Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali - A.C. 2272 - Schede di lettura - Tomo I
Riferimenti:
AC n. 2272/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 130
Data: 27/03/2007
Descrittori:
COMMERCIO   PRIVATIZZAZIONI
SERVIZI E TERZIARIO   TUTELA DEI CONSUMATORI E DEGLI UTENTI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

Misure per il cittadino consumatore
e per agevolare le attività produttive
e commerciali

A.C. 2272

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 130

Tomo I

 

27 marzo 2007

 


Il presente dossier si articola in due tomi:

§       Tomo I, Schede di lettura;

§      Tomo II, Normativa di riferimento e documentazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alla redazione del dossier hanno collaborato i dipartimenti Affari sociali, Ambiente, Cultura, Finanze, Istituzioni, Lavoro e Trasporti, nonché l’Ufficio Rapporti con l’unione europea (RUE).

 

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AP0124s1.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  4

§      Contenuto  4

§      Relazioni allegate  12

Elementi per l’istruttoria legislativa  13

§      Necessità dell’intervento con legge  13

§      Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  13

§      Compatibilità comunitaria  14

§      Incidenza sull’ordinamento giuridico  14

§      Formulazione del testo  20

Schede di lettura

Titolo I – Imprese e professioni più libere

Articolo 1  (Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali)25

Articolo 2 (Attività di intermediazione commerciale e di affari)31

Articolo 3 (Componentistica dei veicoli a motore)41

Articolo 4 (Misure per la distribuzione del GPL)47

Articolo 5 (Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili)55

Articolo 6 (Misure in materia di trasporto ferroviario)63

Articolo 7 (Misure in materia di trasporto innovativo)79

Articolo 8 (Incentivi)93

Titolo II – Impresa più facile

§      Capo I – Abolizione e semplificazione degli adempimenti amministrativi per gli impianti produttivi

Articolo 9 (Principi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive)97

Articolo 10 (Dichiarazione unica per l'immediata realizzazione  degli impianti produttivi)105

Articolo 11 (Casi di esclusione dall'immediato avvio dell'intervento)109

Articolo 12 (Autorizzazione degli impianti produttivi mediante conferenza di servizi per via telematica)111

Articolo 13 (Comunicazione di chiusura dei lavori e collaudo)119

Articolo 14 (Poteri di controllo e di vigilanza nel procedimento)121

Articolo 15 (Svolgimento dei controlli sulle attività produttive)123

Articolo 16 (Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti)127

Articolo 17 (Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese)131

Articolo 18 (Abrogazioni e misure transitorie e di attuazione)137

§      Capo II – Ulteiori misure per le imprese

Articolo 19 (Semplificazione della procedura per la verifica  degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento)141

Articolo 20 (Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi147

Articolo 21 (Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese)151

Articolo 22 (Misure di semplificazione in materia di cooperazione)161

Articolo 23 (Interventi a favore delle imprese di spettacolo)165

Articolo 24 (Pubblicazione informatica dell'albo pretorio)171

Articolo 25 (Abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese)175

Articolo 26 (Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche  179

Articolo 27 (Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata)185

Titolo III – Scuola, Imprese e Società

Articolo 28 (Norme generali in materia di istruzione tecnico-professionale)189

Articolo 29 (Delega al Governo in materia di organi collegiali delle istituzioni scolastiche)199

Articolo 30 (Fondo di perequazione)205

Articolo 31 (Disposizioni finali e abrogazioni)207

Titolo IV – Cittadino e consumatore

Articolo 32 (Nullità della clausola di massimo scoperto)213

Articolo 33 (Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento)219

Articolo 34 (Famiglie di invalidi civili minori)237

Titolo V – Sempliifcazione del regime della ciroclazione giuridica dei veicoli

Articolo 35 (Portabilità della targa dei veicoli)239

Articolo 36 (Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi)241

Articolo 37 (Personale del pubblico registro automobilistico)247

Articolo 38 (Disposizioni in materia fiscale)253

Articolo 39 (Regolamenti di attuazione)255

Articolo 40 (Sanzioni)257

Articolo 41 (Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie)261

Titolo VI – Norme finali

Articolo 42 (Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali)265

Articolo 43 (Invarianza della spesa)267

Progetto di legge

§      A.C. N. 2272, (Governo), Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale  271

 

 

 


SIWEB

Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

A.C. 2272

Titolo

Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Vari

Iter al Senato

No

Numero di articoli

43

Date

 

§       presentazione alla Camera

16 febbraio 2007

§       annuncio

19 febbraio 2007

§       assegnazione

7 marzo 2007

Commissione competente

X Commissione (Attività produttive)

Sede

Referente

Pareri previsti

I Commissione (Affari costituzionali);

II Commissione (Giustizia);

V Commissione (Bilancio);

VI Commissione (Finanze);

VII Commissione (Cultura);

VIII Commissione (Ambiente);

IX Commissione (Trasporti);

XI Commissione (Lavoro);

XII Commissione (Affari sociali);

XIV Commissione (Politiche dell’Unione europea);

Commissione per le questioni regionali

 


 

Struttura e oggetto

Contenuto

Il disegno di legge governativo AC 2272, recante “Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale”, si compone di 43 articoli, suddivisi in 6 Titoli.

Il Titolo I, denominato “Imprese e professioni più libere”, si compone degli articoli da 1 a 8.

L’articolo 1, volto alla rimozione di ostacoli nell’ambito di attività commerciali, vieta qualsiasi limitazione ad un possibile abbinamento nello stesso locale o nella medesima area della vendita di prodotti o di servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali (comma 1). Per quanto riguarda, in particolare, l’installazione e l’attività degli impianti di distribuzione dei carburanti, il comma 2 vietata la loro subordinazione a parametri numerici o a distanze minime. L’articolo prevede infine l’abrogazione delle disposizioni  in contrasto con quelle riportate nel presente articolo e l’adeguamento delle disposizioni di  regioni ed  enti locali ai principi riportati nei precedenti commi 1 e 2.

L’articolo 2 disciplina, unificandoli nella nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari, i profili professionali di: agente di affari in mediazione; agente immobiliare; agente di affari; agente e rappresentante di commercio; mediatore marittimo; lo spedizioniere e  raccomandatario marittimo

Provvede, inoltre, alla soppressione dei relativi ruoli ed elenchi, alla cui iscrizione è attualmente subordinato il loro esercizio.

Alle camere di commercio compete la verifica del possesso dei requisiti necessari per l’esercizio delle suindicate attività; l’iscrizione dei relativi dati nel registro delle imprese o nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative nonché la contestuale attribuzione della qualifica di intermediario distinta per tipologia di attività.

L’articolo 3 reca una semplificazione delle procedure necessarie per modificare le caratteristiche funzionali e costruttive dei veicoli a motore. In particolare, il comma 1 prevede che tali modifiche possano essere consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici del Ministero dei trasporti, a condizione che ciascun componente risulti certificato da una relazione tecnica di un ente abilitato, redatta sulla base di collaudi e di proveeffettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie. Il comma 2 stabilisce che l’entrata in vigoredella nuova disciplina è subordinata alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; con medesimo decreto devono essere individuati i casi nei quali la sostituzione necessita anche di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla Direzione generale per la motorizzazione. Il comma 3prevede un DPR al fine di apportare modifiche al regolamento di attuazione del codice della strada (DPR 495/1992), per adeguarlo alle disposizioni recate dall’articolo in esame. Il comma 4 prevede le sanzioni amministrative applicabili a chi circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza rispettare le disposizioni recate dall’articolo in esame. Il comma 5 dispone l’abrogazione dell'articolo 78 del codice della strada, che disciplina le modifiche alle caratteristiche costruttive dei veicoli, nonché di ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile con l’articolo 3 in esame.

L’articolo 4 interviene in materia di contratti di locazione dei serbatoi di GPL installati presso gli utenti ai quali il nuovo art. 16-bis del D.Lgs. 128/06 - introdotto dall’art. 4 - assicura la facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato senza dover sottostare all’obbligo di rifornirsi presso le aziende distributrici che sono tenute a concedere in locazione i serbatoi di GPL.La nuova norma fissa la durata del contratto di locazione - che è rinnovabile - in cinque anni, decorsi i quali su richiesta del locatario i serbatoi possono essere rimossi a cura e a spese dell’azienda proprietaria. L’eventuale disdetta del contratto deve essere comunicata almeno sei mesi prima della relativa scadenza. Gli adempimenti amministrativi concernenti l’installazione e la gestione dei serbatoi sono posti a carico dell’azienda proprietaria.

L’articolo 5 è volto a promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili situati nel territorio nazionale. A tal fine si prevede che il Ministero dei trasporti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, verifichi il grado di liberalizzazione raggiunto da tali servizi e predisponga, nel caso di concorrenza insufficiente, misure e correttivi concreti che possano realizzare l'effettiva liberalizzazione nel settore.

L'articolo 6 reca una serie di principi e misure volti a favorire la prosecuzione del processo di apertura del mercato del trasporto ferroviario avviato in Italia, in attuazione di quanto disposto in sede comunitaria. In particolare, il comma 1 stabilisce che la disciplina del settore ferroviaria è informata ai seguenti principi:

-                 separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete;

-                 efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri;

-                 professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio;

-                 destinazione di una quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria per la manutenzione del materiale rotabile.

Il comma 2 prevede un’indagine conoscitiva del Ministero dei trasporti, volta a individuare misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria, a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, e ad acquisire elementi sul mercato del materiale rotabile.

Il comma 3 demanda a un regolamento, daemanarsi con decreto del Ministro dei trasporti, il compito di stabilire i requisiti dei titolari dei contratti di servizio e (nel caso in cui le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria) dei componenti degli organi di amministrazione e di gestione, nonché i requisitiorganizzativi minimi che devono connotare le imprese di trasportoferroviario;

L’articolo 7 interviene in materia di trasporto pubblico locale, prevedendo forme alternative di trasporto pubblico innovativo e promuovendo lo sviluppo di nuovi servizi di trasporto pubblico individuale e collettivo. A tal fine, si dispone che il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo non sia soggetto a limitazione numerica.Viene inoltre previsto che i comuni promuovano la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi che lo definiscono e predispongano una carta concernente le prestazioni dei servizi innovativi. L’adozione di tali misure costituisce per il comune titolo preferenziale ai fini dell'accesso ai finanziamenti previsti dalla legge finanziaria per il 2007 per fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale.

L’articolo 8 prevede l’emanazione, entro quattro mesi, di un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, finalizzato a favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il Titolo II, denominato “Impresa più facile” si compone di 2 Capi.

Il Capo I, denominato “Abolizione e semplificazione degli adempimenti amministrativi per gli impianti produttivi”, si compone degli articoli da 9 a 18

 

L’articolo 9 definisce i principi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive.

L'articolo 10 dispone che l'immediato avvio della realizzazione o della modifica di impianti produttivi è consentito sulla base della presentazione di una dichiarazione unica dell'imprenditore, attestante la sussistenza dei requisiti di legge, corredata degli elaborati progettuali e di una dichiarazione di conformità del progetto, resa dal progettista (per i profili edilizi e urbanistici, igienico-sanitari e di sicurezza) o da un ente tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore (per gli altri profili autocertificabili), cui fa seguito il rilascio di una ricevuta da parte dello sportello unico. Qualora occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell’impianto, lo sportello unico può convocare una riunione con tutti i soggetti interessati, al fine di conseguire un accordo vincolante in luogo del provvedimento finale.

L’articolo 11 elenca in casi in cui l’immediato avvio dell’intervento non è consentito. In particolare, rispetto alla normativa vigente la disposizione introduce quali nuove ipotesi di esclusione “le “medie e grandi strutture di vendita per i profili attinenti all’autorizzazione commerciale” e le “attività e gli impianti comportanti l’utilizzo di frequenze radio”.

L’articolo 12 prevede che ai fini della realizzazione o della modifica di impianti produttivi lo sportello unico per le attività produttive sia tenuto a convocare una conferenza di servizi da svolgersi per via telematica, con una disciplina caratterizzata da termini più brevi rispetto a quelli previsti dalla disciplina generale vigente in materia. Sono altresì introdotte modificazioni a tale disciplina generale, volte principalmente a ribadire la possibilità di svolgimento in via telematica della conferenza di servizi e a consentire la partecipazione alla conferenza stessa, senza diritto di voto, anche di soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche coinvolte nel procedimento.

L'articolo 13 disciplina la comunicazione di fine lavori e il collaudo (ove necessario) che, resi a cura dell'imprenditore, consentono l'immediata messa in funzione dell'impianto, fermi restando i poteri di controllo delle amministrazioni competenti.

L'articolo 14 regola l'esercizio dei poteri di controllo e di vigilanza delle amministrazioni competenti, prevedendo che le eventuali misure interdittive, prescrittive e cautelari debbano essere riesaminate in sede di conferenza di servizi, su richiesta dell'interessato, ai fini della loro conferma e della individuazione dei tempi e delle modalità dell'adeguamento dell'impianto, fatta salva la riduzione in pristino (oltre alle altre conseguenze penali e disciplinari) in caso di accertata falsità delle autocertificazioni.

L'articolo 15 disciplina i controlli sulle attività produttive. La disposizione prevede, in particolare, che i controlli debbano svolgersi secondo modalità e tempi compatibili con lo svolgimento delle attività imprenditoriali, anche garantendone la contestualità e l'unitarietà ove siano competenti più uffici. A tal fine si prevedono intese tra i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari, nonché i sindaci. Per quanto concerne la definizione delle modalità essenziali di svolgimento dei controlli, la norma rinvia ad accordi da assumere, tra Governo, regioni ed enti locali, in sede di Conferenza unificata. La violazione delle modalità essenziali di svolgimento dei controlli così definite determina, a prescindere dall’esito del controllo svolto, il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario, con conseguente rivalsa della PA nei confronti dei dipendenti responsabili delle violazioni.

L’articolo 16 delegail Governo ad adottare, entro quattro mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento, uno o più decreti legislativi destinati a disciplinare i requisiti tecnici, di affidabilità e di indipendenza necessari per accreditare gli enti di certificazione, attenendosi ai criteri e ai principi dettati dallo stesso articolo.

L’articolo 17 delega il Governo ad adottare, entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese.

L’articolo 18 detta le misure abrogative, transitorie e di attuazione relative all’intero Capo I del Titolo II, concernente la semplificazione degli adempimenti amministrativi per le imprese.

 

Il Capo II, denominato “Ulteriori misure per le imprese”, si compone degli articoli da 19 a 27.

L'articolo 19 è volto a semplificare l'attività di verifica degli impianti a pressione, di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, nonché delle gru e degli apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, di cui all'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, facendo ricorso all’autocertificazione dell’interessato, asseverata da un professionista indipendente.

L’articolo 20delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI).

L’articolo 21 delega il Governo ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) nel capitale di rischio delle società, nonché a favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'Unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

I principi di delega disegnano a tal fine un sistema di agevolazioni fiscali consistenti in una riduzione dell’aliquota IRES (che dovrà essere non inferiore al 20%), qualora la società provveda ad un aumento di capitale o alla quotazione in mercati regolamentati, ma nella sola ipotesi che tale aumento di capitale ovvero l’acquisto delle azioni in occasione della quotazione sia finanziato da OICVM. Alternativamente alla riduzione dell'aliquota sarà possibile la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli OICVM nel capitale e ad essi corrisposti. I principi di delega prevedono inoltre un sostegno alle società per azioni che provvedano a quotarsi sui mercati regolamentati, consentendo la deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati.

I decreti legislativi in oggetto dovranno essere emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e pertanto, ove non de minimis, essere notificati alla Commissione europea e da questa autorizzati.

L’articolo 22 sospende per un biennio l’obbligo delle cooperative a mutualità prevalente, che perdono tale requisito, di redigere apposito bilancio per determinare il valore dall'attivo da imputare alle riserve indivisibili (comma 1). Sopprime inoltre l’obbligo, per le società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi, di presentare una comunicazione annuale relativa alla propria attività svolta nell’anno precedente (comma 2).

L’articolo 23 attribuisce alle imprese di spettacolo l’applicabilità la natura di piccola e media impresa secondo a disciplina comunitaria, consentendo pertanto a queste ultime di essere destinatarie di contributi e finanziamenti agevolati

L’articolo 24 prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell’albo pretorio sia eseguita anche in via informatica.

L’articolo 25 mira a semplificare gli adempimenti burocratici delle imprese prevedendo la possibilità di sostituire con autocertificazioni le certificazioni dovute per l’ottenimento di una autorizzazione o concessione da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e la partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

L’articolo 26 reca disposizioni concernenti il conferimento di poteri di rappresentanza dell’imprenditore e il compimento di operazioni telematiche delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.

Le disposizioni contenute nell’articolo 27 eliminano l’obbligo di tenuta del libro dei soci delle società a responsabilità limitata (S.r.l.) e l’obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell’elenco dei soci delle stesse società, disegnando un nuovo sistema di pubblicità relativo alle quote sociali ed alle loro modificazioni basato unicamente sulla loro iscrizione nel registro delle imprese.

Gli articoli del codice civile interessati dalle modifiche sono l’articolo 2470, l’articolo 2478 e l’articolo 2478-bis.

 

Il Capo III, denominato “Scuola, imprese e società”, si compone degli articoli da 28 a 31.

L’articolo 28 reca disposizioni in materia di istruzione tecnico-professionale. In particolare, si prevede il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali come istituti tecnico-professionali appartenenti all’istruzione secondaria superiore e finalizzati al rilascio di un diploma di istruzione secondaria superiore.

L’articolo 29 reca una delega al Governo per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche, al fine di migliorarne il funzionamento e garantire un maggiore raccordo con gli enti, le istituzioni, le imprese e le associazioni operanti nel territorio.

L’articolo 30 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione di un fondo denominato “Fondo perequativo”finalizzato ad assicurare alle istituzioni scolastiche l’assegnazione perequativa prevista all’articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997 n. 59 (c.d. “legge Bassanini 1”).

L’articolo 31 reca disposizioni finali e abrogazioni in materia di istruzione. In particolare, sono disposti: la proroga di ulteriori dodici mesi del termine per l’adozione di disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 226/2005 relativo al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione; lo spostamento dell’avvio del passaggio al nuovo ordinamento del secondo ciclo all’anno scolastico 2009-2010;una serie di modifiche al D.Lgs. n. 226/2005, in gran parte conseguenti all’intervento del DL 7/07[1], che ha sostituito il sistema dei licei con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali .

 

Il Capo IV, denominato “Cittadino e consumatore”, si compone degli articoli da 32 a 34.

L’articolo 32 stabilisce, al comma 1, la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto, stabilite a favore del cliente titolare di conto corrente. Il comma 2 chiarisce che le somme dovute dal cliente alla banca in dipendenza della effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa in materia di interessi usurari.

L’articolo 33 conferisce una delega legislativa al Governo finalizzata a favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, prevedendo fra l’altro la progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica. 

L’articolo 34 semplifica gli adempimenti concernenti la concessione dell’indennità mensile di frequenza di scuole, pubbliche o private, da parte di invalidi civili minori.

 

Il Capo V, denominato “Semplificazione del regime della circolazione giuridica dei veicoli”, si compone degli articoli da 35 a 41.

L’articolo 35 introduce per i veicoli il sistema della targa personale, che realizza un collegamento diretto fra la targa stessa ed il titolare, e sostituisce la vigente normativa che collega la targa all’autoveicolo e ne segue le vicende . La norma precisa che tale innovazione deve avvenire nel rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche.

L’articolo 36 reca modifiche alla normativa concernente gli autoveicoli e i motoveicoli, che sono attualmente assoggettati al regime giuridico dei beni mobili registrati, previsto dall’art. 2683 del codice civile. In particolare, l’articolo in esame dispone che tali veicoli siano sottoposti alla disciplina ordinaria dettata dall’art. 812 del codice per i beni mobili, e dispone l’abolizione del Pubblico Registro Automobilistico (PRA), con decorrenza dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione previsti dall’art. 39 del disegno di legge in esame.

