Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Bilancio e finanziaria 2007 - A.C. 1746-bis e 1747 - Commissione ambiente
Riferimenti:
AC n. 1746/XV   AC n. 1747/XV
Serie: Progetti di legge    Numero: 54    Progressivo: 8
Data: 09/10/2006
Descrittori:
BILANCIO DELLO STATO   LEGGE FINANZIARIA
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Bilancio e finanziaria 2007

A.C. 1746-bis e A.C. 1747

Commissione Ambiente

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

54/8

 

9 ottobre 2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente

 

Consiglieri

Enrico Seta (2286)

Maria Schinina’ (5157)

Documentaristi

Wanda Lautizi (4220)

Claudio Dardi (3651)

Segretari

Angela Borrelli (9253)

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: Am0025



INDICE

 

PARTE I Il disegno di legge di bilancio per il 2007

1.       Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente  3

§      1.1                                                                       Il quadro generale riassuntivo  3

§      1.2                                                     Le variazioni rispetto alle previsioni 2006  4

Tavole allegate L’evoluzione delle spese  nel bilancio dello Stato per il 2007-2009  7

Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  8

Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  9

Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato  10

Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato  11

La disciplina contabile: il bilancio dello Stato  13

La disciplina contabile: la legge finanziaria  18

PARTE II Ambiti di competenza dell’VIII Commissione

INFRASTRUTTURE   23

Lo stato di previsione del ministero delle infrastrutture per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 – Tab. 10)23

§      Il bilancio di competenza  23

§      Analisi per centro di responsabilità  23

§      I residui passivi e le autorizzazioni di cassa  27

Stanziamenti relativi alle infrastrutture che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (AC 1747 - Tabella 2)28

Il disegno di legge finanziaria per il 2007  31

§      Articolo 8 (Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)31

§      Articolo 9 (Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)35

§      Articolo 13 (Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)39

§      Articolo 14 (Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)45

§      Articolo 21 (Misure a sostegno delle zone franche urbane)49

§      Articolo 22 (Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)53

§      Articolo 23 (Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)61

§      Articolo 25 (Interventi sulla fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche)65

§      Articolo 29 (Ristrutturazioni edilizie)69

§      Articolo 116 (Appalti di opere pubbliche mediante servizi finanziari immobiliari ed appalti di servizi mediante locazione finanziaria di beni mobili)73

§      Articolo 129 (Interventi per la salvaguardia di Venezia)79

§      Articolo 130 (Interventi per Roma-capitale della Repubblica)81

§      Articolo 133 (Contributi erariali)83

§      Articolo 134 (Sistema alta velocità/alta capacità dal 2008 - Apporto al capitale sociale di Ferrovie dello Stato Spa - Interessi intercalari - Rete tradizionale)85

§      Articolo 135 (Finanziamento delle opere di preminente interesse nazionale)93

§      Articolo 140 (Interventi urgenti nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa)97

§      Articolo 141 (Strade di rilievo nazionale ed autostrade)101

§      Articolo 142 (Finanziamento ANAS Spa)103

Le tabelle del ddl finanziaria 2007  115

§      Tabelle A e B   115

§      Tabella C   115

§      Tabella D   115

§      Tabella E   116

§      Tabella F  116

AMBIENTE, TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE   119

Lo stato di previsione del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 – Tab. 9)119

§      Il bilancio di competenza  119

§      Analisi per centro di responsabilità  119

§      I residui passivi e le autorizzazioni di cassa  122

Stanziamenti relativi al settore dell'ambiente che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (AC 1747 - Tabella 2)123

Il disegno di legge finanziaria per il 2007  125

§      Articolo 26 (Biocarburanti)125

§      Articolo 50 (Liquidazione o fusione della SOGESID)137

§      Articolo 149 (Enti irrigui)141

§      Articolo 156 (Norme in materia di bioenergie)145

§      Articolo 157 (Interventi per la difesa del mare)159

§      Articolo 158 (Rimborso delle spese per attività antinquinamento marino)163

§      Articolo 159 (Contrasto all'abusivismo)165

§      Articolo 160 (Istituzione del Fondo rotativo per il finanziamento delle misure di riduzione delle immissioni dei gas ad effetto serra)167

§      Articolo 161 (Fondo per lo sviluppo sostenibile)175

§      Articolo 181 (Misure per assicurare l'adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali)179

§      Articolo 201 (Fondo per la montagna)195

Le tabelle del ddl finanziaria 2007  197

§      Tabella A  197

§      Tabella B   197

§      Tabella C   197

§      Tabella D   197

§      Tabella E   198

§      Tabella F  198

PROTEZIONE CIVILE   199

U.P.B. relative alla protezione civile che insistono sullo stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 - tabella 2)199

Il disegno di legge finanziaria per il 2007  200

§      Articolo 52 (Assicurazione dei rischi da calamità naturali)200

§      Articolo 138 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate della regione Molise)205

§      Articolo 139 (Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate delle regioni Marche ed Umbria)207

Le tabelle del ddl finanziaria 2007  209

§      Tabella C   209

§      Tabelle D ed E   209

§      Tabella F  209

Disposizioni di carattere generale del disegno di legge finanziaria  211

§      Articolo 2 (Effetti sui saldi di finanza pubblica)211

§      Articolo 53 (Contenimento della spesa)217

GLOSSARIO DEI PRINCIPALI TERMINI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA  223

 


PARTE I
Il disegno di legge di bilancio per il 2007


1.       Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente

1.1    Il quadro generale riassuntivo

Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2007 a legislazione vigente (A.C. 1747) evidenzia i seguenti importi:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al netto delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

423.453
396.555

402.249
380.567

(2)      Spese finali

427.337

444.684

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

3.885

42.436

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007, in termini di competenza e al netto delle regolazioni contabili e debitorie e dei rimborsi IVA, prevede entrate finali per 423 miliardi e spese finali per 427 miliardi di euro.

 

Il saldo netto da finanziare, corrispondente alla differenza tra le entrate finali e le spese finali, risulta, in termini di competenza e al netto delle regolazioni debitorie e contabili e dei rimborsi IVA, pari a 3.885 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda il bilancio di cassa, il saldo netto da finanziare risulta pari a 42.436 milioni di euro.

 

Al lordo delle regolazioni contabili e debitorie, il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747) prevede:

 

BLV 2007 (A.C. 1747)
al lordo delle regolazioni contabili e debitorie
valori in milioni di euro

 

Competenza

Cassa

(1)      Entrate finali
          - di cui entrate tributarie

450.384
423.486

429.180
407.498

(2)      Spese finali

457.419

474.766

(3=1-2) Saldo netto da finanziare

7.035

456.586

 

Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio a legislazione vigente per il 2007 ammontano, per quanto concerne le entrate, a 26.931 milioni di euro e, per quanto concerne le spese, a 30.081 milioni di euro.


1.2    Le variazioni rispetto alle previsioni 2006

Nella successiva Tavola sono posti a raffronto, in termini di competenza, per quanto concerne le entrate finali, le spese finale e i saldi di bilancio, le previsioni iniziali del bilancio per il 2006, le previsioni contenute nel disegno di legge di assestamento nel testo emendato approvato dalla Camera dei deputati (A.S. 1060), e le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 (A.C. 1747).

Il raffronto è effettuato con i dati al netto delle regolazioni debitorie e contabili.

(Valori in milioni di euro)

 

Bilancio di previsione 2006

Assestato emendato
2006

B.L.V.
2007

Entrate finali

394.311

401.379

423.453

Tributarie

363.708

373.566

396.555

Extratributarie

28.730

25.939

25.022

Entrate per alienazione e ammort. beni patrimoniali

1.874

1.874

1.875

 

 

 

 

Spese finali

430.975

435.903

427.337

Spese correnti

398.814

402.604

399.364

- Spese correnti al netto interessi

327.399

330.619

325.283

- Interessi

71.416

71.985

74.080

Spese conto capitale

32.161

33.300

27.974

Rimborso prestiti

188.925

188.791

189.099

 

 

 

 

Saldo netto da finanziare

-36.664

-34.524

-3.886

Risparmio pubblico

-6.377

-3.099

+22.214

Avanzo primario

34.736

37.461

70.195

Ricorso al mercato (*)

-232.666

-231.656

-196.134

(*)  Il ricorso al mercato è calcolato al lordo delle regolazioni debitorie e contabili.

 

Le previsioni del bilancio a legislazione vigente per il 2007 registrano una forte riduzione del saldo netto da finanziare rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2006, nell’importo di 30.638 milioni di euro.

Il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un aumento delle entrate finali di 22.074 milioni di euro ed una riduzione delle spese finali di 8.556 milioni di euro.

In particolare, per le entrate finali, l’aumento di oltre 22 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2006, è determinata dall’incrementi di quasi 23 miliardi di euro delle entrate tributarie e della riduzione di poco meno di 1 miliardo delle entrate extratributarie. Le entrate del Titolo III, relative all’alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e rimborso di crediti si mantengono stabili a 1.875 milioni.

Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio a legislazione vigente per il 2007, la riduzione ha interessato sia quelle di parte corrente, che registrano, rispetto al bilancio assestato 2006, una riduzione di 3.240 milioni di euro, sia quelle in conto capitale, che presentano una riduzione di 5.326 milioni.

Nell’ambito delle spese correnti, il bilancio a legislazione vigente per il 2007 evidenzia, rispetto al bilancio assestato 2006, un incremento della spesa per interessi di 2.029 milioni di euro.

La tavola seguente illustra la ripartizione delle spese finali del bilancio dello Stato, ripartite per categorie, secondo la classificazione economica, al netto delle regolazioni debitorie e contabili, evidenziando il raffronto tra il dato assestato 2006, come approvato dalla Camera (A.S. 1060), e il dato previsto a legislazione vigente per il 2007 e indicandone anche la variazione percentuale.

 

SPESE FINALI DEL BILANCIO DELLO STATO
(competenza- valori in milioni di euro)

CATEGORIE

ASS. 2006

BLV 2007

Var. %

Redditi da lavoro dipendente

84.383

83.942

-0,5

Consumi intermedi

10.309

8.577

-16,8

Imposte pagate sulla produzione

4.434

4.611

4,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

180.813

178.824

-1,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.635

3.826

-17,5

Trasferimenti correnti a imprese

4.575

3.840

-16,1

Trasferimenti all'estero

1.593

1.490

-6,5

Risorse proprie CEE

15.850

17.400

9,8

Interessi passivi e redditi da capitale

71.985

74.080

2,9

Poste correttive e compensative

17.004

15.562

-8,5

Ammortamenti

840

841

0,1

Altre uscite correnti

6.184

6.370

3,0

Totale Spese Correnti

402.604

399.364

-0,8

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

2.819

3.384

20,0

Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche

11.963

9.822

-17,9

Contributi agli investimenti ad imprese

6.848

4.112

-40,0

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

34

26

-23,5

Contributi agli investimenti a estero

189

203

7,4

Altri trasferimenti in conto capitale

9.955

10.183

2,3

Acquisizioni di attività finanziarie

491

244

-50,3

Totale spese Conto Capitale

33.299

27.974

-16,0

Totale Spese Finali

435.902

427.338

-2,0


Le spese di parte corrente

Come si rileva nella relazione illustrativa del disegno di legge (A.C. 1747), che analizza il raffronto tra i dati a legislazione vigente 2007 e quelli del disegno di legge di assestamento 2006 (A.S. 1060), si rileva una riduzione delle spese correnti rispetto al 2006 pari a 3.240 milioni di euro.

La variazione delle spese correnti ha riguardato i seguenti comparti:

-          consumi intermedi (-1.731 milioni);

-          trasferimenti ad enti di previdenza (+1.527 milioni);

-          trasferimenti a regioni (-1.515 milioni) e a comuni (-1.878 milioni) in gran parte relativi alle risorse occorrenti per l'attuazione dei federalismo amministrativo;

-          trasferimenti ad imprese (-735 milioni);

-          finanziamento al bilancio dell'Unione Europea (+1.550 euro) dovuti all’incremento dei trasferimenti concernenti le risorse IVA e il contributo calcolato sul PNL;

-          interessi (+2.095 milioni) dovuti all’andamenti dei tassi.

Le spese in conto capitale

Le previsioni per il 2007 evidenziano complessivamente una riduzione (-5,3 miliardi di euro) della spesa in conto capitale, che passa dai 33,3 miliardi dell’assestamento 2006 ai 28 miliardi del bilancio a legislazione vigente 2007.

 


Tavole allegate
L’evoluzione delle spese
nel bilancio dello Stato per il 2007-2009

 

Tavola I       Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola II      Evoluzione della spesa finale per categorie e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola III     Le spese complessive per funzioni-obiettivo e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

Tavola IV    Andamento della spesa finale delle unità previsionali di base (III livello) e incidenza percentuale sul bilancio dello Stato;

 

Tutti i dati delle spese sono al lordo dei rimborsi IVA e delle regolazioni debitorie.

 

 

Si segnala che i dati relativi all’assestato 2006 sono tratti dal disegno di legge iniziali (A.C. 1254).


Tavola I – Evoluzione della spesa finale dei singoli stati di previsione ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Economia e finanze

287.417

271.123

58,0

271.989

58,2

261.661

57,2

Sviluppo economico

 

 

 

 

 

7.800

1,7

Commercio internazionale

 

 

 

 

 

217

0,0

ex Attività produttive

4.250

4.248

0,9

2.392

0,5

 

 

Lavoro e previdenza sociale

 

 

 

 

 

54.902

12,0

Solidarietà sociale

 

 

 

 

 

16.611

3,6

ex Lavoro e politiche sociali

68.956

68.864

14,7

72.035

15,4

 

 

Giustizia

7.655

7.425

1,6

7.884

1,7

7.438

1,6

Affari esteri

2.511

2.340

0,5

2.074

0,4

1.894

0,4

Pubblica istruzione

 

 

 

 

 

42.250

9,2

Università e ricerca

 

 

 

 

 

10.554

2,3

ex Istruzione, università e ricerca

51.604

51.835

11,1

52.084

11,1

 

 

Interno

26.749

25.581

5,5

26.807

5,7

24.287

5,3

Ambiente e territorio

1.376

1.357

0,3

1.061

0,2

735

0,2

Infrastrutture

 

 

 

 

 

3.801

0,8

Trasporti

 

 

 

 

 

2.946

0,6

ex Infrastrutture e trasporti

7.779

7.414

1,6

7.151

1,5

 

 

Comunicazioni

396

384

0,1

252

0,1

229

0,1

Difesa

21.335

21.276

4,6

19.252

4,1

18.134

4,0

Politiche agricole

1.767

1.687

0,4

1.446

0,3

1.190

0,3

Beni e attività culturali

2.392

2.263

0,5

1.882

0,4

1.654

0,4

Salute

1.497

1.446

0,3

1.380

0,3

1.115

0,2

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola II – Evoluzione della spesa finale per categorie ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Redditi da lavoro dipendente

82.601

81.743

17,5

85.329

18,2

83.941

18,4

Consumi intermedi

13.198

12.782

2,7

10.980

2,3

8.578

1,9

Imposte pagate sulla produzione

4.414

4.391

0,9

4.434

0,9

4.611

1,0

Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche

177.800

175.285

37,5

182.130

38,9

178.824

39,1

Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private

4.218

3.862

0,8

4.624

1,0

3.826

0,8

Trasferimenti correnti a imprese

5.074

4.875

1,0

4.591

1,0

3.840

0,8

Trasferimenti all'estero

1.704

1.615

0,3

1.592

0,3

1.490

0,3

Risorse proprie cee

15.700

14.480

3,1

15.850

3,4

17.400

3,8

Interessi passivi e redditi da capitale

76.413

70.671

15,1

71.693

15,3

74.080

16,2

Poste correttive e compensative

51.824

49.294

10,5

44.618

9,5

45.643

10,0

Ammortamenti

833

18

0,0

840

0,2

841

0,2

Altre uscite correnti

4.094

1.433

0,3

6.429

1,4

6.370

1,4

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti fissi lordi e acquisti di terreni

6.199

6.170

1,3

3.819

0,8

3.384

0,7

Contributi investimenti ad amministrazioni pubbliche

16.931

16.768

3,6

12.038

2,6

9.822

2,1

Contributi agli investimenti ad imprese

8.383

8.233

1,8

6.833

1,5

4.112

0,9

Contributi agli investimenti a famiglie e istituzioni sociali private

122

122

0,0

34

0,0

26

0,0

Contributi agli investimenti a estero

404

396

0,1

215

0,0

203

0,0

Altri trasferimenti in conto capitale

9.215

8.730

1,9

11.150

2,4

10.183

2,2

Acquisizioni di attività finanziarie

6.557

6.375

1,4

490

0,1

244

0,1

Totale spese conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


Tavola III – Le spese complessive per funzioni-obiettivo ed incidenza percentuale sul bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

1 -Servizi generali delle pubbliche amministrazioni

436.403

391.939

61,7

422.751

64,4

425.786

65,9

2 –       Difesa

21.055

20.772

3,3

17.664

2,7

16.162

2,5

3 -Ordine pubblico e sicurezza

22.566

22.054

3,5

22.295

3,4

20.152

3,1

4 -Affari economici

53.666

51.638

8,1

45.676

7,0

41.533

6,4

5 -Protezione dell'ambiente

2.081

2.021

0,3

1.697

0,3

1.168

0,2

6 -Abitazioni e assetto territoriale

2.505

2.276

0,4

1.624

0,2

1.475

0,2

7 -Sanità

16.114

15.788

2,5

12.533

1,9

8.893

1,4

8 -Attività ricreative, culturali e di culto

14.770

12.690

2,0

12.413

1,9

11.028

1,7

9 –       Istruzione

49.265

49.441

7,8

49.814

7,6

50.075

7,7

10- Protezione sociale

68.871

66.935

10,5

70.012

10,7

70.245

10,9

Spese complessive

687.296

635.554

100

656.479

100

646.517

100


Tavola IV – Andamento delle U.P.B. (III livello) ed incidenza percentuale sulle spese finali del bilancio dello Stato

(competenza – milioni di euro – dati al lordo delle regolazioni debitorie e contabili)

 

 

Rendiconto 2005

2006

2007

 

Previsioni definitive

Impegni di spesa

%

Assestato

%

BLV

%

Funzionamento

83.642

82.498

17,7

81.757

17,5

81.326

17,8

Interventi

254.709

248.126

53,1

250.042

53,5

247.000

54,0

Oneri comuni

21.396

17.378

3,7

27.935

6,0

25.368

5,5

Trattamenti di quiescenza

1.081

1.169

0,3

1.066

0,2

1.080

0,2

Oneri del debito pubblico

77.045

71.278

15,3

72.310

15,5

74.670

16,3

Totale spese correnti

437.873

420.449

90,0

433.110

92,6

429.444

93,9

Investimenti

44.904

44.253

9,5

31.300

6,7

24.691

5,4

Altre spese in conto capitale

362

243

0,1

122

0,0

122

0,0

Oneri comuni

2.545

2.298

0,5

3.157

0,7

3.161

0,7

Totale conto capitale

47.811

46.794

10,0

34.579

7,4

27.974

6,1

Totale spese finali

485.684

467.243

100

467.689

100

457.418

100


La disciplina contabile: il bilancio dello Stato

Il bilancio dello Stato è il documento con il quale viene regolata la gestione finanziaria delle amministrazioni dello Stato, attraverso l’indicazione delle entrate e delle spese.

 

Ai sensi dell’articolo 81, comma primo, della Costituzione, l’iniziativa relativa alla presentazione in Parlamento del bilancio dello Stato è riservata al Governo. Il Parlamento approva il bilancio con legge.

L’articolo 81, comma terzo, della Costituzione dispone inoltre che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese”.

In base a tale disposizione costituzionale si è ritenuto che con la legge di approvazione del bilancio non si possa modificare la normativa sostanziale su cui si fonda l’acquisizione delle entrate e l’erogazione delle spese. Il bilancio pertanto quantifica le previsioni di entrata e di spesa in base alla disciplina vigente al momento in cui viene predisposto.

 

Sono invece determinate direttamente in sede di bilancio le spese di carattere discrezionale, vale a dire le spese, per lo più connesse all’operatività delle amministrazioni, la cui quantificazione non è riconducibile a disposizioni di legge e che comunque non sono giuridicamente obbligatorie.

 

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente, presentato dal Governo entro il 30 settembre di ogni anno, è costituito :

§      da un unico stato di previsione dell’entrata, nel quale sono registrate le entrate di competenza di tutti i Ministeri (principalmente del Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche degli altri Ministeri);

§      dagli stati di previsione della spesa, relativi ai singoli Ministeri con portafoglio[1];

§      dal quadro generale riassuntivo.

Il disegno di legge di bilancio viene esaminato congiuntamente al disegno di legge finanziaria nell’ambito della c.d. sessione di bilancio.

 

A seguito della riforma della struttura del bilancio dello Stato effettuata nel 1997 (legge n. 94/1997 e decreto legislativo n. 279/1997), all’interno di ciascuno stato di previsione, le voci contabili in rapporto alle quali sono indicate le previsioni di entrata e di spesa, in termini di competenza e di cassa, sono rappresentate dalle unità previsionali di base, che costituiscono l’unità elementare ai fini dell’approvazione parlamentare.

 

L’approvazione del bilancio con legge ha l’effetto giuridico di autorizzare l’amministrazione a percepire le entrate ed effettuare le spese iscritte in bilancio.

Le previsioni relative all’entrata hanno carattere estimativo: le amministrazioni dello Stato hanno comunque facoltà di accertare tutte le entrate per le quali, nel corso dell’esercizio, lo Stato acquisisca un credito e di incassare tutte le entrate versate presso la Tesoreria dello Stato.

L’approvazione delle previsioni di spesa ha invece carattere giuridicamente vincolante: le previsioni di spesa iscritte in bilancio costituiscono, infatti, il limite massimo entro il quale le amministrazioni dello Stato sono autorizzate ad assumere impegni di spesa (autorizzazioni di competenza) e ad effettuare pagamenti (autorizzazioni di cassa).

Bilancio di competenza e di cassa

Per ciascuna unità previsionale di base viene indicata la previsione di competenza e quella di cassa.

il bilancio dello Stato, pertanto, è un bilancio misto, vale a dire un bilancio redatto sia in termini di competenza che in termini di cassa.

Le dotazioni di competenza quantificano l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali acquisiranno il diritto di percepire (entrate che si prevede di accertare) e l’entità prevista delle spese che le amministrazioni statali assumeranno l’obbligo di effettuare (spese che si prevede di impegnare).

Le dotazioni di cassa quantificano l’entità prevista delle entrate che saranno incassate (vale a dire versate in Tesoreria) e delle spese che saranno pagate (erogate dalla Tesoreria).

La competenza, pertanto, tiene conto del momento in cui sorge il titolo giuridico dal quale deriva l’entrata o la spesa; la cassa, invece, si riferisce al compimento, di fatto, delle operazioni di incasso e di pagamento.

 

Le previsioni di cassa sono determinate assumendo come limite massimo, per quanto concerne l’entrata, la massa acquisibile, e per quanto concerne la spesa, la massa spendibile.

La massa acquisibile e spendibile è data dalla somma della consistenza dei residui (rispettivamente attivi e passivi) e della dotazione di competenza.

 

Si definiscono residui attivi le entrate le entrate accertate, ma non incassate, vale a dire le entrate per le quali ha avuto luogo l’accertamento, ma, entro il termine dell’esercizio finanziario, non è stato effettuato il versamento in Tesoreria.

Si definiscono residui passivi le spese che sono state impegnate, ma non sono state pagate, perché non si è concluso entro la fine dell’esercizio il relativo procedimento di spesa.

In deroga al principio generale per il quale le somme stanziate che alla fine dell’esercizio non siano state impegnate costituiscono economie di bilancio, può essere autorizzata la conservazione in bilancio anche di somme non impegnate. Più precisamente, per gli stanziamenti relativi a spese in conto capitale è autorizzata, ai sensi dell’articolo 36, comma 2, del R.D. n. 2440/1923, la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non siano stati impegnati (residui di stanziamento o residui impropri).

 

Sono oggetto di approvazione parlamentare soltanto le previsioni di competenza e di cassa.

Per quanto riguarda i residui, che sono indicati a fini conoscitivi, la quantificazione nel disegno di legge di bilancio è effettuata in via presuntiva. L’esatto ammontare dei residui al 1° gennaio dell’anno di riferimento sarà determinato in sede di rendiconto relativo all’esercizio precedente.

La classificazione delle entrate e delle spese

Gli stanziamenti, sia di entrata che di spesa, sono classificati secondo i criteri dettati dall’art. 4, comma 1, della legge n. 94/1997.

 

In particolare, le entrate sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione;

§      Titoli, che sono individuati in numero di quattro. Titolo I: entrate tributarie; Titolo II: entrate extra-tributarie; Titolo III: entrate derivanti da alienazione e ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti; Titolo IV: entrate derivanti da accensione di prestiti. I primi tre titoli rappresentano le entrate finali;

§      Unità previsionali di base, che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano una ripartizione delle unità previsionali di base ai fini della gestione e della rendicontazione.

 

Le spese sono classificate per:

§      Centri di responsabilità amministrativa, che indicano le strutture amministrative cui compete la gestione, e specificamente l’assunzione degli impegni di spesa e l’emissione dei titoli di pagamento;

§      Titoli, che sono individuati in numero di tre. Titolo I: spese correnti; Titolo II: spese in conto capitale; Titolo III: rimborso di passività finanziarie. I primi due titoli rappresentano le spese finali;

§      Unità previsionali di base che costituiscono oggetto di approvazione parlamentare e, pertanto, possono essere oggetto di emendamento nel corso dell’esame parlamentare;

§      Capitoli, che rappresentano un’ulteriore ripartizione delle unità revisionali di base, effettuata tenendo conto dell’oggetto, del contenuto economico e funzionale, del carattere obbligatorio o discrezionale della spesa.

Le unità previsionali di base

Le unità previsionali di base (UPB) rappresentano le voci fondamentali della struttura del bilancio dello Stato, come delineata dalla legge di riforma n. 94/1997 e dal conseguente decreto legislativo n. 279/1997, in quanto costituiscono l’oggetto dell’approvazione parlamentare.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 279/97, la determinazione delle UPB deve assicurare la rispondenza della gestione finanziaria agli obiettivi posti all'azione amministrativa dello Stato

A tal fine, le unità previsionali di base sono articolate per centri di responsabilità amministrativa, che corrispondono alle strutture dell’amministrazione chiamate a gestire le risorse finanziarie.

All’interno di ciascun stato di previsione, le UPB della spesa sono ripartite, in primo luogo per centri di responsabilità amministrativa e, in secondo luogo, per titoli (spesa corrente, spesa in conto capitale, rimborso di passività finanziarie).

 

Al terzo livello, le UPB di spesa corrente sono distinte in:

§      spese di funzionamento;

§      spese per interventi;

§      spese per trattamenti di quiescenza e altri trattamenti integrativi o sostitutivi di questi ultimi;

§      spese per oneri del debito pubblico;

§      spese per oneri comuni.

Per la spesa in conto capitale, le UPB sono articolate in:

§      spese di investimento;

§      spese per oneri comuni;

§      altre spese.

 

Per ogni unità previsionale di base sono indicati:

a)      l'ammontare presunto dei residui attivi o passivi alla chiusura dell'esercizio precedente a quello cui il bilancio si riferisce;

b)      l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare e delle spese che si prevede di impegnare nell'anno cui il bilancio si riferisce (competenza);

c)      l'ammontare delle entrate che si prevede di incassare e delle spese che si prevede di pagare nell'anno cui il bilancio si riferisce (cassa), che si riferiscono in modo indistinto sia alle operazioni in conto competenza che a quelle in conto residui.

 

La ripartizione in capitoli delle unità previsionali di base viene esposta, a scopo esclusivamente conoscitivo, nelle tabelle allegate al disegno di legge di bilancio, concernenti lo stato di previsione dell’entrata e ciascun stato di previsione della spesa.

I capitoli costituiscono le unità elementari ai fini della gestione e della rendicontazione.

La ripartizione delle unità previsionali di base in capitoli viene effettuata successivamente all’approvazione e alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di bilancio, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

La classificazione funzionale e la classificazione economica

Per rendere più significativa la lettura del bilancio, la legge 468/1978 e successive modificazioni prevede che, in appositi allegati (contenuti, a livello generale, nel quadro generale riassuntivo, e, in modo più dettagliato, negli stati di previsione del disegno di legge presentato dal Governo) gli stanziamenti di spesa siano ripartiti secondo l’analisi funzionale e secondo l’analisi economica.

Queste ripartizioni, pur non essendo oggetto di votazione in Parlamento, hanno un rilevante valore conoscitivo.

In primo luogo la riforma del bilancio ha previsto la classificazione degli stanziamenti di spesa per funzioni-obiettivo (analisi funzionale), con l’intento di evidenziare la ripartizione delle risorse tra le diverse finalità della spesa, ovvero tra le diverse politiche di settore che si intendono attuare.

Oltre all’analisi funzionale, è prevista la classificazione per categorie (analisi economica), che mira ad evidenziare l’effetto che le spese di bilancio hanno sul sistema economico nazionale. Per questo, con la riforma del bilancio, si è previsto che le categorie economiche siano definite in conformità con gli schemi di classificazione del sistema di contabilità nazionale, che è identico per tutti i paesi membri della Comunità europea.

Anche per le entrate viene esposta una classificazione per categorie, che tuttavia non è ancora stata riformulata in base ai criteri della contabilità nazionale, ma fa riferimento, piuttosto, alla natura dei proventi.


La disciplina contabile: la legge finanziaria

La legge finanziaria costituisce lo strumento attraverso il quale viene modificata la legislazione vigente al fine di conseguire gli obiettivi finanziari stabiliti nel DPEF e nell’eventuale Nota di aggiornamento, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

A tal fine gli effetti, in termini di entrata e di spesa, delle disposizioni contenute nella legge finanziaria, una volta che quest’ultima è stata approvata da ciascun ramo del Parlamento, sono recepiti nel bilancio dello Stato per effetto dell’approvazione della Nota di variazioni. Attraverso la Nota di variazioni, infatti, le previsioni del bilancio dello Stato, che viene presentato in Parlamento in base alla legislazione vigente, sono modificate per tenere conto degli effetti delle norme contenute nella legge finanziaria.

La legge finanziaria risulta pertanto lo strumento di attuazione della manovra di finanza pubblica, vale a dire del complesso di interventi per mezzo dei quali viene operata una correzione degli andamenti tendenziali (gli andamenti a legislazione vigente) del bilancio dello Stato e della finanza pubblica, in modo da adeguarli al perseguimento degli obiettivi programmati.

 

Il contenuto della legge finanziaria è stabilito dall’articolo 11 della legge della legge n. 468/1978, e successive modificazioni.

 

In base al citato articolo (comma 3), possono essere contenute nell’articolato della legge finanziaria le seguenti disposizioni:

§      il livello massimo di saldo netto da finanziare, in termini di competenza, e di ricorso al mercato finanziario, vale a dire il tetto massimo del nuovo indebitamento aggiuntivo consentito in ciascuno degli anni del periodo considerato nel bilancio pluriennale (lett. a); con riferimento al livello massimo di saldo netto da finanziare, sono distintamente indicate le eventuali regolazioni debitorie pregresse;

§      le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni e le altre misure che incidono sulla determinazione quantitativa della prestazione, relativamente ad imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1° gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione (lett. b);

§      l'importo complessivo massimo destinato, per ciascun anno, al rinnovo dei contratti del pubblico impiego ed alle modifiche del trattamento economico e normativo del personale dipendente da pubbliche amministrazioni non compreso nel regime contrattuale (lett. h);

§      altre regolazioni meramente quantitative rinviate alla finanziaria da norme vigenti (lett. i);

§      norme che comportino aumenti di entrata o riduzioni di spesa, escluse quelle a carattere ordinamentale o organizzatorio, a meno che si caratterizzino per un rilevante contenuto di miglioramento dei saldi (lett. i-bis, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

§      norme che comportino aumenti di spesa o riduzioni di entrata, il cui contenuto sia finalizzato direttamente al sostegno o al rilancio dell'economia, con esclusione di interventi di carattere localistico o microsettoriale (lett. i-ter, introdotta dal comma 17 dell'art. 2 della legge n. 208/1999);

Fin dalla prima applicazione delle innovazioni introdotte con la legge n. 208/1999, la possibilità di inserire nella legge finanziaria interventi espansivi a sostegno dell’economia è stata interpretata, in sede parlamentare, nel senso che tali interventi possono essere finalizzati anche al sostegno del reddito.

§      norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi dalla cui attuazione siano derivati oneri maggiori rispetto a quelli previsti (lettera i-quater, introdotta dal comma 01, lett. a), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002 come modificato dalla legge di conversione n. 246/2002).

Di conseguenza, ai sensi del comma 01, lett. b), dell'art. 1 del D.L. n. 194/2002, come modificato dalla relativa legge di conversione, in allegato alla legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati ai sensi dell’art. 11-ter, comma 7, della L. n. 468/1978, per correggere gli effetti finanziari di leggi che abbiano registrato oneri superiori a quelli previsti, e le misure correttive inserite a tal fine nella legge finanziaria medesima.

 

Nelle Tabelle approvate con la legge finanziaria sono disposti:

§      gli importi dei fondi speciali destinati al finanziamento di provvedimenti che si prevede saranno approvati nel corso d'anno (lett. g). I fondi speciali sono indicati per Ministeri in due distinte tabelle, una per la parte corrente e l'altra per quella in conto capitale (rispettivamente, Tabelle A e B).

La legge n. 468/1978 ha inoltre previsto l'introduzione nei fondi speciali di accantonamenti di segno negativo, relativi cioè a provvedimenti di risparmio di spesa o di aumento di entrata, il cui perfezionamento in corso di anno condiziona per pari ammontare la successiva approvazione di provvedimenti collegati ad accantonamenti positivi;

§      la determinazione per ciascun anno del finanziamento da iscrivere in bilancio per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria, sia che si tratti di spese di parte corrente che di spese in conto capitale (Tabella C – lett. d), come modificata dal comma 15 dell'art. 2 della legge n. 208/1999).

Le leggi di spesa quantificate nella Tabella C sono, in gran parte, riferite a trasferimenti di risorse per il funzionamento di enti, organi, autorità amministrative indipendenti e Agenzie di settore, leggi di spesa relative al finanziamento di alcuni fondi (Università, Osservatori, Protezione civile);

§      il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale, (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208);

§      la riduzione per ciascun anno di autorizzazioni legislative di spese: il cosiddetto "definanziamento" (Tabella E – lett. e);

§      la determinazione (le c.d. “rimodulazioni”), per le leggi di spesa a carattere pluriennale, ripartite per settori di intervento, delle quote destinate a gravare su ciascuno degli anni considerati (Tabella F – lett. c) dell'art. 11, comma 3).


 

PARTE II
Ambiti di competenza dell’VIII Commissione


INFRASTRUTTURE

Lo stato di previsione del ministero delle infrastrutture per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 – Tab. 10)

Il bilancio di competenza

Lo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture per il 2007 reca spese per complessivi 3.801 milioni di euro.

Occorre sottolineare che una comparazione con i dati dell’anno precedente non risulta possibile, in quanto l’attuale stato di previsione sconta le disposizioni recate dal decreto-legge n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006), che ha separato le competenze, nonché le relative risorse finanziarie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tra i due nuovi Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti (art. 1, commi 4 e 5).

Distinguendo le spese correnti, ossia quelle destinate alla produzione e al funzionamento dei servizi statali e alla ridistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi, dalle spese in conto capitale, ossia quelle per investimenti, il complesso delle spese dello stato di previsione del Ministero per il 2007, può essere distinto nel seguente modo:

·         3.194,7 milioni di euro per la parte capitale, pari a circa 84% delle spese totali del Ministero;

·         606,4 milioni di euro per la parte corrente, pari a circa il 16% delle spese totali.

 

Tale ripartizione evidenzia comunque il carattere di centro di spesa in conto capitale del Ministero, i cui principali settori di intervento sono l'edilizia residenziale, il completamento dei piani di ricostruzione degli abitati, gli interventi a tutela del patrimonio storico artistico, le opere conseguenti a calamità naturali e le iniziative nel settore della viabilità.

Analisi per centro di responsabilità

Come già evidenziato in premessa l’attuale articolazione delle strutture ministeriali nei centri di responsabilità di seguito indicati deriva dal processo di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture in seguito all’entrata in vigore del decreto legge n. 181 del 2006.

Pertanto verranno evidenziati unicamente le dotazioni complessive di bilancio attribuite ai centri di responsabilità di competenza del Ministero delle infrastrutture.

Con riferimento a tali centri, si può constatare che la maggior parte degli stanziamenti risulta iscritta al centro di responsabilità n. 3 - Dipartimento per le infrastrutture stradali, l’edilizia e la regolazione dei lavori pubblici, in cui si concentra uno stanziamento di competenza di 2.030,1 milioni di euro, pari al 53,4% dello stanziamento complessivo dell’intero Ministero. Tale percentuale sale addirittura al 77,8% relativamente al volume dei residui.

Per tali centri di responsabilità, rispetto all’anno precedente, si nota un incremento pressoché generalizzato delle risorse di competenza, autorizzazioni di cassa e residui.

 

Si evidenziano qui di seguito gli stanziamenti complessivi per ciascun Centro di responsabilità.

 

1 – Gabinetto e Uffici di diretta collaborazione all'opera del Ministro

 

Il centro di responsabilità, con una dotazione complessiva di 970,3 milioni di euro, registra un incremento, rispetto alle previsioni assestate 2006, per la competenza di 163,5 milioni di euro (+20,3%), per la cassa di 54,5 milioni di euro, mentre per i residui si osserva una considerevole riduzione (115,3 milioni di euro).

Si rileva che la quasi totalità degli stanziamenti insiste nell'U.P.B. 1.2.10.2 – Fondo opere strategiche – nel capitolo 7060 (esposto in tabella F della legge finanziaria) istituito in attuazione dell'articolo 13 della legge n. 166/2002 “Fondo da ripartire per la progettazione e la realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale nonché per le opere di captazione ed adduzione delle risorse idriche" (leggeobiettivo), con 956,6 milioni di euro per la competenza e la cassae 437,9 milioni di euro in conto residui.

 

Si noti che lo stanziamento di competenza risulta incrementato, rispetto al dato assestato 2006, di ben 187,8 milioni di euro, maggiore dell’incremento relativo all’intero centro di responsabilità.

 

2 – Coordinamento dello sviluppo del territorio, Personale e Servizi generali

Il centro di responsabilità, con una dotazione di 793,6 milioni di euro, registra una lieve riduzione di 20,3 milioni di euro (-2,5%) in relazione alla competenza rispetto alle previsioni assestate 2006, mentre sono notevolmente incrementati i residui (+304,3 milioni di euro), e le autorizzazioni di cassa (+491,4 milioni di euro).

La maggior parte degli stanziamenti di competenza appartiene alla parte capitale per investimenti con 669,3 milioni di euro, di cui 366,8 milioni di euro nell’U.P.B. 2.2.3.7 – Interventi per Venezia.

 

 

3 – Infrastrutture stradali, edilizia e regolazione dei lavori pubblici

Il centro reca una dotazione di 2.030,1 milioni di euro e registra considerevoli incrementi, rispetto alle previsioni assestate 2006, sia per la competenza, pari a 753,4 milioni di euro(pari al 59%), sia per la cassa (+1.530 milioni di euro), sia, infine, per i residui (+968,6 milioni di euro).

Gli stanziamenti di parte corrente ammontano, per la competenza,a 461,4 milioni di euro, e sono in buona parte concentrati nell’U.P.B. 3.1.2.1 – Sostegno all’accesso alla locazione abitativa – ove sono iscritti stanziamenti di competenza pari a 222,7 milioni di euro, attribuiti quasi interamente al capitolo 1690 "Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione”, ove si registra, per la competenza: 212,7 milioni di euro con una riduzione di 98 milioni di euro rispetto al dato assestato 2006.

La maggior parte degli stanziamenti di competenza appartiene, tuttavia, alla parte capitale con 1.568,7 milioni di euro di spese per investimenti insistenti prevalentemente:

§         nell’U.P.B. 3.2.3.1 – Edilizia di servizio – si segnala uno stanziamento complessivo di 212,8 milioni di euro;

§         nell’U.P.B. 3.2.3.5 - Edilizia abitativa - si segnala il capitolo 7437 "Contributi quindicennali per la realizzazione del programma di carattere nazionale di edilizia sperimentale agevolata in locazione a canone concertato" con uno stanziamento di 41,3 milioni di euro;

§         nell’U.P.B. 3.2.3.8 - Opere stradali - si segnalano il capitolo 7845 "Contributo da corrispondere alla società autostrade Spa per l’ammortamento dei mutui occorrenti per la realizzazione del tratto Agliò Canova e il potenziamento dell’autostrada Bologna-Firenze”con 23,3 milioni di euro;

§         nell’U.P.B. 3.2.3.9 - Opere varie - si segnala il capitolo 7509 "Annualità quindicennali per la realizzazione di un programma di interventi sulla rete stradale nazionale ai fini della sicurezza stradale” con 20 milioni di euro;

§         nell’U.P.B. 3.2.3.12Trasporto rapido di massa (con uno stanziamento complessivo di 413,8 milioni di euro), ove si segnala il capitolo 7561 "Concorso dello Stato alla spesa per la realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata e tramvie veloci nelle aree urbane” con 205,5 milioni di euro ed il capitolo 7563 “Contributi per capitali ed interessi derivanti dall’ammortamento di mutui garantiti dallo Stato per la realizzazione di sistemi ferroviari passanti, di collegamenti fe3rroviari con aree aeroportuali, espositive ed universitarie…” con 170,4 milioni di euro;

 

7 – Consiglio superiore dei lavori pubblici

Lo stanziamento di competenza, pari a 7 milioni di euro (incrementato di 0,9 milioni, pari al 14,8%, rispetto al dato assestato 2006), riguarda quasi interamente la parte corrente, in particolare le speseper il personale della struttura,che assorbe il 98,9% del totale.

 


I residui passivi e le autorizzazioni di cassa

La consistenza dei residui passivi presunti al 1° gennaio 2007 è valutata complessivamente in 5.722,3 milioni di euro, di cui:

-        405,1 milioni di euro per le unità previsionali di base di parte corrente;

-        5.317,2 milioni di euro per quelle in conto capitale.

 

Rispetto al dato assestato 2006, si registra una consistente diminuzione dei residui, pari a 4.389,8 milioni di euro (-43,4%), in buona parte attribuibile alle u.p.b. di conto capitale.

 

Data una massa spendibile[2] di 9.523,3 milioni di euro ed autorizzazioni di cassa pari a 5.637,9 milioni di euro, il coefficiente di realizzazione[3] risulta essere pari al 59,2% e rappresenta la capacità di spesa del Ministero, che è aumentata rispetto alle previsioni assestate 2006, in cui tale coefficiente era pari al 50,3%.

 

Si ricorda che la consistenza presunta dei residui concorre, insieme alla previsioni di competenza per il 2007, a determinare il volume della massa spendibile, ossia del limite massimo entro il quale può situarsi l'autorizzazione di cassa.

Tale autorizzazione non coincide necessariamente con il limite massimo determinato dalla massa spendibile, in quanto è determinata dal Governo tenendo conto anche del criterio del "coefficiente di realizzazione della spesa", ossia di quel parametro a carattere presuntivo che consente di stimare l’effettiva capacità di spesa del Ministero, in considerazione del livello delle spese effettuate nei precedenti esercizi finanziari e dei particolari fattori legislativi e amministrativi che nel corso dell’esercizio possono influenzare il volume dei pagamenti.


Stanziamenti relativi alle infrastrutture che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (AC 1747 - Tabella 2)

Gli stanziamenti relativi alle infrastrutture insistono, oltre che sullo stato di previsione del Ministero delle infrastrutture, anche sullo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (Tabella n. 2). Si tratta, prevalentemente, di trasferimenti, di parte corrente ed in conto capitale, facenti capo ai centri di responsabilità Tesoro (individuato dal numero 3) e Ragioneria Generale dello Stato (individuato dal numero 4).

 

Spese di parte corrente

 

U.P.B. 3.1.2.32 - Autorità di vigilanza sui lavori pubblici: Capitolo 1702 "Funzionamento dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici ": 3,9 milioni di euro (capitolo esposto in tabella C).

 

U.P.B. 3.1.2.45 - ANAS:

Il capitolo 1870 "Somme da erogare all’ANAS a titolo di corrispettivi dovuti per le attività ed i servizi resi, disciplinati dal contratto di programma", viene indicato per memoria “in quanto si provvederà in corso di gestione alla sua dotazione mediante riparto del Fondo di cui al capitolo 2197 (trasferimento corrente alle imprese) di cui ai commi 15 e 16 dell’art. 1 della legge n. 266/2005”, avente una dotazione di competenza di circa 2 miliardi di euro.

 

Si ricorda, infatti, che l’Anas figura nell’Elenco 3 allegato alla citata legge. L’art. 1, comma 15, dispone che “a decorrere dall'anno 2006, nello stato di previsione della spesa di ciascun Ministero è istituito un fondo da ripartire, nel quale confluiscono gli importi indicati nell'elenco 3 allegato alla presente legge delle dotazioni di bilancio relative ai trasferimenti correnti alle imprese”. Il successivo articolo 16 prevede, altresì, che “i Ministri interessati presentano annualmente al Parlamento, per l'acquisizione del parere da parte delle Commissioni competenti, una relazione nella quale viene individuata la destinazione delle disponibilità di ciascun fondo, nell'ambito delle autorizzazioni di spesa e delle tipologie di interventi confluiti in esso. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con appositi decreti le occorrenti variazioni di bilancio tra le unità previsionali di base interessate, su proposta del Ministro competente”.

 

Spese in conto capitale

Tra le spese in conto capitale si segnalano le seguenti U.P.B.:

U.P.B. 3.2.3.8 – Edilizia abitativa

-          Capitolo 7072 relativo all’intervento statale per l’edilizia a Napoli, con uno stanziamento di competenza di 10,8 milioni di euro, con uno stanziamento invariato rispetto al dato assestato 2006;

U.P.B. 3.2.3.12 - Calamità naturali e danni bellici

-          Capitolo 7095 "Somma da erogare per la prosecuzione degli interventi volti alla ricostruzione nei territori della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria colpiti da eventi sismici del novembre 1980, febbraio 1981 e marzo 1982" (legge n. 448 del 1998, articolo 50, co. 1, lett. i): 75,4 milioni di euro, con un uno stanziamento invariato rispetto al dato assestato 2006;

U.P.B. 3.2.3.30 - Interventi per Venezia:

-          Le somme sono concentrate nel capitolo 7270 "Annualità quindicennali per interventi di competenza della regione veneto per la salvaguardia di Venezia": 116,1 milioni di euro, stanziamento identico  al dato assestato 2006[4];

U.P.B. 3.2.3.44 - Giochi olimpici invernali:

-          Capitolo 7366[5] "Annualità quindicennali per la realizzazione di interventi necessari allo svolgimento dei giochi olimpici invernali Torino 2006", con stanziamenti pari a 144,81 milioni di euro;

U.P.B. 3.2.3.48 - ANAS:

-          Capitolo 7372 "Apporto al capitale sociale dell’ANAS ", capitolo istituito in applicazione dell’articolo 7 del decreto legge n. 138/2002, che risulta iscritto per memoria per la gestione dei residui, che ammontano a 7 miliardi di euro.

U.P.B. 4.2.3.1 – Risanamento e ricostruzione zone terremotate:

-          Capitolo 7451 "Contributo straordinario alla regione siciliana per provvedere agli interventi in favore di alcune zone della Sicilia occidentale colpite dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990” con 1 milione di euro, con una variazione negativa di 49 milioni di euro rispetto al dato assestato. Tale “svuotamento” viene motivato “in applicazione dell’art. 39-duodecies del D.L. n. 273/2005, tenuto conto della cessazione dell’onere di cui all’art. 1, comma 1, della legge n. 433/1991”.

 

Si ricorda che l’art. 39-duodecies del D.L. n. 273/2005 ha concesso un contributo triennale di 1 milione di euro annui a decorrere dal 2006 per il completamento degli interventi di cui al decreto-legge 28 luglio 1981, n. 397.

Si rammenta altresì che l’art. 4, comma 98, della legge n. 350/2003 ha modificato il 1° comma dell’articolo 1 della legge n. 433 del 1991 - che autorizza e assegna alla regione siciliana la spesa per la ricostruzione dei comuni, colpiti dagli eventi sismici del 13 e del 16 dicembre 1990, nelle province di Siracusa, Catania e Ragusa – introducendo la possibilità di utilizzare gli stanziamenti di cui sopra anche per fronteggiare le calamità verificatesi nell’intero territorio regionale siciliano.

 


Il disegno di legge finanziaria per il 2007

Articolo 8
(Imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche)

 

1. A decorrere dal 1o gennaio 2007, i comuni possono deliberare, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, l'istituzione di un'imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dai comuni nello stesso regolamento tra quelle indicate nel comma 5 del presente articolo.

2. Il regolamento che istituisce l'imposta determina:

       a) l'opera pubblica da realizzare;

       b) l'ammontare della spesa da finanziare;

       c) l'aliquota di imposta;

       d) le modalità di versamento degli importi dovuti.

3. L'imposta è dovuta, in relazione alla stessa opera pubblica, per un periodo massimo di cinque anni ed è determinata applicando alla base imponibile dell'imposta comunale sugli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, un'aliquota nella misura massima dello 0,5 per mille.

4. Per la disciplina dell'imposta si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta comunale sugli immobili.

5. L'imposta può essere istituita per le seguenti opere pubbliche:

       a) opere per il trasporto pubblico urbano;

       b) opere viarie, con l'esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;

       c) opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;

       d) opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini;

       e) opere di realizzazione di parcheggi pubblici.

6. Il gettito complessivo dell'imposta non può essere superiore al trenta per cento dell'ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare.

7. Nel caso di mancato inizio dell'opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.

 

 

L’articolo 8 prevede la possibilità per i comuni di istituire con regolamento un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.

 

In particolare, il comma 1 rimette ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, l’istituzione dell’imposta che deve essere destinata esclusivamente alla copertura (per una percentuale che il comma 6 stabilisce come non superiore al 30 per cento) della realizzazione di specifiche opere pubbliche, rientranti nelle tipologie individuate dal comma 5 dell’articolo.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

Il comma 5 individua le seguenti tipologie di opere pubbliche per le quali può essere istituita l’imposta di scopo:

a)      opere per il trasporto pubblico urbano;

b)      opere viarie, con esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;

c)      opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;

d)      opere di risistemazione di parchi e giardini;

e)      opere di realizzazione di parcheggi pubblici.

 

Il comma 2 prevede inoltre che il regolamento comunale istitutivo dell’imposta indichi:

a)      l’opera pubblica da realizzare;

b)      l’ammontare della spesa da finanziare;

c)      l’aliquota di imposta (sul punto cfr. però il comma 3);

d)      le modalità di versamento degli importi dovuti.

 

I commi 3 e 4 collegano la base imponibile e la disciplina dell’imposta di scopo a quelle previste per l’imposta comunale sugli immobili (ICI).

In particolare, il comma 3 prevede che l’imposta sia calcolata applicando alla base imponibile dell’ICI un’aliquota che il Comune può individuare fino alla misura massima dello 0,5 per mille.

Il comma 5 prevede inoltre l’applicazione all’imposta di scopo delle disposizioni in materia di ICI.

 

In proposito, si ricorda che il presupposto dell’imposta comunale sugli immobili, istituita con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è il possesso di fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli siti nel territorio dello Stato destinato a qualsiasi uso; soggetti passivi dell’imposta sono i proprietari o i titolari di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione); la base imponibile è costituita dal valore degli immobili (il valore dei fabbricati è determinato dal prodotto tra le rendite catastali e appositi moltiplicatori diversificati per gruppi catastali; il valore delle aree fabbricabili è quello di mercato al 1° gennaio di ciascun periodo di imposta; il valore dei terreni agricoli è il risultato del prodotto tra il reddito dominicale e un moltiplicatore pari a 75); l’aliquota dell’imposta è determinata dal Comune, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille; in assenza di delibera del Comune si applica il 4 per mille.

 

Il comma 7 prevede infine che, in caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.

 

 


Articolo 9
(Contributo comunale di ingresso e di soggiorno)

 

1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i comuni, con apposito regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, possono deliberare l'istituzione di un contributo di soggiorno, operante anche per periodi limitati dell'anno, destinato ad interventi di manutenzione urbana ed alla valorizzazione dei centri storici.

2. Il contributo è dovuto dai soggetti non residenti che prendono alloggio, in via temporanea, in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro-turistici ed in altri similari strutture ricettive situate nel territorio comunale.

3. Sono esenti dal contributo i soggetti che alloggiano nelle strutture destinate al turismo giovanile ed in quelle espressamente previste dal regolamento comunale.

