabella C

Nella Tabella C sono indicati gli stanziamenti autorizzati per il finanziamento di disposizioni di legge la cui quantificazione di spesa annua è demandata alla legge finanziaria. Pertanto, per introdurre una variazione sugli importi stabiliti nell’anno precedente - vale appena ricordare che trattasi nella quasi totalità dei casi di trasferimenti correnti - non è necessario l’intervento con legge apposita, essendo sufficiente l’iscrizione della diversa autorizzazione di spesa nella tabella C.

Per quanto riguarda il Ministero delle politiche agricole e forestali, è indicato l'importo totale di 119,6 mln euro per ciascuno degli esercizi 2007, 2008 e 2009, destinati all’attuazione del Piano pesca e acquacoltura di cui alla legge n. 267/91, al futuro riparto fra i diversi enti di interesse agricolo di cui alla legge 549/95, al Consiglio per la ricerca e sperimentazione in agricoltura di cui alla legge n. 454/99. Rispetto allo stanziamento a legislazione vigente, pari a 112,5 milioni, in tabella si registra un incremento di 7,1 mln interamente attribuiti al CRA

Per quanto riguarda il MIPAAF, per l’esercizio in esame sono attribuite, come detto, risorse totali pari a 119,6 milioni di euro così ripartite:

§       alla legge n. 267 del 1991, che detta disposizioni per la "Attuazione del terzo piano nazionale della pesca marittima e misure in materia di credito peschereccio, nonché di riconversione delle unità adibite alla pesca con reti da posta derivante", nella parte in cui con l'art. 1 co. 1, reca norme per l'attuazione del piano nazionale della pesca, sono attribuiti 14,2 mln. Tale autorizzazione si riversa nella UPB 2.1.2.7 pesca, per le spese del fondo di solidarietà (cap 1476), per i programmi di sviluppo e formazione delle associazioni di categoria (cap 1477), per i soggetti che svolgono le attività connesse (cap 1482); e per il rimanente importo nella UPB 2.1.1.0 per le spese di funzionamento;

§       la legge n. 549 del 1995 recante norme in materia di "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" nella parte in cui, all'articolo 1, comma 43, prevede la corresponsione di contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi. La quantificazione di tali oneri, che sono ripartiti in corso d’anno con decreto del Ministro (l’art. 1, co. 40 della legge 549 recita “entro trenta giorni dalla entrata in vigore della legge di bilancio”), è per il triennio esaminato quantificato in 5,4 mln. di euro per ogni anno. Il relativo stanziamento dovrà essere iscritto nell'UPB 3.1.2.8 (Contributi ad enti ed altri organismi) nel capitolo 2200. Tra gli organismi che beneficiano della ripartizione delle risorse vanno menzionati: l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione (INRAN) e l’Istituto nazionale di economia agraria (INEA).

§       il decreto legislativo n. 454 del 1999 recante nome in materia di “Riorganizzazione del settore della ricerca in agricoltura a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59”. L’onere quantificato ammonta a 100 mln, identico per ciascuno degli esercizi 2005-2007, ed è destinato ad essere iscritto sul cap. 2083 per essere assegnato al CRA.

 

Per la  quantificazione, sempre della Tab. C, di stanziamenti di interesse agricolo, ma iscritti in stati di previsione di Ministeri diversi dal MiPAF, per l’esercizio 2007 va fatto menzionato il solo Ministero dell’economia e delle finanze, secondo quanto segue:

§       per il decreto legislativo n. 165 del 1999 (come mod. dal successivo D.lgs. 188/2000) che ha istituito l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura AGEA ed abolito l’Aima, nel bilancio a legislazione vigente risultano stanziati per il 2007 210,6 mln che con la tabella C vengono incrementati di 43 mln. La posta di 253,7 mln, dello stesso importo anche per gli anni successivi, sarà iscritta sul cap 1525 della UPB 3.1.2.7.

 

Tabella D

Nella Tabella D sono indicate le variazioni positive da apportare alle spese in conto capitale, sulla base della disciplina definita dalla legge n. 468/78, di contabilità generale dello Stato, in particolare dell’art. 11, comma 3, lettera f).

Detta lettera f) prevede che possa essere disposto, nell’apposita tabella (la tabella D), il rifinanziamento: per non più di un anno, di norme vigenti classificate tra le spese in conto capitale e per le quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza; nonché per uno o più degli anni considerati dal bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati tra le spese in conto capitale, qualora le norme medesime lo prevedano.

Si segnala infine che rimandano alla lettera f) sia la legge n. 448/2001, art.46, co. 3 di istituzione del fondo unico per gli investimenti, che il D.lgs. n. 102/2003, art. 15, co. 3, di revisione dell’intervento per le calamità in agricoltura.

 

La Tabella D, "Rifinanziamento di norme recanti interventi di sostegno dell'economia classificati tra le spese in conto capitale", per l’esercizio 2007 in esame assegna ulteriori 220 mln al Fondo unico per gli investimenti che andranno ad incrementare il cap. 7003 della UPB 1.2.10.2. Il medesimo importo è assegnato al 2008, mentre per l’anno 2009 è disposto uno stanziamento di 270 mln.

Va rilevato che il richiamo della legge n. 350/2003 indicato nella tab. D è da intendersi improprio. Infatti, in tale contesto  il rimando va fatto alla legge che si intende rifinanziare e non al la norma tecnica che consente di disporre nuovi stanziamenti nella tabella D.

La norma, pertanto, che andrebbe correttamente citata, è la legge n. 448/2001, art. 46, co. 4, e non il comma 42 della legge n. 350 che così recita “Ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, come sostituita dall'articolo 2, comma 16, della legge 25 giugno 1999, n. 208, gli stanziamenti di spesa per il rifinanziamento di norme che prevedono interventi di sostegno dell'economia classificati fra le spese in conto capitale restano determinati, per ciascuno degli anni 2004, 2005 e 2006, nelle misure indicate nella tabella D allegata alla presente legge.”

Quanto alla reale disponibilità delle autorizzazioni di spesa definite in Tab D, merita infine segnalare che l’utilizzo degli stanziamenti è, dall’art. 84 del ddl finanziaria in esame, posto in relazione con l’effettiva realizzazione del fondo che il medesimo art. 84 istituisce, che sarà gestito dall’INPS e che sarà alimentato dal trasferimento di una quota di trattamento di fine rapporto (TFR) che maturerà dal 1° gennaio 2007.

Tabella E

Nella Tabella E sono disposte riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa che determinano corrispondenti diminuzioni negli stanziamenti indicati nel bilancio a legislazione vigente.

Nessuna variazione è disposta sulle risorse assegnate al comparto agricolo.

Tabella F

La Tabella F reca gli "Importi da iscrivere in bilancio in relazione alle autorizzazioni di spesa recate da leggi pluriennali". In sostanza la tabella si configura come un elenco, diviso per settori, della legislazione di sostegno dell’economia che comporti una spesa, da iscrivere in bilancio, gravante su più anni. In particolare la tabella F determina la quantificazione delle singole quote di spesa che sono destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati. Tale determinazione è volta a ridefinire, ove necessario, la modulazione degli importi mediante trasferimento parziale o totale della somme da un esercizio all’altro (c.d. rimodulazione). Le variazioni rispetto all’esercizio precedente sono ben evidenziate nell’allegato 6 della relazione illustrativa della Finanziaria. Va peraltro ribadito che non è possibile modificare il totale complessivo degli stanziamenti, in quanto previsti dalle leggi di spesa in vigore, e nei quali sono già conteggiati gli eventuali rifinanziamenti o definanziamenti, stabiliti dallo stesso disegno di legge finanziaria con le tabelle D ed E.

Per quanto riguarda il d.d.l. finanziaria in esame, va subito rilevato che nessuna rimodulazione viene apportata alle autorizzazioni di spesa precedentemente stabilite per la legislazione di interesse agricolo infra richiamata.

Il quadro dei provvedimenti che nel Settore 21 (Interventi in agricoltura) trova assicurate risorse iscritte nel bilancio per il triennio 2007-2009 è il seguente:

§       il decreto legislativo n. 102 del 2004, recante interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole e sostanzialmente diretto alla definizione di una nuova disciplina del Fondo di solidarietà nazionale, ha uno stanziamento di 190 mln per il 2007 e 200 mln. per il 2008 che sono riservati agli incentivi assicurativi e vanno iscritti nella UPB 3.2.3.3. (cap. 7439) del Ministero dell’agricoltura.

Tra i provvedimenti di spesa a carattere pluriennale d’interesse per il comparto agricolo del Settore 19 (Difesa del suolo e tutela ambientale) va segnalato che:

§       per il recupero delle risorse idriche di cui alla legge n. 350 del 2003, finanziaria per il 2004, compaiono esclusivamente 50 mln per il 2008 e per il 2009 che verranno iscritti sul cap 7453 (UPB 3.2.3.3) del Mipaf a decorrere dall’esercizio 2008. Va in merito rammentato che i limiti di impegno compaiono nella tabella F solo quando la loro decorrenza coincida con uno degli esercizi presenti nel bilancio triennale, e non compare invece la restante autorizzazione di spesa – pari a 81,09 mln -, che pure è iscritta sul medesimo capitolo di bilancio, frutto di numerosi limiti d’impegno già avviati. Compare pertanto nella Tab. F il nuovo limite di 50 mln che decorrerà dal prossimo esercizio 2008.

Infine, nel Settore 27  (Interventi diversi) è menzionata la:

§       legge n. 448/2001 nello specifico art. 46 co. 4; in tabella F è esposto il Fondo unico in senso proprio, che rappresenta solo una quota parte, anche se di gran lunga la più significativa, del più ampio Fondo unico di cui al cap. 7003. Su tale Fondo ex art. 46, co. 4 si vanno peraltro a riversare per intero i finanziamenti aggiuntivi disposti in Tab D, facendone derivare le seguenti autorizzazioni di spesa: 235 mln per il 2007, 220,000 milioni per il 2008 e 270 mln per il 2009. Sul cap. 7003 intestato al Fondo generale, vengono invece confermate le disponibilità assegnate alle leggi confluite nel fondo medesimo (cfr. Allegato 2 alle tabelle della finanziaria).

A seguito dell’approvazione della manovra in corso il Fondo unico viene ad essere così quantificato per il successivo riparto:

Cap 7003 – Fondo unico investimenti: dotazioni e riparto (in migliaia di euro)

 

2005

 

2006

 

2007

 

2008

 

2009

A legislazione vigente

238,411

133,311

28,703

13,103

13,103

Tab D

 

 

+ 220,000

+ 220,000

+ 270,000

Totale cap 7003

238,411

133,311

249,303

233,103

233,103

Di cui:

Riparto per il 2005

Riparto per il 2006

Previsioni di riparto 2007

Previsioni di riparto 2008

Previsioni di riparto 2009

L. 448/2001 art. 46 co. 4

Fondo investimenti

227,989

123,208

15,600

+ 220,000

220,000-

220,000

L. 268/99

Strade del vino

0

1,549

1,549

1,549

1,549

L. 441/98

Imprenditoria giovanile

1,000

1,000

1,549

1,549

1,549

L. 423/98

Probio

2,000

1,582

2,582

2,582

2,582

D.lgs. 143/97 Art.2

Al Mipaf

6,871

6,871

6,871

6,871

6,871

L. 386/1976 Art. 18, co. 4

Enti d’irrigazione

0,551

0,551

0,551

0,551

0,551

 


2.Schede relative al disegno di legge finanziaria

Articolo 26
(
Biocarburanti)

 


1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Obiettivi indicativi nazionali). - 1. Sono fissati i seguenti obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:

     a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;

     b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

     c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

2. L'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-quater. - (Interventi nel settore agroenergetico). - 1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4, con le modalità di cui al comma 3. I medesimi soggetti possono assolvere al predetto obbligo anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota o i relativi diritti da altri soggetti.

2. La quota minima di cui al comma 1, calcolata sulla base del tenore energetico, è inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la quota minima di cui al comma 1 può essere incrementata per gli anni successivi al 2007.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettati i criteri, le condizioni e le modalità per l'attuazione dell'obbligo di cui al comma 1, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, con priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica, nonché modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e relative sanzioni.

4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi del presente articolo sono il biodiesel, il bioetanolo, l'ETBE e il bioidrogeno».

3. Ai fini del rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, concorre il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente comma. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, i commi 6, 6.1 e 6.2 sono sostituiti dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma pluriennale, a decorrere dal 1o gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione, è sottoposto ad una accisa, determinata come percentuale dell'accisa sul gasolio per autotrazione, crescente negli anni e nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa. Per il primo anno, l'accisa è fissata al 20 per cento della corrispondente accisa sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, tenendo in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica. Con lo stesso decreto sono stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate. Le presenti disposizioni trovano applicazione dal 1o gennaio 2007 e comunque solo previo espletamento della procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256.

6.1. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

6.2. Entro il 1o marzo di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è rideterminata la misura dell'agevolazione di cui al medesimo comma 6».

4. Per l'anno 2007, il contingente di biodiesel di cui al comma 3 è incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, può essere destinato anche ad uso combustione. Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro.

5. Gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

6. In caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.


 

 

L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo ed alla tassazione dei biocarburanti.

Il comma 1 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, che ha fissato gli obiettivi indicativi nazionali relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili[5].

Tali obiettivi erano fissati nei seguenti termini:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento

Gli obiettivi fissati in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, sono differenti, essendo pari al 2% per il 2005 e al 5,75% per il 2010. I diversi limiti introdotti nella legislazione italiana hanno pertanto dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea (v. infra).

Con la modifica del comma 1, gli obiettivi di immissione in consumo di biocarburanti vengono modificati, anche per cercare di risolvere il contenzioso comunitario, mantenendo l’obiettivo del 2,5%, ma anticipandolo al 31 dicembre 2008 e prevedendone l’ulteriore innalzamento al 5% per la data del 31 dicembre 2010. Le nuove soglie risultano pertanto così fissate:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

c)      entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale

 

Il comma 2 dell’articolo 26 sostituisce integralmente l'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2[6], contenente disposizioni per promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola.

 

A tale proposito occorre preliminarmente segnalare che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006, che il comma 2 dell’articolo 26 in esame intende sostituire, è oggetto di una serie di modifiche puntuali ad opera dell’articolo 156, comma 4, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), le quali non sembrano coordinarsi, nei contenuti, con la nuova formulazione dell’articolo 2-quater disposta dal comma 2 dell’articolo 26 in commento.

 

In base alla sostituzione dell’articolo 2-quater operata dal comma 2,a decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti.

Si tratta dei biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4 del nuovo testo dell’articolo 2-quater, cioè del biodiesel, del bioetanolo, dell’ETBE e del bioidrogeno.

Le modalità di immissione sono definite nel successivo comma 3, del novellato articolo 2-quater, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, dando priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica. Il decreto recherà anche le modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e le relative sanzioni.

Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

A tale proposito si segnala che la formulazione letterale del nuovo comma 3 dell’articolo 2-quater fa riferimento, per il termine di emanazione del decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – a quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.

 

Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 2 dell’articolo 2-quater, nel testo novellato prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente.

Tale quota minima può essere incrementata per gli anni successivi al 2007 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Si ricorda che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006 conteneva le seguenti disposizioni:

Il comma 1 incentivava la produzione e la commercializzazione del bioetanolo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali previsti dalla normativa comunitaria.

I commi da 2 a 5 introducevano l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere in consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina era rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

I commi 6 e 7 prevedevano che la stipula di un contratto di coltivazione e di fornitura o di un contratto di programma agroenergetico costituisse titolo preferenziale nei bandi pubblici e nei contratti di fornitura che avessero ad oggetto i biocarburanti e che le PA stipulassero contratti o accordi di programma per promuovere la produzione e la ricerca nel settore dei biocarburanti.

Il comma 8 equiparava il biogas[7] al gas naturale, agli effetti delle accise., comportandone l’esclusione dall’assoggettamento ad accisa.

Il comma 9 era volto ad assicurare che l’elettricità prodotta da biomasse o da biogas, oggetto di intese di filiera o di contratti quadro o contratti di programma agroenergetici che fossero stipulati in base alle norme dello stesso decreto, venisse immessa in rete godendo della precedenza, così come previsto in generale per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 79/99 .

Il comma 10 prevedeva che gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di carburanti di origine agricola garantissero la tracciabilità e la rintracciabilità del biocarburante utilizzato.