L’articolo 37 dispone che al personale dell’ACI, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico di cui si dispone l’abolizione ai sensi del precedente articolo 36, ferma restando la conservazione del rapporto di pubblico impiego, si applicano le disposizioni previste per i lavoratori del settore pubblico in materia di eccedenze di personale, di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

L’articolo 38, in conseguenza dell’abolizione del pubblico registro automobilistico, disposta dal precedente articolo 36, stabilisce che l’imposta provinciale di trascrizione (IPT), di cui all’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, si applica agli atti soggetti a registrazione nell’archivio nazionale dei veicoli.

L’articolo 39 prevede l’emanazione, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, di regolamenti di delegificazione, finalizzati all’attuazione della nuova disciplina, introdotta dall’art. 36, in materia di immatricolazione, di annotazione degli atti, di cessazione della circolazione degli autoveicoli, nonché in materia di procedure concernenti i casi di smarrimento o distruzione della carta di circolazione e per i cambi di residenza dell’intestatario della carta. Con tali regolamenti dovranno essere altresì dettate le eventuali norme transitorie e le ulteriori modalità di attuazione della nuova disciplina.

L’articolo 40 disciplina il quadro sanzionatorio applicabile alle violazioni delle norme concernenti gli adempimenti richiesti per la circolazione degli autoveicoli.

L’articolo 41 reca alcune modifiche e abrogazioni alla normativa vigente in materia di circolazione degli autoveicoli, e stabilisce che le disposizioni introdotte dal Titolo V, unitamente a quelle che verranno emanate con i regolamenti di attuazione di cui all’art. 39, saranno applicate dalla data di entrata in vigore di tali regolamenti; in pari data avranno effetto le predette modifiche ed abrogazioni.

 

Il Capo VI recante “Norme finali”, si compone degli articoli 42 e 43.

L’articolo 42 dispone in merito alla collaborazione tra Stato e regioni mediante intese e accordi volti alla promozione della concorrenza e alla tutela dei consumatori, nonché a  garantire l’applicazione del provvedimento in esame.

L’articolo 43 introduce la clausola dell’invarianza della spesa a carico della finanza pubblica.

Relazioni allegate

Al provvedimento sono allegate la relazione illustrativa e la relazione tecnica.

Non risultano allegate, invece, la Analisi tecnico normativa (ATN) e l’Analisi di impatto della regolamentazione (AIR), come richiesto dalla Direttiva del Presidente del consiglio del 27 marzo 2000[2].

 


 

Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge si rende necessario in quanto la gran parte delle disposizioni recate dal disegno di legge intervengono in settori normativi disciplinati da norme di rango primario o di competenza legislativa esclusiva statale.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate dal provvedimento possono essere ricondotte a una pluralità di materie contemplate dall’articolo 117 Cost.

In linea generale, considerate le finalità complessive del provvedimento, individuabili nella promozione della concorrenza, nello sviluppo dei mercati e nella tutela di consumatori e utenti, appare possibile fare riferimento alla materia di competenza esclusiva statale “tutela della concorrenza (art.117, comma 2, lettera e), Cost.).

E’ possibile fare riferimento, inoltre, alle seguenti ulteriori materie di competenza esclusiva statale:

§      ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato” (art.117, comma 2, lettera e)), Cost.) per quanto concerne le norme in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese, di cui al Titolo II, Capo I e agli articoli 19, 20, 22, 24-27, nonché le norme di semplificazione del regime di circolazione giuridica dei veicoli (artt. 35-39);

§       “tutela del risparmio e mercati finanziari” (art.117, comma 2, lettera e)), Cost.) per quanto concerne l’articolo 32, che dispone la nullità della clausola di massimo scoperto e l’articolo 33, che disciplina i mezzi di pagamento;

§       “previdenza sociale” (art.117, comma 2, lettera o)) per quanto riguarda l’articolo 34, che detta norme a favore delle famiglie di invalidi civili minori;

§       “norme generali sull’istruzione” (art.117, comma 2, lettera n)) per quanto concerne le norme in materia di istruzione e formazione recate dal Titolo III;

§      tutela dei beni culturali” (art.117, comma 2, lettera s)) per quanto concerne l’articolo 23, che detta norme a favore delle imprese dello spettacolo.

 

E’ inoltre possibile fare riferimento, ai sensi dell’articolo 117, comma 3, Cost., alle seguenti materie di competenza concorrente Stato-regioni“:

§      produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, per quanto concerne l’articolo 4, relativo alla distribuzione del GPL, e l’articolo 8, ove si prevedono incentivi per le imprese operanti nel settore del gas;

§       “professioni”, per quanto concerne l’articolo 2, che semplifica l’accesso a varie attività di intermediazione commerciale e di affari;

§      grandi reti di trasporto e di comunicazione”, per quanto riguarda gli articoli 5, 6 e 7, recanti misure in materia di servizi a terra negli aeroporti, trasporto ferroviario e trasporto locale innovativo.

 

Con riferimento alle norme che intervengono su materie non riconducibili alla competenza esclusiva statale appare necessario verificare la compatibilità con quanto previsto all’articolo 117, comma 6, Cost., nei casi in cui si dispongano rinvii a atti normativi secondari (come all’articolo 6, comma 3, all’articolo 7, comma 3 e all’articolo 8).

Si ricorda, infatti, che ai sensi dell’articolo 117, comma 6, Cost., “La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni”.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

Procedure di contenzioso in sede comunitaria
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell'Ufficio rapporti con l'Unione Europea)

Si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

Attribuzione di poteri normativi

Si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

Coordinamento con la normativa vigente

All’articolo 19 la norma provvede espressamente all’abrogazione del solo regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, senza prevedere disposizioni di coordinamento con la normativa vigente in tema di installazione e verifica degli impianti a cui si riferisce.

 

All’articolo 23 non appare chiaro entro quali termini il riconoscimento della natura di piccola e media impresa agli organismi operanti nei settori delle attivita` teatrali, musicali e di danza, nonche´ di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa, produrrà le modifiche – previste al comma 3-  ai criteri e alle modalità di erogazione dei contributi alle attività di spettacolo di cui ai DM 21 dicembre 2005.

 

All’articolo 25, comma 1, ove si prevede che le dichiarazioni mendaci comportano, oltre all’esclusione delle procedure per cui si è fatta la richiesta, la responsabilità per falso in atto pubblico (483, 1° co., c.p.), si potrebbe valutare l’opportunità di coordinare tale disposizione con la disciplina generale in materia di autocertificazione. Infatti, sia l’esclusione dal procedimento connesso alla dichiarazione mendace, sia la responsabilità penale sono già previste dal testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000, artt. 75 e 76) che fa riferimento, per la dichiarazione mendaci o false, genericamente alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia e, per le dichiarazioni non più veritiere, ad uso di atto falso (art. 489 c.p.).

 

All’articolo 28 si segnala che la formulazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 risulta identica a quella di alcune disposizioni dell’articolo 13 del DL 7/07, come modificato nel corso della conversione in legge alla Camera.

 

All’articolo 31, comma 3, non appare chiara – alla lettera a) - la portata dell’ abrogazione del comma 1 dell’articolo 1 del d.lgs. n. 226/2005 alla luce di quanto disposto dal DL 7/2007, attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge. All’articolo 13, il citato decreto legge, come modificato dalla Camera, interviene sulla disciplina recata dal D.Lgs n. 226/2005 in rodine al secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, sostituendo il sistema dei licei con il sistema dell'istruzione secondaria superiore (licei, istituti tecnici e  istituti professionali). L’intervento disposto dal DL non incide pertanto sull’altra articolazione del secondo ciclo del sistema educativo (istruzione e formazione professionale) che risulterebbe invece soppressa a seguito dell’abrogazione in questione. Inoltre, si fa presente che alcune modifiche ivi previste all’articolo 31, comma 3 (cfr. lett. b), numeri 3) e 4)), nonché la disposizione di cui al comma 4 dello stesso articolo 31 risultano già introdotte dall’articolo 13, comma 1, del citato DL 7/07 come modificato nel corso dell’esame alla Camera.

 

All’articolo 32 le disposizioni recate dal comma 1 andrebbero più appropriatamente formulate come novella al codice civile, relativamente alla disciplina del contratto di apertura di credito.

 

All’articolo 33 si rileva che le norme di delega in esame, con particolare riguardo ai criteri indicati nella lettera h), non tengono conto delle competenze attribuite dall’ordinamento attuale alla Banca d’Italia, anche quale componente del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), in materia di  vigilanza sui sistemi di pagamento, ai sensi dell’articolo 146 del d.lgs. n. 385 del 1993, di guisa che si potrebbe determinare un mancato coordinamento tra le varie autorità.

 

Con riferimento all’articolo 35, ma anche a tutto il Titolo V del disegno di legge, si evidenzia che le modifiche apportate alla disciplina relativa alla circolazione dei veicoli, prevalentemente dettata dal d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), non viene inserita, mediante novellazione, nell’ambito di tale decreto, restando collocate in altro e autonomo provvedimento legislativo e incidendo, pertanto, sulla organicità del quadro normativo regolatorio della circolazione stradale.

 

Per quanto riguarda la formulazione dell’articolo 38, si ritiene che sarebbe stato più corretto prevedere che l’imposta provinciale di trascrizione, di cui all’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, in considerazione della sua natura di imposta di trascrizione, continui ad applicarsi “alla registrazione degli atti”, piuttosto che agli atti stessi. Nello stesso articolo si potrebbe specificare che ci si riferisce ai beni di cui al comma 1 dell’articolo 36 del presente disegno di legge, anziché parlare genericamente di beni. Sarebbe inoltre opportuno individuare con precisione, anche per relationem, il momento a decorrere dal quale l’imposta si applicherà in conseguenza della registrazione degli atti nell’archivio nazionale dei veicoli, anziché per le formalità eseguite nel pubblico registro automobilistico, anche in relazione all’entrata in vigore dei regolamenti di attuazione del Titolo V del presente disegno di legge (per i quali di veda il successivo articolo 39), a decorrere dalla quale sarà abolito il pubblico registro automobilistico.

 

Per altri aspetti concernenti il coordinamento con la normativa vigente si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Con riferimento all’articolo 8, si segnala che l’AS 691 (attualmente all’esame della 10° Commissione del Senato in sede referente), recante un’ampia delega al Governo per il completamento della liberalizzazione in campo energetico, prevede tra i principi e criteri direttivi la promozione “di operazioni di aggregazione territoriale delle attività di distribuzione, a vantaggio della riduzione dei costi di distribuzione, attraverso l’identificazione, in base a criteri di efficienza di bacini minimi di utenza” (articolo 1, comma 2, punto h).

 

Con riferimento alle disposizioni recate agli articoli 9-15 e 18, relative agli adempimenti amministrativi per la realizzazione di impianti produttivi e l’avvio delle attività d’impresa, si ricorda che il 25 gennaio 2007 la X Commissione (Attività produttive) della Camera ha licenziato per l’Assemblea il testo dell’AC 1428-A (Capezzone e altri), recante “Modifica alla normativa sullo sportello unico delle imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività”, che detta norme ispirate alle medesime finalità oggetto del disegno di legge in esame.

Di seguito si fornisce un quadro riassuntivo dei principali elementi di differenziazione deidue provvedimenti normativi (denominati, rispettivamente, “ddl del Governo” e “pdl Capezzone”).

Ambito dell’intervento normativo

Il ddl del Governo dispone (art.18, co.2) l’abrogazione del DPR 20 ottobre 1998, n.447 (nonché di ogni altra disposizione normativa statale incompatibile) che, in attuazione del D.Lgs 31 marzo 1998, n.112, disciplina la realizzazione degli impianti produttivi. L’ambito di intervento del ddl del Governo si estende, pertanto, a tutti i profili oggetto del DPR n.447/1998 (tra i quali, in particolare, la procedura mediante conferenza di servizi e la fase del collaudo). Il ddl del Governo, infine, non interviene sull’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, recante la disciplina generale della dichiarazione di inizio attività (DIA), i cui tempi non risulterebbero, pertanto, coordinati con quelli stabiliti per la realizzazione degli impianti produttivi.

La pdl Capezzone non dispone l’abrogazione del DPR n.447/1998, ma si limita ad autorizzare il Governo a modificarne alcune parti, con particolare riguardo al procedimento mediante autocertificazione, nel rispetto di determinati principi e criteri direttivi. La pdl Capezzone, inoltre, interviene sull’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n.241, recante la disciplina generale della dichiarazione di inizio attività (DIA), al fine di prevedere un abbreviazione dei tempi per l’avvio dell’attività e un allungamento dei tempi a disposizione dell’amministrazione per lo svolgimento dei successivi controlli, nonché di coordinare i tempi ivi previsti con quelli stabiliti per la realizzazione degli impianti produttivi.

Rapporto tra le fonti normative

Il ddl del Governo sostituisce la normativa in materia di impianti produttivi attualmente recata dal DPR n.447/1998 (di cui, all’art.18, co.2, dispone l’abrogazione), con ciò realizzando una rilegificazione della materia[3].

La pdl Capezzone, in quanto non dispone l’abrogazione del DPR n.447/1998, ma si limita ad autorizzare il Governo a modificarne alcune parti con un atto di pari livello normativo, non comporta la rilegificazione della materia.

 

Procedimento mediante autocertificazione

Il ddl del Governo innova il procedimento mediante autocertificazione sotto vari profili. In particolare:

§       si introducono (art. 10, co.3 e 5) criteri più stringenti in ordine ai soggetti abilitati ad attestare la conformità degli elaborati progettuali alla normativa vigente. In particolare, si prevede che il progettista dell’impianto deve essere munito di idonea assicurazione per responsabilità professionale e che, per gli altri profili, la dichiarazione di conformità sia resa da un ente tecnico accreditato, non collegato professionalmente o economicamente all’imprenditore[4];

§       si ampliano le ipotesi di esclusione del procedimento mediante autocertificazione. In particolare, rispetto alla normativa vigente (recata dall’art.27 del D.Lgs. n.112/1998, nonché dall’art.1, co.3 e dall’art. 6, co.1 e 6, del DPR n.447/1998) il ddl (art.11, co.2, lett. c) e g)) introduce quali nuove ipotesi di esclusione “le “medie e grandi strutture di vendita per i profili attinenti all’autorizzazione commerciale” e le “attività e gli impianti comportanti l’utilizzo di frequenze radio; il ddl, inoltre, rimanda (art.12, comma 1) a non meglio definite ipotesi in cui la dichiarazione di conformità deve essere “corredata delle necessarie domande di autorizzazione”, aggiuntive rispetto a quelle espressamente escluse dall’autocertificazione ai sensi dell’articolo 11, nelle quali l’autocertificazione medesima non appare pertanto ammessa[5].

 

La pdl Capezzone innova il procedimento mediante autocertificazione sotto vari profili. In particolare:

§       si prevede, tra i criteri generali di intervento, di “estendere il ricorso all’autocertificazione e alla dichiarazione di inizio attività” (art.1);

§       si prevedono criteri più flessibili in ordine ai soggetti abilitati ad attestare la conformità degli elaborati progettuali alla normativa vigente (“professionisti professionisti, anche associati, associazioni, consorzi, società od altri enti per l’erogazione di servizi alle imprese, debitamente delegati”) (art.1, co.1, lett.m)).

§       quanto ai casi in cui il procedimento mediante autocertificazione resta escluso, la pdl Capezzone (diversamente dal ddl del Governo) non innova rispetto alla normativa vigente, limitandosi a prevedere la possibilità di ampliare i termini per la DIA in caso di attività (individuate dalle regioni) con particolari implicazioni ambientali (art.1, co.1, lett.g)).

 

Tempi dei procedimenti

L’articolo 10 comma 4, del ddl del Governo prevede la possibilità di immediato avvio dell’intervento all’atto del rilascio della ricevuta da parte dello sportello unico.

Il ddl, tuttavia, non chiarisce il rapporto tra tale disposizione e quanto sancito all’articolo 10, comma 7, ove si prevede che lo sportello unico, qualora “occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell’impianto”, possa convocare una riunione con tutti i soggetti interessati, al fine di conseguire un accordo vincolante in luogo del provvedimento finale. In particolare, andrebbe chiarito se la convocazione della riunione abbia un effetto sospensivo rispetto al rilascio della ricevuta (nel qual caso, non essendo previsto un termine entro il quale la riunione debba essere convocata e conclusa, risulterebbe indefinito il momento in cui l’avvio dell’attività è effettivamente consentito[6]) o rispetto alla prosecuzione dell’attività avviata (nel qual caso, non essendo previsto un termine entro il quale la riunione debba essere conclusa, risulterebbe comunque indefinito il momento a partire dal quale l’attività può essere ripresa conformemente all’accordo).

La pdl Capezzone prevede che l’attività possa essere iniziata dopo 7 giorni (15 in caso di impianti a struttura complessa) dalla presentazione della richiesta in autocertificazione. Diversamente dal ddl del Governo, tuttavia, la pdl Capezzone definisce la durata massima di tutte le possibili fasi procedimentali, (inclusa quella relativa alla riunione volta, qualora necessitino chiarimenti tecnici, al conseguimento di un accordo vincolante per le parti), garantendo piena certezza in ordine alla durata del contraddittorio con le PA coinvolte e i portatori di interessi diffusi.

 

Con riferimento all’articolo 12, comma 5, si osserva che il comma 1 dell’articolo 6 del disegno di legge governativo A.C. 2161 (Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese), in corso di esame presso la I Commissione della Camera, reca una novella all’art. 14 della L. 241/1990 dal contenuto sostanzialmente analogo a quello di tale disposizione.

 

Formulazione del testo

 

All’articolo 9, comma 8, appare opportuno chiarire la formulazione della disposizione, con particolare riferimento alla disciplina dei passaggi procedurali conseguenti all’ipotesi di decisione negativa del consiglio comunale e ai tempi di adozione della delibera comunale sulla variante urbanistica.

 

All’articolo 10 appare necessario chiarire il rapporto tra il comma 3 e il comma 6, al fine di distinguere i profili oggetto della dichiarazione di conformità di competenza del progettista e quelli oggetto della dichiarazione di conformità che deve essere resa da un ente accreditato.

 

All’articolo 10 appare necessario chiarire il rapporto tra il comma 4, ove si prevede la possibilità di immediato avvio dell’intervento all’atto del rilascio della ricevuta da parte dello sportello unico e il comma 7,ove si prevede che lo sportello unico, qualora “occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell’impianto”, possa convocare una riunione con tutti i soggetti interessati, al fine di conseguire un accordo vincolante in luogo del provvedimento finale. In particolare, andrebbe chiarito se la convocazione della riunione abbia un effetto sospensivo rispetto al rilascio della ricevuta.

 

All’articolo 12 si evidenzia la necessità di chiarire a quali “necessarie domande di autorizzazione”, di cui deve essere corredata la dichiarazione di conformità, si intenda fare riferimento, posto che i casi di esclusione dall’immediato avvio dell’intervento sono già espressamente elencati all’articolo 11.

 

All’articolo 14 si prevede che la conferenza di servizi debba essere convocata entro un termine massimo prestabilito (30 giorni), a decorrere dalla richiesta dell’imprenditore, nelle sole ipotesi in cui oggetto del riesame siano misure cautelari (e non anche interdittive o prescrittive). Appare pertanto opportuno, al fine di assicurare certezza dei tempi, integrare la norma prevedendo un termine di convocazione della conferenza di servizi anche nel caso in cui l’esame abbia ad oggetto misure interdittive o prescrittive.

 

All’articolo 18 si evidenzia le necessità di chiarire meglio, nel suo complesso, la tempistica relativa all’entrata in vigore delle nuove norme e alla possibilità di continuare ad applicare le norme vigenti, avendo riguardo, in particolare, alla necessità di assicurare certezza in ordine alla normativa in ogni momento applicabile e di contenere i rischi connessi ad un’attuazione eccessivamente differenziata tra i vari territori regionali e comunali.