4. Il contributo è stabilito entro la misura massima di cinque euro per notte.

5. Il regolamento che istituisce il contributo determina:

       a) le misure del contributo, stabilite in rapporto alla categoria delle singole strutture ricettive;

       b) le eventuali riduzioni ed esenzioni, determinate in relazione alla categoria ed all'ubicazione della struttura ricettiva, alla durata del soggiorno, alle caratteristiche socio-economiche dei soggetti passivi avendo riguardo, tra l'altro, alla numerosità del nucleo familiare, all'età ed alle finalità del soggiorno;

       c) l'eventuale periodo infrannuale di applicazione del contributo;

       d) i termini e le modalità di presentazione della dichiarazione e del pagamento del tributo.

6. I gestori delle strutture ricettive di cui al comma 2 provvedono al versamento del contributo, con diritto di rivalsa sui soggetti passivi, e presentano al comune la relativa dichiarazione, nel rispetto dei termini e delle modalità stabilite dal regolamento comunale.

7. Gli avvisi di accertamento per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione e per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione od il versamento sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.

8. Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell'importo dovuto; per l'omesso, ritardato o parziale versamento del contributo si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. L'irrogazione delle sanzioni avviene secondo le disposizioni di cui agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 9 consente ai comuni di istituire, con un regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, un contributo di soggiorno (comma 1).

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997 prevede che le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.

 

Anche se la disposizione individua la finalità del tributo in interventi di manutenzione urbana e di valorizzazione dei centri storici, esso non si configura comunque per le sue caratteristiche, di seguito esposte, come un’imposta di scopo.

 

Il contributo è dovuto (comma 2) dai soggetti non residenti che alloggino in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici ed agriturismi; sono esenti i soggetti che alloggiano in strutture dedicate al turismo giovanile. Il regolamento comunale può inoltre prevedere ulteriori forme di esenzione (comma 3). Il comma 4 fissa nella misura massima di cinque euro per notte la misura del contributo; la misura esatta del tributo, insieme alle eventuali forme di esenzione sono individuate dal comma 5, così come i termini e le modalità di dichiarazione e di pagamento. Il regolamento può pure stabilire che il contributo sia dovuto unicamente in un determinato periodo dell’anno.

 

Il comma 6 stabilisce che il contributo sia versato dai gestori delle strutture ricettive, i quali poi si rivarranno sui loro clienti, soggetti passivi dell’imposta.

 

Il comma 7 fissa nel quinto anno successivo gli avvisi di accertamento per la mancata o ritardata dichiarazione ovvero il mancato o ritardato pagamento del contributo. In altre parole, ritardi o omissioni nelle dichiarazioni o nei pagamenti possono essere contestate dall’amministrazione pubblica solo entro il quinto anno successivo.

 

Il comma 8 individua le sanzioni per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione ovvero per l’omesso o ritardato o parziale versamento del contributo. In particolare, per l’omessa o infedele presentazione della dichiarazione si prevede una sanzione dal cento al duecento per cento dell’importo. Per l’omesso pagamento si applica invece la sanzione dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997.

 

L’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 prevede che chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato

 

Le sanzioni sono irrogate secondo le disposizioni degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997.

 

L’articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede che all’irrogazione delle sanzioni amministrative provveda l’ente compente all’accertamento del tributo (nel caso della disposizione in commento il comune); disciplinando la procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento.

 

L’articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 disciplina invece i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Strategia sull’ambiente urbano

L’11 gennaio 2006 la Commissione ha presentato la strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) destinata ad aiutare gli Stati membri e le autorità locali e regionali a migliorare l’efficienza ambientale delle città europee. La strategia per l’ambiente urbano è una delle sette strategie previste dal sesto programma d’azione in materia di ambiente. Il suo obiettivo è favorire una migliore attuazione a livello locale delle politiche e della legislazione comunitaria in materia ambientale, attraverso lo scambio di esperienze e buone pratiche tra le autorità locali.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia in cui, tra l’altro:

-        chiede agli Stati membri sia d’intensificare gli sforzi per fare in modo che le città, con le loro politiche possano raggiungere una elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, sia di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (collegati alla politica di coesione) per affrontare i problemi dell’ambiente urbano, come pure le opportunità nell’ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[6];

-        incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, tra cui segnatamente meccanismi innovativi e flessibili per il finanziamento del rinnovamento urbano;

-        invita l’Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell’ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l’attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano nella quale sottolinea l’importanza delle problematiche relative alla sostenibilità della  gestione urbana, del  trasporto urbano, dell’urbanistica, della costruzione urbana. Rileva inoltre la necessità di garantire un adeguato finanziamento comunitario, segnatamente grazie a programmi e stanziamenti specifici.

Politica di coesione

Sugli orientamenti strategici per la coesione si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 105.

Il 13 luglio 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione  “La politica di coesione e le città: il contributo delle città e delle agglomerazioni alla crescita e all’occupazione nelle regioni” (COM(2006)385.

Il documento, rivolto alle autorità nazionali, regionali e locali, vuole essere uno strumento di aiuto nella preparazione del nuovo ciclo di programmi relativi alla politica di coesione. Nel documento vengono suggerite azioni rivolte a rendere le città più attraenti, a creare reti di comuni, a rafforzare il ruolo di polo di crescita, a favorire lo spirito d’impresa, l’innovazione e l’economia della conoscenza, a sostenere le PMI, a ridurre le disparità tra quartieri e gruppi sociali, e a lottare infine contro la delinquenza.


Articolo 13
(Modifiche al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112)

 

1. Al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) al comma 1 dell'articolo 65:

1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

       «d) alla tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure e certificati ipotecari»;

2) la lettera h) è sostituita dalla seguente:

       «h) alla gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni di cui alla lettera g), assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati»;

       b) la lettera a) del comma 1 dell'articolo 66 è sostituita dalla seguente:

       «a) alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, partecipando al processo di determinazione degli estimi catastali fermo restando quanto previsto dall'articolo 65, comma 1, lettera h)».

 

 

L’articolo 13 modifica alcune norme del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112[7]relative al decentramento delle funzioni catastali ai comuni, chiarendo la ripartizione di competenze tra Stato ed enti locali per le funzioni relative agli atti catastali.

In particolare vengono modificati gli articoli 65 e 66 di tale decreto legislativo, che elencano rispettivamente le funzioni mantenute allo Stato e quelle conferite agli enti locali.

 

L’articolo 66, comma 1, lett. a), attribuisce ai comuni le funzioni di conservazione, utilizzazione e aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano, nonché la revisione degli estimi e del classamento.

Correlativamente, l’articolo 65, lettera h), dispone che allo Stato rimanga la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni e il loro coordinamento operativo attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni, consentendo l’accesso dei soggetti interessati ai dati.

 

Con la modifica recata dal comma 1, lettera b), dell’articolo 13, viene novellato il suddetto articolo 66, nel senso di eliminare dalle competenze dei comuni quella di conservazione degli atti del catasto terreni.

Ai comuni rimangono pertanto le funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali, cioè la possibilità di utilizzare le banche dati catastali.

Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, in precedenza attribuita ai comuni, la nuova formulazione chiarisce anche che i comuni partecipano al solo processo di determinazione degli estimi, ed elimina il riferimento alle funzioni relative al classamento.

La relazione governativa al provvedimento chiarisce a tale proposito che la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali include sia la funzione di attribuzione specifica alla singola unità, sia l’intervento in relazione ad eventuali future revisioni.

 

Si ricorda che il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dalla legge 311 del 30 dicembre 2004, finanziaria 2005 (articolo 1, commi 335 e seguenti). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 37 del 26 gennaio 2004 ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".

Si ricorda altresì che la questione del trasferimento ai comuni delle funzioni catastali è stata oggetto nella scorsa legislatura di due risoluzioni[8], il cui iter non si è peraltro concluso, e di un’audizione informale del direttore dell’Agenzia del territorio, svolta in VI Commissione il 14 luglio 2005.

 

Nel successivo articolo 14 del disegno di legge finanziaria sono definite le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali (cfr. la relativa scheda).

 

Il comma 1, lett. a), n. 1, del presente articolo 13, apporta invece modifiche all’articolo 65, comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 1998, nel quale sono elencate le funzioni mantenute dallo Stato. In particolare viene modificata la lettera d), che affidava allo Stato la tenuta dei registri immobiliari, con l’esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione di visure ipotecarie.

In base alla norma novellata, allo Stato si confermano affidate le funzioni di tenuta dei registri immobiliari, con esecuzione delle formalità di trascrizione, iscrizione, rinnovazione e annotazione, nonché di visure. Viene peraltro aggiunta, come funzione spettante allo Stato, la gestione dei certificati ipotecari.

Una seconda modifica all’articolo 65 del decreto legislativo n. 112 del 1998, riguarda la riformulazione della lettera h), operata dal comma 1, lettera a), n. 2, del presente articolo.

La norma vigente prevede che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione attraverso la rete unitaria delle pubbliche amministrazioni e consentendo l'accesso ai dati ai soggetti interessati.

La norma novellata aggiorna tale formulazione, come spiega la relazione governativa al provvedimento, per renderla coerente con le modifiche intervenute in questi anni, tra cui il Codice della pubblica amministrazione digitale.

La norma novellata dispone che allo Stato spetti la gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il Sistema pubblico di connettività (SPC), e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati.

 

Si ricorda a tale proposito che il decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42 , recante “Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell'articolo 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229”, è intervenuto nel campo del coordinamento informativo ed informatico dei dati delle pubbliche amministrazioni sostituendo la preesistente Rete unitaria della pubblica amministrazione (RUPA), istituita ai sensi dell’art. 15, comma 1, della legge n. 59 del 1997.

Il nuovo sistema, denominato Sistema pubblico di connettività e cooperazione (SPC), è ritenuto maggiormente idoneo a garantire l’interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i sistemi informativi delle diverse amministrazioni pubbliche, centrali e locali, consentendo a queste di utilizzare i servizi telematici per elaborare ed erogare i propri servizi direttamente ai cittadini e alle imprese.

II successivo decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, recante il “Codice dell'amministrazione digitale, ha recentemente abrogato il precedente decreto legislativo n. 42 del 2005, facendone confluire i contenuti nello stesso Codice.

La riforma del catasto

A proposito della conservazione, utilizzazione e l'aggiornamento degli atti del catasto terreni e del catasto edilizio urbano l'articolo 9, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994, ha previsto il censimento, da parte del Ministero delle finanze, di tutti i fabbricati e la loro iscrizione nel catasto edilizio urbano, con la nuova denominazione di "catasto fabbricati". In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28 recante il regolamento per la costituzione del catasto fabbricati e per le modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale, il quale ha disposto la formazione del catasto dei fabbricati, affidando transitoriamente al dipartimento del territorio del Ministero delle finanze, la sua conservazione in base alla legge istituiva del "nuovo catasto edilizio urbano" (R.D.L. n. 652 del 1939, conv. dalla L. n. 1249 del 1939), e l'aggiornamento eseguito dagli uffici o affidato in appalto.

Per quanto riguarda la revisione degli estimi e del classamento, la materia era stata delegificata con l'articolo 3, commi 154 e 156 della legge n. 662 del 1996 (provvedimento collegato 1997), il quale aveva disposto un complessivo riordino in materia catastale da attuarsi con l'emanazione di regolamenti ai sensi dell'articolo 17, comma 2 della legge n. 400 del 1988, per:

a)    la revisione generale delle zone censuarie e delle tariffe d'estimo;

b)    la qualificazione, classificazione ed il classamento degli immobili;

c)    la revisione delle commissioni censuarie;

d)    la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali.

 

Nel complessivo disegno di riforma vi erano tre elementi essenziali: in primo luogo, la partecipazione diretta dei comuni, a cui spettava il potere di definizione delle microzone; in secondo luogo, l’adozione di criteri di tipo parametrale e, infine, l’utilizzazione di tecnologie informatiche e telematiche, allo scopo di razionalizzare la tassazione del mercato immobiliare e di assicurare una concreta trasparenza nella definizione dei valori.

In attuazione della delega sono stati emanati, due regolamenti: il D.P.R. n. 138 del 1998, recante le norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri, nonché delle commissioni censuarie, e il D.P.R. n. 139 del 1998, recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali. Con il D.P.R. n. 138del 1998 si è perseguito in particolare l’obiettivo di imprimere una accelerazione alle operazioni da tempo avviate sia da parte degli uffici periferici del Dipartimento del Territorio (poi Agenzia del territorio, in seguito alla riforma del Ministero delle finanze), sia da parte dei comuni.

Con il D.P.C.M. 19 dicembre 2000 sono state individuate le risorse per il trasferimento ai comuni delle funzioni in materia di catasto. In particolare, secondo quanto convenuto nell’accordo del 1° giugno 2000 in sede di Conferenza unificata, si è concordato il passaggio delle funzioni in maniera graduale, in considerazione dell’importanza del servizio del catasto nel processo di acquisizione delle entrate e della necessità di armonizzare il trasferimento delle risorse con la costituzione della citata Agenzia del territorio.

Il D.P.C.M. 22 luglio 2004 ha successivamente modificato il comma 1 dell'articolo 6 del DPCM 19 dicembre 2000 portando da tre a cinque anni i termini per individuare le risorse finanziarie, umane, strumenti e organizzative da trasferire ai Comuni per l'esercizio delle funzioni in materia di catasto. Il termine per il trasferimento delle funzioni catastali ai comuni previsto è stato pertanto, in base a tale decreto, differito fino al 26 febbraio 2006.

L’articolo 1, comma 3 del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito dalla legge 11 marzo 2006, n. 81ha recentemente previstonorme per la semplificazione dei servizi catastali. Il comma 3, in particolare ha rimesso a un provvedimento interdirigenziale dei direttori delle Agenzie delle entrate e del territorio, di concerto con il Ministero della giustizia, la fissazione dei termini e delle modalità per la progressiva estensione delle procedure telematiche, disciplinate dall’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997[9], a tutti i soggetti e a tutti gli atti. Tra gli atti ai quali dovranno essere estese le procedure telematiche, sono inclusi la registrazione di atti e denunce, la presentazione di dichiarazioni di successione, le trascrizioni, iscrizioni ed annotazioni nei registri immobiliari e le volture immobiliari, da qualunque titolo derivanti.

L’articolo 3-bis del decreto legislativo n. 463 del 1997 stabiliva che alla registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale, si provvedesse, a decorrere dal 30 giugno 2000, con procedure telematiche. Era prevista l’emanazione di un decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero della giustizia, per la progressiva attivazione del servizio, anche limitatamente a determinati soggetti, a specifiche aree geografiche, e a particolari tipologie di atti, nonché l'eventuale attribuzione di un codice unico immobiliare.

Il comma 2 disponeva inoltre che le richieste di registrazione, le note di trascrizione e di iscrizione nonché le domande di annotazione e di voltura catastale, relative agli atti per i quali fosse attivata la procedura telematica, venissero presentate su un modello unico informatico da trasmettere per via telematica unitamente a tutta la documentazione necessaria. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il decreto interdirigenziale 13 dicembre 2000[10], con cui è stato approvato il modello unico informatico e sono state disciplinate le modalità tecniche necessarie per la trasmissione dei dati per gli adempimenti in materia di atti immobiliari. Con successivi provvedimenti interdirigenziali del 1° agosto 2002, del 18 aprile 2003 e del 9 giugno 2004 sono state disposte la progressiva estensione del regime di obbligatorietà a tutti i distretti notarili relativamente agli atti di compravendita di immobili (registrazione, trascrizione e voltura) e l’estensione del regime di facoltatività del modello unico informatico ad ulteriori tipologie di atti.

Si ricorda infine che l’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata con la collaborazione dei comuni.

Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione[11] e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.

Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti saranno disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.


Articolo 14
(Modalità di esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali)

 

1. A decorrere dal 1o novembre 2007 i comuni capoluogo di provincia esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 della presente legge, salva la facoltà di convenzionamento di cui al comma 3 del presente articolo per le funzioni ivi elencate.

2. I comuni non capoluogo di provincia, a decorrere dallo stesso termine, esercitano direttamente, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, i servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza, nonché il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle incoerenze.

3. Le funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale sono esercitate, anche in forma associata con altri comuni, oppure a cura dell'Agenzia del territorio, sulla base di apposite convenzioni da stipulare senza oneri per i comuni e le comunità montane.

4. L'Agenzia del territorio, con provvedimento del Direttore, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, predispone entro il 1o ottobre 2007 specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale. Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.

5. L'Agenzia del territorio salvaguarda il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali; fornisce inoltre assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.

6. Con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, sono rideterminate le risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali. L'assegnazione di personale potrà aver luogo anche mediante distacco. Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono, altresì, stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell' avvio della gestione delle funzioni catastali. L'attuazione del presente comma non deve comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

7. Al fine di compiere un costante monitoraggio del processo di attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, elabora annualmente l'esito della attività realizzata, dandone informazione al Ministro dell'economia e delle finanze.

 

 

L’articolo 14 definisce le modalità di esercizio delle funzioni catastali che spettano agli enti locali, in relazione alle modifiche alla ripartizione delle competenze tra Stato ed enti locali disposte dal precedente articolo 13 (v. la relativa scheda).

In base al comma 1 dell’articolo 14, i comuni capoluogo di provincia, a decorrere dal 1o novembre 2007, esercitano direttamente per il territorio di competenza, eventualmente anche in forma associata con comuni della provincia, le funzioni catastali loro attribuite ai sensi dell'articolo 66 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 13 del presente disegno di legge finanziaria. Si tratta delle funzioni di utilizzazione e aggiornamento degli atti catastali. La conservazione delle banche dati catastali è invece di competenza dell’Agenzia del territorio.

 

Si ricorda infatti che il classamento delle unità immobiliari e le relative operazioni, con attribuzione o variazione di rendita catastale, competono esclusivamente all'Agenzia del Territorio, come ribadito anche dall’articolo 1, commi 335 e seguenti, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005). Anche la Corte costituzionale nella sentenza 26 gennaio 2004, n. 37, ha stabilito esplicitamente che il sistema catastale, compresi i criteri e le procedure per la determinazione delle relative rendite per i fabbricati iscritti o iscrivibili in catasto, "è e resta tuttora di competenza del legislatore statale".

 

In base alla norma del comma 1, la gestione degli atti è possibileanche in forma associata tra capoluoghi ed è altresì fatta salva la facoltà di stipulare convenzioni con l’Agenzia del territorio per le funzioni elencate nel successivo comma 3, cioè quelle più complesse di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale.

La relazione governativa al provvedimento evidenzia che tali disposizioni sono necessarie per rendere concretamente attuabile l’avvio e la realizzazione dell’esercizio delle funzioni catastali conferite agli enti locali.

Il comma 2 dell’articolo 14 reca invece disposizioni applicabili ai comuni non capoluogo di provincia. Anche per questi, a decorrere dal 1° novembre 2007 è previsto l’esercizio diretto, anche in forma associata o attraverso le comunità montane, dei servizi di consultazione delle banche dati catastali per il territorio di competenza. È previsto inoltre il controllo degli atti di aggiornamento catastale, messi a disposizione dall'Agenzia del territorio, con segnalazione alla stessa delle eventuali incoerenze.

 

La disposizione del comma 3 riguarda invece le più complesse funzioni di accettazione e pretrattazione degli atti di aggiornamento catastale da parte dei comuni non capoluogo. Per l’esercizio di tali funzioni non si fissa un termine specifico, prevedendone la possibilità di esercizio anche in forma associata con altri comuni, oppure sulla base di apposite convenzioni da stipulare con l'Agenzia del territorio, ma senza oneri per i comuni e le comunità montane.

 

L’attribuzione di tale funzione ai comuni è prevista dall’articolo 34-quinquies del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, che ha introdotto in via transitoria (sino all'attivazione del modello unico per l'edilizia previsto dallo stesso decreto-legge), una procedura di controllo delle dichiarazioni catastali presentate presso l’Agenzia del territorio, effettuata proprio con la collaborazione dei comuni.

Si prevede a questo riguardo che l’Agenzia del territorio trasmetta ai comuni per via telematica tutte le dichiarazioni catastali di variazione e di nuova costruzione presentate presso i suoi uffici, a decorrere dal 1° gennaio 2006. Ricevute le dichiarazioni, i comuni dovranno verificare la coerenza di quanto dichiarato nei suddetti atti con le informazioni disponibili, sulla base degli atti in loro possesso (non viene pertanto richiesto ai comuni di ispezionare l’immobile). Eventuali incoerenze riscontrate dai comuni dovranno essere segnalate all’Agenzia del territorio, la quale provvederà agli adempimenti di propria competenza.

Le procedure attuative di tale norma, la tipologia e i termini per la trasmissione telematica dei dati ai comuni e per la segnalazione delle incongruenze all’Agenzia del Territorio, nonché le modalità d’interscambio tra questi soggetti avrebbero dovuto essere disciplinate con decreto del Direttore dell’Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (quindi entro il 10 giugno 2006).

 

Il comma 4 rinvia ad un apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, nel rispetto delle disposizioni e nel quadro delle regole tecniche del Codice dell’amministrazione digitale[12], la predisposizione, entro il 1o ottobre 2007, di specifiche modalità d'interscambio in grado di garantire l'accessibilità e la interoperabilità applicativa delle banche dati, unitamente ai criteri per la gestione della banca dati catastale.

Le modalità d'interscambio devono assicurare la piena cooperazione applicativa tra gli enti interessati e l'unitarietà del servizio su tutto il territorio nazionale nell' ambito del sistema pubblico di connettività.

 

In base alla condizione posta nel comma 5, l'Agenzia del territorio è tenuta a salvaguardare il contestuale mantenimento degli attuali livelli di servizio all'utenza in tutte le fasi del processo, garantendo in ogni caso su tutto il territorio nazionale la circolazione e la fruizione dei dati catastali. L’Agenzia deve inoltre fornire assistenza e supporto ai comuni nelle attività di specifica formazione del personale comunale.

 

Il comma 6 rinvia ad appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 30 giugno 2007, la rideterminazione delle risorse umane, strumentali e finanziarie, inclusa la quota parte dei tributi speciali catastali, da trasferire agli enti locali che esercitano le funzioni catastali.

È previsto che l'assegnazione di personale possa aver luogo anche mediante distacco.

Con gli stessi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dovranno poi essere altresì stabilite le procedure di attuazione, gli ambiti territoriali di competenza, i termini di comunicazione da parte dei comuni o loro associazioni dell'avvio della gestione delle funzioni catastali.

L'attuazione del presente comma non dovrà inoltre comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

In base al comma 7, infine, l'Agenzia del territorio, con la collaborazione dei comuni, deve rendere un’informativa annuale al Ministro dell'economia e delle finanze sull’esito dell’attività realizzata. Tale informativa dovrebbe consentire un costante controllo del processo di attuazione delle disposizioni del presente articolo.

 

 

 


Articolo 21
(Misure a sostegno delle zone franche urbane)

 

1. Per favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno, identificati quali zone franche urbane, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il Fondo provvede al cofinanziamento di programmi regionali di intervento nelle predette aree.

2. Le aree di cui al comma 1 devono essere caratterizzate da fenomeni di particolare degrado ed esclusione sociale e le agevolazioni concedibili per effetto dei programmi e delle riduzioni di cui al comma 1 sono disciplinate in conformità e nei limiti previsti dagli Orientamenti della Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013, pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 54 del 4 marzo 2006, per quanto riguarda in particolare quelli riferiti al sostegno delle piccole imprese di nuova costituzione.

3. Il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formulata sentite le regioni interessate, provvede alla definizione dei criteri per l'allocazione delle risorse e l'identificazione, la perimetrazione e la selezione delle zone franche urbane sulla base di parametri socio-economici. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità e le procedure per la concessione del cofinanziamento in favore dei programmi regionali e sono individuate le eventuali riduzioni di cui al comma 1 concedibili, secondo le modalità previste dal medesimo decreto, nei limiti delle risorse del Fondo a tal fine vincolate.

4. Il Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate, provvede al monitoraggio ed alla valutazione di efficacia degli interventi, e presenta a tal fine al CIPE una relazione annuale sugli esiti delle predette attività.

 

 

Il comma 1 istituisce delle zone franche urbane, da individuare in aree e quartieri particolarmente degradati nelle città del Mezzogiorno, nelle quali favorire lo sviluppo economico e sociale anche attraverso interventi di recupero urbano. A tal fine viene istituito un apposito Fondo con una dotazione complessiva di 100 milioni di euro, dei quali 50 milioni a partire dal 2008 e gli altri 50 a decorrere dal 2009. Il Fondo provvede al cofinanziamento di programmi regionali di intervento nelle predette aree.

Come precisa la relazione al provvedimento, tali misure intendono dare “una risposta alle sollecitazioni emerse al Tavolo del Mezzogiorno, coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dello sviluppo economico, cui hanno partecipato oltre alle parti Economiche e Sociali tutte le Regioni del Mezzogiorno”.

 

Si valuti l’opportunità di mantenere per tali aree la denominazione zone “franche”, che letteralmente farebbero presupporre a zone extradoganali, o di sostituirla con quella di zone “zone a fiscalità differenziata od agevolata”.

Si ricorda che il primo esperimento relativo alla creazione di zone franche urbane (che però non sono aree franche ma zone a fiscalità differenziata ed agevolata) è stato condotto dalla Francia. In Italia già da tempo è aperto il dibattito sull'utilizzo dello strumento fiscale per favorire lo sviluppo economico di alcune aree del Paese, in particolare ai alcune zone geografiche del Sud dove proporre agevolazioni fiscali per favorire l'insediamento di imprese nell'ambito urbano. Anche qui bisognerebbe quindi circoscrivere nel tempo i benefici, delimitando i soggetti e le aree, chiarendo bene che i vantaggi siano legati ad esenzioni sugli oneri sociali, imposte sugli utili oppure esenzioni da tributi locali.

 

Si segnala che l’operatività relativa alla prima sperimentazione della fiscalità a vantaggio del Mezzogiorno non risulta di immediata applicazione, in quanto i fondi sono appostati per il biennio 2008-2009 (comma 1) e bisognerà attendere, dato che tali misure sono destinate ad aree caratterizzate da “particolare degrado ed esclusione sociale”, la loro identificazione e perimetrazione da parte del CIPE (comma 3). Quest’ultimo vi provvederà su proposta del Ministro per lo sviluppo economico, sentite le regioni interessate.

Il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definirà le modalità e le procedure per la concessione del cofinanziamento in favore dei programmi regionali e individuerà le eventuali riduzioni concedibili, nei limiti delle risorse del Fondo vincolate a tal fine.

Inoltre, gli sgravi fiscali previsti dovranno essere sottoposti anche al via libera dell’Unione europea (comma 2)

Il comma 2 dispone che le agevolazioni concedibili per effetto dei programmi e delle riduzioni di cui al comma 1 siano disciplinate in conformità e nei limiti previsti dagli Orientamenti della Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013[13], per quanto riguarda in particolare quelli riferiti al sostegno delle piccole imprese di nuova costituzione.

 

Gli aiuti di Stato a finalità regionale sono volti a colmare gli svantaggi delle regioni sfavorite, e come tali promuovono la coesione economica, sociale e territoriale degli Stati membri e dell'Unione europea nel suo complesso. Questa specificità regionale differenzia gli aiuti a finalità regionale da altre forme di aiuti orizzontali, quali gli aiuti alla ricerca, allo sviluppo e all'innovazione, all'occupazione, alla formazione o alla tutela ambientale,

Gli Orientamenti della Unione europea in materia di aiuti a finalità regionale per il periodo 2007-2013 ne definiscono il campo di applicazione, i limiti in termini di copertura della popolazione[14], i criteri di ammissibilità per la selezione delle regioni da parte degli Stati membri, la forma e massimali degli aiuti, precisandone le metodologie di calcolo.

I medesimi Orientamenti per quanto riguarda gli aiuti alle piccole imprese di nuova costituzione nelle aree assistite, menzionati in particolare dalla norma in esame, evidenziano la necessità di introdurre una nuova forma di aiuto, concedibile in aggiunta agli aiuti a finalità regionale agli investimenti, in considerazione dei bassi livelli di attività imprenditoriale e del numero delle imprese di nuova costituzione inferiore alla media rispetto alle altre regioni. Peraltro, al fine di evitare l'inaccettabile rischio di distorsioni della concorrenza, compreso il rischio di spiazzamento delle imprese esistenti, tali aiuti, secondo i citati Orientamenti, dovrebbero, almeno per un periodo iniziale, essere strettamente destinati alle piccole imprese ed avere ammontare limitato e decrescente.

 

In relazione alla formulazione del comma 2 si evidenzia che tale disposizione fa riferimento alle “riduzioni di cui al comma 1” sebbene tali riduzioni non siano presenti nella richiamata disposizione.

 

l monitoraggio e la valutazione di efficacia degli interventi, come previsto dal comma 4, sono effettuati - anche in coordinamento con i nuclei di valutazione delle regioni interessate - dal Nucleo di valutazione e verifica del Ministero dello sviluppo economico, il quale presenta al CIPE una relazione annuale in merito ai risultati di tali attività.

Si ricorda che Il 17 aprile 2003 è stata formalmente costituita, in sede di Conferenza Stato Regioni, la "Rete dei Nuclei di valutazione e verifica delle amministrazioni centrali e regionali” (Rete NUVV) prevista - insieme alla costituzione e attivazione dei singoli Nuclei - dall’articolo 1 della legge n. 144 del 1999[15], al fine di migliorare e dare maggiore qualità ed efficienza al processo di programmazione delle politiche di sviluppo.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Per gli aiuti di Stato a finalità regionale agli investimenti si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 19.


Articolo 22
(Agevolazioni tributarie per la riqualificazione energetica degli edifici)

 

1. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

2. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative ad interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo, a condizione che siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica U, espressa in W/m2K, della Tabella 3 allegata alla presente legge.

3. Per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2007, relative all'installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici, industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

4. Per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007 per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione, spetta una detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino a un valore massimo della detrazione di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo.

5. La detrazione fiscale di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 è concessa con le modalità di cui all'articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e alle relative norme di attuazione previste dal regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998, n. 41, e successive modificazioni, attuative delle disposizioni in argomento, sempreché siano rispettate le seguenti ulteriori condizioni:

       a) la rispondenza dell'intervento ai previsti requisiti è asseverata da un tecnico abilitato, che risponde civilmente e penalmente dell'asseverazione;

       b) il contribuente acquisisce la certificazione energetica dell'edificio, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, qualora introdotta dalla regione o dall'ente locale, ovvero, negli altri casi, un «attestato di qualificazione energetica», predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo, o dell'unità immobiliare ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa in vigore per il caso specifico o, ove non siano fissati tali limiti, per un identico edificio di nuova costruzione. L'attestato di qualificazione energetica comprende anche l'indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche dell'edificio o dell'unità immobiliare, a seguito della loro eventuale realizzazione. Le spese per la certificazione energetica, ovvero per l'attestato di qualificazione energetica, rientrano negli importi detraibili.

6. Ai fini di quanto disposto dal presente articolo si applicano le definizioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 28 febbraio 2007, sono dettate le disposizioni attuative di quanto disposto ai commi 1, 2, 3 e 4.

 

 

L’articolo 22 prevede alcune agevolazioni fiscali, sotto forma di detrazione dall’imposta lorda per interventi di adeguamento degli edifici volti a garantire migliori risultati in termini di risparmio energetico (riduzione perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre, promozione del solare termico, promozione di nuovi edifici a elevati standard energetici).

 

In particolare, il comma 1 prevede una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro da ripartire in tre quote annuali di pari importo per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti nell’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.

 

Il decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 192 ha attuato la direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia. Il decreto legislativo è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto, nonché alla promozione della competitività dei comparti più avanzati, attraverso lo sviluppo tecnologico. Tra i precedenti interventi legislativi in materia si ricordano la legge 30 aprile 1976, n. 373, recante “Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici”, con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti; la legge 9 gennaio 1991, n. 10, le cui disposizioni sono state dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi.

La tabella citata, di seguito riportata, individua i valori limite consentiti per il consumo annuo di energia per il riscaldamento nei mesi invernali (espressi in KWH) per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso.

 

Valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale per metro quadrato di superficie utile dell’edificio espresso in kWh/m2 anno

§          Rapporto di forma dell’edificio

§          Zona climatica

§           

§          A

§          B

§          C

§          D

§          E

§          F

§          S/v

§          fino a
600
GG

§          a
601
GG

§          a
900
GG

§          a
901
GG

§          a
1400
GG

§          a
1401
GG

§          a
2100
GG

§          a
2101
GG

§          a
3000
GG

§          oltre
3000
GG

§          <0,2

§          10

§          10

§          15

§          15

§          25

§          25

§          40

§          40

§          55

§          55

§          >0,9

§          45

§          45

§          60

§          60

§          85

§          85

§          110

§          110

§          145

§          145

I valori limite riportati in tabella 1 sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all’articolo 2 del decreto del Presidente ella Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell’edificio S/V, dove:

a)   S, espressa in metri quadri, è la superficie che delimita verso l’esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)   V e il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

Per valori di S/V compresi nell’intervallo 0,2-0,9 e, analogamente, per gradi giorno (GG) intermedi ai limiti delle zone climatiche riportati in tabella si procede mediante interpolazione lineare.

 

La detrazione spetta (in considerazione della disposizione di cui all’articolo 217 che stabilisce, come è consuetudine, l’entrata in vigore della legge a partire dal 1° gennaio 2007) per un anno e vale a dire per le spese documentate e sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 2 stabilisce una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per centro delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro da ripartire in tre quote annuali di pari importo per l’installazione su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari di strutture opache verticali (coperture) strutture opache orizzontali (pavimenti) finestre comprensive di infissi a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico) indicati nella tabella 3 allegata al disegno di legge finanziaria e di seguito riportata.


 

§         Zona climatica

§         Strutture opache verticali

§         Strutture opache orizzontali

§         Finestre comprensive di infissi

§          

§          

§         Pavimenti

§         Copertura

§          

§         A

§         0,72

§         0,42

§         0,74

§         5,0

§         B

§         0,54

§         0,42

§         0,55

§         3,6

§         C

§         0,46

§         0,42

§         0,49

§         3,0

§         D

§         0,40

§         0,35

§         0,41

§         2,8

§         E

§         0,37

§         0,32

§         0,38

§         2,5

§         F

§         0,35

§         0,31

§         0,36

§         2,2

 

 

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 3 stabilisce una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 4 prevede una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di pari importo per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.

Anche in questo caso la detrazione spetta per un anno, vale a dire per le spese documentate sostenute entro il 31 dicembre 2007.

 

Il comma 5 individua le condizioni per fruire delle detrazioni di cui ai commi da 1 a 4 sopra richiamate. In primo luogo, si prevede l’applicazione dei criteri generali individuati per usufruire delle detrazioni d’imposta per la ristrutturazione del patrimonio edilizio dall’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 e dalle relative norme di attuazione previste con il regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41.

 

L’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 stabilisce un regime di detrazioni d’imposta per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio. Il comma 3, oltre a rimettere ad un decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici, la determinazione delle modalità di attuazione e delle procedure di controllo, prevede che in tali procedure siano coinvolte le banche e la società Poste italiane SpA, in funzione del contenimento dell’evasione fiscale e contributiva, ovvero mediante l’intervento delle aziende unità sanitarie locali in funzione dell’osservanza delle norme in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro e sui cantieri, prevedendo, in caso di violazione di tali norme, la decadenza dal diritto alla detrazione. Le detrazioni sono ammesse per edifici censiti all’ufficio del catasto o di cui sia stato richiesto l’accatastamento e di cui risulti pagata l’imposta comunale sugli immobili (ICI) per gli anni a decorrere dal 1997, se dovuta.

 

Tra le ulteriori modalità individuate daI regolamento del Ministro delle finanze 18 febbraio 1998 n. 41, si segnalano gli obblighi, a pena di decadenza del diritto alla detrazione:

di trasmissione prima dell’inizio dei lavori all’Ufficio delle entrate, mediante raccomandata, della comunicazione della data in cui avranno inizio i lavori, unita ai dati catastali dell’immobile e alle ricevute di pagamento dell’ICI relative agli anni a decorrere dal 1997;

di comunicazione preventiva all’azienda sanitaria locale territorialmente competente della data di inizio dei lavori;

di conservazione ed esibizione, su richiesta degli uffici finanziari, delle fatture o ricevute fiscali comprovanti le spese effettivamente sostenute

di trasmissione, per i lavori superiori all’importo di 51.645,69 euro (100 milioni di lire), di una dichiarazione di esecuzione dei lavori sottoscritta da un soggetto iscritto negli albi degli ingegneri, architetti e geometri ovvero da altro soggetto abilitato all’esecuzione degli stessi.

Il regolamento prevede inoltre che le banche presso le quali sono disposti i bonifici trasmettano all’Agenzia delle entrate in via telematica e con le modalità ed entro il termine individuato da un provvedimento dell’Agenzia delle entrate, i dati identificativi del mittente, dei beneficiari della detrazione e dei destinatari dei pagamenti.

 

Il comma 5 stabilisce poi le seguenti ulteriori condizioni per fruire delle detrazioni:

a)      l’asseverazione da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente, della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti.

b)      l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio se prevista dalla regione o dall’ente locale sulla base di quanto previsto dall’articolo 6 del già citato decreto legislativo n. 192 del 2005.

 

L’attestato di certificazione energetica è previsto per tutti gli edifici di nuova costruzione e per quelli sia intervenuta una ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro di edifici esistenti ovvero la demolizione e ricostruzione in manutenzione straordinaria di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati. L’attestato ha una validità temporale di dieci anni.

 

Qualora la certificazione energetica non sia prevista, il contribuente deve acquisire un “attestato di qualificazione energetica” predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria di calcolo o dell’unità immobiliare ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla normativa ovvero, nel caso in cui tali limiti non siano stati fissati, quelli fissati per un identico edificio di nuova costruzione.. L’attestato di qualificazione comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi.

Anche le spese per la detrazione possono rientrare negli importi detraibili ai sensi dei commi da 1 a 4.

 

In proposito, si rileva che, se la disposizione in commento sembra prefigurare una facoltà per le regioni e gli enti locali, di introdurre la previsione della certificazione energetica dell’edificio, in base all’articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005 la certificazione sembra essere obbligatoriamente prevista.

 

Il comma 6 rinvia, per quanto concerne le definizioni dell’articolo in commento, a quelle fornite dal citato del decreto legislativo n. 192 del 2005. L’individuazione delle modalità attuative dell’articolo sono inoltre rinviate ad un decreto del Ministro dell’economia, di concerto con il Ministro dello sviluppo, da emanare entro il 28 febbraio 2007.

 

La relazione tecnica prevede che dalla norma possa derivare una perdita di gettito di 6,5 milioni per il 2007, di 71 milioni per il 2008 e di 44 milioni per il 2009.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265) inteso ad individuare gli ostacoli che si frappongono al miglioramento dell’efficienza energetica nell’Unione europea, e a proporre una serie di azioni da intraprendere a vari livelli (internazionale, comunitario, nazionale, regionale e locale), coinvolgendo anche i settori dell’industria e dei trasporti.

Il Libro verde è volto ad avviare il dibattito sull’obiettivo di ridurre del 20%, entro il 2020, il consumo energetico dell'Unione europea, mantenendo il migliore rapporto possibile tra costi sostenuti ed efficienza conseguita.

Tale obiettivo può essere raggiunto, secondo la Commissione, attraverso un migliore sfruttamento dell'energia grazie a tecnologie che comportano una maggiore efficienza energetica, ma anche sensibilizzando i consumatori ad integrare l'efficienza energetica nei loro comportamenti quotidiani.

La Commissione raccomanda inoltre di agire adottando misure d’intervento, a livello comunitario, in numerosi settori tra i quali l’edilizia. In particolare, la Commissione intende presentare proposte volte al rafforzamento della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell’edilizia,anche attraverso l’estensione del suo campo di applicazione a tutte le ristrutturazioni di edifici[16].

Secondo la Commissione un'altra modifica della direttiva potrebbe risultare necessaria per rendere vincolanti, qualora gli Stati membri non le applicassero su base volontaria, le circa 30 norme tecniche elaborate dalla Commissione al fine di fornire agli stessi Stati membri gli strumenti necessari per lo sviluppo di una metodologia integrata di calcolo della prestazione energetica degli edifici.

 

Il Consiglio ha adottato conclusioni favorevoli sul Libro verde della Commissione nel corso della seduta del 1° dicembre 2005, mentre il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul documento il 1° giugno 2006.

In particolare, il Parlamento europeo sottolinea la necessità di ampliare il campo di applicazione della direttiva 2002/91/CE in modo da comprendere le operazioni importanti di rimodernamento di edifici di ogni dimensione e da fornire un finanziamento adeguato per accelerare il rimodernamento degli edifici dotati del più elevato potenziale di risparmio. Il Parlamento inoltre valuta positivamente l'attenzione riservata alle società di servizi energetici (ESCO - Energy Service Company) nel Libro verde, società in grado di stipulare contratti che prevedono l'esecuzione di opere di trasformazione in edifici esistenti, finalizzate a garantire una percentuale di risparmio sulle spese energetiche. L'importo risparmiato, grazie alla diminuzione delle spese energetiche, sarà utilizzato per saldare il contratto. Sarà possibile quindi ottenere un risparmio energetico permanente senza la necessità di finanziamenti supplementari.

 


Articolo 23
(Misure di sostegno per la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica)

 

1. Gli interventi di realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici, di volumetria complessiva superiore a 10.000 metri cubi, con data di inizio lavori entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, nonché del fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione, hanno diritto a un contributo pari al 55 per cento degli extra costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.

2. Per l'attuazione del comma 1, è costituito un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sono fissate le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo, nonché i valori limite relativi al fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione.

 

 

L'articolo 23 prevede disposizioni volte ad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico.

 

A tal fine il comma 1 prevede il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica.

 

In particolare:

 

§         gli edifici devono avere volumetria complessiva superiore a 10.000 metri cubi;

§         i lavori devono avere inizio entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi;

§         il valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio deve essere inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori riportati nell'allegato C, numero 1), tabella 1[17], annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[18];

§         il fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione deve rientrare nei valori limite definiti da un successivo decreto[19] del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

 

Il contributo previsto dalla norma è pari al 55 per cento degli extra costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.

 

Il comma 2 dispone a tal fine la costituzione di un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Le condizioni e le modalità per l'accesso e l'erogazione dell'incentivo saranno fissate successivamente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, unitamente ai valori limite precedentemente citati.

 

 

In relazione alla materia oggetto del presente articolo si segnala che nel corso del 2005 è stato emanato un importante provvedimento volto ad incentivare il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici: il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 di attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia[20].

Tra le principali disposizioni introdotte dal citato decreto, conformemente alle previsioni della direttiva, vi è l’introduzione (art. 6) di un sistema di certificazione energetica per gli edifici di nuova costruzione nonché per le ristrutturazioni di edifici esistenti di superficie utile superiore a 1.000 m2.

Tale certificazione, in verità, era già prevista dalla legge n. 10/1991, ma non è stata mai attuata per le difficoltà dei Comuni di svolgere un adeguato controllo. Secondo alcuni osservatori, le nuove norme recate dal D.Lgs. n. 192/2005 potrebbero rivelarsi efficaci in quanto “può darsi, anzi è probabile, che i controlli da parte dei Comuni continuino ad essere carenti. Ma entra in scena un nuovo controllore severissimo: l’utente”[21].

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22.

 


Articolo 25
(Interventi sulla fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche)

 

1. Il maggiore gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto sui prezzi di carburanti e combustibili di origine petrolifera, in relazione ad aumenti del prezzo internazionale del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011, è destinato, nel limite di 100 milioni di euro annui, alla costituzione di un apposito fondo da utilizzare a copertura di misure di compensazione a favore di regioni ed enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche di rilevanza nazionale ai sensi di quanto previsto al comma 2 e di interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali.

2. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che, ai fini del presente articolo, abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui al comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.

3. Nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico è istituito il fondo di cui al comma 1 che, per il triennio 2007-2009, ha una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le condizioni, le modalità e i termini per l'utilizzo della dotazione del fondo di cui al comma 1.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

L'articolo in esame contiene disposizioni in materia di fiscalità energetica per finalità sociali e misure per favorire l'insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche.

 

Si segnala che l'articolo in esame riproduce in maniera pressoché identica il contenuto degli articolo 3 e 4 del ddl 691 contenente la delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE.

Tale provvedimento è attualmente all'esame, in sede referente, della X Commissione del Senato[22].

 

In particolare il comma 1 destina ad un apposito fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal DPEF per gli anni 2007-2011.

 

Nella relazione governativa che accompagna il ddl in esame si segnala che il citato Documento di programmazione economica e finanziaria imposta le previsioni di gettito sulla base di un prezzo di 71 dollari del barile di petrolio greggio. Nella citata relazione si segnala, inoltre, come la misura adottata dal presente articolo (implementazione del Fondo costituito presso il Ministero dello sviluppo economico), sia stata fortemente richiesta dai consumatori che lamentano come in un periodo di prezzi dei prodotti petroliferi in crescita, la fiscalità generale tragga  “vantaggio” dalla situazione per effetto dell’incidenza percentuale dell’imposta sul valore aggiunto sulla componente di prezzo costituita dal costo industriale (che ovviamente cresce al crescere de prezzi della materia prima sui mercati internazionali) comprensivo di accisa.

 

Ai sensi del comma 2 con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i ministri dell'economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo previsto dal comma 1 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere socialeda parte dei comuni a favore dei cittadini residenti nei territori interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture energetiche, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.

Tali decreti sono adottati in attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale che abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici.

 

In relazione alla formulazione di questo comma si osserva che l'espressione "nuove infrastrutture ... che ... abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici" appare eccessivamente generica essendo, viceversa, opportuno fornire  indicazioni più precise sulle modalità di individuazione di tali infrastrutture.

 

Si ricorda che la legge 21 dicembre 2001, n. 443[23] (c.d. legge obiettivo) prevede che il Governo individui "le infrastrutture ... di preminente interesse nazionale". Nell'individuare le suddette infrastrutture il Governo procede secondo finalità, tra l'altro, di garanzia della sicurezza strategica e di contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese. L'individuazione è operata nel Documento di programmazione economico-finanziaria, a mezzo di un programma predisposto dal Ministro delle infrastrutture, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate e inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali.

A tal proposito, il primo programma delle infrastrutture strategiche è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121/20016[24]. Nell'allegato4 della deliberazione sono indicate le infrastrutture strategiche nel settore del gas e degli idrocarburi e sono richiamati gli interventi di rilevanza strategica nel settore elettrico previsti nel "Programma triennale di Sviluppo della Rete di Trasmissione Nazionale", deliberato dal GRTN il 24 gennaio 2001.

Si deve aggiungere che la legge obiettivo è stata oggetto della sentenza n. 303 della Corte costituzionale che ne ha dichiarato la legittimità costituzionale, salvo alcune previsioni. In questa sentenza la Corte chiarisce che la Costituzione impone un'intesa tra Stato e regioni nella predisposizione di un programma di infrastrutture che può coinvolgere anche potestà legislative concorrenti. Dopo aver precisato la necessità dell'intesa, la Corte afferma che "non è rilevante se essa preceda l'individuazione delle infrastrutture ovvero sia successiva ad una unilaterale attività del Governo. Se dunque tale attività sia stata già posta in essere, essa non vincola la Regione fin quando l'intesa non venga raggiunta".

 

Potrebbe essere meritevole di approfondimento l’eventuale rapporto fra le infrastrutture di preminente interesse nazionale di cui  alla legge obiettivo e le nuove infrastrutture di cui al presente comma.

 

Il comma 3 precisa che il Fondo di cui al precedente comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Per il triennio 2007-2009 si prevede che esso abbia una dotazione di 50 milioni di euro annui.

La definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge (comma 4).

Il comma 5 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio conseguenti al dettato dei precedenti commi.

 


Articolo 29
(Ristrutturazioni edilizie)

 

1. Sono prorogate per l'anno 2007, per una quota pari al 36 per cento delle spese sostenute, nel limite di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni ivi previste, le agevolazioni tributarie in materia di recupero del patrimonio edilizio relative:

       a) agli interventi di cui all'articolo 2, comma 5, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, per le spese sostenute dal 1o gennaio 2007 al 31 dicembre 2007;

       b) alle prestazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1999, n. 488, fatturate dal 1o gennaio 2007.

2. Le agevolazioni di cui al comma 1 spettano a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.

 

 

L’articolo 29 proroga per il 2007 le agevolazioni fiscali previste in tema di ristrutturazioni edilizie, facendo riferimento all’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 e all’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999.

 

Detrazione d’imposta

L’articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) ha prorogato, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2003 al 30 settembre 2003, la detrazione d’imposta ai fini IRPEF per gli interventi di ristrutturazioni edilizie di cui all’articolo 1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1998), modificandone in parte la disciplina[25].

 

La vigente regolamentazione della materia prevede che gli interventi per i quali è ammessa la detrazione sono quelli indicati ai commi 1 e 1-bis del citato articolo 1 della legge n. 449 del 1997, e quelli volti alla bonifica dall’amianto, realizzati su unità immobiliari residenziali e relative pertinenze.

L’importo massimo delle spese ammesse a fruire della detrazione è stato fissato dalla legge n. 289 del 2002 in 48.000 euro[26], mentre la percentuale delle suddette spese ammesse in detrazione è stata indicata in misura diversa negli anni (36 o 41 per cento) a seconda della possibilità di beneficiare anche dell’agevolazione IVA in misura ridotta (cfr. infra)

La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Se le spese sono state sostenute da soggetti, proprietari o titolari di un diritto reale sull'immobile, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo.

In caso di trasferimento dell’unità immobiliare oggetto degli interventi in questione per atto inter vivos, spettano alla persona fisica acquirente dell’unità immobiliare esclusivamente le detrazioni non utilizzate in tutto o in parte dal venditore. In caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede, purché questo conservi la detenzione materiale e diretta del bene.

 

L’articolo 29, comma 1, lettera a), ribadisce, anche per l’anno 2007, il limite dei 48.000 euro per unità immobiliare, con la determinazione della percentuale ammessa in detrazione nella misura del 36 per cento.

 

IVA ridotta

L’articolo 7, comma 1, lettera b) della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) ha previsto un regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie, stabilendo l’aliquota del 10 per cento, anziché del 20 per cento.

Tale agevolazione, è stata più volte prorogata: da ultimo per gli anni 2004 e 2005, relativamente alle prestazioni fatturate dal 1° gennaio 2004, dal comma 1 dell’articolo 23-bis del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, alla lettera c).

La legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005) non ha potuto concedere ulteriormente tale regime IVA ridotto, in quanto al 31 dicembre 2005 non era stato ancora prorogato il regime comunitario concernente l’IVA ridotta per i servizi ad alta intensità di lavoro. A compensazione la legge finanziaria per il 2006 ha elevato la misura della detrazione al 41 per cento, anziché al 36 per cento previsto per il periodo precedente.

Con la direttiva 2006/18/CE del 14 febbraio 2006, il Consiglio dell’Unione europea ha prorogato tale regime agevolato sino al 31 dicembre 2010.

Conseguentemente l’articolo 35, comma 35-ter, del D.L. n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, ha ripristinato l’IVA ridotta per le prestazioni fatturate dal 1° ottobre al 31 dicembre 2006. Il successivo comma 35-quater ha ridotto dal 41 al 36 per cento la quota di detraibilità, agli effetti dell’IRPEF, delle spese sostenute per il recupero del patrimonio edilizio.

 

L’articolo 29, comma 1, lettera b) in esame conferma, per l’anno 2007, il regime IVA agevolato per le ristrutturazioni edilizie per le richiamate prestazioni fatturate dal 1o gennaio 2007.

 

Il secondo comma dell’articolo 29 specifica che per beneficiare delle agevolazioni precedentemente illustrate, il costo della relativa manodopera deve essere evidenziato in fattura.

Analoga disposizione era prevista all’articolo 35, comma 35-quater del citato D.L. n. 223 del 2006.

 

 


Articolo 116
(Appalti di opere pubbliche mediante servizi finanziari immobiliari ed appalti di servizi mediante locazione finanziaria di beni mobili)

 

1. Per la realizzazione, l'acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità i committenti tenuti all'applicazione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, possono avvalersi anche del contratto di locazione finanziaria.

2. Nei casi di cui al comma 1, il bando, ferme le altre indicazioni previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, determina i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

3. L'offerente può essere anche un'associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale. In caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, l'altro può sostituirlo, con l'assenso del committente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche.

4. L'adempimento degli impegni della stazione appaltante resta in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione ed eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.

5. Al fine di assicurare la massima estensione dei princìpi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali la stazione appaltante considera, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio è assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi.

 

 

L’articolo 116, al comma 1, autorizza i committenti tenuti all’applicazione del Codice dei contratti pubblicidi cui al D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ad utilizzare anche i contratti di locazione finanziaria (cd. leasing) ai fini della realizzazione, acquisizione o completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.