Il comma 11 novellando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), faceva rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, anche l’attività svolta dalle aziende agricole dirette alla produzione e alla cessione di energia calorica (e non solo elettrica) e mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche (e non solo agroforestali), qualificandola come attività connessa all’attività agricola

 

Si segnala che tale ultimo comma 11 del vecchio testo dell’articolo 2-quater, contenente il trattamento fiscale agevolato per le imprese agricole di produzione di energia, non viene più riprodotto nel testo come novellato dell’articolo 26, comma 2 in esame. Questo mal si coordina con la disposizione contenuta nel comma 5 dell’articolo 156 del disegno di legge finanziaria in commento, con la quale si modifica proprio il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nel senso di ampliare la platea di soggetti tassati in base al reddito agrario estendendola alle aziende agricole dirette alla produzione di biocarburanti.

 

Il comma 3 dell’articolo 26 prevede che il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle imposte sulla produzione e i consumi), concorra al rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti di cui al novellato articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128.

Lo stesso comma 3 provvede a sostituire i commi 6, 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 del testo unico sulle accise, relativi all’applicazione delle accise sugli oli minerali, e recanti in particolare l’esenzione dalle accise per il biodiesel, nei limiti di un contingente di 200.000 tonnellate annue. L’esenzione è concessa nell’ambito di un programma pluriennale di sei anni (dal 2005 al 2010), finalizzato a promuoverne l’utilizzo.

La disposizione novellata elimina l’esenzione dall’accisa per il biodisel, sostituendola con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, enel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.

L’accisa agevolata si applica sul biodisel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.

Si ricorda che il gasolio usato come carburante sconta attualmente un’accisa di 413 Euro per mille litri. Il 20% di tale accisa è pari ad 86,2 euro per mille litri.

 

La modifica viene inquadrata nell’ambito di un programma pluriennale che, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, prevede l’applicazione di una accisa crescente negli anni, ma applicata nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa.

 

Con decreto interministeriale (del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali), saranno determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, Si terrà in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica.

Il decreto dovrà essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con lo stesso decreto saranno stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate.

Come previsto dal comma 6 dell’articolo 21, nel testo novellato, la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel dovrà essere sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea.

Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Si tratta del Regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel.

 

La novella apportata ai successivi commi 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 conferma il testo previgente, con la sola modifica dei termini temporali per la comunicazione, da parte del ministero, rispettivamente dei costi industriali medi del gasolio e della misura dell’agevolazione sul biodiesel.

Il nuovo comma 6.2 (nel testo previgente corrispondeva al comma 6.1) dispone che:

§      entro il 1° settembre (anziché entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma pluriennale) i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente;

§      sulla base delle suddette rilevazioni, sia rideterminata la misura dell'agevolazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 ottobre) di validità del programma. La rideterminazione è finalizzata ad evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione.

 

Il comma 6.1 nel testo novellato, corrisponde nel contenuto al previgente comma 6.2 e prevede che per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultino, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, siano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse vengono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

 

Il comma 4 dell’articolo 26, dispone che per l'anno 2007, il contingente di biodiesel che fruisce dell’aliquota d’accisa agevolata, (di cui al comma 3) possa essere incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, possa essere destinato anche ad uso combustione.

Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori, di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro. Si tratta delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le quali vengono appunto destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

In base al comma 5, gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico delle accise, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

 

Il comma 6-ter dell’articolo 21 prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro delle politiche agricole e forestali sono fissati, entro il limite complessivo di spesa di 73 milioni di euro annui, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, i criteri di ripartizione dell'agevolazione tra le varie tipologie e tra gli operatori, le caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell'impiego nella carburazione, nonché le modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull'intero ciclo di vita

 

Il comma 6 prevede il caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, stabilendo che le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Nella relazione tecnica al provvedimento si stima una sostanziale invarianza di gettito per le disposizioni complessivamente contenute nell’articolo 26.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Biocarburanti

L’8 febbraio 2006 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “una strategia dell’UE per i biocarburanti(COM(2006)34), che prevede un ampio ventaglio di proposte, al fine di incentivare la produzione di combustibili da materie prime agricole. La Commissione intende sostenere un maggior impiego dei biocarburanti, ritenendo che in tal modo si possa ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili, abbattere le emissioni di gas serra, dare nuovi sbocchi allo sviluppo rurale e aprire nuove opportunità economiche in vari paesi in via di sviluppo.

Il documento, che costituisce una integrazione del piano d’azione per la biomassa[8], individua tre finalità precise:

-        promuovere i biocarburanti nell’UE e nei paesi in via di sviluppo, e garantire che la loro produzione e utilizzo siano compatibili con l’ambiente;

-        avviare i preparativi per un utilizzo su vasta scala dei biocarburanti migliorandone la competitività in termini di costi e aumentando le attività di ricerca sui biocarburanti “di seconda generazione”;

-        sostenere i paesi in via di sviluppo, compresi quelli interessati dalla riforma del regime dello zucchero, nei quali la produzione di biocarburanti potrebbe promuovere una crescita economica sostenibile.

La strategia descrive sette direttrici politiche principali nell’ambito delle quali sono raggruppate le misure che la Commissione intende adottare per incentivare la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti. Tra tali misure:

-        presentare una relazione, nel corso del 2006, con cui affrontare il tema dell’eventuale riesame della direttiva sui biocarburanti (dir. 2003/30/CE), nella quale approfondire vari aspetti, tra cui quello della definizione degli obiettivi nazionali per la quota di mercato rappresentata dai biocarburanti, l’applicazione di obblighi in materia di biocarburanti e la garanzia della sostenibilità della produzione;

-        incentivare gli Stati membri a concedere un trattamento favorevole ai biocarburanti di “seconda generazione”, nell’ambito degli obblighi in materia di biocarburanti;

-        istituire un quadro di incentivi legati alla prestazione ambientale dei singoli carburanti e combustibili;

-        invitare il Consiglio e il Parlamento europeo ad approvare rapidamente la proposta legislativa intesa a promuovere l’acquisto pubblico di veicoli puliti ed efficienti[9], compresi quelli che utilizzano miscele con percentuali elevate di biocarburanti.

La comunicazione è stata esaminata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2006 e dal Consiglio l’8 e il 27 giugno 2006.

Tasse sulle autovetture

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 20, comma 20.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 3 febbraio 2006 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[10] alla quale si contesta la mancata presentazione, entro il 1° luglio 2004, della relazione nazionale annuale sulla promozione dei biocarburanti,: in tal modo l’Italia è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha approvato un pacchetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per non aver recepito in modo adeguato le direttive comunitarie nel settore dell'energia. In particolare ha deciso:

§       il ricorso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la mancata presentazione della relazione annuale per il 2005 sull’utilizzo dei biocarburanti prevista dalla direttiva 2003/30/CE, il cui termine scadeva il 1° luglio 2005. La Commissione aveva inviato un parere motivato il 4 aprile 2006;[11]

§       l’invio di un parere motivato per non aver spiegato adeguatamente la decisione di fissare obiettivi per i biocarburanti sensibilmente inferiori al valore di riferimento del 2% stabilito per il 2005 dalla stessa direttiva 2003/30/CE[12].

 

 


Articolo 53
(Contenimento della spesa)

 


1. Per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare, una quota, pari rispettivamente a 4.572 milioni di euro, a 5.031 milioni di euro e a 4.922 milioni di euro, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative a consumi intermedi (Categoria 2), a trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (Categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali, ad altri trasferimenti correnti (Categorie 5, 6 e 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni, ad altre uscite correnti (Categoria 12) e alle spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie. Nell'ambito della rispettiva autonomia gestionale e della necessaria flessibilità di ciascuno stato di previsione, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'Ufficio centrale del bilancio, può procedere a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione, restando preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per disaccantonare risorse di parte corrente.

2. Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può comunicare all'Ufficio centrale del bilancio ulteriori accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione, da destinare a consuntivo, per una quota non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito direttamente al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione dei processi di spesa.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, con propri decreti da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle Categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni ivi richiamate, con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Resta preclusa la possibilità di effettuare variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.


 

Il comma 1 dispone che è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare (cioè proporzionale) una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative alle seguenti categorie:

§      consumi intermedi (categoria 2);

§      trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali;

§      trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private (categoria 5), a imprese (categoria 6) e a estero (categoria 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni,

§      L’ultima disposizione dovrebbe essere finalizzata ad escludere dall’accantonamento previsto dall’articolo in esame gli stanziamenti relativi alle confessioni religiose che concorrono al riparto della quota dell’8 per mille dell’IRPEF (cioè la Chiesa cattolica, l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane). Si osserva peraltro che la legge n. 222/1985 riguarda solo la Chiesa cattolica; i rapporti con le altre confessioni religiose sono disciplinati sulla base di leggi successive che dovrebbero essere richiamate espressamente.

§      altre uscite correnti (categoria 12);

§      tutte le categorie di spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie.

 

A differenza di precedenti interventi legislativi di riduzione degli stanziamenti di bilancio, che si applicavano solo alle spese di carattere discrezionale, la disposizione in esame sembra applicarsi anche alle spese di carattere obbligatorio.

Occorre al riguardo acquisire dal Governo puntuali indicazioni circa la praticabilità e le conseguenze di una riduzione di carattere generale di spese derivanti per lo più da fattore legislativo.

Ai fini di una valutazione dell’impatto della disposizione in esame, appare inoltre necessario allegare, come avvenuto in precedenti occasioni, un elenco delle unità previsionali di base interessate dalla disposizione, con indicazione dell’entità di ciascun accantonamento.

 


La seguente tabella riporta l’ammontare complessivo, iscritto del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (AC 1747), degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate dalla disposizione in esame (senza considerare le esclusioni).

(milioni di euro)

 

 

Complessivo

Oneri giuridicamente obbligatori

Oneri discrezionali

Spese correnti

 

 

 

Consumi intermedi

8.578

5.631

2.947

Trasferimenti a amministrazioni pubbliche

178.824

165.415

13.409

Trasferimenti a famiglie e ISP

3.826

3.327

499

Trasferimenti a imprese

3.840

3.442

398

Trasferimenti a estero

1.490

1.455

35

Altre uscite correnti

6.370

6.348

22

Spese in conto capitale

27.974

25.756

2.218

 

Totale

230.902

211.374

19.528

 

L’accantonamento previsto per il 2007, pari a 4.572 milioni di euro,  riguarda dunque circa il 2,0 per cento del complesso degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate.

Qualora l’accantonamento fosse riferito alla sola parte discrezionale, esso riguarderebbe il 23,4 per cento delle dotazioni.

Si segnala che il calcolo effettuato non considera le esclusioni previste dalla disposizione in esame (particolarmente rilevanti soprattutto per la categoria dei trasferimenti ad amministrazioni pubbliche): se si considerassero tali esclusioni la percentuale rispetto agli stanziamenti interessati risulterebbe ovviamente superiore.

 

 

il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può procedere, con decreto, a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie.

Deve in ogni caso essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione; è inoltre preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per riduzione di accantonamenti di risorse di parte corrente.

I relativi decreti sono comunicati alle commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'ufficio centrale del bilancio.

 

Il comma 2 introduce una disciplina che appare volta ad incentivare iniziative del personale volte a conseguire ulteriori effetti di risparmio.

In particolare, Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può comunicare all'ufficio centrale del bilancio accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione. Questi ulteriori accantonamenti sono destinati a consuntivo, per una quota comunque non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito in maniera diretta al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione della spesa.  

 

Il comma 3 prevede che il Ministro dell'economia, su proposta del Ministro competente, con propri decreti, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni  ivi richiamate.

Anche in tal caso deve essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione e non possono essere effettuate variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.

I relativi decreti sono comunicati alle competenti commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione.

 

Come in numerosi precedenti provvedimenti legislativi, approvati sia nel corso della XIV legislatura che della legislatura corrente[13], si intendono conseguire risparmi di spesa attraverso interventi di carattere orizzontale sugli stanziamenti di bilancio, sia pure prevedendo misure che assicurano una certa flessibilità ed introducendo incentivi per il personale che si rende parte attiva nel processo di razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza.

 

Si ricorda che l’efficacia di interventi indifferenziati sulle dotazioni di bilancio è stata più volte messa in discussione.

La Corte dei conti, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2004, ha svolto una specifica analisi sugli effetti degli interventi di contenimento della spesa effettuati nel 2004, rilevando una seria difficoltà a conseguire gli obiettivi prefissati con misure di riduzione generalizzata degli stanziamenti di bilancio[14].

Più recentemente, la Commissione istituita dal Ministro dell’economia e delle finanze con l’incarico di effettuare una ricognizione sulla situazione dei conti pubblici nel 2006 (cd. Commissione Faini) è stata unanime nel valutare negativamente l’impatto di misure di riduzione generalizzata della spesa. Secondo il documento trasmesso alle Camere recante una sintesi dei risultati della verifica, «il taglio indiscriminato dei capitoli di spesa comporta faticosi riaggiustamenti a posteriori per non pregiudicare la funzionalità della pubblica amministrazione e l’impatto di programmi già avviati.»

 

Dall’applicazione della disposizione in esame non sono previsti effetti in termini di saldo netto da finanziare, presumibilmente perché trattasi di accantonamenti e non di vere e proprie riduzioni.

Sono invece stimati i seguenti effetti sul fabbisogno di cassa e sull’indebitamento netto:

 

(milioni di euro)

 

Fabbisogno

Indebitamento netto

2007

2008

2009

2007

2008

2009

2.085

3.460

4.060

2.335

3.780

4.100

 

 

 

 


Articolo 148
(Disposizioni in materia di controlli nel settore
agroalimentare e di semplificazione)


1. Le funzioni statali di vigilanza sull'attività di controllo degli organismi pubblici e privati nell'ambito dei regimi di produzioni agroalimentari di qualità registrata sono demandate all'Ispettorato centrale repressione frodi di cui all'articolo 10, comma 1, del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1986, n. 462, che assume la denominazione di «Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari» e costituisce struttura dipartimentale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

2. I controlli di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono demandati all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica

3. All'articolo 14, comma 8, della legge 20 febbraio 2006, n. 82, le parole: «la prova preliminare di fermentazione e» sono soppresse.

4. Per l'effettuazione dei controlli affidati ad Agecontrol Spa, anche ai sensi dell'articolo 18, commi 1-bis e 6, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come modificato dall'articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71, è autorizzata la spesa di 23 milioni di euro per l'anno 2007.

5. Stralciato.

6. In attuazione dell'articolo 18 del regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli alimentari, è istituito un contributo destinato a coprire le spese, comprese quelle sostenute in occasione dell'esame delle domande di registrazione delle dichiarazioni di opposizione, delle domande di modifica e delle richieste di cancellazione presentate a norma del citato regolamento. L'importo e le modalità di versamento del predetto contributo sono fissati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. I relativi proventi sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati allo stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per le finalità di salvaguardia dell'immagine e di tutela in campo internazionale dei prodotti agroalimentari ad indicazione geografica. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

7. All'articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) il comma 5-ter è abrogato;

     b) il comma 5-quater è sostituito dal seguente:

«5-quater. Gli accrediti disposti ai sensi del comma 5-bis hanno per gli organismi pagatori effetto liberatorio dalla data di messa a disposizione dell'istituto tesoriere delle somme ivi indicate».


 

 

L’articolo 148 è volto a razionalizzare il sistema dei controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari.

 

Il comma 1 interviene in merito all’Ispettorato Centrale Repressioni Frodi (ICRF) disponendo quanto segue:

§      all’Ispettorato sono attribuite funzioni di vigilanza sugli organismi, tanto pubblici che privati, che espletano attività di controllo sulle produzioni agroalimentari di qualità registrata, ovvero sui prodotti cui è stata riconosciuta la qualifica di Denominazione d’Origine Protetta (DOP), Indicazione Geografica Protetta (IGP) e Specialità Tradizionale Garantita (STG)[15] sulla base delle disposizioni comunitarie;

§      l’Ispettorato cambia la propria denominazione in “Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari”;

§      l’Ispettorato va a costituire la terza struttura dipartimentale del dicastero agricolo, aggiungendosi al Dipartimento delle filiere agricole e agro-alimentari ed al Dipartimento delle politiche di sviluppo.

In merito a tale ultimo punto, va rammentato che il comma 2 dell’art. 2 del D.L. n. 182/2005[16] aveva già organizzato l’Ispettorato in struttura dipartimentale, articolata in due direzioni generali. Alla revisione complessiva degli uffici e dei laboratori di livello generale dirigenziale non generale si è provveduto poi con il D.M. 10 dicembre 2005 (G.U. n. 300/05), che si applica a decorrere dal 1° febbraio 2006.