 

All’articolo 19 andrebbe meglio precisato cosa si intenda per “professionista abilitato”, elencando i requisiti che lo caratterizzano, e come questa figura professionale si coordini con i soggetti verificatori previsti dalla normativa vigente.

 

All’articolo 29 si fa presente che nonostante l’oggetto della delega sia individuato nella ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche, i principi e i criteri direttivi previsti sembrano riguardare essenzialmente gli organi di gestione “amministrativa” della scuola (consiglio di circolo-istituto e giunta esecutiva). Inoltre, non appare chiaro quali possano essere le modifiche in relazione ai compiti della giunta esecutiva, atteso che già sulla base della normativa vigente tale organo appare titolare di quelle “funzioni di supporto e di collaborazione” previste dal criterio direttivo di cui al comma 4, lett. c).

 

Con riguardo all’articolo 33, comma 1, lettera a), si rileva l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica”, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera h-ter), del testo unico bancario di cui al d.lgs. n. 385 del 1993, indica un “valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall'emittente”. Ciò escluderebbe, ad esempio, dalla disciplina in esame le carte di credito.

Con riguardo all’articolo 33, comma 1, lettera b), si rileva l’eccessiva genericità, ai fini dell’esercizio della delega, dell’espressione “specifiche categorie economiche”.

Con riguardo all’articolo 33, comma 1, lettera e), si rileva l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica”. Potrebbe inoltre essere chiarito il meccanismo che dovrà consentire l’introduzione di incentivi nell'invarianza del gettito.

Con riguardo all’articolo 33, comma 1, lettera m), si rileva che la norma prevede la stipula di convenzioni soltanto con la società Poste italiane Spa o con banche, non prevedendo invece che le stesse convenzioni possano essere stipulate, al fine di garantire parità di concorrenza, con intermediari emittenti carte di pagamento ovvero con istituti di moneta elettronica abilitati ai sensi del testo unico bancario.

 

Per ulteriori osservazioni sulla formulazione del testo si rinvia alle schede di lettura relative ai singoli articoli.

 

 


Schede di lettura

 


Articolo 1
(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali)

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare. Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti.

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti né alle limitazioni di cui al comma 1.

      3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

L’articolo 1 reca disposizioni volte alla rimozione di ostacoli nell’ambito di attività commerciali tra loro complementari - tra le quali rientra anche l’attività di distribuzione dei carburanti - al fine di assicurare la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sull’intero territorio nazionale, il funzionamento corretto e uniforme del mercato e un accesso facilitato ai servizi da parte dei consumatori finali.

Il comma 1 vieta infattiqualsiasi limitazione ad un possibile abbinamento nello stesso locale o nella medesima area della vendita di prodotti o di servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali.

 

E’ fatto salvo il rispetto delle norme in materia urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria e di sicurezza in ambito lavorativo, come pure la distinzione tra settore merceologico alimentare e non alimentare.

Si ricorda che tale distinzione è stata introdotta dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114(Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), con il quale si è provveduto alla liberalizzazione del settore. Tra le novità del decreto va, indubbiamente, annoverata la semplificazione del sistema delle tabelle merceologiche introdotta dall’articolo 5 (che regolamenta l'accesso all'attività commerciale) che al comma 1 consente l’esercizio dell’attività commerciale con riferimento a due soli settori merceologici, alimentare e non alimentare, in luogo delle 14 tabelle merceologiche previste in precedenza dal DM 375/1988. Si ricorda in proposito che per l’esercizio, in qualsiasi forma, di un’attività di commercio relativa al settore merceologico alimentare, l'articolo 5 prevede l'obbligo di un corso professionale, al quale può essere equiparata l'acquisizione della pratica commerciale in proprio o quale dipendente o familiare coadiutore.

Il comma 2 riguarda in particolare l’installazione e l’attività degli impianti di distribuzione dei carburanti in riferimento alle quali è vietatala subordinazione, oltre chealle limitazioni di cui al precedente comma 1, a parametri numerici o di distanza minima che, predeterminando un numero massimo di operatori, di fatto ostacolano l’apertura di nuovi punti vendita dotati di strutture moderne e automatizzate, come si osserva nella relazione governativa che accompagna il disegno di legge in esame.

La necessità di una riforma del settore in senso favorevole alla liberalizzazione è stata espressa (come ricorda la stessa relazione governativa) anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato con la segnalazione AS283 del 10 novembre 2004, nella quale l’Antitrust ha evidenziato come gli obiettivi di razionalizzazione e liberalizzazione del settore perseguiti dalla normativa nazionale di riforma (decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32; legge 28 dicembre 1999, n. 496; decreto ministeriale 31 ottobre 2001) non siano stati conseguiti “nella misura necessaria a garantire l’effettivo raggiungimento degli attesi guadagni di efficienza e a rendere possibile il loro trasferimento ai consumatori, attraverso una riduzione dei prezzi al consumo”.

L’Autorità ha indicato una serie di vincoli normativi nazionali che regionali che per l loro effetto cumulativo si traducono sostanzialmente in un ostacolo alla capacità competitiva degli operatori non integrati verticalmente, sia per quelli già attivi nel settore petrolifero (grossisti o retisti), sia per i potenziali entranti (imprese della grande distribuzione commerciale. A livello nazionale ha segnalato:

§         l’uniformazione per via normativa degli orari di servizio di impianti con caratteristiche dimensionali e qualitative molto diverse, livellati alle esigenze delle gestioni minori, che penalizza le imprese che investono per realizzare nuovi e più moderni punti vendita. Al proposito l’Autorità auspica la previsione di un regime più flessibile in termini di orario massimo di servizio e modulazione dei periodi di servizio e riposo, svincolata dall’obbligo di chiusura di almeno settemila impianti (di cui all’articolo 7 del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32);

§         le prescrizioni che definiscono per via normativa bacini di utenza, distanze minime obbligatorie tra impianti e superfici minime di riferimento per le attività commerciali (misure regolamentari presenti nelle loro linee essenziali nel Piano nazionale approvato con DM 31 ottobre 2001) che si traducono nella predeterminazione di un numero massimo di operatori, e di fatto ostacolano l’apertura di nuovi punti vendita costituiti da strutture moderne;

§         l’indicazione normativa della tipologia di nuovi impianti autorizzabili, delineata nei suoi caratteri essenziali dall’articolo 2, comma 2-bis del DL n. 383/99 e demandata dal citato DM 31 ottobre 2001 alla programmazione regionale per la specificazione degli standards qualitativi in relazione alle esigenze di ciascun territorio. Secondo l’Antitrust l’imposizione a livello normativo per i nuovi impianti di self service post payment, quelli più convenienti per il consumatore, di dotarsi di servizi e attività commerciali integrativi per l’automobilista e per l’automobile, comporta, in termini economici, solo un aumento dei costi e scoraggia l’accesso di operatori che seguono una strategia commerciale di decisa riduzione dei prezzi attraverso il contenimento dei costi e l’incremento dei volumi di vendita.

Con riferimento alle norme regionali di attuazione della disciplina nazionale, l’Autorità ha affermato che il quadro giuridico vigente si caratterizza per un irrigidimento delle prescrizioni fissate dalle norme nazionali a seguito dell’entrata in vigore del DM 31 ottobre 2001, e presenta notevoli differenze tra le singole regioni con conseguente disomogeneità nelle condizioni richieste per operare nel settore. I vincoli più significativi presenti nel le normative regionali sono generalmente riferibili a: definizione di bacini di utenza caratterizzati da ridotte dimensioni; classificazione degli stessi come eccedentari o deficitari in base a criteri quantitativi predeterminati, con conseguente fissazione di un limite numerico di nuovi impianti realizzabili;  specificazione degli standards qualitativi che devono caratterizzare i nuovi impianti; fissazione della superficie minima di riferimento per ciascuna tipologia di impianto; introduzione di vincoli negli orari e nei turni. Sempre secondo l’Autorità le disposizioni attuative delle norme nazionali adottate da alcune regioni si sono rivelate particolarmente stringenti, come nel caso della determinazione delle distanze minime obbligatorie per l’istallazione di nuovi impianti, fissata in talune realtà locali in quindici-venti chilometri. Inoltre, in alcune normative regionali un ulteriore ostacolo all’ingresso nel mercato da parte dei potenziali entranti sprovvisti di rete distributiva è costituito dalla previsione dell’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per l’apertura di nuovi punti vendita. Tale obbligo, previsto dal D.Lgs. n. 32/98 solo in via transitoria, viene mantenuto e in alcune regioni sia nel caso di nuove autorizzazioni sia nel caso di trasferimento di autorizzazioni esistenti.

 

Si ricorda che l’Autorità è intervenuta nuovamente sull’argomento con la recente segnalazione AS379 del 18 gennaio 2007, nella qualesottolinea come agli auspici espressi nel precedente intervento non siano seguite modifiche legislative adeguate, sia a livello nazionale che regionale. Al contrario, dall’analisi delle normative adottate nel corso degli ultimi due anni dalle amministrazioni regionali e locali, è emerso in modo evidente come gli ampimargini di discrezionalità ad esse riconosciuti dalla legislazione nazionale siano stati utilizzati in genere in modo difforme rispetto ai suggerimenti formulati nel precedente intervento.

Secondo l’Autorità nell’attuazione delle previsioni contenute nella normativa nazionale che affida loro, nella determinazione dei criteri per l’installazione dei nuovi impianti, la definizione dei bacini di utenza; delle superfici minime in funzione della localizzazione dell’impianto; nonché delle distanze minime obbligatorie (decreto ministeriale 31 ottobre 2001 recante Approvazione del Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti), le regioni “hanno adottato misure di pianificazione dell'offerta volte a cristallizzare gli assetti distributivi esistenti, favorendo di fatto gli interessi degli operatori già presenti sul mercato”.

L’Autorità segnala, inoltre, alcune normative regionali che continuano a prevedere l’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti quale condizione per l’apertura o per il trasferimento di nuovi punti vendita, rendendo di fatto definitiva una previsione transitoria contenuta nel D.Lgs. 32/98 (fino al 30 giugno 2000, ex articolo 3, co. 1, D.Lgs. n. 32/98) per agevolare la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva.

Il comma 3 dispone l’abrogazione di tutte le disposizioni regolamentari e normative in contrasto con le disposizioni dei precedenti commi, a decorrere dall’entrata in vigore del presente provvedimento.

Il comma 4, da ultimo, dispone l’adeguamento da parte delle regioni e degli enti locali delle rispettive disposizioni sia legislative che regolamentari ai principi riportati nei precedenti commi 1 e 2. In tal modo – come si osserva nella relazione - viene garantita la loro competenza  a disciplinare in dettaglio le attività di distribuzione dei carburanti.

Quadro normativo

Si ricorda che nel corso della XIII legislatura il sistema di distribuzione dei carburanti è stato oggetto di una profonda riforma operata, in attuazione della legge 59 del 1997 (c.d. legge Bassanini), con il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, successivamente modificato in più punti dal D.Lgs. 8 settembre 1999, n. 346 e dal DL 383/99 ai quali ha fatto seguito l’art. 19 della legge 57/2001 che ha prescritto l’adozione di un Piano nazionale emanato con DM 31 ottobre 2001, con il quale alle regioni è stata riconosciuta una importante funzione programmatoria.

Il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, che ha ridisciplinato interamente la materia del sistema di distribuzione dei carburanti sulla rete di viabilità ordinaria[7], rappresenta il punto di partenza e la base normativa essenziale del processo di riforma del settore.

I principi ispiratori del decreto possono essere così riassunti:

a)         liberalizzazione dell’attività di distribuzione, tramite l’abolizione del previgente regime concessorio, sostituito da un’autorizzazione comunale, e la liberalizzazione degli orari e della vendita nelle stazioni di servizio di prodotti non petroliferi (c.d. settore non oil);

b)         ristrutturazione della rete distributiva, in direzione di una riduzione del numero di impianti e della riqualificazione di quelli restanti, per aumentarne la reddittività e la sicurezza e migliorare il servizio all’utenza.

Con riferimento alle competenze regionali e comunali in materia il D.Lgs. n. 32 ha previsto che ai comuni fosse attribuito il compito di rideterminare, entro un breve termine, i criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree per l'installazione dei nuovi impianti, disponendo contestualmente l'adeguamento degli strumenti urbanistici, così da non creare contrasti fra le due discipline. Tuttavia tale obiettivo, che presupponeva un'azione incisiva da parte dei comuni, è stato conseguito parzialmente e prevalentemente sulla base delle iniziative volontarie di chiusura da parte delle aziende.

L'articolo 3 del D.Lgs. n. 32/98 che ha provveduto a disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo regime ha definito un programma di chiusure graduali, in modo da omologare la rete italiana a quella europea e di riqualificazione degli impianti di distribuzione (commi 1, 2, 3 e 7), con alcune deroghe parziali (commi 4 e 8). Ha infatti previsto, al comma 1 un periodo transitoriodurante il qualel’apertura di nuovi impianti veniva subordinata alla chiusura di impianti già esistenti (fino al 30 giugno 2000).

L'articolo 7intervenendo in materia diorarie di turnazioni degli impianti di distribuzione dei carburanti, ha previsto che al termine del periodo transitorio di cui all’art. 3, e a fronte della chiusura di almeno 7000 impianti, il gestore potesse aumentare l’orario massimo di servizio fino al 50% dell’orario minimo stabilito e definire autonomamente la modulazione dell’orario e dei periodi di riposo previa comunicazione al comune.

Il successivo D.Lgs 346/99 di modifica del decreto 32 ha rivisto la tempistica precedentemente stabilita fissando termini più stretti per i comuni, con poteri sostitutivi da parte delle regioni in caso di inadempienza. Ulteriori elementi di liberalizzazione sono stati, poi, introdotti dal DL 383/99, conv. con modif. dalla legge 496/99. Infine, l’articolo 19 della legge n. 57/01 "Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati"ha previsto l’adozione da parte del Ministro dell’industria, d’intesa con la Conferenza unificata, di un Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema di distribuzione dei carburanti in coerenza con il quale le regioni sono state chiamate a provvederanno alla redazione di piani regionali sulla base di precisi indirizzi. Il Piano è stato approvato con il DM 31 ottobre 2001.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2004 la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora[8]per esser venuta meno, in relazione alla normativa che fissa le condizioni per l’apertura e la gestione di impianti di distribuzione di carburante, agli obblighi imposti dall’articolo 43 del trattato CE relativo alla libertà di stabilimento[9].

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano alcune disposizioni adottate a livello nazionale[10] e regionale[11], che definiscono i criteri per la razionalizzazione della rete distributiva specificando, ad esempio, il numero massimo di impianti che possono essere installati in una data zona e le loro tipologie; la superficie minima e le distanze minime fra impianti; gli orari di apertura. Tali disposizioni, secondo la Commissione configurerebbero restrizioni alla libertà di stabilimento, ostacolerebbero l’ingresso di nuovi operatori sul mercato italiano, favorendo gli operatori esistenti. In base alla giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia[12], inoltre, alcuni criteri definiti dalle norme possono essere considerati restrittivi, in quanto in grado di ostacolare o scoraggiare l’esercizio delle libertà fondamentali, garantite dal trattato CE rendendo, ad esempio, meno attraente l’esercizio delle medesime libertà.

Si ricorda, altresì, che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, gli articoli 43 e 49 TCE prescriverebbero non solo l'eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisca legittimamente servizi analoghi[13].

 

 


Articolo 2
(Attività di intermediazione commerciale e di affari)

      1. Sono considerate attività di intermediazione commerciale e di affari le seguenti:

          a) agente di affari in mediazione;

          b) agente immobiliare;

          c) agente d'affari;

          d) agente e rappresentante di commercio;

          e) mediatore marittimo;

          f) spedizioniere;

          g) raccomandatario marittimo.

      2. Le attività di cui al comma 1, salvo quanto previsto dal comma 5, possono essere svolte previa presentazione della dichiarazione di inizio di attività, ai sensi della normativa vigente, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente.

      3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura verificano il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le attività di cui al comma 1 e iscrivono i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'articolo 8, comma 8, lettera d), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario distintamente per tipologia di attività.

      4. Per l'attività di agente di affari in mediazione e di agente immobiliare è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni.

      5. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle attività di agente d'affari di cui al comma 1, lettera c), con esclusione di quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, per le quali resta ferma l'applicazione dell'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

      6. Per l'attività di agente o rappresentante di commercio, in attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 maggio 1985, n. 204.

      7. Per l'attività di mediatore marittimo è soppresso il ruolo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

      8. Per l'attività di spedizioniere è soppresso l'elenco autorizzato di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

      9. Per l'attività di raccomandatario marittimo è soppresso l'elenco interprovinciale di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

 

 

L’articolo 2 disciplina, unificandole e provvedendo alla soppressione dei relativi ruoli ed elenchi, alla cui iscrizione è attualmente subordinato il loro esercizio, le attività di intermediazione commerciale e di affari tra le quali rientrano, ai sensi del comma 1:

a)      l’agente di affari in mediazione;

b)      l’agente immobiliare;

c)      l’agente di affari;

d)      l’agente e rappresentante di commercio;

e)      il mediatore marittimo;

f)        lo spedizioniere;

g)      il raccomandatario marittimo.

 

Secondo la relazione governativa che accompagna il disegno di legge in esame le disposizioni dell’articolo in commento sono volte al superamento delle restrizioni attualmente imposte all’esercizio delle suindicate attività professionali dalla normativa nazionale, in contrasto con la normativa comunitaria che esclude la necessità di iscrizione in ruoli ai fini dell’esercizio di dette professioni (si cita la direttiva 86/653/CE e la sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 6 marzo 2003 per le quali si rinvia alla scheda di commento al comma 6 del presente articolo )

Sia l’unificazione dei profili professionali individuati dal comma 1 nell’unica categoria degli “intermediari commerciali e di affari”, sia la soppressione di ruoli ed elenchi, di cui ai successivi commi, sostituiti unicamente dalla DIA rispondono, pertanto, ad esigenze di liberalizzazione e di promozione della concorrenza.

La stessa relazione ricorda come la necessità di rimuovere le attuali restrizioni sia stata espressa anche dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato in una segnalazione del 18 ottobre 2001 (AS 219) con riferimento all’attività di agente o rappresentante di commercio disciplinata dalla legge 204/85, ritenendo che le disposizioni della legge (cfr.scheda relativa al comma 6) possano determinare ingiustificate restrizioni della concorrenza, in quanto subordinano l'esercizio dell'attività di agente commerciale alla condizione dell'iscrizione al ruolo.

 

Ai sensi del comma 2 dell’articolo in esame per lo svolgimento delle attività unificate nella nuova categoria dell’intermediazione commerciale e di affari è sufficiente la previa presentazione alla camera di commercio competente per territorio della dichiarazione di inizio attività (DIA). Tale dichiarazione dovrà essere accompagnata da autocertificazioni e certificazioni che attestano il possesso dei requisiti eventualmente prescritti dalle norme in vigoreper lo svolgimento dell’attività.

Sono fatte salve le disposizioni del successivo comma 5 relative alle attività di agente d’affari.

La dichiarazione di inizio attività (DIA) è stata rivisitata, da ultimo, dell’articolo 3, comma 1, deldecreto-legge 35/05 (c.d. decreto “competitività”), il quale (sostituendo l’articolo 19, comma 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241), ha introdotto modifiche volte, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli. La dichiarazione di inizio di attività (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.

Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono:

§       la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);

§       l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto[14].

 

Il comma 3 assegna alle camere di commercio il compito di verificare il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le suindicate attività, e di provvedere all’iscrizione dei relativi dati nel registro delle imprese, qualora l’attività sia svolta in forma imprenditoriale, oppure nel Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA). Alle camere di commercio compete anche la contestuale attribuizione della qualifica di intermediario distinta per tipologia di attività.