 

Si premette che una disposizione, in parte analoga al comma 1 in esame, era stata introdotta nel cd. ddl competitività "Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale", nel corso dell’iter parlamentare (art. 21 dell’AC 5736-A). Tale ddl non ha, però, concluso il suo iter una volta trasmesso al Senato della Repubblica.

Si ricorda che una particolare categoria di leasing pubblico[27] è rappresentata dal leasing dei beni immobili da costruire (locazione finanziaria in costruendo). In tale fattispecie la P.A. sposta l’onere della realizzazione dell’opera sull’intermediario finanziario. In questa ipotesi l’ente pubblico stipula, con l’impresa di leasing, un contratto avente ad oggetto la cessione in godimento di un immobile ancora da costruire; l’impresa di leasing si assume l’obbligo di finanziare la costruzione dell’immobile, di costruirlo e di consegnarlo all’ente che da parte sua si obbliga ad utilizzarlo per un certo periodo di tempo (dai cinque ai novantanove anni) pagando un canone e con la possibilità di riscattarlo scaduto il termine previsto dal contratto. Il locatario ha in genere l’iniziativa dell’operazione; quindi si procura il terreno adatto alla costruzione dell’immobile oppure lo indica alla società di leasing e spesso predispone il progetto dell’intervento edilizio, si incarica del controllo dei lavori ed espleta le formalità burocratiche necessarie.

In relazione al leasing pubblico occorre sottolineare alcune problematiche, tra le quali quella relativa all’inquadramento dei problemi del leasing pubblico, ovvero del leasing posto in essere da pubbliche amministrazioni o da soggetti comunque tenuti all’applicazione della normativa comunitaria e nazionale sugli appalti pubblici[28]. A lungo si è dibattuto sull’ammissibilità del leasing da parte delle pubbliche amministrazioni che è stata poi superata da una serie di pronunce giurisprudenziali[29] che hanno pienamente legittimato gli enti pubblici a stipulare contratti di leasing finanziario nel rispetto della finalizzazione al perseguimento di scopi istituzionali.

Un’altra problematica è quella dell’inquadramento del contratto di leasing nell’ambito della disciplina degli appalti pubblici intrinsecamente connessa a quella dell’individuazione della disciplina applicabile alle gare ed ai procedimenti di evidenza pubblica. Al riguardo l’Autorità di vigilanza dei lavori pubblici si è pronunciata più volte (deliberazione n. 337 del 4 dicembre 2002 e n. 145 del 23 settembre 2004[30]) ribadendo l’obbligatorietà del ricorso alle procedure previste dalla L. 109/94. In definitiva, ciò che può trarsi dagli interventi sopra citati è che quando l’oggetto del leasing in concreto non è costituito da servizi finanziari bensì da veri e propri lavori pubblici, ovvero qualora lavori dedotti nel rapporto PA-privato non abbiano una valenza meramente strumentale o indiretta o accessoria, ma rappresentino l’interesse concreto che la PA intende conseguire dal rapporto, si impone il rispetto della Merloni: sotto questo profilo concordano l’Autorità di vigilanza e l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato e ben pochi spazi di intervento alternativo residuano.

Si ricorda che l’articolo 3, comma 9, del decreto legislativo n. 163 (conformemente all’articolo 1, comma 3, lett. c) ricomprende la locazione finanziaria tra gli “appalti pubblici di forniture”. Si segnala tuttavia che il concreto inquadramento del contratto tra le varie tipologie di appalto dipende dal suo contenuto. In particolare in dottrina si osserva che talora il leasing si configura come contratto bilaterale tra amministrazione e società di leasing, di prestazione di servizi finanziari; altre volte come appalto misto di forniture, servizi e lavori, rispetto al quale, al fine di individuare la disciplina applicabile, occorrerà usare il criterio della prevalenza economica. In ogni caso, v’è sufficiente concordia sulla definizione del leasing quale contratto di durata avente causa di finanziamento.

 

Le disposizioni in commento sembrano si riferiscono alla locazione finanziaria in costruendo, ma interessano anche l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità.

In relazione ai destinatari della norma indicati come “committenti”, essi dovrebbero essere individuati nelle amministrazioni aggiudicatrici e negli altri soggetti di cui agli artt. 3 e 32 del Codice dei contratti pubblici soggetti al rispetto della disciplina codicistica sugli appalti, nonché nelle “centrali di committenza” introdotte per la prima volta nell’ordinamento italiano dall’art. 33 del Codice stesso.

 

Tale disposizione prevede la facoltà per le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori di istituire centrali di committenza. La “centrale di committenza” è definita all’articolo 3, comma 34, come “l’amministrazione aggiudicatrice che acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori o aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori”.

 

Il comma 2 prevede, quindi, che nel caso si utilizzi la locazione finanziaria, il bando di gara, ferme le altre indicazioni previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, debba determinare i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, le caratteristiche tecniche ed estetiche dell'opera, i costi, i tempi e le garanzie dell'operazione, nonché i parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell'offerta economicamente più vantaggiosa.

 

Si ricorda che gli art. 41 e 42 del decreto nel decreto legislativo n. 163 del 2006, prevedono, nel caso di appalti di forniture o servizi, che le amministrazioni precisino nel bando di gara i requisiti atti a dimostrare la capacità economica e finanziaria e tecnica professionale del concorrente, nonché eventuali altri requisiti che ritengono di richiedere.

 

Il comma 3 prevede che l'offerente possa essere anche un'associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, responsabili, ciascuno, in relazione alla specifica obbligazione assunta, ovvero un contraente generale.

È prevista la possibilità, in caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l'associazione temporanea di imprese, per l'altro di sostituirlo con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche, previo assenso del committente.

 

Si ricorda che per Associazione temporanea tra imprese (A.T.I.) si intende comunemente un’aggregazione temporanea e occasionale tra imprese per lo svolgimento di un’attività, limitatamente al periodo necessario per il suo compimento. Essa infatti nasce dalla convenienza, per due o più imprese che partecipano ad una gara d’appalto, a collaborare tra loro, con lo scopo di garantire al committente l’esecuzione integrale e a regola d’arte dell’opera. La disciplina legislativa delle cd. ATI, più propriamente indicate come raggruppamenti temporanei di concorrenti, è ora contenuta negli artt. 34 e 37 del Codice degli appalti. Le associazioni temporanee vengono solitamente distinte in orizzontali e verticali. Nel primo caso, (associazioni orizzontali) il rapporto di collaborazione viene istituito tra imprese che esercitano attività omogenee e che si riuniscono al fine di suddividere i lavori e così ottenere, grazie al cumulo delle iscrizioni, i requisiti necessari per partecipare alla gara d’appalto. Nel secondo (associazioni verticali), invece, tale omogeneità tra le attività delle associate non esiste, e un’impresa che svolge la categoria di attività principale oggetto della gara assume la posizione di capogruppo e riunisce altre imprese mandanti che svolgano attività corrispondenti a parti dell’opera che il bando definisce come scorporabili. Al riguardo, infatti, l’art. 37, comma 1, del Codice degli appalti fornisce la definizione di entrambe le tipologie per i diversi tipi di appalto, lavori, forniture o servizi.

 

Il comma 4 dispone che l'adempimento degli impegni della stazione appaltante resti in ogni caso condizionato al positivo controllo della realizzazione e dell’ eventuale gestione funzionale dell'opera secondo le modalità previste.

 

Si segnala, in merito, che l’art. 10 del D.Lgs. N. 163 del 2006 prevede che vanga nominato un responsabile delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (il cui nominativo deve essere indicato nel bando di gara) con compiti di controllo per le fasi della progettazione, dell’affidamento e dell’esecuzione previsti dal codice stesso e di vigilanza sulla corretta esecuzione dei contratti.

 

Da ultimo, il comma 5 prevede, al fine di assicurare la massima estensione dei principi comunitari e delle regole di concorrenza negli appalti di servizi o di servizi pubblici locali, che la stazione appaltante consideri, in ogni caso, rispettati i requisiti tecnici prescritti anche ove la disponibilità dei mezzi tecnici necessari ed idonei all'espletamento del servizio è assicurata mediante contratti di locazione finanziaria con soggetti terzi.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Per gli appalti nel settore delle opere pubbliche si rinvia alla scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 41.

 


Articolo 129
(Interventi per la salvaguardia di Venezia)

 

1. Per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 139, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da ripartire secondo le modalità di cui al comma 2 dell'articolo 3 della legge 3 agosto 1998, n. 295.

 

 

L’articolo 129 autorizza la spesa di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia di cui alla legge n. 139/1992 e prevede che tali risorse siano ripartite secondo i criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998.

 

La disposizione recata dall’articolo in esame è identica, nella sostanza, a quella contenuta nell’art. 50, comma 1, lettera b), della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) che in passato aveva provveduto a rifinanziare, per il triennio 1999-2001, la legge 5 febbraio 1992, n. 139, che si proponeva di finanziare una serie di interventi per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna.

Si ricorda, quanto ai criteri dettati dall’art. 3, comma 2, della legge n. 295/1998, che tale disposizione ha autorizzato limiti di impegno destinati alla prosecuzione degli interventi per la salvaguardia di Venezia, senza prevedere (a differenza dei precedenti interventi normativi) una ripartizione delle somme per tipologia di intervento, ma limitandosi a prevedere che la ripartizione debba avvenire “sulla base dello stato di attuazione degli interventi risultante da motivate relazioni da parte dei soggetti attuatori, su proposta del comitato di cui all'articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798 , con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.

L’art. 4 della citata legge n. 798/1984 ha istituito un Comitato (presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e costituito dai ministri indicati, dal presidente della giunta regionale del Veneto, dai sindaci dei comuni di Venezia e Chioggia, o loro delegati; nonché da due rappresentanti dei restanti comuni di cui all'articolo 2, ultimo comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171, designati dai sindaci con voto limitato) cui è demandato l'indirizzo, il coordinamento ed il controllo per l'attuazione degli interventi previsti dalla medesima legge, nonché di esprimere suggerimenti circa una eventuale diversa ripartizione dello stanziamento complessivo autorizzato in relazione a particolari esigenze connesse con l'attuazione dei singoli programmi di intervento.

Lo stesso articolo prevede che il Comitato trasmetta al Parlamento, alla data di presentazione del disegno di legge relativo alle disposizioni per la formazione del bilancio annuale dello Stato, una relazione sullo stato di attuazione degli interventi.

L’ultima relazione (Doc. CXLVII, n. 5[31]) è stata trasmessa alle Camere il 6 ottobre 2005.

In tale documento viene fornito un quadro riepilogativo dei finanziamenti alla data del 31 dicembre 2004 assegnati dallo Stato per la salvaguardia di Venezia (ivi compresi quelli assegnati dal CIPE al “Sistema MO.S.E.” nell’ambito del programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443/2001) che ammontano a 8,5 miliardi di euro.

A tale importo va poi aggiunto il finanziamento di 380 milioni di euro disposto dalla delibera CIPE n. 74 del 29 marzo 2006[32] per la continuazione dei lavori relativi al “progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: Sistema MO.S.E.” a valere sui fondi recati dall’art. 1, comma 78, della legge n. 266/2005.

Lo stanziamento complessivo risulta quindi di circa 8,9 miliardi di euro.

Nella medesima relazione si auspica lo stanziamento di “ulteriori fondi per la legislazione speciale per Venezia” per proseguire “in una visione sistemica e globale dell’opera di salvaguardia”.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 13 dicembre 2005 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[33] per essere venuta meno, in relazione al progetto MOSE, agli obblighi derivanti dall’art. 4, paragrafo 4, della direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici. In particolare la Commissione ha contestato all’Italia di non aver identificato né adottato in riferimento agli impatti conseguenti alla realizzazione del progetto di sistema delle dighe mobili “MOSE”, misure idonee a prevenire l’inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli aventi conseguenze significative alla luce degli obiettivi di conservazione dell’habitat dell’art. 4 della citata direttiva.

 


Articolo 130
(Interventi per Roma-capitale della Repubblica)

 

1. Per la prosecuzione degli interventi per Roma-capitale della Repubblica, di cui alla legge 15 dicembre 1990, n. 396, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

2. Stralciato.

 

 

L’articolo 130 autorizza la spesa di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per la prosecuzione degli interventi per Roma, Capitale della Repubblica di cui alla legge n. 396 del 1990.

La legge n. 396 del 1990 prevede una pluralità di obiettivi per l’assolvimento da parte della città di Roma del suo ruolo di capitale. Per realizzare tali obiettivi con DM 1° marzo 1992 è stato approvato il Programma degli interventi per Roma Capitale approvato (articolato per settori di intervento per ciascuno degli obiettivi previsti dalla legge), successivamente integrato e modificato con una serie di decreti ministeriali, al fine di inserire nuovi interventi, escludere quelli non più rispondenti alle finalità stabilite dal programma ed assegnare nuove risorse finanziari. L’ultimo di tali decreti è il DM 29 settembre 2005[34]. La legge n. 396 ha previsto, all’art. 6, che il Ministro per i problemi delle aree urbane predisponga annualmente, sulla base dei rapporti delle singole autorità vigilanti, una relazione sullo stato di attuazione del programma. L’ultima relazione è stata trasmessa dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti alle Camere il 5 luglio 2002 (Doc. LXXXIV, n. 1[35]). In merito allo stato di attuazione del Programma degli interventi anche la Corte dei conti aveva provveduto ad espletare un’indagine (esercizi 1990-1999) che è stata anch’essa trasmessa alle Camere in data 6 febbraio 2001.

Si ricorda, infine, che nella tabella F della legge finanziaria 2006, per la legge 396 del 1990, all’art. 10, comma 1 (Fondo attuazione interventi per Roma capitale, U.p.b. 3.2.3.20 - capitolo 7657/Infrastrutture) era previsto uno stanziamento pari a 70 milioni di euro per il 2006.

 


Articolo 133
(Contributi erariali)

 

1. A decorrere dall'anno 2007 e fino alla revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali, il contributo previsto dall'articolo 1 della legge 25 novembre 1964, n. 1280, da ultimo rideterminato dall'articolo 9, comma 1, della legge 16 dicembre 1999, n. 494, e confluito nel fondo consolidato di cui all'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, è incrementato di 175 milioni di euro annui.

 

 

L’articolo 133 dispone l’incremento di 175 milioni di euro annui dei contributi assegnati al comune di Roma, ai sensi della legge n. 1280 del 1964, a titolo di concorso dello Stato negli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale.

 

Attualmente, il contributo autorizzato ai sensi della legge n. 1280/1964 come successivamente rideterminato, risulta pari a complessivi 121,4 milioni di euro.

 

L’aumento del contributo è disposto a decorrere dall’anno 2007 fino alla riforma del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali[36].

Si ricorda in proposito che la nota di aggiornamento al DPEF include, tra i provvedimenti collegati alla manovra di finanza pubblica per il 2007 da presentare entro il 15 novembre, un disegno di legge di delega recante norme di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale.

 

Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280 (Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno 1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene quale sede della Capitale.

Tale contributo è stato nel tempo rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19 miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art. 35, comma 17, della legge n. 730/1983 e poi ulteriormente elevato, a decorrere dall'anno finanziario 1986, a 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n. 41/1986. Da ultimo, il contributo è stato elevato di ulteriori 200 miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della legge n. 494 del 1999.

Dal 1999, pertanto, il contributo è pari a 121,4 milioni di euro.

Tale contributo è iscritto nel Fondo consolidato, istituito ai sensi dell'articolo 39, comma 1, del decreto legislativo n. 504/1992 (cap. 1318, UPB 2.1.2.6/Ministero dell’interno), nel quale confluiscono diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi.

 

Va ricordato, inoltre, che per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma. In particolare, l’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, ha incrementato i trasferimenti erariali correnti a favore del comune di Roma di 103,29 milioni di euroa decorrere dal 2002, al fine di adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale.

In conseguenza dell’aumento del livello complessivo dei trasferimenti erariali, il comune di Roma è stato peraltro escluso dalla ripartizione delle risorse aggiuntive di cui beneficiano i cd. “enti sottodotati”, cioè gli enti le cui risorse risultino al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza (tra i quali rientrava il comune di Roma).

 

Si ricorda, infine, che per il triennio 2007-2009, in favore del comune di Roma, è stato altresì autorizzato, ai sensi dell’articolo 130 del disegno di legge finanziaria in esame, il rifinanziamento di 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 della legge n. 396/1990, recante interventi per Roma, capitale della Repubblica.


Articolo 134
(Sistema alta velocità/alta capacità dal 2008 - Apporto al capitale sociale di Ferrovie dello Stato Spa - Interessi intercalari - Rete tradizionale)

 

1. Per la prosecuzione degli interventi relativi al «Sistema alta velocità/alta capacità», è autorizzata la spesa di 900 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1.200 milioni di euro per l'anno 2009.

2. È autorizzata la spesa di euro 400 milioni per l'anno 2007 a titolo di aumento dell'apporto dello Stato al capitale sociale di Ferrovie dello Stato Spa per l'attuazione di un piano di investimento della controllata Trenitalia.

3. Ai fini del rimborso degli interessi e della restituzione delle quote capitale dei mutui accesi in applicazione del decreto-legge 7 dicembre 1993, n. 505, convertito, dalla legge 29 gennaio 1994, n. 78, per il triennio 2007 - 2009, è posto a carico dello Stato, per l'importo annuo di euro 27 milioni, l'onere per il servizio del debito già contratto nei confronti di Infrastrutture Spa, per il periodo dal 1o agosto 2006 al 31 dicembre 2007 in relazione alla realizzazione del «Sistema alta velocità/alta capacità».

4. È autorizzata la spesa complessiva di euro 311 milioni per l'anno 2007, in relazione all'adeguamento dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico sostenuti in attuazione dei contratti di programma di Rete ferroviaria italiana (RFI) e dei contratti di servizio di Trenitalia, stipulati con le regioni ai sensi dell'articolo 52 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti.

5. A copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale è autorizzata l'ulteriore spesa di 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.

 

 

L’articolo 134 reca autorizzazioni di spesa per il settore ferroviario, in particolare in favore del Sistema Alta velocità – Alta capacità (AV/AC), a titolo di aumento dell’apporto al capitale delle Ferrovie dello Stato s.p.a.,  per il rimborso degli interessi e per la restituzione delle quote capitale dei mutui accesi per la realizzazione del Sistema AV/AC, nonché per la rete tradizionale.

 

Il comma 1 prevede uno stanziamento di 900 milioni di euro per l’anno 2008 e di 1200 milioni di euro per l’anno 2009  per la prosecuzione degli interventi relativi al Sistema AV/AC.

 

A tale proposito, si ricorda che l'articolo 75della legge n. 289/2002 (legge finanziaria per il 2003) aveva introdotto disposizioni in materia di finanziamenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità, nel quadro dell’impostazione affermata dai documenti di programmazione economico-finanziaria, secondo la quale occorreva promuovere un sostanziale coinvolgimento del settore privato nella realizzazione e gestione degli investimenti pubblici, e in particolare, di quelli destinati ad interventi infrastrutturali, attraverso varie forme di partenariato pubblico-privato.

In particolare, l’articolo aveva affidato alla società Infrastrutture s.p.a. (ISPA)[37] il compito di finanziare prioritariamente, anche attraverso la costituzione di uno o più patrimoni separati, gli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria destinata al sistema Alta velocità/Alta capacità, anche allo scopo di ridurre la quota a carico dello Stato, reperendo le risorse necessarie mediante ricorso al mercato bancario e al mercato dei capitali, secondo criteri di trasparenza ed economicità. L’equilibrio economico-finanziario della società veniva garantito da una disposizione che prevedeva che in caso di oneri per Infrastrutture S.p.A, non adeguatamente remunerabili utilizzando i soli flussi di cassa previsionali per lo sfruttamento economico del “Sistema AV/AC”, l’equilibrio fosse a carico dallo Stato. A tal fine veniva disposta inoltre la destinazione prioritaria dei crediti e dei proventi derivanti dall’utilizzo del sistema AV/AC al rimborso dei finanziamenti concessi da Infrastrutture s.p.a., escludendo, fino all’estinzione del relativo debito, la possibilità per i creditori diversi da tale società di rivalersi sui crediti e sui proventi in questione.

L’articolo aveva stabilito inoltre la disciplina per garantire il pagamento del debito nei confronti di Infrastrutture s.p.a., nel caso in cui si fossero verificate la decadenza o la revoca della concessione relativa alla gestione dell’infrastruttura ferroviaria (anche solo per la parte relativa alla realizzazione o alla gestione del Sistema AV/AC), ed aveva disposto che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti esercitasse la funzione di vigilanza e di controllo sull’attuazione della concessione.

L'articolo 75, comma 5, aveva poi stabilito che il Gestore dell’infrastruttura ferroviaria (RFI) fosse autorizzato a compensare gli oneri di manutenzione ordinaria dell’infrastruttura anche attraverso l’utilizzazione del Fondo di ristrutturazione, previsto all’articolo 43, comma 5, della legge n. 448/1998, in cui si prevede che il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica autorizza la società Ferrovie dello Stato Spa a costituire, a valere sul proprio netto patrimoniale, un fondo di ristrutturazione di importo pari al valore netto dell'infrastruttura risultante dal bilancio al 31 dicembre 1997.

 

La legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006) ha introdotto diverse disposizioni incidenti sul sistema Alta velocità/Alta capacità. In particolare:

§      i commi da 79 a 83 dell’articolo unico hanno disposto la fusione per incorporazione della società Infrastrutture s.p.a. nella Cassa depositi e prestiti s.p.a., che continua a svolgere, attraverso il patrimonio separato, le attività connesse agli interventi finanziari intrapresi da Infrastrutture Spa ai sensi del richiamato articolo 75 della legge finanziaria per il 2003, fino al 1° gennaio 2006, .

§      Sulla base delle nuove disposizioni, le obbligazioni emesse ed i mutui contratti da Infrastrutture Spa fino al 1° gennaio 2006 sono integralmente garantiti dallo Stato, ferme restando le previsioni del richiamato articolo 75. Al finanziamento degli investimenti per la realizzazione della infrastruttura ferroviaria per il sistema Alta velocità/Alta capacità fino al 1° gennaio 2006, continuano, così, ad applicarsi le disposizioni concernenti Infrastrutture s.p.a., ivi comprese quelle relative al regime fiscale e al patrimonio separato;

§      il comma 84 ha previsto la concessione alla società Ferrovie dello Stato s.p.a. o a società del gruppo di contributi per 15 annidi 85 milioni di euro dall’anno 2006 e di 100 milioni di euro dall’anno 2007per la prosecuzione degli interventi relativi al “Sistema alta velocità/alta capacità”, nonché la concessione alle stesse di ulteriori contributi per 15 anni di 15 milioni di euro, al fine di finanziare le attività preliminari ai lavori di costruzione, nonché le attività e i lavori – da avviare in via anticipata – delle linee AV/AC Milano-Genova e Milano–Verona, incluso il nodo di Verona.

 

Il comma 2 reca l’autorizzazione di spesa di 400 milioni di euro per l’anno 2007 a titolo di aumento dell’apporto dello Stato al capitale sociale di Ferrovie dello Stato s.p.a. (FS s.p.a.) per l’attuazione di un piano di investimenti della società Trenitalia s.p.a..

 

Relativamente all’assetto del gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a ., si ricorda che, a seguito del processo di “divisionalizzazione” della società Ferrovie dello Stato[38], è stato avviato un processo di separazione societaria conclusosi con la costituzione, il 1° giugno 2000, di una società che svolge l’attività di trasporto (ITF Spa, attualmente Trenitalia s.p.a.), e il 1° luglio 2001, di una società per la gestione dell’infrastruttura (RFI - Rete Ferroviaria Italiana Spa) [39] , mentre FS s.p.a. ha assunto il ruolo di società holding.

Per quanto concerne gli strumenti che regolano i rapporti tra Ferrovie dello Stato s.p.a.. e lo Stato, l'articolo 4, comma 4, della legge n. 538/1993 (legge finanziaria per il 1994) ha disposto che il contratto di programma regoli, in particolare, gli oneri di gestione dell’infrastruttura posti a carico dello Stato e gli investimenti per lo sviluppo ed il mantenimento in efficienza della rete, mentre il contratto di servizio pubblico disciplini essenzialmente gli obblighi di servizio pubblico posti a carico della società medesima.

L’articolo 14 del decreto legislativo n. 188/2003[40]  che ha recepito il primo pacchetto ferroviario europeo, confermando in larga parte quanto già previsto dalla normativa previgente[41], ha stabilito che i rapporti tra Stato e gestore dell’infrastruttura sono disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma , quest’ultimo stipulato per un periodo minimo di tre anni, nel rispetto dei princìpi di indipendenza patrimoniale, gestionale e contabile dallo Stato, di economicità in relazione alla qualità del servizio prestato e di programmazione delle attività, degli investimenti e dei finanziamenti, e volto alla realizzazione dell'equilibrio finanziario e degli obiettivi tecnici e commerciali, indicando i mezzi per farvi fronte. Nel contratto di programma è disciplinata, nei limiti delle risorse annualmente iscritte nel bilancio dello Stato, la concessione di finanziamenti per far fronte a nuovi investimenti, alla manutenzione ed al rinnovo dell'infrastruttura ferroviaria, allo sviluppo dell'infrastruttura stessa e al rispetto dei livelli di sicurezza. Sono inoltre previsti indennizzi da corrispondersi al gestore nel caso di perdite finanziarie per assegnazione di capacità da utilizzarsi per servizi nell'interesse della collettività definiti dal regolamento CEE n. 1191/69 , ovvero conseguenti all’assegnazione di capacità di infrastruttura ferroviaria specificamente finalizzata a favorire lo sviluppo dei trasporti ferroviari delle merci. Ulteriori incentivi possono essere previsti per ridurre i costi di fornitura dell'infrastruttura e l'entità dei diritti di accesso, ferma restando la necessità di garantire il conseguimento di elevati livelli di sicurezza, l'effettuazione delle operazioni di manutenzione, nonché il miglioramento della qualità dell'infrastruttura e dei servizi ad essa connessi.

A seguito della costituzione di RFI s.p.a. (vedi supra), quest’ultima è divenuta destinataria esclusiva dell’atto di concessione e destinataria finale del contratto di programma, secondo quanto previsto dall’articolo 4 del contratto di programma 2001-2005. Tale ultima disposizione prevede altresì che a decorrere dal completamento della ristrutturazione societaria (e dunque dal 1° luglio 2001, data di costituzione della società di gestione dell’infrastruttura) il Ministero del tesoro (ora dell’economia e delle finanze) non detiene partecipazioni azionarie dirette nel soggetto societario gestore dell’infrastruttura (RFI Spa), ma solo nella società holding (FS Spa), che a sua volta ha il controllo del gestore dell’infrastruttura. Gli obblighi di finanziamento assunti dallo Stato in virtù del contratto di programma sono adempiuti mediante aumento del capitale sociale di FS Spa, che provvede poi a trasferire detti finanziamenti (sempre sotto forma di aumenti di capitale), alla società di gestione dell’infrastruttura.

 

Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, gli intervento di cui ai commi 1 e 2 sono finanziati dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.

Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.

 

Il comma 3 pone a carico dello Stato – per un importo annuo di 27 milioni di euro per il triennio 2007-2009 – l’onere del debito contratto con la società Infrastrutture s.p.a. per il periodo dal 1° agosto 2006 al 31 dicembre 2007 con riferimento alla realizzazione del Sistema Alta velocità/ Alta capacità (AV/AC).

L’assunzione dell’onere è finalizzata al rimborso degli interessi e alla restituzione delle quote capitale dei mutui accesi ai sensi del DL n. 505/1993[42].

La relazione tecnica allegata al provvedimento in esame precisa che, tra le diverse problematiche affrontate dall’articolo in esame, figura quella del “pagamento del servizio del debito – da corrispondere a Cassa depositi e prestiti, subentrata ad Infrastrutture s.p.a. – già contratto per il finanziamento della rete AC/AV (asse Torino-Milano_Napoli), nonché dei mutui accesi in applicazione della legge n. 78 del 1994”.

 

Il comma 2 dell’articolo 1 del DL n. 505/1993 aveva autorizzato il Ministero del tesoro a garantire l'I.R.I. s.p.a. e l'ENI s.p.a. per le fideiussioni rilasciate o da rilasciare a favore della TAV Treno Alta Velocità s.p.a. per il puntuale e corretto adempimento da parte dei consorzi, dei quali facessero parte anche aziende controllate dall'I.R.I. e dall'ENI affidatari degli interventi relativi al sistema «Alta Velocità», di tutte le obbligazioni a loro carico secondo le previsioni delle relative convenzioni ed atti integrativi. La garanzia sarebbe cessata  - ai sensi della disposizione - a seguito del collaudo finale delle opere realizzate in base a dette convenzioni ed atti integrativi. Il Ministero del tesoro avrebbe inoltre garantito l'adempimento degli obblighi derivanti alle Ferrovie dello Stato S.p.a. ovvero alle società derivanti dalla sua scissione nei confronti della TAV S.p.a. in relazione alla concessione, realizzazione e gestione del sistema Alta Velocità.

Ai sensi dell’articolo 2 del decreto legge, l'articolo 2, comma primo, lettera m), della legge 17 maggio 1985, n. 210 (secondo cui le Ferrovie dello Stato provvede a reperire mezzi finanziari, per le necessità dell'impresa, mediante la contrazione di mutui o l'assunzione di obbligazioni sul mercato nazionale o estero, previa autorizzazione del Ministro dei trasporti, di concerto con quello del tesoro e con garanzia dello Stato), si intende applicabile per i mutui ed i prestiti obbligazionari per operazioni di locazione finanziaria, nonché per i prestiti destinati alla ristrutturazione dei finanziamenti in essere, contratti dalla «Ferrovie dello Stato S.p.a.», a condizione che gli oneri delle relative operazioni siano a carico dell'erario sulla base delle leggi vigenti.

 

Il comma 4 reca l’autorizzazione di spesa di 311 milioni di euro per l’anno 2007  al fine dell’adeguamento dei corrispettivi per gli oneri di servizio pubblico, ivi compreso il recupero del tasso di inflazione programmata degli anni precedenti, sostenuti in base a:

§      contratti di programma con Rete ferroviaria italiane (RFI);

§      contratti di servizio di Trenitalia  stipulati con le Regioni ai sensi dell’art. 52 della legge n. 388/2000[43].

 

Il citato articolo 52 relativo al trasferimento di funzioni statali alle regioni e agli enti locali ai sensi dei decreti legislativi attuativi della legge delega 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. “legge Bassanini”) prevedeva che, nell'àmbito del fondo per il federalismo amministrativo, una quota di lire 80 miliardi fosse destinata al finanziamento dei contratti di servizio per il trasporto pubblico locale stipulati dalle singole regioni a statuto ordinario con la società Ferrovie dello Stato Spa, a decorrere dal 1° gennaio 2001, in sostituzione del contratto già vigente a livello nazionale, per fare fronte ai maggiori servizi regionali erogati, rispetto agli esercizi precedenti, in conseguenza dell'entrata in esercizio di nuove linee e degli accordi tra lo Stato e le regioni raggiunti in conferenze di servizi per l'alta capacità.

 

Il comma 5 reca un’autorizzazione di spesa di 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 a copertura degli investimenti relativi alla rete tradizionale dell’infrastruttura.

 

Si rileva peraltro che, ai sensi dell’articolo 84, questo intervento è finanziato per l’intero importo del 2007 e per un importo di 1,2 miliardi di euro nel 2008, dalle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.

Si segnala che queste risorse possono essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall’Italia in sede europea.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 24 maggio 2006 la Commissione ha presentato una proposta modificata di regolamento che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia e che modifica il regolamento (CE) n. 2236/95 del Consiglio (COM(2006)245).

Tra i progetti prioritari nel settore dei trasporti rientra il progetto n. 1 («Asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Napoli-Messina-Palermo»).

La proposta, che modifica la proposta iniziale della Commissione del luglio 2004, fissa le risorse di bilancio per la concessione di aiuti ai progetti di interesse comune nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e dell’energia per il periodo 2007-2013, tenendo conto del quadro finanziario per tale periodo, come definito dall’accordo interistituzionale del 17 maggio 2006.

La proposta modificata tiene conto in gran parte degli emendamenti approvati in prima lettura dal Parlamento europeo, il 26 ottobre 2005, nell’ambito della procedura di codecisione.

 

Le risorse previste dalla proposta per il settore dei trasporti ammontano complessivamente a 8013 milioni di euro (contro i 20.350 della proposta iniziale)[44] per il periodo 2007-2013.

In base alla proposta il contributo finanziario della Comunità non dovrebbe superare le percentuali di seguito indicate:

a)       per quanto riguarda gli studi, il 50% del costo ammissibile, a prescindere dal tipo di progetto d’interesse comune di cui si tratta;

b)       per quanto riguarda i lavori:

§      per i progetti prioritari nel settore dei trasporti:

-       al massimo il 20% del costo ammissibile;

-       al massimo il 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere di questi progetti e per i progetti prioritari riguardanti le vie navigabili, a patto che siano avviati entro il 2010 e che gli Stati membri interessati abbiano presentato alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto.

 

 


Articolo 135
(Finanziamento delle opere di preminente interesse nazionale)

 

1. Per la prosecuzione degli interventi di realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, è autorizzata la concessione di contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, di cui 5 milioni a decorrere dall'anno 2007 per le esigenze infrastrutturali delle capitanerie di porto.

2. Per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 è altresì autorizzato un contributo di 3 milioni di euro per consentire lo sviluppo del programma di potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture del Corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera.

 

 

L’articolo 135, comma 1, provvede al rifinanziamento del Programma infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, autorizzando la concessione di contributi quindicennali di 100 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

Viene inoltre previsto che dei 100 milioni decorrenti dal 2007, 5 milioni di euro siano destinati alle esigenze infrastrutturali delle capitanerie di porto.

Si ricorda che l’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 (cd. legge obiettivo) prevede che “il Governo indica nel disegno di legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-ter), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili, senza diminuzione delle risorse già destinate ad opere concordate con le regioni e le province autonome e non ricomprese nel programma”.

Si rammenta, altresì, che le somme iscritte nel bilancio dello Stato per il finanziamento di tale programma, che accolgono le risorse stanziate dall’art. 13 della legge n. 166/2002, come successivamente rifinanziate, sono collocate nel cap. 7060 all’interno dello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture. Per il 2007 tale capitolo reca uno stanziamento di competenza di 956,64 milioni di euro (U.p.b. 1.2.10.2, capitolo 7060 esposto in tab. F).

Lo stato di attuazione del Programma infrastrutture strategiche (PIS)

Nel 2° rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici redatto dal Servizio studi dal titolo Le infrastrutture strategiche in Italia: l’attuazione della “legge obiettivo” del luglio 2005 si indica in 235 il numero delle opere incluse nel PIS, (contro le 117 indicate nel 1° Programma delle infrastrutture recato dalla delibera CIPE n. 121/2001) a cui corrisponde una valutazione dei costi (o del valore complessivo) delle opere stesse pari a 264 miliardi di euro.

Si ricorda, altresì, che l’intero universo di riferimento del Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è attualmente costituito dalla delibera CIPE n. 130 del 6 aprile 2006[45], che ha provveduto ad aggiornare la delibera CIPE n. 121/2001. Nell’allegato 1 di tale delibera viene indicato un costo complessivo delle opere incluse del PIS pari a 173,4 miliardi di euro, quindi decisamente inferiore alla stima fornita nel citato Rapporto del Servizio studi. Di tale somma, resterebbero da finanziare (risorse da reperire) 58,5 miliardi di euro.

Si ricorda, inoltre, che nel recente documento allegato al DPEF 2007-2011 relativo al PIS, il Governo ha provveduto ad individuare le opere prioritarie all’interno del Programma, calcolando altresì il fabbisogno finanziario residuo per il loro completamento in 23,7 miliardi di euro.

Si fa notare che il finanziamento quindicennale disposto dal comma in esame corrisponde, in termini di volume attivabile, a circa 3,3 miliardi di euro[46], pari circa al 14% delle risorse indicate nel citato allegato al DPEF 2007-2001 per il completamento delle sole opere prioritarie.

 

Il comma 2 autorizza un contributo annuale di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per consentire lo sviluppo del programma di potenziamento ed adeguamento delle infrastrutture del Corpo delle capitanerie di porto - guardia costiera.

 

Il Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per  fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della sua opera, fra cui il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti che dal 1994 svolge le funzioni collegate all'uso del mare per le attività connesse con la navigazione commerciale e da diporto, precedentemente svolte dal Ministero della marina mercantile.

Le principali linee di attività del Corpo sono:

§      sicurezza della navigazione, con controlli ispettivi sistematici su tutto il naviglio nazionale mercantile, da pesca e da diporto e, attraverso l’attività di Port State Control, anche sul naviglio mercantile estero che scala nei porti nazionali;

§      ricerca e soccorso in mare;

§      protezione dell’ambiente marino, in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;

§      controllo sulla pesca marittima, in rapporto di dipendenza funzionale con il Ministero per le politiche agricole e forestali;

§      amministrazione periferica delle funzioni statali in materia di formazione del personale marittimo, di iscrizione del naviglio mercantile e da pesca, di diporto nautico, di contenzioso per i reati marittimi depenalizzati;

§      polizia marittima (cioè polizia tecnico-amministrativa marittima), comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.

Ulteriori funzioni sono svolte in rapporto di dipendenza funzionale dal Ministero della difesa (arruolamento personale militare), dal Ministero dei beni culturali e ambientali (archeologia subacquea), dal Ministero dell’interno (controlli in materia di immigrazione), dal Ministero di grazia e giustizia e dal Dipartimento della protezione civile.

 

Il potenziamento infrastrutturale delle capitanerie di porto è stato dapprima oggetto dell’articolo 39 della legge 979/1982[47] che ha previsto l’emanazione, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, di un decreto del Ministro della marina mercantile, di concerto con i Ministri dei lavori pubblici e del tesoro, con il quale approvare il programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle Capitanerie di porto e degli altri uffici periferici della marina mercantile al fine di adeguarli ai nuovi compiti previsti dalla legge nonché alle nuove dotazioni di personale.

La legge 34/1991[48] ha autorizzato, per il triennio 1991-1993, la spesa di lire 120 miliardi in ragione di lire 20 miliardi per il 1991, lire 40 miliardi per il 1992 e lire 60 miliardi per il 1993 per la realizzazione del programma quadriennale di potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle capitanerie di porto e degli altri uffici periferici del Ministero della marina mercantile,  di cui all'articolo 39 della legge n. 979/1972.

Successivamente l’articolo 30, comma 2 del cosiddetto “collegato infrastrutture”[49] ha previsto la predisposizione da parte del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze, di un programma pluriennale straordinario di interventi per il triennio 2002-2004, al fine di realizzare infrastrutture ed impianti necessari allo sviluppo e all'ammodernamento delle strutture di vari corpi dello stato tra cui il Corpo delle capitanerie di porto. Per l'attuazione del programma la legge ha autorizzato limiti di impegno quindicennali di 5.000.000 di euro per l'anno 2002, 10.000.000 di euro per l'anno 2003 e 15.000.000 di euro per l'anno 2004 dando la possibilità all'amministrazione di assumere impegni pluriennali, corrispondenti alla durata dei finanziamenti.


Articolo 140
(Interventi urgenti nel settore dei sistemi
di trasporto rapido di massa)

 

1. I fondi di cui alla legge 26 febbraio 1992, n. 211, e successive modificazioni, destinati al cofinanziamento delle opere di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e successive modificazioni, possono essere utilizzati per il finanziamento parziale dell'opera intera, con le stesse modalità contabili e di rendicontazione previste per i fondi stanziati ai sensi della suddetta legge n. 443 del 2001. Per il completamento degli interventi infrastrutturali di cui al presente articolo è autorizzato un contributo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

 

 

L’articolo 140 reca disposizioni urgenti relative al sistema di trasporto rapido di massa. In particolare:

§      il primo periodo dell’articolo – che consta di un unico comma - è teso a semplificare le procedure per interventi infrastrutturali volti alla realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa, finanziati sulla base sia della legge n. 211/1992[50] sia della legge n. 443/2001[51] (c.d. “legge obiettivo”). Si prevede, così, che ai fondi di cui alla legge n. 211/1992 destinati a cofinanziare le opere di cui alla legge n. 443/2001 si applichi la procedura contabile e di rendicontazione prevista per i fondi stanziati ai sensi della legge n. 443/2001.

§      il secondo periodo prevede un stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 per il completamento degli interventi infrastrutturali suddetti.

 

Si fa presente che non appare chiaro quali siano le modalità contabili e di rendicontazione dei fondi stanziati ai sensi della legge n. 443 del 2001, atteso che né tale legge né il decreto legislativo attuativo (D.Lgs. 190/2002) forniscono alcuna indicazione in merito.

 

La legge n. 211/1992 ha disposto interventi finalizzati allo sviluppo deltrasporto pubblico nelle aree urbane e a favorire l'installazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria e di tramvie, a contenuto tecnologico innovativo, volti al miglioramento della mobilità e delle condizioni ambientali. I piani di intervento - corredati da analisi comparative costi-benefìci - sono predisposti dagli enti locali interessati tenuti a definire, ove necessario, accordi di programma con le amministrazioni ed i soggetti interessati. Tali piani devono contenere interventi, anche ricadenti nell'ambito di programmi già in corso di esecuzione, per la realizzazione, l'ammodernamento e l'ampliamento di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata in sede propria anche ad automazione integrale, ivi compresi i connessi sistemi attrezzati di interscambio nonché l'acquisizione del relativo materiale rotabile.

In base all’articolo 9, sui mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti e con istituti di credito nazionali ed esteri da parte degli enti locali ammessi al finanziamento, sono previsti contributi da parte dello Stato in misura non superiore al 10 per cento dell'investimento e per la durata massima di trenta anni. I programmi di intervento predisposti dagli enti locali sono sottoposti all’approvazione del CIPE, al quale spetta altresì il compito di individuare le eventuali fonti di finanziamento a carico dello Stato nonché di individuare le quote da destinare annualmente ai singoli interventi. Entro 270 giorni da tale approvazione, i soggetti interessati trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la progettazione definitiva. Una disposizione inserita nella legge dall’articolo 32 della legge n. 166 del 2002 (c.d. “collegato infrastrutture”) ha previsto la presentazione di un programma temporale delle scadenze relative agli adempimenti successivi del soggetto beneficiario fino alla consegna dei lavori, da presentarsi contestualmente alla trasmissione della progettazione definitiva, per consentire il monitoraggio da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sull'esito degli investimenti finanziati; il conseguimento degli obiettivi di programma costituirà elemento di valutazione nella destinazione di ulteriori contributi per nuovi progetti.

Il sistema di finanziamento si basa quindi sul meccanismo del cofinanziamento, in quanto una parte delle risorse necessarie alla costruzione dell’opera viene erogata dallo Stato e una parte dagli enti locali interessati (comuni e aree metropolitane).

L’articolo 10 della legge ha invece disposto il rifinanziamento degli interventi di cui all’articolo 8 della legge 15 dicembre 1990, n. 385 "Disposizioni in materia di trasporti", nonché interventi diretti alla realizzazione di sistemi ferroviari passanti e di collegamenti, tramite metropolitane leggere, con aree aeroportuali, espositive e universitarie.

Per la realizzazione e l'ammodernamento di collegamenti tra aeroporti e rete esistente, per la realizzazione di reti su guida vincolata nonché per innovazioni tecnologiche volte alla riduzione del personale, l'articolo 8 della legge n. 385/1990 ha autorizzato l'Ente Ferrovie dello Stato (ora Ferrovie dello Stato Spa) e le ferrovie in concessione e gestione governativa ad accendere mutui garantiti dallo Stato. E' stata prevista la concessione di contributi in misura pari agli oneri per capitale ed interessi derivanti dall'ammortamento dei mutui. Al riguardo, l'articolo 10 della legge n. 211/1992 ha autorizzato gli enti interessati a contrarre mutui decennali, garantiti dallo Stato e assistiti da un contributo pari agli oneri per capitale ed interessi.

 

Il nuovo quadro normativo delineato dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 e dal relativo provvedimento di attuazione costituito dal decreto legislativo 1° agosto 2002, n. 190 (come successivamente integrato e modificato dai decreti legislativi n. 9/2005 e n. 189/2005) si propone di definire una disciplina speciale per la programmazione, il finanziamento e la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale.

Le principali finalità perseguite dalla disciplina speciale delle opere strategiche sono:

§      la programmazione annuale degli interventi;

§      l’accelerazione delle procedure amministrative;

§      l’incentivazione dell’afflusso di capitali privati.

Il nuovo regime normativo introdotto poggia su una programmazione annuale, affidata al Governo (ma, comunque, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni) delle cd. infrastrutture strategiche da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.

L’art. 1 della legge n. 443 del 2001 prevede, infatti, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti. Pertanto, lo stesso Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF.

Dal punto di vista delle procedure amministrative, le maggiori novità sono state introdotte dall’art. 3 del D.Lgs. n. 190 del 2002 (riprodotto dall’art. 165 del cd. codice appalti) che, in conformità alle previsioni della legge delega, ha provveduto allo snellimento e all’accelerazione delle procedure di autorizzazione che precedono la realizzazione di un'opera (iter di progettazione, localizzazione e valutazione d’impatto ambientale).

Rispetto all’ordinario iter autorizzatorio previsto dalla legge quadro sui lavori pubblici n. 109 del 1994 (riscritta dal codice appalti), la normativa speciale per le cd. grandi opere prevede - tra l’altro - che sia anticipato alla fase della progettazione preliminare (anziché a quella della progettazione definitiva) il rilascio dei provvedimenti di valutazione di impatto ambientale (VIA), di intesa Stato-Regioni sulla localizzazione dell’opera e l'individuazione di un esatto limite di spesa, comprensivo, eventualmente, delle misure compensative dell'impatto territoriale a favore delle comunità locali. Vengono previsti, inoltre, tempi massimi per le varie fasi della progettazione (la cui approvazione viene affidata al CIPE, che svolge un ruolo centrale nell’ambito delle procedure previste per le opere strategiche) e modificata la disciplina della conferenza di servizi (cfr. artt. 165-168 del codice appalti).

L’art. 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che all’interno del DPEF sia inserito annualmente il programma delle opere strategiche con l’indicazione degli stanziamenti necessari per la loro realizzazione e che, successivamente, il Governo indichi nel disegno di legge finanziaria “le risorse necessarie, che si aggiungono ai finanziamenti pubblici, comunitari e privati allo scopo disponibili”.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE - in particolare i paragrafi concernenti i veicoli puliti e l’ambiente urbano - relativa all’articolo 160.

 

 


Articolo 141
(Strade di rilievo nazionale ed autostrade)

 

1. Nelle more dell'organico recepimento nell'ordinamento delle disposizioni di cui alla direttiva 2006/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2006, che modifica la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro delle infrastrutture di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le tratte della rete stradale di rilievo nazionale e autostradale nelle quali sono attuate le disposizioni recate dalla citata direttiva 2006/38/CE.

 

 

L’articolo 141 prevede che, in attesa del recepimento della direttiva 2006/38/CE del 17 maggio 2006 (il cui termine è fissato dall’articolo 2 della direttiva per il 10 giugno 2008), che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture, vengano individuate le tratte della rete stradale di rilievo nazionale e autostradale nelle quali attuare il nuovo sistema di tariffazione previsto dalla citata direttiva. A tale scopo la norma rinvia ad apposito DPCM da adottare su proposta del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Si ricorda che obiettivo della direttiva 2006/38/CE, che ha provveduto a modificare la direttiva 1999/62/CE, è l'armonizzazione delle condizioni applicabili ai pedaggi e diritti d'utenza connessi all'utilizzo delle infrastrutture stradali. La direttiva compare tra quelle dell’allegato B del disegno di legge comunitaria 2006, approvata dalla Camera ed attualmente all’esame del Senato (AS 1014).

La direttiva 2006/38/CE, modificando l’art. 7 della precedente direttiva 1999/62/CE, prevede che gli Stati membri possono conservare o introdurre pedaggi e/o diritti di utenza sulla rete stradale transeuropea o su parte di essa solo alle condizioni specificate nella stessa direttiva, lasciando nel contempo impregiudicato il diritto degli Stati membri, nel rispetto del Trattato, di applicare pedaggi e/o diritti di utenza a strade che non fanno parte della rete stradale transeuropea e anche a strade parallele sulle quali possa essere deviato il traffico dalla rete stradale transeuropea (a condizione che l'imposizione di pedaggi e/o diritti di utenza su tali strade non risulti discriminatoria nei confronti del traffico internazionale e non provochi distorsioni della concorrenza tra operatori). La direttiva afferma l’opportunità della differenziazione dei pedaggi da parte degli Stati membri, secondo la categoria di emissioni dell'autoveicolo (classificazione EURO) e il grado dei danni provocati alle strade, il luogo, l'orario e il livello di congestione. I proventi dei pedaggi o dei diritti d'utenza dovrebbero essere utilizzati per la manutenzione delle infrastrutture interessate e per il settore dei trasporti nel suo insieme, ai fini dello sviluppo equilibrato e sostenibile delle reti di trasporto.

Ai sensi del nuovo l’articolo 7bis della direttiva 1999/62/CE, per garantire un'applicazione coerente e armonizzata del sistema di tariffazione delle infrastrutture, i nuovi sistemi di pedaggio devono calcolare i costi sulla base della serie di principi fondamentali di cui all'allegato II, o collocarsi su livelli non superiori a quelli che risulterebbero dall'applicazione di siffatti principi. Tali requisiti non si applicano a sistemi esistenti alla data del 10 giugno 2008 a meno che questi non siano modificati in maniera sostanziale in futuro. Per garantire la trasparenza senza creare ostacoli al funzionamento dell'economia di mercato nonché ai partenariati pubblici-privati, gli Stati membri comunicano alla Commissione, per consentirle di formulare un parere, i valori unitari e gli altri parametri che prevedono di applicare per il calcolo dei vari elementi del costo dei pedaggi oppure, nel caso di contratti in concessione, il contratto pertinente e lo scenario di base. Ai sensi del nuovo articolo 8 bis, due o più Stati membri possono cooperare ai fini dell'introduzione di un sistema comune di diritti d'utenza applicabile all'insieme dei loro territori. Tali Stati membri associano strettamente la Commissione alla preparazione di detto sistema, nonché al suo successivo funzionamento e alle sue eventuali modifiche.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 13 dicembre 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato per aver recepito in modo non corretto la direttiva 1999/62/CE, relativa alla tassazione di autoveicoli adibiti al trasporto merci su strada (c.d. eurovignette)[52].

 


Articolo 142
(Finanziamento ANAS Spa)

 

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente articolo ANAS Spa predispone un nuovo piano economico-finanziario, riferito all'intera durata della sua concessione, nonché l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione ovvero di integrazione e manutenzione di quelle esistenti, che costituisce parte integrante del piano. Il piano è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; con analogo decreto è approvato l'aggiornamento del piano e dell'elenco delle opere che ANAS Spa predispone ogni cinque anni. In occasione di tali approvazioni è altresì sottoscritta una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiscono parte integrante, avente valore ricognitivo per tutto quanto non deriva dal nuovo piano ovvero dai suoi aggiornamenti.

2. Ferma l'attuale durata della concessione di ANAS Spa fino alla data di perfezionamento della convenzione unica ai sensi del comma 1 del presente articolo, all'articolo 7, comma 3, lettera d), del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2003, n. 178, le parole: «trenta anni» sono sostituite dalle seguenti: «cinquanta anni». In occasione del perfezionamento della convenzione unica, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può adeguare la durata della concessione di ANAS Spa.

3. A decorrere dal 1o gennaio 2007 la misura del canone annuo di cui all'articolo 10, comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è fissata nel due per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari. Il cinquanta per cento del predetto canone è corrisposto direttamente ad ANAS Spa che provvede a darne distinta evidenza nel piano economico-finanziario di cui al comma 1 e che lo destina alle sue attività di vigilanza e controllo sui predetti concessionari secondo direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, volte anche al conseguimento della loro maggiore efficienza ed efficacia. Il residuo cinquanta per cento è corrisposto al Ministero delle infrastrutture ed affluisce direttamente ad un'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione di tale Ministero, che le destina all'incremento dell'efficienza e dell'efficacia delle sue funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica ed operativa nei riguardi di ANAS Spa, nonché dei concessionari autostradali, anche attraverso misure organizzative analoghe a quelle previste dall'articolo 163, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; all'alinea del medesimo comma 3 dell'articolo 163, le parole: «ove non vi siano specifiche professionalità interne» sono soppresse. Le convenzioni accessive alle concessioni in essere tra ANAS Spa ed i suoi concessionari sono corrispondentemente modificate al fine di assicurare l'attuazione delle disposizioni del presente comma.