L’Ispettorato Centrale repressione frodi (ICRF), istituito con l’art. 10 del DL n. 282/86[17],si qualifica come l’organo tecnico dello Stato, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali, preposto alla prevenzione e repressione delle infrazioni nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e delle sostanze di uso agrario e forestale.

L’Ispettorato opera anche in concorso con altri organi di controllo che agiscono sul territorio nazionale, quali il Comando Carabinieri per la Sanità (NAS), i Nuclei di polizia tributaria della Guardia di Finanza, il Corpo Forestale dello Stato, la Polizia di Stato e l'Arma dei Carabinieri, il Comando Carabinieri Politiche Agricole (art. 6 della Legge 462/86).

Nella sua attività di controllo, che comporta lo svolgimento di funzioni di polizia giudiziaria, l’Ispettorato svolge verifiche e accertamenti diretti a salvaguardare la qualità merceologica e la genuinità delle produzioni, diretti ai seguenti specifici profili:

§      tutelare i consumatori per i differenti aspetti connessi alla sicurezza alimentare;

§      salvaguardare i produttori e il mercato, con particolare riferimento alle produzioni tipiche e di qualità, contrastando tutti quei comportamenti che danno origine a fenomeni di concorrenza sleale;

§      predisporre programmi straordinari di controllo sia volti a contrastare fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale fra gli operatori colpiti da crisi di mercato, sia destinati ad affiancare l’attività di controllo sui prodotti ortofrutticoli assegnata all’Agecontrol[18];

§      svolgere un’azione di vigilanza sulle produzioni di qualità, anche in collaborazione con i Consorzi di tutela autorizzati.

 

Il comma 2 interviene in merito all’attribuzione di competenze dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). A tale ente vengono demandati l’espletamento dei controlli sulle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), sezione garanzia, che il regolamento n. 4045/89[19] demanda ai singoli Stati membri. Tali compiti vengono nel contempo sottratti alle competenze del Corpo forestale dello Stato e all’ICRF, ai quali erano stati attribuiti dall’art. 4, comma 4 del D.L. n. 2/2006[20].

Sulla base del regolamento CEE n. 4045/89 compete ai singoli Stati l’adozione delle misure necessarie per accertare che le operazioni finanziate dal Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG) siano reali e regolari, nonché per prevenire e perseguire le irregolarità o negligenze. In attuazione di tale disposto l’Italia ha approvato il DPR n. 447/1982[21] e, a seguito dell’approvazione del menzionato decreto legge n. 2/06, il D.M. 23 marzo 2006 (G.U. n. 106/2006) che ha definito misure transitorie idonee ad assicurare il corretto espletamento delle attività di controllo in corso.

 

Il comma 3 interviene sui controlli nel settore vitivinicolo. La norma, in particolare, novella l’articolo 14, comma 8 della legge n. 82/2006[22] che impone ai laboratori ufficiali di analisi (autorizzati ai sensi delle norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025), nonché ai laboratori di analisi degli organismi di vigilanza, di effettuare sistematicamente, per ogni prodotto vinoso ufficialmente analizzato, la prova preliminare di fermentazione e la ricerca dei denaturanti previsti dalla stessa legge n. 82. Il risultato di tali prove deve quindi essere riportato sul certificato di analisi chimica, mentre un eventuale esito irregolare va segnalato al competente ufficio periferico dell'Ispettorato centrale repressione frodi.

Il comma in commento sopprime le parole relative alla prova preliminare di fermentazione.

La finalità perseguita, come si evince dalla relazione illustrativa del provvedimento, è quella di eliminare dagli esami resi obbligatori dalla legge n. 82, allo scopo di perseguire le frodi del comparto vitivinicolo, una prova che, oltre che obsoleta, si rivela anche penalizzante dal punto di vista economico, poiché la sua esecuzione si esplica su più giorni, impedendo nel frattempo la movimentazione dei vini.

 

Il comma 4 reca una autorizzazione di spesa pari a 23 milioni di euro, destinati all’Agecontrol Spa affinché questa possa assolvere ai compiti che il D.L. n. 22/2005[23] le ha attribuito in tema di realizzazione dei controlli di qualità nel settore dell’ortofrutta.

 

L'Agecontrol è l'agenzia istituita nel 1986 allo scopo di svolgere sul territorio italiano i controlli sugli aiuti alla produzione e al consumo dell'olio di oliva erogati dalla Comunità

Le nuove competenze sono state introdotte dal D.L. n. 22 in forma di novella al D.Lgs. n. 99/2004[24], che con il nuovo comma 1-bis dell’articolo 18 assegna all’Agenzia il compito di realizzare i controlli di qualità sui prodotti ortofrutticoli, sia per l'esportazione che per il mercato interno, avvalendosi peraltro dei controlli istituzionalmente affidati all’ICRF, ed in coordinamento con lo stesso.

Quanto alle risorse di cui disporre, oltre a concedere all’Agenzia la facoltà di utilizzare – seppure parzialmente - quelle ad essa assegnate per la realizzazione dei controlli sull’olio d’oliva, il decreto legislativo (comma 6 dello stesso art. 18) ha anche attribuito ad un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di trasferire all’Agenzia gli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del dicastero agricolo relativi alle funzioni trasferite. Mentre con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro delle attività produttive, devono essere trasferite all'Agecontrol S.p.a. le risorse umane e finanziarie attribuite all’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), che era il soggetto precedentemente competente in materia di controlli all’esportazione dell’ortofrutta.

Va infine rammentato che anche la legge finanziaria per il 2006[25] aveva assegnato un finanziamento in favore dell’Agecontrol, recando con il comma 427 dell’art. 1 una autorizzata di spesa di 13 milioni di euro per l'anno 2006.

 

Il comma 5 è stato stralciato.

 

Il comma 6 introduce un contributo, che va a gravare sui consorzi di tutela, destinato a coprire le spese amministrative conseguenti all’applicazione delle norme comunitarie sulle denominazioni protette, incluse in particolare quelle per l’esame delle domande di registrazione, di opposizione, di cancellazione o di modifica delle denominazioni d’origine (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP).

Tale disposizione peraltro applica l’articolo 18 del reg. 510/2006[26] che autorizza gli Stati membri ad imporre una tassa a copertura delle spese sostenute.

La determinazione dell’importo dovuto e la definizione delle modalità di versamento saranno determinate con un decreto del dicastero agricolo, di concerto con quello dell’economia.

Infine, le maggiori entrate andranno imputate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che potrà disporne per agire a tutela delle IGP in campo internazionale.

 

Il comma 7 abroga il comma 5-ter dell’art. 3 del D.L. n. 182/2005[27], al fine di escludere la possibilità che un beneficiario degli aiuti comunitari previsti dalla PAC possa chiedere agli organismi pagatori, incaricati della erogazione delle provvidenze, che i pagamenti siano disposti mediante «bonifico domiciliato» presso gli uffici postali, con riscossione diretta da parte del beneficiario stesso.

Resta pertanto la sola liquidazione di quanto dovuto mediante accredito sui conti correnti bancari o postali che dovranno essere indicati dai beneficiari e agli stessi intestati

La sostituzione del successivo comma 5-quater del medesimo art. 3 del decreto legge ha mera funzione di coordinamento normativo.

 

 

 


Articolo 149
(Enti irrigui)


1. Al fine di razionalizzare il sistema idrico nazionale, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sull'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 18 marzo 1947, n. 281, ratificato, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1952, n. 1005, sono trasferiti alle regioni Puglia e Basilicata, che li esercitano tenuto conto anche degli interessi delle regioni limitrofe e delle priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.

2. All'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441, e successive modificazioni, le parole: «è prorogato di cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «è prorogato di sei anni». L'onere per l'attuazione del presente comma per l'anno 2007 è pari a euro 271.240.

3. Le disposizioni dell'articolo 22 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, non si applicano alle spese per l'energia utilizzata per il sollevamento dell'acqua ai fini della sua distribuzione.

4. Stralciato.


 

 

L’articolo 149 detta norme sul sistema idrico nazionale e in materia di enti irrigui

 

Il comma 1 è volto a razionalizzare il sistema idrico nazionale, trasferendo alle regioni Puglia e Basilicata, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al dicastero agricolo sull’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. L’attività delle regioni titolari dei nuovi poteri e funzioni deve in ogni caso tener conto degli interessi delle regioni limitrofe e deve essere diretta a rispettare le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.

L’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (EIPLI) - istituito nel 1947 con il D.Lgs.cps n. 281, come persona giuridica di diritto pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell'agricoltura ‑ gestisce otto dighe, alle quali vanno aggiunte alcune centinaia di chilometri di canali di adduzione. L'attività dell'ente è finalizzata a far fronte alle esigenze potabili delle popolazioni della Puglia e della Basilicata, al fabbisogno irriguo di vasti comprensori delle stesseregioni, nonché di agglomerati industriali.

In merito alle funzioni di competenza del Ministero delle politiche Agricole, va menzionato il D.Lgs. n. 330/1999, di riforma dell’organizzazione del Governo a norma della legge Bassanini, che ha confermato che restano di sua pertinenza quelle in precedenza previste dal D.Lgs. n. 143/1997, di riforma del dicastero agricolo.

Al ministero spettano pertanto, in quanto non ritenuti trasferibili, compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale in materia grandi reti infrastrutturali di irrigazione di rilevanza nazionale.

Merita anche rammentare che l’Ente di irrigazione ha goduto di numerosi trasferimenti di risorse di parte pubblica, anche mediante l’iscrizione nel bilancio statale di limiti d’impegno di norma quindicennali.

Per quanto riguarda le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque, occorre fare riferimento alle norme contenute nella Parte terza – Sezione terza (Gestione delle risorse idriche) del decreto legislativo n. 152/2006, che ha sostituito la precedente normativa recata dalla legge n. 36/1994 (cd. legge Galli).

L’art. 144 (tutela e uso delle risorse idriche) dispone che “le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale” e che “la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici”, ma soprattutto che “gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità”.

A tale priorità si affianca quella stabilita dall’art. 167 in materia di usi agricoli delle acque, secondo cui “nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura”.

 

Il comma 2 proroga di un ulteriore anno l’attività dell’Ente irriguo umbro-toscano, modificando per la quinta volta l’articolo 5 del D.L. n. 381/2001.

Il conseguente onere è quantificato in 271,2 milioni di euro.

L'Ente irriguo umbro-toscano, istituito dalla legge 18 ottobre 1961, n. 1048 per la durata di trenta anni, è un ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali[28].

Successivamente alla scadenza del termine originariamente previsto (7 novembre 1991), l’Ente ha potuto continuare ad operare in virtù di una serie di proroghe così disposte:

§      di dieci anni dal decreto-legge 6 novembre 1991, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 411;

§      di un ulteriore anno dall’articolo 5 del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441.

Il termine di un anno, posto dall’articolo 5 del sopra menzionato decreto n. 281, è stato oggetto, a sua volta, delle seguenti sostituzioni:

§      due anni con l'articolo 69, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

§      tre anni (fino al 7 novembre 2004) dall'articolo 52-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

§      quattro anni (fino al 7 novembre 2005) dall’articolo 4 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306;

§      cinque anni (fino 7 novembre 2006) dall’articolo 6 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182.

 

Il comma 3 prevede che le spese per l’energia utilizzata per il sollevamento dell’acqua, allo scopo di consentire la sua distribuzione, vengano escluse dal taglio degli stanziamenti per consumi intermedi, disposto con l’art. 22 del D.L. n. 223/2006[29]

L’articolo 22 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha introdotto disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi - ovvero, dei costi di produzioneconcernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica - previsti nei bilanci relativi all’anno 2006 di enti ed organismi pubblici non territoriali, inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e soggetti alla cd. regola del 2 per cento (comma 1), nonché a contenerne le relative previsioni di spesa nei bilanci del triennio 2007-2009 (comma 2).

Si tratta di disposizioni analoghe a quelle già disposte, a partire dal 2002, con il c.d. provvedimento “tagliaspese” (D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), confermate per il 2004 dal D.L. 12 luglio 2004, n. 168 (legge n. 191/2004) e per il 2005 dal D.L. n. 203/2005 (provvedimento collegato alla finanziaria per il 2006).

 

 

 


Articolo 150
(Misure in favore della vendita diretta di prodotti agricoli)


1. All'articolo 4, comma 8, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) le parole: «lire 80 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «euro 80.000»;

     b) le parole: «lire 2 miliardi», sono sostituite dalle seguenti: «due milioni di euro».

2. Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia.


 

 

L’articolo 150 detta norme volte a promuovere la vendita diretta di prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli.

Il comma 1 novella l’articolo 4, comma 8, del decreto legislativo n. 228 del 2001, innalzando da 80 milioni di lire a 80 mila euro il valore della produzione non proveniente dalla propria azienda che gli imprenditori agricoli possono vendere direttamente in deroga alla disciplina generale del commercio (di cui al decreto legislativo n. 114 del 1998).

Il comma 2 rimette a un decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, di natura non regolamentare, d’intesa conferenza Stato-regioni, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione degli standard per la realizzazione dei mercati agricoli a vendita diretta, con particolare riferimento alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi.

 

La vendita diretta dei prodotti agricoli da parte degli imprenditori agricoli è disciplinata, in deroga alla disciplina generale del commercio (di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114[30]) dall’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228[31]. La vendita diretta in forma itinerante è soggetta alla semplice previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l’azienda e può essere esercitata trascorsi 30 giorni dal suo ricevimento. La comunicazione non è richiesta se la vendita avviene all’interno dell’azienda agricola o in altre aree private di cui gli imprenditori abbiano la disponibilità. Ai sensi del comma 8 la deroga alla disciplina generale del commercio vale fino a quando l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente non sia superiore a 80 milioni di lire per gli imprenditori individuali e a 2 miliardi di lire per le società.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 14 luglio 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)325) sull’applicazione nei diversi Stati membri della direttiva 1998/CE sulla protezione dei consumatori in materia di indicazione del prezzo dei prodotti. Per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni da parte dei piccoli esercizi al minuto, la Commissione ha effettuato una valutazione di impatto della direttiva, che ha rilevato i potenziali ostacoli all’indicazione del prezzo per unità di misura costituiti dall’onere supplementare dei calcoli necessari.

La comunicazione è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo.

 

 

 

 


Articolo 151
(Convenzioni con le pubbliche amministrazioni)

 

1. All'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) le parole: «50 milioni di lire» sono sostituite dalle seguenti: «euro 50.000»;

     b) le parole: «300 milioni di lire» sono sostituite dalle seguenti: «euro 300.000».

 

 

L’articolo 151 novella l’articolo 15 del decreto legislativo n. 228 del 2001,al fine di promuovere la stipula da parte delle amministrazioni pubbliche, in deroga alla normativa vigente, di contratti di appalto con gli imprenditori agricoli, volti a favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio. La disposizione, in particolare, innalza (da 50 milioni di lire a 50 mila euro per gli imprenditori individuali e da 300 milioni di lire a 300 mila euro per gli imprenditori in forma associata) il valore dell’importo annuale massimo degli appalti che le amministrazioni possono stipulare in deroga alla normativa vigente.

 

Nella relazione illustrativa si afferma che la norma è volta a favorire la multifunzionalità dell’impresa agricola e a mantenere sul territorio presenze economiche e sociali vitali.

 

L’articolo 15 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 prevede, al comma 1, che al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli”. Il comma 2 stabilisce che le prestazioni oggetto delle convenzioni “possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche”. Inoltre, per tali finalità amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50 milioni di lire nel caso di imprenditori singoli, e 300 milioni di lire nel caso di imprenditori in forma associata”[32].

 

 

 


Articolo 152
(Interventi per il settore agricolo)


1. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore agricolo ed agroalimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all'anno per il quinquennio 2007-2011.

2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.

3. L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, e successive modificazioni, è abrogato.

4. All'onere di cui al comma 1, pari a 10 milioni di euro annui per il quinquennio 2007 - 2011, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. Al fine di favorire la ripresa economica e produttiva delle imprese agricole colpite da gravi crisi di mercato e di limitarne le conseguenze economiche e sociali nei settori e nelle aree geografiche colpite, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per le crisi di mercato. Al Fondo confluiscono le risorse di cui all'articolo 1-bis, commi 13 e 14, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, non impegnate alla data del 31 dicembre 2006, che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

6. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità operative di funzionamento del Fondo, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia.