Si ricorda che il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[15]. Al Registro sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il Codice fiscale.

Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali. Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il D.Lgs. 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati)[16].

Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581 ai sensi del quale (art. 7, comma 2, lett. a)), sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:

1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;

2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;

3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;

4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);

5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;

6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)

7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);

8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);

9) le società semplici (art. 2251 c.c.).

 

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il Repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle camere di commercio.

 

I commi da 4 a 9 del presente articolo recano disposizioni riguardanti i singoli profili professionali individuati nel comma 1 e unificati nella nuova categoria  delle attività di intermediazione commerciale e di ffari.

Agente di affari in mediazione e agente immobiliare (comma 4)

Il comma 4 dispone il ruolo di cui all’articolo 2 della legge n. 39/89 con riferimento all’attività di mediatore e agente immobiliare.

Gli articoli 1742-1753 del codice civile disciplinano il contratto di agenzia. In particolare l’art.1742 contiene la nozione del contratto in base al quale una parte (agente) assume stabilmente l'incarico di promuovere per conto dell'altra, in cambio di una retribuizione, la conclusione di contratti in una zona determinata. Il contratto di agenzia deve essere approvato per iscritto e ciascuna delle parti ha diritto (irrinunciabile) ad ottenere dall'altra un documento sottoscritto che riproduca il contenuto del contratto e delle clausole aggiuntive. Agenzie di affari sono pertanto quelle che svogono attività di intermediazione tra più soggetti.

L'articolo 1765 c.c. fa salve le disposizioni delle leggi speciali, la principale delle quali è la legge 3 febbraio 1989, n. 39 ("Modifiche ed integrazioni alla legge 21 marzo 1958, concernente la disciplina della professione di mediatore") che regola tutte le attività di mediazione, così come definita dal codice civile, con la sola esclusione degli agenti di cambio, dei mediatori pubblici, dei mediatori marittimi e di altre attività particolari e prima della quale non era obbligatorio svolgere l'attività di mediazione in modo professionale.

Ai sensi dell’articolo 1754 c.c. è agente d'affari in mediazione (mediatore) colui che mette in relazione due o più soggetti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuno di essi da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Questa funzione intermediaria può essere svolta dal mediatore sia spontaneamente sia su incarico di uno o entrambi i soggetti, come più frequentemente accade. In un caso o nell’altro, il mediatore si contraddistingue per il rapporto di indipendenza rispetto alle parti in favore delle quali svolge l’attività intermediaria

Con la legge n. 39/89 è stato istituito, presso le camere di commercio, il ruolo degli agenti di affari in mediazione,al quale devono iscriversi tutti coloro che svolgono attività di mediazione, anche in modo discontinuo o occasionale (articolo 2). Pertanto anche il mediatore occasionale soggiace all'obbligo di iscrizione al ruolo, pena, tra l'altro, la perdita del diritto alla provvigione (articolo 6).

Il ruolo è distinto in quattro sezioni:

§         Agenti immobiliari per l'attività di mediazione relativa alla compravendita o locazione di immobili ed aziende

§         Agenti merceologici per l'attività di mediazione relativa a merci, derrate e bestiame

§         Agenti con mandato a titolo oneroso (solo per il settore immobiliare)

§         Agenti in servizi vari si riferisce ad operazioni non altrimenti precisate nel settore dei servizi.

Esclusi dall'iscrizione nel ruolo degli agenti di affari in mediazione, in quanto soggetti ad altre normative, sono:

§         mediatori marittimi

§         mediatori assicurativi (brokers)

§         soggetti che esercitano attività di intermediazione nei servizi turistici

§         mediatori creditizi.

I requisiti necessari per poter ottenere l'iscrizione al ruolo e, pertanto, l'accesso alla professione, sono i seguenti (arti.2, co. 3): 1) maggiore età; 2) cittadinanza italiana o di un Paese membro dell'Unione europea; 3) residenza nella circoscrizione della camera di commercio cui si intende iscriversi nel ruolo; 4) avere assolto agli obblighi scolastici; 5) non aver commesso una serie di reati, specificamente elencati; 6) essere in possesso di alcuni requisiti professionali.

Sono previste due modalità alternative per l'accesso al ruolo: il possesso del diploma di secondo grado di indirizzo commerciale[17] o della laurea in materie economiche o giuridiche, che consentono l'iscrizione automatica al ruolo, oppure il superamento di un esame diretto ad accertare l'attitudine del candidato. Le modalità dell'esame sono stabilite dal Ministero dell'industria (ora dello sviluppo economico)[18]. Per poter sostenere l'esame è necessario un periodo di almeno due anni di apprendistato presso agenzie di mediazione, oppure la frequenza di un corso preparatorio.

Alcune disposizioni relative al ruolo dei mediatori dettate dall’art. 3 della legge 39/89 interessano direttamente gli agenti immobiliari iscritti nell'apposito ruolo. In particolare, il comma 3, prevede che ad essi possano essere affidati incarichi di perizie e consulenza tecnica in materia immobiliare da parte di enti pubblici.

L'esercizio dell'attività di mediazione (art.5, comma 3) è incompatibile:

1) con qualunque altro impiego pubblico o privato, tranne, ovviamente, l'impiego presso una impresa o società di intermediazione;

2) con l'iscrizione in un altro albo o ordine e assimilati. Fa eccezione, anche se la legge non ne fa esplicita menzione, l'iscrizione degli agenti immobiliari nel ruolo dei periti e degli esperti tenuto dalle camere di commercio, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della stessa legge n. 39/89;

3) con l'esercizio in proprio del commercio nello stesso settore in cui si intende esercitare la mediazione.

Agente d’affari (comma 5)

Il comma 5 estende le disposizioni dell’articolo in commento all’attività di agente d’affari (di cui al comma 1, lett. c), eccetto quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, alle quali continuano ad applicarsi le disposizioni dell’art. 115 del TULPS (RD n.773/1931).

Le agenzie di affari si possono distinguere in tre tipologie:

§         agenzie d’affari per le quali esiste una specifica regolamentazione (cfr. supra);

§         agenzie d’affari per le quali deve essere richiesta l’autorizzazione alla questura;

§         agenzie di affari per le quali è prevista la denuncia di inizio attività al comune.

Fino all’entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59 , l’apertura di agenzie di affari in genere era regolata dall’art. 115 del Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), in base al quale l’agenzia era assoggettata alla licenza di polizia rilasciata dalla questura.

L’art. 163, comma 2, lettera d) del D.Lgs 112/98 ha disposto il trasferimento della competenza amministrativa in materia ai comuni, con esclusione di alcuni tipi di agenzie d'affari per le quali la competenza amministrativa è rimasta alle questure. Si tratta in particolare  di

- agenzie di affari di recupero crediti;

- agenzie di pubblici incanti (aste);

- agenzie matrimoniali;

- agenzie di pubbliche relazioni.

Tra le attività di agenzia d'affari per il cui svolgimento è sufficiente la denuncia di inizio attività al comune nel quale si intende svolgere questa attività rientrano: agenzia di pubblicità, agenzia di organizzazione eventi, agenzia di organizzazione spettacoli.

Agente o rappresentante di commercio (comma 6)

Il comma 6 prevede la soppressione del ruolo di agente o rappresentante di commercio  di cui all’articolo 2 della legge 204/85.

La norma precisa che la soppressione del ruolo viene disposta in attuazione della direttiva 86/653/CEE.

La legge 3 maggio 1985, n. 204, recante “Disciplina dell'attività di agente e rappresentante di commercio”, abrogando la precedente normativa prevista dalla legge n. 316/1968 ha stabilito una nuova disciplina dell'attività degli agenti e rappresentanti di commercio.

La legge distingue l'attività dell'agente di commercio da quella del rappresentante: la prima si intende esercitata da chiunque venga stabilmente incaricato da una o più imprese di promuovere la conclusione di contratti in una o più zone determinate; l'attività del rappresentante di commercio è, invece, esercitata da colui che venga stabilmente incaricato da una o più imprese di concludere contratti in un una o più zone determinate.

L’articolo 2della legge ha istituito presso ciascuna camera di commercio un ruolo per gli agenti e rappresentanti di commercio, soggetto a revisione quinquennale, prevedendo l’obbligo di iscrizione per tutti coloro che intendono svolgere l’attività e che risultino in possesso dei requisiti previsti dalla legge stessa, mentre l’articolo 9, ha introdotto il divieto di esercizio dell’attività per chi non risulta iscritto al ruolo e una sanzione amministrativa a carico sia dell’agente che del mandante per il mancato rispetto delle disposizioni della legge.

Puntuali disposizioni della legge stabiliscono, inoltre, i requisiti necessari per ottenere l'iscrizione al ruolo, la composizione della commissione che provvede alle iscrizioni ed alla tenuta del ruolo stesso, le modalità di decisione e di presentazione di eventuali ricorsi alla commissione centrale presso il Ministero delle attività produttive.

In particolare, tra i requisiti stabiliti dall’articolo 5 della legge per accedere all’attività (cittadinanza italiana, godimento dei diritti civili, l’assenza di interdizione, fallimento, condanne, frequenza alla scuola dell’obbligo ecc) rientra la frequenza, con esito positivo, a specifici corsi professionali riconosciuti o istituiti dalle regioni, oppure la prestazione d’opera per almeno due anni presso una impresa, oppure, infine, il conseguimento del  diploma di scuola secondaria di secondo grado di indirizzo commerciale  o la laurea in materie commerciali o giuridiche.

 

Quanto alla direttiva 86/653/CEE(coordinamento dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti) si ricorda che prescrive l'adozione di misure legislative, regolamentari ed amministrative, volte all'armonizzazione delle discipline relative ai rapporti tra gli agenti commerciali ed i loro committenti.

In particolare l’articolo 1 della direttiva (campo di applicazione), definisce sia in positivo sia in negativo la figura dell’agente di commercio, individuato come un intermediario indipendente incaricato in maniera permanente di trattare per un’altra persona – il preponente – la vendita o l’acquisto di merci, o di trattare e di concludere dette operazioni in nome del preponente. La definizione in negativo dell’agente commerciale, così individuato, prevede che esso non possa essere: a) una persona che in qualità di organo, ha poteri di rappresentanza (il potere di impegnare…) di una società o una associazione; b) un socio legalmente abilitato ad impegnare gli altri soci; c) un amministratore giudiziario, un liquidatore o un curatore fallimentare.

La direttiva, inoltre, stabilisce diritti ed obblighi dell'agente, disciplinando i criteri di remunerazione. In relazione alla conclusione del contratto d’agenzia la direttiva prevede, inoltre, il diritto di ogni parte a ricevere un documento scritto e firmato dall’altra parte che menzioni il contenuto del contratto d’agenzia, nonché il diritto delle parti di recedere dallo stesso, mediante preavviso, quando si tratti di contratto a tempo indeterminato.

L'Italia, si è adeguata a tale nuova disciplina con il D.Lgs. 10 settembre 1991, n. 303, che ha integrato la normativa già contenuta nel codice civile in materia dicontratto d'agenzia agli artt. 1742 ss. e quella contenuta negli AEC (Accordi economici collettivi)[19].

Le novelle al regime codicistico apportate dal D.Lgs. si sono limitate ad attuare le misure di armonizzazione stabilite dalla direttiva, lasciando inattuata la previsione dell’articolo 1 della direttiva medesima in relazione all’attribuzione all’agente commerciale anche di poteri rappresentativi in ordine alla conclusione dei contratti promossi. Ne è derivato un contenzioso con la Commissione europea e l’apertura di un procedimento di infrazione a carico dell’Italia. Successivamente, con il D.Lgs. 65/99[20]che ha dato integrale recepimento alla suddetta direttiva sulla base della legge comunitaria 1995-97, sono stati apportati i necessari aggiustamenti alla precedente disciplina introdotta dal D.Lgs. 303/91, abrogando le disposizioni oggetto di censura comunitaria.

 


Si ricorda, infine, che la Corte di giustizia delle Comunità europee si è trovata a dare chiarimenti in merito ad una giusta interpretazione della direttiva 86/653/CEE. Chiamata a pronunciarsi in via pregiudiziale dal giudice del Tribunale di Trento, la Corte, con sentenza del 6 marzo 2003,ha riconosciuto laconformità al diritto europeo (e in particolare alla direttiva 86/653/CEE) di una normativa nazionale che subordini l’iscrizione dell’agente commerciale al registro delle imprese al fatto che egli si debba anche iscrivere preventivamente al ruolo degli agenti e rappresentanti di commercio. Nel caso di specie la Corte di giustizia rileva, quindi, che in linea di principio, la direttiva n. 86/653/CEE non vieta agli Stati membri di mantenere i registri, compreso il registro delle imprese, dove gli agenti hanno il dovere o la facoltà (a seconda della scelta del singolo Stato membro) di iscriversi. Una normativa nazionale che, come nel caso in oggetto, subordina l’iscrizione dell’agente al registro delle imprese ad una preventiva iscrizione dello stesso all’albo, non è in contrasto con la direttiva a condizione che la mancata iscrizione dell’agente al registro delle imprese non pregiudichi la validità dei contratti di agenzia posti in essere dall’agente e non indebolisca la protezione giuridica che le disposizioni della stessa direttiva intendono garantire. La Corte precisa che la sussistenza o meno di questa condizione deve essere verificata dal giudice del rinvio.

Mediatore marittimo (comma 7)

Il comma 7 sopprime ilruolo di mediatore marittimo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

Si ricorda che l’articolo 1 della legge 12 marzo 1968, n. 478 recante “Ordinamento della professione di mediatore marittimo” prevede che per l'esercizio professionale della mediazione nei contratti di costruzione, di compravendita, di locazione, di noleggio di navi e nei contratti di trasporto marittimo di cose è richiesta l'iscrizione nel ruolo dei mediatori marittimi. L’articolo 4 prevede inoltre che presso ciascuna delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, indicate con decreto del Ministro per l'industria e il commercio, di concerto con quello per la marina mercantile, è istituito un ruolo dei mediatori marittimi. Nel caso di ruoli interprovinciali, con lo stesso decreto è indicata la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso la quale deve istituirsi il ruolo.

 

Spedizioniere (comma 8)

Il comma 8, sopprime l’elenco degli spedizionieri, previsto dall’articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

Per quanto riguarda l’attività di spedizioniere, essa è regolata dalla legge 14 novembre 1941, n. 1442, “Istituzione di elenchi autorizzati degli spedizionieri”; tali sono, ai sensi dell’art. 1, gli esercenti di imprese che svolgono abitualmente attività di spedizione per terra, per mare e per aria, obbligandosi di provvedere in proprio nome o in nome del committente ed in ogni caso per conto del committente, alla stipulazione del contratto di trasporto col vettore, al compimento della spedizione od alle operazioni accessorie, o che, in base all'inquadramento in vigore, sono considerati spedizionieri. L’art. 2 istituisce, presso le Camere di commercio, l’elenco autorizzato degli esercenti l'attività di spedizione, nel quale sono iscritte tutte le persone fisiche, ditte o società, che esercitano tale professione, secondo le indicazioni recate dal citato articolo 1.

Raccomandatario marittimo (comma 9)

Il comma 9 sopprime l'elenco interprovinciale dei raccomandatari marittimi, di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

Quanto ai raccomandatari marittimi, si ricorda che l’articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135 recante “Disciplina della professione di raccomandatario marittimo” prevede l’istituzione - presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura delle località ove abbia sede una direzione marittima - dell’elenco dei raccomandatari, nel quale sono iscritti coloro che sono abilitati a svolgere le attività di cui all'articolo 2 della medesima legge (attività di raccomandazione di navi, quali assistenza al comandante nei confronti delle autorità locali o dei terzi, ricezione o consegna delle merci, operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri, acquisizione di noli, conclusione di contratti di trasporto per merci e passeggeri con rilascio dei relativi documenti, nonché qualsiasi altra analoga attività per la tutela degli interessi a lui affidati), in una località compresa nella circoscrizione della rispettiva direzione marittima. E’ prevista la possibile istituzione, ove se ne ravvisi l'utilità, con decreto del Ministro per la marina mercantile, di ulteriori elenchi presso camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale abbia sede un compartimento marittimo. L’articolo prevede infine, qualora il raccomandatario sia legale rappresentante, amministratore o institore di una impresa, che deve essere indicato nell'elenco oltre al suo nome quello dell'impresa stessa.

 

 


Articolo 3
(Componentistica dei veicoli a motore)

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore sono consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

          a) ciascun componente deve essere certificato da una relazione tecnica di un ente a ciò abilitato che attesti, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

          b) la relazione tecnica di cui alla lettera a) deve essere redatta sulla base di collaudi e di prove effettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie e deve certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti sono equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

      2. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua i casi nei quali la sostituzione, fermo restando il pieno rispetto degli adempimenti di cui al comma 1, lettere a) e b), necessita di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla citata Direzione generale per la motorizzazione, che devono certificare la corretta installazione, aggiornare la carta di circolazione e darne comunicazione agli uffici dell'archivio nazionale dei veicoli soltanto ai fini di eventuali conseguenti adempimenti fiscali.

      3. Con il decreto di cui al comma 2 sono individuati gli enti di cui al comma 1, lettera a). Con decreto del Presidente della Repubblica si provvede ad apportare all'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, le modificazioni necessarie per adeguarlo alle disposizioni del presente articolo.

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto della disposizioni dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile con le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo.

 

 

L’articolo in esame interviene sulle procedure necessarie per modificare le caratteristiche funzionali e costruttive dei veicoli, successivamente all'omologazione del primo equipaggiamento.

A tal fine il comma 1 prevede che le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore possano essere consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

a)  ciascun componente deve essere certificato da una relazione tecnica di un ente abilitato - individuato con il decreto di cui al successivo comma 2 - che attesti, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

b)  tale relazione tecnica deve essere redatta sulla base di collaudi e di prove effettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie e deve certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti sono equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

Il comma interviene in conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato.

Il comma 2 stabilisce che l’entrata in vigore di tale nuova disciplina è subordinata alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; con medesimo decreto devono essere individuati i casi nei quali la sostituzione necessita anche di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla citata Direzione generale per la motorizzazione, che devono certificare la corretta installazione, aggiornare la carta di circolazione e darne comunicazione agli uffici dell'archivio nazionale dei veicoli soltanto ai fini di eventuali conseguenti adempimenti fiscali.

Il comma 3 prevede che con apposito DPR vengano apportate le conseguenti modifiche al regolamento di attuazione del codice della strada. Il comma 4 reca le sanzioni amministrative a carico di chi circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che rispettare le disposizioni recate dall’articolo in esame.

Il comma 4 reca la sanzioni applicabili a quanticircolino con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto della disposizioni dei commi 1 e 2. In particolare, si prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433, nonché la sanzione accessoria del ritiro della carta di circolazione, secondo quanto disposto dal codice della strada.

Il comma 5 dispone l’abrogazione - a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge  - dell'articolo 78 del codice della strada, che reca la disciplina vigente in materia di modifiche alle caratteristiche costruttive dei veicoli, nonché di ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile.

Come emerge dalla relazione illustrativa la finalità dell'intervento normativo è duplice: da un lato liberalizzare il mercato della componentistica di sistema, che in Italia è irrigidito da una regolamentazione obsoleta e onerosa, a vantaggio di un settore produttivo considerevole e in continua crescita sia in Europa che in Italia; dall’altro produrre una semplificazione amministrativa a favore di coloro che intendano apportare modifiche al proprio veicolo al fine di personalizzarlo.

La vigente normativa relativa alle modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali è recata dall’articolo 78 del codice della strada (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e dall’articolo 238 del relativo regolamento di attuazione (DPR 16 dicembre 1992, n. 495).