4. Il sovrapprezzo tariffario autostradale previsto, in particolare, dagli articoli 15 della legge 12 agosto 1982, n. 531, e successive modificazioni, e 11 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, e successive modificazioni, è soppresso. A decorrere dal 1o gennaio 2007 è istituito, sulle tariffe di pedaggio di tutte le autostrade un sovrapprezzo il cui importo è pari: a) per le classi di pedaggio A e B, a 2 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2007, a 2,5 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2008 e a 3 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2009; b) per le classi di pedaggio 3, 4 e 5, a 6 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2007, a 7,5 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2008 e a 9 millesimi di euro a chilometro dal 1o gennaio 2009. I conseguenti introiti sono dovuti ad ANAS Spa, quale corrispettivo forfetario delle sue prestazioni volte ad assicurare l'adduzione del traffico alle tratte autostradali in concessione, attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, l'adeguamento e il miglioramento delle strade ed autostrade non a pedaggio in gestione alla stessa ANAS Spa. Con decreto del Ministro delle infrastrutture, su proposta di ANAS Spa, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma, ivi incluse quelle relative al versamento del sovrapprezzo, nonché quelle di utilizzazione degli introiti derivanti dal presente comma. Conseguentemente alle maggiori entrate sono ridotti i pagamenti dovuti ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di servizio.

5. Al fine di assicurare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono impartite ad ANAS Spa, anche in deroga all'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2003, n. 178, come da ultimo modificato dal presente articolo, direttive per realizzare, anche attraverso la costituzione di apposita società, le cui azioni sono assegnate al Ministero dell'economia e delle finanze, che esercita i diritti dell'azionista di intesa con il Ministero delle infrastrutture, l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle sue attività volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, nonché al concorso nella realizzazione dei compiti di cui all'articolo 6-ter, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Le direttive sono impartite altresì per assicurare le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento delle partecipazioni già possedute da ANAS Spa in società concessionarie autostradali. Presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito un nuovo capitolo di bilancio nel quale affluiscono, in caso di costituzione della predetta società, quota parte dei contributi statali già attribuiti ad ANAS Spa per essere conseguentemente destinati a remunerare, sulla base di un contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, le attività della medesima società.

6. All'articolo 7, comma 5-bis, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, e successive modificazioni, al primo periodo le parole: «, in conformità» fino a: «da essa costituite» sono sostituite dalle seguente: «svolge» ed il secondo periodo è soppresso. Nell'articolo 6-ter del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, i commi 4 e 5 sono abrogati.

7. Il Fondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane, di cui all'articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 382, e successive modificazioni, è soppresso. ANAS Spa subentra nella mera gestione dell'intero patrimonio del citato Fondo, nei crediti e nei residui impegni nei confronti dei concessionari autostradali, nonché nei rapporti con il personale dipendente. Il subentro non è soggetto ad imposizioni tributarie. Le disponibilità nette presenti nel patrimonio del Fondo alla data della sua soppressione e derivanti altresì dalla riscossione dei crediti nei confronti dei concessionari autostradali sono impiegate da ANAS Spa, secondo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ad integrazione delle risorse già stanziate a tale scopo, per gli interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria attuativi delle deliberazioni adottate dal CIPE, ai sensi della legislazione vigente, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Le predette disponibilità, alle quali si applicano le disposizioni di cui al comma 7 nonché quelle di cui all'articolo 9 della predetta legge n. 382 del 1968, sono evidenziate in apposita posta di bilancio di ANAS Spa; del loro impiego viene reso altresì conto, in modo analitico, nel piano economico-finanziario di cui al comma 1.

8. A decorrere dal 1o gennaio 2007, ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS Spa a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria ed all'ammortamento del costo complessivo di tali investimenti si applicano le disposizioni valide per il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale di cui all'articolo 1, commi 86 e 87, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

L’obbligo di predisposizione del piano economico-finanziario e l’introduzione della convenzione unica (commi 1 e 2)

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, l’ANAS predisponga:

§      un nuovo piano economico-finanziario;

§      l'elenco delle opere infrastrutturali di nuova realizzazione ovvero di integrazione e manutenzione di quelle esistenti, che costituisce parte integrante del piano.

La disposizione specifica che tale piano è riferito all'intera durata della concessione (il cui limite massimo, in base al successivo comma 2, è innalzato da trenta a cinquanta anni) e che è approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con analogo decreto è approvato l'aggiornamento del piano e dell'elenco delle opere che ANAS Spa predispone ogni cinque anni.

 

Secondo quanto affermato nella relazione, l’imposizione all’ANAS dell’obbligo, già previsto per le concessionarie, della predisposizione dei piani economici-finanziari adeguatamente articolati, “costituisce misura imprescindibile nella prospettiva di conferire alla società più efficaci strumenti di azione”.

 

Attualmente, la Convenzione di concessione all'ANAS S.p.a. (stipulata in data 19 dicembre 2002 e approvata con Decreto interministeriale 31 dicembre 2002 n. 1030), prevede, all’articolo 5, che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, d'intesa con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, esclusivamente per quanto attiene agli aspetti finanziari, “stipulino con il concessionario un Contratto di programma di durata non inferiore a tre anni, predisposto sulla base delle previsioni dei piani pluriennali di viabilità, che individua gli obiettivi perseguibili per la gestione, la manutenzione, il miglioramento e l’incremento della rete stradale ed autostradale di interesse nazionale”. Il Contratto di programma 2003-2005, sottoscritto da ANAS Spa e dal Ministro delle infrastrutture è stato approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell’economia del 15 giugno 2005 (Delibera CIPE 27 maggio 2005, n. 72/2005, pubblicata in GU 19 ottobre 2005).

Con riferimento allo strumento del piano finanziario nei rapporti tra ANAS e società concessionarie, si ricorda che:

§      in base all’articolo 11, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, spetta al CIPE emanare direttive in particolare per la revisione delle convenzioni e degli atti aggiuntivi che disciplinano le concessioni autostradali, nonché delle tariffe autostradali, tenuto conto dei piani finanziari, delle variazioni del costo della vita, dei volumi del traffico e dei dati scaturenti dagli indicatori di produttività;

§      la delibera CIPE del 21 settembre 1993, emanata ai sensi del citato articolo 11, prevede, al punto 2, la fissazione delle tariffe sulla base, in particolare, del piano finanziario; il successivo punto 3 definisce il piano finanziario come “il documento contabile che consente la valutazione economica e finanziaria dell'attività oggetto della concessione ai fini di cui ai punti 1 e 2. Il piano finanziario deve essere conforme al modello unificato che verrà approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro del tesoro;

§      secondo quanto previsto al punto 1.1. della delibera CIPE 20 dicembre 1996, “il piano finanziario rappresenta il supporto all'inquadramento istituzionale della relazione tra ente concedente e società concessionaria” e viene presentato, al fine di consentire la verifica del costo del servizio al momento dell'instaurazione o della proroga del rapporto e nel corso di vigenza del contratto in presenza di un nuovo piano di investimenti che rivesta carattere straordinario o in presenza di altre specifiche cause predeterminate a priori. La delibera dà indicazioni in ordine ai tempi per la presentazione del piano finanziario e al suo contenuto;

§      con decreto ministeriale del 15 aprile 1997 è stata predisposta una tipologia standardizzata del piano per tutti i concessionari autostradali, finalizzata a garantire l'uniformità delle modalità di redazione e di calcolo degli indicatori economici previsti nelle direttive Cipe.

 

La disposizione prevede, inoltre, la sottoscrizione di una convenzione unica di cui il nuovo piano ed i successivi aggiornamenti costituiscono parte integrante e avente valore ricognitivo per tutto quanto non deriva dal nuovo piano ovvero dai suoi aggiornamenti.

 

Premesso che la norma prevede in termini alquanto generici che la sottoscrizione di tale convenzione avvenga “in occasione di tali approvazioni” sarebbe opportuno specificare a quale atto di approvazione si riferisce.

 

Il successivo comma 2, attraverso una novella all’articolo 7, comma 3, lett. d), del decreto-legge n. 138 del 2002, innalza il limite massimo di durata della concessione da trent’anni a cinquant’anni.

A tal fine la disposizione, che fa salva l'attuale durata della concessione di ANAS Spa fino alla data di perfezionamento della convenzione unica, prevede la possibilità che, in occasione del perfezionamento della convenzione unica, il Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adegui la durata della concessione di ANAS Spa.

 

Occorre un chiarimento in ordine alla portata della norma, che sembra attribuire in via unilaterale al Ministero la facoltà di adeguamento della durata della concessione.

 

Posto inoltre che la disposizione impone all’ANAS un obbligo di rinegoziazione della convenzione e sembra attribuire al Ministero la facoltà di modificare unilateralmente la durata della concessione, occorre un chiarimento circa la sua compatibilità con il carattere convenzionale del rapporto tra ANAS e Ministero.

 

Si segnala che l’articolo 13 della Convenzione di concessione attualmente in vigore prevede la decadenza del concessionario esclusivamente nei casi di gravi e persistenti violazioni degli obblighi derivanti dalla concessione.

Disciplina del canone annuo e del sovrapprezzo autostradale (commi 3 e 4)

Il comma 3 interviene sul canone annuo a carico degli enti concessionari disciplinato dall’articolo 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 357, sotto due profili:

a)      sotto il profilo dell’entità del canone. Esso viene determinato nella misura del 2 per cento dei proventi netti dei pedaggi di competenza dei concessionari, ovvero in una misura doppia rispetto a quella prevista dal citato articolo 10;

b)      sotto il profilo della destinazione di tali somme. La norma originaria prevedeva che tali somme fossero corrisposte allo Stato. Il comma 3 in commento prevede che esse siano destinate:

-       nella misura del 50 per cento direttamente all’ANAS, che a sua volta provvede a destinarle alle sue attività di vigilanza e controllo sui concessionari, secondo direttive impartite dal Ministero delle infrastrutture;

-       Il residuo 50 per cento al Ministero delle infrastrutture. Tali somme affluiscono direttamente ad un'apposita u.p.b. dello stato di previsione del Ministero, che le destina all'incremento dell'efficienza e dell'efficacia delle sue funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza tecnica ed operativa nei riguardi di ANAS Spa nonché dei concessionari autostradali.

 

Ai fini dell’applicazione di tale ultima disposizione, la norma prevede inoltre la possibilità di adottare misure di carattere organizzativo analoghe a quelle previste dall’articolo 163, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006 (cd. codice appalti).

 

Tale disposizione prevede che, per le attività di cui al capo IV (concernente i lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi) il Ministero, ove non vi siano specifiche professionalità interne, possa:

a)       avvalersi di una struttura tecnica di missione composta nei termini indicati nella norma;

b)      assumere, per esigenze della struttura medesima, personale di alta specializzazione e professionalità, previa selezione, con contratti a tempo determinato di durata non superiore al quinquennio rinnovabile per una sola volta;

c)       avvalersi, quali advisor, di società specializzate nella progettazione e gestione di lavori pubblici e privati.

 

La norma, inoltre, attraverso la soppressione nell’alinea dell’articolo 163 delle parole “ove non vi siano specifiche professionalità interne”, elimina la condizione cui era in precedenza subordinato il ricorso alle facoltà del Ministero di cui alle lettere a), b) e c) del comma 3.

 

Si osserva che tale modifica, nella sua formulazione attuale, ha portata generale, essendo suscettibile di trovare applicazione non soltanto per le attività di vigilanza sull’ANAS e sui concessionari autostradali, ma per tutte le attività di competenza del Ministero ai sensi del Capo IV del codice appalti (relativo ai lavori relativi a infrastrutture strategiche e insediamenti produttivi).

 

L’applicazione delle disposizioni contenute nel comma 3, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2007, comporta una corrispondente modifica delle convenzioni accessive alle concessioni in essere tra ANAS Spa ed i suoi concessionari.

 

Atteso che la disposizione in esame impone una rinegoziazione per legge di clausole contrattuali, può essere utile un chiarimento circa la sua compatibilità con la natura di contratto di diritto privato delle convenzioni tra ANAS e concessionarie.

 

Il comma 4 prevede la soppressione del sovrapprezzo tariffario autostradale attualmente disposto a favore del Fondo centrale di garanzia per le autostrade e le ferrovie metropolitane (soppresso dal successivo comma 7) e l’istituzione di un nuovo sovrapprezzo da versare ad ANAS, “quale corrispettivo forfetario delle sue prestazioni volte ad assicurare l'adduzione del traffico alle tratte autostradali in concessione, attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, l'adeguamento e il miglioramento delle strade ed autostrade non a pedaggio in gestione alla stessa ANAS Spa.”.

 

La relazione giustifica tale disposizione con l’esigenza di assicurare ad ANAS ricavi di gestione per fronteggiare i notevoli costi degli interventi da essa posta in essere al fine di assicurare la complessiva efficienza del sistema viario statale, del quale le varie tratte autostradali a pedaggio, pur nella loro specificità giuridica e autonomia gestionale, costituiscono parte integrante. La relazione specifica inoltre che l’istituzione di tale sovrapprezzo è rilevante anche “ai fini dell’esclusione di ANAS dal perimetro della pubblica amministrazione e, quindi, del deconsolidamento dei suoi debiti rispetto allo stock del debito pubblico nazionale”.

Il sovrapprezzo a favore del Fondo centrale di garanzia è previsto in particolare:

-       dall’articolo 15, quinto e sesto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 531 (recante il Piano decennale per la viabilità di grande comunicazione e misure di riassetto del settore autostradale), che determina la misura del sovrapprezzo e prevede l’utilizzazione da parte del Fondo di tale sovrapprezzo (oltre che dell’eventuale eccedenza delle tariffe effettivamente applicate rispetto a quelle previste in convenzione) per il pagamento delle rate dei mutui contratti e delle obbligazioni emesse dalle società concessionarie autostradali, con garanzia dello Stato, e rimaste insolute;

-       dall’articolo 11, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (recante disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), che interviene sull’entità di tale sovrapprezzo.

 

Il comma in commento interviene anche sull’entità del sovrapprezzo, scaglionando nel tempo le modifiche.

 

Gli ultimi due periodi del comma in commento prevedono infine:

§      un decreto del Ministro delle infrastrutture, su proposta di ANAS, per la definizione delle modalità attuative della disposizione, ivi incluse quelle relative al versamento del sovrapprezzo, nonché quelle di utilizzazione degli introiti derivanti dal presente comma;

§      in conseguenza delle maggiori entrate, la riduzione dei pagamenti dovuti ad ANAS Spa a titolo di corrispettivo del contratto di servizio.

 

La norma sembra recare un criterio che dovrà essere preso in considerazione in sede di sottoscrizione del prossimo contratto di programma.

 

Per quanto riguarda le risorse finanziarie di ANAS, si richiama l’articolo 11 della convenzione che prevede:

-       la possibilità di finanziamento degli investimenti del concessionario (per la manutenzione, il miglioramento e la realizzazione di nuove strade e autostrade di interesse nazionale) con apporti nella forma di aumento di capitale nella misura massima degli stanziamenti indicati dalla legge finanziaria e dalle altre leggi di spesa;

-       la compensazione della gestione della rete stradale a autostradale di interesse nazionale nella misura massima annualmente fissata dalla legge finanziaria e di bilancio.

L’ultimo Contratto di programma (2003-2005), con scadenza 31 dicembre 2005, recava all’articolo 7 e 8 norme relative alla determinazione e modalità di pagamento del corrispettivo per i servizi resi nell’anno 2005.

Con riferimento agli ultimi interventi per il finanziamento di ANAS, si richiama l’articolo 17 del 4 luglio 2006, n. 223 (convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), che, novellando l'articolo 1, comma 32, della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), nel testo già novellato dall'articolo 3 del decreto-legge 6 marzo 2006, n. 68, ha elevato per l'anno 2006 il limite dei pagamenti per spese di investimento di ANAS Spa, ivi compresi quelli a valere sulle risorse derivanti dall'accensione dei mutui, da 1.913 a 2.913 milioni di euro. Durante l’iter al Senato, è stato aggiunto un ulteriore periodo al comma 2 in virtù del quale le risorse integrative di 1 miliardo di euro, in esso previste, dovranno essere utilizzate esclusivamente per i cantieri aperti.

Disciplina dell’attività dell’ANAS (commi 5 e 6)

Il comma 5, al fine di assicurare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4, demanda ad un decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di impartire direttive per realizzare l'autonomia e la piena separazione organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile delle attività dell’ANAS volte alla vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, nonché al concorso nella realizzazione dei compiti di cui all'articolo 6-ter, comma 2, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

 

Tale ultima disposizione attribuisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le seguenti funzioni:

a)       la programmazione decennale degli interventi di progressivo miglioramento, adeguamento e implementazione della rete delle strade e autostrade statali, della relativa segnaletica e dei relativi servizi accessori;

b)       la programmazione triennale attuativa della lettera a);

c)       l’individuazione delle misure di carattere generale di miglioramento della sicurezza del traffico e della segnaletica.

 

La realizzazione di tale finalità può avvenire anche attraverso la costituzione di apposita società, le cui azioni sono assegnate al Ministero dell’economia e delle finanze, che esercita i diritti dell’azionista di intesa con il Ministero delle infrastrutture. Nel caso in cui venga costituita tale società, la norma prevede l’istituzione presso il Ministero di un nuovo capitolo di bilancio nel quale affluiscono quota parte dei contributi statali già attribuiti ad ANAS Spa per essere conseguentemente destinati a remunerare le attività della medesima società, sulla base di un apposito contratto di servizio con il Ministero delle infrastrutture, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Secondo quanto precisato dalla disposizione, le direttive impartite dal Ministro hanno anche la funzione di assicurare le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento delle partecipazioni già possedute da ANAS Spa in società concessionarie autostradali.

 

Da un punto di vista di formulazione del testo, in relazione alle finalità della norma (quali si desumono anche dalla relazione illustrativa), appare opportuno specificare nel comma 5 che essa è diretta “anche” (e non via esclusiva) a realizzare gli obiettivi di cui ai commi 3 e 4,

 

Il comma 6, attraverso una novella all’articolo 7, comma 5-bis, del citato decreto-legge n. 138 (introdotto con l’articolo 6-ter del decreto-leggen. 203), elimina la possibilità per l’ANAS di affidare ad una o più società da essa costituite lo svolgimento dei compiti previsti all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del decreto legislativo 26 febbraio 1994 n. 143.

Si tratta dei seguenti compiti:

a)       gestione e manutenzione delle strade e delle autostrade di proprietà dello Stato nonché;

b)       realizzazione del progressivo miglioramento ed adeguamento della rete delle strade e delle autostrade statali e della relativa segnaletica;

c)       costruzione di nuove strade statali e nuove autostrade, sia direttamente che in concessione.

 

La possibilità per l'ANAS S.p.a. di subconcedere ad una o più società da essa costituite i compiti ad essa affidati di cui all'articolo 2, comma 1, lettere a), b) e c), del citato decreto legislativo n. 143 (relativamente a talune tratte stradali o autostradali assoggettate o assoggettabili a pedaggio reale o figurativo) è stata introdotta dall’art. 6-ter del citato decreto-legge n. 203. Tale disposizione prevede inoltre che le società subconcessionarie, cui sono trasferite le pertinenti organizzazioni aziendali, sono tenute nei confronti dell'ANAS Spa agli stessi obblighi e condizioni assunti dall'ANAS S.p.a. nei confronti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per i medesimi compiti, restando l'ANAS S.p.a. comunque responsabile dei loro adempimento nei confronti del Ministero concedente.

L’Anas può essere socio di maggioranza o anche socio minoritario delle società subconcessionarie e può anche cedere la sua quota di azioni. Tale cessione comporta ai sensi del comma 5, una decurtazione dalle somme trasferite all’Anas con il bilancio dello Stato corrispondente alla somma versata all’Anas.

Il comma 4 demanda ad un atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione delle tratte stradali ed autostradali di cui al comma 1, lettera e), la disciplina delle modalità con cui l'ANAS Spa procede alla gestione o alla cessione della partecipazione, ovvero della partecipazione di maggioranza, delle società subconcessionarie, di cui al medesimo comma 1, lettera e), delle tratte stradali e autostradali assoggettate a pedaggi reali o virtuali. Con il medesimo atto di indirizzo sono individuate le modalità di gestione e dell'eventuale trasferimento, anche a società all'uopo costituita, delle partecipazioni già possedute dall'ANAS Spa in società concessionarie autostradali.

 

In conseguenza della modifica introdotta, si prevede la soppressione dei citati commi 4 e 5 dell’articolo 6-ter del decreto-legge n. 203 del 2005.

Disposizioni ulteriori (comma 7)

Il comma 7 prevede la soppressione del già richiamatoFondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane (di cui all'articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 382) e il subingresso di ANAS nella gestione dell'intero patrimonio del citato Fondo, nei crediti e nei residui impegni nei confronti dei concessionari autostradali, nonché nei rapporti con il personale dipendente.

La norma, dopo avere specificato che il subentro non è soggetto ad imposizioni tributarie, prevede che le disponibilità nette presenti nel patrimonio del Fondo alla data della sua soppressione e derivanti altresì dalla riscossione dei crediti nei confronti dei concessionari autostradali siano impiegate da ANAS Spa, ad integrazione delle risorse già stanziate a tale scopo, per gli interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria attuativi delle deliberazioni adottate dal CIPE, ai sensi della legislazione vigente, compatibilmente con gli obiettivi programmati di finanza pubblica. Ciò avviene secondo le direttive impartite dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

La norma specifica inoltre che alle predette disponibilità si applicano le disposizioni di cui al comma 7 nonché quelle di cui all'articolo 9 della predetta legge n. 382 del 1968 e che esse sono evidenziate in apposita posta di bilancio di ANAS Spa.

 

Tale ultima disposizione prevede l’esenzione da tasse, imposte ed oneri tributari di qualsiasi genere, presenti e futuri, ivi incluse le imposte dirette, i tributi locali e l'imposta generale sull'entrata, per le documentazioni, le formalità, gli atti e contratti occorrenti per l'amministrazione, la gestione ed il funzionamento del fondo centrale di garanzia, le somme affluenti al fondo medesimo e i relativi interessi maturati, i pagamenti effettuati e le quietanze.

 

Occorre modificare la norma per chiarire l’erroneo riferimento al comma 7.

 

Il comma 8 estende, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai finanziamenti pubblici erogati ad ANAS Spa a copertura degli investimenti funzionali ai compiti di cui essa è concessionaria ed all'ammortamento del costo complessivo di tali investimenti, l’applicazione delle disposizioni valide per il Gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale di cui all'articolo 1, commi 86 e 87, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).

Le norme richiamate in particolare prevedono:

§      al comma 86, una modifica alle modalità di finanziamento del gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale, attraverso la previsione che a decorrere dal 1° gennaio 2006, le somme erogate a copertura degli investimenti sulla rete tradizionale, inclusi quelli per manutenzione straordinaria, avvengano a titolo di contributo in conto impianti. Il comma precisa che tale modifica del sistema di finanziamento deve avvenire senza oneri per lo Stato e per il gestore e che conseguentemente, i finanziamenti di cui al precedente comma 84, effettuati a titolo di contributo in conto impianti, si considerano fiscalmente irrilevanti e, quindi, non riducono il valore fiscale del bene;

§      al comma 87, la disciplina delle modalità di ammortamento dei costi del gestore, e in particolare la precisazione che venga utilizzato il metodo di ammortamento a quote variabili in base ai volumi di produzione per i seguenti costi:

-       costo complessivo degli investimenti finalizzati alla realizzazione della infrastruttura ferroviaria, comprensivo dei costi accessori e degli altri oneri e spese direttamente riferibili alla stessa;

-       oneri connessi al finanziamento dell’infrastruttura medesima, per il periodo di durata dell’investimento e secondo il medesimo profilo di ammortamento dei costi diretti.

L’ammortamento deve avvenire quindi sulla base del rapporto tra le quantità prodotte nell’esercizio e le quantità di produzione totale prevista durante il periodo di concessione.

Nell’ipotesi di preesercizio, l’ammortamento inizia dall’esercizio successivo a quello di termine del preesercizio.

La determinazione delle quote di ammortamento a fini fiscali sono demandate ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in coerenza con le quote di ammortamento previste dal comma 86.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha autorizzato, ai sensi del regolamento sulle concentrazioni n. 139/2004 del 20 gennaio 2004, il progetto di concentrazione fra Abertis, un’impresa spagnola operante nella gestione di autostrade a pedaggio, e la società italiana Autostrade.

La Commissione ha concluso che l’operazione non costituisce un ostacolo rilevante ad un’efficace concorrenza nello Spazio economico europeo (SEE) o in una parte importante di esso.

Nella decisione la Commissione ricorda, in via preliminare, che l’operazione proposta sarà effettuata mediante l’incorporazione di Autostrade in Abertis (“fusión por absorción”/”fusione per incorporazione”) e darà luogo alla costituzione della nuova entità “New Abertis”.

Secondo la Commissione l’operazione non può provocare problemi di concorrenza sul mercato europeo delle concessioni delle autostrade a pedaggio, in quanto, in tale mercato, potrà dar luogo solo a una sovrapposizione orizzontale essendo presenti altri concorrenti significativi. La Commissione rileva inoltre che tale mercato funziona secondo il sistema delle gare, sono assenti preoccupazioni da parte di soggetti terzi, e che Autostrade opera solo in Italia, mentre Abertis non ha nessuna attività in tale paese.

La Commissione conclude che l’operazione proposta non può dar luogo a problemi di carattere verticale sotto il profilo della concorrenza. Autostrade, infatti, svolge attività molto limitate in Italia nel settore della costruzione stradale, mentre Abertis non opera in questo campo.


Le tabelle del ddl finanziaria 2007

Tabelle A e B

Prevedono, rispettivamente, gli accantonamenti nel Fondo speciale di parte corrente e nel Fondo speciale di parte capitale, per il finanziamento dei provvedimenti di legge che saranno approvati nel corso dell'esercizio 2007.

Si ricorda che l'indicazione delle voci da includere nel Fondo speciale di parte corrente e in conto capitale contiene solo l'indicazione del Ministero interessato e del relativo accantonamento, senza indicazione del provvedimento per cui si dispone l'accantonamento stesso.

 

Le tabelle A e B non recano stanziamenti per il Ministero delle infrastrutture.

Tabella C

Gli stanziamenti complessivi relativi al Ministero delle infrastrutture, sono pari a 222,66 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

La gran parte dello stanziamento è previsto per la legge 431 del 1998 relativa alla disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili ad uso abitativo (art. 11, comma 1); U.P.B. 3.1.2.1. Capitolo 1690 (sostegno all'accesso alle locazioni abitative) ed è pari a 212,66 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio.

 

Tabella D

La tabella D indica il rifinanziamento di norme recanti interventi di sostegno all’economia classificati tra le spese in conto capitale.

L’importo più considerevole riguarda (nella voce Ministero dell’economia e delle finanze) l’apporto al capitale sociale dell’Anas S.p.A. (art. 7 del decreto legge n. 138 del 2002 - U.P.B. 3.2.3.48 - capitolo 7372/Economia e finanze), per il quale si ha un rifinanziamento di 1.120 milioni di euro per il 2007 e 1.560 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. In relazione a tale voce, il Presidente della Camera ha comunicato nella seduta del 5 ottobre il rilievo della Commissione bilancio secondo cui “non risulta coerente con la normativa vigente lo stanziamento di risorse per gli anni successivi al 2007” e ha precisato che le disposizioni non coerenti con i requisiti fissati dalla legislazione contabile potranno essere riformulata nell'articolato del disegno di legge finanziaria.

Le stesse considerazioni valgono per i seguenti tre provvedimenti di competenza del Ministero delle infrastrutture, tutti relativi ad opere stradali (U.P.B. 3.2.3.8 – capitoli 7483, 7484 e 7485):

§         raddoppio dell’autostrada Torino-Savona con 8 milioni di euro per il 2007 e 4 milioni di euro per il 2008 (art. 2, comma 86 della legge n. 662/1986 –U.P.B. 3.2.3.8 – capitolo 7483);

§         la variante di Valico Firenze Bologna con 8 milioni di euro per il 2007 e 4 milioni per il 2008 (art. 2, comma 87 della legge n. 662/1986 U.P.B. 3.2.3.8 – capitolo 74849);

§         il potenziamento delle tratte autostradali con 30,8 milioni di euro per il 2007 e 15,4 milioni di euro per il 2008 (art. 19, comma 1 del decreto legge n. 67/1997 – UPB 3.2.3.8 – capitolo 7485).

 

Tabella E

Nella tabella E, relativa al definanziamento totale o parziale di leggi vigenti, non vi sono voci che riguardano il Ministero delle infrastrutture.

Tabella F

Si osserva preliminarmente che nella Tabella F sono determinati gli importi da iscrivere in bilancio in relazione ad autorizzazioni di spesa, recate da leggi pluriennali. Va ribadito che con la Tabella F non è possibile modificare il totale complessivo degli stanziamenti previsti dalle leggi di spesa, ma esclusivamente rimodulare le quote annuali di tali stanziamenti.

La Tabella F recepisce, inoltre, le variazioni, in aumento o in diminuzione, delle autorizzazioni di spesa, determinate dalle precedenti Tabelle D ed E, ed indica, pertanto, i relativi stanziamenti annuali al netto di tali variazioni.

Con le rimodulazioni delle quote annuali, operate in Tabella F, il Governo intende perseguire una duplice finalità: ridurre l'incidenza delle spese nel primo esercizio finanziario del triennio di riferimento e "ricalibrare" le risorse stanziate sulla base delle effettive capacità di spesa per gli interventi previsti dalle singole leggi.

Si ricorda, infine, che la tabella F indica anche limiti di impegnabilità dei fondi stanziati da leggi pluriennali, tenuto conto dello stato di attuazione delle relative procedure di spesa; sono fatti salvi comunque gli impegni assunti entro il 31 dicembre 2006 e quelli derivanti da spesa di annualità.

A tal fine, ciascuno stanziamento indicato in Tabella F è contrassegnato da un numero: il numero 1 indica che non sono impegnabili le quote degli anni 2008 e successivi; il numero 2 indica che le quote relative agli anni 2008 e successivi sono impegnabili soltanto al 50%; il numero 3 indica che le quote relative agli anni 2008 e successivi sono interamente impegnabili.

 

Di seguito sono esposti gli stanziamenti più consistenti recati dalla tabella F ed iscritti nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e del Ministero dell'economia e delle finanze di interesse della VIII Commissione.

Nell’ambito del settore 11 (interventi nel settore dei trasporti) compaiono finanziamenti di lieve entità, soprattutto finalizzati al trasporto rapido di massa (U.P.B. 3.2.3.12 – capp. 7562 e 7568, 18,5 milioni di euro nel 2007, mentre per gli anni successivi gli importi sono leggermente inferiori).

Relativamente agli interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione (settore 16) si segnala la voce relativa all’art. 7 del decreto legge n. 138 del 2002 riguardante l’apporto al capitale sociale dell'ANAS S.p.A., (U.P.B. 3.2.3.48 - capitolo 7372/Economia e finanze) che, a seguito del rifinanziamento recato in tabella D, prevede uno stanziamento di 1.120 milioni di euro per il 2007.

Tra le opere stradali, figurano finanziamenti contenuti per il raddoppio dell’A6 Torino-Savona e della variante di valico Bologna-Firenze (per ognuna delle due voci – iscritte rispettivamente nei capitoli 7483 e 7484 dell’U.P.B. 3.2.3.8 e rifinanziate in tabella D – nel 2007 si hanno 14,3 milioni di euro, che scendono a 6,3 per ciascuno degli anni 2009), mentre si registrano importi maggiori per l’art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 67 del 1997 per la realizzazione e potenziamento tratte autostradali (U.P.B. 3.2.3.8. capitolo 7485/Infrastrutture), in cui sono iscritti 54,1 milioni di euro per il 2007 e 23,3 milioni di euro  per ciascuno degli anni 2008-2009.

Nel settore 24 (impiantistica sportiva), limitatamente al solo 2007, si registra un finanziamento di 18 milioni di euro per l’art. 8-bis, comma 1, del D.L. n. 35/2005, per i Giochi olimpici invernali di Torino 2006.

Infine, nel Settore 27 (interventi diversi) si segnala la voce relativa al rifinanziamento della legge obiettivo da parte della legge n. 266 del 2005 (art. 1, comma 78) - U.P.B. 1.2.10.2. – Fondo opere strategiche - (capitolo 7060/P/Infrastrutture) con 189 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio.

Nel medesimo settore vi è un finanziamento di 15,5 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio, per la legge n. 398/1998 relativa all’Ente autonomo acquedotto pugliese.

 


AMBIENTE, TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Lo stato di previsione del ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 – Tab. 9)

Il bilancio di competenza

Lo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 2007, reca, quanto alla competenza, spese per complessivi 735,1 milioni di euro, con una riduzione pari a 325,9 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate 2006 e pari quindi ad un decremento del 30,7%, operato prevalentemente per la parte di conto capitale.

 

Distinguendo le spese correnti,ossia quelle destinate alla produzione e al funzionamento dei servizi statali e alla redistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi, dalle spese in conto capitale,ossia quelle per investimenti, il complesso delle spese dello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il 2007 può essere ripartito nel seguente modo:

 

§      376,7 milioni di euro per la parte capitale (con una riduzione pari a 295,9 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate 2006)

§      358,3 milioni di euro per la parte corrente (con una riduzione pari a 30,1 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate 2006).

 

Analisi per centro di responsabilità

Si ricorda innanzitutto che l’attuale articolazione dei centri di responsabilità del Ministero deriva dalla riorganizzazione attuata in seguito all’emanazione del Regolamento di organizzazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, disposta con D.P.R. 17 giugno 2003, n. 261.

Si ricorda, altresì, che le unità previsionali di base (U.P.B.) sono quelle a cui corrisponde un codice di quattro numeri: il primo indica il centro di responsabilità, il secondo indica le spese correnti “1”, ovvero in conto capitale “2”, o per il rimborso del debito pubblico “3”; il terzo numero indica il tipo di spesa, mentre il quarto indica progressivamente l’unità previsionale di base.

 

Per quanto attiene alla suddivisione delle spese per centro di responsabilità si può constatare che la maggior parte degli stanziamenti risulta iscritta al centro Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro, la cui dotazione di competenza è pari a 300,2 milioni di euro (pari al 40,8%). Seguono il centro Protezione della natura con spese pari a 124,9 milioni di euro e il centro Servizi interni del Ministero con spese pari a 108,3 milioni di euro e Ricerca ambientale e sviluppo con 92milioni di euro. Tali centri di responsabilità assorbono circa l’85% del totale stanziato in conto competenza, lasciando ai rimanenti tre centri di responsabilità (Qualità della vita, Salvaguardia ambientale e Difesa del suolo) il 15% (109,6 milioni di euro) degli stanziamenti totali.

Si osserva una riduzione generalizzata rispetto alle previsioni assestate del 2006 sia relativamente agli stanziamenti di competenza, che per i residui e le autorizzazioni di cassa.

 

 

Si evidenziano qui di seguito gli stanziamenti complessivi per ciascun Centro di responsabilità.

 

1 - Gabinetto e uffici di diretta collaborazione all’opera del Ministro

Si segnala che la gran parte degli stanziamenti di competenza, pari a 300,2 milioni di euro, appartiene alla parte capitale e precisamente all’U.P.B. 1.2.3.6Fondo unico da ripartire - Investimenti difesa del suolo e tutela ambientale con circa 217,3 milioni di euro in termini di competenza e di cassa al capitolo 7090.

Si segnala che, rispetto alle previsioni recate dalla legge di bilancio per il 2006, lo stanziamento in esame risulta inferiore di 294,1 milioni di euro, ovvero più che dimezzato (-57,5%).

Si ricorda che tale Fondo, istituito ai sensi dell’art. 46 della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), raccoglie tutte le risorse attribuite annualmente al Ministero per spese di investimento, che vengono poi ripartite in base alle reali esigenze che si manifestano nel corso dell’esercizio e in base alla programmazione degli investimenti dei singoli centri di responsabilità. In tale fondo, quindi, confluiscono annualmente risorse per investimenti della più disparata finalizzazione, derivanti da oltre venti diverse leggi di spesa

 

2 – Protezione della natura

Una parte considerevole dello stanziamento di competenza, pari a 124,9 milioni di euro, insiste sulle spese per interventi all’U.P.B. 2.1.2.3 Contributi ad enti ed altri organismi con 52,5 milioni di euro in termini di competenza e di cassa, concentrata prevalentemente nel capitolo 1551.

Altra U.P.B. di rilievo è quella relativa agli interventi per la Difesa del mare, U.P.B. 2.1.2.5 con stanziamenti di competenza e di cassa per complessivi 48,2 milioni di euro e 35,5 milioni di euro per i residui.

 

3 – Qualità della vita

La maggior parte dello stanziamento di competenza, pari a 53,0 milioni di euro, si concentra nell’U.P.B. 3.2.3.4 Acquedotti, fognature ed opere igienico-sanitarie – capitolo 7645 Spese per l’attuazione del servizio idrico la cui dotazione è di 35,6 milioni di euro, pari al 54,8% del totale.

In relazione alla consistenza dei residui si segnala che essi sono prevalentemente attribuiti all’U.P.B. 3.2.3.1 relativa ai Piani di disinquinamento (183,3 milioni di euro), che registra uno stanziamento di competenza nullo.

4 – Ricerca ambientale e sviluppo

Lo stanziamento di competenza, pari a 92,0 milioni di euro e pressoché invariato rispetto alle previsioni assestate del 2006, si concentra soprattutto nell’U.P.B. 4.1.2.2 Accordi ed organismi internazionali, per un importo di 86,1 milioni di euro, di cui 68 milioni di euro destinati all’attuazione del protocollo di Kyoto.

Per quanto riguarda i residui essi insistono principalmente, con 123,8 milioni di euro, sull’U.P.B. 4.2.3.16 Informazione, monitoraggio e progetti in materia ambientale, di cui ben 107,3 milioni di euro sul capitolo 7953 relativamente ad interventi per lo sviluppo sostenibile.

 

5 – Salvaguardia ambientale

Lo stanziamento di competenza risulta pari a 15,1 milioni di euro, ed è per la quasi totalità attribuito all’U. P. B. di parte corrente 5.1.1.0 Funzionamento, con 15,0 milioni di euro. Lo stanziamento più rilevante all’interno di tale U.P.B. riguarda il capitolo 2717 con 5 milioni di euro per le spese per studi, ricerche, elaborazioni dati per la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento.

I residui maggiori sono attribuiti principalmente alle spese in conto capitale, con 80,3 milioni di euro, suddivisi prevalentemente tra le U.P.B. 5.2.3.2 Piani di disinquinamento (25,6 milioni di euro), 5.2.3.6 Prevenzione inquinamento atmosferico e acustico (32,6 milioni di euro) e 5.2.3.9 Informazione, monitoraggio e progetti in materia ambientale (21,9  milioni di euro).

 

6 – Difesa del suolo

Lo stanziamento di competenza, pari a 41,6 milioni di euro, è suddiviso in parti quasi identiche tra le spese correnti (20,1 milioni di euro) e di parte capitale (21,5 milioni di euro).

La maggior parte degli stanziamenti di parte corrente riguarda le spese per il personale, mentre per la parte capitale essi insistono sull’U. P. B. 6.2.3.2 Difesa del suolo sul capitolo 8531 interventi per il rischio idrogeologico con 21,2 milioni di euro.

I residui maggiori sono invece attribuiti principalmente alle spese in conto capitale e sono concentrati per la maggior parte nell’U.P.B. 6.2.3.2 Difesa del suolo (26 milioni di euro) e nell’U.P.B. 6.2.3.5 Opere idrauliche e sistemazione del suolo (72,6 milioni di euro), che congiuntamente considerate detengono l’81,5% del totale dei residui del centro di responsabilità in esame.

 

7 – Servizi interni del Ministero

La maggior parte delle risorse gestite dal centro di responsabilità, pari a 108,2 milioni di euro, riguarda l’Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici: complessivamente nelle U.P.B. 7.1.2.1 e U.P.B. 7.2.3.2 si ha uno stanziamento di competenza di 83,3 milioni di euro ed un ammontare di residui pari a 100,3 milioni di euro.

I residui passivi e le autorizzazioni di cassa

La consistenza dei residui passivi presunti al 1° gennaio 2007 è valutata complessivamente in 1.520,1 milioni di euro, di cui:

-        191,4 milioni di euro per le unità previsionali di base di parte corrente;

-        1.328,7 milioni di euro per quelle in conto capitale.

 

Rispetto al dato assestato 2006, si registra una consistente diminuzione dei residui (516 milioni di euro, pari al 25,3%), quasi interamente attribuibile alle u.p.b. di conto capitale.

Data una massa spendibile[53] di 2255,1 milioni di euro ed autorizzazioni di cassa pari a 1.168,2 milioni di euro, il coefficiente di realizzazione[54] risulta essere pari al 51,8% e rappresenta la capacità di spesa del Ministero, che è leggermente aumentata rispetto alle previsioni assestate 2006 in cui tale coefficiente era pari al 50,8%.

 

Si ricorda che la consistenza presunta dei residui concorre, insieme alla previsioni di competenza per il 2007, a determinare il volume della massa spendibile, ossia del limite massimo entro il quale può situarsi l'autorizzazione di cassa.

Tale autorizzazione non coincide necessariamente con il limite massimo determinato dalla massa spendibile, in quanto è determinata dal Governo tenendo conto anche del criterio del "coefficiente di realizzazione della spesa", ossia di quel parametro a carattere presuntivo che consente di stimare l’effettiva capacità di spesa del Ministero, in considerazione del livello delle spese effettuate nei precedenti esercizi finanziari e dei particolari fattori legislativi e amministrativi che nel corso dell’esercizio possono influenzare il volume dei pagamenti.


Stanziamenti relativi al settore dell'ambiente che insistono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (AC 1747 - Tabella 2)

 

Tra le spese in conto capitale l’unica U.P.B. con uno stanziamento significativo[55] risulta essere la seguente:

U.P.B. 3.2.3.37 - Risparmio idrico e utilizzo acque reflue:

-    Capitolo 7328 "Annualità quindicennali per la contrazione di mutui e di altre operazioni finanziare per interventi relativi al patrimonio idrico nazionale da parte di vari consorzi" con uno stanziamento di 47,5 milioni di euro per la competenza, senza variazioni rispetto al dato assestato 2006.

 


Il disegno di legge finanziaria per il 2007

Articolo 26
(Biocarburanti)

 

1. L'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, è sostituito dal seguente:

«Art. 3. - (Obiettivi indicativi nazionali). - 1. Sono fissati i seguenti obiettivi indicativi nazionali, calcolati sulla base del tenore energetico, di immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale:

       a) entro il 31 dicembre 2005: 1,0 per cento;

       b) entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

       c) entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

2. L'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-quater. - (Interventi nel settore agroenergetico). - 1. A decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti e di altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4, con le modalità di cui al comma 3. I medesimi soggetti possono assolvere al predetto obbligo anche acquistando, in tutto o in parte, l'equivalente quota o i relativi diritti da altri soggetti.

2. La quota minima di cui al comma 1, calcolata sulla base del tenore energetico, è inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la quota minima di cui al comma 1 può essere incrementata per gli anni successivi al 2007.

3. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettati i criteri, le condizioni e le modalità per l'attuazione dell'obbligo di cui al comma 1, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, con priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica, nonché modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e relative sanzioni.

4. I biocarburanti e gli altri carburanti rinnovabili da immettere in consumo ai sensi del presente articolo sono il biodiesel, il bioetanolo, l'ETBE e il bioidrogeno».

3. Ai fini del rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, concorre il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente comma. All'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 504 del 1995, i commi 6, 6.1 e 6.2 sono sostituiti dai seguenti:

«6. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche al biodiesel (codice NC 3824 90 99) usato come carburante, come combustibile, come additivo, ovvero per accrescere il volume finale dei carburanti e dei combustibili. La fabbricazione o la miscelazione con oli minerali del biodiesel è effettuata in regime di deposito fiscale. Nell'ambito di un programma pluriennale, a decorrere dal 1o gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, il biodiesel, destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione, è sottoposto ad una accisa, determinata come percentuale dell'accisa sul gasolio per autotrazione, crescente negli anni e nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa. Per il primo anno, l'accisa è fissata al 20 per cento della corrispondente accisa sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, tenendo in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica. Con lo stesso decreto sono stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate. Le presenti disposizioni trovano applicazione dal 1o gennaio 2007 e comunque solo previo espletamento della procedura di autorizzazione da parte della Commissione europea. Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256.

6.1. Per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultassero, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, sono ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse sono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

6.2. Entro il 1o marzo di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, è rideterminata la misura dell'agevolazione di cui al medesimo comma 6».

4. Per l'anno 2007, il contingente di biodiesel di cui al comma 3 è incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, può essere destinato anche ad uso combustione. Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro.

5. Gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

6. In caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

 

L’articolo 26 modifica una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo ed alla tassazione dei biocarburanti.

Il comma 1 modifica l'articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128, che ha fissato gli obiettivi indicativi nazionali relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili[56].

Tali obiettivi erano fissati nei seguenti termini:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2010: 2,5 per cento

Gli obiettivi fissati in sede comunitaria con la direttiva 2003/30/CE, cui il decreto legislativo n. 128 del 2005 intendeva dare attuazione, sono differenti, essendo pari al 2% per il 2005 e al 5,75% per il 2010. I diversi limiti introdotti nella legislazione italiana hanno pertanto dato luogo all’apertura di una serie di procedure d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione europea (v. infra).

Con la modifica del comma 1, gli obiettivi di immissione in consumo di biocarburanti vengono modificati, anche per cercare di risolvere il contenzioso comunitario, mantenendo l’obiettivo del 2,5%, ma anticipandolo al 31 dicembre 2008 e prevedendone l’ulteriore innalzamento al 5% per la data del 31 dicembre 2010. Le nuove soglie risultano pertanto così fissate:

a)      entro il 31 dicembre 2005: 1 per cento;

b)      entro il 31 dicembre 2008: 2,5 per cento;

c)      entro il 31 dicembre 2010: 5,0 per cento».

Si ricorda che gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale

 

Il comma 2 dell’articolo 26 sostituisce integralmente l'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2[57], contenente disposizioni per promuovere la produzione e il consumo di biomasse e biocarburanti di origine agricola.

 

A tale proposito occorre preliminarmente segnalare che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006, che il comma 2 dell’articolo 26 in esame intende sostituire, è oggetto di una serie di modifiche puntuali ad opera dell’articolo 156, comma 4, del presente disegno di legge finanziaria (cfr. la relativa scheda), le quali non sembrano coordinarsi, nei contenuti, con la nuova formulazione dell’articolo 2-quater disposta dal comma 2 dell’articolo 26 in commento.

 

In base alla sostituzione dell’articolo 2-quater operata dal comma 2,a decorrere dal 1o gennaio 2007 i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili hanno l'obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di biocarburanti.

Si tratta dei biocarburanti e degli altri carburanti rinnovabili indicati al comma 4 del nuovo testo dell’articolo 2-quater, cioè del biodiesel, del bioetanolo, dell’ETBE e del bioidrogeno.

Le modalità di immissione sono definite nel successivo comma 3, del novellato articolo 2-quater, il quale rinvia ad un apposito decreto la fissazione dei criteri, delle condizioni e delle modalità per l'attuazione di tale obbligo, secondo obiettivi di sviluppo di filiere agroenergetiche, dando priorità per progetti pluriennali ad elevata intensità occupazionale e maggiori benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra lungo l'intera filiera agroenergetica. Il decreto recherà anche le modalità di verifica del rispetto dell'obbligo e le relative sanzioni.

Il decreto dovrà essere emanato dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

 

A tale proposito si segnala che la formulazione letterale del nuovo comma 3 dell’articolo 2-quater fa riferimento, per il termine di emanazione del decreto ministeriale, alla data di entrata in vigore “della presente legge”, anziché – come dovrebbe essere trattandosi di novella che accede a un testo già in vigore – a quella di entrata in vigore “della presente disposizione”.

 

Per assolvere all’obbligo di immissione in consumo dei biocarburanti, i soggetti sopra indicati possono anche acquistare, in tutto o in parte, l'equivalente quota di immissione o i relativi diritti da altri soggetti.

 

Il comma 2 dell’articolo 2-quater, nel testo novellato prevede che la quota minima di immissione, calcolata sulla base del tenore energetico, sia inizialmente fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante benzina e gasolio immesso in consumo nell'anno precedente.

Tale quota minima può essere incrementata per gli anni successivi al 2007 con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Si ricorda che l’articolo 2-quater del decreto legge n. 2 del 2006 conteneva le seguenti disposizioni:

Il comma 1 incentivava la produzione e la commercializzazione del bioetanolo, al fine del conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali previsti dalla normativa comunitaria.

I commi da 2 a 5 introducevano l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere in consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina era rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

I commi 6 e 7 prevedevano che la stipula di un contratto di coltivazione e di fornitura o di un contratto di programma agroenergetico costituisse titolo preferenziale nei bandi pubblici e nei contratti di fornitura che avessero ad oggetto i biocarburanti e che le PA stipulassero contratti o accordi di programma per promuovere la produzione e la ricerca nel settore dei biocarburanti.

Il comma 8 equiparava il biogas[58] al gas naturale, agli effetti delle accise., comportandone l’esclusione dall’assoggettamento ad accisa.

Il comma 9 era volto ad assicurare che l’elettricità prodotta da biomasse o da biogas, oggetto di intese di filiera o di contratti quadro o contratti di programma agroenergetici che fossero stipulati in base alle norme dello stesso decreto, venisse immessa in rete godendo della precedenza, così come previsto in generale per l’elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs 79/99 .

Il comma 10 prevedeva che gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di carburanti di origine agricola garantissero la tracciabilità e la rintracciabilità del biocarburante utilizzato.

Il comma 11 novellando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), faceva rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, anche l’attività svolta dalle aziende agricole dirette alla produzione e alla cessione di energia calorica (e non solo elettrica) e mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche (e non solo agroforestali), qualificandola come attività connessa all’attività agricola

 

Si segnala che tale ultimo comma 11 del vecchio testo dell’articolo 2-quater, contenente il trattamento fiscale agevolato per le imprese agricole di produzione di energia, non viene più riprodotto nel testo come novellato dell’articolo 26, comma 2 in esame. Questo mal si coordina con la disposizione contenuta nel comma 5 dell’articolo 156 del disegno di legge finanziaria in commento, con la quale si modifica proprio il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, nel senso di ampliare la platea di soggetti tassati in base al reddito agrario estendendola alle aziende agricole dirette alla produzione di biocarburanti.

 

Il comma 3 dell’articolo 26 prevede che il contingente di biocarburanti immessi in consumo ai sensi del comma 6 dell'articolo 21 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico delle imposte sulla produzione e i consumi), concorra al rispetto degli obiettivi indicativi nazionali di immissione in consumo di biocarburanti di cui al novellato articolo 3 del decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128.

Lo stesso comma 3 provvede a sostituire i commi 6, 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 del testo unico sulle accise, relativi all’applicazione delle accise sugli oli minerali, e recanti in particolare l’esenzione dalle accise per il biodiesel, nei limiti di un contingente di 200.000 tonnellate annue. L’esenzione è concessa nell’ambito di un programma pluriennale di sei anni (dal 2005 al 2010), finalizzato a promuoverne l’utilizzo.

La disposizione novellata elimina l’esenzione dall’accisa per il biodisel, sostituendola con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, enel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.

L’accisa agevolata si applica sul biodisel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.

Si ricorda che il gasolio usato come carburante sconta attualmente un’accisa di 413 Euro per mille litri. Il 20% di tale accisa è pari ad 86,2 euro per mille litri.

 

La modifica viene inquadrata nell’ambito di un programma pluriennale che, a decorrere dal 1° gennaio 2007 e fino al 31 dicembre 2010, prevede l’applicazione di una accisa crescente negli anni, ma applicata nei limiti di un contingente annuo crescente in misura corrispondente all'aumento dell'accisa.

 

Con decreto interministeriale (del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali), saranno determinati i requisiti che gli operatori e i rispettivi impianti di produzione, nazionali e comunitari, devono possedere per partecipare al programma pluriennale, nonché le caratteristiche fiscali del prodotto con i relativi metodi di prova, le percentuali di miscelazione consentite, i criteri e le priorità ai fini dell'assegnazione dei quantitativi agevolati agli operatori, Si terrà in particolare conto dell'intensità di occupazione generata e dei benefìci ambientali, ivi inclusi quelli connessi alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, lungo l'intera filiera agroenergetica.

Il decreto dovrà essere emanato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione e con lo stesso decreto saranno stabilite le garanzie che i soggetti che partecipano al programma devono fornire ai fini dell'effettiva immissione in consumo delle quantità assegnate.

Come previsto dal comma 6 dell’articolo 21, nel testo novellato, la concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel dovrà essere sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea.

Nelle more dell'entrata in vigore del suddetto decreto trovano applicazione, in quanto compatibili e comunque per il solo anno 2007, le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 luglio 2003, n. 256. Si tratta del Regolamento concernente le modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul biodiesel.

 

La novella apportata ai successivi commi 6.1 e 6.2 dell’articolo 21 conferma il testo previgente, con la sola modifica dei termini temporali per la comunicazione, da parte del ministero, rispettivamente dei costi industriali medi del gasolio e della misura dell’agevolazione sul biodiesel.