7. All'articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, le parole: «commi 2, 3 e 5» sono sostituite dalle seguenti: «commi 2, 3, 5 e 6».

8. Per l'attuazione dell'articolo 21 della legge 23 luglio 1991, n. 223, ai fini del trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori agricoli nelle aree agricole colpite da avversità atmosferiche eccezionali, compresi nel Piano assicurativo agricolo annuale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n., 102, alla delimitazione delle aree colpite provvedono le regioni.

9. A decorrere dall'anno 2007, il contributo previsto dall'articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, è incrementato di 3 milioni di euro.


 

 

L’articolo 152 reca una serie di interventi nel settore agricolo. La disposizione interviene, in particolare, sui fondi per l’imprenditoria giovanile (commi 1-4), sui fondi per le imprese colpite dall’influenza aviaria (commi 5-6), sui consorzi agrari (comma 7), sul trattamento di integrazione salariale dei lavoratori agricoli nelle aree colpite da calamità naturali (comma 8) e sulle risorse finanziarie di ISMEA (comma 9).

 

I commi 1-4 prevedono un cambio di finalizzazione allo stanziamento di 10 milioni di euro annui previsto dall’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 99 del 2004 per il credito d’imposta in favore dei giovani imprenditori agricoli. A tal fine viene istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011, le cui modalità di funzionamento verranno definite, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto di natura non regolamentare del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (per la cui adozione non è tuttavia previsto alcun termine)

 

Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme evidenziando che “La Commissione ritiene infatti la norma contraria alle regole della concorrenza. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia.

 

L'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo n. 99 del 2004 prevede la concessione di un contributo, sotto forma di credito di imposta, in favore dei giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, che accedono al premio di primo insediamento di cui all’articolo 8, comma 2, del Regolamento (CE) n. 1257/1999[33]. Il credito d’imposta può ammontare sino a 5.000 euro annui per 5 anni (2004-2008). L’ammontare complessivo del credito d’imposta concedibile (cd. “tetto di spesa”) viene fissato in 10 milioni di euro per ciascuna annualità del periodo 2004-2008. La definizione delle modalità di applicazione di tale agevolazione è rimessa a un decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Tale decreto, che avrebbe dovuto essere emanato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 99 del 2004 (ossia entro il 6 luglio 2004) non risulta fin qui emanato.

 

I commi 5 e 6 prevedono un cambio di finalizzazione dei fondi destinati all’emergenza aviaria dall’articolo 1-bis, commi 8, 13 e 14, del decreto-legge n. 2 del 2006. A tal fine viene istituito presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per le crisi di mercato, nel quale confluiscono le suddette risorse, le cui modalità di funzionamento verranno definite, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, con un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, da emanare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

 

Nella relazione illustrativa si chiarisce la finalità delle norme, evidenziando che si tratta dei fondi originariamente destinati all’emergenza aviaria che “la Commissione ritiene incompatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato. Si tratta quindi della riprogrammazione di uno stanziamento esistente verso finalità compatibili con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato, d’intesa con le regioni”. Al riguardo si fa tuttavia presente che non risulta avviata alcuna procedura di infrazione sulla materia.

 

L’articolo 1-bis, comma 8, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, aveva previsto, al fine di assicurare la realizzazione di interventi urgenti diretti a fronteggiare l'emergenza nel settore avicolo, l’istituzione presso il Ministero delle politiche agricole e forestali di un Fondo, denominato «Fondo per l'emergenza avicola», con dotazione pari a 100 milioni di euro per l'anno 2006, avente le seguenti finalità:

a) interventi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 244 del 1° ottobre 2004, per fare fronte all'interruzione dell'attività avicola e ai conseguenti danni economici e sociali;

b) la concessione alle imprese agricole che esercitano attività di allevamento avicolo di una indennità compensativa della perdita di reddito o delle maggiori spese sopportate a causa del verificarsi dell'evento, nonché la concessione, per le medesime imprese sottoposte a restrizioni della movimentazione degli animali o a fermo produttivo a seguito di provvedimenti sanitari, di una indennità per i danni indiretti (nella misura prevista dal decreto di cui al comma 12

c) programmi finalizzati alla realizzazione di interventi per l'abbandono dell'attività produttiva, come previsto dal punto 9 degli orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee C 28 del 1° febbraio 2000;

d) investimenti nelle imprese avicole per misure di biosicurezza, ivi comprese le spese sostenute per misure sanitarie;

e) interventi, disposti dall'autorità sanitaria a fini di benessere degli animali, per l'abbattimento degli avicoli in caso di sovraffollamento delle strutture produttive o di blocco della movimentazione dei capi.

I commi 13 e 14 dell’articolo 1-bis disponevano, infine, in ordine alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 8.

 

Quanto alle finalità del Fondo di nuova istituzione (“Fondo per le crisi di mercato”) si ricorda che la materia delle crisi di mercato è stato oggetto di un ampio dibattito in tempi recenti, che ha condotto all’adozione di una serie di interventi sulla materia. Il crollo della remunerazione di alcune produzioni nell’estate del 2004 e la forte protesta che ne è scaturita hanno indotto il Governo a intervenire a sostegno delle imprese agricole con il decreto legge n. 280 del 2004. Il decreto-legge prevedeva che con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali fosse dichiarato lo stato di grave crisi di mercato per le produzioni per le quali il prezzo medio unitario, rilevato dall’ISMEA, fosse risultato inferiore del 30 per cento rispetto al prezzo medio unitario del triennio precedente. In conseguenza della dichiarazione della crisi di mercato, gli agricoltori colpiti potevano accedere ai benefici del Fondo di solidarietà nazionale, nonché alla sospensione del pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali.

Il decreto-legge n. 280 del 2004 decadeva per mancata conversione entro il termine costituzionalmente previsto. Le aspettative sorte tra gli operatori, tuttavia, hanno indotto il Governo ad intervenire nuovamente sulla materia con il decreto-legge n. 22 del 2005 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 71 del 2005), il quale ha ripreso in più parti, peraltro con taluni non trascurabili aggiustamenti, i contenuti del decreto-legge n. 280 del 2004.

Per quanto riguarda le crisi di mercato verificatesi nel 2004, il decreto ha previsto (con l’obiettivo primario di restituire liquidità alle imprese) che nei territori dove la riduzione del reddito (e non già del prezzo medio unitario, come previsto nel DL n. 280/2004) sia stata superiore al 30 per cento rispetto alla media del triennio precedente (riduzione dichiarata con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali) venga riconosciuta agli operatori la sospensione, fino al 31 dicembre 2005, dei contributi previdenziali e assistenziali (propri e dei lavoratori dipendenti), nonché la possibilità di accendere mutui a lungo termine, assistiti da un contributo pubblico a carico del Fondo di solidarietà nazionale e della garanzia ISMEA, oppure, in alternativa, di ricevere contributi in conto capitale nei limiti de minimis (3000 euro in 3 anni).

Per quanto attiene alla disciplina a regime, nel caso in cui si verifichi, per determinate produzioni agricole, una riduzione del reddito in misura non inferiore al 30 per cento rispetto alla media del triennio precedente, il decreto ha previsto, subordinatamente all’autorizzazione comunitaria (la Commissione, peraltro, in una nota trasmessa al Governo italiano nei giorni immediatamente successivi alla conversione in legge del decreto esprimeva forti dubbi sulla compatibilità con il mercato comune di un intervento statale fondato sul mero presupposto di una riduzione del reddito: ciò ha di fatto ha precluso l’applicazione della norma), l’attivazione degli interventi compensativi a carico del Fondo di solidarietà nazionale (per il quale ha disposto lo stanziamento di risorse aggiuntive pari a 120 milioni di euro per il 2005) e il rinvio dei pagamenti fiscali, previdenziali e delle cambiali agrarie in scadenza. Il decreto, inoltre, ha ricondotto i rischi di mercato nell’ambito dei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale.

Successivamente, nella consapevolezza che il contenimento degli effetti negativi delle crisi di mercato deve essere perseguito, nell’ambito delle dinamiche di filiera, anche attraverso il supporto delle strutture organizzate della produzione, il decreto legislativo n. 102 del 2005 (articolo 8) ha previsto la possibilità per le organizzazioni di produttori (OP) (e le loro forme associate) di attivare direttamente strumenti per il sostegno del reddito degli associati, sia non commercializzando (per determinati volumi e periodi) il prodotto conferito, sia corrispondendo loro una indennità di ritiro commisurata alle perdita di reddito. Il decreto, inoltre, ha previsto la possibilità per l’AGEA di stipulare convenzioni con le strutture organizzate della produzione al fine di riassorbire una temporanea sovracapacità produttiva e ristabilire l’equilibrio di mercato.

Da ultimo, il Governo è nuovamente tornato sulla materia con il decreto-legge n. 182 del 2005, il quale ha esteso al 2005, peraltro per il solo settore dell’uva, gli interventi che il decreto-legge n. 22 del 2005 aveva disposto per il 2004 (specificando, in particolare, che il limite de minimis vale per tutte le tipologie di interventi da quest’ultimo previste), ha demandato all’AGEA l’erogazione degli aiuti (fissandone contemporaneamente i parametri di erogazione) e ha previsto la possibilità per il Commissario ex Agensud di destinare parte delle proprie risorse a convenzioni con l’AGEA per interventi a sostegno di produzioni agricole colpite da crisi di mercato.

 

Il comma 7 integra l’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181 del 2006, al fine di far rivivere una disposizione concernente i lavoratori dipendenti dei consorzi agrari, contenuta all’articolo 5, comma 6, della legge n. 410 del 1999, di cui esso aveva disposto l’abrogazione.

 

L’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, reca la nuova disciplina dei consorzi agrari, abrogando in gran parte le disposizioni recate dalla legge 28 ottobre 1999, n, 410, che recava la disciplina della materia. Sostanzialmente, la disposizione ha ricondotto i consorzi agrari alla disciplina generale delle società cooperative e interviene sulle gestioni commissariali in corso, prevedendo la riduzione del numero (da 3 a 1) dei commissari liquidatori per i consorzi in liquidazione coatta amministrativa e la chiusura delle procedure entro il termine del 31 dicembre 2007, nonché la cessazione dei commissari in carica e la ricostituzione degli organi statutari per gli altri concorsi in gestione commissariale[34].

In particolare, l’articolo 1, comma 9-bis, del decreto-legge n. 181/2006 ha disposto l’abrogazione dell’articolo 5, comma 6, della legge n. 410 del 1999, il quale prevede che per i lavoratori dipendenti dei consorzi agrari in servizio alla data del 1° gennaio 1997 e successivamente collocati in mobilità e per i lavoratori che, in base ai piani di riorganizzazione aziendale, non rientrano nell'organico aziendale, il Comitato per il coordinamento delle iniziative per l'occupazione (di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 settembre 1992), di concerto con i Ministeri competenti, sentita la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le parti sociali, vengano individuate modalità di ricollocazione presso enti pubblici e privati operanti nel settore agricolo e dei servizi all'agricoltura, anche previa riqualificazione professionale dei lavoratori interessati. A favore delle imprese private che assumono detti lavoratori è prevista l’applicazione delle agevolazioni contributive previste dall'articolo 8, commi 2 e 4, e dall'articolo 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223[35].

 

Il comma 8 rimette alle regioni il compito di provvedere alla delimitazione delle aree colpite da avversità atmosferiche eccezionali ai fini del riconoscimento del trattamento di integrazione salariale spettante ai lavoratori agricoli.

 

Nella relazione illustrativa si fa presente che il chiarimento in ordine alla competenza regionale per la delimitazione delle aree colpite da calamita naturali si rende “necessario in quanto tale declaratoria, dopo il decreto legislativo n. 102 del 2004, non è più obbligatoria e quindi le regioni non provvedono, con nocumento dei lavoratori che senza tale dichiarazione non possono accedere ai benefici della legge n. 223 del 1991”.

 

Merita peraltro evidenziare che l’articolo 6 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, già prevede che spetti alle regioni la “procedura di delimitazione del territorio colpito e di accertamento dei danni conseguenti”.

 

L’articolo 21, comma 6, della legge 23 luglio 1991, n. 223, prevede agli operai agricoli a tempo determinato iscritti negli elenchi anagrafici dei comuni dichiarati colpiti da eccezionale calamità o avversità atmosferica siano rimasti privi di occupazione in conseguenza degli eventi medesimi, è riconosciuto, ai fini previdenziali e assistenziali, in aggiunta alle giornate di lavoro prestate, il numero di giornate necessarie al raggiungimento del numero di giornate riconosciute nell'anno precedente. Tale beneficio viene concesso a condizione che i destinatari abbiano prestato nell'anno interessato alla provvidenza almeno cinque giornate di lavoro. Lo stesso diritto alle prestazioni previdenziali ed assistenziali è esteso a favore dei piccoli coloni e compartecipanti familiari delle aziende colpite dalle predette avversità.

Ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, il Piano assicurativo agricolo annuale è elaborato sulla base delle informazioni e dei dati di carattere statistico-assicurativo rilevati dalla Banca dati sui rischi agricoli, ed è approvato, entro il 30 novembre di ogni anno, con decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le proposte di una apposita Commissione tecnica. Il piano assicurativo agricolo è stato approvato, per l'anno 2005, con D.M. 17 marzo 2005.

 

Il comma 9 incrementa di 3 milioni di euro annui, a decorrere dal 2007, il contributo a favore di ISMEA previsto dall’articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182

 

L’articolo 1-quinquies, comma 2, del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182 convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231 ha riconosciuto ad ISMEA, a decorrere dall'anno 2006, un contributo di 4 milioni di euro “per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali”.

L’ISMEA, ente pubblico economico, è stato istituito con D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278, con la denominazione di “Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo”. A norma dell’art. 6 del D.Lgs. n. 419 del 1999[36], concernente il riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, l’ente ha assorbito l’ex Cassa per la formazione della proprietà contadina, assumendo i compiti a questa precedentemente attribuiti.

Successivamente, il D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200[37] ha disposto le norme statutarie e regolamentari, nonché il riordino dell’ISMEA, ora denominato “Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare”, con il mantenimento del precedente acronimo.

Ai sensi di detto regolamento, il nuovo Istituto deve perseguire le seguenti finalità:

§      rilevazione, elaborazione e diffusione dei dati e informazioni che riguardano i mercati agricoli, forestali, ittici e alimentari;

§      erogazione di servizi di analisi e informazione per la commercializzazione, valorizzazione e promozione di prodotti agricoli, ittici e alimentari;

§      svolgimento, nel rispetto della programmazione regionale, delle funzioni precedentemente attribuite alla Cassa per la formazione della proprietà contadina dal D.Lgs. n. 121/1948, dalle leggi 153/1975[38] e 441/1998;

§      prestazione di specifiche forme di garanzia creditizia e finanziaria alle imprese agricole singole o associate.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

L’8 febbraio 2006 la Commissione ha presentato un progetto di regolamento finalizzato ad un riordino del vigente regolamento sull’esenzione degli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese agricole (CE) 70/2001. Il progetto è stato adottato sulla base del regolamento 994/98 che autorizza la Commissione a dichiarare, a norma dell’art. 87 del trattato, che, a determinate condizioni, gli aiuti alle piccole e medie imprese sono compatibili con il mercato comune e non sono soggetti all’obbligo di notifica alla Commissione di cui all’art. 88, paragrafo 3, del Trattato. Scopo del progetto è la semplificazione della normativa sugli aiuti di Stato all’agricoltura. Le categorie di aiuti per le quali il progetto precisa le condizioni per la compatibilità sono relative agli investimenti nelle aziende agricole, la conservazione di paesaggi e fabbricati tradizionali, il trasferimento di fabbricati nell’interesse pubblico, gli aiuti all’insediamento di giovani agricoltori, gli aiuti al prepensionamento, gli aiuti alle associazioni di produttori, gli aiuti relativi a fitopatie ed epizoozie, gli aiuti per le perdite dovute alle avverse condizioni atmosferiche, gli aiuti per il pagamento di premi assicurativi, quelli intesi a promuovere la produzione di prodotti agricoli di qualità e quelli volti a coprire i costi di attività di assistenza tecnica.

Il nuovo regolamento dovrebbe trovare applicazione dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013.

 

 

 


Articolo 154
(Norme per l'internazionalizzazione del sistema
agroalimentare)

 


1. Dalla base imponibile del reddito di impresa è escluso il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri nel periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e nei due periodi di imposta successivi, in eccedenza rispetto alla media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti.