L’articolo 78 prevede che, quando siano apportate modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali, ovvero ai dispositivi d'equipaggiamento indicati negli articoli 71 e 72, oppure sia stato sostituito o modificato il telaio, i veicoli a motore ed i loro rimorchi devono essere sottoposti a visita e prova presso i competenti uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri.  Entro sessanta giorni dall'approvazione delle modifiche, gli uffici competenti del Dipartimento per i trasporti terrestri ne devono dare comunicazione ai competenti uffici del P.R.A. solo ai fini dei conseguenti adeguamenti fiscali.

L’articolo demanda al regolamento di esecuzione del codice della strada l’individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali, nonché dei dispositivi di equipaggiamento che possono essere modificati solo previa presentazione della documentazione e le modalità per gli accertamenti e l'aggiornamento della carta di circolazione.

L’articolo 236 del regolamento di esecuzione del codice della strada ha precisato che ogni modifica alle caratteristiche costruttive o funzionali, tra quelle indicate in appendice[21], o che determini la trasformazione o la sostituzione del telaio, comporta la visita e prova del veicolo interessato, presso l'ufficio competente del Ministero, in relazione alla sede della ditta che ha proceduto alla modifica. Se la modifica è stata effettuata da più di una ditta, senza che per ogni stadio dei lavori eseguiti sia stato richiesto il rilascio di un certificato di approvazione, l'ufficio ministeriale competente per la visita e prova è quello nel cui territorio di competenza ha sede la ditta che ha operato l'ultimo intervento. In tale caso la certificazione dei lavori deve essere costituita dal complesso di tutte le certificazioni, ciascuna redatta dalla ditta di volta in volta interessata dai diversi stadi..

Il regolamento prevede inoltre che siano subordinate al rilascio di un nulla-osta da parte della casa costruttrice del veicolo le modifiche riguardanti uno dei seguenti elementi:

a) massa complessiva massima;

b) massa massima rimorchiabile;

c) masse massime sugli assi;

d) numero di assi;

e) interassi;

f) carreggiate;

g) gli sbalzi;

h) telaio anche se realizzato con una struttura portante o equivalente;

i) impianto frenante o i suoi elementi costitutivi;

l) potenza massima del motore;

m) collegamento del motore alla struttura del veicolo.

Nel caso tale rilascio non avvenga per motivi diversi da quelli di ordine tecnico (ossia concernenti la possibilità pratica di esecuzione della modifica), il nulla-osta può essere sostituito da una relazione tecnica, firmata da un soggetto abilitato, che attesti la possibilità di esecuzione della modifica; in tal caso però deve essere eseguita una visita e prova presso la Direzione generale motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri, in base alla sede della ditta esecutrice dei lavori, al fine di accertare quanto attestato dalla relazione, prima che venga eseguita la modifica richiesta.

Quanto alla procedura di aggiornamento dei dati interessati dalla modifica si ricorda che esso viene eseguito dall'ufficio provinciale della Direzione generale motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri, presso cui sia esibito il certificato d'approvazione definitivo della modifica eseguita, oppure dall'ufficio provinciale della Direzione generale motorizzazione che ha proceduto all'ultima visita e prova con esito favorevole. L’aggiornamento ha luogo mediante l'emissione di un duplicato della carta di circolazione.

 

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 14 luglio 2003 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva concernente l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (COM(2003)418).

La proposta è volta ad abrogare e a sostituire la direttiva 70/156/CEE relativa alla stessa materia con lo scopo, fra l’altro, di estenderne l’applicazione a tutte le categorie di veicoli commerciali. Essa introduce, in particolare, un’armonizzazione totale in basealla quale le disposizioni comunitarie sostituiranno interamente le disposizioni nazionali vigenti al momento della sua entrata in vigore. E’ prevista, tuttavia, una lunga fase di transizione per consentire ai costruttori dei diversi settori di adeguarsi alle nuove disposizioni.

L’11 febbraio 2004 la proposta, che segue le procedura di codecisione, è stata esaminata in prima lettura dal Parlamento europeo, che ha approvato emendamenti. L’11 dicembre 2006 il Consiglio trasporti ha adottato la posizione comune che dovrebbe essere esaminata, il 26 aprile 2007, dal Parlamento europeo in seconda lettura.

Il 18 marzo 2006 la Commissione ha pubblicato una comunicazione[22] riguardante lostato, al 31 dicembre 2005, dell'adesione della CE ai regolamenti dell’UNECE (United Nations Economic Commission for Europe)[23] in materia di omologazione dei veicoli.

La relazione contiene una tabella che sintetizza la situazione dei regolamenti UNECE, da ultimo modificati, allegati all'accordo dell’UNECE del 1958[24].

 

Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha adottato la comunicazione “Un quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21[25]” (COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico.

La Commissione, riconoscendo il ruolo sostanzialedell’industria automobilistica nell’economia europea, ha indicato alcune linee strategiche intese a migliorare il quadro normativo, consentendo all’industria automobilistica di affrontare positivamente nuove sfidee di contemperare la necessità di tutela dell’ambiente, di salvaguardia della salute e delle vite umane.

Con particolare riferimento agli aspetti riguardanti l’omologazione dei veicoli, essa rileva i risultati molto positivi ottenuti grazie all’applicazione della direttiva70/156/CE, che stabilisce un sistema CE di omologazione del veicolo completo, sottolineando la necessità che tale sistema venga mantenuto ed esteso ad un maggior numero di prodotti automobilistici, quali ad esempioi veicoli commerciali leggeri, gli autobus ed i camion. La Commissione, inoltre, si impegna:

§       ad aggiornare, nel 2007, la comunicazione interpretativa[26] concernente le procedure di omologazione e di immatricolazione dei veicoli già immatricolati in un altro Stato membro;

§       ad informare regolarmente il Parlamento europeo ed il Consiglio sui cambiamenti nella regolamentazione nel settore automobilistico, presentando un documento di lavoro annuale sui progressi realizzati in seno all’UNECE.

 

 


Articolo 4
(Misure per la distribuzione del GPL)

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

      «Art. 16-bis. - (Locazione dei serbatori di GPL installati presso gli utenti). - 1. Le aziende distributrici di GPL, proprietarie dei serbatoi installati presso gli utenti, devono concederli in locazione. Il locatario ha facoltà di acquistare il gas in regime di libera concorrenza e il proprietario non ha alcun diritto di esclusiva per quanto concerne i rifornimenti. I serbatoi possono essere rimossi a richiesta del locatario, decorsi cinque anni dalla loro installazione, a cura e a spese del locatore. Alla scadenza, il contratto di locazione è rinnovato automaticamente per altri cinque anni, salva disdetta comunicata dal locatario mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della scadenza. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila affinché il canone per la locazione sia tale da far conseguire un ragionevole utile al locatario, in relazione all'investimento effettuato, con l'esclusione di possibili rendite di posizione. Agli adempimenti amministrativi relativi all'installazione e alla gestione del serbatoio e alla relativa assicurazione provvede l'azienda che ne ha la proprietà.

      2. Le regioni e i comuni adeguano le proprie norme alle disposizioni del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.

      3. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere alla data dell'entrata in vigore del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla stessa data».

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell'articolo 16-bis del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono abrogati i commi 7 e 8 dell'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 128 del 2006, nonché ogni norma di legge o di regolamento statali in contrasto con il citato articolo 16-bis.

 

 

L’articolo 4 interviene in materia di contratti di locazione dei serbatoi di GPL installati presso gli utenti e relativa fornitura di gas, mediante una integrazione della disposizioni del D.Lgs. 22 febbraio 2006, n. 128[27] che ha provveduto a riordinare la disciplina relativa alla installazione e all’esercizio degli impianti di riempimento travaso e deposito di GPL, nonché all’esercizio dell’attività di distribuzione e vendita del GPL in recipenti[28], in attuazione di una delegaconferita al Governo dal comma 52, art. 1, della legge di riordino del settore energetico (L. 239 del 2004).

 

In particolare l’articolo in commento al comma 1 aggiunge al citato D.Lgs. 128 il nuovo comma 16-bis che assicura agli utenti, cui le aziende distributrici sono tenute a concedere in locazione i serbatoi di GPL, la facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato, senza dover sottostare all’obbligo di rifornirsi presso le medesime.

Infatti la disposizione afferma che il proprietraio del serbatoio non ha alcun diritto di esclusiva per quanto concerne il rifornimento di GPL. Quanto poi al contratto di locazione la norma in esame ne fissa la durata in cinque anni, decorsi i quali su richiesta del locatario i serbatoi possono essere rimossi a cura e a spese dell’azienda che li ha concessi in locazione.

A meno di una disdetta, che comunque deve essere comunicata dal locatore con raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della scadenza del contratto, questo viene rinnovato automaticamente decorsi i cinque anni.

 

Si segnala che in materia di contratti regolanti le condizioni di fornitura del GPL è intervenuto anche l’articolo 10 del D.Lgs. 32/98 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi a regioni e enti locali, ai sensi dell’art. 1 della L. 59/97) che, in particolare, al comma 1 - oltre a prevedere modalità alternative di offerta dei serbatoi consentendo di scegliere tra acquisto e disponibilità degli stessi - vieta la prassi contrattuale della cessione dei serbatoi in comodato d’uso collegata alla clausola che prevede l'obbligo di acquisto del GPL in esclusiva o in quantità predeterminata dal comodatario o da terzi. La disposizione stabilisce anche che, con decorrenza 1° aprile 1998, siano risolti di diritto tutti i contratti stipulati in difformità antecedentemente all'entrata in vigore del D.Lgs. Inoltre, a partire dalla stessa data a comodante viene riconosciuta la facoltà di richiedere l'immediata restituzione dei serbatoi con spese di rimozione a suo carico. Qualsiasi contratto che in merito disponga diversamente è ritenuto nullo.

In precedenza la questione era stata affrontata anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato che sulla base di una indagine conoscitiva sul mercato della distribuzione di GPL per uso domestico (avviata nel 1993 e conclusasi nel 1995), aveva accertato l'alto grado di diffusione della prassi contrattuale consistente nell'adozione di un contratto di fornitura di GPL in esclusiva e di durata pluriennale, abbinato alla cessione in comodato del serbatoio.

In particolare nel testo dell'indagine si evidenziava la prevalenza nel nostro paese, a differenza degli altri paesi europei in cui sussistono distinte tipologie contrattuali, di una prassi adottata dalla maggior parte delle imprese di distribuzione che prevede:

a) un contratto di fornitura pluriennale (da tre a cinque anni) con clausola di esclusiva a favore del distributore;

b) un contratto di cessione in comodato del serbatoio;

c) la facoltà di modifica del prezzo da parte del distributore, in relazione a variazioni di costo della materia prima, degli oneri fiscali e dei costi di lavorazione e di manutenzione;

d) l'obbligo per il cliente di acquisto di un quantitativo minimo annuo di prodotto;

e) il rimborso al distributore delle spese di rimozione del serbatoio in caso di risoluzione del contratto da parte del cliente.

L'indagine svolta dall'Autorità garante, oltre a sottolineare gli effetti restrittivi della concorrenza nel mercato della distribuzione di GPL, derivante dall'adozione del predetto modello contrattuale, confermava la particolarità dell'esperienza italiana e, di conseguenza, riteneva opportuno indicare, anche alla luce delle esperienze straniere, alcune modalità contrattuali in alternativa a quella predominante nel nostro paese.

 

Il nuovo articolo 16-bis assegna all’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) il compito di vigilare affinché il canone di locazione dei serbatoi consenta un ragionevole utile al locatario in rapporto all’investimento effettuato, con l’esclusione di possibili rendite di posizione. Quanto agli adempimenti amministrativi concernenti l’installazione e la gestione dei serbatoi, la norma in esame li pone a carico dell’azienda proprietaria dei medesimi.

Entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento è previsto l’adeguamento delle norme regionali e comunali alle disposizioni introdotte dal nuovo articolo (comma 2), inoltre è sancita la nullità, ai sensi dell’art. 1418 c.c., delle clausole difformi, salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere entro sei mesi dalla stessa data (comma 3).

 

Il comma 2 dell’articolo 4 in esame dispone, infine, con decorrenza dall’entrata in vigore dell’art. 16-bis, l’abrogazione dei commi 7 e 8 dell’articolo 18 dello stesso decreto legislativo 128/06 (recante sanzioni) e di qualsiasi altra norma di legge o di qualsiasi regolamento che risulti in contrasto con le disposizioni dello stesso articolo 16-bis.

Le richiamate disposizioni oggetto di abrogazione riguardano le sanzioni irrogate in caso di travaso di GPL in serbatoi concessi in comodato o in locazione senza autorizzazione del proprietario (comma 7) o di autorizzazione al travaso da parte del comodatario o locatario (comma 8).

Si segnala che la Conferenza regioni e province autonome in data 15 marzo 2007 ha espresso un parere negativo (allegato al presente dossier) nei riguardi dell’art. 4 in esame ritenuto in contrasto con il principio della libera concorrenza, in quanto non consente alle parti la libertà contrattuale di concordare le modalità di utilizzo dei serbatoi e privo di indicazioni riguardo alle verifiche  periodiche e alla manutenzione particolarmente importanti per la tutela del consumatore. Pertanto la proposta formulata, che andrà in Conferenza Unificata prevede la riformulazione dell’articolo 4 e l’abrogazione dell’art. 10 del D.Lgs. 32/98 cit., nella direzione di una più completa liberalizzazione.

In particolare la riformulazione dell’art. 16-bis del D.Lgs 128/06 proposta dalle regioni contempla le ipotesi di :vendita del serbatoio, di locazione e di comodato d’uso. Con riferimento al comodato d’uso si ritiene opportuno che le verifiche  periodiche siano poste a carico del proprietario del serbatoio che è anche il fornitore di gas, mentre nelle altre due ipotesi le verifiche e la manutenzione spettano all’utilizzatore che le può affidare alla ditta fornitrice o a una ditta abilitata ai sensi della legge 46/90.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con la comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1)[29], la Commissione ha presentato il “pacchetto energia”, con il quale intende definire la strategia dell’UE nel settore[30].

Le misure sono presentate in forma di piano d’azione energetico in dieci punti, volti a contribuire a trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente ed a basse emissioni di CO2.

La realizzazione di un mercato interno dell’energia pienamente funzionante è ritenuto dalla Commissione uno degli elementi necessari per il completo raggiungimento dell’obiettivo strategico della politica energetica europea.

La Commissione sostiene che una piena concorrenza europea nel settore sia funzionale al contenimento dei prezzi ed all’efficacia del sistema di scambio di emissioni; essa può, inoltre, aprire la strada agli investimenti nelle nuove infrastrutture e nella capacità di generazione ed interconnessione.

Il piano d’azione, tra l’altro, opera un esame del livello di attuazione, da parte degli Stati membri, degli strumenti di regolamentazione del mercato dell’energia elettrica e del gas; a tal fine, richiama la comunicazione sulle prospettive per il mercato interno del gas e dell’elettricità (COM(2006)841), con cui la Commissione propone nuove misure che tengono in gran parte conto dei risultati dell’indagine sullo stato della concorrenza in questi due settori (COM(2006)851)[31].

Tra i problemi specifici che rendono tali mercati ancora poco efficienti la Commissione individua gli elevati livelli di concentrazione, l’integrazione verticale tra imprese operanti nel campo della fornitura e della produzione e delle infrastrutture, che determina condizioni non paritarie di accesso, gli investimenti insufficienti nelle infrastrutture, la collusione tra operatori storici, finalizzata alla ripartizione dei mercati.

L’obiettivo principale della Commissione è realizzare, entro il 2009, un mercato interno dell’energia aperto ed efficacemente regolato. A tal fine, il piano d’azione prospetta, tra l’altro: una netta separazione tra la produzione e la distribuzione di energia, tramite la disaggregazione della proprietà (unbundling) o la creazione di operatori indipendenti di sistema; il rafforzamento delle autorità nazionali di regolamentazione o, in alternativa, la creazione di un nuovo organismo unico europeo o una rete europea delle autorità di regolamentazione indipendenti; l’introduzione di requisiti minimi, per quanto riguarda la trasparenza, e di norme minime comuni per la sicurezza della rete; il varo di una Carta degli utenti dell’energia.

La Commissione, nel documento di lavoro che accompagna la relazione sulle prospettive del gas e dell’elettricità[32], analizza la situazione per ogni Stato membro e conclude che il mercato italiano del gas e dell’elettricità, nonostante i progressi realizzati nel senso di una maggiore apertura, presenta alcuni elementi che impediscono lo sviluppo pieno della concorrenza. In particolare, il documento sottolinea che gli operatori storici hanno mantenuto una posizione dominante nei loro rispettivi mercati ed esercitano un notevole potere di mercato. Secondo la Commissione, la trasposizione delle direttive sulla liberalizzazione dei mercati del gas e dell’elettricità è stata operata mediante misure diverse, adottate in tempi e con strumenti differenti, con l’effetto di creare incertezze regolative[33]. I prezzi dell’elettricità rimangono considerevolmente più elevati che in altri paesi dell’UE; peraltro la tendenza ad importare energia elettrica, meno costosa di quella prodotta sul territorio nazionale, determina un serio problema di congestione sulle linee di interconnessione. Per ciò che riguarda il versante del gas, il controllo da parte dell’ENI di tutte le infrastrutture per l’importazione impedisce il pieno sviluppo della concorrenza.

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, ha adottato un piano d’azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, basato sulla comunicazione della Commissione “Una politica energetica per l’Europa”.

In particolare, il Consiglio europeo, al fine di incrementare la concorrenza nei mercati del gas e dell’eletticità:

-        riafferma la necessità di assicurare una tempestiva attuazione della lettera e dello spirito della legislazione vigente in materia di mercato interno riguardo all'apertura dei mercati del gas e dell'elettricità;

-        tenendo conto delle caratteristiche dei settori del gas e dell'elettricità e dei mercati nazionali e regionali conviene della necessità di assicurare, tra l’altro:

·       la separazione effettiva delle attività di approvvigionamento e produzione dalle operazioni in rete (unbundling), mediante sistemi indipendenti di gestione della rete adeguatamente regolamentati;

·       l'ulteriore armonizzazione dei poteri e il rafforzamento dell'indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione nel settore energetico;

·       l'istituzione di un meccanismo indipendente per dette autorità di regolamentazione nazionali al fine di cooperare e prendere decisioni su questioni transfrontaliere di rilievo;

·       la creazione di un nuovo meccanismo comunitario per i gestori delle reti di trasmissione al fine di migliorare il coordinamento tra la gestione e la sicurezza della rete basandosi sulle prassi di collaborazione esistenti;

·       una migliore tutela dei consumatori, per esempio tramite lo sviluppo di una Carta dei consumatori di energia.

Procedure di contenzioso

Il 18 dicembre 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia due pareri motivati, nei quali si contesta l’inadeguato recepimento delle direttive comunitarie nel settore dell'energia.

Il primo parere motivato riguarda l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/54/CE sulla liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica (procedura n. 2006/2057).

In particolare, i rilievi mossi dalla Commissione riguardano il mancato corretto recepimento:

-          dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva, che contiene disposizioni sul diritto dei consumatori di essere informati circa l’origine dell’elettricità che consumano;

-          degli articoli 20, paragrafo 1, e 9, lettera e), che impongono l’obbligo di rendere accessibile al mercato, su base non discriminatoria, l’intera capacità di interconnessione della rete di trasmissione;

-          dell’articolo 15, paragrafo 2, che detta specifiche disposizioni in tema di indipendenza del gestore del sistema nazionale in relazione alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete;

-          dell’articolo 3, paragrafo 9, che riguarda l’obbligo per gli Stati membri di trasmettere alla Commissione informazioni relative a tutte le misure adottate per adempiere agli obblighi di servizio pubblico;

-          dell’articolo 3, paragrafo 1,  in quanto le disposizioni attualmente vigenti in Italia[34] impongono ai distributori locali l’obbligo di fornire elettricità a prezzo regolato ai clienti che già dal luglio 2004 potevano scegliere liberamente il loro fornitore (clienti non domestici).