Il nuovo comma 6.2 (nel testo previgente corrispondeva al comma 6.1) dispone che:

§      entro il 1° settembre (anziché entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma pluriennale) i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole alimentari e forestali comunichino al Ministero dell'economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell'anno solare precedente;

§      sulla base delle suddette rilevazioni, sia rideterminata la misura dell'agevolazione con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanare entro il 30 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 ottobre) di validità del programma. La rideterminazione è finalizzata ad evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione.

 

Il comma 6.1 nel testo novellato, corrisponde nel contenuto al previgente comma 6.2 e prevede che per ogni anno di validità del programma di cui al comma 6, i quantitativi del contingente che risultino, al termine di ciascun anno, non immessi in consumo, siano ripartiti tra gli operatori proporzionalmente alle quote loro assegnate per l'anno in questione, purché siano immessi in consumo entro il successivo 30 giugno. In caso di rinuncia, totale o parziale, delle quote risultanti dalla predetta ripartizione da parte di un beneficiario, le stesse vengono ridistribuite, proporzionalmente alle relative assegnazioni, fra gli altri beneficiari.

 

Il comma 4 dell’articolo 26, dispone che per l'anno 2007, il contingente di biodiesel che fruisce dell’aliquota d’accisa agevolata, (di cui al comma 3) possa essere incrementato in relazione alle risorse finanziarie disponibili ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto del Ministro delle attività produttive 28 ottobre 2005 e, nei limiti di tali risorse, possa essere destinato anche ad uso combustione.

Alle minori entrate per l'anno 2007 si provvede mediante corrispondente versamento all'entrata a valere sulle disponibilità del Fondo per le iniziative a vantaggio dei consumatori, di cui all'articolo 148 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per un importo complessivo pari a 16.726.523 euro. Si tratta delle entrate derivanti dalle sanzioni amministrative irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, le quali vengono appunto destinate ad iniziative a vantaggio dei consumatori.

 

In base al comma 5, gli importi annui previsti dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico delle accise, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, eventualmente non utilizzati nell'anno 2006, sono destinati all'incremento del contingente di cui al comma 3 per gli anni 2007-2010.

 

Il comma 6-ter dell’articolo 21 prevede che con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, il Ministro dell'ambiente ed il Ministro delle politiche agricole e forestali sono fissati, entro il limite complessivo di spesa di 73 milioni di euro annui, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, i criteri di ripartizione dell'agevolazione tra le varie tipologie e tra gli operatori, le caratteristiche tecniche dei prodotti singoli e delle relative miscele ai fini dell'impiego nella carburazione, nonché le modalità di verifica della loro idoneità ad abbattere i principali agenti dinamici, valutata sull'intero ciclo di vita

 

Il comma 6 prevede il caso di mancato impiego del contingente di cui al comma 3, stabilendo che le corrispondenti maggiori entrate per lo Stato possono essere destinate, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole alimentari e forestali, per le finalità di sostegno ai biocarburanti, tra cui il bioetanolo, di cui all'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

 

Nella relazione tecnica al provvedimento si stima una sostanziale invarianza di gettito per le disposizioni complessivamente contenute nell’articolo 26.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Biocarburanti

L’8 febbraio 2006 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “una strategia dell’UE per i biocarburanti” (COM(2006)34), che prevede un ampio ventaglio di proposte, al fine di incentivare la produzione di combustibili da materie prime agricole. La Commissione intende sostenere un maggior impiego dei biocarburanti, ritenendo che in tal modo si possa ridurre la dipendenza dell’Europa dalle importazioni di combustibili fossili, abbattere le emissioni di gas serra, dare nuovi sbocchi allo sviluppo rurale e aprire nuove opportunità economiche in vari paesi in via di sviluppo.

Il documento, che costituisce una integrazione del piano d’azione per la biomassa[59], individua tre finalità precise:

-        promuovere i biocarburanti nell’UE e nei paesi in via di sviluppo, e garantire che la loro produzione e utilizzo siano compatibili con l’ambiente;

-        avviare i preparativi per un utilizzo su vasta scala dei biocarburanti migliorandone la competitività in termini di costi e aumentando le attività di ricerca sui biocarburanti “di seconda generazione”;

-        sostenere i paesi in via di sviluppo, compresi quelli interessati dalla riforma del regime dello zucchero, nei quali la produzione di biocarburanti potrebbe promuovere una crescita economica sostenibile.

La strategia descrive sette direttrici politiche principali nell’ambito delle quali sono raggruppate le misure che la Commissione intende adottare per incentivare la produzione e l’utilizzo dei biocarburanti. Tra tali misure:

-        presentare una relazione, nel corso del 2006, con cui affrontare il tema dell’eventuale riesame della direttiva sui biocarburanti (dir. 2003/30/CE), nella quale approfondire vari aspetti, tra cui quello della definizione degli obiettivi nazionali per la quota di mercato rappresentata dai biocarburanti, l’applicazione di obblighi in materia di biocarburanti e la garanzia della sostenibilità della produzione;

-        incentivare gli Stati membri a concedere un trattamento favorevole ai biocarburanti di “seconda generazione”, nell’ambito degli obblighi in materia di biocarburanti;

-        istituire un quadro di incentivi legati alla prestazione ambientale dei singoli carburanti e combustibili;

-        invitare il Consiglio e il Parlamento europeo ad approvare rapidamente la proposta legislativa intesa a promuovere l’acquisto pubblico di veicoli puliti ed efficienti[60], compresi quelli che utilizzano miscele con percentuali elevate di biocarburanti.

La comunicazione è stata esaminata dal Parlamento europeo il 23 marzo 2006 e dal Consiglio l’8 e il 27 giugno 2006.

Tasse sulle autovetture

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva in materia di tasse sulle autovetture (COM(2005)261).

La proposta stabilisce talune norme per il calcolo delle tasse sulle autovetture in base alle loro emissioni di biossido di carbonio, prevede l'abolizione delle tasse di immatricolazione e, in determinati casi, di un sistema per il loro rimborso.

Si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 20, comma 20.

 

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 3 febbraio 2006 la Commissione ha presentato ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia[61] alla quale si contesta la mancata presentazione, entro il 1° luglio 2004, della relazione nazionale annuale sulla promozione dei biocarburanti,: in tal modo l’Italia è venuta meno agli obblighi imposti dall’art. 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/30/CE sulla promozione dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha approvato un pacchetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia, per non aver recepito in modo adeguato le direttive comunitarie nel settore dell'energia. In particolare ha deciso:

§       il ricorso davanti alla Corte di Giustizia delle Comunità europee per la mancata presentazione della relazione annuale per il 2005 sull’utilizzo dei biocarburanti prevista dalla direttiva 2003/30/CE, il cui termine scadeva il 1° luglio 2005. La Commissione aveva inviato un parere motivato il 4 aprile 2006;[62]

§       l’invio di un parere motivato per non aver spiegato adeguatamente la decisione di fissare obiettivi per i biocarburanti sensibilmente inferiori al valore di riferimento del 2% stabilito per il 2005 dalla stessa direttiva 2003/30/CE[63].

 

 


Articolo 50
(Liquidazione o fusione della SOGESID)

 

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, a procedere alla liquidazione della Società per la gestione degli impianti idrici Spa (SOGESID) ovvero alla sua fusione per incorporazione in una società interamente partecipata dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.

2. Il comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, e successive modificazioni, è abrogato.

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a procedere, entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ad una delle due seguenti possibili operazioni societarie relative alla Società per la gestione degli impianti idrici S.p.A. (SOGESID):

§      liquidazione;

§      fusione per incorporazione in una società interamente partecipata dallo stesso Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Nella relazione illustrativa si legge che l’obiettivo della disposizione in commento è quello di “consentire la liquidazione della Sogesid, qualora il Ministero dell’economia e delle finanze verificasse il completamento della missione originariamente affidata alla società, con il sostanziale perseguimento degli obiettivi rappresentati dagli interventi nel settore idrico promossi dalla cd. legge Galli con particolare riferimento al Mezzogiorno. La liquidazione consentirebbe, inoltre, di evitare il sostenimento di ipotetici oneri finanziari connessi al versamento della quota parte di capitale sociale sottoscritto in sede di costituzione ma non ancora versato, pari a 20 milioni di euro. In alternativa la norma prevede la fusione per incorporazione della Sogesid in altra società interamente partecipata dal Ministero dell’economia, presumibilmente Sviluppo Italia S.p.A., al fine di trasferire a quest’ultima le competenze in materia di promozione e gestione degli interventi del settore idrico. Sarebbe così possibile razionalizzare gli interventi di infrastrutturazione del territorio nel Mezzogiorno, affidando ad un unico soggetto il doppio ruolo di interlocutore delle amministrazioni pubbliche locali – in grado di supportarle nell’attuazione di programmi di sviluppo produttivo e nelle attività progettuali e di realizzazione delle opere – e di referente esclusivo per il Governo per la realizzazione delle politiche di industrializzazione del territorio, perseguendo obiettivi di efficienza e di ottimizzazione nell’utilizzo delle risorse destinate al settore”.

 

 

La SOGESID S.p.A.[64]

La SOGESID, società per azioni a capitale interamente pubblico (Ministero dell'economia e delle finanze), è il soggetto strumentale che, in modo fiduciario, supporta le Pubbliche Amministrazioni centrali e locali (Ministeri, Regioni, ATO, Enti Locali) nel perseguimento delle politiche di industrializzazione nel settore delle risorse idriche, contribuendo all’attuazione delle grandi riforme introdotte con la legge n. 36/1994 (c.d. legge Galli) e con il d.lgs. n. 152/1999.

La SOGESID si configura essenzialmente come società di supporto tecnico delle strutture regionali/locali soprattutto nel Mezzogiorno, attraverso azioni ed interventi che concorrono da un lato ad avviare a soluzione le note criticità e, dall’altro, ad un utilizzo pieno ed efficace delle risorse nazionali e comunitarie (evitando il rischio “definanziamento”).

In particolare, la SOGESID:

-        accompagna e contribuisce ad accelerare le fasi della legge Galli e del processo di industrializzazione del settore idrico (ricognizioni, piani d'ambito, assistenza tecnica agli ATO, ecc.);

-        svolge attività propedeutiche - studi, progettazioni e assistenza tecnica - all’attuazione di interventi infrastrutturali (APQ, QCS 2000-2006, legge obiettivo n. 443/2001);

-        supporta Regioni e Commissari straordinari per le emergenze ambientali nell’attuazione della normativa nazionale che recepisce gli adempimenti comunitari in tema di salvaguardia dei corpi idrici.

-        contribuisce - attraverso attività di progettazione, direzione lavori ecc. - al superamento di alcune situazioni di criticità emergenziali sulla base di specifiche ordinanze.

Sotto il profilo strategico, l'attività della SOGESID si inquadra nell'ambito delle azioni volte alla realizzazione delle infrastrutture e alla modernizzazione della Pubblica Amministrazione nel Mezzogiorno.

 

Normativa di riferimento

Si ricorda che l’istituzione della SOGESID trova il suo fondamento normativo nell’art. 10 del D.Lgs. 3 aprile 1993 n. 96[65] che ha autorizzato il Commissario liquidatore della cessata Cassa per il Mezzogiorno a costituire una società per azioni alla quale affidare in regime di concessione la gestione degli impianti idrici già detenuti dalla stessa Cassa.

L’art. 10 del D.L. 23 giugno 1995, n. 244[66] prevede, inoltre, che il Ministero dei lavori pubblici, per quanto attiene alle funzioni di istruttoria, supporto tecnico, organizzazione e monitoraggio nel settore idrico, da attuarsi in linea con la legge 5 gennaio 1994 n. 36 (cd. legge Galli), possa avvalersi della SOGESID S.p.A.

Alle relative esigenze la Società provvede utilizzando le risorse trasferite o da trasferire a carico del fondo di cui all’art. 19 del D.lgs. 3 aprile 1993 n. 96, e successive modificazioni ed integrazioni, la cui destinazione è decisa dal CIPE.

Lo stesso articolo (comma 2) elenca una serie di compiti che possono essere affidati alla Sogesid.

 

Il comma 2 elimina la possibilità per altri soggetti di acquisire partecipazioni nella SOGESID, attraverso l’abrogazione del comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, e successive modificazioni[67].

Si ricorda, infatti, che il comma 4 dell'articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, dispone che al capitale sociale della SOGESID “possono partecipare, nei limiti stabiliti dall'azionista, imprese ed altri soggetti economici, nonché enti locali ed acquedottistici”.

 

Tale abrogazione, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, è finalizzata ad impedire la possibilità per i privati di acquisire partecipazioni nella SOGESID, e “si rende necessaria alla luce di recentissima giurisprudenza del Consiglio di Stato, per poter affidare direttamente a SOGESID lo svolgimento di servizi pubblici (affidamenti cd. in house)”.

 

La giurisprudenza richiamata sembra riferirsi alla sentenza n. 4440, depositata il 13 luglio 2006, dalla sezione V del Consiglio di Stato, che “costituisce il primo importante precedente giurisprudenziale del Consiglio di Stato dopo la rivoluzionaria stagione additiva della Corte di Giustizia in tema di in house providing[68]. Con tale provvedimento il Consiglio di Stato ha sottolineato – in tema di affidamento in house - come la presenza di clausole statutarie che ammettano la cessione di quote sociali a soggetti terzi una volta effettuato l’affidamento senza gara pubblica, pur prevedendo che l’ente locale mantenga la maggioranza delle azioni, possa comportare un aggiramento della disciplina comunitaria.

 


Articolo 149
(Enti irrigui)

1. Al fine di razionalizzare il sistema idrico nazionale, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sull'Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e della trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia, di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 18 marzo 1947, n. 281, ratificato, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 1952, n. 1005, sono trasferiti alle regioni Puglia e Basilicata, che li esercitano tenuto conto anche degli interessi delle regioni limitrofe e delle priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.

2. All'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441, e successive modificazioni, le parole: «è prorogato di cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «è prorogato di sei anni». L'onere per l'attuazione del presente comma per l'anno 2007 è pari a euro 271.240.

3. Le disposizioni dell'articolo 22 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, non si applicano alle spese per l'energia utilizzata per il sollevamento dell'acqua ai fini della sua distribuzione.

4. Stralciato.

 

 

L’articolo 149 detta norme sul sistema idrico nazionale e in materia di enti irrigui

 

Il comma 1 è volto a razionalizzare il sistema idrico nazionale, trasferendo alle regioni Puglia e Basilicata, tutti i diritti, i poteri e le funzioni spettanti al dicastero agricolo sull’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia. L’attività delle regioni titolari dei nuovi poteri e funzioni deve in ogni caso tener conto degli interessi delle regioni limitrofe e deve essere diretta a rispettare le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque.

L’Ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia (EIPLI) - istituito nel 1947 con il D.Lgs.cps n. 281, come persona giuridica di diritto pubblico sotto la vigilanza del Ministero dell'agricoltura ‑ gestisce otto dighe, alle quali vanno aggiunte alcune centinaia di chilometri di canali di adduzione. L'attività dell'ente è finalizzata a far fronte alle esigenze potabili delle popolazioni della Puglia e della Basilicata, al fabbisogno irriguo di vasti comprensori delle stesseregioni, nonché di agglomerati industriali.

In merito alle funzioni di competenza del Ministero delle politiche Agricole, va menzionato il D.Lgs. n. 330/1999, di riforma dell’organizzazione del Governo a norma della legge Bassanini, che ha confermato che restano di sua pertinenza quelle in precedenza previste dal D.Lgs. n. 143/1997, di riforma del dicastero agricolo.

Al ministero spettano pertanto, in quanto non ritenuti trasferibili, compiti di disciplina generale e di coordinamento nazionale in materia grandi reti infrastrutturali di irrigazione di rilevanza nazionale.

Merita anche rammentare che l’Ente di irrigazione ha goduto di numerosi trasferimenti di risorse di parte pubblica, anche mediante l’iscrizione nel bilancio statale di limiti d’impegno di norma quindicennali.

Per quanto riguarda le priorità previste dalla normativa vigente per gli usi delle acque, occorre fare riferimento alle norme contenute nella Parte terza – Sezione terza (Gestione delle risorse idriche) del decreto legislativo n. 152/2006, che ha sostituito la precedente normativa recata dalla legge n. 36/1994 (cd. legge Galli).

L’art. 144 (tutela e uso delle risorse idriche) dispone che “le acque costituiscono una risorsa che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi loro uso è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale” e che “la disciplina degli usi delle acque è finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente, l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici”, ma soprattutto che “gli usi diversi dal consumo umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti e a condizione che non ne pregiudichino la qualità”.

A tale priorità si affianca quella stabilita dall’art. 167 in materia di usi agricoli delle acque, secondo cui “nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura”.

 

Il comma 2 proroga di un ulteriore anno l’attività dell’Ente irriguo umbro-toscano, modificando per la quinta volta l’articolo 5 del D.L. n. 381/2001.

Il conseguente onere è quantificato in 271,2 milioni di euro.

L'Ente irriguo umbro-toscano, istituito dalla legge 18 ottobre 1961, n. 1048 per la durata di trenta anni, è un ente di diritto pubblico sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali[69].

Successivamente alla scadenza del termine originariamente previsto (7 novembre 1991), l’Ente ha potuto continuare ad operare in virtù di una serie di proroghe così disposte:

§      di dieci anni dal decreto-legge 6 novembre 1991, n. 352, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 411;

§      di un ulteriore anno dall’articolo 5 del decreto-legge 22 ottobre 2001, n. 381, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 21 dicembre 2001, n. 441.

Il termine di un anno, posto dall’articolo 5 del sopra menzionato decreto n. 281, è stato oggetto, a sua volta, delle seguenti sostituzioni:

§      due anni con l'articolo 69, comma 7, della legge 27 dicembre 2002, n. 289;

§      tre anni (fino al 7 novembre 2004) dall'articolo 52-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326;

§      quattro anni (fino al 7 novembre 2005) dall’articolo 4 del decreto-legge 9 novembre 2004, n. 266, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 306;

§      cinque anni (fino 7 novembre 2006) dall’articolo 6 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182.

 

Il comma 3 prevede che le spese per l’energia utilizzata per il sollevamento dell’acqua, allo scopo di consentire la sua distribuzione, vengano escluse dal taglio degli stanziamenti per consumi intermedi, disposto con l’art. 22 del D.L. n. 223/2006[70]

L’articolo 22 del decreto-legge n. 223 del 2006 ha introdotto disposizioni volte a ridurre gli stanziamenti di spesa per consumi intermedi - ovvero, dei costi di produzioneconcernenti i beni di consumo e servizi ed il godimento di beni di terzi, per gli enti che adottano una contabilità esclusivamente civilistica - previsti nei bilanci relativi all’anno 2006 di enti ed organismi pubblici non territoriali, inseriti nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni e soggetti alla cd. regola del 2 per cento (comma 1), nonché a contenerne le relative previsioni di spesa nei bilanci del triennio 2007-2009 (comma 2).

Si tratta di disposizioni analoghe a quelle già disposte, a partire dal 2002, con il c.d. provvedimento “tagliaspese” (D.L. 6 settembre 2002, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002), confermate per il 2004 dal D.L. 12 luglio 2004, n. 168 (legge n. 191/2004) e per il 2005 dal D.L. n. 203/2005 (provvedimento collegato alla finanziaria per il 2006).

 


Articolo 156
(Norme in materia di bioenergie)

 

1. Al comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal comma 421 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) al terzo periodo le parole: «un contingente annuo di 200.000 tonnellate», sono sostituite dalle seguenti: «un contingente di 250.000 tonnellate, da utilizzare su autorizzazione del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, assegnandolo in base a criteri che in via prioritaria tengono conto della quantità di prodotto proveniente da intese di filiera, da contratti quadro o contratti di programma agroenergetico, nonché dell'occupazione diretta ed indiretta coinvolta, definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dello sviluppo economico»;

       b) il quinto periodo è sostituito dal seguente: «Le quote di biodiesel non utilizzate nell'anno 2006 sono aggiunte al contingente di 250.000 tonnellate previsto per l'anno 2007, allo stesso contingente è aggiunto anche il quantitativo derivante dall'applicazione delle sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato».

2. Per l'anno 2007, il decreto previsto dal comma 6 dell'articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come da ultimo modificato dal presente articolo, è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Nelle more della sua adozione, l'Agenzia delle dogane, tenendo conto dei criteri prioritari di cui al terzo periodo del medesimo comma 6 dell'articolo 21, attribuisce in via provvisoria quote fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate.

3. Il comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, è sostituito dal seguente:

«422. L'importo previsto dall'articolo 21, comma 6-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 520 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, non utilizzato negli anni 2005 e 2006, è destinato alla costituzione di un apposito Fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per l'incentivazione, la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, destinando l'importo di 15 milioni di euro a programmi di ricerca e sperimentazione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nel campo bioenergetico».

4. All'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) al comma 1 è aggiunto il seguente periodo: «Per gli esercizi 2008, 2009 e 2010, è stanziato un importo annuo di 73 milioni di euro»;

       b) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Dal 1o aprile 2007 i produttori di carburanti diesel e di benzina sono obbligati ad immettere al consumo biocarburanti di origine agricola in misura dell'1 per cento dei carburanti diesel e della benzina immessi al consumo nell'anno precedente. Tale percentuale, espressa in potere calorifico inferiore, è incrementata annualmente di 1 punto percentuale dal 1o gennaio 2008 fino all'anno 2012»;

       c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

       «3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 marzo 2007, sono stabilite le modalità per l'invio da parte dei produttori di carburanti diesel e di benzina, con autocertificazione dei dati relativi all'immissione al consumo di biocarburante di origine agricola, riferiti all'anno in corso ed all'anno precedente. Con detto decreto sono altresì stabilite le misure e le sanzioni per il mancato rispetto dell'obbligo previsto dal comma 2. Gli importi derivanti dalla comminazione delle eventuali sanzioni sono versati al fondo di cui al comma 422 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, per essere riassegnati quale maggiorazione del quantitativo di biodiesel che annualmente può godere della riduzione dell'accisa o in aumento allo stanziamento previsto per l'incentivazione del consumo di bioetanolo»;

       d) al comma 5, le parole: «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 31 marzo 2007».

5. Al comma 423 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, dopo le parole: «agroforestali e fotovoltaiche», sono inserite le seguenti: «nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell'impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli».

 

 

L’articolo 156 detta norme volte a promuovere le bioenergie.

In particolare, la disposizione interviene sul contingente annuo di biodiesel esente da accisa (commi 1 e 2), sulla promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche e sulla sperimentazione e ricerca nel campo bioenergetico (comma 3), sull’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola (comma 4), sui carburanti ottenuti da produzioni vegetali e sulle materie plastiche ottenute da prodotti agricoli (comma 5).

 

Il commi 1 e 2 intervengono sull’articolo 21, comma 6, del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, emanato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, riguardante l’accisa sul biodiesel.

Le modificazioni apportate comportano:

a)      l’innalzamento del contingente annuo di biodiesel esentato da accisa da 200.000 a 250.000 tonnellate;

b)      la necessità dell’autorizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per l’utilizzazione dell’intero contingente (e non solo nel limite di 20.000 tonnellate, come attualmente previsto);

c)      la rideterminazione dei criteri di assegnazione del contingente, la cui definizione è rimessa a un successivo decreto ministeriale, da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore delle legge (nelle more dell’adozione del decreto l’Agenzia delle dogane può attribuire quote provvisorie fino ad un massimo mensile di 15.000 tonnellate);

d)      l’utilizzazione delle quote di biodiesel non utilizzate nel 2006 e del quantitativo derivante dall’applicazione delle sanzioni irrogate dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ai fini dell’incremento del contingente per il 2007.

 

Si fa presente che la portata della novella proposta al comma 1 appare di incerta definizione, in quanto essa non risulta correttamente coordinata con il testo che è oggetto di modifica. Inoltre, potrebbe essere opportuno specificare a quali sanzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato s‘intenda fare riferimento.

Si fa presente, inoltre, che la norma appare produttiva di oneri privi di copertura finanziaria (nella relazione illustrativa si afferma che l’aumento del contingente viene consentito dalla riduzione “dell’accisa dal 100% al 70%, da operare attraverso il previsto decreto ministeriale”; si osserva, tuttavia, che nel testo normativo non viene fatta alcuna menzione di tale circostanza).

 

Si segnala infine che in materia di biodiesel interviene anche l’articolo 26 del presente provvedimento sostituendo l’esenzione dall’accisa con una tassazione del 20%.

L’articolo 21, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1995 ("Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative")[71], nel disciplinare i prodotti sottoposti ad accisa, prevede, nell’ambito di uno specifico programma, un’esenzione dall’accisa per il biodiesel puro o miscelato con olî minerali a decorrere dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, nei limiti di un contingente annuo di 200.000 tonnellate. L’esenzione si applica al prodotto utilizzato sia come carburante, sia come combustibile, come additivo, oppure anche solo per accrescere il volume finale dei carburanti o dei combustibili.

Il biodiesel, ottenuto da olî vegetali di colza, soia o girasole, è un carburante particolarmente versatile e di impiego immediato. Può essere utilizzato subito come sostituto del gasolio, puro o in miscela con quest’ultimo, come carburante nel settore dei trasporti e come combustibile per il riscaldamento senza modificare motori o caldaie.

Il biodiesel è definito dalle specifiche internazionali CEN con la sigla FAME (Fatty Acid Methyl Esters) con le due differenti caratteristiche di combustibile per uso trazione (prEN14214-UNI10946) e riscaldamento (prEN14213-UNI10947).

La produzione italiana di biodiesel, in costante aumento, dovrebbe raggiungere nel breve termine, secondo le valutazioni dell’Associazione italiana produttori biodiesel, le 300.000 tonnellate annue, a fronte di una produzione europea di circa un milione di tonnellate annue.

In particolare nel programma nazionale sui biocombustibili (Probio), approvato con la del CIPE n. 27/2000 in attuazione dell’art. 3 della legge n. 423 del 1998, si precisa che il termine «biocombustibili» individua, nella sua accezione più ampia, l'insieme di quelle biomasse o prodotti derivanti dalle biomasse che presentano caratteristiche fisico-chimiche tali da renderli utilizzabili in processi di combustione od altra trasformazione termochimica.

I biocombustibili, in funzione del loro stato, possono essere classificati in: solidi (legno, paglie, pallets, etc.), liquidi (olî vegetali, alcoli, eteri, esteri, etc.), gassosi (biogas da digestione anaerobica etc.). Un ulteriore metodo di classificazione divide i biocombustibili in biomasse tal quali (ad es. paglia) e in combustibili derivanti da una qualche trasformazione di biomasse tal quali (ad es. pallets).

Per biomassa, infine, in base al D.Lgs. n. 128 del 2005[72], deve intendersi la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.

 

Il comma 3 sostituisce il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), prevedendo che le risorse destinate al Progetto sperimentale “bioetanolo”, non utilizzate negli anni 2005 e 2006, siano destinate:

§      alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

§      fino a 15 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico.

 

Si osserva che la disposizione in esame non appare conforme alla vigente disciplina contabile, in quanto prevede per il 2007 l’utilizzo di risorse stanziate per il 2005 e il 2006 e introduce dunque una deroga rilevante al principio di annualità del bilancio.

 

Il comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005, attualmente vigente, prevede che le risorse destinate al Progetto sperimentale «bioetanolo» non utilizzate nel 2005 siano destinate per l'anno 2006:

§      fino a 21 milioni di euro, per l’aumento fino a 20.000 tonnellate del contingente di cui al comma 421 (contingente annuo di biodiesel, puro o miscelato con olî minerali, esentato dall'accisa nell'ambito di un programma della durata di sei anni, dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2010, fino alla quantità di 200.000 tonnellate);

§      fino a 5 milioni di euro, per programmi di sperimentazione e ricerca del Ministero delle politiche agricole e forestali nel campo bioenergetico;

§      per il restante importo, alla costituzione di un apposito fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche, anche attraverso l'istituzione di certificati per incentivare la produzione e l'utilizzo di biocombustibili da trazione, da utilizzare secondo le linee di indirizzo definite dalla Commissione biocombustibili.

 

Il Progetto sperimentale “bioetanolo” è stato previsto dall’articolo 22 della legge n. 388 del 2000, il quale ha disposto una riduzione dell’imposta gravante su alcuni prodotti petroliferi (bioetanolo derivato da prodotti di origine agricola, etere etilterbutilitico derivato da alcole di origine agricola, additivi e riformulati prodotti da biomasse) al fine di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche a basso impatto ambientale. Da ultimo, l’articolo 1, comma 520 della legge 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005), ha differito dal 1° gennaio 2003 al 1° gennaio 2005 la decorrenza dell’inizio del progetto, disponendo per esso uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

 

In merito ai certificati di cui la norma fa menzione, sembra doversi far riferimento ai certificati verdi che costituiscono il nuovo strumento di incentivazionedell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili, definito dall’art. 11 del il decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999. Tale decreto legislativo, con il quale è stato previsto il superamento del vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come Cip6, ha recepito la direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica, ed è stato perfezionato con i successivi decreti ministeriali 11 novembre 1999 e 18 marzo 2002. Il nuovo criterio adottato per l’incentivazione delle fonti rinnovabili consiste nell’obbligo, a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata nel 2% di quanto prodotto o importato dell’anno precedente, è incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete, godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GRTN rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV), titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano all’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GRTN, il decreto ministeriale 11 novembre 1999 stabilisce sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica. I certificati verdi sono commerciabili in un mercato parallelo svincolato da quello dell’elettricità, attraverso la piattaforma di negoziazione (borsa dei CV) organizzata presso la società Gestore del Mercato (GME), oppure mediante contratti bilaterali. L’avvio della borsa dei certificati verdi è stato sancito dal decreto ministeriale 14 marzo 2003. Nel mercato dei certificati verdi la domanda è formulata dai produttori ed importatori soggetti all’obbligo della quota minima; mentre l'offertaè rappresentata dai Certificati Verdi emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione IAFR dal Gestore della rete, così come dai Certificati Verdi che il GRTN stesso emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta dagli impianti Cip 6.

 

Il comma 4 modifica in più parti l’articolo 2-quater del decreto legge 10 gennaio 2006, n. 2, concernente lo sviluppo della filiera agroenergetica e l’immissione in consumo di biocarburanti di origine agricola.

In particolare, per effetto delle modifiche:

§      viene rinviato dal 1° luglio 2006 al 1° aprile 2007 l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola,in una misura pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente (misura crescente di un punto percentuale annuo dal 1° gennaio 2008 al 2012) e non viene più imposto che i biocarburanti in questione debbano essere oggetto di un’intesa di filiera, di un contratto-quadro o di un contratto di programma agroenergetico (lettera b));

§      viene previsto uno stanziamento di 73 milioni di euro annui.

§      viene rinviato al 31 marzo 2007 il termine per l’adozione del decreto ministeriale chiamato a definire le modalità per l’invio (da parte dei produttori di carburanti diesel e benzina) dei dati di immissione al consumo di biocarburanti di origine agricola, nonché le sanzioni per il mancato rispetto dell’obbligo, prevedendo, altresì, che gli importi derivanti dalle sanzioni comminate sono riassegnati quale maggiorazione del contingente di biodiesel esente da accisa ai sensi del comma 422 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006)[73];

§      viene rinviata al 31 marzo 2007 la delibera della disciplina dei contratti di programma agroenergetici da parte del CIPE[74];

 

L’articolo 2-quater del decreto-legge n. 2 del 2006, nel quadro degli obiettivi indicativi nazionali stabiliti sulla base della normativa comunitaria, ha introdotto l’obbligo per i produttori di carburanti diesel e di benzina, a decorrere dal 1° luglio 2006, di immettere al consumo biocarburanti di origine agricola, nell’ambito di un’intesa di filiera, di un contratto quadro o di un contratto di programma agroenergetico (la cui disciplina è rimessa al CIPE), in una misura, crescente di un punto percentuale annuo fino al 2010, pari all’1% dei carburanti immessi al consumo nell’anno precedente.

 

Il comma 5 integra il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) al fine di far rientrare nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato, nonché di qualificarla come attività connessa all’attività agricola, anche l’attività svolta dalle aziende diretta alla produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali dell’impresa e di materie plastiche da prodotti agricoli.

 

Il comma 423 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 ha ricondotto nell’ambito del reddito agrario, con il conseguente trattamento fiscale agevolato effettuato su base catastale, l’attività svolta dalle aziende agricole diretta alla produzione e alla cessione di energia elettrica mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili agroforestali, qualificandola come attività connessa all’attività agricola. L’articolo 2-quater, comma 11, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, ha modificato la disposizione ricomprendendovi anche la produzione e cessione di energia calorica e riferendola anche alle attività svolte mediante l’utilizzo di fonti rinnovabili fotovoltaiche.

 

Per l’individuazione della figura soggettiva dell’imprenditore agricolo, va richiamato l’art. 2135 c.c., recentemente modificato dall’art. 1, comma 1 del decreto legislativo n. 228 del 2001 (cosiddetta “legge di orientamento”), in base al quale è tale chiunque eserciti una delle seguenti attività:

-       coltivazione del fondo;

-       silvicoltura;

-       allevamento di animali;

-       attività connesse alle precedenti.

Per coltivazione del fondo, silvicoltura, o allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico, o di una fase necessaria al ciclo stesso, che utilizzino o possano utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci, salmastre o marine.

Per “attività connesse” si intendono le attività, svolte dallo stesso imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, che l’imprenditore abbia ottenuto in prevalenza dalla coltivazione del fondo o del bosco, o dall'allevamento di animali. Sono parimenti “attività connesse” anche quelle dirette alla fornitura di beni o servizi, che siano svolte con il prevalente utilizzo di attrezzature o risorse aziendali normalmente impiegate nell'attività agricola; rientrano pertanto fra le attività connesse anche le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità (es. agriturismo).

Infine, si considerano imprenditori agricoli anche le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi, quando utilizzino, per lo svolgimento delle attività sopra illustrate, prevalentemente prodotti dei soci, oppure ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico (comma 2).

 

In merito alla definizione di reddito agrario va richiamato l’articolo 32 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante Testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, che stabilisce che il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell'esercizio di attività agricole su di esso.

Il reddito agrario è determinato catastalmente applicando le tariffe d’estimo fissate nella legge catastale e sottoposte a revisione periodica.

Ai fini dell’applicazione del citato articolo 32 del TUIR sono considerate attività agricole (comma 2):

a)       le attività dirette alla coltivazione del terreno e alla silvicoltura;

b)      l'allevamento di animali con mangimi ottenibili per almeno un quarto dal terreno[75] e le attività dirette alla produzione di vegetali tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, anche provvisorie, se la superficie adibita alla produzione non eccede il doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste;

c)       le attività di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione, ancorché non svolte sul terreno, di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali[76].

Qualora le attività di cui alle sopra indicate lettere b) e c) superino i limiti stabiliti, la parte di reddito imputabile all’attività eccedente è da considerarsi reddito d’impresa e la sua determinazione segue le relative regole (articolo 56-bis del TUIR).

Qualora le attività agricole, indipendentemente dal fatto che rientrino o meno nei limiti stabiliti dalle lettere b) e c), siano esercitate da società in nome collettivo e in accomandita semplice, nonché da stabili organizzazioni di persone fisiche non residenti, esercenti attività di impresa, il reddito conseguito da questi soggetti si considera sempre reddito di impresa ed è pertanto determinato secondo la relativa disciplina (articolo 55, comma 2, lettera b), del TUIR).

 

Per quanto concerne i biocombustibili si rinvia al commento dei precedenti commi 1 e 2 dell’articolo in esame.

 

La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 13 febbraio 2006, al par. 9.2, relativo alla produzione di energia elettrica ed alle attività agricole connesse, osserva che l’articolo 1, comma 123 della legge finanziaria 2006 “fa inequivocabilmente rientrare i relativi redditi fra i redditi agrari stimati catastalmente. Con la norma in questione il legislatore ha ritenuto di assoggettare i redditi relativi alle attività di produzione di energia elettrica al regime dei redditi agrari, superando, limitatamente a questa tipologia di attività, le disposizioni generali relative alla tassazione dei redditi ottenuti dalle attività di fornitura di beni sopra citate”, i quali – in quanto attività di fornitura di beni o di fornitura di servizi – sarebbero ex se rispettivamente soggetti alla disciplina dei redditi d'impresa:

-       determinati analiticamente ai sensi dell'articolo 56 del TUIR;

-       assoggettabili al regime forfetario di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del medesimo TUIR.

Il successivo par. 9.3 della medesima circolare precisa che l’agevolazione non può intendersi estesa al regime delle predette attività agli effetti dell’IVA, e che pertanto non sia ad esse applicabile il regime speciale previsto per i produttori agricoli dall’articolo 34-bis del D.P.R. n. 633 del 1972, tale estensione risultando fra l’altro preclusa dalla vigente disciplina comunitaria.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Esenzioni e riduzioni di accisa

Il bioetanolo, il biodiesel ed altri carburanti sono ricompresi nell’allegato II della direttiva 2003/96/CE che elenca una serie di esenzioni o riduzioni delle aliquote di accisa sui prodotti energetici.

Il 30 giugno 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione dal titolo Riesame delle deroghe di cui agli allegati II e III della direttiva 2003/96/CE che scadono entro la fine del 2006 (COM(2006)342).

Per il contenuto vedi la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 30, comma 5.

Biocarburanti

(Vedi scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 26.)

Piano di azione per la biomassa

Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628).

La Commissione individua nella biomassa una delle possibili opzioni per contribuire al perseguimento di obiettivi generali di politica energetica, quali la riduzione della dipendenza dalle importazioni di energia e la limitazione delle emissioni inquinanti. Il piano di azione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, a rafforzare l'offerta, a rimuovere gli ostacoli tecnici e a sviluppare la ricerca, al fine di promuovere l’impiego della biomassa in tre settori prioritari di intervento: il riscaldamento, l’elettricità e i trasporti.

 

Il Consiglio, nella riunione dell’8 e 9 giugno 2006, ha approvato conclusioni in relazione al piano d’azione sulla biomassa.

In particolare, il Consiglio ha accolto con favore le comunicazioni della Commissione relative al piano d’azione sulla biomassa e alla strategia dell’UE per i biocarburanti, e ha invitato la Commissione stessa a considerare prioritarie alcune questioni quali, tra l’altro, la ricerca sulla biomassa e in particolare quella sui biocarburanti di seconda generazione, la creazione di mercati per la biomassa funzionanti trasparenti e aperti, la promozione di campagne di informazione, l’adozione di norme tecniche per i biocarburanti nonché la revisione della direttiva sulla qualità dei carburanti.

Energie rinnovabili

Il 29 settembre 2005 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla quota delle energie rinnovabili nell’Unione europea.

Il Parlamento europeo, in particolare, ha sollecitato il ricorso ai Fondi strutturali per promuovere l’utilizzo della biomassa ed ha esortato gli Stati membri a fare in modo che la politica fiscale nazionale non sia d’ostacolo per lo sviluppo della biomassa, ritenendo che gli incentivi sotto forma di tagli fiscali possano contribuire alla promozione delle energie rinnovabili. Il Parlamento europeo ha auspicato inoltre che nel lungo termine venga sviluppato un sistema europeo di incentivi armonizzato che favorisca un uso efficiente delle fonti energetiche rinnovabili e che preveda periodi di transizione sufficienti per i regimi di aiuto nazionali.

L’8 marzo 2006 la Commissione europea ha presentato il Libro verde “Una strategia europea per un’energia sostenibile, competitiva e sicura” (COM(2006)105), inteso ad illustrare le nuove realtà con le quali l’Europa deve confrontarsi nel settore energetico nonché a delineare gli argomenti di dibattito e le opzioni che potrebbero costituire la base di una politica energetica europea più integrata attraverso l’individuazione di tre obiettivi fondamentali per una strategia europea in campo energetico: la sostenibilità, la competitività e la sicurezza dell’approvvigionamento.

La Commissione propone, tra l’altro, di incrementare l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili, ricordando che la produzione di energia rinnovabile deve essere sostenuta da apposite politiche settoriali atte, in particolare, a stimolare una maggiore competitività di tali fonti energetiche nel pieno rispetto delle norme in materia di concorrenza. La Commissione prospetta la presentazione di una Road Map dell’energia rinnovabile che sia in grado di affrontare le questioni principali per una efficace politica dell’UE in materia di energia rinnovabile.

Sul Libro verde si è svolta un’ampia consultazione pubblica che si è conclusa il 24 settembre 2006.

 

Il Consiglio europeo del 23-24 marzo 2006 ha dedicato un apposito paragrafo delle conclusioni ad una politica energetica per l’Europa, nelle quali accoglie favorevolmente il Libro verde della Commissione e delinea una serie di azioni che potrebbero contribuire al conseguimento dei tre obiettivi indicati dal Libro verde tra cui l’attuazione del piano d’azione per la biomassa.

Efficienza energetica

Il 22 giugno 2005 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sull’efficienza energeticaFare di più con meno” (COM(2005)265).

(Per gli aspetti generali del Libro verde si veda la scheda Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE relativa all’articolo 22).

La Commissione ritiene, tra l’altro, che l’imposizione fiscale sui prodotti energetici, sotto forma di diritti, rientra tra le competenze dell’Unione e che tale strumento possa essere utilizzato per progredire verso l’armonizzazione dei regimi fiscali, ad esempio a favore dei veicoli che utilizzano combustibili più puliti e con migliori prestazioni sotto il profilo energetico.

Revisione del regime di aiuto a favore delle colture energetiche

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla revisione del regime a favore delle colture energetiche unitamente ad una proposta di regolamento intesa a modificare e rettificare il regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune, e a modificare il regolamento (CE) n. 1698/2005 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) (COM(2006)500).

La Commissione propone, a partire dal 2007, di estendere il regime di aiuto alle colture energetiche ai nuovi Stati membri dell'UE e di autorizzare il versamento di un aiuto nazionale per agevolare l'avvio della produzione di colture pluriennali destinate alla produzione di biomassa.

La proposta è stata adottata dopo la presentazione da parte della Commissione, nel febbraio scorso, della “strategia” comunitaria volta a sviluppare la produzione di biocarburanti (vedi scheda art. 26). L'importo dell'aiuto alle colture energetiche, che mira ad incitare gli agricoltori a produrre le materie prime che permettono di fabbricare biocarburanti raggiunge i 45 euro/ha per un'area coltivata massima garantita di 1,5 milioni di ettari.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

In relazione al recepimento della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, la Commissione europea ha avviato, nei confronti dell’Italia, tre procedure di infrazione.

 

Con lettera di messa in mora[77] del 13 dicembre 2005, la Commissione ha contestato all’Italia che l’articolo 17 del decreto legislativo 29 dicembre 2003,   n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE, configurerebbe la possibilità di sostegno a fonti energetiche non definite come rinnovabili dalla direttiva stessa[78].

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[79]con cui contesta le diverse procedure messe in atto a livello regionale e comunale per il rilascio di permessi di costruzione e gestione degli impianti di energia idroelettrica, in particolare nelle province autonome di Trento e di Bolzano. Tali sistemi autorizzatori non sono ritenuti dalla Commissione conformi alle disposizioni relative alle procedure amministrative di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/77/CE.

 

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora,[80] nella quale rileva che le misure messe in atto dall’Italia per conformarsi alle disposizioni della direttiva 2001/77/CE (decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387) rappresentano un mero recepimento formale della direttiva, per la cui concreta attuazione sarebbe necessaria l’introduzione di specifiche norme. La Commissione, inoltre, pone in evidenza che alcuni degli atti normativi di cui il D.Lgs n. 387 del 2003 prevedeva l’emanazione, non sono stati adottati secondo le scadenze previste dal decreto.

 


Articolo 157
(Interventi per la difesa del mare)

 

1. Per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

 

 

L’articolo 157 destina risorse pari a 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per l'attuazione di programmi annuali di interventi per la difesa del mare previsti dalla legge 31 dicembre 1982, n. 979 e dei protocolli attuativi della Convenzione di Barcellona per la protezione del mar Mediterraneo dalle azioni di inquinamento del 16 febbraio 1976, ratificata con legge 25 gennaio 1979, n. 30.

 

Si osserva, in merito alla formulazione dell’articolo in esame, che il riferimento ai programmi annuali di interventi per la difesa del mare dovrebbe essere più propriamente indirizzato al Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino di cui all’art. 1 della legge n. 979, in quanto la stessa legge non fa menzione di singoli programmi annuali. In alternativa, l’articolo potrebbe rinviare genericamente all’attuazione degli interventi per la difesa del mare previsti dalla stessa legge n. 979.

 

Si fa presente che il disegno di legge finanziaria in esame reca anche un rifinanziamento - in Tabella C - della legge n. 979 del 1982, pari a 40,67 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009, analogo a quanto disposto dalla legge finanziaria 2006 per il triennio 2006-2008.

Si ricorda, in relazione alla legge 31 dicembre 1982, n. 979, che essa rappresenta a tutt’oggi, malgrado sia trascorso più di un ventennio dalla sua approvazione, la legge organica sulla difesa del mare, non avendo subito, nel frattempo, sostanziali modifiche rispetto all’impianto originario. Essa prevede disposizioni volte sia alla protezione dell'ambiente marino ed alla prevenzione di effetti inquinanti le risorse marine, sia alla definizione di un piano operativo da attuarsi in caso di sinistri in mare.

Per la realizzazione delle finalità previste dall'art. 1 della legge n. 979, il Ministero dell'ambiente elabora, d'intesa con le regioni un "Piano generale in difesa del mare e delle coste dall'inquinamento e di tutela dell'ambiente marino" valido su tutto il territorio nazionale[81] che indirizza, promuove e coordina gli interventi e le attività in materia di difesa del mare e delle coste dagli inquinamenti e di tutela dell'ambiente marino, secondo criteri di programmazione e con particolare rilievo alla previsione degli eventi potenzialmente pericolosi e degli interventi necessari per delimitarne gli effetti e per contrastarli una volta che si siano determinati. Tale piano, di durata non inferiore al quinquennio, dovrà poi essere approvato dal CIPE.

A seguito della riforma dell'organizzazione del Governo disposta dal decreto legislativo n. 300 del 1999, è stato istituito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, al quale sono state attribuite le funzioni statali in quattro aree funzionali (art. 36), fra le quali (lettera d) del comma 1 dello stesso art. 36) le funzioni relative alla “gestione e tutela delle risorse idriche; prevenzione e protezione dall'inquinamento idrico; difesa del mare e dell'ambiente costiero”. Tali funzioni sono state successivamente assegnate, con l’ultimo regolamento di riorganizzazione del Ministero disposto con DPR 17 giugno 2003, n. 261, alla Direzione generale per la protezione della natura che ha accorpato, sostanzialmente, le funzioni che erano state assegnate dal DPR n. 178 del 2001 alla Direzione per la conservazione della natura ed alla Direzione per la difesa del mare.

Il recente decreto-legge n. 181 del 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ha, infine, provveduto a modificare, per più aspetti, l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999, con particolare riferimento all’articolazione in Ministeri e al riparto delle competenze. Nello specifico, per il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, l’art. 1, comma 1 del decreto-legge ha sostituito il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Per quanto riguarda la Convenzione di Barcellona sulla salvaguardia del mar Mediterraneo dall'inquinamento, con la legge 25 gennaio 1979, n. 30 l’Italia ha trasposto nel proprio ordinamento giuridico le disposizioni in essa contenute[82]. Gli obblighi dettati dalla Convenzione di Bercellona si riassumono nel dovere di adottare tutte le misure appropriate volte a prevenire, ridurre e combattere l’inquinamento del Mar Mediterraneo o quantomeno migliorarlo. La Convenzione include una serie di strumenti, noti come "Protocolli", che se propriamente ratificati ed implementati (tramite la loro trasposizione nella legislazione nazionale), proteggeranno dall’inquinamento industriale il mar Mediterraneo e le sue aree costiere La Convenzione consta di una parte “generale” e di 6 protocolli, inerenti, ciascuno, uno specifico aspetto della protezione del Mediterraneo:

§      Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento derivante da fonti ed attività terrestri (Protocollo LBS);

§      Protocollo per la prevenzione e l’eliminazione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da scarichi di imbarcazioni ed aerei o per incenerimento in mare (Protocollo Dumping);

§      Protocollo relativo alle aree particolarmente protette e alla diversità biologica nel Mediterraneo (Protocollo SPA e biodiversità);

§      Protocollo per la protezione del Mar Mediterraneo contro l’inquinamento derivante dall’esplorazione della piattaforma continentale, del fondo marino e del suo sottosuolo (Protocollo Offshore);

§      Protocollo sulla prevenzione dell’inquinamento del Mar Mediterraneo derivante da movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e dal loro smaltimento (Protocollo rifiuti pericolosi);

§      Protocollo riguardante la cooperazione nella lotta all’inquinamento del Mar Mediterraneo in casi d’emergenza derivante da petrolio e da altre sostanze pericolose (Protocollo sulle emergenze).

Considerando lo stato delle ratifiche della Convenzione e dei sei Protocolli (sia di quelli nuovi che emendati), solo il nuovo Protocollo sulle aree protette e sulla biodiversità è entrato in vigore (12 dicembre 1999). Finora, solo la Tunisia ha ratificato tutti i protocolli mentre il Principato di Monaco, l'Italia e la Spagna hanno ratificato tutti i protocolli, fatta eccezione per quello riguardante i rifiuti pericolosi ed il Protocollo Offshore.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 7 giugno 2006 la Commissione ha presentato il Libro verde “Verso una politica marittima dell’Unione: una visione europea degli oceani e dei mari” inteso ad avviare un dibattito sulla futura politica marittima comunitaria, definita attraverso una nuova prospettiva d’insieme e la ricerca di strategie che coordino in modo sistematico le politiche concernenti tutti i settori che hanno un impatto su mari e oceani.

Finora le politiche europee concernenti tutti i settori collegati al mare, ritenuto elemento fondamentale della prosperità dell’Europa, sono state sviluppate seguendo strategie differenti. Il Libro verde si propone di istituire un nuovo approccio integrato che sia in grado di liberare il potenziale non ancora valorizzato in termini di crescita e occupazione, rafforzando la protezione dell’ambiente marino.

Il Libro verde intende aprire un ampio processo di consultazione nel corso di un periodo che scadrà a fine giugno 2007, al termine del quale la Commissione, sulla base dei risultati riscontrati, deciderà se avanzare o meno proposte legislative.

Nel quadro del sesto programma d’azione per l’ambiente, il 24 ottobre 2005 ha presentato la Commissione la strategia tematica per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino (COM(2005)504) e una proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino (COM(2005) 505).

Obiettivo finale della strategia è quello di raggiungere un buono livello ecologico dell’ambiente marino entro il 2021 e di proteggere tale risorsa dalla quale dipendono attività economiche e sociali rilevanti. La proposta di direttiva istituisce, tra l’altro, sulla base di criteri geografici e ambientali, le regioni marine europee. Ciascuno Stato membro, in stretta collaborazione con gli altri Stati membri e con i paesi terzi della medesima regione marina, sarà chiamato a sviluppare strategie marine per le proprie acque.

La strategia è in attesa di essere esaminata dal Consiglio e dal Parlamento europeo. La proposta di direttiva verrà esaminata secondo la procedura di codecisione.

 


Articolo 158
(Rimborso delle spese per attività antinquinamento marino)

 

1. Per la quantificazione delle spese sostenute per gli interventi a tutela dell'ambiente marino conseguenti a danni provocati dai soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 12 legge 31 dicembre 1982, n. 979, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare applica il tariffario internazionalmente riconosciuto dalle compagnie di assicurazioni degli armatori (SCOPIC).

2. Il secondo comma dell'articolo 14 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, è sostituito dal seguente:

«Le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi di cui all'articolo 12 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate nella misura del 50 per cento con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le attività di difesa del mare dagli inquinamenti».

 

 

Il comma 1 prevede che per la determinazione delle spese sostenute per gli interventi di tutela dell’ambiente marino conseguenti a danni provocati dai soggetti di cui all’art. 12 della legge n. 979 del 1982, venga applicato il tariffario internazionalmente riconosciuto dalle compagnie di assicurazioni degli armatori (SCOPIC).

 

Si fa notare che la clausola SCOPIC, indicata nel comma in esame con il generico termine di “tariffario”, è complementare al Lloyd’s Form Salvage Agreement “No Cure - No Pay[83], accordo sviluppato dai Lloyd’s britannici nel 1995 recante i criteri su cui deve essere basata la remunerazione da pagare alle compagnie di salvataggio di navi. Tale accordo rimane quello più ampiamente utilizzato nei contratti di salvataggio dalla comunità marittima internazionale ed è universalmente accettato quale mezzo per determinare i compensi di salvataggio. Esso è stato integrato con la clausola SCOPIC, applicabile indipendentemente dal fatto che si sia verificato o meno un danno all’ambiente, che prevede una serie di tariffe e di maggiorazioni da applicarsi per il costo del personale e dell’equipaggiamento di salvataggio.