2. La misura di cui al comma 1 dell'esclusione del valore è elevata al 35 per cento degli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici, e al 50 per cento del valore degli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.

3. Il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, anche se con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. Per tali imprese la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.

4. L'attestazione di effettività delle spese sostenute è rilasciata dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni, ovvero del responsabile del centro di assistenza fiscale.

5. Le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale sono, per quanto non previsto dal presente articolo, le stesse disposte dall'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.


 

 

L’articolo 154 è volto a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese agroalimentari, introducendo benefìci fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati all’estero.

 

A tale fine, il comma 1 esclude dalla base imponibile del reddito di impresa il 25 per cento del valore degli investimenti in attività di promozione pubblicitaria realizzati da imprese agroalimentari in mercati esteri.

 

La norma si applica per tre periodi d’imposta, a partire da quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge finanziaria e per i due successivi, ma a condizione che tali investimenti eccedano la media degli analoghi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti.

 

In base al comma 2, l’agevolazione è elevata rispettivamente:

§      al 35 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria realizzati sui mercati esteri da consorzi o raggruppamenti di imprese agroalimentari, operanti in uno o più settori merceologici;

§      al 50 per cento per gli investimenti di promozione pubblicitaria all'estero riguardanti prodotti a indicazione geografica, o comunque prodotti agroalimentari oggetto di intese di filiera o contratti quadro in attuazione degli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102.

 

Gli articoli 11, 12 e 13 del decreto legislativo n. 102 del 2005 hanno introdotto nuove misure per l’integrazione e l’organizzazione delle filiere agroalimentari. L’intesa di filiera (che sostanzialmente sostituisce i vecchi accordi interprofessionali) costituisce il quadro di riferimento di una catena “pattizia” che, attraverso passaggi successivi e conseguenti, si sviluppa attraverso contratti quadro, contratti-tipo e contratti di conferimento tra singoli agricoltori e primi acquirenti. Le intese di filiera sono volte a definire azioni per migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato e il coordinamento dell'immissione dei prodotti sul mercato; a definire modelli contrattuali compatibili con la normativa comunitaria da utilizzare nella stipula dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura; ad individuare modalità di valorizzazione e tutela delle denominazioni di origine, indicazioni geografiche e marchi di qualità, nonché criteri per la valorizzazione del legame delle produzioni al territorio di provenienza; a delineare azioni volte a perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato attraverso informazioni e ricerche per l'orientamento della produzione agricola alla domanda e alle esigenze dei consumatori, nonché metodi di produzione rispettosi dell'ambiente. Le intese di filiera possono essere stipulate, nell’ambito del Tavolo agroalimentare, dagli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale dei settori della produzione, trasformazione, commercio e distribuzione dei prodotti agricoli, nonché dalle organizzazioni interprofessionali riconosciute. Nella cornice definita dalle intese di filiera si inseriscono i contratti-quadro, sottoscritti dai rappresentanti delle organizzazioni dei produttori (OP) e delle imprese di trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti agricoli in relazione a singoli prodotti ed aree geografiche. I contratti-quadro perseguono gli obiettivi di sviluppare gli sbocchi commerciali sui mercati interno ed estero, orientare la produzione agricola per farla corrispondere alla domanda, al fine di perseguire condizioni di equilibrio e stabilità del mercato, garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, migliorare la qualità dei prodotti, con particolare riguardo alle diverse vocazioni colturali e territoriali e alla tutela dell'ambiente, ridurre le fluttuazioni dei prezzi e prevedere criteri di adattamento della produzione all’evoluzione del mercato. La stipula di un contratto-quadro obbliga gli acquirenti a rifornirsi del prodotto tramite un contratto di coltivazione, allevamento e fornitura che rispetti i contenuti del contratto quadro e che trova applicazione anche nei confronti degli imprenditori agricoli non aderenti alle organizzazioni stipulanti.

 

In base al comma 3, il beneficio fiscale di cui ai commi 1 e 2 si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della presente legge, ma con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni. In questo caso per poter applicare il beneficio fiscale, la media degli investimenti da considerare è quella risultante dagli investimenti effettuati nei periodi di imposta precedenti a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge o a quello successivo.

 

Il comma 4 prevede, per poter usufruire del beneficio fiscale, di un'attestazione di effettività delle spese sostenute, che può essere rilasciata dal presidente del collegio sindacalo o, in mancanza, da uno dei seguenti soggetti:

§      un revisore dei conti;

§      un professionista iscritto all'albo dei revisori dei conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o a quello dei consulenti del lavoro, nelle forme previste dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140, e successive modificazioni;

§      il responsabile del centro di assistenza fiscale.

 

Il comma 5 rinvia, per le modalità di applicazione dell'incentivo fiscale, per quanto non previsto dal presente articolo, alle disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357[39], convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1994, n. 489.

 

Si tratta della norma che ha consentito per gli anni 1994 e 1995 la detassazione del reddito d’impresa reinvestito, escludendo dall'imposizione il 50 per cento del volume degli investimenti realizzati per due periodi d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque periodi d'imposta precedenti. Dall’agevolazione erano escluse le banche e le imprese di assicurazione, e si applicava per due periodi d'imposta. L'ammontare degli investimenti doveva essere assunto al netto delle cessioni di beni strumentali effettuate nel medesimo periodo d'imposta.

Per investimento si intendeva la realizzazione nel territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese, l'ampliamento, la riattivazione, l'ammodernamento di impianti esistenti e l'acquisto di beni strumentali nuovi anche mediante contratti di locazione finanziaria. L'investimento immobiliare era limitato ai beni strumentali per natura.

 

Ai sensi dell’articolo 155, comma 4, del disegno di legge in esame, l’efficacia delle disposizioni introdottedal presente articolo 154 è sospesa fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 155) entro un milione di euro.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 152.

 

 

 


Articolo 155
(Sviluppo della forma societaria in agricoltura)

 


1. Le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestono la qualifica di società agricola ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, come da ultimo modificato dal comma 3 del presente articolo, possono optare per l'imposizione dei redditi ai sensi dell'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

2. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sono dettate le modalità applicative del comma 1.

3. All'articolo 2, comma 4-bis, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, è soppresso il secondo periodo.

4. L'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 154 e al presente articolo resta subordinata all'emanazione di un apposito regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze diretto a contenere il relativo onere nel limite di 1 milione di euro annui.


 

 

L’articolo 155 è volto a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentendo alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, che siano società agricole, di optare per l’applicazione di un regime fiscale più favorevole, cioè di essere tassate in base al reddito catastale agrario, disciplinato dall’articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR)[40].

L’opzione è possibile, in base al comma 1, per tutte le società di persone e le società a responsabilità limitata, che rivestano la qualifica di società agricola, a prescindere dalle caratteristiche dei soci o degli amministratori di tali società.

 

Le società agricole sono disciplinate dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99[41]. Si tratta delle società aventi come oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile. La denominazione di “società agricola” deve risultare nella ragione sociale o nella denominazione sociale delle società. La definizione di imprenditore agricolo è contenuta nell’articolo 2135 del codice civile, così come modificato dalla cosiddetta “legge di orientamento” (D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 228). Sulla base di tali disposizioni, l'imprenditore agricolo è colui che esercita un'attività diretta:

§      alla coltivazione del fondo;

§      alla silvicoltura;

§      all'allevamento del bestiame;

§      all'esercizio di attività connesse alle precedenti.

 

Alle società agricole qualificate come imprenditori agricoli professionali (IAP)[42] si applicano attualmentele agevolazioni creditizie e quelle tributarie, ai fini delle imposte indirette, previste per i coltivatori diretti. Le medesime agevolazioni sono riconosciute anche alle società agricole di persone in cui almeno un socio sia coltivatore diretto e alle società agricole di capitali e cooperative in cui almeno un socio sia coltivatore diretto.

Nel caso in cui trattasi di società composte, almeno per metà, da soci che siano coltivatori diretti, si è prevista, inoltre, l’estensione alle società del diritto di prelazione e di riscatto di fondi riconosciuti, dalla normativa vigente, a favore di coltivatori diretti, mezzadri, coloni e compartecipanti in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi dei fondi medesimi

Si ricorda che si considerano coltivatori diretti le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali tenuti dall’INPS, e soggette al versamento dei contributi obbligatori per invalidità, vecchiaia e malattia.

Per quanto riguarda il regime fiscale agevolato applicabile ai coltivatori diretti, questo è definito in varie norme, tra cui principalmente la legge n. 604 del 1954 relativa alla piccola proprietà contadina[43]. La legge stabilisce un particolare regime di favore sui trasferimenti dei terreni agricoli, disponendo l'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria in misura fissa, mentre l'imposta catastale è pari all' 1 per cento.

Si segnala che le modalità di applicazione di tali agevolazioni agli IAP sono state anche oggetto di un’interrogazione a risposta immediata presso la Commissione VI (Finanze), svolta il 7 febbraio 2006[44].

Per i coltivatori diretti è altresì prevista un’agevolazione ai fini dell’ICI. Per i terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli iscritti negli elenchi previdenziali, il versamento dell'imposta avviene limitatamente alla parte di valore della base imponibile eccedente 25.822,84 euro e con le seguenti riduzioni:

§      del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 25.822,84 euro e fino a 61.974, 83 euro;

§      del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 61.974, 83 euro e fino a 103.291, 38 euro;

§      del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 103.291,38 euro e fino a 129.114, 22 euro.

 

In base alla modifica del comma 1 dell’articolo 155 in commento, le agevolazioni fiscali, consistenti nella tassazione su base catastale costituita dal reddito agrario, sono possibili pertanto per tutte le società agricole aventi forma societaria di società a responsabilità limitata o di società di persone, a prescindere della qualifica di coltivatore diretto di uno dei soci, come invece richiesto per fruire delle agevolazioni fiscali vigenti.

Inoltre l’agevolazione del comma 1 è concessa, evidentemente, ai fini delle imposte sui redditi, mentre l’agevolazione attualmente prevista dall’articolo 2, commi 4 e 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004 vale ai fini delle imposte indirette. Tale ultima agevolazione comunque permane e ad essa si aggiunge quella disposta dal comma 1 in esame, che ha peraltro un ambito di applicazione più vasto.

 

Per quanto riguarda l'imposizione diretta sui redditi agrari, essa è disciplinata dall'articolo 32 del TUIR. In base a tale norma il reddito agrario è costituito dalla parte di reddito fondiario imputabile al capitale d’esercizio ed al lavoro di organizzazione impiegati nell’esercizio di attività agricole sul terreno, nei limiti della potenzialità del terreno stesso. A differenza del reddito dominicale, costituito dalla parte di reddito dei terreni che viene imputata al proprietario del terreno ovvero al soggetto che possiede un diritto reale su di essi, il reddito agrario è quindi quello, determinato catastalmente, che va imputato al soggetto che esercita l'impresa agricola, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Il reddito agrario esprime pertanto la redditività media derivante dall'esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno e viene determinato mediante l'applicazione di tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale per ciascuna coltivazione. Si ricorda che il reddito delle attività agricole svolte da società di persone e di capitali e da enti commerciali viene invecedeterminato secondo le ordinarie regole del reddito di impresa (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

In base al comma 2 dell’articolo 155, le modalità applicative della norma saranno disposte con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Il comma 3 dell’articolo 155, abroga il secondo periodo dell’articolo 2, comma 4-bis del decreto legislativo n. 99 del 2004, cioè la norma in base alla quale, in ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non potevano essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore.

In seguito a tale abrogazione quindi, le agevolazioni fiscali ai fini delle imposte indirette e quelle creditizie previste dal comma 4 saranno fruibili sia in capo ai coltivatori diretti che alle società agricole di persone, ovvero di capitali o cooperative, di cui essi siano rispettivamente soci o amministratori.

 

Si ricorda che le società agricole di persone, di capitali e cooperative con almeno un socio (o un amministratore) coltivatore diretto, decadono dal diritto alle agevolazioni qualora perdano i requisiti richiesti per l’ottenimento delle agevolazioni stesse nei 5 anni successivi alla data del riconoscimento delle agevolazioni.

Si tratta sempre delle agevolazioni di cui al comma 4 dell’articolo 2, cioè quelle creditizie e fiscali in materia di imposizione indiretta.

 

Il comma 4 dell’articolo 155, sospende l’efficacia delle disposizioni introdotte dall’articolo in commento fino all’emanazione di un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze diretto a contenere l’onere (comprensivo delle risorse da destinare alle misure di cui all’articolo 154) entro un milione di euro.

 

 

 


Articolo 156
(Norme in materia di
bioenergie)

 


1. Al comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal comma 421 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al terzo periodo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate», sono sostituite dalle seguenti: «un contingente di 250.000 tonnellate, da utilizzare su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegnandolo in base a criteri che in via prioritaria tengono conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o contratti di programma agroenergetico, nonché dell'occupazione diretta ed indiretta coinvolta, definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico»;

     b) il quinto periodo è sostituito dal seguente: «Le quote di biodisel non utilizzate nell'anno 2006 sono aggiunte al contingente di 250.000 tonnellate previsto per l'anno 2007, allo stesso contingente è aggiunto anche il quantitativo derivante dall'applicazione delle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato».

2. Per l'anno 2007, il decreto previsto dal comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle more della sua adozione, l'Agenzia delle dogane, tenendo conto dei criteri prioritari di cui al terzo periodo del medesimo comma 6 dell'articolo 21, attribuisce in via provvisoria quote fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate.

3. Il comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dal seguente:

«422. L'importo previsto dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato negli anni 2005 e 2006, è destinato alla costituzione di un apposito Fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per l'incentivazione, la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, destinando l'importo di 15 milioni di euro a programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel campo bioenergetico».

4. All'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

     a) al comma 1 è aggiunto il seguente periodo: «Per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, è stanziato un importo annuo di 73 milioni di euro»;

     b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Dal 1o aprile 2007 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola in misura dell'1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell'anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata annualmente di 1 punto percentuale dal 1o gennaio 2008 fino all'anno 2012»;

     c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

     «3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 marzo 2007, sono stabilite le modalità per l'invio da parte dei produttori di carburanti diesel e di benzina, con autocertificazione dei dati relativi all'immissione al consumo di biocarburante di origine agricola, riferiti all'anno in corso ed all'anno precedente. Con detto decreto sono altresì stabilite le misure e le sanzioni per il mancato rispetto dell'obbligo previsto dal comma 2. Gli importi derivanti dalla comminazione delle eventuali sanzioni sono versati al fondo di cui al comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, per essere riassegnati quale maggiorazione del quantitativo di biodisel che annualmente può godere della riduzione dell'accisa o in aumento allo stanziamento previsto per l'incentivazione del consumo di bioetanolo»;

     d) al comma 5, le parole: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo 2007».

5. Al comma 423 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, dopo le parole: «agroforestali e fotovoltaiche», sono inserite le seguenti: «nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell'impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli».


 

 

L’articolo 156 detta norme volte a promuovere le bioenergie.

In particolare, la disposizione interviene sul contingente annuo di biodiesel esente da accisa (commi 1 e 2), sulla promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche e sulla sperimentazione e ricerca nel campo bioenergetico (comma 3), sull’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola (comma 4), sui carburanti ottenuti da produzioni vegetali e sulle materie plastiche ottenute da prodotti agricoli (comma 5).

 

Il commi 1 e 2 intervengono sull’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.

Le modificazioni apportate comportano:

a)      l’innalzamento del contingente annuo di biodiesel esentato da accisa da 200.000 a 250.000 tonnellate;

b)      la necessità dell’autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per l’utilizzazione dell’intero contingente (e non solo nel limite di 20.000 tonnellate, come attualmente previsto);

c)      la rideterminazione dei criteri di assegnazione del contingente, la cui definizione è rimessa a un successivo decreto ministeriale, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore delle legge (nelle more dell’adozione del decreto l’Agenzia delle dogane può attribuire quote provvisorie fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate);

d)      l’utilizzazione delle quote di biodiesel non utilizzate nel 2006 e del quantitativo derivante dall’applicazione delle sanzioni irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai fini dell’incremento del contingente per il 2007.

 

Si fa presente che la portata della novella proposta al comma 1 appare di incerta definizione, in quanto essa non risulta correttamente coordinata con il testo che è oggetto di modifica. Inoltre, potrebbe essere opportuno specificare a quali sanzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato s‘intenda fare riferimento.