 

Il secondo parere motivato contesta l’inadeguato recepimento della direttiva 2003/55/CE riguardante la liberalizzazione del mercato del gas (procedura n. 2006/2068).

In particolare, la Commissione contesta il mancato recepimento degli articoli 9, paragrafo 2, e 13, paragrafo 2, della direttiva in questione, contenenti disposizioni per la separazione dei sistemi di trasporto e distribuzione: specificamente si contestano le norme sull’indipendenza del gestore della rete rispetto alla gestione, alla manutenzione ed allo sviluppo della rete. Si rileva, inoltre, che l’Italia ha omesso di notificare alla Commissione gli obblighi relativi al servizio pubblico, come prescritto dall’articolo 3,

 

 


Articolo 5
(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra
negli aeroporti civili)

      1. Il Ministero dei trasporti, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, verifica il grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili.

      2. Nel caso in cui il grado di concorrenza nel mercato dei servizi aeroportuali a terra risulti insufficiente, il Ministero dei trasporti individua le misure e i correttivi concreti che possono realizzare un'effettiva liberalizzazione nel settore. Fatti salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti preposte alla vigilanza del mercato, il medesimo Ministero adotta i provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato, eventualmente disponendo che gli enti gestori degli aeroporti indìcano procedure di evidenza pubblica, liberino infrastrutture aeroportuali per metterle a disposizione degli operatori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza del trasporto aereo, e destinino una parte dei loro ricavi al finanziamento delle strutture di accesso all'aeroporto e delle infrastrutture di assistenza a terra (handling).

 

 

L’articolo 5 è volto a promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili situati nel territorio nazionale.

A tal fine la disposizione prevede che il Ministero dei trasporti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, verifichi il grado di liberalizzazione di tali servizi e predisponga, nel caso di concorrenza insufficiente, misure e correttivi concreti che possano realizzare l'effettiva liberalizzazione nel settore.

In particolare il Ministero - fatti salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti preposte alla vigilanza del mercato - adotta i provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato, eventualmente disponendo che gli enti gestori degli aeroporti:

-          indichino procedure di evidenza pubblica;

-          liberino infrastrutture aeroportuali per metterle a disposizione degli operatori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza del trasporto aerei;

-          destinino una parte dei loro ricavi al finanziamento delle strutture di accesso all'aeroporto e delle infrastrutture di assistenza a terra (handling).

 

La liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti è stata avviata con il D.Lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, che ha dato attuazione alla direttiva 96/67/CE del Consiglio del 15 ottobre 1996, relativa all’accesso al mercato dell’assistenza a terra negli aeroporti della Comunità.

Il decreto legislativo si applica - ai sensi dell’articolo 1 - ai seguenti servizi, elencati in apposito allegato:

-        assistenza amministrativa a terra;

-        assistenza passeggeri;

-        assistenza bagagli;

-        assistenza merci e posta;

-        assistenza operazioni in pista;

-        assistenza pulizia dell’aereo e servizi di scalo;

-        assistenza carburante e olio;

-        assistenza manutenzione dell’aereo;

-        assistenza operazioni aeree e gestione equipaggi;

-        assistenza trasporto a terra;

-        assistenza catering.

L’ente di gestione assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra fornendoli direttamente o coordinando l’attività dei prestatori che forniscono i servizi a favore di terzi o in autoproduzione (art. 3).

Ai prestatori di servizi a terzi è riconosciuto, negli aeroporti che abbiano fatto registrare determinati volumi di traffico, il libero accesso al mercato, salva la facoltà dell’ENAC di limitare l’accesso, comunque a non meno di due prestatori per ciascuna categoria di servizio, per motivate ragioni di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile (art. 4, commi 1 e 2). In questo caso la procedura di selezione deve avvenire tramite una gara d’appalto indetta dal gestore. Il principio del libero accesso si applica a condizione che l’aeroporto abbia un traffico annuale pari o superiore a 3 milioni di passeggeri o a 75 mila tonnellate di merci o abbia fatto registrare nei sei mesi antecedenti il 1° aprile e il 1° ottobre di ciascun anno un traffico pari o superiore a 2 milioni di passeggeri o a 50 mila tonnellate di merci. I prestatori devono possedere un capitale sociale pari a un quarto del giro d’affari presumibilmente derivante dall’attività da svolgere e risorse strumentali e capacità organizzative idonee e devono assicurare il rispetto della normativa sul lavoro e un’adeguata copertura assicurativa. A decorrere dal 1° gennaio 2001, almeno uno dei prestatori non deve essere controllato direttamente o indirettamente né dall’ente di gestione né da un vettore che abbia trasportato nell’anno precedente più del 25% dei passeggeri o delle merci registrati nell’aeroporto (art. 4, comma 3).

I servizi di assistenza a terra possono essere altresì effettuati, ai sensi dell’articolo 5 dagli stessi vettori (cd. autoassistenza). Il comma 2, analogamente a quanto previsto per i prestatori dei servizi a terzi, attribuisce all’ENAC, qualora ricorrano i medesimi motivi di sicurezza, capacità dello scalo o spazio disponibile, la facoltà di limitare l’effettuazione dell’autoassistenza, comunque a non meno di due vettori (e anche per loro vige il principio della selezione in base a gara d’appalto), mentre il comma 3 prevede la possibilità da parte dell’ENAC di escludere l’autoassistenza per determinati servizi negli aeroporti con un traffico annuale inferiore a un milione di passeggeri o a 25 mila tonnellate di merci.

L’articolo 9 del decreto prevede che la gestione delle infrastrutture centralizzate, elencate in allegato al decreto[35] possa essere riservata dall’ENAC in via esclusiva al gestore aeroportuale, qualora lo richieda la complessità, il costo o l’impatto ambientale.

Il provvedimento pone inoltre a carico dell’ente di gestione, dei vettori e dei prestatori che forniscono l’assistenza a terra l’obbligo della separazione contabile tra tale attività e le altre che essi esercitano (art. 7), prevede la costituzione presso ciascun aeroporto del Comitato degli utenti con funzioni consultive (art. 8) e attribuisce all’ENAC un generale potere di vigilanza (art. 10).

Sono previste infine misure necessarie per garantire, tra l’altro, la tutela dei diritti dei lavoratori (art. 14) e la tutela dell’ambiente in ambito aeroportuale (art. 15). Le disposizioni del D.Lgs. n. 18/1999 sono estese, in regime di reciprocità, a prestatori di servizi e a vettori (in regime di autoassistenza) non comunitari; in caso di accertata mancanza delle condizioni di reciprocità con un Paese non comunitario, l'ENAC. può sospendere o escludere il prestatore dall'esercizio di tali servizi, dandone comunicazione alla Commissione europea. Nel caso in cui i servizi di assistenza a terra vengano forniti da un unico prestatore, le tariffe devono essere approvate dal Ministero dei trasporti, su proposta dell'ENAC (art. 19).

 

Si segnala che l’AGCM, nell’ambito di una segnalazione al Parlamento e al Governo resa il 29 gennaio 2004 sulle problematiche di carattere concorrenziale relative alla gestione degli scali e delle attività aeroportuali, ha evidenziato come il processo di liberalizzazione avesse incontrato alcuni significativi ostacoli, anche a causa di comportamenti strategici dei gestori, a fronte dei quali non si è registrata una incisiva attività da parte dell’ente di regolazione. L’AGCM ha quindi esplicitato che un primo significativo ostacolo allo sviluppo della concorrenza nel settore è stato determinato da un tardivo e inadeguato utilizzo delle procedure di selezione degli operatori di handling, nei casi di limitazioni all’accesso: infatti, in alcuni importanti aeroporti italiani, quali Roma Fiumicino, Milano Malpensa e Catania, l’ENAC ha limitato l’accesso a nuovi operatori per determinati servizi di handling, come previsto dall’articolo 4, co. 2 del D.Lgs. 18/1999. La norma prevede tuttavia che, in tali circostanze, la selezione dei prestatori deve avvenire tramite una gara d’appalto indetta dal gestore aeroportuale; l’autorità ha invece sottolineato che per Malpensa la gara non risultava ancora bandita, per Catania era stata bandita con grave ritardo rispetto alla data del 1° gennaio 2001, fissata dal D.Lgs come data ultima a partire dalla quale almeno uno dei prestatori non dovesse essere controllato, direttamente o indirettamente, dal gestore; per Roma Fiumicino era stata effettuata portando alla stipula di contratti quadriennali con le imprese selezionate, con mantenimento della limitazione all’accesso di altri operatori almeno per i primi due anni, limitazione che poi era stata prorogata anche agli ulteriori due anni di vigenza dei contratti.

Un ulteriore impedimento alla piena liberalizzazione dei servizi di handling è stato individuato dall’AGCM nei comportamenti ostruzionistici posti in essere da alcuni gestori, poiché da un lato, il gestore stesso potrebbe sfruttare il proprio ruolo di gestore di locali e infrastrutture necessarie all’attività dei fornitori di servizi a terra per ostacolarne l’ingresso nel mercato ed il successivo svolgimento dell’attività; dall’altro, il gestore aeroportuale può valersi della propria consolidata presenza nel mercato dell’handling per tentare di dissuadere i vettori dal servirsi di nuovi operatori.

Un terzo rilevante elemento di ostacolo allo sviluppo della concorrenza nel settore è stato individuato nelle modalità di applicazione della cosiddetta “clausola di protezione sociale” di cui all’articolo 14 del D.Lgs. 18/99, che nella versione originaria imponeva ai nuovi entranti l’onere di assorbire manodopera eccedente. Tuttavia si segnala che a seguito di varie modifiche - da ultimo quella apportata dall’articolo 23 della legge comunitaria per il 2006 (L. 13/2007) - intervenute anche in relazione al parere motivato della Corte di giustizia europea emessonell’ambito di una procedura di infrazione, l’articolo è stato riformulato in modo da sopprimere oneri di assunzione per il personale nuovo entrante[36].

Si segnala inoltre che, nella recente relazione sull’applicazione della direttiva 96/67[37], la Commissione europea ha segnalato che - laddove la società che gestisce l’aeroporto è attiva nel mercato dei servizi di assistenza a terra e quindi direttamente in concorrenza con i prestatori di servizi di assistenza a terra - il gestore aeroportuale, disponendo di una posizione dominante, non consente per un concorrente o per un nuovo handler di conquistare quote di mercato: Nella medesima relazione si legge inoltre che la direttiva non offre strumenti solidi per affrontare la situazione in cui la società di gestione sia contemporaneamente organismo di regolazione, gestore dell’infrastruttura e prestatore di servizi di assistenza a terra e assuma quindi ruoli in conflitto tra di loro.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 24 gennaio 2007 la Commissione ha presentato una serie di misure, il cosiddetto “pacchetto aeroportuale[38], volte a rafforzare il ruolo degli aeroporti per favorire lo sviluppo e la competitività del mercato interno dell’aviazione, istituendo un unico quadro normativo da applicare in maniera uniforme in tutta l’Unione europea. Il pacchetto comprende una relazione sull’applicazione della direttiva 96/67/CE relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari, una comunicazione sulla capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa ed una proposta di direttiva sugli oneri aeroportuali.

La relazione - la cui presentazione è prevista dall'articolo 22 della direttiva 96/67/CE - si basa su uno studio commissionato dalla Commissione nel 2002 al fine di valutare i miglioramenti della qualità e dell'efficienza dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti comunitari in seguito all'applicazione delle misure contemplate dalla direttiva stessa.

Dallo studio si evince che:

§       la trasposizione della direttiva[39] è avvenuta in linea di massima senza eccessivi problemi e in tempi relativamente rapidi, considerato che nella maggior parte degli Stati membri è stata recepita prima del 1999. La relazione ricorda, tuttavia, che il 9 dicembre 2004, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha emesso una sentenza (causa C-460/02) control’Italia per non corretta attuazione della direttiva (vedi infra il paragrafo “Procedure di contenzioso”);

§       la Commissione ha concesso otto deroghe, rispetto alle dieci richieste, ai sensi dell'articolo 9 della direttiva 96/67/CE che consente agli Stati membri, in caso di limiti di spazio o di capacità disponibili in un aeroporto, di poter limitare il numero dei fornitori di servizi. Fatta eccezione per queste deroghe, nella maggior parte degli aeroporti non si sono registrati problemi di accoglienza per i nuovi fornitori;

§       per quanto riguarda l'applicazione della direttiva, ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 96/67/CE, la Commissione è tenuta a pubblicare ogni anno un elenco degli aeroporti comunitari nei quali l'assistenza a terra deve essere aperta in base alle disposizioni della direttiva stessa. L'ultimo elenco, pubblicato nel novembre 2006, riguarda il traffico di merci e di passeggeri nel 2005. Per quanto riguarda gli aeroporti italiani risulta che Roma Fiumicino, Roma Ciampino, Milano Linate, Milano Malpensa, Napoli, Bologna, Catania, Palermo, Bergamo, Venezia, Torino, Pisa, Verona e Cagliari hanno superato un volume di traffico annuo pari a 2milioni di passeggeri e a 50.000 tonnellate di merci, mentre Olbia, Firenze, Bari, Lamezia e Genova hanno superato un 1 milione di passeggeri e 25 mila tonnellate di merci;

§       si sono registrati effetti molto positivi sulla concorrenza grazie all'aumento del numero dei fornitori per quasi tutte le categorie dei servizi di assistenza a terra - ad eccezione dei servizi di carburante ed olio - con la conseguente diminuzione dei prezzi in quasi tutti gli Stati membri e, in particolare, in quegli Stati in cui esisteva il monopolio nella loro gestione o nei quali il mercato era molto regolamentato prima del 1996. E' rimasto stabile o è diminuito il numero di operatori che praticano l'autoassistenza, mentre non sono migliorate le opportunità commerciali dei fornitori indipendenti di assistenza a terra in quanto, soprattutto nei grandi aeroporti, questo tipo di servizi continua ad essere fornito dai vettori aerei o dagli operatori aeroportuali che spesso detengono posizioni dominanti, producendo in tal modo distorsioni della concorrenza;

§       la qualità dei servizi è in linea di massima migliorata, anche se in alcuni casi i vettori aerei hanno privilegiato il rafforzamento della concorrenza, ponendo la qualità in secondo piano;

§       l'articolo 11 della direttiva 96/67/CE, che disciplina le procedure di selezione dei fornitori di servizi di assistenza a terra, stabilisce che tale selezione può essere effettuata dagli operatori aeroportuali solo nel caso in cui essi non partecipano direttamente o indirettamente alla fornitura di tali servizi. Tuttavia, secondo la Commissione, i criteri di separazione e di indipendenza non sono stati sempre rispettati. Inoltre, sempre ai sensi dell'articolo 11, i fornitori di servizi di assistenza a terra devono essere selezionati per una durata massima di 7 anni. Questa durata è considerata troppo breve dai fornitori di servizi e dai vettori aerei in quanto non consente loro di ammortizzare gli investimenti in risorse umane e materiali;

§       l'articolo 8 della direttiva 96/67/CE consente agli Stati membri di riservare all'operatore aeroportuale la gestione delle infrastrutture centralizzate utilizzate per fornire i servizi di assistenza a terra e che, per ragioni legate alla loro complessità, ai costi o all'impatto sull'ambiente, non possono essere separate. L'operatore può imporre l'uso di tali infrastrutture ai fornitori di servizi e agli utenti che praticano l'autoassistenza e percepire un canone per il loro uso. Dalla relazione si evince che non esiste uniformità per quanto riguarda la definizione delle infrastrutture centralizzate e il modo in cui viene fatto pagare il loro utilizzo;

§       l'articolo 16 della direttiva 96/67/CE garantisce l'accesso agli impianti aeroportuali ai fornitori di servizi e agli operatori che praticano l'autoassistenza, ripartendo lo spazio riservato alle operazioni di assistenza a terra in modo tale da garantire una concorrenza equa fra i vari operatori. A tal fine il gestore aeroportuale può subordinare l'accesso agli impianti al rispetto di determinate condizioni e percepire un canone. Dalla relazione si evince che l'assegnazione degli impianti ainuovi operatori è avvenuta in maniera equa e corretta, ma non è stata sempre accompagnata dalla riscossione di un canone;

§       per quanto riguarda l'occupazione, la relazione evidenzia che l'assistenza a terra è un'attività con un impiego elevato di manodopera. Si registra tuttavia un turn over molto elevato con notevoli difficoltà da parte dei fornitori di servizi di attirare personale qualificato e di mantenerlo. Inoltre, in seguito al rafforzamento della concorrenza provocato dalla direttiva, si sono registrati fenomeni quali l'aumento del numero dei licenziamenti, l'assunzione di lavoratori con retribuzioni più basse e un costante peggioramento del livello di qualificazione e di formazione del personale e delle sue condizioni di lavoro con inevitabili ripercussioni sulla qualità dei servizi prestati;

§       con riferimento ai nuovi Stati membri risulta che la direttiva 96/67/CE - che si applica a tredici aeroporti di nove di questi Stati - viene attuata correttamente nella maggior parte dei casi;

§       per quanto riguarda l'impatto della direttiva 96/67/CE sulla sicurezza, da una serie di ispezioni effettuate dalla Commissione a partire dal 2004 e dalle relazioni annuali sul controllo nazionale della qualità nel settore della sicurezza del trasporto aereo, risulta che il numero dei fornitori di servizi di assistenza a terra presenti in un aeroporto non incide sulla qualità o sull'applicazione delle misure in materia di sicurezza.

La relazione sottolinea infine che, da alcune consultazioni effettuate dalla Commissione al fine di valutare l'opportunità di procedere ad una revisione della direttiva 96/67/CE, è emerso un certo grado di consenso sulla necessità di semplificare la direttiva e di chiarire le disposizioni il cui significato e campo di applicazione hanno dato luogo ad interpretazioni diverse. Si auspica, inoltre, che in sede di revisione vengano introdotte disposizioni volte ad assicurare una maggiore apertura del mercato e a regolamentare le questioni che sono emerse successivamente all'applicazione della direttiva, quali la definizione delle esigenze in materia di assicurazione e le norme di qualità applicabili negli aeroporti nonché il miglioramento delle procedure di selezione dei fornitori di servizi. La Commissione intende definire la propria posizione al riguardo in seguito alla discussione della relazione stessa in seno al Consiglio e al Parlamento europeo, monitorando costantemente l'evoluzione del mercato dei servizi di assistenza a terra.

Procedure di contenzioso

Il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato[40], in base all’articolo 228 del Trattato CE[41], per non aver adottato le misure volte a dare esecuzione alla sentenza (causa C-460/02)della Corte di giustiziadel 9 dicembre 2004, che ha stabilito la non conformità allacitata direttiva 96/67/CE di alcune disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n. 18, attuativo della direttiva medesima.

Alla data del 23 febbraio 2007 la procedura risultava provvisoriamente archiviata, in relazione all’adozione dell’articolo 23 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria per il 2006) che modifica l'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 18 proprio al fine di tenere conto della sentenza sopra richiamata.

 

 

 


Articolo 6
(Misure in materia di trasporto ferroviario)

      1. La disciplina del settore del trasporto ferroviario è informata ai seguenti princìpi: separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio di trasporto pubblico di passeggeri e di merci su rotaia e utilizzare le infrastrutture in possesso del gestore, sulla base di contratti di servizio a condizioni uniformi e non discriminatorie; destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile.

      2. Il Ministero dei trasporti avvia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, un'indagine conoscitiva per l'individuazione delle misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, nonché sul mercato del materiale rotabile. A seguito dell'indagine conoscitiva, da concludere entro sei mesi dall'avvio, il Ministero dei trasporti adotta i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore e ordina al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi aventi i requisiti imprenditoriali occorrenti e prefissati per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto.

      3. Con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio e i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario. Con il medesimo regolamento sono altresì determinati i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria.

 

 

L'articolo 6 prevede una serie di misure volte a favorire la prosecuzione del processo di apertura del mercato del trasporto ferroviario avviato in Italia in attuazione di quanto disposto in sede comunitaria.