 

Si ricorda che le norme fondamentali per la disciplina del pronto intervento in caso di inquinamento causato da incidenti sono contenute nel Titolo III (artt. 10-14) della legge sulla difesa del maredel 31 dicembre 1982, n. 979, ove sono individuare le autorità preposte a dirigere le operazioni di emergenza, sulla base di piani locali e del piano nazionale. Nel caso di inquinamento o di imminente pericolo di inquinamento causato da immissioni - anche accidentali - di idrocarburi o di altre sostanze nocive provenienti da qualsiasi fonte, l'art. 11 individua, infatti, diverse misure di intervento, che possono, a seconda della gravità dell’inquinamento andare da un intervento di "ordinaria amministrazione" disposto dall’autorità marittima, fino ad un intervento di “emergenza nazionale”, nel quale viene necessariamente coinvolta anche la protezione civile.

L’art. 12 dispone che il comandante (o l'armatore o il proprietario di una nave o il responsabile di un mezzo/impianto situato sulla piattaforma continentale o sulla terraferma), nel caso di avarìe o di incidenti agli stessi, suscettibili di arrecare, attraverso il versamento di idrocarburi o di altre sostanze nocive o inquinanti, danni all'ambiente marino o al litorale, debbano, oltre ad informare senza indugio l'autorità marittima più vicina al luogo del sinistro, adottare ogni misura possibile per evitare ulteriori danni ed eliminare gli effetti dannosi già prodotti. Viene, inoltre, previsto un potere sostitutivo da parte dell’autorità marittima nell’assumere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti, recuperando poi dagli stessi le spese sostenute, nel caso di loro inerzia o di urgenza.

L’art. 14 prevede, quindi, che le spese occorrenti per l'adozione delle misure di intervento disposte all'art. 11 nonché per il rimborso alle altre amministrazioni delle spese sostenute per gli interventi ad esse richiesti, si provveda a carico di apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della marina mercantile, avente natura di spesa obbligatoria (primo comma). Le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi di cui all'art. 12, verranno, invece, versate all'entrata del bilancio dello Stato (secondo comma).

 

Il comma 2, attraverso la sostituzione del secondo comma dell’art. 14 della legge n. 979 del 1982, prevede che le somme recuperate a carico dei privati per le spese sostenute per gli interventi adottati per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti già prodotti, vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnate, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, nella misura del 50% allo stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare destinandole ad attività di difesa del mare dagli inquinamenti.

 


Articolo 159
(Contrasto all'abusivismo)

 

1. Per l'attuazione di un programma triennale straordinario di interventi di demolizione delle opere abusive site nelle aree naturali protette nazionali è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009.

2. Nelle aree naturali protette l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. Restano confermati gli obblighi di notifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, come anche le procedure e le modalità di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Restano altresì confermate le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia di cui ai commi 1 e 2 secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

 

 

L’articolo 159 mira a contrastare l’abusivismo edilizio nelle aree naturali protette nazionali ed estende a tutte le aree protette l’acquisizione gratuita, a favore degli enti di gestione o dei comuni, delle opere abusivamente costruite all’interno del loro perimetro.

Con il comma 1 viene autorizzato un contributo di 3 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per attuare un programma triennale straordinario per la demolizione delle opere abusive nelle aree naturali protette nazionali.

Si ricorda che la legge 394 del 1991 classifica le aree naturali protette e istituisce l'Elenco ufficiale delle aree protette[84], nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono ai criteri stabiliti, a suo tempo, dal Comitato nazionale per le aree protette. Attualmente il sistema delle aree naturali protette è classificato come segue: Parchi Nazionali, Parchi naturali regionali e interregionali, Riserve naturali, Zone umide di interesse internazionale, altre aree naturali (oasi delle associazioni ambientaliste, parchi suburbani, ecc.) che non rientrano nelle precedenti classi ed aree di reperimento terrestri e marine indicate dalle leggi 394/91 e 979/82, che costituiscono aree la cui conservazione attraverso l'istituzione di aree protette è considerata prioritaria.

 

Il successivo comma 2 estende a tutte le aree naturali protette l’acquisizione gratuita delle opere abusivamente costruite all’interno del loro perimetro a favore degli organismi di gestione o, in assenza, a favore dei comuni. Tale acquisizione gratuita è, infatti, già stata disposta, per le aree protette nazionali, dall’art. 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 426.

Ai fini dell’acquisizione gratuita delle opere abusive il comma in esame fa riferimento all'art. 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che è però stato abrogato dall'art. 136 del D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378 e le cui disposizioni sono ora confluite nell'art. 31 del Testo unico dell’edilizia emanato con il D.P.R. n. 380 del 2001.

 

Si osserva che occorre riformulare il comma 2, sostituendo il riferimento all'art. 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 con quello all’art. 31, comma 6, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

L’art. 31, comma 6, del DPR n. 380 del 2001 prevede, per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilità, che l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifichi di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. Tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. Nell’ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune.

Rimangono confermati gli obblighi di notifica al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, nonché delle procedure e modalità di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, già disposti dall’art. 2 della legge 9 dicembre 1998, n. 426.

Il comma 3 esclude dall’applicabilità delle disposizioni recate dall’articolo in esame le regioni a Statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che disciplinano la materia secondo i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

 

 


Articolo 160
(Istituzione del Fondo rotativo per il finanziamento delle misure di riduzione delle immissioni dei gas ad effetto serra)

 

1. Per il finanziamento delle misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997, reso esecutivo dalla legge 1° giugno 2002, n. 120, previste dalla delibera CIPE n. 123 del 19 dicembre 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 68 del 22 marzo 2003, e successivi aggiornamenti, è istituito un Fondo rotativo.

2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza unificata, individua le modalità per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato della durata non superiore a settantadue mesi a soggetti pubblici o privati. Nello stesso termine, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è individuato il tasso di interesse da applicare.

3. Per il triennio 2007-2009 sono finanziate prioritariamente le misure di seguito elencate:

       a) installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

       b) installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

       c) sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;

       d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;

       e) eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

       f) interventi strutturali sulla mobilità urbana, inclusi l'incremento del trasporto pubblico elettrificato, il recupero delle linee ferroviarie dismesse, facilitazioni per l'accesso da parte dei mezzi privati a combustibili a basso contenuto di carbonio ed alla trazione elettrica;

       g) progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.

4. Nel triennio 2007-2009 le risorse destinate al Fondo ammontano a 200 milioni di euro all'anno. In sede di prima applicazione, al Fondo possono essere riversate, in aggiunta, le risorse di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 2 giugno 2002, n. 120.

5. Le rate di rimborso dei finanziamenti concessi sono destinate all'incremento delle risorse a disposizione del Fondo.

6. Il Fondo è istituito presso la Cassa depositi e prestiti Spa e con apposita convenzione ne sono definite le modalità di gestione. La Cassa depositi e prestiti Spa può avvalersi per l'istruttoria, l'erogazione e per tutti gli atti connessi alla gestione dei finanziamenti concessi di uno o più istituti di credito scelti sulla base di gare pubbliche in modo da assicurare una omogenea e diffusa copertura territoriale.

 

 

L’articolo 160 prevede l’istituzione, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., di un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

 

Si ricorda che con il termine Protocollo di Kyoto si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Oggetto del Protocollo, divenuto vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005, è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.

Per quanto riguarda l’Italia, la ratifica del protocollo di Kyoto è avvenuta con la legge 1° giugno 2002, n. 120, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

In attuazione di tali disposizioni, il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio ha provveduto ad elaborare il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra: 2003-2010 (per consentire all'Italia di rispettare gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra del 6,5% entro il 2008-2012, come prevede il Protocollo di Kyoto), nonché la proposta di revisione della delibera CIPE n. 137 del 19 novembre 1998, recante le “linee guida per le politiche e misure nazionali di riduzione delle emissioni dei gas serra”.

Tali documenti, approvati con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123, contengono, secondo quanto previsto dalla legge di ratifica, l'individuazione delle politiche e delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Per il finanziamento di tali misure è da ultimo intervenuto l’art. 1, comma 433, della legge n. 266/2005 (finanziaria 2006), che ha autorizzato un contributo di 100 milioni di euro per il 2006.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame demanda ad un decreto interministeriale - che i Ministri dell'ambiente e dello sviluppo economico, devono emanare di concerto, sentita la Conferenza unificata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge – l’individuazione delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti.

Si osserva, in proposito, che – per una maggiore chiarezza – sarebbe opportuno specificare, benché implicito, che tali finanziamenti attingono alle risorse del fondo di cui al comma 1.

Lo stesso comma precisa le caratteristiche principali dei finanziamenti suddetti, che dovranno:

§      essere a tasso agevolato. La disposizione precisa che, nello stesso termine di tre mesi, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvede all’individuazione del tasso di interesse da applicare.

§      avere una durata non superiore a 72 mesi;

§      avere, quali destinatari, soggetti pubblici o privati.

 

Il comma 3 elenca le seguenti misure cui attribuire priorità nell’assegnazione dei finanziamenti per il triennio 2007-2009

a)      installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

b)      installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

c)      sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 Kw con motori ad alta efficienza;

d)      incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nel settori civile e terziario;

e)      eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f)        interventi strutturali sulla mobilità urbana, inclusi l'incremento del trasporto pubblico elettrificato, il recupero delle linee ferroviarie dismesse, facilitazioni per l'accesso da parte dei mezzi privati a combustibili a basso contenuto di carbonio ed alla trazione elettrica;

g)      progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero.

 

Si segnala che tali misure rappresentano, in gran parte, una selezione di quelle già indicate quali “opzioni per ulteriori misure di riduzione delle emissioni” nella tab. 7 della citata delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123, al fine di colmare il gap tra l’obiettivo di riduzione previsto dal protocollo di Kyoto e la previsione delle emissioni dello “scenario di riferimento”[85].

 

Il comma 4 determina la dotazione del Fondo in 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

Viene altresì previsto che, in sede di prima applicazione, al Fondo possono essere riversate, in aggiunta, le risorse di cui all'articolo 2, comma 3, della legge 2 giugno 2002, n. 120.

L’art. 2, comma 3, della legge n. 120/2002 prevede l’emanazione, entro il 30 marzo di ogni anno, di decreti interministeriali volti all’individuazione di programmi pilota da attuare a livello nazionale e internazionale per la riduzione delle emissioni e l'impiego di piantagioni forestali per l'assorbimento del carbonio.

Per tali finalità il successivo comma 5 ha autorizzato la spesa annua di 25 milioni di euro, per il triennio 2002-2004.

In attuazione di quanto disposto dal comma 3 citato, sono stati emanati il D.M. 3 novembre 2004, per i programmi pilota a livello nazionale, il D.M. 2 febbraio 2005, per i programmi pilota a livello nazionale in materia di afforestazione e riforestazione e il D.M. 11 febbraio 2005, per i programmi pilota a livello internazionale, che hanno impegnato tutte le risorse stanziate dal comma 5 citato.

Sembrerebbe opportuno riformulare il comma in esame al fine di far riferimento alle risorse di cui al comma 5 anziché al comma 3 dell’articolo 2 della legge n. 120 del 2002.

 

Il comma 5 dispone che le rate di rimborso dei finanziamenti concessi vengano destinate all'incremento delle risorse a disposizione del Fondo medesimo.

 

Il comma 6, che incardina il Fondo presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., prevede anche la stipula di un’apposita convenzione per la definizione delle relative modalità di gestione del Fondo e dispone che la Cassa depositi e prestiti possa avvalersi, per l'istruttoria, l'erogazione e per tutti gli atti connessi alla gestione dei finanziamenti concessi, di uno o più istituti di credito scelti sulla base di gare pubbliche in modo da assicurare una omogenea e diffusa copertura territoriale.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Cambiamento climatico

Sulla base della comunicazione “Vincere la battaglia contro i cambiamenti climatici” (COM(2005)35, del 9 febbraio 2005), nonché delle indicazioni fornite dal Consiglio ambiente del marzo 2005 e dal Consiglio europeo del 22-23 marzo 2005, il 24 ottobre 2005 la Commissione ha avviato la seconda fase del programma europeo per il cambiamento climatico (ECCPII)[86], volto a definire la politica comunitaria in materia per il periodo successivo al 2012.

Nell’ambito del programma, strumento principale della strategia europea per l’attuazione del Protocollo di Kyoto, la Commissione intende valutare la possibilità di intraprendere nuove azioni per sfruttare le soluzioni economicamente efficaci disponibili per l’abbattimento delle emissioni, in sinergia con la strategia di Lisbona[87]: in questo contesto l’attenzione è rivolta all’efficienza energetica, alle fonti rinnovabili, ai trasporti e alla cattura e stoccaggio del carbonio.

In merito ai cambiamenti climatici il Consiglio ambiente del 9 marzo 2006, nelle sue conclusioni, ha sottolineato tra l’altro, l’esigenza di garantire coerenza tra le questioni relative all’energia e quelle relative al clima, sfruttando le sinergie tra promozione della sicurezza energetica, offerta di energia sostenibile, innovazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

Sull’argomento si è espresso anche il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 che, nelle sue conclusioni, ha auspicato il raggiungimento di un accordo per il periodo successivo al 2012 coerente con l'obiettivo di un aumento mondiale massimo della temperatura di 2°C rispetto ai livelli dell'epoca preindustriale. Il Consiglio europeo ha inoltre esortato la Commissione a presentare senza indugio una relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sulle esperienze acquisite attraverso l'attuazione della direttiva che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, che tenga conto della situazione delle piccole e medie imprese e sia corredata, se del caso, di proposte.

Scambio di quote di emissione

Dal 1° gennaio 2005 è in vigore il sistema europeo di scambio delle quote di emissione, disciplinato dalla direttiva 2003/87/CE. Nell’ambito di tale sistema, gli Stati membri sono tenuti a presentare il piano nazionale relativo al periodo 2008-2012[88]; la Commissione dovrà approvare i piani, eventualmente richiedendo delle modifiche se non sono conformi ai criteri convenuti.

Nell’ambito del riesame della direttiva 2003/87/CE la Commissione presenterà al Consiglio una relazione comprendente eventuali proposte per migliorare il funzionamento del sistema di scambio delle quote di emissione dell’UE. Nel preparare il riesame la Commissione invita le parti interessate ad inviare i propri contributi su un ampio ventaglio di aspetti riguardanti il funzionamento e l’impatto del sistema UE di scambio delle quote di emissione.

Veicoli puliti

Il 21 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale COM(2005)634 intesa a creare un mercato per i veicoli puliti con l’obiettivo di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti. La proposta intende imporre alle amministrazioni pubbliche l’obbligo di riservare un quarto degli acquisti annui ai veicoli puliti, e offrire ai costruttori le garanzie necessarie per sviluppare veicoli di questo tipo per un mercato più ampio.

La Commissione ha elaborato tale proposta in linea con le raccomandazioni contenute nel Libro verde sull’efficienza energetica “Fare di più con meno” (COM(2005)265), che suggerisce, tra l’altro, di incoraggiare a livello comunitario gli investimenti necessari per favorire lo sviluppo di una nuova generazione di veicoli, che consumino meno energia e producano meno emissioni inquinanti.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa dell’esame in prima lettura da parte del Parlamento europeo.

Ambiente urbano

La Commissione ha presentato, l’11 gennaio 2006, una comunicazione relativa ad una Strategia tematica sull’ambiente urbano (COM(2005)718) intesa a promuovere, attraverso una serie di misure specifiche, un approccio maggiormente integrato nella gestione delle aree urbane.

La comunicazione indica, tra gli altri, orientamenti tesi ad esortare le autorità locali ad elaborare ed attuare piani per un trasporto urbano sostenibile che riguardino tutte le modalità di trasporto, sia di passeggeri che di merci, e che tengano conto dei vari aspetti inerenti la sicurezza, l’accesso a beni e servizi, l’inquinamento atmosferico, il rumore, le emissioni di gas serra, i consumi energetici e l’utilizzazione del territorio.

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio

 

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano in cui, tra l’altro, si dichiara favorevole all'idea di piani per un trasporto urbano sostenibile (PTUS) come strumento per migliorare l'ambiente urbano.

Il Parlamento europeo ritiene inoltre che l'utilizzazione di modi di trasporto e di tecnologie ecologici costituisca un fattore chiave per ottenere un ambiente urbano più pulito e che occorre sostenere lo sviluppo dei trasporti pubblici che utilizzano fonti di energia sostenibili, sollecitando al tempo stesso la creazione di un equilibrio migliore tra trasporti individuali e collettivi nelle aree urbane.

 

Il Consiglio, nella riunione del 27 giugno 2006, ha approvato conclusioni sull’ambiente urbano.

Il Consiglio sottolinea, tra l’altro, la necessità di compiere sforzi per rendere il trasporto urbano sostenibile per l'ambiente e per la salute. Il Consiglio sottolinea inoltre la necessità di considerare, con la dovuta attenzione, le esigenze infrastrutturali dei trasporti urbani rispettosi dell'ambiente e sostenibili, nel contesto delle infrastrutture dell'UE.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

La Commissione ha provvisoriamente archiviato la procedura di infrazione, avviata con lettera di messa in mora il 26 gennaio 2004[89],per la mancata attuazione della direttiva 2003/87/CE, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas ad effetto serra nella Comunità e che modifica la direttiva 96/61/CE. La direttiva, il cui termine di recepimento scadeva il 31 dicembre 2003, è stata attuata con il decreto legislativo n. 216 del 4 aprile 2006 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19-6-2006.

 


Articolo 161
(Fondo per lo sviluppo sostenibile)

 

1. È istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche, l'educazione e informazione ambientale e progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.

2. Per il triennio 2007-2009 sono destinate al finanziamento del Fondo risorse per un importo annuo di 25 milioni di euro. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economie e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono individuate annualmente le misure prioritarie da finanziare con il fondo di cui al presente articolo.

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame prevede l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente, del Fondo per lo sviluppo sostenibile, allo scopo di finanziare:

§      progetti per la sostenibilità ambientale di settori economico-produttivi o aree geografiche;

§      l’educazione e informazione ambientale;

§      progetti internazionali per la cooperazione ambientale sostenibile.

 

Si ricorda, in proposito, che l’art. 109 della legge n. 388/2000 (finanziaria per il 2001) ha istituito, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, un fondo avente lo scopo di incentivare misure ed interventi di promozione dello sviluppo sostenibile, con una dotazione complessiva di lire 150 miliardi per l'anno 2001, 50 miliardi per l'anno 2002 e 50 miliardi per l'anno 2003.

Lo stesso articolo ha previsto che per le annualità successive, alla determinazione si provveda ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468.

Le risorse attribuite a tale fondo figurano, nello Stato di previsione del Ministero dell’ambiente, nel capitolo 7953, con una dotazione in conto residui per il 2007 pari a 57.283.

Si ricorda, inoltre, che il comma 2 dell’art. 109 citato elenca una serie di materie cui devono essere destinate prioritariamente le risorse del Fondo. Tra di esse figura, alla lettera m-bis), l’elaborazione ed attuazione di piani di sostenibilità in aree territoriali di particolare interesse dal punto di vista delle relazioni fra i settori economico, sociale ed ambientale.

 

Ciò premesso, se si vuole mantenere la scelta di creare un nuovo fondo piuttosto che rifinanziare – per le tre tipologie progettuali – quello previsto dall’articolo 109 della legge 388/2000, sembra opportuno denominare diversamente il fondo istituito dalla norma in commento al fine di evitare una rischiosa duplicazione con quello esistente.

 

Il comma 2 determina la dotazione del fondo in 25 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009.

L’individuazione annuale delle misure prioritarie da finanziare con il fondo viene demandata, dal medesimo comma, ad apposito decreto interministeriale, adottato di concerto dai Ministri dell'ambiente e dell'economia, sentita la Conferenza unificata. La norma non fissa termini precisi per l’emanazione del provvedimento attuativo citato.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il Consiglio europeo di giugno 2006 ha adottato una nuova strategia per lo sviluppo sostenibile, comprensiva di obiettivi, indicatori nonché di un’efficace procedura di controllo, e volta ad integrare i fattori connessi alla sostenibilità in tutte le politiche interne ed esterne della Comunità.

La nuova strategia, costruita sulla strategia precedente adottata a Goteborg nel 2001[90], è il risultato di un ampio processo di revisione avviato nel 2004, e si basa sulla dichiarazione sui principi direttori dello sviluppo sostenibile – adottata dal Consiglio europeo nel giugno 2005 – e sulla comunicazione della Commissione sul riesame della strategia in favore dello sviluppo sostenibile (COM(2005) 658) del 13 dicembre 2005.

L'obiettivo generale della nuova strategia è quello di individuare e sviluppare le azioni che permetteranno all'Unione europea di migliorare costantemente la qualità della vita delle generazioni attuali e future tramite la creazione di comunità sostenibili capaci di gestire e utilizzare le risorse in maniera efficace e di sfruttare il potenziale di innovazione ecologica e sociale dell'economia, assicurando prosperità, tutela dell'ambiente e coesione sociale. La strategia s'incentra su 7 settori d'azione prioritari per gli anni futuri, fino al 2010. Per ciascun settore d’azione la strategia individua, oltre agli obiettivi operativi e ai traguardi, un obiettivo generale:

§       cambiamenti climatici e energia pulita - limitare i cambiamenti climatici, i loro costi e le ripercussioni negative per la società e l'ambiente;

§       trasporti sostenibili - garantire che i nostri sistemi di trasporto corrispondano ai bisogni economici, sociali e ambientali della società, minimizzandone contemporaneamente le ripercussioni negative sull'economia, la società e l'ambiente;

§       consumo e produzione sostenibili - promuovere modelli di consumo e di produzione sostenibili

§       conservazione e gestione delle risorse naturali - migliorare la gestione ed evitare il sovrasfruttamento delle risorse naturali riconoscendo il valore dei servizi ecosistemici;

§       salute pubblica - promuovere la salute pubblica a pari condizioni per tutti e migliorare la protezione contro le minacce sanitarie;

§       inclusione sociale, demografia e migrazione - creare una società socialmente inclusiva tenendo conto della solidarietà tra le generazioni e nell'ambito delle stesse nonché garantire e migliorare la qualità della vita dei cittadini quale presupposto per un benessere duraturo delle persone;

§       povertà mondiale e sfide dello sviluppo promuovere attivamente lo sviluppo sostenibile a livello mondiale e assicurare che le politiche interne ed esterne dell'Unione siano coerenti con lo sviluppo sostenibile a livello globale e i suoi impegni internazionali.

La Commissione presenterà ogni due anni (a decorrere dal settembre 2007) una relazione sulla situazione dei lavori relativa all'attuazione della strategia per lo sviluppo sostenibile nell'UE e negli Stati membri, includendovi anche le priorità, gli orientamenti e le azioni per il futuro. Ciascun Stato membro fornirà, al più tardi entro il mese di giugno 2007 (e successivamente ad intervalli biennali), i necessari contributi sui progressi a livello nazionale in conformità delle strategie nazionali di sviluppo sostenibile.


Articolo 181
(Misure per assicurare l'adempimento
degli obblighi comunitari ed internazionali)

 

1. Al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa comunitaria. Essi sono in ogni caso tenuti a dare pronta esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze rese dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, ai sensi dell'articolo 228, comma 1, del citato Trattato.

2. Lo Stato esercita nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, che si rendano responsabili della violazione degli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria o che non diano tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, i poteri sostitutivi necessari, secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

3. Lo Stato ha diritto di rivalersi nei confronti dei soggetti di cui al comma 1 indicati dalla Commissione europea nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e degli altri Fondi aventi finalità strutturali.

4. Lo Stato ha diritto di rivalersi sui soggetti responsabili delle violazioni degli obblighi di cui al comma 1 degli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna rese dalla Corte di giustizia ai sensi dell'articolo 228, comma 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea.

5. Lo Stato ha altresì diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, i quali si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e dei Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni.

6. Lo Stato esercita il diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5:

       a) nei modi indicati al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale;

       b) mediante prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720, per tutti gli enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati nella lettera a), assoggettati al sistema di tesoreria unica;

       c) nelle vie ordinarie, qualora l'obbligato sia un soggetto equiparato ed in ogni altro caso non rientrante nelle previsioni di cui alle lettere a) e b).

7. La misura degli importi dovuti allo Stato a titolo di rivalsa, comunque non superiore complessivamente agli oneri finanziari di cui ai commi 3, 4 e 5, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. Il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e reca la determinazione dell'entità del credito dello Stato nonché l'indicazione delle modalità e i termini del pagamento, anche rateizzato. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato.

8. I decreti ministeriali di cui al comma 7, qualora l'obbligato sia un ente territoriale, sono emanati previa intesa sulle modalità di recupero con gli enti obbligati. Il termine per il perfezionamento dell'intesa è di quattro mesi decorrenti dalla data della notifica, nei confronti dell'ente territoriale obbligato, della sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana. L'intesa ha ad oggetto la determinazione dell'entità del credito dello Stato e l'indicazione delle modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il contenuto dell'intesa è recepito, entro un mese dal perfezionamento, in un provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze che costituisce titolo esecutivo nei confronti degli obbligati. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Ministero dell'economia e delle finanze in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

9. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, all'adozione del provvedimento esecutivo indicato nel comma 7 provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. In caso di oneri finanziari a carattere pluriennale o non ancora liquidi, possono essere adottati più provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri in ragione del progressivo maturare del credito dello Stato, seguendo il procedimento disciplinato nel presente comma.

10. Le notifiche indicate nei commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze.

11. Le controversie relative all'esercizio del diritto di rivalsa di cui ai commi 3, 4 e 5 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ferma restando la giurisdizione della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.

12. Al fine di prevenire ulteriori procedure di infrazione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano devono provvedere agli adempimenti di cui agli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, o al loro completamento, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo 181 contiene misure volte ad assicurare l’adempimento degli obblighi comunitari ed internazionali dello Stato, in particolare derivanti dalle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, dalle sentenze di condanna della Corte di giustizia, dalle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo originate dalla violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (e dei relativi Protocolli addizionali).

A tal fine, la norma introduce il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti dei soggetti responsabili dell’inadempimento degli obblighi comunitari ed internazionali.

In particolare, il comma 1 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici ed i soggetti equiparati:

§      adottano le misure necessarie a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi comunitari, al fine di prevenire l'instaurazione delle procedure d'infrazione di cui agli articoli 226 e seguenti del Trattato istitutivo della Comunità europea o per porre termine alle stesse (su cui si veda infra lo specifico paragrafo);

§      danno esecuzione agli obblighi derivanti dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, pronunciate ai sensi dell'articolo 228, comma 1, TCE (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

In ogni caso, il comma 2 prevede l’esercizio dei poteri statali sostitutivi nei confronti delle regioni e degli altri enti indicati al comma 1, responsabili della violazione degli obblighi comunitari o della non tempestiva esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia. Tali poteri sostitutivi vengono esercitati secondo i princìpi e le procedure stabiliti dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. legge “La Loggia”).

Si ricorda che tale norma - volta a regolare l’esercizio del potere sostitutivo previsto dall’articolo 120 della Costituzione - stabilisce, in via generale, che i provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite e, in particolare, il comma 1 prevede:

§      l’assegnazione di un congruo termine all’ente interessato per provvedere;

§      l’adozione dell’atto sostitutivo, di natura anche normativa, da parte del Consiglio dei ministri solo a seguito dell’infruttuoso decorso del termine, sentito l’organo interessato.

Peraltro, il comma 2 dispone che qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria, gli atti ed i provvedimenti sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro competente per materia, abrogando l’articolo 11 della legge La Pergola, che dettava la disciplina relativa all’esercizio di poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale (e delle province autonome)[91].

Accanto a questa forma di sostituzione, l’articolo 8 ne disciplina un’altra, attivabile nei casi di assoluta urgenza (comma 4): qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, che possono chiederne il riesame.

Si segnala, peraltro, l’opportunità di coordinare tale disposizione con quanto previsto, in ordine ai poteri sostitutivi esercitabili in caso di inadempimento di obblighi comunitari, dalla legge 4 febbraio 2005, n. 11, recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, e in particolare dagli articoli 11, comma 8, relativo all’attuazione in via regolamentare, 13, comma 2, relativo agli adeguamenti tecnici, e 16, comma 3, in materia di attuazione regionale.

La disciplina è sostanzialmente quella prevista dall’art. 11, comma 8, volto a dare attuazione all’art. 117, V comma, Cost.[92]. La norma prevede una triplice garanzia per le regioni e le province autonome:

§      gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome, entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria;

§      esclusivamente nelle regioni e province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§      gli atti statali perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute.

Andrebbe valutata l’effettiva portata normativa dei commi 1 e 2 dell’articolo in esame, dal momento che l’obbligo per le regioni (e per gli ulteriori enti indicati al comma 1) di rispettare i vincoli comunitari ed internazionali discende direttamente da quanto previsto dall’articolo 117, primo comma, Cost. Inoltre, l’esercizio dei poteri statali sostitutivi in caso di inerzia regionale deriva già – per i casi disciplinati dall’articolo in esame – dall’art. 8 della legge n. 131 del 2003 e dai citati artt. 11, comma 8, 13, comma 2, e 16, comma 3, della legge n. 11 del 2005.

In caso di inadempimento dei predetti obblighi, il comma 3 prevede il diritto per lo Stato di rivalersi nei confronti degli indicati enti nelle regolazioni finanziarie operate a carico dell'Italia a valere sulle risorse di:

§      Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA);

§      Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);

§      altri Fondi aventi finalità strutturali.

Tale diritto di rivalsa è esercitato dallo Stato per compensare gli oneri finanziari derivanti dalle sentenze di condanna della Corte di Giustizia, ex art. 228 TCE (comma 4), e della Corte europea dei diritti dell’uomo (comma 5) (su cui si veda infra lo specifico paragrafo).

I successivi commi disciplinano le modalità di esercizio del diritto di rivalsa (commi 6-10).

Questo si esercita in modo differente, a seconda che l’obbligato sia un ente territoriale, ovvero un ente o organismo pubblico diverso, assoggettato al sistema di tesoreria unica, ovvero altro ente.

In particolare :

§         nel caso in cui l’obbligato sia un ente territoriale, il combinato disposto del comma 6, lett. a e dei commi 7-9 prevede che la misura degli importi dovuti, che comunque non deve essere superiore agli oneri finanziari a carico dell’Italia, è stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Questo deve adottarsi entro tre mesi dalla notifica, nei confronti degli obbligati, della sentenza esecutiva di condanna per la Repubblica italiana. Il decreto reca modi e termini per il pagamento, anche rateizzato e costituisce titolo esecutivo. Qualora gli oneri finanziari a carico dell’Italia siano di carattere pluriennale, o non ancora liquidi, possono adottarsi più decreti in relazione al progressivo maturare del credito dello Stato.

I decreti sono emanati previa intesa sull’entità del credito, modalità di recupero e termini di pagamento, anche rateizzato, con l’ente obbligato, la quale deve essere perfezionata entro quattro mesi decorrenti dalla data della notifica allo stesso della sentenza esecutiva di condanna verso l’Italia. Il contenuto dell’intesa è recepito in un provvedimento del Ministro dell’economia e costituisce titolo esecutivo.

 

Per ciò che attiene alla formulazione della norma, nel comma 8 si disciplinano i decreti di cui al comma 7, “qualora l’obbligato sia un ente territoriale”. Poiché il comma 7 riguarda esclusivamente gli enti territoriali, sarebbe forse opportuna una eliminazione della locuzione sopra riportata.

Inoltre, nel comma 7 si demanda ad un decreto ministeriale la misura degli importi dovuti e si prevede che tale decreto costituisca titolo esecutivo. Nel successivo comma 8 si prevede che tale decreto debba essere emanato previa intesa con l’ente territoriale stesso e che tale intesa venga recepita in un “provvedimento” che costituisce titolo esecutivo.

Inoltre, l’ultimo periodo del comma 8 riproduce quanto già previsto nell’ultimo periodo del comma 7.

Laddove non si raggiunga l’intesa, all'adozione del provvedimento provvede il Presidente del Consiglio dei ministri, nei successivi quattro mesi, sentita la Conferenza unificata. Anche in questo caso possono essere adottati più decreti laddove si sia in presenza di crediti dello Stato che maturano progressivamente.

 

§         nel caso di enti e gli organismi pubblici, diversi da quelli indicati sopra, assoggettati al sistema di tesoreria unica, il diritto di rivalsa si esercita con un prelevamento diretto sulle contabilità speciali obbligatorie istituite presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato, ai sensi della legge 20 ottobre 1984, n. 720;

Si ricorda che in base al sistema introdotto dalla legge 29 ottobre 1984, n. 720, gli enti soggetti alla Tesoreria unica, inclusi nella Tabella A, allegata alla legge, sono obbligati a depositare tutte le loro disponibilità liquide in due apposite contabilità speciali, aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato: una contabilità speciale fruttifera di interessi a favore dell'ente stesso ed una infruttifera.Nelle contabilità speciali “fruttifere” vengono versati gli incassi derivanti dalle entrate proprie degli enti (costituite da introiti tributari ed extratributari, vendita di beni e servizi, canoni, sovracanoni, indennizzi, e da altri introiti provenienti dal settore privato). Le altre entrate (le assegnazioni, i contributi e i trasferimenti provenienti dal bilancio dello Stato e dagli altri enti del settore pubblico allargato, comprese quelle provenienti da mutui) affluiscono a contabilità speciali “infruttifere”, nelle quali sono versate direttamente, vale a dire mediante operazioni di giroconto che di fatto non transitano dalla tesoreria dell'Ente [93].

I tesorieri eseguono i pagamenti disposti dagli enti utilizzando prioritariamente le entrate proprie degli enti stessi direttamente riscosse e, successivamente, impegnando le somme giacenti nelle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale, utilizzando prima le disponibilità delle contabilità fruttifere [94].

§         in ogni altro caso, il diritto di rivalse si esercita nelle vie ordinarie;

 

Il comma 10 prevede che le notifiche di cui ai sopra commentati commi 6 e 7 sono effettuate a cura e spese del Ministero dell'economia e delle finanze

 

La competenza a conoscere le controversie derivanti dall’esercizio del diritto di rivalsa è attribuita, dal comma 11, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Viene comunque mantenuta ferma la giurisdizione della Corte dei Conti di cui all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti”), relativo all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei dipendenti pubblici.

Si ricorda che quest’ultima norma prevede che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso, nel giudizio di responsabilità, fermo restando il potere di riduzione, deve tenersi conto dei vantaggi comunque conseguiti dall'amministrazione o dalla comunità amministrata in relazione al comportamento degli amministratori o dei dipendenti pubblici soggetti al giudizio di responsabilità. La norma disciplina altresì l’imputazione della responsabilità nel caso di deliberazioni di organi collegiali, di atti che rientrano nella competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi ovvero se il fatto dannoso è causato da più persone.

Infine, il comma 12 prescrive alle regioni ed alle province autonome di attuare quanto previsto dagli articoli 4 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per evitare l’insorgere di ulteriori procedure d’infrazione in sede comunitaria. Il citato D.P.R., infatti, dà attuazione alla direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, e in parte alla direttiva 79/409/CEE.

In particolare, i citati articoli dispongono in ordine alle misure di conservazione, che le regioni e le province autonome devono adottare per le zone speciali di conservazione (ZSC) e per le zone di protezione speciale (ZPS) - al fine di evitare il degrado degli habitat nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate - sulla base di linee guida per la gestione delle aree della rete «Natura 2000».

Si ricorda che il decreto legge 16 agosto 2006, n. 251, recante “Adeguamento alla direttiva 79/409/CEE in materia di conservazione della fauna selvatica” contiene disposizioni finalizzate a dare attuazione alle citate direttive, in materia di zone di protezione speciale e zone speciali di conservazione. In proposito, si ricorda che sono state avviate diverse procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia per la mancata attuazione delle indicate direttive, su cui si veda l’apposito paragrafo. Si ricorda, inoltre, che un disegno di legge governativo (AS 932) di contenuto analogo al suddetto decreto-legge è stato assegnato il 15 settembre 2006 alla Commissione agricoltura del Senato, la quale non ne ha tuttavia ancora avviato l’esame.

Al riguardo, andrebbe valutata l’effettiva omogeneità del comma 12 rispetto al contenuto dell’articolo in esame, che introduce una procedura di carattere generale attivabile dallo Stato in caso di inadempimento di obblighi comunitari ed internazionali.

La procedura d’infrazione comunitaria

Si ricorda che gli articoli 226 e 228 TCE delineano un percorso articolato nel caso in cui uno Stato membro risulti inadempiente rispetto agli obblighi comunitari. In particolare, si prevede che:

§      la procedura di infrazione, normalmente preceduta da una serie di contatti verbali e/o scritti tesi ad accertare e approfondire da entrambe le parti i termini della contestazione, si apre con l’invio da parte della Commissione di una lettera (di messa in mora) nei confronti dello Stato membro, nella quale vengono precisati i comportamenti o le misure considerate lesive delle norme comunitarie. La lettera si conclude con la fissazione di un termine allo Stato per la presentazione delle osservazioni, di norma non inferiore a due mesi;

§      in caso di mancata risposta da parte dello Stato o di in caso di risposta non soddisfacente, la Commissione emette un parere motivato, con il quale precisa la sua posizione e invita lo Stato ad adottare, entro un certo termine, i provvedimenti volti a eliminare la difformità della legislazione dello Stato in questione rispetto alle norme comunitarie;

§      qualora lo Stato non si conformi entro il termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di giustizia per fare accertare la violazione compiuta dallo Stato (ricorso dinanzi alla Corte);

§      se anche la Corte riconosca l’inadempienza dello Stato in questione con una sentenza, lo Stato è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per l'esecuzione della medesima sentenza;

§      in base all’articolo 228, nel caso in cui i provvedimenti per l’esecuzione della sentenza non siano adottati, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, invia una nuova lettera di messa in mora e, in caso di reiterata inadempienza, formula un parere motivato complementare;

§      qualora lo Stato in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti necessari, la Commissione può adire la Corte di giustizia, precisando l'importo della somma forfettaria o della penalità, che lo Stato dovrà versare;

§      infine, la Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminare il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

 

La possibilità di infliggere sanzioni pecuniarie in caso di sentenza di inadempimento è stata introdotta dal trattato di Maastricht, che ha modificato a tal fine l’ex articolo 171 del trattato CE, diventato articolo 228 del trattato CE, nonché l’articolo 143 del trattato Euratom.

Ai fini dell’applicazione di tali norme, la Commissione ha adottato nel 1996 e nel 1997 due comunicazioni relative al metodo di calcolo della penalità[95].

Nel dicembre 2005 la Commissione ha adottato una nuova comunicazione (Sec (2005) 1658), che sostituisce le precedenti al fine di aggiornarle alla giurisprudenza nel frattempo intervenuta e adattare il metodo di calcolo delle sanzioni all’allargamento dell’Unione.

In realtà, lo scopo principale che la Commissione persegue attraverso questa modifica del sistema delle sanzioni è che gli Stati membri correggano le infrazioni più rapidamente, riducendo i ricorsi ex articolo 228. Pertanto, la Commissione ha inasprito l’importo delle sanzioni, intervenendo sul metodo di calcolo e sulla tipologia delle sanzioni stesse.

 

Nell’ambito della comunicazione vengono quindi individuati i principi generali per la definizione della sanzione, il cui importo deve essere funzionale a garantire l’applicazione effettiva del diritto comunitario. La Commissione ritiene che si debbano tenere presenti tre criteri fondamentali:

§      la gravità dell’infrazione,

§      la durata dell’infrazione,

§      l’efficacia dissuasiva della sanzione, onde evitare recidive.

 

Le sanzioni devono, inoltre, essere prevedibili per gli Stati membri e calcolate secondo un metodo chiaro ed uniforme, che rispetti il principio di proporzionalità e quello di parità di trattamento tra gli Stati. La Commissione dovrà comunque motivare dinanzi alla Corte in che modo abbia determinato l’importo della sanzione proposto.

Sotto il profilo dell’efficacia della sanzione, occorrerà fissare l’importo in misura adeguata per garantirne l’effetto dissuasivo. L’irrogazione di sanzioni puramente simboliche priverebbe di qualsiasi utile effetto questo strumento, complementare della procedura d’infrazione e andrebbe contro l’obiettivo ultimo della procedura stessa, che è quello di garantire la piena applicazione del diritto comunitario.

In particolare, la comunicazione rilancia lo strumento della somma forfetaria, dal momento che la prassi sinora seguita, consistente nel limitarsi a proporre alla Corte l’irrogazione di penalità per mancata esecuzione nella sentenza a norma dell’articolo 228, “ha per effetto che le regolarizzazioni tardive, prima della sentenza, non comportano alcuna sanzione e non sono pertanto scoraggiate efficacemente. Limitarsi alla penalità e non chiedere il pagamento di una somma forfettaria potrebbe quindi equivalere ad accettare che, dopo la constatazione da parte della Corte dell’inadempimento di un obbligo da parte di uno Stato membro, questo stesso Stato possa lasciar sussistere questa situazione senza conseguenze. La Commissione ritiene che una situazione prolungata di inottemperanza a una sentenza della Corte di giustizia, di per sé, leda già gravemente il principio di legalità e la certezza del diritto, in una Comunità di diritto”.

La comunicazione ricorda, quindi, come nella sentenza della Corte nella causa C-304/2002, Commissione contro Francia, sono stati inflitti per la prima volta i due tipi di sanzione pecuniaria (penalità e somma forfettaria), cumulati per la stessa infrazione. Pertanto, è intenzione della Commissione indicare nei suoi ricorsi alla Corte:

§      una penalità per giorno di ritardo successivo alla pronuncia della sentenza a norma dell’articolo 228;

§      una somma forfettaria, che sanzioni la continuazione dell’infrazione tra la prima sentenza, di constatazione dell’inadempimento, e la sentenza a norma dell’articolo 228.

La somma forfettaria e la penalità dovranno essere basate su un metodo predeterminato e oggettivo che disciplini il calcolo delle sanzioni proposte, in modo da garantire quanto più possibile la parità di trattamento tra gli Stati.

In particolare, in ossequio al principio di proporzionalità, nei casi in cui vengano mossi addebiti che possono essere valutati separatamente, la Commissione può proporre una sanzione distinta per ciascun addebito, di modo che il volume globale della sanzione sarà ridotto via via che lo Stato membro esegue parti della sentenza. Inoltre, nei casi in cui lo Stato membro riesca ad aumentare il grado di esecuzione della direttiva senza realizzarne la completa esecuzione, è necessario che la sanzione tenga conto dei progressi via via realizzati dallo Stato medesimo. In terzo luogo, può risultare necessario adattare il periodo temporale di riferimento ad esigenze particolari, proponendo – oltre alle penalità giornaliere – anche unità temporali di riferimento diverse, ad esempio di sei mesi o un anno. Ciò può accadere quando il grado di esecuzione può essere valutato soltanto a intervalli regolari, al fine di evitare che le penalità continuino ad accumularsi per periodi nei quali l’infrazione era di fatto cessata, ma non constatata. Infine, in casi particolari, è possibile prevedere la sospensione di una penalità, per verificare l’efficacia delle misure nel frattempo disposte dallo Stato per ottemperare alla sentenza di inadempimento.

 

La penalità è costituita da una somma, dovuta per ogni giorno di ritardo, salvo fissazione di una diversa unità temporale di riferimento (come sopra indicato), che decorre dal giorno in cui la seconda sentenza della Corte viene notificata allo Stato e termina il giorno in cui quest’ultimo pone fine all’infrazione.

Per il calcolo della penalità si parte da un importo forfettario di base uniforme, pari a 600 euro al giorno, cui applicare poi i coefficienti moltiplicatori.

Nella comunicazione si legge che tale importo è stato determinato in modo che:

§      la Commissione conservi un ampio potere discrezionale nell’applicazione del coefficiente di gravità,

§      l’importo sia ragionevole;

§      l’importo finale della penalità sia tale da garantire una sufficiente pressione sullo Stato membro.

Tra i coefficienti moltiplicatori, si segnala, in particolare, il coefficiente di gravità, legato all’importanza delle norme comunitarie oggetto dell’infrazione ed alle conseguenze di quest’ultima sugli interessi generali e particolari[96]. Nell’ambito di tale valutazione si dovrà, altresì, tenere conto del caso in cui lo Stato membro abbia adottato delle misure per conformarsi alla sentenza, ma ritenute insufficienti dalla Commissione, rispetto all’ipotesi in cui uno Stato non abbia adottato alcuna misura, come del resto dovrà essere tenuta presente la leale collaborazione dello Stato con la Commissione.

Vi è, inoltre, il coefficiente di durata, che tiene conto della durata dell’infrazione, a decorrere dalla prima sentenza della Corte di giustizia fino al momento in cui la Commissione decide di adire la Corte. La durata dell’infrazione deve essere presa in considerazione per il calcolo sia della penalità che della somma forfettaria.

Infine, si segnala che l’importo della penalità deve far sì che la sanzione sia oltre che proporzionata anche dissuasiva e, dunque, sufficientemente elevata da indurre lo Stato membro:

§      a metter fine all’infrazione (perciò deve essere superiore ai vantaggi che lo Stato trae dall’infrazione);

§      a non recidivare.

 

Il nuovo sistema sanzionatorio è applicato a decorrere dal 1 gennaio 2006, ma, in via transitoria, nei casi di inadempimento che gli Stati membri regolarizzeranno nel corso dell’anno 2006, la Commissione continuerà ad applicare l’attuale prassi del ritiro del ricorso presentato presso la Corte ai sensi dell’articolo 228 CE.

Si ricorda, infine, che la comunicazione detta i criteri cui si atterrà la Commissione nel proporre l’ammontare della sanzione pecuniaria, fermo restando che la decisione ultima sull’irrogazione delle sanzioni spetti alla Corte di giustizia.

Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo

La Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, aperta alla firma a Roma il 4 novembre 1950[97], è stata elaborata nell’ambito del Consiglio d’Europa. Oltre a enunciare una serie di diritti e libertà civili e politici, la Convenzione istituiva un sistema destinato a garantire il rispetto da parte degli Stati contraenti degli obblighi da essi assunti. Tale sistema si imperniava su tre organi, ovvero la Commissione europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1954), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo (istituita nel 1959) e il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, composto dai ministri degli affari esteri degli Stati membri o dai loro rappresentanti.

L’aumento progressivo del numero dei casi sottoposti a tali organi, nonché l’incremento del numero degli Stati membri – e quindi dei potenziali ricorrenti – a partire dal 1990, con l’ingresso progressivo di quasi tutti gli Stati dell’ex blocco comunista (inclusi quelli emersi dalla dissoluzione dell’URSS), innescarono una riflessione sulla necessità di ristrutturare il meccanismo di controllo della Convenzione.

Si giunse così nel 1994 all’adozione del Protocollo n. 11[98] alla Convenzione del 1950, con il quale ci si proponeva di abbreviare la durata delle procedure e di rafforzare al tempo stesso il carattere giurisdizionale del sistema: tra l’altro, il ricorso individuale, che nella precedente architettura era possibile solo se lo Stato del ricorrente aveva accettato tale eventualità, è divenuto con il Protocollo n. 11 facoltà indipendente del ricorrente. La riforma ha previsto una Corte[99] unica con la possibilità, su ricorso, di un riesame del giudizio di primo grado. Inoltre, contrariamente a quanto avveniva nel passato, i giudici sono stati resi permanenti, mentre la loro elezione, come nel passato, è effettuata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Viene altresì mantenuto il filtro della ricevibilità dei ricorsi, effettuato da un Comitato di tre giudici che decide all'unanimità, come anche la prassi del regolamento amichevole. Il collegio giudicante, detto Sezione, è normalmente composto da sette giudici, tra i quali il cosiddetto "giudice nazionale". Una volta emessa la sentenza le parti possono chiederne, entro tre mesi, il riesame, che avviene da parte di una Sezione allargata (Grande Chambre), composta da diciassette giudici. Un collegio di cinque giudici della Grande Chambre valuta la ricevibilità del ricorso, che deve essere sostenuto da gravi motivi. La Grande Chambre, di cui fanno parte il Presidente della Sezione ed il giudice nazionale, può anche essere investita dell'esame di primo grado di un ricorso, nel caso in cui la Sezione decida di spogliarsene. In tal caso non si avrà la possibilità del riesame, ed è perciò previsto che il potere della Sezione di spogliarsi del caso sia subordinato alla non opposizione delle parti.

Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è responsabile del controllo dell’esecuzione di dette sentenze. Esso è quindi incaricato di verificare che gli Stati che sono stati condannati per aver violato la Convenzione abbiano preso le misure necessarie per adempiere gli obblighi specifici o generali che risultano dalle sentenze della Corte.

Va peraltro ricordato che nel corso dei tre anni successivi all’entrata in vigore del Protocollo n. 11, il carico di lavoro della Corte ha conosciuto un aumento senza precedenti. Il numero di ricorsi registrati è passato da 5.979 nel 1998 a 13.858 nel 2001, che corrisponde ad un aumento di circa 130%. Le preoccupazioni riguardo la capacità della Corte di occuparsi del volume crescente di ricorsi hanno generato delle richieste di risorse supplementari e speculazioni sulla necessità di una nuova riforma. Nel 2004 è stato così adottato il Protocollo n. 14 (ratificato dall’Italia con la legge 15 dicembre 2005, n. 280), che non è ancora entrato in vigore a livello internazionale, e quindi neanche per il nostro Paese. Il Protocollo apporta ulteriori modifiche al sistema di controllo instaurato dalla Convenzione del 1950: esso si propone in particolare di modificare alcune procedure interne della Corte europea.

In ogni caso, con riferimento all’articolo in commento, va tenuto presente che le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo sono effettivamente in grado di imporre oneri significativi agli Stati membri: ad esempio l’Italia è stata più volte condannata, nel periodo più recente, per l’eccessiva durata dei processi (soprattutto in campo civile), e ha dovuto rifondere ai ricorrenti le spese legali e i danni morali.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il 5 luglio 2006 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[100]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Liguria con la legge n. 34 del 5 ottobre 2001 “Attuazione dell’articolo 9 della direttiva comunitaria 79/409/CEE”, poi modificata dalla legge regionale 1° agosto 2002, n. 31. Il parere motivato fa riferimento al testo vigente della legge.

Il 4 luglio 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[101] per non conformità della normativa italiana di recepimento della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici alla direttiva medesima e per la non corretta applicazione della stessa. In particolare, la Commissione rileva che non sono conformi alla direttiva la normativa statale e quella di tredici regioni (Abruzzo, Emilia-Romagna, Toscana, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Puglia, Umbria, Calabria, Lombardia, Veneto, Sardegna e Liguria).

Il 4 aprile 2006 la Commissione ha inviato all’Italia:

§      un parere motivato[102]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Sardegna con la legge n. 2 del 13 febbraio 2004 “Norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio in Sardegna in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221.

§      un parere motivato[103]riguardante la violazione dell’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE configurata dal sistema di deroghe al regime di protezione degli uccelli selvatici adottato dalla Regione Veneto con la legge n. 13 del 12 agosto 2005 “Disciplina del regime di deroga previsto dall’articolo 9 della direttiva 79/409/CEE in attuazione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio”.

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato complementare[104] per la mancata applicazione delle misure di salvaguardia previste per le zone speciali di conservazione e/o di protezione, ai sensi dell’art. 7 della direttiva 92/43.

In particolare, l’Italia non avrebbe adottato le misure idonee ad evitare il degrado della zona di protezione speciale IT5210070 “Lago Trasimeno”. Tale degrado, causato da un impoverimento idrico di rilevante entità (per scopi agricoli e licenze di varia natura), ha compromesso la funzionalità ecologica del sito. Inoltre sulle parti prosciugate è in corso di costruzione una pista ciclabile senza che sia stata effettuata la valutazione di incidenza prevista dall’art. 6 della direttiva 92/43. La Commissione ritiene pertanto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi derivanti dagli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE.

La Commissione ha inviato all’Italia, il 13 luglio 2004, tre pareri motivati, per violazioni della direttiva n. 92/43/CEE e della direttiva n. 79/409/CEE: le contestazioni riguardano l’omissione di valutazione dell’impatto potenziale di una serie di progetti di costruzione all’interno di siti protetti. In particolare i rilievi della Commissione sono relativi ai seguenti casi:

§      la realizzazione di una zona industriale nelle vicinanze di Manfredonia (Foggia) che avrà un impatto sul sito naturale “Valloni e steppe pedegarganiche”[105];

§      lo svolgimento di varie attività potenzialmente nocive (costruzione e successiva distruzione a mezzo fuoco di uno scenario cinematografico in un canneto durante la stagione di riproduzione degli uccelli, costruzione di infrastruttura turistico-sportiva, ecc.) che hanno avuto luogo in località Lago di Mezzola e Pian di Spagna, in provincia di Sondrio, provocando gravi perturbazioni in un habitat che ospita 74 specie di uccelli anche migratori[106];

§      la costruzione di nuove infrastrutture sciistiche nel parco nazionale dello Stelvio[107].

Per quest’ultimo caso, la Commissione ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia in data 10 agosto 2005 (C-304/2995).