Si fa presente, inoltre, che la norma appare produttiva di oneri privi di copertura finanziaria (nella relazione illustrativa si afferma che l’aumento del contingente viene consentito dalla riduzione “dell’accisa dal 100% al 70%, da operare attraverso il previsto decreto ministeriale”; si osserva, tuttavia, che nel testo normativo non viene fatta alcuna menzione di tale circostanza).

 

Si segnala infine che in materia di biodiesel interviene anche l’articolo 26 del presente provvedimento sostituendo l’esenzione dall’accisa con una tassazione del 20%.

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[45], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da olî vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423 del 1998, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pallets, etc.), liquidi (olî vegetali, alcoli, eteri, esteri, etc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica etc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pallets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128 del 2005[46], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

 

Il comma 3 sostituisce il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), prevedendo che le risorse destinate al Progetto sperimentale “bioetanolo”, non utilizzate negli anni 2005 e 2006, siano destinate:

§      alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

§      fino a 15 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede per il 2007 l’utilizzo di risorse stanziate per il 2005 e il 2006 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, attualmente vigente, prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo» non utilizzate nel 2005 siano destinate per l'anno 2006:

§      fino a 21 milioni di euro, per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);

§      fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;

§      per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 4 modifica in più parti l’articolo 2-quater del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, concernente lo sviluppo della filiera agroenergetica e l’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola.

In particolare, per effetto delle modifiche:

§      viene rinviato dal 1° luglio 2006 al 1° aprile 2007 l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola,in una misura pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente (misura crescente di un punto percentuale annuo dal 1° gennaio 2008 al 2012) e non viene più imposto che i biocarburanti in questione debbano essere oggetto di un’intesa di filiera, di un contratto-quadro o di un contratto di programma agroenergetico (lettera b));

§      viene previsto uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

§      viene rinviato al 31 marzo 2007 il termine per l’adozione del decreto ministeriale chiamato a definire le modalità per l’invio (da parte dei produttori di carburanti diesel e benzina) dei dati di immissione al consumo di biocarburanti di origine agricola, nonché le sanzioni per il mancato rispetto dell’obbligo, prevedendo, altresì, che gli importi derivanti dalle sanzioni comminate sono riassegnati quale maggiorazione del contingente di biodiesel esente da accisa ai sensi del comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006)[47];

§      viene rinviata al 31 marzo 2007 la delibera della disciplina dei contratti di programma agroenergetici da parte del CIPE[48];

 

L’articolo 2-quater del decreto-legge n. 2 del 2006, nel quadro degli obiettivi indicativi nazionali stabiliti sulla base della normativa comunitaria, ha introdotto l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina è rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

 

Il comma 5 integra il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) al fine di far rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, nonché di qualificarla come attività connessa all’attività agricola, anche l’attività svolta dalle aziende diretta alla produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell’impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli.

 

Il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha ricondotto nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola. L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche.

 

Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 228 del 2001 (cosiddetta “legge di orientamento”), in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo;

-       silvicoltura;

-       allevamento di animali;

-       attività connesse alle precedenti.

Per coltivazione del fondo, silvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività, svolte dallo stesso imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità (es. agriturismo).

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)       l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[49] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[50].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabiliti dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne i biocombustibilisi rinvia al commento dei precedenti commi 1 e 2 dell’articolo in esame.

 

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al par. 9.2, relativo alla produzione di energia elettrica ed alle attività agricole connesse, osserva che l’articolo 1, comma 123 della legge finanziaria 2006 “fa inequivocabilmente rientrare i relativi redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente. Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura di beni sopra citate”, i quali – in quanto attività di fornitura di beni o di fornitura di servizi – sarebbero ex se rispettivamente soggetti alla disciplina dei redditi d'impresa:

-       determinati analiticamente ai sensi dell'articolo 56 del TUIR;

-       assoggettabili al regime forfetario di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR.

Il successivo par. 9.3 della medesima circolare precisa che l’agevolazione non può intendersi estesa al regime delle predette attività agli effetti dell’IVA, e che pertanto non sia ad esse applicabile il regime speciale previsto per i produttori agricoli dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, tale estensione risultando fra l’altro preclusa dalla vigente disciplina comunitaria.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Esenzioni e riduzioni di accisa

Il bioetanolo, il biodiesel ed altri carburanti sono ricompresi nell’allegato II della direttiva 2003/96/CE che elenca una serie di esenzioni o riduzioni delle aliquote di accisa sui prodotti energetici.

Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).

Per il contenuto vedi la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 30, comma 5.

Biocarburanti

(Vedi scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 26.)

Piano di azione per la biomassa

Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628).

La Commissione individua nella biomassa una delle possibili opzioni per contribuire al perseguimento di obiettivi generali di politica energetica, quali la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e la limitazione delle emissioni inquinanti. Il piano di azione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, a rafforzare l'offerta, a rimuovere gli ostacoli tecnici e a sviluppare la ricerca, al fine di promuovere l’impiego della biomassa in tre settori prioritari di intervento: il riscaldamento, l’elettricità e i trasporti.

 

Il Consiglio, nella riunione dell’8 e 9 giugno 2006, ha approvato conclusioni in relazione al piano d’azione sulla biomassa.

In particolare, il Consiglio ha accolto con favore le comunicazioni della Commissione relative al piano d’azione sulla biomassa e alla strategia dell’UE per i biocarburanti, e ha invitato la Commissione stessa a considerare prioritarie alcune questioni quali, tra l’altro, la ricerca sulla biomassa e in particolare quella sui biocarburanti di seconda generazione, la creazione di mercati per la biomassa funzionanti trasparenti e aperti, la promozione di campagne di informazione, l’adozione di norme tecniche per i biocarburanti nonché la revisione della direttiva sulla qualità dei carburanti.

Energie rinnovabili

Il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’Unione europea.

Il Parlamento europeo, in particolare, ha sollecitato il ricorso ai Fondi strutturali per promuovere l’utilizzo della biomassa ed ha esortato gli Stati membri a fare in modo che la politica fiscale nazionale non sia d’ostacolo per lo sviluppo della biomassa, ritenendo che gli incentivi sotto forma di tagli fiscali possano contribuire alla promozione delle energie rinnovabili. Il Parlamento europeo ha auspicato inoltre che nel lungo termine venga sviluppato un sistema europeo di incentivi armonizzato che favorisca un uso efficiente delle fonti energetiche rinnovabili e che preveda periodi di transizione sufficienti per i regimi di aiuto nazionali.

L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), inteso ad illustrare le nuove realtà con le quali l’Europa deve confrontarsi nel settore energetico nonché a delineare gli argomenti di dibattito e le opzioni che potrebbero costituire la base di una politica energetica europea più integrata attraverso l’individuazione di tre obiettivi fondamentali per una strategia europea in campo energetico: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento.

La Commissione propone, tra l’altro, di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ricordando che la produzione di energia rinnovabile deve essere sostenuta da apposite politiche settoriali atte, in particolare, a stimolare una maggiore competitività di tali fonti energetiche nel pieno rispetto delle norme in materia di concorrenza. La Commissione prospetta la presentazione di una Road Map dell’energia rinnovabile che sia in grado di affrontare le questioni principali per una efficace politica dell’UE in materia di energia rinnovabile.

Sul Libro verde si è svolta un’ampia consultazione pubblica che si è conclusa il 24 settembre 2006.

 

Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006 ha dedicato un apposito paragrafo delle conclusioni ad una politica energetica per l’Europa, nelle quali accoglie favorevolmente il Libro verde della Commissione e delinea una serie di azioni che potrebbero contribuire al conseguimento dei tre obiettivi indicati dal Libro verde tra cui l’attuazione del piano d’azione per la biomassa.

Efficienza energetica

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265).

(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).

La Commissione ritiene, tra l’altro, che l’imposizione fiscale sui prodotti energetici, sotto forma di diritti, rientra tra le competenze dell’Unione e che tale strumento possa essere utilizzato per progredire verso l’armonizzazione dei regimi fiscali, ad esempio a favore dei veicoli che utilizzano combustibili più puliti e con migliori prestazioni sotto il profilo energetico.

Revisione del regime di aiuto a favore delle colture energetiche

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla revisione del regime a favore delle colture energetiche unitamente ad una proposta di regolamento intesa a modificare e rettificare il regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune, e a modificare il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (COM(2006)500).

La Commissione propone, a partire dal 2007, di estendere il regime di aiuto alle colture energetiche ai nuovi Stati membri dell'UE e di autorizzare il versamento di un aiuto nazionale per agevolare l'avvio della produzione di colture pluriennali destinate alla produzione di biomassa.

La proposta è stata adottata dopo la presentazione da parte della Commissione, nel febbraio scorso, della “strategia” comunitaria volta a sviluppare la produzione di biocarburanti (vedi scheda art. 26). L'importo dell'aiuto alle colture energetiche, che mira ad incitare gli agricoltori a produrre le materie prime che permettono di fabbricare biocarburanti raggiunge i 45 euro/ha per un'area coltivata massima garantita di 1,5 milioni di ettari.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

In relazione al recepimento della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

 

Con lettera di messa in mora[51] del 13 dicembre 2005, la Commissione ha contestato all’Italia che l’articolo 17 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,   n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, configurerebbe la possibilità di sostegno a fonti energetiche non definite come rinnovabili dalla direttiva stessa[52].

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[53]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[54] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.Lgs n. 387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

 

 

 


Articolo 181
(Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)

 


1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, comma 1, del citato Trattato.

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 228, comma 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:

     a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;

     b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

     c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

9. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

10. Le notifiche indicate nei commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

11. Le controversie relative all'esercizio del diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ferma restando la giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

12. Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti di cui agli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.


 

L’articolo 181 contiene misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali dello Stato, in particolare derivanti dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali). A tal fine, la norma introduce il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari ed internazionali.

In particolare, il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparati:

·       adottano le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse (su cui si veda infra lo specifico paragrafo);

·       danno esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, comma 1, TCE (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

In ogni caso, il comma 2 dell’articolo, prevede l’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti indicati al comma 1, responsabili della violazione degli obblighi comunitari o della non tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia. Tali poteri sostitutivi vengono esercitati secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge “La Loggia”).

Si ricorda che tale norma - volta a regolare l’esercizio del potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione - stabilisce, in via generale, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite e, in particolare, il comma 1 prevede:

·       l’assegnazione di un congruo termine all’ente interessato per provvedere;

·       l’adozione dell’atto sostitutivo, di natura anche normativa, da parte del Consiglio dei ministri solo a seguito dell’infruttuoso decorso del termine, sentito l’organo interessato.

Peraltro, il comma 2 dispone che qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia, abrogando l’articolo 11 della legge La Pergola, che dettava la disciplina relativa all’esercizio di poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale (e delle province autonome)[55].

Accanto a questa forma di sostituzione, l’articolo 8 ne disciplina un’altra, attivabile nei casi di assoluta urgenza (comma 4): qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, che possono chiederne il riesame.

Si segnala, peraltro, l’opportunità di coordinare tale disposizione con quanto previsto, in ordine ai poteri sostitutivi esercitabili in caso di inadempimento di obblighi comunitari, dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, e in particolare dagli articoli 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale.

La disciplina è sostanzialmente quella prevista dall’art. 11, comma 8, volto a dare attuazione all’art. 117, V comma, Cost.[56]. La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e le province autonome:

§       gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;

§       esclusivamente nelle regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§       gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute.

Andrebbe valutata l’effettiva portata normativa dei commi 1 e 2 dell’articolo in esame, dal momento che l’obbligo per le regioni (e per gli ulteriori enti indicati al comma 1) di rispettare i vincoli comunitari ed internazionali discende direttamente da quanto previsto dall’articolo 117, primo comma, Cost. Inoltre, l’esercizio dei poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale deriva già  – per i casi disciplinati dall’articolo in esame – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 e dai citati artt. 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005.

In caso di inadempimento dei predetti obblighi, il comma 3 prevede il diritto per lo Stato di rivalersi nei confronti degli indicati enti nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse di:

-          Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA);

-          Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);

-          altri Fondi aventi finalità strutturali.

Tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di Giustizia, ex art. 228 TCE (comma 4), e della Corte europea dei diritti dell’uomo (comma 5) (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

I successivi commi disciplinano le modalità di esercizio del diritto di rivalsa (commi 6-10).

Questo si esercita in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente o organismo pubblico diverso, assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.

In particolare :

§        nel caso in cui l’obbligato sia un ente territoriale, il combinato disposto del comma 6, lett. a e dei commi 7-9 prevede che la misura degli importi dovuti, che comunque non deve essere superiore agli oneri finanziari a carico dell’Italia, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Questo deve adottarsi entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna per la Repubblica italiana. Il decreto reca modi e termini per il pagamento, anche rateizzato e costituisce titolo esecutivo. Qualora gli oneri finanziari a carico dell’Italia siano di carattere pluriennale, o non ancora liquidi, possono adottarsi più decreti in relazione al progressivo maturare del credito dello Stato.

I decreti sono emanati previa intesa sull’entità del credito, modalità di recupero e termini di pagamento, anche rateizzato, con l’ente obbligato, la quale deve essere perfezionata entro quattro mesi decorrenti dalla data della notifica allo stesso della sentenza esecutiva di condanna verso l’Italia. Il contenuto dell’intesa è recepito in un provvedimento del Ministro dell’economia e costituisce titolo esecutivo.

 

Per ciò che attiene alla formulazione della norma, nel comma 8 si disciplinano i decreti di cui al comma 7, “qualora l’obbligato sia un ente territoriale”. Poiché il comma 7 riguarda esclusivamente gli enti territoriali, sarebbe forse opportuna una eliminazione della locuzione sopra riportata.

Inoltre, nel comma 7 si demanda ad un decreto ministeriale la misura degli importi dovuti e si prevede che tale decreto costituisca titolo esecutivo. Nel successivo comma 8 si prevede che tale decreto debba essere emanato previa intesa con l’ente territoriale stesso e che tale intesa venga recepita in un “provvedimento” che costituisce titolo esecutivo.

Inoltre, l’ultimo periodo del comma 8 riproduce quanto già previsto nell’ultimo periodo del comma 7.

Laddove non si raggiunga l’intesa, all'adozione del provvedimento provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. Anche in questo caso possono essere adottati più decreti laddove si sia in presenza di crediti dello Stato che maturano progressivamente.

 

§        nel caso di enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati sopra, assoggettati al sistema di tesoreria unica, il diritto di rivalsa si esercita con un prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720;

Si ricorda che in base al sistema introdotto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720, gli enti soggetti alla Tesoreria unica, inclusi nella Tabella A, allegata alla legge, sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera.Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che di fatto non transitano dalla tesoreria dell'Ente [57].

I tesorieri eseguono i pagamenti disposti dagli enti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere [58].

§         in ogni altro caso, il diritto di rivalsa si esercita nelle vie ordinarie.

 

Il comma 10 prevede che le notifiche di cui ai sopra commentati commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze

La competenza a conoscere le controversie derivanti dall’esercizio del diritto di rivalsa è attribuita, dal comma 11, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Viene comunque mantenuta ferma la giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”), relativo all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici.

Si ricorda che quest’ultima norma prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso, nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità. La norma disciplina altresì l’imputazione della responsabilità nel caso di deliberazioni di organi collegiali, di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi ovvero se il fatto dannoso è causato da più persone.

Infine, il comma 12 prescrive alle regioni ed alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per evitare l’insorgere di ulteriori procedure d’infrazione in sede comunitaria. Il citato D.P.R., infatti, dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e in parte alla direttiva 79/409/CEE.

In particolare, i citati articoli dispongono in ordine alle misure di conservazione, che le regioni e le province autonome devono adottare per le zone speciali di conservazione (ZSC) e per le zone di protezione speciale (ZPS) - al fine di evitare il degrado degli habitat nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate - sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000».

Si ricorda che il decreto legge 16 agosto 2006, n. 251, recante “Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica” contiene disposizioni finalizzate a dare attuazione alle citate direttive, in materia di zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione. In proposito, si ricorda che sono state avviate diverse procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata attuazione delle indicate direttive, su cui si veda l’apposito paragrafo. Si ricorda, inoltre, che un disegno di legge governativo (AS 932) di contenuto analogo al suddetto decreto-legge è stato assegnato il 15 settembre 2006 alla Commissione agricoltura del Senato, la quale non ne ha tuttavia ancora avviato l’esame.

Al riguardo, andrebbe valutata l’effettiva omogeneità del comma 12 rispetto al contenuto dell’articolo in esame, che introduce una procedura di carattere generale attivabile dallo Stato in caso di inadempimento di obblighi comunitari ed internazionali.