In particolare il comma 1 prevede una serie di principi cui orientare il processo di liberalizzazione:

§      separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete;

L’autorità di regolazione è individuata - ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. 188/2003 (vedi infra) - nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, o in sue articolazioni (oggi Ministero dei trasporti), cui sono affidati i compiti di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e cui è garantita piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, sia dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura sia dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti. L’articolo 16, comma 4 del DPR 184/2004 di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito l'«Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari» posto alle dirette dipendenze del Ministro.

§      efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri;

La ripartizione della capacità di rete è già previsto che venga effettuato dal gestore su base equa, trasparente e non discriminatoria e che consenta un utilizzo efficace e ottimale dell'infrastruttura ferroviaria (artt. 22 e 27 del D.Lgs. 188/2003); l’articolo 20 comma 2 precisa inoltre che le associazioni internazionali di imprese e le imprese ferroviarie hanno altresì il diritto all'accesso ed all'utilizzo condizioni eque e non discriminatorie, di una serie di impianti, tra cui stazioni passeggeri, strutture ed edifici ad esse annessi e scali e terminali merci.[42] Il comma 4 dispone inoltre che ove il gestore non sia in condizione di fornire alcuni dei servizi di cui al comma 2, provvede, entro un anno dall'entrata in vigore del decreto, ad affidare la gestione dei servizi stessi, con procedure trasparenti nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria, a soggetti indipendenti dalle imprese ferroviarie (sul punto, si ricorda la segnalazione AGCM del 07/08/2003, in relazione al citato D.Lgs. n. 188/2003).

§      professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio;

Gli operatori privati che intendono prestare il servizio devono attualmente rispondere a requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale. Quanto a quest’ultima essa si sostanzia nella garanzia dell’impresa ferroviaria di disporre o di essere in grado di disporre di un'organizzazione gestionale efficiente; di possedere le conoscenze e l'esperienza necessaria per esercitare un controllo operativo ed una supervisione sicuri ed efficaci relativamente ai servizi ferroviari della tipologia specificata nella licenza; di avere personale responsabile della sicurezza ed in particolare quello addetto alla guida dei convogli pienamente qualificato nel proprio campo di attività; di avere personale, materiale rotabile e organizzazione tali da garantire un alto livello di sicurezza per i servizi ferroviari da espletare.

§      destinazione di una quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria per la manutenzione del materiale rotabile.

 

Il comma 2 prevede che il Ministero dei trasporti avvii entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge e concluda nei successivi sei mesi un’indagine conoscitiva volta da un lato ad individuare misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, dall’altro ad acquisire elementi sul mercato del materiale rotabile. La relazione illustrativa precisa che tale obbligo è affidato al Ministero dei trasporti nelle more della costituzione dell’Autorità per i servizi e le infrastrutture di trasporto (di cui al disegno di legge AS 1366, in corso di esame al Senato). A seguito della conclusione dell’indagine il Ministero dei trasporti deve adottare i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore, ordinando al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi, che rispondano ai requisiti imprenditoriali necessari per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto (dettati dal comma 3).

La relazione precisa che in particolare devono essere individuati tramite l’indagine gli eventuali ostacoli, normativi o derivanti dall'attuale assetto societario della «filiera» ferroviaria o, ancora, dal comportamento dei soggetti operanti nel settore, che si frappongono al dispiegamento della concorrenza nell'ambito del trasporto passeggeri di media e di lunga percorrenza, nonché al corretto ed efficace espletamento delle gare nel settore del trasporto dei passeggeri in ambito regionale.

Il comma 3 prevede quindi che con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, siano stabiliti:

-    i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio;

     i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario;

-    i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria

 

Il processo di apertura al mercato dei servizi di trasporto ferroviario è stato avviato in sede europea dalla direttiva 91/440/CE, ed è proseguito con l’emanazione del primo “pacchetto ferroviario”[43] sostanzialmente diretto a sviluppare la concorrenza nel mercato, a garantire l’accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture e l’utilizzo ottimale delle stesse, nonché a promuovere la sicurezza secondo standard e criteri di controllo comuni in ambito europeo. Mentre in un primo passo del processo di liberalizzazione la normativa comunitaria e nazionale è stata incentrata sul principio della separazione tra l’attività di gestione dell’infrastruttura ferroviaria e l’attività di trasporto ferroviario, per permettere alle imprese che offrono servizi di trasporto un accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture ferroviarie, con il secondo passo sono stati dettati principi e linee di indirizzo comuni su alcuni temi di fondamentale importanza per la creazione di un mercato unico europeo dei trasporti ferroviari e per l'efficacia delle riforme di liberalizzazione avviate dai vari Paesi membri, quali sono quelli relativi ai canoni di accesso, al regime di accesso alle reti nazionali dei vari Paesi membri, alla ripartizione di capacità delle infrastrutture ferroviarie ed al regime di fornitura dei servizi alle imprese ferroviarie[44].

 

In ambito nazionale il processo di liberalizzazione è stato avviato con i DPR n. 277/1998 e n. 146/1999. Il DPR 277/1998 ha recepito l’obbligo di separare l’attività di gestione dell’infrastruttura da quella di trasporto ferroviario, prevedendo la necessità di garantire l’autonomia gestionale delle imprese ferroviarie e l’autonomia e l’indipendenza del gestore dell’infrastruttura ferroviaria, mediante una separazione contabile o la costituzione di imprese separate per la gestione della rete e delle infrastrutture ferroviarie, da una parte, e per l’esercizio delle attività di trasporto a mezzo ferrovia, dall’altra. [45]

Successivamente, con Decreto Ministeriale 31 ottobre 2000, n. 138T, è stata rilasciata alla società Ferrovie dello Stato la concessione per la gestione dell’infrastruttura ferroviaria nazionale per la durata di sessanta anni.

L’apertura al mercato è proseguita anche negli anni successivi, anticipando a livello nazionale alcuni dei contenuti che sarebbero stati propri della normativa comunitaria successiva. In particolare , l’articolo 131 della legge finanziaria per il 2001[46] ha determinato un’ulteriore apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario nazionale, prevedendo:

1) la non applicabilità al servizio del trasporto ferroviario dello speciale regime concessorio in essere con le FS Spa, applicabilità che risulta limitata all’infrastruttura ferroviaria;

2) la possibilità del rilascio di titoli autorizzatori da parte del Ministro dei trasporti e della navigazione ai soggetti titolari dei requisiti previsti dal D.P.R. 146/1999, anche per iltrasporto nazionale, oltre che per quello internazionale  come già previsto dal DPR;

3) nel caso di imprese aventi sede all’estero o loro controllate, il riconoscimento dei requisiti per l’accesso all’infrastruttura, peraltro subordinato alla condizione di reciprocità.

 

Un’ulteriore parziale apertura si è avuta in relazione a quei servizi di trasporto compensati da parte dello Stato in quanto assoggettati al regime degli obblghi di servizio pubblico: l’articolo 38 del “collegato infrastrutture[47] infatti allo scopo di incentivare il superamento degli assetti monopolistici e di introdurre condizioni di concorrenzialità dei servizi di trasporto passeggeri, ha stabilito che i servizi di trasporto viaggiatori di interesse nazionale da sottoporre al regime degli obblighi di servizio pubblico (con particolare riferimento al trasporto passeggeri notturno e fatti salvi gli obblighi di servizio pubblico consistenti in agevolazioni tariffarie) fossero affidati tramite procedure concorsuali.

Al fine di garantire la continuità del servizio e tenuto conto degli assetti del mercato, la norma prevedeva comunque un periodo transitorio, da concludersi entro il 31 dicembre 2005[48] durante il quale gli obblighi di servizio pubblico, gli oneri a carico dello Stato e le compensazioni dovevano essere definiti con contratto di servizio da stipulare con Trenitalia spa, società appartenente al gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a. che svolge i servizi di trasporto ferroviario.

Quanto ai servizi di trasporto combinato merci, anch’essi soggetti a contribuzione pubblica e quindi regolati dal contratto di servizio, l’articolo 38 ha previsto un diverso sistema di incentivazione, disponendo l’erogazione di un contributo alle imprese che si impegnano contrattualmente per un triennio con il Ministero dei trasporti e con un'impresa ferroviaria a realizzare un quantitativo minimo annuo di treni completi di trasporto combinato o di merci pericolose; il contributo è riconosciuto in funzione dei treni-chilometro effettuati sul territorio italiano nel triennio 2004-2006. L’articolo 38 prevedeva, inoltre, incentivi alle imprese che avessero effettuato trasporto combinato o di merci pericolose[49], rinviando ad un successivo regolamento la disciplina degli interventi in materia di incentivazione del trasporto combinato, accompagnato[50] e di merci pericolose, nonché la disciplina degli incentivi per il trasporto merci su ferrovia. Con DPR 340/2004[51] è stato approvato il regolamento attuativo del medesimo articolo 38. Infine con D.M. 20 maggio 2005 sono stati determinati gli incentivi e i contributi al trasporto ferroviario combinato e di merci pericolose, ai sensi del D.P.R. 340/2004

 

Le direttive comunitarie che costituiscono il primo pacchetto ferroviario sono state recepite nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 8 luglio 2003, n. 188 - emanato sulla base della delega contenuta nella legge comunitaria 2001 (L. 39/2002).

Il decreto legislativo ha ridefinito aspetti assai rilevanti della disciplina del trasporto ferroviario, con riguardo alle licenze delle imprese ferroviarie, ai diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura, all’ampliamento dell’accesso all’infrastruttura ferroviaria, in particolare definendo in maniera più articolata e dettagliata le caratteristiche e i compiti del gestore dell’infrastruttura, anche relativamente al certificato di sicurezza degli operatori del trasporto ferroviario, ed individuando il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti come autorità nazionale di regolazione del settore. Rispetto alle direttive, tuttavia, si segnala che il decreto ha confermato un’apertura del mercato ferroviario più ampia rispetto a quella definita dalle normative comunitarie, in quanto ha reso possibile l’accesso all’intera rete ferroviaria nazionale di imprese ferroviarie in possesso di licenza per l’espletamento dei “servizi di trasporto internazionale nella parte di infrastruttura ferroviaria nazionale, nonché di servizi di trasporto nazionale di passeggeri o di merci”. Il trasporto nazionale di merci e di passeggeri non è previsto nella direttiva 2001/12/CE, che disciplina l’accesso al trasporto combinato internazionale merci e su richiesta l’accesso alla rete ferroviaria transeuropea per l’esercizio del trasporto internazionale di merci. La previsione del trasporto nazionale di passeggeri o di merci comporta, pertanto, un’ulteriore apertura alla concorrenza del mercato del trasporto ferroviario, inserendo in una nuova disciplina sistematica quanto già reso possibile dall’applicazione dell’articolo 131 della legge 388/2000.

In particolare, il decreto legislativo incide sui seguenti ambiti:

§       imprese ferroviarie intendendosi per talile imprese pubbliche o private titolari di una licenza ai sensi delle disposizioni comunitarie, la cui attività principale consista nella prestazione di servizi per il trasporto di merci e/o di persone per ferrovia: vengono precisate le regole di contabilità e di bilancio di tali imprese, le condizioni per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, tra le quali si inserisce il certificato di sicurezza[52], nonché la disciplina per il rilascio della licenza e le relative regole di validità;

§       gestore dell’infrastruttura, cheè un soggetto autonomo ed indipendente, sul piano giuridico, organizzativo o decisionale, dalle imprese operanti nel settore dei trasporti (non quindi del solo trasporto ferroviario) e che è responsabile del controllo della circolazione in sicurezza dei convogli, della manutenzione, del rinnovo che la gestione dell'infrastruttura ferroviaria comporta sul piano tecnico, commerciale e finanziario[53]. Al gestore sono inoltre affidati in via esclusiva i compiti e le funzioni relativi al rilascio del certificato di sicurezza nonché il calcolo e la riscossione dei canoni e l’assegnazione di capacità. I rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale e lo Stato vengono regolati da un atto di concessione e da un contratto di programma stipulato per un periodo minimo di tre anni e comprensivo anche della disciplina della concessione di finanziamenti per la manutenzione ed il rinnovo della infrastruttura ferroviaria (v. capitolo Ferrovie dello Stato s.p.a.);

§       diritti e canoni, relativi all’accesso e all’utilizzo dell’infrastruttura; in tale ambito sono regolati anche i servizi che il gestore dell’infrastruttura è tenuto a fornire alle imprese, in parte senza oneri aggiuntivi, in parte dietro pagamento di corrispettivi[54];

§       assegnazione della capacità di infrastruttura, cui è preposto il gestore dell’infrastruttura, in quanto indipendente rispetto ai soggetti richiedenti, che provvede in maniera equa, trasparente, non discriminatoria e nel rispetto del diritto comunitario[55];

§       organismo di regolazione: identificato nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tale organismo, caratterizzato da indipendenza, sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e sul piano della strategia finanziaria - rispetto all’organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all’infrastruttura e  all’assegnazione di capacità e rispetto ai richiedenti - è competente in materia di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e in materia di decisione sui ricorsi riguardanti il prospetto informativo della rete, la procedura di assegnazione della capacità di infrastruttura ed il relativo esito, il sistema di imposizione dei canoni e dei corrispettivi per i servizi resi dal gestore, il rilascio del certificato di sicurezza, il controllo del rispetto delle norme e degli standard di sicurezza.

 

In relazione ai principi contenuti nel comma 1 della disposizione in esame si può osservare quanto segue:

-       l’autorità di regolazione è, come detto, individuata nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, o in sue articolazioni (oggi Ministero dei trasporti), ai sensi dell’articolo 37 del D.Lgs. 188/2003, cui sono affidati i compiti di vigilanza sulla concorrenza nei mercati dei servizi ferroviari e cui è garantita piena indipendenza sul piano organizzativo, giuridico, decisionale e della strategia finanziaria, sia dall'organismo preposto alla determinazione dei canoni di accesso all'infrastruttura sia dall'organismo preposto all'assegnazione della capacità e dai richiedenti. L’articolo 16, comma 4 del DPR 184/2004 di riorganizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito l'«Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari», posto alle dirette dipendenze del Ministro.

-       è già attualmente previsto che la ripartizione della capacità di rete venga effettuata dal gestore su base equa, trasparente e non discriminatoria e che consenta un utilizzo efficace e ottimale dell'infrastruttura ferroviaria (artt. 22 e 27 del D.Lgs 188/2003);

-       gli operatori privati che intendono prestare il servizio devono attualmente rispondere a requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale. Quanto a quest’ultima essa si sostanzia nella garanzia dell’impresa ferroviaria di disporre o di essere in grado di disporre di un'organizzazione gestionale efficiente; di possedere le conoscenze e l'esperienza necessaria per esercitare un controllo operativo ed una supervisione sicuri ed efficaci relativamente ai servizi ferroviari della tipologia specificata nella licenza; di avere personale responsabile della sicurezza ed in particolare quello addetto alla guida dei convogli pienamente qualificato nel proprio campo di attività; di avere personale, materiale rotabile e organizzazione tali da garantire un alto livello di sicurezza per i servizi ferroviari da espletare.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

1. Terzo pacchetto ferroviario

Il 3 marzo 2004la Commissione ha presentato il “terzo pacchetto ferroviario”[56] volto a completare il quadro legislativo comunitario in materia, quale risultante dalle misure incluse nel primo[57] e nel secondo pacchetto ferroviario[58]. Con l’adozione del terzo pacchetto si intende realizzare la riforma ed il rilancio del settore ferroviario per giungere nel più breve tempo possibile alla creazione di uno spazio ferroviario europeo integrato.

Il “terzo pacchetto ferroviario”, che si richiama agli orientamenti fissati nel libro bianco sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370), comprende una comunicazione (COM(2004)140), la quale traccia il quadro delle nuove azioni proposte dalla Commissione, e quattro proposte relative ad alcuni settori specifici di intervento:

§      una proposta di direttiva (COM(2004)139) che modifica la direttiva 91/440/CEE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie.

La proposta, che prospetta l’apertura alla concorrenza dei servizi internazionali di trasporto passeggeri per ferrovia a partire dal 1° gennaio 2010, individua, in particolare, due settori di intervento:

-        il cabotaggio: al fine di evitare discriminazioni sul piano della concorrenza fra le imprese già operanti sul mercato dei servizi internazionali di trasporto passeggeri per ferrovia ed i nuovi operatori, la Commissione ritiene indispensabile riconoscere anche a questi ultimi la possibilità di effettuare il cabotaggio sulle tratte che comportano fermate intermedie, ovvero di prendere o lasciare passeggeri fra due stazioni collocate su un tragitto internazionale o all’interno di uno stesso Stato membro;

-        gli obblighi di servizio pubblico, attualmente disciplinati dal regolamento (CEE) n. 1191/69, relativo all’azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile. Tale regolamento riconosce agli Stati membri e agli enti locali la possibilità di concludere contratti di servizio pubblico che possono comportare diritti esclusivi per la gestione del servizio stesso.La proposta afferma il principio generale dell’apertura alla concorrenza sulla base del libero accesso, consentendo tuttavia agli Stati membri di limitare tale accesso qualora stabiliscano per determinati servizi offerti su una certa linea un contratto di servizio pubblico, nel pieno rispetto delle disposizioni del regolamento n. 1191;

§      una proposta di direttiva (COM(2004)142) relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida delle locomotive e dei treni sulla rete ferroviaria della Comunità.

In vista della creazione di un unico mercato ferroviario, la proposta è intesa ad individuare un insieme minimo di competenze e di responsabilità a livello comunitario in materia di formazione, valutazione e riconoscimento delle qualifiche dei macchinisti e del personale viaggiante. E’ fatta comunque salva la facoltà per gli Stati membri di individuare ulteriori requisiti ai fini del rilascio dei certificati di macchinista sul proprio territorio.

La Commissione, in particolare, propone un modello unico di certificazione basato sul principio del riconoscimento reciproco, che si articola in due documenti: una licenza comunitaria cheappartiene al macchinista ed è valida su tutto il territorio comunitario, volta a certificare le competenze generali del macchinista e un’attestazione complementare armonizzata, rilasciata dalle singole imprese ferroviarie che impiegano i macchinisti, con la quale viene riconosciuta la formazione specifica dei macchinisti in relazione ad una determinata linea, al materiale usato e alle procedure operative e di sicurezza proprie dell’impresa in questione. L’attestazione non appartiene al macchinista ed è valida soltanto per l’impresa che l’ha rilasciata.  La proposta prevede che in un secondo momento questi due documenti siano inseriti all’interno di un’unica tessera magnetica. La Commissione ha deciso di limitare inizialmente, per il periodo 2008-2010, il campo di applicazione della proposta solo ai macchinisti e al personale viaggiante coinvolto direttamente o indirettamente nella guida dei treni che effettuano servizi transfrontalieri e di estenderlo solo successivamente, durante il periodo 2010-2015, anche ai macchinisti e al personale viaggiante delle altre categorie di treni;

§      una proposta di regolamento (COM2004)143) relativa ai diritti e agli obblighi dei passeggeri del trasporto ferroviario internazionale.

Analogamente a quanto stabilito per gli altri modi di trasporto, e in particolare il trasporto aereo, la proposta è volta ad individuare una serie di diritti e di obblighi per i passeggeri dei servizi ferroviari internazionali. La proposta fissa, in particolare, una serie di requisiti minimi riguardanti l’informazione dei passeggeri prima, durante e dopo il viaggio, le condizioni contrattuali, la responsabilità delle imprese ferroviarie in caso di incidente, ritardo, cancellazione del servizio o smarrimento dei bagagli, le modalità di risarcimento e le condizioni di assistenza alle persone a mobilità ridotta. La proposta stabilisce, inoltre, gli obblighi che spettano ai passeggeri, quali l’acquisto del biglietto e l’astensione da qualsiasi comportamento che possa infastidire il personale del treno o gli altri viaggiatori;

§      una proposta di regolamento (COM(2004)144) relativa alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale applicabili ai servizi di trasporto merci per ferrovia.