Il 30 marzo 2003 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[108] per violazione della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici. Secondo la Commissione, l’Italia avrebbe omesso di adottare le misure idonee ad evitare il degrado degli habitat naturali e la perturbazione delle specie viventi nella zona protetta ZPS IT 3210018 “Basso Garda”. In particolare i rilievi della Commissione sottolineano che :

§      il pontile di attracco per imbarcazioni nel comune di Castelnuovo del Garda e le attività di navigazione che vi si svolgono attorno sono incompatibili con gli obiettivi di conservazione del sito in caso di uso del pontile nel periodo di svernamento degli uccelli;

§      il porto turistico nel comune di Peschiera del Garda è causa dell’aumento del traffico lacuale e quindi è suscettibile di avere un impatto significativo sugli uccelli e il loro habitat nella zona.

 

In relazione alla normativa comunitaria in materia di habitat naturali, sono inoltre pendenti le seguenti procedure di contenzioso:

 

§         2002/5403

§         Parziale applicazione delle direttive 92/43/CEE e 79/409/CEE. Progetto Consorzio sviluppo Murgiano.

§         Presentato ricorso alla Corte di giustizia il 24/05/2006 C-179/06

§         2003/2087

§         Conservazione degli habitat naturali e semi naturali della flora e della fauna - utilizzo di metodi di pesca dannosi per i piccoli cetacei

§         Messa in mora 13/12/2005

§         2003/2209

§         Ampliamento della base militare dell'isola della Maddalena (Sassari).

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2003/4090

§         Impatto ambientale sugli habitat interessati dal progetto di costruzione del ponte di Messina

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2004/5104

§         Collegamento sciistico fra le località di Pinzolo e Madonna di Campiglio

§         Messa in mora complementare 04/04/2006

§         2004/5159

§         Realizzazione di centrali idroelettriche in Val Masino (Sondrio)

§         Messa in mora 12/10/2005

§         2005/4128

§         Progetto di un Terminale GNL presso il delta del Po (Rovigo).

§         Messa in mora 4/04/2006

§         2005/4378

§         Realizzazione di un impianto sportivo a Selva di Progno (Verona).

§         Parere motivato 13/12/2005

 


Articolo 201
(Fondo per la montagna)

 

1. Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2007.

 

 

L’articolo 201 prevede una autorizzazione di spesa pari 25 milioni di euro per l’anno 2007 di finanziamento del Fondo nazionale per la montagna.

L’art. 1, comma 162 della finanziaria per il 2006 recava, per il solo esercizio 2006, un’autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro che è stata iscritta, come nei passati documenti di bilancio, nella tabella del Ministero dell’economia e finanze.

A decorrere dall’esercizio in esame il Fondo per la montagna passa nello stato si previsione del Ministero dello sviluppo economico, Tab. 3, nella quale viene istituito il nuovo centro di responsabilità Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.

 

L. 97/1994: Nuove disposizioni per le zone montane: stanziamenti (migliaia di euro)

(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003))

2005

2006

2007

2008 e anni succ.

L. n. 311/2004 Finanziaria per il 2005

(all’interno del Fondo unico investimenti - Difesa del suolo e tutela ambientale(U.P.B. 1.2.3.6 - cap. 7003, Tab. 2)

 

31.000

-

-

-

L. n. 266/2005 Finanziaria per il 2006

(UPB 5.2.3.13 – cap. 7698, Tab. 2)

 

20.000

 

 

DDl finanziaria per il 2007

(U.P.B. 6.2.3.5 - cap. 8370, Tab. 3)

 

 

25.000

-

Il Fondo per la montagna è stato istituito dalla legge n. 97/1994, che nel suo complesso mira alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane comprese nel territorio nazionale, attraverso interventi che attengano la tutela e la valorizzazione delle risorse ambientali, cui devono associarsi azioni di promozione dello sviluppo economico, sociale e culturale dei territori. Compito del Fondo è disporre il sostegno finanziario di tali interventi; su di esso, ai sensi dell'art. 2, co. 2, devono confluire i trasferimenti comunitari, quelli statali e di enti pubblici.

Relativamente ai criteri di ripartizione del Fondo per la montagna tra le regioni e le province autonome, interviene l’articolo 2, comma 5, della legge n. 97/94 che stabilisce che essi siano definiti con deliberazione del CIPE, sentita la Conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri dell'economia e delle politiche agricole e forestali.

Il comma 6 dell’art. 2 richiede che nel definire tali criteri il CIPE tenga conto dei seguenti fattori:

1.       dell’estensione del territorio montano;

2.       della popolazione residente nelle aree montane;

3.       della salvaguardia dell’ambiente e dello sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali;

4.       del reddito medio pro-capite;

5.       del livello dei servizi;

6.       dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali,

Con la delibera n. 140 del 2/12/2005 sono stati definiti i criteri per il riparto del 2004.

I criteri relativi all'impiego delle risorse assegnate sono invece definiti dalle singole regioni con proprie leggi.

 

 


Le tabelle del ddl finanziaria 2007

Tabella A

Per il Ministero dell’ambiente si registrano stanziamenti di 0,99 milioni di euro per il 2007, ed importi decisamente più ridotti (82.000 euro) per ciascuno degli anni 2008-2009.

La relazione al disegno di legge finanziaria fa presente che l'accantonamento si rende necessario per interventi vari.

Tabella B

Nella tabella B non vi sono stanziamenti relativi al Ministero dell’ambiente.

Tabella C

Gli stanziamenti complessivi relativi al Ministero dell’Ambiente sono pari a 194,2 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009, le autorizzazioni di spesa di maggior rilievo in capo sono previste per la legge n. 979 del 1982 “Disposizioni per la difesa del mare” (U.P.B. 2.1.2.5 - Capitolo 1644, 1646/P), per la quale sono stanziati 40,7 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio; per l’art. 1, comma 43, della legge n. 549 del 1995 relativo a contributi ad enti ed associazioni (U.P.B. 2.1.2.3, capitolo 1551), con stanziamenti pari a 70 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio, e per l’art. 38 del d.lgs. n. 300/1999 relativo all’APAT (U.P.B. 7.1.2.1 e 7.2.3.2, capitoli 3621 e 8831), con uno stanziamento di 83,3 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio.

Tabella D

La tabella D, che indica il rifinanziamento di norme recanti interventi di sostegno all’economia classificati tra le spese in conto capitale, riguarda due soli provvedimenti di competenza del Ministero dell’ambiente. Si tratta delle norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo (legge n. 183/1989 e D.L. n. 398/1993 - U.P.B. 1.2.3.6 – capitolo 7090/P), per un importo di 200 milioni di euro per il 2007 e 265 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2009.

L’altra voce riguarda invece gli interventi di bonifica dei siti inquinati (art. 1, comma 1, della legge n. 426/1998 - - U.P.B. 1.2.3.6 – capitolo 7090/P), per un importo di 65 milioni di euro per il 2007 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2009.

Tabella E

Nella tabella E, relativa al definanziamento totale o parziale di leggi vigenti, non vi sono voci che riguardano il Ministero dell’ambiente.

Tabella F

Di seguito sono esposte le rimodulazioni più consistenti di stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del Ministero dell'economia e delle finanze di interesse dell’VIII Commissione, che risultano concentrate nel settore 19 (difesa del suolo e tutela ambientale).

In tale settore si segnala l’art. 1, comma 28 (cd. legge mancia), della legge n. 311 del 2004, fondo per contributi ad enti locali per il recupero dell’ambiente e la tutela dei beni culturali (U.P.B. 4.2.3.17 – capitolo 7536/Economia e finanze), con 100 milioni di euro per il 2007 e 96,1 milioni di euro per il 2008. A tali importi vanno poi aggiunti quelli relativi all’art. 5-quater del D.L. n. 250/2005, che ha rifinanziato la cd. legge mancia (e quindi confluiti nel medesimo capitolo e U.P.B. citati), e pari a 21 milioni di euro per il 2007.

Importi considerevoli riguardano poi la legge n. 183/1989 per la difesa del suolo e la legge n. 426/1998 per la bonifica dei siti, entrambi derivanti dai rifinanziamenti recati dalla tabella D, per complessivi 265 milioni di euro per il 2007 e 365 milioni per il 2008 e il 2009 (U.P.B. 1.2.3.6 – Fondo unico da ripartire per la difesa del suolo - capitolo 7090).


PROTEZIONE CIVILE

U.P.B. relative alla protezione civile che insistono sullo stato di previsione del ministero dell'economia e delle finanze per l’anno finanziario 2007 (AC 1747 - tabella 2)

 

Nell'ambito dello stato di previsione del Ministero dell'economia e finanze, risultano essere di competenza dell'VIII Commissione della Camera le U.P.B. relative alla Protezione civile, all’interno del Centro di responsabilità n. 3 Tesoro: U.P.B. 3.1.5.15 (parte corrente) e U.P.B. 3.2.10.3. (parte di conto capitale):

- U.P.B. 3.1.5.15 con il capitolo 2184 “Fondo per gli interventi del dipartimento Protezione Civile”, esposto in Tabella C della legge finanziaria, con 40,2 milioni di euro, con uno stanziamento invariato rispetto all’assestato 2006;

- U.P.B. 3.2.10.3 con una dotazione complessiva di 1.530,1 milioni di euro, ridottasi di 15,6 milioni rispetto al dato assestato 2006[109], ripartita principalmente tra i seguenti capitoli[110]:

- Capitolo 7443 "Ammortamento dei mutui delle regioni per eventi calamitosi ", con 659,5 milioni di euro, esposto in Tabella F, con una riduzione di 15 milioni rispetto al dato assestato 2006;

- Capitolo 7446 "Spese per emergenze derivanti da eventi calamitosi”, con 313,4 milioni di euro. Il capitolo è esposto in Tabella C e in Tabella F;

- Capitolo 7447 "Fondo investimenti del dipartimento Protezione civile ", con 546,6 milioni di euro.

 


Il disegno di legge finanziaria per il 2007

Articolo 52
(Assicurazione dei rischi da calamità naturali)

 

1. All'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, sono apportate le seguenti modificazioni:

       a) al comma 202, primo periodo, dopo la parola: «fabbricati» è aggiunta la seguente: «privati»;

       b) dopo il comma 202 è inserito il seguente:

«202-bis. Per l'attuazione del sistema assicurativo di cui al comma 202 ed al fine di garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione o ricostruzione di beni immobili privati destinati ad uso abitativo, danneggiati o distrutti da calamità naturali, le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dal presente comma, ricomprendono anche i rischi derivanti da calamità naturali. Con regolamento emanato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti la Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP), sono disciplinate le modalità e i termini di attuazione del presente comma, nonché le modalità e i termini della estensione della citata copertura assicurativa, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data».

 

 

L’articolo 52 novella le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, relative all’assicurazione dei rischi da calamità naturali, integrandole nel seguente modo:

a)      viene precisato che la norma recata dal citato comma 202, finalizzata a consentire l’avvio di un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, riguarda i soli fabbricati privati.

Si ricorda che l’art. 1, comma 202, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (finanziaria 2005) ha previsto l’istituzione di un Fondo di garanzia (gestito da Consap S.p.A.), con una dotazione di 50 milioni di euro per l’anno 2005, finalizzato ad avviare un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, attraverso la sottoscrizione di una quota parte del capitale sociale di una costituenda Compagnia di riassicurazioni finalizzata ad aumentare le capacità riassicurative del mercato.

L’ipotesi di creare un sistema di assicurazione privata contro il rischio da calamità naturali era stato oggetto, in precedenza, di numerosi interventi e iniziative parlamentari, soprattutto al fine di ridurre gli oneri a carico del bilancio dello Stato che, in Italia, sono mediamente dell’ordine di 3,5 miliardi di euro l’anno[111].

Lo stesso comma 202 prevedeva l’emanazione di un regolamento recante disposizioni di attuazione, tra cui soprattutto quelle relative alla disciplina del Fondo e alla costituzione della citata Compagnia di riassicurazione. Tali norme tuttavia non sono ancora state emanate.

b)      viene inserito un nuovo comma 202-bis, finalizzato ad estendere la copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali alle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno ai fabbricati di proprietà di privati.

Tale regolamento, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, è volto a disciplinare le modalità e i termini per:

-       l’inclusione dei rischi derivanti da calamità naturali nelle polizze assicurative contro qualsiasi tipo di danno a fabbricati di proprietà di privati stipulate successivamente alla data di entrata in vigore del citato regolamento;

-       l’estensione della copertura assicurativa dei rischi derivanti da calamità naturali, entro il 31 dicembre 2007, a tutte le polizze in vigore alla medesima data.

 

Si fa notare, in proposito, che la lettera b) sembra di fatto riproporre, ampliandolo, l’obiettivo previsto dall’articolo 46 del disegno di legge finanziaria per il 2004 (A.C. n. 4489 della XIV legislatura), il cui comma 1, alla lettera a), prevedeva l’ “estensione obbligatoria della copertura assicurativa del rischio calamità naturali nelle nuove polizze che garantiscono i fabbricati privati contro l'incendio, nonché graduale estensione dell'obbligo assicurativo del medesimo rischio alle polizze incendio già in atto”.

Tale norma fu soppressa nel corso dell’esame parlamentare anche in seguito alla segnalazione che il 20 novembre 2003 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato trasmise, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990, ai Presidenti del Senato e della Camera, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e delle attività produttive, in merito alle disposizioni contenute nel citato articolo 46[112].

 

L'Autorità rilevava, infatti, che le disposizioni sarebbero state suscettibili di compromettere l'esplicarsi della concorrenza a danno dei consumatori e del benessere complessivo. In particolare, nella segnalazione, si evidenziava che il collegamento della copertura contro i danni causati agli edifici dagli incendi con quelli derivanti da calamità naturale avrebbe potuto vanificare l'obiettivo perseguito di garantire a tutti la copertura assicurativa, in quanto i destinatari dell'obbligo assicurativo sarebbero stati selezionati sulla base di un criterio occasionale e estraneo all'effettiva esposizione al rischio di catastrofi naturali. Inoltre, l’abbinamento obbligatorio tra l’assicurazione contro gli incendi e quella contro le catastrofi naturali, non essendo imposto da alcuna ragione tecnica, in quanto il verificarsi di un evento non implica di regola il verificarsi dell'altro, avrebbe prodotto effetti anticoncorrenziali, espressamente vietati dalla disciplina comunitaria in materia di concorrenza. L’autorità, inoltre, argomentava dal fatto che l'imposizione dell’obbligo assicurativo per le calamità naturali avrebbe contribuito ad irrigidire la domanda dei consumatori, che sarebbero stati indotti ad accettare le condizioni praticate dalle imprese, anche se particolarmente gravose e, infine, che alle imprese non sarebbe stata consentita l'offerta di servizi differenziati secondo le necessità degli utenti e ciò avrebbe prodotto il rischio di omogeneizzazione dell'offerta dei servizi assicurativi contro le calamità naturali.

Ulteriori elementi di criticità erano stati sollevati dalla stessa autorità nel 1999[113]in merito ad una proposta di legge che aveva gli stessi obiettivi ripresi in seguito dal citato articolo 46 dell’A.C. 4489. L’Autorità aveva osservato, già allora, che “la copertura assicurativa degli abitanti di aree particolarmente esposte a rischio implica che gli abitanti in aree meno rischiose corrispondano premi superiori a quelli che si determinerebbero in un libero mercato. Il funzionamento di un siffatto meccanismo mutualistico presuppone che i premi confluiscano ad una medesima impresa, la quale sarà in tal modo in grado di percepire nel complesso risorse idonee a garantire il servizio. Al riguardo si osserva che, di regola, siffatti sistemi ispirati ad elevata solidarietà vengono gestiti da imprese in monopolio o attraverso la costituzione di appositi fondi, che soli possono permettere l'operatività dei necessari meccanismi di sussidio incrociato. In assenza di queste soluzioni, comunque limitative della concorrenza, le imprese tenderebbero a selezionare il rischio e a competere unicamente per la copertura assicurativa dei soggetti con rischio ridotto, lasciando privi di copertura cittadini che la normativa vuole tutelare. L'insieme di tali circostanze induce a ritenere che una copertura assicurativa generale contro le calamità naturali comporta rilevanti ed inevitabili limitazioni alle regole della concorrenza”.

Circa l’estensione della copertura assicurativa alle polizze incendio l’Autorità osservava che “la scelta di introdurre un obbligo di assicurazione sotto forma di garanzia accessoria ad una polizza facoltativa, quale la polizza incendio, potrebbe vanificare l'obiettivo perseguito. In questo caso, infatti, i destinatari dell'obbligo assicurativo vengono selezionati sulla base di un criterio del tutto estraneo alla effettiva esposizione al rischio: solo i soggetti che volontariamente hanno stipulato o stipuleranno una polizza incendio sarebbero infatti tenuti ad acquistare anche una copertura assicurativa contro le calamità naturali. In concreto, si deve considerare che gli unici soggetti per cui ad oggi si riscontra un obbligo di assicurazione contro l'incendio sono coloro che hanno contratto un mutuo ipotecario e che pertanto l'unico risultato sicuro della norma in esame è quello di imporre a questi soggetti un ulteriore obbligo assicurativo. Analogamente si può ritenere che la norma indurrà l'assicurazione di una parte rilevante degli immobili in condominio, per i quali, pur non esistendo uno specifico obbligo assicurativo, è assai diffuso il ricorso a polizze "globale fabbricati", che coprono, tra gli altri, anche il rischio incendio. In una tale situazione, risulterebbero maggiormente assoggettati all'obbligo assicurativo edifici in larga misura situati in aree metropolitane, ovvero in zone a più ridotto rischio di calamità naturale”.

 

Si segnala, infine, che nel corso dell’indagine conoscitiva sui rapporti tra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio, svolta dalle Commissioni riunite VI e X della Camera congiuntamente con le Commissioni riunite 6a e 10 a del Senato, nella seduta del 17 febbraio 2004, il presidente dell’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), interrogato incidentalmente sull’ipotizzata previsione dell’assicurazione contro i danni da calamità naturali, ha espresso l’opinione che essa, ove adottata, dovrebbe avere estensione generale, per consentire l’esplicarsi del criterio di mutualità che solo può permettere la ripartizione del rischio su base assicurativa. Il presidente dell’ANIA ha ipotizzato un costo annuo variabile tra 70 e 100 euro per persona in relazione a un’abitazione del valore di 100 mila euro. Ha per altro espresso l’avviso che, in caso di catastrofi di grave intensità, non sia possibile evitare l’intervento diretto dello Stato come “assicuratore finale”.

 


Articolo 138
(Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate
della regione Molise)

 

1. Al fine di garantire la prosecuzione gli interventi e le opere di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio del Molise, si provvede alla ripartizione delle risorse finanziarie mediante ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in modo da garantire ai comuni totalmente evacuati, che abbiano predisposto il relativo piano di ricostruzione, risorse non inferiori a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui al decreto-legge 3 maggio 1991, n. 142, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 1991, n. 195. Gli interventi di ricostruzione finanziati a valere sulle predette risorse finanziarie sono adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.

 

 

L’articolo 138 prevede risorse finanziarie non inferiori a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009 per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio della regione Molise, da destinare unicamente ai comuni totalmente evacuati che abbiano, nel contempo, predisposto il relativo piano di ricostruzione. La disposizione pone la condizione che tali interventi siano adottati in coerenza con i programmi già previsti da altri interventi infrastrutturali statali.

L’articolo precisa che alla ripartizione dei contributi, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al decreto-legge n. 142 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 195 del 1991 – vale a dire a carico del Fondo per la protezione civile - si provvederà, tra i comuni interessati, con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate ai sensi dell’art. 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992.

 

Si ricorda, al riguardo, che i principali finanziamenti in materia di protezione civile derivano dall’apposito Fondo per la protezione civile, alimentato annualmente con la legge finanziaria (Tabella C), ai sensi dell’art. 6, comma 1, del decreto legge n. 142 del 1991, e sul quale le ordinanze di urgenza possono mobilitare le risorse finanziarie per i singoli interventi relativi alle calamità naturali.

Si rileva che la tabella C allegata al disegno di legge finanziaria in esame (AC 1746) reca a valere del Fondo per la protezione civile (nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze) stanziamenti pari a 223 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2007 al 2009.

Si ricorda, in merito alle risorse destinate alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 31 ottobre 2002 nei territori al confine tra il Molise e la Puglia, che i primi finanziamenti sono stati autorizzati con il decreto-legge n. 245 del 2002, che ha previsto uno stanziamento di 50 milioni di euro per il 2002 per il territorio della provincia di Campobasso e di Foggia, su complessivi 60 milioni di euro e 10 milioni per l’anno 2003 (complessivamente destinati alle tre province di Campobasso, Foggia e Catania, a carico del Fondo per la protezione civile). Successivamente lo stanziamento di ulteriori risorse finanziarie è stato inserito all’interno di alcuni decreti-legge, nonché all’interno delle leggi finanziarie che si sono susseguite.

Nell’ultima legge finanziaria n. 266 del 2006, l’art. 1, comma 100, ha destinato complessivi 26 milioni di euro per una serie di calamità naturali, riservando 10 milioni di euro per la ricostruzione delle zone colpite dagli eventi sismici nel territorio del Molise. Successivamente è intervenuta l’ordinanza n. 3534 del 25 luglio 2006 (GU del 3.8.2006, n. 179) che ha provveduto a ripartire le citate risorse finanziarie e ha assegnato i 10 milioni di euro quale riserva di legge alla regione Molise e 400.000 euro alla regione Puglia colpita dallo stesso evento sismico.

 


Articolo 139
(Prosecuzione degli interventi nelle zone terremotate delle regioni Marche ed Umbria)

 

1. Per la prosecuzione dell'opera di ricostruzione nei territori delle regioni Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici del settembre 1997, è autorizzato un contributo annuo di euro 50 milioni per l'anno 2007 e di 25 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, da erogare alle medesime regioni secondo la ripartizione da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

 

L’articolo 139 destina, per la prosecuzione dell'opera di ricostruzione nei territori delle regioni Umbria e Marche colpiti dagli eventi sismici del settembre 1997, un contributo annuo di 50 milioni di euro per l'anno 2007 e di 25 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009.

Si ricorda, in merito alle risorse destinate alla ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 1997 nei territori delle Marche e dell’Umbria, che nella maggior parte delle leggi finanziarie approvate successivamente al verificarsi degli eventi sismici sono stati previsti specifici contributi a favore delle due regioni. Da ultimo, nella legge finanziaria del 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), l’art. 1, comma 100, ha previsto un vincolo di destinazione per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione nelle Marche e nell’Umbria pari a contributi quindicennali di 4 milioni di euro annui. Tali contributi sono stati successivamente assegnati con l’ordinanza n. 3534 del 25 luglio 2006 (GU del 3.8.2006, n. 179), che ha ripartito le citate risorse finanziarie tra la regione Marche, cui sono stati assegnati 1,4 milioni di euro, e la regione Umbria cui sono stati destinati i restanti 2,6 milioni di euro.

 

La disposizione prevede inoltre che tale contributo sia erogato secondo la ripartizione da effettuare con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

In proposito si segnala che la ripartizione delle somme stanziate avviene ordinariamente con ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri e non DPCM.

 

In particolare, il citato articolo 1, comma 100, prevedeva espressamente che la ripartizione dei contributi avvenisse con ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della citata legge n. 225 del 1992 (che prevede, per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla deliberazione dello stato di emergenza, si provveda anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico).


Le tabelle del ddl finanziaria 2007

Tabella C

In materia di protezione civile, nella tabella C figurano alcuni stanziamenti di rilievo, che fanno capo al Ministero dell’economia e delle finanze e che riguardano due importanti provvedimenti: il D.L. n. 142/1991 e la legge n. 225/1992.

Relativamente al decreto legge n. 142 del 1991, “Provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990 ed altre disposizioni in favore delle zone danneggiate da eccezionali avversità atmosferiche dal giugno 1990 al gennaio 1991”, figurano i due seguenti stanziamenti (entrambi iscritti nell’U.P.B. 3.2.10.3, cap. 7446/P) con:

§         223 milioni di euro rispettivamente per ciascuno degli anni del triennio (reintegro del fondo della protezione civile);

§         80,4 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio (provvedimenti in favore delle popolazioni delle province di Siracusa, Catania e Ragusa colpite dal terremoto nel dicembre 1990).

Alla legge n. 225 del 1992 “Istituzione del servizio nazionale della protezione civile”, sono invece attribuiti complessivamente (U.P.B. 3.1.5.15 e 3.2.10.3 – capitoli 2184 e 7447) 625,8 milioni di euro per il 2007, 586,8 milioni di euro per il 2008 e 431,8 milioni per il 2009.

Tabelle D ed E

Nelle tabelle D ed E, relative al rifinanziamento e definanziamento totale o parziale di leggi vigenti, non vi sono voci che riguardano la protezione civile.

Tabella F

Si osserva preliminarmente che nella Tabella F sono determinati gli importi da iscrivere in bilancio in relazione ad autorizzazioni di spesa, recate da leggi pluriennali. Va ribadito che con la Tabella F non è possibile modificare il totale complessivo degli stanziamenti previsti dalle leggi di spesa, ma esclusivamente rimodulare le quote annuali di tali stanziamenti.

I principali finanziamenti relativi alla protezione civile sono inclusi nel settore 3 (interventi per calamità naturali) e riguardano tutte l’U.P.B. 3.2.10.3, capitoli 7443/P e 7446/P del Ministero dell’economia e finanze. Si tratta di:

§         reintegro del fondo protezione civile (art. 6, comma 1, del D.L. n. 142 del 1991) per 30 milioni di euro per il solo anno 2007;

§         contributi straordinari alla regione Emilia Romagna ed alla provincia di Crotone (art. 21, comma 1, del D.L. n. 6/1998) per 18,1 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio;

§         contributi a regioni colpite da eventi calamitosi (art. 4, commi 1 e 2, e art. 7, comma 1, del D.L. n. 132 del 1999) per complessivi 42, 9 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio;

§         prosecuzione interventi per calamità naturali (art. 1, comma 203, della legge n. 311 del 2004) per 58,5 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio;

§         contributi per interventi e opere di ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali (art. 1, comma 100, della legge n. 266 del 2005) per 26 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio.

 


Disposizioni di carattere generale del disegno di legge finanziaria

 

Titolo II
Disposizioni in materia di entrate

Articolo 2
(Effetti sui saldi di finanza pubblica)

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente titolo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

       a) saldo netto da finanziare: 2.283 milioni di euro per l'anno 2007; 3.356 milioni di euro per l'anno 2008; 4.983 milioni di euro per l'anno 2009;

       b) fabbisogno del settore pubblico: 268 milioni di euro per l'anno 2007; -849 milioni di euro per l'anno 2008; 249 milioni di euro per l'anno 2009;

       c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 268 milioni di euro per l'anno 2007, -849 milioni di euro per l'anno 2008 e 249 milioni di euro per l'anno 2009.

 

Titolo III
Disposizioni in materia di spese

Capo I
Razionalizzazione e riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni

 

Articolo 31

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

       a) saldo netto da finanziare: 176 milioni di euro per l'anno 2007; -4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009;

       b) fabbisogno del settore pubblico: 2.908 milioni di euro per l'anno 2007; 4.495 milioni di euro per l'anno 2008; 5.266 milioni di euro per l'anno 2009;

       c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 3.408 milioni di euro per l'anno 2007; 5.065 milioni di euro per l'anno 2008; 5.366 milioni di euro per l'anno 2009.

 

Capo IV
Enti territoriali

 

Articolo 72

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

       a) saldo netto da finanziare: 1.622 milioni di euro per l'anno 2007; 28 milioni di euro per l'anno 2008; 16 milioni di euro per l'anno 2009;

       b) fabbisogno del settore pubblico: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009;

       c) indebitamento netto della pubblica amministrazione: 4.409 milioni di euro per l'anno 2007; 4.948 milioni di euro per l'anno 2008; 5.436 milioni di euro per l'anno 2009.

 

Capo V
Interventi in materia previdenziale e sociale

 

Articolo 81

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

       a) saldo netto da finanziare 1.622 milioni di euro per l'anno 2007, 2.076 milioni di euro per l'anno 2008 e 3.078 milioni di euro per l'anno 2009;

       b) fabbisogno del settore pubblico -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009;

       c) indebitamento netto della pubblica amministrazione -526 milioni di euro per l'anno 2007, -1.355 milioni di euro per l'anno 2008 e -2.098 milioni di euro per l'anno 2009.

 

Capo VI
Interventi in materia sanitaria

 

Articolo 87

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente capo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

a) saldo netto da finanziare -6.553 milioni di euro per l'anno 2007, -4.617 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.997 milioni di euro per l'anno 2009;

       b) fabbisogno del settore pubblico 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009;

       c) indebitamento netto della pubblica amministrazione 2.970 milioni di euro per l'anno 2007, 3.218 milioni di euro per l'anno 2008 e 4.127 milioni di euro per l'anno 2009.

 

Titolo IV
Interventi per lo sviluppo e la ricerca

Capo I
Effetti finanziari

 

Articolo 103

1. Dall'attuazione delle disposizioni contenute nel presente titolo derivano i seguenti effetti sui saldi di finanza pubblica, rispettivamente in termini di:

       d) saldo netto da finanziare: -7.859 milioni di euro per l'anno 2007, -7.595 milioni di euro per l'anno 2008 e -10.711 milioni di euro per l'anno 2009;

       e) fabbisogno del settore pubblico: -5.351 milioni di euro per l'anno 2007, -5.309 milioni di euro per l'anno 2008 e -5.241 milioni di euro per l'anno 2009;

       f) indebitamento netto della P.A.: -5.236 milioni di euro per l'anno 2007, -5.134 milioni di euro per l'anno 2008 e -4.981 di euro per l'anno 2009.

 

 

Per la prima volta la legge finanziaria indica, all’inizio dei singoli titoli o capi, gli effetti sui tre saldi di finanza pubblica delle disposizioni contenute nei titoli o capi medesimi.

Sono stati così individuati 6 settori:

§      entrate (titolo II);

§      razionalizzazione e riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni (titolo III, capo I);

§      enti territoriali (titolo III, capo IV);

§      previdenza (titolo III, capo V);

§      sanità (titolo III, capo VI);

§      sviluppo e ricerca (titolo IV).

 

Si segnala che non sono indicati gli effetti sui saldi di finanza pubblica con riferimento delle disposizioni in materia di pubblico impiego (titolo III, capo II) e di scuola, università e ricerca (titolo III, capo III).

Non sono altresì indicati gli effetti sui saldi delle misure delle tabelle e degli allegati.

Si osserva altresì che in taluni casi i settori sono composti da disposizioni di carattere non omogeneo. Ad esempio, nell’ambito del settore della sanità è compresa una disposizione che modifica il regime delle entrate della regione Sardegna (art. 102), i cui effetti sono riferibili solo parzialmente alla spesa sanitaria. Il settore della ricerca e sviluppo (titolo IV) comprende disposizioni che riguardano ambiti molto differenziati: sostegno all’apparato produttivo (capo II); infrastrutture e trasporti (capo III); agricoltura (capo IV); ambiente e beni culturali (capo V); occupazione (capo VI); settori diversi (capo VI). L’ultimo capo contiene disposizioni varie, alcune delle quali avrebbero potuto trovare più opportuna collocazione in altri settori.

Si tratta in particolare di disposizioni in materia di: obblighi comunitari e internazionali; turismo; trasporto pubblico locale; agenzie fiscali; debiti pregressi dello Stato; ripristino dell’otto per mille IRPEF di pertinenza statale; difesa e missioni internazionali di pace; emittenza locale; famiglia; pari opportunità; assistenza sociale; montagna; politiche giovanili e sport; spese di giustizia; cooperazione allo sviluppo; patrimonio immobiliare estero.

 


Gli effetti sui saldi di finanza pubblica sono i seguenti:

 

(dati in milioni di euro)

 

Saldo netto da finanziare

Fabbisogno settore pubblico

Indebitamento netto P.A.

2007

2008

2009

2007

2008

2009

2007

2008

2009

Entrate
(art. 2)

2.283

3.356

4.983

268

-849

249

268

-849

249

Razionalizzazione e riorganizzazione P.A.
(art. 31)

176

-4

-4

2.908

4.495

5.266

3.408

5.065

5.366

Enti territoriali
(art. 72)

1.622

28

16

4.409

4.948

5.436

4.409

4.948

5.436

Previdenza
(art. 81)

1.622

2.076

3.078

-526

-1.355

-2.098

-526

-1.355

-2.098

Sanità
(art. 87)

-6.553

-4.617

-5.997

2.970

3.218

4.127

2.970

3.218

4.127

Sviluppo e ricerca
(art. 103)

-7.859

-7.595

-10.711

-5.351

-5.309

-5.241

-5.236

-5.134

-4.981

TOTALE

-8.709

-6.756

-8.635

4.678

5.148

7.739

5.293

5.893

8.099

 

Il saldo netto da finanziare è il saldo del bilancio dello Stato, risultante dalla differenza tra le entrate finali e le spese finali (con esclusione dunque delle operazioni di accensione e rimborso prestiti), in termini di competenza.

Il fabbisogno è il risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Si tratta di un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese. Esso è riferito al settore pubblico, costituito dal settore statale, dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza[114]. L’andamento di questo saldo ha importanti ripercussioni in termini di debito pubblico, poiché esso è finanziato con nuove emissioni di titoli del debito e rappresenta in larga misura l’incremento annuo dello stock.

L’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni è il saldo conclusivo del conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni, risultante dalla differenza  tra  le  spese  complessive  e  le  entrate complessive; è espresso in termini di


competenza economica[115], secondo le convezioni adottate in sede Eurostat, sulla base del SEC95[116]. Esso costituisce il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo previsti a livello europeo.

 

Il Governo ha dunque deciso, con un’innovazione di un certo rilievo, di dare evidenza nel testo normativo a saldi parziali, in precedenza desumibili solo dalla relazione tecnica e dai relativi allegati (in particolare dall’allegato n. 7).

Secondo la relazione illustrativa, l’indicazione in articolato degli effetti sui saldi di finanza pubblica costituisce una «innovazione, di natura essenzialmente conoscitiva, che intende offrire elementi per innestare con più precisione la valutazione degli effetti di correzione delle singole misure sugli andamenti tendenziali.»

 

Si osserva che i dati indicati dagli articoli in esame non sembrano coincidere con quelli riportati nella relazione tecnica e nei relativi allegati. Appare pertanto necessario un chiarimento da parte del Governo.

Occorre altresì che il Governo fornisca elementi puntuali circa i criteri di ricostruzione degli andamenti tendenziali dei singoli settori, al fine di consentire una verifica sulla congruità degli effetti stimati sui saldi di finanza pubblica. Apparirebbe altresì opportuno distinguere all’interno dei singoli settori tra gli effetti positivi e gli effetti negativi in termini di saldi, ai fini di una migliore comprensione dell’effetto complessivo.

 

Si ricorda al riguardo che la risoluzione al DPEF 2007-2011 (Ventura ed altri n. 6-00004), approvata dall’Assemblea della Camera nella seduta del 26 luglio 2006, ha impegnato il Governo a fornire, in occasione della sessione di bilancio, quadri informativi relativi ai conti della pubblica amministrazione che consentano di individuare gli andamenti per sottosettori (amministrazioni centrali, enti territoriali ed enti di previdenza), anche con riferimento all'andamento del debito; analogamente, mettere a disposizione un quadro aggiornato degli andamenti tendenziali, sempre con riferimento al conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, anche per aggregati riconducibili ai sottosettori nonché alle politiche di settore, tanto di spesa che di entrata.

 

Si osserva inoltre che occorre chiarire i motivi che hanno indotto ad ascrivere alle disposizioni sugli enti territoriali effetti positivi in termini di saldo netto da finanziare, rilevanti soprattutto per il 2007 (1.622 milioni di euro). Quest’ultimo saldo si riferisce infatti al bilancio dello Stato, che, come è noto, con comprende gli enti territoriali.

 

Non sembra che dall’introduzione in articolato degli effetti sui saldi di finanza pubblica possa discendere una cogenza normativa dei medesimi, dal momento che gli effetti sui saldi delle disposizioni della legge finanziaria non appaiono determinabili con esattezza a priori.

Non è del resto prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui dall’attuazione delle disposizioni non derivino gli effetti indicati.

 

Si ricorda infine che la citata risoluzione al DPEF 2007-2011 ha impegnato il Governo a fornire informazioni dettagliate sugli effetti prodotti, sia sul versante della spesa che sul versante dell'entrata, dai provvedimenti legislativi in vigore, in raffronto con le relative previsioni.

Si valuti pertanto l’opportunità di verificare la disponibilità del Governo a fornire, in corso d’anno, informazioni sul conseguimento degli effetti sui saldi di finanza pubblica ascritti alla manovra.

 


Articolo 53
(Contenimento della spesa)

 

1. Per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare, una quota, pari rispettivamente a 4.572 milioni di euro, a 5.031 milioni di euro e a 4.922 milioni di euro, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative a consumi intermedi (Categoria 2), a trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (Categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali, ad altri trasferimenti correnti (Categorie 5, 6 e 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni, ad altre uscite correnti (Categoria 12) e alle spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie. Nell'ambito della rispettiva autonomia gestionale e della necessaria flessibilità di ciascuno stato di previsione, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con propri decreti, da comunicare alle Commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'Ufficio centrale del bilancio, può procedere a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione, restando preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per disaccantonare risorse di parte corrente.

2. Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può comunicare all'Ufficio centrale del bilancio ulteriori accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione, da destinare a consuntivo, per una quota non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito direttamente al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione dei processi di spesa.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro competente, con propri decreti da comunicare alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle Categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni ivi richiamate, con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione. Resta preclusa la possibilità di effettuare variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.

 

Il comma 1 dispone che è accantonata e resa indisponibile, in maniera lineare (cioè proporzionale) una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato relative alle seguenti categorie:

§      consumi intermedi (categoria 2);

§      trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (categoria 4), con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali;

§      trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private (categoria 5), a imprese (categoria 6) e a estero (categoria 7), con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, nonché alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985, n. 222, e successive modificazioni,

§      L’ultima disposizione dovrebbe essere finalizzata ad escludere dall’accantonamento previsto dall’articolo in esame gli stanziamenti relativi alle confessioni religiose che concorrono al riparto della quota dell’8 per mille dell’IRPEF (cioè la Chiesa cattolica, l’Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 7° giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese, la Chiesa Evangelica Luterana in Italia, l'Unione delle Comunità ebraiche italiane). Si osserva peraltro che la legge n. 222/1985 riguarda solo la Chiesa cattolica; i rapporti con le altre confessioni religiose sono disciplinati sulla base di leggi successive che dovrebbero essere richiamate espressamente.

§      altre uscite correnti (categoria 12);

§      tutte le categorie di spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali e delle acquisizioni di attività finanziarie.

 

A differenza di precedenti interventi legislativi di riduzione degli stanziamenti di bilancio, che si applicavano solo alle spese di carattere discrezionale, la disposizione in esame sembra applicarsi anche alle spese di carattere obbligatorio.

Occorre al riguardo acquisire dal Governo puntuali indicazioni circa la praticabilità e le conseguenze di una riduzione di carattere generale di spese derivanti per lo più da fattore legislativo.

Ai fini di una valutazione dell’impatto della disposizione in esame, appare inoltre necessario allegare, come avvenuto in precedenti occasioni, un elenco delle unità previsionali di base interessate dalla disposizione, con indicazione dell’entità di ciascun accantonamento.

 


La seguente tabella riporta l’ammontare complessivo, iscritto del disegno di legge di bilancio a legislazione vigente per il 2007 (AC 1747), degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate dalla disposizione in esame (senza considerare le esclusioni).

(milioni di euro)

 

 

Complessivo

Oneri giuridicamente obbligatori

Oneri discrezionali

Spese correnti

 

 

 

Consumi intermedi

8.578

5.631

2.947

Trasferimenti a amministrazioni pubbliche

178.824

165.415

13.409

Trasferimenti a famiglie e ISP

3.826

3.327

499

Trasferimenti a imprese

3.840

3.442

398

Trasferimenti a estero

1.490

1.455

35

Altre uscite correnti

6.370

6.348

22

Spese in conto capitale

27.974

25.756

2.218

 

Totale

230.902

211.374

19.528

 

L’accantonamento previsto per il 2007, pari a 4.572 milioni di euro,  riguarda dunque circa il 2,0 per cento del complesso degli stanziamenti riferiti alle categorie economiche interessate.

Qualora l’accantonamento fosse riferito alla sola parte discrezionale, esso riguarderebbe il 23,4 per cento delle dotazioni.

Si segnala che il calcolo effettuato non considera le esclusioni previste dalla disposizione in esame (particolarmente rilevanti soprattutto per la categoria dei trasferimenti ad amministrazioni pubbliche): se si considerassero tali esclusioni la percentuale rispetto agli stanziamenti interessati risulterebbe ovviamente superiore.

 

 

il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può procedere, con decreto, a variazioni dei predetti accantonamenti, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie.

Deve in ogni caso essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione; è inoltre preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per riduzione di accantonamenti di risorse di parte corrente.

I relativi decreti sono comunicati alle commissioni parlamentari competenti, alla Corte dei conti e all'ufficio centrale del bilancio.

 

Il comma 2 introduce una disciplina che appare volta ad incentivare iniziative del personale volte a conseguire ulteriori effetti di risparmio.

In particolare, Il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia, può comunicare all'ufficio centrale del bilancio accantonamenti aggiuntivi delle dotazioni delle unità previsionali di parte corrente del proprio stato di previsione. Questi ulteriori accantonamenti sono destinati a consuntivo, per una quota comunque non superiore al 30 per cento, ad appositi fondi per l'incentivazione, mediante contrattazione integrativa, del personale dirigente e non dirigente che abbia contribuito in maniera diretta al conseguimento degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione della spesa.  

 

Il comma 3 prevede che il Ministro dell'economia, su proposta del Ministro competente, con propri decreti, può procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità previsionali nell'ambito delle categorie di cui al comma 1, ferme restando le esclusioni  ivi richiamate.

Anche in tal caso deve essere assicurata l’invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione e non possono essere effettuate variazioni compensative con utilizzo di risorse di conto capitale per far fronte a spese di natura corrente.

I relativi decreti sono comunicati alle competenti commissioni parlamentari e alla Corte dei conti per la registrazione.

 

 

Come in numerosi precedenti provvedimenti legislativi, approvati sia nel corso della XIV legislatura che della legislatura corrente[117], si intendono conseguire risparmi di spesa attraverso interventi di carattere orizzontale sugli stanziamenti di bilancio, sia pure prevedendo misure che assicurano una certa flessibilità ed introducendo incentivi per il personale che si rende parte attiva nel processo di razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza.

 

Si ricorda che l’efficacia di interventi indifferenziati sulle dotazioni di bilancio è stata più volte messa in discussione.

La Corte dei conti, in occasione della relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2004, ha svolto una specifica analisi sugli effetti degli interventi di contenimento della spesa effettuati nel 2004, rilevando una seria difficoltà a conseguire gli obiettivi prefissati con misure di riduzione generalizzata degli stanziamenti di bilancio[118].

Più recentemente, la Commissione istituita dal Ministro dell’economia e delle finanze con l’incarico di effettuare una ricognizione sulla situazione dei conti pubblici nel 2006 (cd. Commissione Faini) è stata unanime nel valutare negativamente l’impatto di misure di riduzione generalizzata della spesa. Secondo il documento trasmesso alle Camere recante una sintesi dei risultati della verifica, «il taglio indiscriminato dei capitoli di spesa comporta faticosi riaggiustamenti a posteriori per non pregiudicare la funzionalità della pubblica amministrazione e l’impatto di programmi già avviati.»

 

Dall’applicazione della disposizione in esame non sono previsti effetti in termini di saldo netto da finanziare, presumibilmente perché trattasi di accantonamenti e non di vere e proprie riduzioni.

Sono invece stimati i seguenti effetti sul fabbisogno di cassa e sull’indebitamento netto:

 

(milioni di euro)

§          Fabbisogno

§          Indebitamento netto

§          2007

§          2008

§          2009

§          2007

§          2008

§          2009

§          2.085

§          3.460

§          4.060

§          2.335

§          3.780

§          4.100

 

 


GLOSSARIO
DEI PRINCIPALI TERMINI MACROECONOMICI E DI FINANZA PUBBLICA

 

 

Accensione di prestiti

Ammontare delle operazioni di indebitamento a medio e lungo termine (debito patrimoniale), con esclusione di quelle di durata inferiore all’anno (debito fluttuante). In sede previsionale, nel bilancio dello Stato, l’accensione di prestiti coincide con il ricorso al mercato [®].

 

Amministrazioni pubbliche

Nell’ambito del sistema di contabilità nazionale, complesso delle unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella produzione di beni e servizi non destinabili alla vendita ovvero nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese; le risorse principali sono costituite da versamenti obbligatori effettuati direttamente o indirettamente da unità appartenenti ad altri settori.

Il settore delle amministrazioni pubbliche è composto di tre sottosettori:

1) amministrazioni centrali, che comprendono i ministeri, la Presidenza del Consiglio, gli organi costituzionali (Camera, Senato, Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale) e quelli a rilevanza costituzionale (Corte dei Conti, CSM, CNEL) e gli enti centrali con competenza su tutto il territorio del paese (quali ANAS, CONI, CNR, ISTAT, Autorità amministrative indipendenti...);

2) amministrazioni locali, che comprendono gli enti la cui competenza è limitata ad una parte del territorio nazionale (quali regioni, province, comuni, ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS, camere di commercio, università, autorità portuali…)

3) enti di previdenza e assistenza.

Le pubbliche amministrazioni costituiscono il settore di contabilità nazionale preso a riferimento in ambito europeo per la definizione dei parametri di finanza pubblica previsti dal Trattato di Maastricht.

Le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato [®]sono individuate annualmente in un elenco pubblicato dall’ISTAT. L'elenco è stato da ultimo aggiornato dall’ISTAT con Comunicato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 28 luglio 2006, n. 174. La compilazione di tale elenco risponde a norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario. Secondo il SEC95 (Sistema europeo dei Conti) [®], ogni unità istituzionale viene classificata nel settore delle pubbliche amministrazioni  sulla base di criteri di natura prevalentemente economica, indipendentemente dal regime giuridico che la governa.

 

Avanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Capitolo

Voce contabile individuata nell’ambito di ciascuna unità previsionale di base [®], rilevante ai soli fini della gestione e della rendicontazione. I capitoli non sono oggetto di approvazione parlamentare.

L’articolazione delle U.P.B. in capitoli - in relazione allo specifico oggetto per l’entrata e secondo il contenuto economico e funzionale della spesa – è effettuata, annualmente, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, adottato contestualmente all’entrata in vigore della legge di approvazione del bilancio.

 

Cassa (bilancio di)

Bilancio nel quale le previsioni di entrata si riferiscono agli incassi e le previsioni di spesa ai pagamenti [® “Entrata (procedimento contabile)”, “Spesa (procedimento contabi­le)”].

Il bilancio annuale di previsione dello Stato viene redatto sia in termini di cassa che in termini di competenza [®].

 

Centro di costo

Unità organizzativa cui è assegnata la responsabilità di gestire risorse che generano costi. E’ la struttura in riferimento alla quale sono effettuate le rilevazioni della contabilità economica per centri di costo [®].

 

Centro di responsabilità amministrativa

Ufficio di livello dirigenziale generale cui sono attribuite, nell’ambito di ciascuno stato di previsione, le risorse finanziarie individuate da un insieme di unità previsionali di base [®] deliberate dal Parlamento. I centri di responsabi­lità amministrativa sono individuati in modo da assicurare il costante adeguamento della struttura del bilancio dello Stato all’organizzazione dell’Amministrazione statale.

 

Classificazione economica

Aggregazione delle spese e delle entrate secondo la loro natura economica, articolata in categorie.

Le principali categorie della tradizionale classificazione economica delle entrate del bilancio dello Stato sono: Imposte sul patrimonio e sul reddito, Tasse e imposte sugli affari, Imposte sulla produzione, consumi e dogane, Monopoli, Lotto, lotterie ed altre attività di giuoco, Proventi dei beni dello Stato, dei servizi pubblici minori e speciali, Interessi su anticipazioni e crediti vari del tesoro.

La classificazione economica delle spese finali del bilancio dello Stato è stata rielaborata secondo i criteri di contabilità nazionale previsti dal SEC95 [®]; le principali voci sono: Redditi da lavoro dipendente [®], Consumi intermedi [®], Trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese, Interessi passivi e redditi da capitale, Investimenti fissi lordi [®] e acquisti di terreni, Contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche e a imprese, Acquisizioni di attività finanziarie.

 

Classificazione funzionale

Aggregazione delle spese in base alle finalità cui sono destinate, articolata in funzioni-obiettivo [®].

 

Competenza (bilancio di)

 

Bilancio in cui vengono iscritte, relativamente al periodo considerato, le entrate sulla base degli accertamenti e le spese sulla base degli impegni [® “Entrata (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

Il bilancio annuale di previsione viene redatto sia in termini di competenza (giuridica) che in termini di cassa [®].

 

Consumi intermedi

Corrispondono al valore dei beni e dei servizi consumati quali input nel processo di produzione nelle attività delle pubbliche amministrazioni, con esclusione del capitale fisso (il cui consumo è registrato come ammortamento). I beni e i servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo.

 

Contabilità economica per centri di costo

Secondo quanto disposto dalla legge n. 94/1997, a partire dal 2000, per le Amministrazioni dello Stato è stato introdotto un sistema di contabilità analitica per centri di costo, volta ad individuare i costi di gestione di ciascuna organizzazione, cioè il valore dei fattori produttivi impiegati per la produzione di determinati beni o l’erogazione di determinati servizi. Il sistema di contabilità economica analitica si articola in centri di costo [®], servizi (che rappresentano le attività svolte dai singoli centri di costo) e piano dei conti (che rappresenta lo strumento, articolato su più livelli, mediante il quale viene effettuata la rilevazione economica dei costi).

 

Conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni

Conto che espone le entrate e le spese del settore isti­tuzionale delle amministrazioni pubbliche [®], nell’ambito del sistema di contabilità nazionale. Esso viene predisposto in termini di competenza economica.

Nel conto economico consolidato delle P.A. sono registrate solo le operazioni finali in grado di incidere sulla situazione economica o patrimoniale degli altri soggetti istituzionali, mentre sono escluse tutte le operazioni finanziarie con le quali ad una passività di un settore corrisponde una attività di un altro (concessione di mutui, partecipazioni e conferimenti, riscossione di crediti).

Il conto consolidato delle P.A. è il quadro contabile di riferimento per la programmazione degli obiettivi di finanza pubblica, sia a livello comunitario (negli aggiornamenti annuali del programma di stabilità) sia a livello nazionale (nel documento di programmazione economico-finanziaria).

 

Conto riassuntivo del Tesoro

Documento che, pubblicato mensilmente in Gazzetta ufficiale, dà conto di tutte le operazioni di tesoreria [®] (incassi e pagamenti in termini di competenza e residui; debiti e crediti di tesoreria). Per ciascun periodo di riferimento evidenzia: il risparmio pubblico [®], il saldo da finanziare [®], il disavanzo complessivo [® saldo complessivo] e la situazione del Tesoro.

 

Debito delle amministrazioni pubbliche (debito pubblico)

 

E’ l’insieme delle passività finanziarie del settore delle amministrazioni pubbliche; è consolidato tra e nei sottosettori, ossia esclude le passività incluse nell’attivo degli enti appartenenti allo stesso settore.

L’aggregato include i seguenti strumenti finanziari:

a) le monete e i depositi; questi comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la tesoreria statale intestati a soggetti non appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche e la raccolta postale inclusa nel passivo di queste ultime;

b) i titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni locali;

c) i prestiti erogati in favore di enti appartenenti alle Amministrazioni pubbliche o il cui onere di rimborso sia a carico di queste ultime.

Il debito delle amministrazioni pubbliche è calcolato dalla Banca d’Italia in coerenza con i criteri definiti dall’Unione europea.

 

Disavanzo (deficit)

 

Saldo negativo dei conti di finanza pubblica. Se riferito a conti economici corrisponde all’indebitamento netto [®]; se riferito a conti finanziari coincide con il fabbisogno [®].

In base ai parametri definiti in sede europea, per disavanzo si intende l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni [®].

 

Disavanzo (complessivo, corrente, primario)

 

® “Saldo complessivo”, “Saldo corrente”, “Saldo primario”.

 

Entrata

(procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento di contabilità generale, le entrate dello Stato sono costituite da tutti i redditi, proventi e crediti di qualsiasi natura, che lo Stato ha il diritto di riscuotere in virtù di leggi, regolamenti o altro titolo.

Il procedimento contabile di entrata si articola in tre fasi:

1) accertamento: fase in cui sorge per lo Stato il diritto a percepire una determinata somma attraverso l’iden­tificazione della ragione del credito e la persona che ne è debitrice; 2) riscossione: fase che consiste nell’esigere dal debitore la somma dovuta allo Stato; 3) versamento: fase in cui le somme riscosse sono versate nella tesoreria dello Stato.