 

La procedura d’infrazione comunitaria

Si ricorda che gli articoli 226 e 228 TCE delineano un percorso articolato nel caso in cui uno Stato membro risulti inadempiente rispetto agli obblighi comunitari. In particolare, si prevede che:

-          la procedura di infrazione, normalmente preceduta da una serie di contatti verbali e/o scritti tesi ad accertare e approfondire da entrambe le parti i termini della contestazione, si apre con l’invio da parte della Commissione di una lettera (di messa in mora) nei confronti dello Stato membro, nella quale vengono precisati i comportamenti o le misure considerate lesive delle norme comunitarie. La lettera si conclude con la fissazione di un termine allo Stato per la presentazione delle osservazioni, di norma non inferiore a due mesi.

-          in caso di mancata risposta da parte dello Stato o di in caso di risposta non soddisfacente, la Commissione emette un parere motivato, con il quale precisa la sua posizione e invita lo Stato ad adottare, entro un certo termine, i provvedimenti volti a eliminare la difformità della legislazione dello Stato in questione rispetto alle norme comunitarie;

-          qualora lo Stato non si conformi entro il termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia per fare accertare la violazione compiuta dallo Stato (ricorso dinanzi alla Corte);

-          se anche la Corte riconosca l’inadempienza dello Stato in questione con una sentenza, lo Stato è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per l'esecuzione della medesima sentenza;

-          in base all’articolo 228, nel caso in cui i provvedimenti per l’esecuzione della sentenza non siano adottati, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, invia una nuova lettera di messa in mora e, in caso di reiterata inadempienza, formula un parere motivato complementare;

-          qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti necessari, la Commissione può adire la Corte di giustizia, precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità, che lo Stato dovrà versare;

-          infine, la Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

 

La possibilità di infliggere sanzioni pecuniarie in caso di sentenza di inadempimento è stata introdotta dal trattato di Maastricht, che ha modificato a tal fine l’ex articolo 171 del trattato CE, diventato articolo 228 del trattato CE, nonché l’articolo 143 del trattato Euratom.

Ai fini dell’applicazione di tali norme, la Commissione ha adottato nel 1996 e nel 1997 due comunicazioni relative al metodo di calcolo della penalità[59].

Nel dicembre 2005 la Commissione ha adottato una nuova comunicazione  (Sec (2005) 1658), che sostituisce le precedenti al fine di aggiornarle alla giurisprudenza nel frattempo intervenuta e adattare il metodo di calcolo delle sanzioni all’allargamento dell’Unione.

In realtà, lo scopo principale che la Commissione persegue attraverso questa modifica del sistema delle sanzioni è che gli Stati membri correggano le infrazioni più rapidamente, riducendo i ricorsi ex articolo 228. Pertanto, la Commissione ha inasprito l’importo delle sanzioni, intervenendo sul metodo di calcolo e sulla tipologia delle sanzioni stesse.

 

Nell’ambito della comunicazione vengono quindi individuati i principi generali per la definizione della sanzione, il cui importo deve essere funzionale a garantire l’applicazione effettiva del diritto comunitario. La Commissione ritiene che si debbano tenere presenti tre criteri fondamentali:

- la gravità dell’infrazione,

- la durata dell’infrazione,

- l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive.

 

Le sanzioni devono, inoltre, essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo chiaro ed uniforme, che rispetti il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati. La Commissione dovrà comunque motivare dinanzi alla Corte in che modo abbia determinato l’importo della sanzione proposto.

Sotto il profilo dell’efficacia della sanzione, occorrerà fissare l’importo in misura adeguata per garantirne l’effetto dissuasivo. L’irrogazione di sanzioni puramente simboliche priverebbe di qualsiasi utile effetto questo strumento, complementare della procedura d’infrazione e andrebbe contro l’obiettivo ultimo della procedura stessa, che è quello di garantire la piena applicazione del diritto comunitario.

In particolare, la comunicazione rilancia lo strumento della somma forfetaria, dal momento che la prassi sinora seguita, consistente nel limitarsi a proporre alla Corte l’irrogazione di penalità per mancata esecuzione nella sentenza a norma dell’articolo 228, “ha per effetto che le regolarizzazioni tardive, prima della sentenza, non comportano alcuna sanzione e non sono pertanto scoraggiate efficacemente. Limitarsi alla penalità e non chiedere il pagamento di una somma forfettaria potrebbe quindi equivalere ad accettare che, dopo la constatazione da parte della Corte dell’inadempimento di un obbligo da parte di uno Stato membro, questo stesso Stato possa lasciar sussistere questa situazione senza conseguenze. La Commissione ritiene che una situazione prolungata di inottemperanza a una sentenza della Corte di giustizia, di per sé, leda già gravemente il principio di legalità e la certezza del diritto, in una Comunità di diritto”.

La comunicazione ricorda, quindi, come nella sentenza della Corte nella causa C-304/2002, Commissione contro Francia, sono stati inflitti per la prima volta i due tipi di sanzione pecuniaria (penalità e somma forfettaria), cumulati per la stessa infrazione. Pertanto, è intenzione della Commissione indicare nei suoi ricorsi alla Corte:

§      una penalità per giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza a norma dell’articolo 228;

§      una somma forfettaria, che sanzioni la continuazione dell’infrazione tra la prima sentenza, di constatazione dell’inadempimento, e la sentenza a norma dell’articolo 228.

La somma forfettaria e la penalità dovranno essere basate su un metodo predeterminato e oggettivo che disciplini il calcolo delle sanzioni proposte, in modo da garantire quanto più possibile la parità di trattamento tra gli Stati.

In particolare, in ossequio al principio di proporzionalità, nei casi in cui vengano mossi addebiti che possono essere valutati separatamente, la Commissione può proporre una sanzione distinta per ciascun addebito, di modo che il volume globale della sanzione sarà ridotto via via che lo Stato membro esegue parti della sentenza. Inoltre, nei casi in cui lo Stato membro riesca ad aumentare il grado di esecuzione della direttiva senza realizzarne la completa esecuzione, è necessario che la sanzione tenga conto dei progressi via via  realizzati dallo Stato medesimo. In terzo luogo, può risultare necessario adattare il periodo temporale di riferimento ad esigenze particolari, proponendo – oltre alle penalità giornaliere –  anche unità temporali di riferimento diverse, ad esempio di sei mesi o un anno. Ciò può accadere quando il grado di esecuzione può essere valutato soltanto a intervalli regolari, al fine di evitare che le penalità continuino ad accumularsi per periodi nei quali l’infrazione era di fatto cessata, ma non constatata. Infine, in casi particolari, è possibile prevedere la sospensione di una penalità, per verificare l’efficacia delle misure nel frattempo disposte dallo Stato per ottemperare alla sentenza di inadempimento.

 

La penalità è costituita da una somma, dovuta per ogni giorno di ritardo, salvo fissazione di una diversa unità temporale di riferimento (come sopra indicato), che decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato e termina il giorno in cui quest’ultimo pone fine all’infrazione.

Per il calcolo della penalità si parte da un importo forfettario di base uniforme,  pari a 600 euro al giorno, cui applicare poi i coefficienti moltiplicatori.

Nella comunicazione si legge che tale importo è stato determinato in modo che:

– la Commissione conservi un ampio potere discrezionale nell’applicazione del coefficiente di gravità,

– l’importo sia ragionevole;

– l’importo finale della penalità sia tale da garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro.

Tra i coefficienti moltiplicatori, si segnala, in particolare, il coefficiente di gravità, legato all’importanza delle norme comunitarie oggetto dell’infrazione ed alle conseguenze di quest’ultima sugli interessi generali e particolari[60]. Nell’ambito di tale valutazione si dovrà, altresì, tenere conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato delle misure per conformarsi alla sentenza, ma ritenute insufficienti dalla Commissione, rispetto all’ipotesi in cui uno Stato non abbia adottato alcuna misura, come del resto dovrà essere tenuta presente la leale collaborazione dello Stato con la Commissione.

Vi è, inoltre, il coefficiente di durata, che tiene conto della durata dell’infrazione, a decorrere dalla prima sentenza della Corte di giustizia fino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte. La durata dell’infrazione deve essere presa in considerazione per il calcolo sia della penalità che della somma forfettaria.

Infine, si segnala che l’importo della penalità deve far sì che la sanzione sia oltre che proporzionata anche dissuasiva e, dunque, sufficientemente elevata da indurre lo Stato membro:

– a metter fine all’infrazione (perciò deve essere superiore ai vantaggi che lo Stato trae dall’infrazione);

        a non recidivare.

 

Il nuovo sistema sanzionatorio è applicato a decorrere dal 1 gennaio 2006, ma, in via transitoria, nei casi di inadempimento che gli Stati membri regolarizzeranno nel corso dell’anno 2006, la Commissione continuerà ad applicare l’attuale prassi del ritiro del ricorso presentato presso la Corte ai sensi dell’articolo 228 CE.

Si ricorda, infine, che la comunicazione detta i criteri cui si atterrà la Commissione nel proporre l’ammontare della sanzione pecuniaria, fermo restando che la decisione ultima sull’irrogazione delle sanzioni spetti alla Corte di giustizia.

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo

La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, aperta alla firma a Roma il 4 novembre 1950[61], è stata elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa. Oltre a enunciare una serie di diritti e libertà civili e politici, la Convenzione istituiva un sistema destinato a garantire il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi da essi assunti. Tale sistema si imperniava su tre organi, ovvero la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, composto dai ministri degli affari esteri degli Stati membri o dai loro rappresentanti.

L’aumento progressivo del numero dei casi sottoposti a tali organi, nonché l’incremento del numero degli Stati membri – e quindi dei potenziali ricorrenti – a partire dal 1990, con l’ingresso progressivo di quasi tutti gli Stati dell’ex blocco comunista (inclusi quelli emersi dalla dissoluzione dell’URSS), innescarono una riflessione sulla necessità di ristrutturare il meccanismo di controllo della Convenzione.

Si giunse così nel 1994 all’adozione del Protocollo n. 11[62] alla Convenzione del 1950, con il quale ci si proponeva di abbreviare la durata delle procedure e di rafforzare al tempo stesso il carattere giurisdizionale del sistema: tra l’altro, il ricorso individuale, che nella precedente architettura era possibile solo se lo Stato del ricorrente aveva accettato tale eventualità, è divenuto con il Protocollo n. 11 facoltà indipendente del ricorrente. La riforma ha previsto una Corte[63] unica con la possibilità, su ricorso, di un riesame del giudizio di primo grado. Inoltre, contrariamente a quanto avveniva nel passato, i giudici sono stati resi permanenti, mentre la loro elezione, come nel passato, è effettuata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Viene altresì mantenuto il filtro della ricevibilità dei ricorsi, effettuato da un Comitato di tre giudici che decide all'unanimità, come anche la prassi del regolamento amichevole. Il collegio giudicante, detto Sezione, è normalmente composto da sette giudici, tra i quali il cosiddetto "giudice nazionale". Una volta emessa la sentenza le parti possono chiederne, entro tre mesi, il riesame, che avviene da parte di una Sezione allargata (Grande Chambre), composta da diciassette giudici. Un collegio di cinque giudici della Grande Chambre valuta la ricevibilità del ricorso, che deve essere sostenuto da gravi motivi. La Grande Chambre, di cui fanno parte il Presidente della Sezione ed il giudice nazionale, può anche essere investita dell'esame di primo grado di un ricorso, nel caso in cui la Sezione decida di spogliarsene. In tal caso non si avrà la possibilità del riesame, ed è perciò previsto che il potere della Sezione di spogliarsi del caso sia subordinato alla non opposizione delle parti.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è responsabile del controllo dell’esecuzione di dette sentenze. Esso è quindi incaricato di verificare che gli Stati che sono stati condannati per aver violato la Convenzione abbiano preso le misure necessarie per adempiere gli obblighi specifici o generali che risultano dalle sentenze della Corte.

Va peraltro ricordato che nel corso dei tre anni successivi all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, il carico di lavoro della Corte ha conosciuto un aumento senza precedenti. Il numero di ricorsi registrati è passato da 5.979 nel 1998 a 13.858 nel 2001, che corrisponde ad un aumento di circa 130%. Le preoccupazioni riguardo la capacità della Corte di occuparsi del volume crescente di ricorsi hanno generato delle richieste di risorse supplementari e speculazioni sulla necessità di una nuova riforma. Nel 2004 è stato così adottato il Protocollo n. 14 (ratificato dall’Italia con la legge 15 dicembre 2005, n. 280), che  non è ancora entrato in vigore a livello internazionale, e quindi neanche per il nostro Paese. Il Protocollo apporta ulteriori modifiche al sistema di controllo instaurato dalla Convenzione del 1950: esso si propone in particolare di modificare alcune procedure interne della Corte europea.

In ogni caso, con riferimento all’articolo in commento, va tenuto presente che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo sono effettivamente in grado di imporre oneri significativi agli Stati membri: ad esempio l’Italia è stata più volte condannata, nel periodo più recente, per l’eccessiva durata dei processi (soprattutto in campo civile), e ha dovuto rifondere ai ricorrenti le spese legali e i danni morali.

 

 

Procedure di contenzioso

(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[64]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal  sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria con la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, poi modificata dalla legge regionale 1° agosto 2002, n. 31. Il parere motivato fa riferimento al testo vigente della legge.

Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[65] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. In particolare, la Commissione rileva che non sono conformi alla direttiva la normativa statale e quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria).

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia:

·  un parere motivato[66]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE  configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Sardegna con la legge n. 2 del 13 febbraio 2004 “Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221.

·  un parere motivato[67]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Veneto con la legge n. 13 del 12 agosto 2005 “Disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio”.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[68] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.

In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 luglio 2004, tre pareri motivati, per violazioni della direttiva n. 92/43/CEE e della direttiva n. 79/409/CEE: le contestazioni riguardano l’omissione di valutazione dell’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare i rilievi della Commissione sono relativi ai seguenti casi:

Per quest’ultimo caso, la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia in data 10 agosto 2005 (C-304/2995).

Il 30 marzo 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[72] per violazione della direttiva  79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che :

 

In relazione alla normativa comunitaria in materia di habitat naturali, sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso:

 

 

 

2002/5403

Parziale applicazione delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE. Progetto Consorzio sviluppo Murgiano.

Presentato ricorso alla Corte di giustizia il 24/05/2006 C-179/06

2003/2087

Conservazione degli habitat naturali e semi naturali della flora e della fauna - utilizzo di metodi di pesca dannosi per i piccoli cetacei

Messa in mora 13/12/2005

2003/2209

Ampliamento della base militare dell'isola della Maddalena (Sassari).

Messa in mora 12/10/2005

2003/4090

Impatto ambientale sugli habitat interessati dal progetto di costruzione del ponte di Messina

Messa in mora 12/10/2005

2004/5104

Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio

Messa in mora complementare 04/04/2006

2004/5159

Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

Messa in mora 12/10/2005

2005/4128

Progetto di un Terminale GNL presso il delta del Po (Rovigo).

Messa in mora 4/04/2006

2005/4378

Realizzazione di un impianto sportivo a Selva di Progno (Verona).

Parere motivato 13/12/2005

 

 

 


Articolo 201
(Fondo per la montagna)

 

1. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2007.

 

 

L’articolo 201 prevede una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per l’anno 2007 di finanziamento del Fondo nazionale per la montagna.

L’art. 1, comma 162 della finanziaria per il 2006 recava, per il solo esercizio 2006, un’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro che è stata iscritta, come nei passati documenti di bilancio, nella tabella del Ministero dell’economia e finanze.

A decorrere dall’esercizio in esame il Fondo per la montagna passa nello stato si previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale viene istituito il nuovo centro di responsabilità Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

 

L. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane: stanziamenti (migliaia di euro)

(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003))

2005

2006

2007

2008 e anni succ.

L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005

(all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003, Tab. 2)

 

31.000

-

-

-

L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006

(UPB 5.2.3.13 – cap. 7698, Tab. 2)

 

20.000

 

 

DDl finanziaria per il 2007

(U.P.B. 6.2.3.5 - cap. 8370, Tab. 3)

 

 

25.000

-

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.

Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:

1.       dell’estensione del territorio montano;

2.       della popolazione residente nelle aree montane;

3.       della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

4.       del reddito medio pro-capite;

5.       del livello dei servizi;

6.       dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali,

Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 sono stati definiti i criteri per il riparto del 2004.

I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.

 

 

 


 



[1]     A seguito della riforma del Governo introdotta con il decreto legislativo n. 300/1999 e con il successivo D.L. n. 217/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 317/2001, si è proceduto all’accorpamento di alcuni stati di previsione della spesa, passati, infatti, dai precedenti 18 agli attuali 14.

[2]     Si ricorda che sulle risorse attribuite al Fondo per gli investimenti il Ministro delle politiche agricole è tenuto a presentare annualmente al Parlamento, per l’acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari,  una relazione nella quale debbono essere individuate le singole destinazioni delle risorse complessivamente assegnata al Fondo unico (L. 448/2001, art. 46, co. 5).

[3]    Decreto legge 28 febbraio 2005, n. 22 “Interventi urgenti nel settore agroalimentare”, convertito in legge , con modificazioni dall’art. 1, L. 29 aprile 2005, n. 71.

[4]    Si rammenta che a seguito della riforma del bilancio che ha visto l’abolizione della ripartizione in sezioni e l’adozione di quella per funzioni-obiettivo la classificazione delle voci di 1° livello si articola ora nel seguente modo: 1. Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; 2. Difesa; 3. Ordine pubblico e sicurezza; 4. Affari economici; 5. Protezione dell’ambiente; 6. Abitazioni e assetto territoriale; 7. Sanità; 8. Attività ricreative, culturali e di culto; 9. Istruzione; 10. Protezione sociale. Nalla tabella del dicastero agricolo non compaiono le funzioni 6), 8) e 9).

[5]    La finalità di tale decreto (art. 1) è quella di promuovere l'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente, e di promozione delle fonti di energia rinnovabili.

[6]    Decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, il cui articolo 26 reca “Interventi nel settore agroenergetico”.

[7]   Il biogas carburante, secondo la definizione contenuta nell’allegato I al D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, recante Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, è il gas combustibile ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione così da ottenere una qualità analoga a quella del gas naturale, al fine di essere usato come biocarburante o gas di legna.

[8]     Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)0628)riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628) con il quale la Commissione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, rafforzare l'offerta, rimuovere gli ostacoli tecnici e sviluppare la ricerca (per un’illustrazione sui contenuti generali del piano, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156).

[9]     La proposta (COM(2005)634), presentata il 21 dicembre 2005 dalla Commissione, ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti (per un’illustrazione sui contenuti generali della direttiva, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156 e all’art. 160)

[10]    Proc. n. 2004/2296 – causa C-61/06.

[11]    Proc. n. 2005/2371.

[12]    Proc. n. 2005/2384.

[13]   Cfr. articolo 25 del decreto-legge n. 223/2006.

[14]   Per ciò che attiene alla categoria dei consumi intermedi, la Corte ha rilevato come apparirebbe opportuna un’impostazione più attenta ad una più efficace utilizzazione delle limitate risorse a disposizione. In secondo luogo, le misure correttive di natura indifferenziata hanno determinato l’insorgere di regolazioni contabili e debitorie, conseguenti a situazioni di emergenza gestionale. Le amministrazioni, per far fronte alla mancanza di risorse finanziarie, tendono infatti a procedere ad acquisizioni di beni e servizi non coperte dai relativi impegni, scaricandone l’onere sugli esercizi successivi attraverso atti di riconoscimento di debito o la copertura ex post delle obbligazioni assunte. In terzo luogo, gli effetti restrittivi degli interventi attuati con le manovre correttive sono risultati compensati dal crescente utilizzo dei fondi generali di riserva e dei fondi a ripartizione.

[15]   Per qualificare i prodotti agricoli e alimentari tradizionali con il recente Regolamento (CE) n. 509/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, di abrogazione del reg. 2082/92, è stata introdotta l'espressione, più facilmente comprensibile, di “specialità tradizionale garantita” in sostituzione della precedente qualifica di “attestazioni di specificità”.

[16]   D.L. 9 settembre 2005, n. 182 “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari”.

[17]   D.L. 18 giugno 1986, n. 282, “Misure urgenti in materia di prevenzione e repressione delle sofisticazioni alimentari”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 7 agosto 1986, n. 462.

[18]   Art. 1, comma 4-bis, D.L. 28 febbraio 2005, n. 22, “Interventi urgenti nel settore agroalimentare” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 29 aprile 2005, n. 71.

[19]   Reg. (CEE) n. 4045/89 del 21 dicembre 1989, “Regolamento del Consiglio relativo ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia, e che abroga la direttiva 77/435/CEE”.

[20]  D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”.

[21]  D.P.R. 8 giugno 1982, n. 447 “Attuazione della direttiva (CEE) n. 77/435 relativa ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia (F.E.O.G.A.)”.

[22]   Legge 20 febbraio 2006, n. 82 “Disposizioni di attuazione della normativa comunitaria concernente l'Organizzazione comune di mercato (OCM) del vino”.

[23]   Decreto legge 28 febbraio 2005, n. 22 “Interventi urgenti nel settore agroalimentare”, convertito in legge , con modificazioni dall’art. 1, L. 29 aprile 2005, n. 71.

[24]   D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99,”Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38”.

[25]    Legge 23 dicembre 2005, n. 266, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”.

[26]   Reg. (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006 “Regolamento del Consiglio relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari”.

[27]   Decreto legge 9 settembre 2005, n. 182, “Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari”, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 11 novembre2005, n. 231.

[28]    Il territorio interessato ha un’estensione di oltre 175.000 ha. situati nei bacini superiori del Tevere e dell’Arno e ricadenti nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni. Tra le funzioni dell’ente si segnalano la progettazione e l’esecuzione delle opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonché la gestione, l’esercizio e la manutenzione delle opere medesime, l’effettuazione di studi e ricerche anche sperimentali, la realizzazione, manutenzione e l’esercizio di opere pubbliche irrigue di bonifica idraulica ed infrastrutturali su incarico o concessione delle regioni Umbria e Toscana, nonché ad altri interventi ad esso affidati da enti locali territoriali.

[29]   D.L. 4 luglio 2006, n. 223 “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”

[30]    La deroga è stabilita dall’articolo 4, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998, ove si prevede che il decreto medesimo non si applica ai produttori agricoli, singoli o associati, che esercitino attività di vendita diretta dei prodotti agricoli.

[31]    Il decreto legislativo n. 99 del 2004 ha esteso la disciplina dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 228 del 2001 anche alle associazioni e agli enti che intendano vendere direttamente i prodotti agricoli.

[32]    Si fa presente che la possibilità di affidare appalti agli imprenditori agricoli, in deroga alla normativa vigente, era stata prevista, inizialmente, per le sole zone montane dall’articolo 17 della legge n. 97 del 1994 ed è stata successivamente estesa alla generalità del settore agricolo dal decreto legislativo n. 228 del 2001.

[33]    Il Regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale prevede all’articolo 8 un incentivo alla creazione di nuova imprenditoria giovanile in agricoltura attraverso il riconoscimento di un premio di primo insediamento ai giovani che avviano una nuova impresa in qualità di capo aziendale.Per l’accesso al premio di primo insediamento è necessario che siano rispettati i seguenti requisiti soggettivi:

-       l’agricoltore non deve aver compiuto 40 anni;

-       deve essere in possesso di conoscenze e competenze adeguate;

-       deve insediarsi nell’azienda in qualità di capo dell’azienda, anche se non necessariamente come capo unico.

E’ anche richiesto che l’azienda risponda ai seguenti parametri:

-       dimostri redditività;

-       rispetti i requisiti minimi richiesti dalle disposizioni comunitarie in tema ambientale, nonché di igiene e benessere animale.

L’entità dell’aiuto è stata quantificata dalla Commissione entro il limite massimo di 25.000 euro, che possono essere erogati sia nella forma del premio unico, che in quella di abbuono di interessi per prestiti contratti a copertura di spese derivanti dal primo insediamento.

[34]    Secondo dati ASSOCAP (2/2006), attualmente 29 consorzi opererebbero in gestione ordinaria, 6 sarebbero sottoposti e gestione commissariale, 22 sarebbero sottoposti a liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio e a 15 sarebbe stato ritirato l’esercizio provvisorio.

[35]    Le richiamate norme della legge 223 del 1991 prevedono che i lavoratori in mobilità possono essere assunti con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a dodici mesi e che la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è pari a quella prevista per gli apprendisti. Al datore di lavoro che assume a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nella lista di mobilità è concesso, per ogni mensilità di retribuzione corrisposta al lavoratore, un contributo mensile pari al cinquanta per cento della indennità di mobilità che sarebbe stata corrisposta al lavoratore. Il predetto contributo non può essere erogato per un numero di mesi superiore a dodici e, per i lavoratori di età superiore a cinquanta anni, per un numero superiore a ventiquattro mesi. Infine, per ciascun lavoratore iscritto nella lista di mobilità assunto a tempo indeterminato, la quota di contribuzione a carico del datore di lavoro è, per i primi diciotto mesi, quella prevista per gli apprendisti.

[36]   D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419, “Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma degli articoli 11 e 14 della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[37]   D.P.R. 31 marzo 2001, n. 200, “Regolamento recante riordino dell'ISMEA e revisione del relativo statuto”.

[38]   L. 9 maggio 1975, n. 153, “Attuazione delle direttive del Consiglio delle Comunità europee per la riforma dell'agricoltura”.

[39]   Recante “Disposizioni tributarie urgenti per accelerare la ripresa dell'economia e dell'occupazione, nonché per ridurre gli adempimenti a carico del contribuente”.

[40]   Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni.

[41]   Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[42]    La nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), che sostituisce quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) introdotta dal decreto legislativo n. 228 del 2001 (adeguando in questo modo l’ordinamento interno alla nuova disciplina comunitaria in materia, definita dal regolamento CE n. 1257/1999), viene riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate (come definite dalla normativa comunitaria) i requisiti suddetti sono ridotti al 25%. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a condizione che almeno un socio sia in possesso di tale qualifica, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole. Rispetto alla vecchia figura di IATP, con la nuova qualifica si è operato un “bilanciamento” tra la professionalità (intesa come appartenenza al mondo agricolo), per la quale si sono attenuati i parametri percentuali di tempo di lavoro e reddito ricavato, e la valorizzazione della specifica “sapienza tecnica” richiesta per lo svolgimento di un’attività agricola moderna, attenta alla qualità dei prodotti e al rispetto dell’ambiente. La competenza relativa all’accertamento del possesso dei requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) spetta alle regioni.

[43]   Modificazioni alle norme relative alle agevolazioni tributarie a favore della piccola proprietà contadina.

[44]   Interrogazione a firma Leo Maurizio n. 5-05145.

[45]    Il presente comma 6, già modificato dall'art. 2, L. 18 febbraio 1999, n. 28 e sostituito dall'art. 21, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° luglio 2001, è stato sostituito, con gli attuali commi 6, 6.1 e 6.2, dal comma 521 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 è stato da ultimo modificato dal comma 421 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. In attuazione del presente comma 6 è stato adottato il D.M. 25 luglio 2003, n. 256. Con Comunicato 23 luglio 2005 (Gazz. Uff. 23 luglio 2005, n. 170) e con Comunicato 24 novembre 2005 (Gazz. Uff. 24 novembre 2005, n. 274) è stata disposta l'assegnazione delle quote di contingente nell'ambito del programma agevolativo 1° gennaio 2005-31 dicembre 2010.

[46]    Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[47]    Del comma 422 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 si è detto nella scheda di commento al comma 3 dell’articolo in esame.

[48]    Ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 5, del decreto-legge n. 2 del 2006 il CIPE, sentita la sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali, delibera la disciplina dei contratti di programma agroenergetici, individuando l'amministrazione competente per la loro stipula. I contratti di programma agroenergetici hanno rilevanza territoriale nazionale e sono finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva, anche mediante l'attivazione di nuovi impianti. È assicurata priorità nella stipula dei predetti contratti ai soggetti che riconoscono agli imprenditori agricoli una quota dell'utile conseguito in proporzione ai conferimenti della materia prima agricola.

[49]    Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[50]    I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[51]    Procedura d’infrazione n. 2004/4336.

[52]    A norma dell’articolo 17 del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387 “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti”.

[53]    Procedura d’infrazione n. 2004/5061.

[54]    Procedura d’infrazione n. 2005/4669.

[55]    In particolare, la norma stabiliva che in caso di inadempimento delle regioni (e province autonome) il Governo, ai sensi dell’art. 6, III comma, del d.p.r. n. 616, poteva prescrivere con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e sentita la regione interessata, un congruo termine per provvedere, decorso il quale era possibile adottare i provvedimenti necessari in sostituzione dell'amministrazione regionale. In particolare, il Consiglio dei Ministri disponeva l'intervento sostitutivo dello Stato, eventualmente attraverso il conferimento dei poteri necessari ad un’apposita commissione.

[56]    In base ad esso spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.

[57]    Il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere è fissato con decreti del Ministro del tesoro. Le aziende di credito, tesorieri e cassieri degli enti pubblici, nella qualità di organi di escussione degli enti medesimi, effettuano le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali. Il tesoriere incassa direttamente tutte le entrate proprie dell'ente e provvede a versarle nella tesoreria provinciale. Le entrate provenienti da trasferimenti pervengono direttamente alla contabilità speciale infruttifera.

[58]    In relazione al progressivo rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali è sorta in questi ultimi anni l’esigenza di un progressivo superamento del sistema di Tesoreria unica. A tal fine, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, in occasione della riforma del bilancio dello Stato, ha provveduto, da un lato, a ridefinire il sistema della Tesoreria unica per le regioni e gli enti locali di minori dimensioni, con l’introduzione del c.d. sistema misto, e dall’altro ad avviare la sperimentazione del totale superamento della tesoreria unica. Da ultimo, la legge Finanziaria 2006 art. 1, comma 45, ha previsto l’esclusione delle Camere di commercio e delle aziende ad esse collegate dal sistema di tesoreria unica a decorrere dal 1° gennaio 2006.

      Il D.Lgs. n. 279/1997 aveva previsto una sperimentazione biennale (a partire dal 1° gennaio 1999) dalla quale ricavare elementi di valutazione in ordine alla effettiva possibilità di perseguire la totale eliminazione del sistema di tesoreria unica.

[59]    GU C 242 del 21.8.1996, pag. 6; GU C 63 del 28.2.1997, pag. 2.

[60]    Gli effetti dell’infrazione sugli interessi generali e particolari saranno valutati caso per caso. A scopo esemplificativo si possono citare i seguenti fattori:

– perdita di risorse proprie della Comunità,

– incidenza dell’infrazione sul funzionamento della Comunità,

– danno grave o irreparabile alla salute umana o all’ambiente,

– danno patrimoniale o non patrimoniale subito da privati e da operatori economici, compreso il danno di indole immateriale come quello arrecato allo sviluppo della persona umana,

– importi finanziari implicati nell’infrazione,

– eventuali vantaggi finanziari che lo Stato membro tragga dall’omessa esecuzione della sentenza della Corte,

– importanza relativa dell’infrazione, con riferimento al volume di affari o al valore aggiunto del settore economico in causa, nello Stato membro considerato,

– ordine di grandezza della popolazione su cui si ripercuote l’infrazione (la gravità potrebbe essere ritenuta inferiore se l’infrazione non riguarda tutto lo Stato membro in questione),

– responsabilità della Comunità verso i paesi terzi,

– se si tratta di un’infrazione isolata o di un caso di recidiva (come nell’ipotesi di più ritardi nell’attuazione di direttive comunitarie in un determinato settore).

[61]   L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

[62]   L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge 28 agosto 1997, n. 296.

[63]   Si ricorda che la recente legge 9 gennaio 2006, n. 12, ha dettato disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Infatti, in base all’art. 46 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell’Uomo pronunciate nell’ambito delle controversie che le riguardino; il Comitato dei ministri – organo decisionale del Consiglio d’Europa –  ne sorveglia l’esecuzione. La legge 9 gennaio 2006, n. 12, novellando l’art. 5, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri, e introduce specifici obblighi di informazione al Parlamento,  in relazione al seguito da dare alle pronunce emanate dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano.

[64]   Procedura d’infrazione n. 2006/4043.

[65]   Procedura d’infrazione n. 2006/2131.

[66]   Procedura d’infrazione n. 2004/4242.

[67]   Procedura d’infrazione n. 2004/4926.  

[68]   Procedura di infrazione n. 2002/4342.

[69]   Procedura di infrazione n. 2001/4156.

[70]   Procedura di infrazione n. 2003/5145.

[71]   Procedura di infrazione n. 2003/5046.

[72]   Procedura di infrazione n. 2001/5308.