 

Entrate complessive

Costituiscono la somma totale delle entrate.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle entrate correnti [®]e delle entrate in conto capitale[®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei quattro titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti), Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale) e Titolo IV – .”accensione di prestiti” [®].

 

Entrate correnti

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono costituite principalmente da entrate tributarie (imposte dirette e indirette [®]) e dai contributi sociali (effettivi e figurativi) [®].

Nel bilancio dello Stato, corrispondono ai primi due titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, in cui rientrano le entrate di natura fiscale (IRPEF, IRPEG, IRAP, IVA ecc.) e Titolo II – “entrate extratributarie” nel quale sono considerati tutti i proventi diversi da quelli di carattere fiscale, che non incidono sul patrimonio.

 

Entrate in conto capitale

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], sono le entrate derivanti da imposte in conto capitale [®], da cofinanziamenti dell’Unione europea e da trasferimenti in conto capitale delle imprese e delle famiglie.

Nel bilancio dello Stato, corrispondono al Titolo III delle entrate – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti”.

 

Entrate finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi tre titoli delle entrate: Titolo I – “entrate tributarie”, Titolo II – “entrate extratributarie” (che insieme costituiscono le entrate correnti) e Titolo III – “alienazione ed ammortamento di beni patrimoniali e riscossione di crediti” (entrate in conto capitale).

Esse rappresentano le risorse definitivamente acquisite al bilancio per il raggiungimento dei fini istituzionali, con esclusione delle entrate derivanti dall’accensione di prestiti [®].

 

Fabbisogno

Risultato differenziale relativo ai conti di cassa, che evidenzia l’eccedenza dei pagamenti rispetto agli incassi con riferimento al complesso delle operazioni di parte corrente, in conto capitale e finanziarie. Quando gli incassi superano le erogazioni si ha la cd. “disponibilità”.

Il fabbisogno è un dato monetario, in quanto costituisce il quantitativo di risorse monetarie e finanziarie necessarie a colmare lo squilibrio tra i flussi di entrate e di spese dello Stato o di aggregati più vasti.

Nella Relazione trimestrale di cassa, esso viene calcolato con riferimento al settore statale [®] e al settore pubblico [®].

 

Fabbisogno complessivo

 

E’ il fabbisogno [®] aumentato delle regolazioni debitorie pregresse [®] effettuate (o da effettuare) in contanti nei confronti dei soggetti esterni al settore cui si riferisce il conto e diminuito dei crediti maturati a fine periodo da parte dei fornitori.

 

Fabbisogno primario

E’ il fabbisogno [®] calcolato al netto delle uscite per interessi passivi.

 

Fondi speciali

 

Somme, iscritte su apposite unità previsionali di base (una di parte corrente e una in conto capitale) dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede possano essere approvati dal Parlamento negli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriennale. L’ammontare del fondo speciale di parte corrente e del fondo speciale di conto capitale è determinato, rispettivamente, dalla tabella A e dalla tabella B della legge finanziaria. Le tabelle A e B indicano altresì gli accantonamenti relativi ai singoli Ministeri nei quali ciascun fondo è ripartito. Le quote del fondo speciale di parte corrente e, se non corrispondono a progetti di legge già approvati da un ramo del Parlamento, di quello in conto capitale non utilizzate entro l’anno cui si riferiscono costituiscono economie di bilancio.

 

Funzioni obiettivo

Voci della classificazione funzionale [®] individuate con riguardo all’esigenza di definire le politiche pubbliche di settore. La classificazione per funzioni obiettivo è articolata su quattro livelli, di cui i primi tre sono tratti dalla classificazione standard adottata in sede europea (COFOG-SEC95), mentre il quarto livello, determinato in sede nazionale, indica gli obiettivi perseguiti da ciascuna amministrazione. Il primo livello (divisioni) rappresenta i fini primari perseguiti dalle Amministrazioni; il secondo (gruppi) esprime le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche; il terzo (classi) identifica i comparti di attività in cui si articolano le aree di intervento del livello precedente; il quarto livello (missioni istituzionali) rappresenta gli obiettivi perseguiti da ciascuna Amministrazione.

Le funzioni-obiettivo di primo livello sono 10: Servizi generali delle pubbliche amministrazioni; Difesa, Ordine pubblico e sicurezza, Affari economici, Protezione dell’ambiente, Abitazioni e assetto territoriale, Sanità, Attività ricreative, culturali e di culto, Istruzione, Protezione sociale.

 

Imposte in conto capitale

Sono le imposte percepite a intervalli irregolari, e solo saltuariamente, sul valore delle attività o del patrimonio netto o sul valore dei beni trasferiti per effetto di lasciti, donazioni o altri trasferimenti.

Comprendono:

a) le imposte sui trasferimenti in conto capitale, quali le imposte sulle successioni e sulle donazioni, con esclusione delle imposte sulle vendite di beni (che non costituiscono trasferimenti);

b) le imposte straordinarie sulle attività o sul patrimonio netto (quali i condoni).

 


Indebitamento netto

 

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], è il saldo conclusivo risultante dalla differenza tra le spese complessive [®] e le entrate complessive [®]; se le entrate superano le spese, si ha “accreditamento netto”. Quando si indica genericamente l’indebitamento netto, si intende fare riferimento a questo saldo, che è il parametro di riferimento per il rispetto dei vincoli sul disavanzo (o deficit) previsti a livello europeo.

Analogamente, nel bilancio dello Stato si definisce indebitamento (o accrescimento) netto il saldo risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], escluse le operazioni finanziarie (partecipazioni azionarie e conferimenti, concessione e riscossione di crediti e accensione e rimborso di prestiti).

 

Indebitamento netto strutturale

È l’indebitamento netto (riferito al conto economico consolidato della pubbliche amministrazioni) [®] depurato degli effetti del ciclo economico. Con lo stesso termine può peraltro intendersi l’indebitamento netto depurato degli effetti del ciclo economico e al netto delle misure una tantum.

 

Inflazione

L'inflazione al consumo è un processo di aumento del livello generale dei prezzi dell'insieme dei beni e servizi destinati al consumo delle famiglie. Generalmente, si misura attraverso la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, cioè uno strumento statistico che misura le variazioni nel tempo dei prezzi di un insieme di beni e servizi, chiamato paniere, rappresentativo dei consumi delle famiglie in uno specifico anno.

L'ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo:

§       l’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale (NIC), che misura l'inflazione a livello dell'intero sistema economico italiano.

§       l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), si riferisce ai consumi dell'insieme delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (non agricolo). E' l'indice usato per adeguare periodicamente i valori monetari (ad esempio gli affitti o gli assegni dovuti al coniuge separato);

§       l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), sviluppato per assicurare una misura dell'inflazione comparabile a livello europeo. Prende a riferimento l'intera collettività nazionale, ma si differenzia dagli altri due indici perché il paniere esclude, sulla base di un accordo comunitario, le lotterie, il lotto, i concorsi pronostici e i servizi relativi alle assicurazioni sulla vita. A differenza degli altri due indici, inoltre considera non il prezzo pieno di vendita ma prezzo effettivamente pagato dal consumatore (ad esempio, nel caso dei medicinali, mentre per gli indici nazionali viene considerato il prezzo pieno del prodotto, per quello armonizzato europeo il prezzo di riferimento è rappresentato dalla quota effettivamente a carico del consumatore, cioè il ticket); l’indice armonizzato europeo tiene inoltre conto delle riduzioni temporanee di prezzo (saldi e promozioni).

L’indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale e l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati sono calcolati anche al netto dei tabacchi.

 

Inflazione programmata

Rappresenta il tasso di inflazione fissato nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) come valore di riferimento per l’anno successivo. Tale tasso viene rapportato all’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, esclusi i tabacchi [® “Inflazione”]. Il tasso di inflazione programmata rappresenta il parametro di riferimento per la definizione degli aumenti salariali nella contrattazione nazionale.

 

Investimenti fissi lordi

Sono costituti dalle acquisizioni, al netto delle cessioni, di capitale fisso effettuate dai produttori residenti (cui si aggiungono gli incrementi di valore dei beni materiali non prodotti). Il capitale fisso consiste di beni materiali e immateriali prodotti destinati a essere utilizzati nei processi produttivi per un periodo superiore a un anno.

Sono fissi in quanto non comprendono le variazioni delle scorte e degli oggetti di valore.

Sono lordi in quanto includono gli ammortamenti.

 

Perenzione amministrativa

Eliminazione dalla contabilità finanziaria dei residui passivi [®] per i quali non siano state effettuate le relative operazioni di pagamento.

I residui passivi relativi a spese correnti si intendono perenti decorsi due esercizi finanziari successivi a quello della loro iscrizione in bilancio (con l’eccezione dei residui relativi a spese per lavori, forniture e servizi, che si intendono perenti decorsi tre esercizi finanziari). I residui passivi relativi alle spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio non oltre il settimo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione.

 

PIL – Prodotto interno lordo

(nominale e reale)

Corrisponde alla produzione totale di beni e servizi dell’economia, diminuita dei consumi intermedi [®] e aumentata dell’IVA [®] e delle imposte indirette [®]  sulle importazioni [®]. È altresì pari alla somma dei valori aggiunti delle varie branche di attività economica, aumentata delle imposte sui prodotti (incluse l’IVA e le imposte sulle importazioni), al netto dei contributi ai prodotti e dei servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM).

Quando gli importi sono espressi in termini di valori correnti ci si riferisce al PIL ai prezzi di mercato o PIL nominale.

Per determinare il PIL reale, al fine di disporre di un indicatore sulla crescita dell’economia depurato dall’inflazione, è necessario fare riferimento al PIL a prezzi costanti o, in base alla nuova metodologia adottata dall’ISTAT nel marzo 2006, al PIL calcolato sulla base degli indici a catena.

 

Prestazioni sociali

Sono trasferimenti correnti, in denaro o in natura, finalizzati a sollevare queste ultime dagli oneri derivanti da determinati rischi o bisogni (quali malattia, vecchiaia, morte, invalidità, disoccupazione…).

Comprendono trasferimenti correnti e forfettari dei sistemi privati di assicurazione sociale con o senza costituzione di riserve e i trasferimenti correnti da amministrazioni pubbliche e istituzioni senza scopo di lucro, al servizio delle famiglie non subordinati al pagamento di contributi (assistenza).

 

Redditi da lavoro dipendente

Secondo il SEC95 [®], corrispondono al costo sostenuto dai datori di lavoro a titolo di remunerazione dell'attività prestata alle proprie dipendenze dai lavoratori sia manuali che intellettuali. Sono composti dalle retribuzioni lorde e dai contributi sociali effettivi e/o figurativi [®].

 

Regolazioni contabili

 

Definizione contabile di partite debitorie e creditorie tra lo Stato e gli altri soggetti giuridici con iscrizione del relativo importo nei rispettivi bilanci.

Regolazioni debitorie pregresse

 

Operazioni con cui lo Stato regola in contanti o in titoli la posizione debitoria propria o di un altro soggetto pubblico, relativa a transazioni effettuale in esercizi precedenti.

 

Residui (propri)

 

Si distinguono in residui attivi, che corrispondono a entrate accertate ma non ancora riscosse o versate e residui passivi, che corrispondono a spese impegnate ma non ancora pagate [® “Entrate (procedimento contabile)” e “Spesa (procedimento contabile)”].

I residui vengono accertati al momento della chiusura dell’anno finanziario ed iscritti nel Rendiconto generale; essi vengono mantenuti nella contabilità degli esercizi successivi fino a quando non siano effettuale le relative operazioni di incasso o pagamento oppure, nel caso dei residui passivi, siano eliminati per perenzione [®].

I residui attivi, che rappresentano dei credito vantati dallo Stato, vengono classificati in funzione della loro esigibilità: quelli considerati assolutamente inesigibili vengono eliminati dalle scritture contabili con decreto ministeriale.

 

Residui di stanziamento

(impropri)

Stanziamenti di bilancio relativi a spese per i quali è autorizzata la conservazione in bilancio anche se, entro la fine dell’esercizio finanziario, non hanno dato luogo all’assunzione di impegni verso terzi (per questo differiscono dai residui propri).

In via generale i residui di stanziamento relativi a spese in conto capitale possono essere mantenuti in bilancio fino all’esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione; se iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre, possono essere mantenuti in bilancio fino al secondo esercizio finanziario successivo alla prima iscrizione. La conservazione in bilancio dei residui di stanziamento è subordinata alla ricognizione da parte del Ministe­ro dell’economia e delle finanze dello stato di attuazione dei programmi per i quali le somme sono state stanziate.

 

Ricorso al mercato

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese complessive [®].

Esso esprime l’entità dell’indebitamento a medio e a lungo termine relativo all’anno di riferimento. In sede previsionale il limite del ricorso al mercato è fissato dalla legge finanziaria.

 

Risparmio pubblico

 

Con riferimento al bilancio dello Stato, è il saldo corrente [®], risultante dalla differenza tra il totale dei primi due titoli delle entrate (entrate tributarie+entrate extratribu­tarie=entrate correnti [®]) e il primo titolo della spesa (spese correnti [®]).

 

Saldo complessivo

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®]e le spese complessive [®].

Saldo corrente

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate correnti [®] e le spese correnti [®].

 

Saldo finale

Nel bilancio dello Stato, saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate finali [®] e le spese finale [®].

 

Saldo in conto capitale

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate in conto capitale  [®] e le spese in conto capitale [®].

 

Saldo netto da finanziare

 

Nel bilancio dello Stato, risultato differenziale tra le entrate finali [®] e le spese finali [®]; sono dunque escluse operazioni di accensione e rimborso prestiti.

Il limite massimo del saldo netto da finanziare in termini di competenza è indicato nel DPEF e, quindi, fissato normativamente nella legge finanziaria, per ciascuno degli anni considerati dal bilancio pluriennale.

Se le entrate superano le spese si parla di “saldo netto da impiegare”

 

Saldo primario

Saldo (avanzo o disavanzo) risultante dalla differenza tra le entrate complessive [®] e le spese complessive [®], al netto della spesa per interessi passivi.

 

SEC 95
(Sistema europeo dei conti nazionali e regionali)

Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). I settori istituzionali individuati sono cinque: società non finanziarie; società finanziarie; amministrazioni pubbliche; famiglie; istituzioni sociali private. In rapporto all’Unione economica e monetaria assume specifico rilievo il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche [®].

Per la registrazione delle operazioni viene adottato il criterio della competenza economica [®]. Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.

 

Settore pubblico

 

Aggregato costituito dal settore statale [®], dagli altri enti delle amministrazioni centrali, dalle amministrazioni locali e dagli enti di previdenza.

Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi dall’ISTAT nelle amministrazioni pubbliche.

 

Settore statale

 

Aggregato costituito dalla gestione del bilancio dello Stato, dalla gestione di tesoreria (quest’ultima ricomprende principalmente le operazione dei bilanci delle ex aziende autonome).

In sostanza, tale settore è costituito dagli enti che imputano direttamente le loro operazioni di cassa sulla tesoreria statale.

 

Spesa (procedimento contabile)

 

Come disposto dal regolamento generale di contabilità, sono spese dello Stato quelle alle quali si deve provvedere a carico dell’erario a norma di legge, decreti, regolamenti o altri atti di qualsiasi specie e quelle, in genere, necessarie per il funzionamento dei servizi pubblici che dipendono dalle amministrazioni dello Stato.

Il procedimento contabile della spesa si articola in quattro fasi:

1) impegno: atto con cui nell’ambito di uno stanziamento di bilancio, una determinata somma viene destinata in modo specifico ad un provvedimento di spesa; l’impegno ha l’effetto di costituire un vincolo per la somma impegnata, che non potrà essere utilizzata per destinazioni diverse; 2) liquidazione: fase in cui viene determinata la persona del creditore e l’ammontare del debito; 3) ordinazione: fase in cui si dà ordine alla tesoreria o agli altri organi competenti di pagare la somma in precedenza liquidata; 4) pagamento: fase in cui gli agenti pagatori o la tesoreria adempiono materialmente all’obbligazione.

 

Spese complessive

Costituiscono la somma totale delle spese.

Nel conto economico consolidato delle pubbliche amministrazioni [®], corrispondono alla somma delle spese correnti [®]e delle spese in conto capitale[®].

Nel bilancio dello Stato corrispondono alla somma dei tre  titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®], Titolo II – Spese in conto capitale (che insieme costituiscono le spese finali) [®], Titolo III – Rimborso prestiti.

 

Spese correnti

Spese destinate alla produzione ed al funzionamento dei vari servizi statali, nonché alla redistribuzione dei redditi per fini non direttamente produttivi.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni, le spese correnti sono costituite principalmente da spese per: redditi da lavoro dipendente [®], consumi intermedi [®], prestazioni sociali in denaro [®] e interessi passivi.

Fra le ulteriori spese correnti, si ricordano: le prestazioni sociali in natura [®], gli ammortamenti [®], le imposte indirette [®], i contributi alla produzione, gli aiuti internazionali e gli ulteriori trasferimenti correnti (all’UE, alle istituzioni sociali private, alle famiglie e alle imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “1”.

 

Spese finali

Nel bilancio dello Stato, sommatoria dei primi due titoli delle spese: Titolo I – Spese correnti [®] e Titolo II – Spese in conto capitale [®].

Rappresentano le somme necessarie per le amministrazioni statali per perseguire i propri scopi o fini istituzionali. Dalle spese finali sono quelle escluse relative al rimborso di prestiti (titolo III della spesa), definite “spese strumentali”.

 

Spese in conto capitale

Spese che incidono, direttamente o indirettamente, sulla formazione del capitale.

Nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni le spese correnti sono costituite principalmente sono costituite principalmente da spese per investimenti fissi lordi [®].  Fra le ulteriori spese in conto capitale si ricordano i contributi agli investimenti (soprattutto in favore di imprese) e altri trasferimenti in conto capitale (anch’essi soprattutto in favore di imprese).

Nel bilancio dello Stato, sono individuate dal secondo numero delle unità previsionali di base [®], che corrisponde a “2”.

 

Titoli di Stato

Titoli obbligazionari del Tesoro. Comprendono i prestiti emessi sui mercati esteri, e le seguenti tipologie di titoli emessi sul mercato interno: BOT (Buoni ordinari del Tesoro, privi di cedole, emessi con scadenza variabile da 1 a 12 mesi), BTP (Buoni del Tesoro poliennali a tasso fisso con cedola semestrale, emessi con durata compresa tra i 2 e i 30 anni; dal 2003 sono emessi anche BTP indicizzati all’inflazione) e alcune tipologie di certificati del Tesoro (Titoli obbligazionari emessi dal Tesoro).

 

Unità previsionale di base

 

Unità fondamentale della struttura del bilancio dello Stato, come determinata dalla riforma introdotta dalla legge n. 94/1997.

Le UPB formano oggetto di approvazione parlamentare.

Le UPB di spesa sono classificate per centri di responsabilità amministrativa [®] e sono determinate con riferimento ad aree omogenee di attività in cui si articolano le competenze istituzionali di ciascun ministero.

In particolare , le UPB di spesa sono contrassegnate da 4 numeri; il primo numero indica il centro di responsabilità amministrativa, il secondo il titolo della spesa (1=spesa corrente; 2=spesa in conto capitale).

 

 

 

 



[1]     A seguito della riforma del Governo introdotta con il decreto legislativo n. 300/1999 e con il successivo D.L. n. 217/2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 317/2001, si è proceduto all’accorpamento di alcuni stati di previsione della spesa, passati, infatti, dai precedenti 18 agli attuali 14.

[2] Calcolata sommando i residui alla competenza.

[3] Calcolato dividendo le autorizzazioni di cassa per la massa spendibile.

[4] Si ricorda che nella stessa U.P.B: rientra anche il capitolo 7271 con una dotazione di 13,1 milioni di euro.

[5] Si ricorda che nella stessa U.P.B: rientra anche il capitolo 7364 con una dotazione di 18 milioni di euro.

[6]     Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004)621), inteso a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza. Il 27 giugno 2006, il Consiglio ha adottato, secondo la procedura di codecisione, una posizione comune sulla proposta che verrà esaminata in seconda lettura dal Parlamento europeo, nella sessione del 23 ottobre 2006.

[7]    Recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59.

[8]    Si tratta della Risoluzione 7-00629 (Pepe, Patria), presentata il 19/5/2005 e non discussa, che impegnava il Governo a verificare l'opportunità di mantenere, anche mediante iniziative di carattere normativo, all'amministrazione centrale i compiti relativi alla revisione degli estimi ed al classamento degli immobili, al fine di assicurare la necessaria uniformità sul territorio nazionale nella determinazione delle rendite catastali e di evitare di concentrare in capo ad un unico soggetto, per quanto riguarda l'imposta comunale sugli immobili, la determinazione della base imponibile e della relativa aliquota d'imposta e della Risoluzione 7-00511 (Grandi- Benvenuto) presentata il 22/11/2004 e discussa, ma non conclusa.

[9]     Decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 463, recante “Semplificazione in materia di versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori e di adempimenti connessi agli uffici del registro, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettere f) e g), della legge 23 dicembre 1996, n. 662”. L’articolo 3-bis è stato aggiunto dall'articolo 1 del D.Lgs. 18 gennaio 2000, n. 9.

[10]   Pubblicato nella Gazzetta ufficiale. n. 297 del 12 dicembre 2001.

[11]    Si ricorda che le dichiarazioni di variazione possono riguardare la persona del proprietario o del possessore dei beni nonché la persona che gode di diritti reali sui beni stessi, ovvero lo stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l'attribuzione della categoria e della classe catastale.

[12]   Si tratta del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

[13]    Pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. C 54 del 4 marzo 2006.

[14]    In quanto la copertura totale in termini di popolazione nelle regioni assistite nella Comunità deve restare significativamente inferiore a quella delle regioni non assistite.

[15]    Recante misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, pubblicata nella Gazz. Uff. 22 maggio 1999, n. 118, S.O.

[16]    L’art. 6 della direttiva 2202/91/CE attualmente prevede un limite di 1000 mq di metratura totale, al di sotto del quale non è previsto l’obbligo di migliorare il rendimento energetico in occasione di ristrutturazioni importanti.

[17]    Tabella 1. Valori limite per il fabbisogno annuo di energia primaria per la climatizzazione invernale per metro quadrato di superficie utile dell'edificio espresso in kWh/m2 anno

 

Rapporto
di forma dell’edificio 

Zona climatica 

S/V 

fino a 

oltre 

 

600 GG

601 GG

900 GG

901 GG

1400 GG

1401 GG

2100 GG

2101 GG

3000 GG

3000 GG

≤0,2 

10

10

15

15

25

25

40

40

55

55

0,9 

45

45

60

60

85

85

110

110

145

145

      I valori limite riportati in tabella 1 sono espressi in funzione della zona climatica, così come individuata all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e del rapporto di forma dell'edificio S/V, dove:

a)       S, espressa in metri quadrati, è la superficie che delimita verso l'esterno (ovvero verso ambienti non dotati di impianto di riscaldamento) il volume riscaldato V;

b)       V è il volume lordo, espresso in metri cubi, delle parti di edificio riscaldate, definito dalle superfici che lo delimitano.

[18]    Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia”(GU n. 222 del 23 settembre 2005, SO n. 158), emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto. Tale decreto, composto da 17 articoli e 10 allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante, disciplina – fra l’altro - la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici, l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici, e i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici.

[19]    Come precisato al comma 2.

[20]    Per un commento si veda l’articolo intitolato D.Lgs. n. 192/2005: luci ed ombre sul recepimento della direttiva n. 2002/91/CE, a cura del Comitato termotecnico italiano, in “Ambiente e sicurezza” del 20 dicembre 2005.

[21]    S. Colombo, F. Giola, F. Soma, Il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, pubblicato all’indirizzo internet www.edilclima.it/download/p2000/2029art1.pdf.

[22]   Art. 3. A.S. 691 (Interventi sulla fiscalità energetica). 1. Con le modalità definite dalla legge finanziaria, il maggiore gettito fiscale derivante dall’incidenza dell’imposta sul valore aggiunto, in relazione ad aumenti dei prezzi internazionali del petrolio greggio, può essere destinato, compatibilmente con gli obiettivi previsti dal Programma di stabilità e nel limite di 100 milioni di euro annui, ad un apposito fondo da utilizzare prioritariamente a copertura delle misure di cui all’articolo 4 e, nei limiti delle residue disponibilità, ad interventi di riduzione dei costi della fornitura energetica per finalità sociali, nonché per l’attuazione delle misure di cui all’articolo 2, comma 2, lettere e) e g).    2. Il fondo di cui al comma 1 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e, per il triennio 2006, 2007 e 2008, ha una dotazione di 50 milioni di euro annui.     3. Agli oneri recati dalla presente legge, pari a 50 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, si provvede:         a) quanto a 5 milioni di euro annui mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, al fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando, per gli anni 2006 e 2007, l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, e per l’anno 2008 l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri; b) quanto a 45 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2006-2008, nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2006, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo.    4. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

      Art. 4. A.S. 691 (Misure per favorire l’insediamento sul territorio di infrastrutture energetiche).

      1. In attuazione di appositi accordi da stipulare tra il Governo e le singole regioni e gli enti locali interessati dalla realizzazione di nuove infrastrutture di trasporto di energia, di coltivazione di idrocarburi, di stoccaggio di gas naturale o di importazione di energia elettrica o gas naturale, che ai fini del presente articolo abbiano rilevanza nazionale ai fini della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, con uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e per gli affari regionali e le autonomie locali, le risorse del fondo di cui all’articolo 3 possono essere destinate al finanziamento di interventi di carattere sociale da parte dei comuni a favore dei residenti nei territori interessati, anche ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili, con esclusione dei tributi erariali.    2. Le previsioni del presente articolo non comportano maggiori oneri o minori entrate per la finanza pubblica.

[23]   Recante “Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive”. In attuazione della delega di cui alla legge 443/2001 è stato adottato il D.Lgs. 20 agosto 2003, n. 190. Tale decreto è stato poi abrogato dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[24]   La delibera è stata in seguito modificata dalla delibera CIPE 14 marzo 2003, n. 10/2003 (Gazz. Uff. 14 luglio 2003, n. 161, S.O.), e dalla delibera CIPE 29 aprile 2004, n. 9/2004 (Gazz. Uff. 16 luglio 2004, n. 165). Con delibera CIPE 25 luglio 2003, n. 63/2003 (Gazz. Uff. 24 ottobre 2003, n. 248), sono state rideterminate le quote dei limiti di impegno stabilite in precedenza.

[25]    Per quanto riguarda la validità temporale delle disposizioni riguardanti la detrazione delle spese per il recupero del patrimonio edilizio, si ricorda che:

-        l’articolo 1 della legge n. 449 del 1997 si riferisce alle spese sostenute negli anni 1998 e 1999;

-        l’articolo 6, comma 15, della legge n. 488 del 1999 (legge finanziaria per il 2000) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2000;

-        l’articolo 2, comma 2, della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2001;

-        l’articolo 9, comma 1, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria per il 2002) si riferisce alle spese sostenute nell’anno 2002;

-        il citato articolo 2, comma 5, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 30 settembre 2003;

-        l’articolo 1-bis, del D.L. n. 147 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 200 del 2003 si riferisce alle spese sostenute dal 1° ottobre al 31 dicembre 2003;

-        l’articolo 2, comma 15, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), relativo alle spese sostenute nell’anno 2004, è stato successivamente abrogato dal sottoindicato articolo 23-bis, comma 2, del D.L. n. 355 del 2003;

-        l’articolo 23-bis, comma 1, lettera a), del D.L. n. 355 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 47 del 2004, si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2005;

-        l’articolo 1, comma 121, lettera a), della legge n. 266 del 2005 si riferisce alle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 dicembre 2006.

[26]    Concorrono a formare il suddetto importo le spese per gli interventi realizzati in più anni (a partire dal 1998), quando gli interventi più recenti costituiscono mera prosecuzione di interventi precedenti.

[27]   Più in generale, si ricorda che il contratto di leasing è un negozio giuridico non disciplinato da una normativa specifica che riunisce in sé elementi propri della locazione e dell’acquisto.

     La tipologia più nota del negozio è il leasing finanziario alla base del quale stanno le note ragioni di carattere economico consistenti nella necessità di disporre di beni strumentali all’attività d’impresa (impianti, immobili, autoveicoli, ecc.). Con il termine leasing finanziario si intende la cessione d’uso per un certo periodo di tempo (generalmente medio-lungo) di beni strumentali e di beni di consumo durevoli, a fronte del pagamento di una rata periodica. Per tutta la durata del contratto (la cui qualificazione giuridica è, quindi, essenzialmente di locazione finanziaria) l’oggetto rimane di proprietà della società di leasing mentre l’utilizzatore del bene è il locatario, sul quale, a differenza delle forme “tradizionali” di affitto, incombono però gli obblighi tipici del proprietario, quali la manutenzione o i rischi legati al bene e al suo utilizzo. Per godere del bene, l’utilizzatore del leasing corrisponde, come accennato, le rate di leasing che, oltre al canone, comprendono anche una quota di ammortamento del capitale, calcolata in funzione della durata del contratto. Allo scadere del periodo contrattuale concordato, normalmente la società di leasing offre al cliente di acquistare l’oggetto contro il pagamento del valore residuo calcolato; ulteriori possibilità sono la restituzione del bene, la sua sostituzione, la prosecuzione del leasing, ovvero le altre eventuali possibilità previste dal contratto.

     Con il termine di leasing pubblico viene delineato un ambito disciplinare dato dall’incrocio della normativa di stampo privatistico propria del contratto di leasing e di quella pubblicistica derivante dal contesto in cui il leasing viene utilizzato. Il suo utilizzo, infatti, si inquadra nell’ambito della recente tendenza volta a trasporre gli strumenti contrattuali e organizzativi di stampo privatistico nel settore pubblico.

[28]    Si rinvia, al riguardo, all’articolo di G. Montedoro “Leasing pubblico e capacità generale di diritto privato della p.a.”, disponibile all’indirizzo internet

http://209.85.129.104/search?q=cache:Wek4AWaqk0AJ:www.giustizia-amministrativa.it/documentazione%255Cstudi_contributi%255CMontedoro1.htm+leasing+finanziario+codice+degli+appalti&hl=it&gl=it&ct=clnk&cd=5

[29]   Più di recente, lo stesso Consiglio di Stato ha aperto uno spiraglio maggiore alla praticabilità del leasing immobiliare in costruendo, esprimendosi in merito al contratto di vendita di cosa futura e ritenendo, - con il parere reso in Ad. Gen. 17/02/2000, che ha fatto seguito ad una lunga disamina della legislazione comunitaria e nazionale esistente nella materia dei lavori- legittimo il contratto di compravendita di cosa futura stipulato dall’amministrazione direttamente con il venditore, sempre che sia assente qualsiasi controllo sul processo produttivo teso alla realizzazione del risultato finale, che si miri al trasferimento di una diritto reale su una cosa, che l’oggetto del contratto sia un dare e non un facere.

[30]   L’Autorità ha esaminato un bando di gara del Ministero della giustizia sull’affidamento del servizio di locazione finanziaria immobiliare in costruendo finalizzato all’acquisizione di un istituto penitenziario nel comune di Pordenone, ed ha stabilito che “fermo restando il principio generale di tassatività delle procedure previste dalla L. 109/94, per la realizzazione di opere pubbliche, appare configurarsi una deroga a tali procedure ove norme speciali dettate per far fronte a situazioni di necessità e di urgenza (“l’inefficienza e la vetustà degli istituti penitenziari ed il loro sovraffollamento”), prevedano l’uso, in via prioritaria, di strumenti alternativi, ivi incluso il leasing immobiliare”. L’Autorità ha ritenuto legittimo il bando di gara ai sensi del decreto legislativo 157/1995 per la prevalenza dell’aspetto finanziario, che si desumeva - a detta dell’Autorità- anche dalle modalità di applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nel caso di specie l’Autorità precisava inoltre che sussistevano le necessarie e opportune tutele sia per l’affidamento del progetto (i progettisti dovevano essere qualificati ai sensi della legge quadro sui lavori pubblici) sia per la realizzazione dei lavori (attestazioni SOA), con l’ulteriore previsione di indicazione in sede di offerta dei nominativi stessi da parte dell’offerente. Tale previsione, unita al ricorso alla procedura comunitaria a evidenza pubblica, garantiva da una scelta discrezionale ex post da parte dell’istituto finanziario offerente.

[31]    www.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/147/005/INTERO.pdf.

[32]    Pubblicata nella G.U. 24 agosto 2006, n. 196.

[33]    Procedura n. 2003/4762.

[34]    Decreto successivamente rettificato con DM 22 marzo 2006 (GU n. 144 del 23-6-2006).

[35]    http://legxiv.camera.it/_dati/leg14/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/084/001/pdfel.htm .

[36]    Un tentativo di riforma del sistema dei trasferimenti è stato effettuato con il D.Lgs. 30 giugno 1997, n. 244, in concomitanza con l’ampliamento dell’autonomia tributaria degli enti locali disposto dal D.Lgs. n. 446/1997. Tale decreto, tuttavia, non è mai divenuto operativo. La sua operatività è stata definitivamente sospesa dall’articolo 27, comma 1, della legge n. 448/2001.

Le disposizioni di delega adottate durante la XIII legislatura, con l’obiettivo di una revisione del sistema dei trasferimenti agli enti locali in funzione delle nuove esigenze di perequazione connesse all’aumento dell’autonomia impositiva e alla capacità fiscale degli enti locali realizzata nell’ultimo decennio, non hanno ricevuto attuazione.

In attesa di un complessivo riordino, i trasferimenti agli enti locali continuano ad essere disciplinati ai sensi del decreto legislativo n. 504/1992.

[37]   La costituzione, da parte della Cassa depositi e prestiti, di un’apposita società per azioni, denominata “Infrastrutture s.p.a.”, avente lo scopo di favorire, attraverso la concessione di finanziamenti e la prestazione di garanzie, la realizzazione di infrastrutture, opere pubbliche e investimenti è stata prevista dall’articolo 8 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, recante Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture, convertito con modificazioni dalla legge 15 giugno 2002, n. 112. La società nasceva con la funzione principale di finanziare, in via sussidiaria rispetto ai finanziamenti concessi da banche e da altri intermediari finanziari, le infrastrutture e le grandi opere pubbliche, purché suscettibili di utilizzazione economica, e di concedere finanziamenti a medio e lungo termine finalizzati ad investimenti per lo sviluppo economico.

[38]   Nel 1998 è stata creata la divisione Infrastruttura; nel maggio 1999 sono state costituite altre tre divisioni per assicurare il trasporto di passeggeri sulla media e lunga distanza, il traffico delle merci, il trasporto in ambito locale.

[39]   Entrambe le società sono interamente controllate dalla holding FS Spa, interamente partecipata dallo Stato tramite il Ministero dell’economia e delle finanze.

[40]   Decreto legislativo 08 luglio 2003, n. 188 recante Attuazione della direttiva 2001/12/CE, della direttiva 2001/13/CE e della direttiva 2001/14/CE in materia ferroviaria.

[41]   Art. 5 del D.P.R. n. 277/1998, abrogato dal D.Lgs. 188/2003.

[42]   Decreto legge 7 dicembre1993, n. 505 recante Garanzia dello Stato su obbligazioni assunte da società controllate da enti a partecipazione pubblica trasformati in società per azioni convertito in legge con la legge 29 gennaio 1994, n. 78.

[43]   Legge 23 dicembre 2000 n. 388 recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001).

[44]         Tali risorse rappresentano appena il 40 % dell’importo inizialmente proposto per i trasporti. Quanto al settore dell’energia l’importo assegnato è di  155 milioni di euro (contro 340 iniziali) e rappresenta il 45 % di quello proposto. L’importo totale per l’attuazione del presente regolamento è di 8168 milioni di euro contro i 20.690 proposti inizialmente.

[45]   Il testo della delibera e dei relativi allegati (pubblicati nella G.U. 28 agosto 2006, n. 199, sono altresì disponibili nel sito internet del CIPE ai seguenti indirizzi:

www.cipecomitato.it/delibere/E060130.doc e www.cipecomitato.it/delibere/E060130allegati.xls.

[46]  Calcolato sulla base del tasso di interesse praticato dalla Cassa depositi e prestiti (cfr. www.cassaddpp.it/finanziamenti/TassInteresse.asp#tassiVigenti).

[47]    Legge 31 dicembre 1982 n. 979, recante Disposizioni per la difesa del mare

[48]    L. 30 gennaio 1991, n. 34, recante Potenziamento delle infrastrutture logistiche ed operative delle capitanerie di porto e degli uffici periferici della Marina mercantile

[49]    L. 1 agosto 2002 n. 166 recante Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti

[50]   Legge 26 febbraio 1992, n. 211 recante Interventi nel settore dei sistemi di trasporto rapido di massa.

[51]   Legge 21 dicembre 2001, n. 443 recante Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive.

[52](Proc. 2004/216).

[53] Calcolata sommando i residui alla competenza.

[54] Calcolato dividendo le autorizzazioni di cassa per la massa spendibile.

[55] Lo stanziamento contenuto nell’U.P.B. 4.2.3.4 Difesa del suolo è inferiore ai 3 milioni di euro. Anche l’U.P.B. 3.2.3.35 Prevenzione inquinamento atmosferico e acustico reca uno stanziamento molto esiguo (5,6 milioni di euro).

[56]   La finalità di tale decreto (art. 1) è quella di promuovere l'utilizzazione di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili in sostituzione di carburante diesel o di benzina nei trasporti, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi nazionali in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e di sicurezza dell'approvvigionamento di fonti di energia rispettando l'ambiente, e di promozione delle fonti di energia rinnovabili.

[57]   Decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, il cui articolo 26 reca “Interventi nel settore agroenergetico”.

[58]  Il biogas carburante, secondo la definizione contenuta nell’allegato I al D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 128, recante Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell'uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti, è il gas combustibile ricavato dalla biomassa ovvero dalla parte biodegradabile dei rifiuti, che può essere trattato in un impianto di purificazione così da ottenere una qualità analoga a quella del gas naturale, al fine di essere usato come biocarburante o gas di legna.

[59]    Il 7 dicembre 2005 la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2005)0628)riguardante l’istituzione di un piano di azione nel settore della biomassa (COM(2005)628) con il quale la Commissione intende individuare un insieme di misure, anche di carattere normativo, da attuare a partire dal 2006 e volte ad aumentare la domanda di biomassa, rafforzare l'offerta, rimuovere gli ostacoli tecnici e sviluppare la ricerca (per un’illustrazione sui contenuti generali del piano, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156).

[60]    La proposta (COM(2005)634), presentata il 21 dicembre 2005 dalla Commissione, ha come obiettivo quello di ridurre le emissioni inquinanti prodotte dal settore dei trasporti e contribuire a creare un mercato per i veicoli puliti (per un’illustrazione sui contenuti generali della direttiva, si veda la scheda Documenti all’esame dell’Unione europea, all’art. 156 e all’art. 160)

[61]    Proc. n. 2004/2296 – causa C-61/06.

[62]    Proc. n. 2005/2371.

[63]    Proc. n. 2005/2384.

[64]   Scheda tratta da http://www.sogesid.it/societa.html.

[65]Successivamente modificato dall’art. 20 del D.L. 8 febbraio 1995 n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995 n. 104.

[66]   Convertito dalla legge 10 agosto 1995 n. 341.

[67]   Il testo attualmente vigente deriva, infatti, da una riformulazione operata dall’art. 20 del D.L. 8 febbraio 1995, n. 32.

[68]   G. Guzzo Affidamenti in house: Corte di Giustizia e Consiglio di Stato: convergenze parallele. Extraterritorialità, regime transitorio e concorrenza delle società miste secondo la più recente teorica del giudice amministrativo e del legislatore italiano, in Diritto dei servizi pubblici, agosto 2006 - http://www.dirittodeiservizipubblici.it/articoli/articolo.asp?sezione=dettarticolo&id=176.

[69]    Il territorio interessato ha un’estensione di oltre 175.000 ha. situati nei bacini superiori del Tevere e dell’Arno e ricadenti nelle province di Arezzo, Perugia, Siena e Terni. Tra le funzioni dell’ente si segnalano la progettazione e l’esecuzione delle opere di accumulo, adduzione e distribuzione delle acque a scopo prevalentemente irriguo, nonché la gestione, l’esercizio e la manutenzione delle opere medesime, l’effettuazione di studi e ricerche anche sperimentali, la realizzazione, manutenzione e l’esercizio di opere pubbliche irrigue di bonifica idraulica ed infrastrutturali su incarico o concessione delle regioni Umbria e Toscana, nonché ad altri interventi ad esso affidati da enti locali territoriali.

[70]   D.L. 4 luglio 2006, n. 223 “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”

[71]    Il presente comma 6, già modificato dall'art. 2, L. 18 febbraio 1999, n. 28 e sostituito dall'art. 21, L. 23 dicembre 2000, n. 388, a decorrere dal 1° luglio 2001, è stato sostituito, con gli attuali commi 6, 6.1 e 6.2, dal comma 521 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311 è stato da ultimo modificato dal comma 421 dell'art. 1, L. 23 dicembre 2005, n. 266. In attuazione del presente comma 6 è stato adottato il D.M. 25 luglio 2003, n. 256. Con Comunicato 23 luglio 2005 (Gazz. Uff. 23 luglio 2005, n. 170) e con Comunicato 24 novembre 2005 (Gazz. Uff. 24 novembre 2005, n. 274) è stata disposta l'assegnazione delle quote di contingente nell'ambito del programma agevolativo 1° gennaio 2005-31 dicembre 2010.

[72]    Decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 128 Attuazione della direttiva 2003/30/CE relativa alla promozione dell’uso di biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti.

[73]    Del comma 422 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 si è detto nella scheda di commento al comma 3 dell’articolo in esame.

[74]    Ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 5, del decreto-legge n. 2 del 2006 il CIPE, sentita la sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro delle attività produttive e del Ministro delle politiche agricole e forestali, delibera la disciplina dei contratti di programma agroenergetici, individuando l'amministrazione competente per la loro stipula. I contratti di programma agroenergetici hanno rilevanza territoriale nazionale e sono finalizzati alla creazione di occupazione aggiuntiva, anche mediante l'attivazione di nuovi impianti. È assicurata priorità nella stipula dei predetti contratti ai soggetti che riconoscono agli imprenditori agricoli una quota dell'utile conseguito in proporzione ai conferimenti della materia prima agricola.

[75]    Il successivo comma 3 dello stesso art. 32 dispone che con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è stabilito, per ciascuna specie animale, il numero dei capi che rientra nei limiti di cui alla lett. b) del comma 2, tenuto conto della potenzialità produttiva dei terreni e delle unità foraggiere occorrenti a seconda della specie allevata.

[76]    I beni prodotti e le attività agricole di cui alla lettera c) sono individuati ogni due anni con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro delle politiche agricole e forestali.

[77]    Procedura d’infrazione n. 2004/4336.

[78]    A norma dell’articolo 17 del D.Lgs 29 dicembre 2003, n. 387 “sono ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili i rifiuti, ivi compresa, anche tramite il ricorso a misure promozionali, la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti”.

[79]    Procedura d’infrazione n. 2004/5061.

[80]    Procedura d’infrazione n. 2005/4669.

[81] A tutt'oggi il Piano non è stato ancora adottato.

[82]I 22 Paesi Contraenti della Convenzione di Barcellona sono:Albania, Algeria, Bosnia and Erzegovina, Croazia, Cipro, Egitto, Comunità Europea, Francia, Grecia, Israele, Italia, Libano, Libia, Malta, Monaco, Marocco, Serbia, Montenegro, Slovenia, Spagna, Siria, Tunisia, Turchia. La Convenzione di Barcellona, adottata il 16 febbraio 1976, è entrata in vigore il 12 febbraio 1978. Il testo originale della Convenzione è stato modificato attraverso un emendamento, adottato il 10 giugno 1995, che non è ancora entrato in vigore.

[83]    Per il testo della clausola SCOPIC si può consultare il seguente sito internet dei UK P&I Clubs http://www.ukpandi.com/ukpandi/Infopool.nsf/HTML/ClubCircular2299

[84] L'elenco ufficiale delle aree naturali protette attualmente in vigore è quello relativo al 5° Aggiornamento approvato con Delibera della Conferenza Stato Regioni del 24.7.2003 e pubblicato nel Supplemento ordinario n. 144 alla Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4.9.2003.

 

[85]    Lo “scenario di riferimento” viene ottenuto, nel Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas serra, aggiungendo allo “scenario tendenziale” (basato sulla legislazione vigente), le misure già individuate, ancorché non attuate.

[86]   Il programma europeo per il cambiamento climatico (ECCP), strumento principale della strategia europea per l’attuazione del protocollo di Kyoto, è stato presentato dalla Commissione l’8 marzo 2000 (COM(2000)88. La Commissione ha presentato, nell’ottobre 2001 e nell’aprile 2003, due relazioni sull’attuazione di tale programma.

[87]   Il Consiglio europeo straordinario di Lisbona (23-24 marzo 2000) ha concordato un obiettivo strategico per l’Unione del nuovo decennio: diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.

[88]La Commissione ha fissato la data del 30 giugno 2006 per la presentazione dei piani nazionali. Al momento l’Italia ha predisposto uno Schema di Piano Nazionale d’Assegnazione per il periodo 2008-2012 sottoposto a consultazione pubblica tra agosto e settembre 2006.

[89]Procedura di infrazione n. 2004/60.

[90]Nel giugno 2001 il Consiglio europeo di Goteborg ha approvato la strategia per lo sviluppo sostenibile, che si basa sul principio che le dimensioni economica, sociale e ambientale dello sviluppo devono procedere di pari passo.

[91]    In particolare, la norma stabiliva che in caso di inadempimento delle regioni (e province autonome) il Governo, ai sensi dell’art. 6, III comma, del d.p.r. n. 616, poteva prescrivere con deliberazione del Consiglio dei Ministri, su parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e sentita la regione interessata, un congruo termine per provvedere, decorso il quale era possibile adottare i provvedimenti necessari in sostituzione dell'amministrazione regionale. In particolare, il Consiglio dei Ministri disponeva l'intervento sostitutivo dello Stato, eventualmente attraverso il conferimento dei poteri necessari ad un’apposita commissione.

[92]    In base ad esso spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea.

[93]    Il tasso di interesse per le contabilità speciali fruttifere è fissato con decreti del Ministro del tesoro. Le aziende di credito, tesorieri e cassieri degli enti pubblici, nella qualità di organi di escussione degli enti medesimi, effettuano le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali. Il tesoriere incassa direttamente tutte le entrate proprie dell'ente e provvede a versarle nella tesoreria provinciale. Le entrate provenienti da trasferimenti pervengono direttamente alla contabilità speciale infruttifera.

[94]    In relazione al progressivo rafforzamento dell’autonomia finanziaria degli enti territoriali è sorta in questi ultimi anni l’esigenza di un progressivo superamento del sistema di Tesoreria unica. A tal fine, il D.Lgs. 7 agosto 1997, n. 279, in occasione della riforma del bilancio dello Stato, ha provveduto, da un lato, a ridefinire il sistema della Tesoreria unica per le regioni e gli enti locali di minori dimensioni, con l’introduzione del c.d. sistema misto, e dall’altro ad avviare la sperimentazione del totale superamento della tesoreria unica. Da ultimo, la legge Finanziaria 2006 art. 1, comma 45, ha previsto l’esclusione delle Camere di commercio e delle aziende ad esse collegate dal sistema di tesoreria unica a decorrere dal 1° gennaio 2006.

      Il D.Lgs. n. 279/1997 aveva previsto una sperimentazione biennale (a partire dal 1° gennaio 1999) dalla quale ricavare elementi di valutazione in ordine alla effettiva possibilità di perseguire la totale eliminazione del sistema di tesoreria unica.

[95]    GU C 242 del 21.8.1996, pag. 6; GU C 63 del 28.2.1997, pag. 2.

[96]    Gli effetti dell’infrazione sugli interessi generali e particolari saranno valutati caso per caso. A scopo esemplificativo si possono citare i seguenti fattori:

-       perdita di risorse proprie della Comunità,

-       incidenza dell’infrazione sul funzionamento della Comunità,

-       danno grave o irreparabile alla salute umana o all’ambiente,

-       danno patrimoniale o non patrimoniale subito da privati e da operatori economici, compreso il danno di indole immateriale come quello arrecato allo sviluppo della persona umana,

-       importi finanziari implicati nell’infrazione,

-       eventuali vantaggi finanziari che lo Stato membro tragga dall’omessa esecuzione della sentenza della Corte,

-       importanza relativa dell’infrazione, con riferimento al volume di affari o al valore aggiunto del settore economico in causa, nello Stato membro considerato,

-       ordine di grandezza della popolazione su cui si ripercuote l’infrazione (la gravità potrebbe essere ritenuta inferiore se l’infrazione non riguarda tutto lo Stato membro in questione),

-       responsabilità della Comunità verso i paesi terzi,

-       se si tratta di un’infrazione isolata o di un caso di recidiva (come nell’ipotesi di più ritardi nell’attuazione di direttive comunitarie in un determinato settore).

[97]   L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

[98]   L’Italia ha ratificato il Protocollo con la legge 28 agosto 1997, n. 296.

[99]   Si ricorda che la recente legge 9 gennaio 2006, n. 12, ha dettato disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’Uomo. Infatti, in base all’art. 46 della Convenzione europea sui diritti dell’Uomo, le Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte europea dei diritti dell’Uomo pronunciate nell’ambito delle controversie che le riguardino; il Comitato dei ministri – organo decisionale del Consiglio d’Europa – ne sorveglia l’esecuzione. La legge 9 gennaio 2006, n. 12, novellando l’art. 5, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, precisa le competenze del Presidente del Consiglio dei ministri, e introduce specifici obblighi di informazione al Parlamento, in relazione al seguito da dare alle pronunce emanate dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo nei confronti dello Stato italiano.

[100]  Procedura d’infrazione n. 2006/4043.

[101]  Procedura d’infrazione n. 2006/2131.

[102]  Procedura d’infrazione n. 2004/4242.

[103]  Procedura d’infrazione n. 2004/4926.

[104]  Procedura di infrazione n. 2002/4342.

[105]  Procedura di infrazione n. 2001/4156.

[106]  Procedura di infrazione n. 2003/5145.

[107]  Procedura di infrazione n. 2003/5046.

[108]  Procedura di infrazione n. 2001/5308.

[109] Si noti come la riduzione sia determinata essenzialmente dalla variazione di 15 milioni di euro registrata per il capitolo 7443, mentre gli altri capitoli che compongono l’u.p.b. recano importi pressoché invariati rispetto al dato assestato.

[110] Nell’u.p.b. risultano essere presenti ulteriori capitoli, ma tutti con importi molto esigui.

[111]  Fonte: Il Sole 24 ore del 3 ottobre 2004.

[112]  Segnalazione AS 270, disponibile all’indirizzo internet:

      www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/bc73841f1e3d0c4bc1256deb0052ef11?OpenDocument.

[113]  Segnalazione AS 168, disponibile all’indirizzo internet:

      www.agcm.it/agcm_ita/DSAP/SEGNALA.NSF/fbd37caf950c2cf6c12564b3005194de/10606f8b108d3cb9c12567610034d53e?OpenDocument.

[114]  Gli enti minori centrali, locali e previdenziali non corrispondono esattamente a quelli inclusi nel conto consolidato delle pubbliche amministrazioni.

[115]  In base al principio della competenza economica, adottato dal sistema europeo dei conti (SEC95), i flussi sono registrati nel sistema dei conti allorché un valore economico è creato, trasformato o eliminato o allorché crediti e obbligazioni insorgono, sono trasformati o vengono estinti. Il criterio della competenza economica non coincide dunque né con il criterio della competenza (giuridica) né con il criterio della cassa adottati nei bilanci a livello nazionale.

[116]  Il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95) è il Sistema armonizzato di contabilità nazionale, che permette una descrizione quantitativa completa e comparabile della situazione economica dei paesi membri dell'Unione europea (UE), attraverso un sistema integrato di conti di flussi e di conti patrimoniali definiti per l'intera economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). Il SEC95 è stato approvato con regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio, del 25 giugno 1996.

[117]Cfr. articolo 25 del decreto-legge n. 223/2006.

[118]Per ciò che attiene alla categoria dei consumi intermedi, la Corte ha rilevato come apparirebbe opportuna un’impostazione più attenta ad una più efficace utilizzazione delle limitate risorse a disposizione. In secondo luogo, le misure correttive di natura indifferenziata hanno determinato l’insorgere di regolazioni contabili e debitorie, conseguenti a situazioni di emergenza gestionale. Le amministrazioni, per far fronte alla mancanza di risorse finanziarie, tendono infatti a procedere ad acquisizioni di beni e servizi non coperte dai relativi impegni, scaricandone l’onere sugli esercizi successivi attraverso atti di riconoscimento di debito o la copertura ex post delle obbligazioni assunte. In terzo luogo, gli effetti restrittivi degli interventi attuati con le manovre correttive sono risultati compensati dal crescente utilizzo dei fondi generali di riserva e dei fondi a ripartizione.