Nell’attesa che la liberalizzazione del mercato ferroviario porti ad una riduzione dei prezzi e ad un miglioramento della qualità dei servizi offerti, la proposta prevede requisiti minimi obbligatori ed un sistema di compensazioni da applicare ai contratti in materia per tutelare i clienti nei confronti degli operatori nazionali di trasporto merci per ferrovia che detengono posizioni dominanti sul mercato. Tenuto conto della difficoltà di contemperare le esigenze di tutti gli operatori di questo tipo di servizi, la Commissione ha preferito individuare nella proposta alcuni princìpi di base, lasciando alla libertà contrattuale il contenuto preciso degli impegni. In particolare, la proposta introduce una disciplina in materia di: definizione e limitazione delle responsabilità dei vettori e dei clienti; requisiti di qualità applicabili al trasporto merci per ferrovia quali il rispetto dei termini di consegna pattuiti, l’informazione ai clienti in caso di ritardi alla consegna nonché i sistemi di controllo di qualità; entità dei risarcimenti in caso di smarrimento o danno alle merci trasportate, di cancellazione dei treni o di ritardo.

Il campo di applicazione del regolamento comprenderà l’insieme dei servizi nazionali ed internazionali di trasporto merci per ferrovia in tutta la Comunità. La Commissione ritiene che le misure proposte non debbano essere sostenute da aiuti di Stato affinché esse possano avere effetti veramente positivi per il miglioramento della qualità dei servizi.

 

Il 28 settembre 2005, in occasione della prima lettura nell’ambito della procedura di codecisione, il Parlamento europeo ha rigettato la proposta relativa alle compensazioni in caso di mancato rispetto dei requisiti di qualità contrattuale, chiedendo alla Commissione europea di ritirarla. Il PE ritiene, infatti, che l’istituzione di un sistema di compensazioni non comporti necessariamente un miglioramento della qualità dei servizi in questo settore e che, al fine di migliorare la competitività, sia invece necessario migliorare l’accesso al mercato per le nuove imprese ferroviarie.

Per quanto riguarda le altre tre proposte del pacchetto, il 18 gennaio 2007, in occasione della seconda lettura secondo la procedura di codecisione, il Parlamento europeo ha modificato la posizione comune adottata dal Consiglio in prima lettura il 24 luglio 2006. Date le persistenti differenze fra Consiglio e Parlamento europeo, sono in corso riunioni informali tra queste due istituzioni e la Commissione europea (cosiddetti “triloghi” o “trialoghi”) al fine di definire un  testo di compromesso da sottoporre all’approvazione del Consiglio in seconda lettura. Peraltro, laddove il testo che il Consiglio approverà in seconda lettura differisse da quello definito dal Parlamento europeo il 18 gennaio scorso, si aprirà la terza lettura con la trasmissione delle proposte al comitato di conciliazione al fine di trovare (entro sei settimane prorogabili di altre due) un compromesso fra le due istituzioni.

2. Ulteriori misure per il trasporto ferroviario

Il 13 dicembre 2006 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure intese a sopprimere gli ostacoli che si frappongono allo sviluppo delle ferrovie in Europa e a favorire la rivitalizzazione e la competitività del settore mediante la semplificazione delle procedure e la riduzione degli oneri che gravano sui relativi operatori. Il pacchetto comprende:

§       una comunicazione dal titolo “Agevolare la circolazione dei locomotori nella Comunità” (COM(2006)782) che individua una serie di miglioramenti da apportare agli aspetti tecnici del quadro regolamentare vigente costituito dalle misure ricomprese nel primo e nel secondo pacchetto ferroviario e da quelle prospettate nel terzo (vedi supra). Fra gli aspetti che secondo la Commissione occorrerebbe migliorare al fine diagevolare la libera circolazione dei treniall’interno dell’UEfigurano la procedura di omologazione dei locomotori e il reciproco riconoscimento del materiale rotabile;

§       una proposta di direttiva relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario comunitario (COM(2006)783) con la quale si propone la codifica, la rifusione e l’integrazione delle direttive vigenti in materia (direttiva 96/48/CE relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità, direttiva 2001/16/CE relativa all’interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale e direttiva 2004/50/CE che modifica le direttive 96/48/CE e 2001/16/CE) allo scopo di semplificare le procedure relative alla messa in servizio del materiale rotabile. La proposta si inserisce nell’ambito della strategia della Commissione intesa a semplificare e a modernizzare il quadro normativo in Europa al fine di contribuire a realizzare gli obiettivi di Lisbona in materia di crescita e di occupazione;

§       una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2004/49/CE relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie (COM(2006)784), in particolare per quanto riguarda la definizione delle condizioni in base alle quali il materiale rotabile utilizzato in uno Stato membro può essere autorizzato a circolare in un altro Stato membro. A tal fine la proposta prospetta una procedura a livello comunitario articolata in due fasi: in un primo momento l’elaborazione di un inventario delle diverse procedure e norme tecniche nazionali in vigore e, in attesa delle modifiche della legislazione, l’applicazione su base volontaria delle raccomandazioni del gruppo di lavoro sul riconoscimento reciproco del materiale rotabile[59]; in una seconda fase si prevede di rendere obbligatorio il ricorso al principio del reciproco riconoscimento delle autorizzazioni di messa in servizio già rilasciate da uno Stato membro. In base a tale principio il materiale rotabile, la cui messa in servizio è già stata autorizzata in uno Stato membro, non dovrà essere oggetto di una certificazione complementare in un altro Stato membro tranne per quanto attiene ai requisiti nazionali supplementari derivanti, ad esempio, dalle caratteristiche della rete locale;

§       una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce l’Agenzia ferroviaria europea (COM(2006)785). Fra le modifiche prospettate figurano: il conferimento all’Agenzia di un mandato che contempli, fra l’altro, la predisposizione di un documento di riferimento che raccolga le informazioni sulle regole nazionali relative alla messa in servizio del materiale rotabile, l’organizzazione delle attività della rete delle autorità nazionali preposte alla sicurezza ferroviaria ed infine, su richiesta della Commissione o degli Stati membri, la formulazione di pareri su questioni tecniche.

Le proposte, che seguono la procedura di codecisione, dovrebbero essere esaminate in prima lettura dal Parlamento europeo il 10 settembre 2007.

3. Trasporto merci

Il 27 febbraio 2006 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica (COM(2006)79).

L’obiettivo della proposta è quello di sviluppare un approccio europeo al fine di migliorare il livello di sicurezza della catena dei trasporti e di evitare le procedure e gli oneri amministrativi inutili a livello europeo e nazionale.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

Il 28 giugno 2006 la Commissione ha adottato la comunicazioneLogistica del trasporto delle merci – la chiave per una mobilità sostenibile” (COM(2006)336), nella quale si sottolinea la necessità di una migliore organizzazione del settore della logistica, considerato uno strumento essenziale per rendere il trasporto delle merci più efficiente e ridurre gli effetti negativi di una crescente mobilità quali l’inquinamento, la congestione e la dipendenza energetica.

La comunicazione illustra una serie di idee che potrebbero essere sviluppate ulteriormente allo scopo di promuovere una strategia globale europea per la logistica del trasporto merci, tenendo in debito conto i pareri espressi dalle istituzioni europee, dai rappresentanti del settore e dagli altri soggetti interessati. La comunicazione, inoltre, preannuncia l’intenzione della Commissione di avviare un ampio dibattito sulla logistica del trasporto delle merci, in vista della preparazione di un piano d’azione, che potrebbe essere presentato nell’autunno del 2007. Nelle intenzioni della Commissione il piano, che dovrebbe essere corredato di opportune proposte legislative, costituirà un punto di riferimento per lo sviluppo di una logistica avanzata del trasporto merci.

La comunicazione risponde agli orientamenti in materia di politica dei trasporti - con particolare riferimento al ruolo chiave che la logistica del trasporto svolge ai fini della mobilità sostenibile in Europa - delineati nella comunicazione Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314), adottata dalla Commissione il 22 giugno 2006 nell’ambito del riesame intermedio del richiamato libro bianco sulla a politica europea dei trasporti.

Il Consiglio trasporti, nella sessione dell’11 e 12 dicembre 2006, ha adottato conclusioni nelle quali, considerato che un sistema logistico efficiente è di fondamentale importanza per accrescere la competitività e la prosperità in Europa e per promuovere lo sviluppo sostenibile, si compiace per la presentazione della comunicazione da parte della Commissione.

Il Consiglio, in particolare, rileva che la promozione della logistica del trasporto merci, pur essendo di competenza del settore industriale, richiede un intervento da parte delle autorità pubbliche che devono cooperare a tutti i livelli - europeo, nazionale e locale - in base alle rispettive competenze e sottolinea la necessità di integrare la logistica nella politica europea dei trasporti e in altre politiche comunitarie. Il Consiglio, inoltre, sostiene l’intenzione della Commissione di sviluppare, di concerto con i principali attori del mercato, una strategia quadro per la logistica del trasporto merci in Europa e di elaborare, nel 2007, un piano d’azione in questo settore ed invita a tal fine la Commissione stessa a cooperare con gli Stati membri e a valutare l’opportunità di istituire un gruppo ad alto livello.

 

In occasione di alcune riunioni consultive organizzate dalla Commissione, nei mesi di aprile e di ottobre 2006, con le parti interessate del settore della logistica del trasporto merci, è apparso chiaro che le strozzature esistenti nella catena logistica ne ostacolano il buon funzionamento e lo sviluppo.

Di conseguenza, con una lettera del 12 dicembre 2006, la Commissione ha invitato gli Stati membri, le parti sociali e le imprese che operano nel settore della logistica ad aderire ad una campagna intesa ad individuare gli ostacoli di carattere amministrativo, operativo, legislativo, locale, nazionale ed europeo che si frappongono al buon funzionamento della catena di trasporto delle merci in Europa e a proporre soluzioni. La Commissione ha preannunciato, a tal fine, l’intenzione di istituire, nei prossimi mesi, un gruppo di persone di contatto in rappresentanza delle diverse parti in causa che sarà incaricato di seguire attentamente questo esercizio.

 

Il 22 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva relativa al trasporto interno di merci pericolose (COM(2006)852).

L’obiettivo della proposta è quello di armonizzare e di semplificare le norme vigenti in materia, riunendole in un solo atto normativo applicabile al trasporto su strada, per ferrovia e per via navigabile interna.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 3 settembre 2007.

 

Si segnala, infine, che nel programma di lavoro per il 2007la Commissione include fra le iniziative da adottare in via prioritaria una comunicazione, che dovrebbe essere presentata nel luglio 2007, su una rete ferroviaria orientata verso il trasporto merci.

La comunicazione dovrebbe presentare un piano d’azione che prospetterebbe numerose azioni volte a facilitare lo sviluppo di una rete orientata verso il trasporto merci che potrebbe portare, nel lungo termine, ad una vera e propria rete dedicata al trasporto merci, più efficiente e in grado di offrire una migliore qualità dei servizi.

4. Obblighi di servizio pubblico

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una nuova proposta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada, per ferrovia e per via navigabile interna (COM(2005)319). L’intento della Commissione è quello di trovare una soluzione ai problemi sorti in occasione dell’esame della precedente proposta e di tenere conto, inoltre, degli ultimi sviluppi giurisprudenziali[60].

La proposta - che riformula quella originaria del 2000[61] al fine di conciliare le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio – affronta, fra l’altro, i profili relativi all’attribuzione di diritti esclusivi e al versamento di compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, misure che, secondo la Commissione, sono suscettibili più di altre di incidere sulla concorrenza e gli scambi fra Stati membri.

Il nuovo approccio prospettato dalla proposta in esame si basa, in particolare, su tre elementi:

§       la semplificazione di alcune disposizioni della proposta del 2000 soprattutto quelle riguardanti l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico - per i quali sono previste solo le procedure dell’appalto pubblico e dell’affidamento diretto – e le compensazioni quando non si sia proceduto a pubblica gara;

§       il riconoscimento, alle autorità competenti, della possibilità di autoproduzione di qualsiasi tipo di servizio di trasporto (autobus, tram, metropolitana, treno, servizi integrati, ecc...) senza esperire procedure concorsuali. Tale facoltà è tuttavia strettamente subordinata al rispetto delle norme relative alla trasparenza e alla fissazione di criteri precisi applicabili alle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico. Essa, inoltre, può essere esercitata solo a condizione che l’attività dell’autorità competente resti circoscritta ad una zona geografica limitata;

§       la promozione del principio di sussidiarietà in quanto la Commissione lascia alle autorità pubbliche un maggiore margine di discrezionalità per organizzare nei dettagli il ricorso a procedure concorsuali. La Commissione ha, inoltre, rinunciato a stabilire, per il settore dei trasporti pubblici terrestri, regole specifiche in materia di subfornitura o di abuso di posizione dominante e a definire il livello adeguato di qualità dei trasporti pubblici o dell’informazione da fornire ai passeggeri.

Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il Consiglio trasporti ha adottato, nella riunione dell’11-12 dicembre 2006, la posizione comune che dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura il 9 maggio 2007.

Procedure di contenzioso

Il 12 ottobre 2006 la Commissione ha inviato un parere motivato[62] all’Italia per non avere comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/49/CErelativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie e recante modifica della direttiva 95/18/CE relativa alle licenze delle imprese ferroviarie e della direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all’imposizione dei diritti per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza.

Il termine per il recepimento della direttiva era il 30 aprile 2006.

La direttiva figurava nell’allegato B alla legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria per il 2005).

 

Nella stessa data la Commissione ha inviato una parere motivato[63] all’Italia per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2004/50/CE che modifica la direttiva 96/48/CE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo ad alta velocità e la direttiva 2001/16/CE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo convenzionale.

Il termine per il recepimento della direttiva era il 30 aprile 2006.

Anche questa direttiva figurava nell’allegato B alla legge 25 gennaio 2006, n. 29.

 

 


Articolo 7
(Misure in materia di trasporto innovativo)

      1. Al fine della tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo non è soggetto a limitazione numerica. Per trasporto pubblico locale innovativo si intendono i servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto per categorie disagiate.

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1.

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti stabilisce con proprio decreto i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia quali imprenditori individuali sia in forma societaria o consorziata.

      4. I comuni predispongono una carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

          a) all'elencazione dei servizi offerti e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

          b) ai livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici, rete internet e telefonia mobile;

          d) alle modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

          e) ad ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4 e, nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, sono tenuti a corrispondere un indennizzo a favore dei fruitori del servizio, nella misura stabilita dal comune con la medesima carta.

      6. L'adozione delle misure di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo costituisce titolo preferenziale per i comuni ai fini dell'accesso ai finanziamenti di cui all'articolo 1, commi 1031 e 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

L’articolo in esame interviene sul trasporto pubblico locale, prevedendo forme alternative di trasporto pubblico innovativo e promuovendo lo sviluppo di nuovi servizi di trasporto pubblico individuale e collettivo.

A tal fine, il comma 1 prevede che il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo  - ossia di servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto per categorie disagiate - non sia soggetto a limitazione numerica.

Il comma precisa che le finalità della disposizione sono la tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e la promozione della crescita e dell'innovazione del settore del trasporto locale.

Il comma 3 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti, da emanarsi entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, la definizione dei requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia quali imprenditori individuali sia in forma societaria o consorziata.

I commi 2 e 4 prevedono per i comuni l’onere di :

-       favorire la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi che lo definiscono;

-       predisporre una carta di tali servizi concernente le prestazioni dei servizi innovativi e che rechi, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

a)  all'elencazione dei servizi offerti e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

b)  ai livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

c)  alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici, internet e telefonia mobile;

d)  alle modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

e)  ad ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

Nella carta deve essere inoltre indicato l’importo dell’indennizzo dovuto dai prestatori di servizi innovativi in caso di inosservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi (vedi infra).

Ai sensi del comma 6, l’adozione di tali misure costituisce per il comune titolo preferenziale ai fini dell'accesso ai finanziamenti previsti dalla legge finanziaria per il 2007 per fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale.

I commi 1031 e 1032 della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) hanno previsto l’istituzione di un fondo per l’acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale. In particolare, il comma 1031 ha istituito il fondo con ammontare fissato in 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, finalizzato a:

§       realizzare una migliore correlazione tra lo sviluppo economico, assetto territoriale e organizzazione del trasporti;

§       favorire il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani attraverso il miglioramento del servizio offerto dal trasporto pubblico locale.

§       Il fondo è destinato a contributi nella misura massima del 75 per cento per l’acquisto di:

§       veicoli ferroviari per l’espletamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale

§       veicoli destinati a servizi su linee metropolitane, tranviarie e filoviarie;

§       autobus a minor impatto ambientale o ad alimentazione non convenzionale.

 

Il comma 1032 demanda ad un decreto del Ministro dei trasporti, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il riparto tra le Regioni e le Province autonome dell’ammontare del fondo, da effettuare secondo i seguenti criteri:

§       priorità al completamento dei programmi finanziati con legge n. 194/1998  e con legge n. 211/1996  relative ad interventi nel settore del trasporto pubblico locale e nel trasporto rapido di massa e ferroviario;

§       condizioni di vetustà degli attuali parchi veicolari;

§       congruenza con le effettive esigenze di domanda di trasporto;

§       priorità alle regioni ed alle province autonome le cui imprese si siano attenute alle previsioni di cui ai commi da 3-ter a 3-septies dell'articolo 18 del D.Lgs. 422/1997 relative al periodo transitorio nel corso del quale vi è la facoltà di mantenere tutti gli affidamenti agli concessionari ed alle società derivanti dalle trasformazioni, ma con l'obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali, previa revisione dei contratti di servizio in essere se necessaria.

 

Il comma 5 vincola i prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi; nel caso di violazione delle prescrizioni stesse i prestatori di servizio devono infatti corrispondere un indennizzo a favore dei fruitori del servizio, nella misura stabilita dal comune, come già ricordato, con la medesima carta.

Si ricorda che II settore dei trasporti pubblici locali (TPL) è stato oggetto di un rilevante processo di riforma, regolato dal d.lgs. 422/1997, successivamente modificato ed integrato dal d.lgs 400/1999, nonché da ulteriori disposizioni di carattere puntuale. Alla revisione del settore il legislatore ha provveduto in occasione del riassetto generale dell’organizzazione amministrativa centrale, disposto dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, che - per il settore dei trasporti - ha espressamente previsto che le regioni assumano la funzione programmatoria e definiscano il livello dei servizi minimi qualitativamente e quantitativamente sufficienti a soddisfare la domanda di mobilità dei cittadini, con costi a carico dei bilanci regionali e offrendo come strumento di garanzia la subordinazione del conferimento delle funzioni a preventivi accordi di programma da stipularsi tra il Ministero dei trasporti e le regioni.

Al fine della effettiva realizzazione del trasferimento o della delega di funzioni agli enti locali, il d.lgs. n. 422 ha previsto l’intervento, entro sei mesi dalla data di emanazione dello stesso, di apposite leggi regionali che definissero in modo puntuale le funzioni conferite. La regione quindi è stata individuata come unico soggetto regolatore di tutto il comparto, con la possibilità di definire un’integrazione tra i vari modi del trasporto, anche in virtù della doppia responsabilità – pianificatoria e finanziaria – che consente una migliore destinazione delle risorse disponibili e quindi un più reale rispetto dei due principi di economicità ed efficienza.

Se il decreto legislativo 422/1997 riconosce a livello di funzioni amministrative un ruolo centrale alle regioni nel trasporto pubblico locale, tale riconoscimento sembra confermato a livello di competenze legislative dalla revisione del titolo V della Costituzione che ha modificato i criteri di ripartizione delle competenze tra Stato, regioni e autonomie locali.

Quanto all’appartenenza o meno del trasporto pubblico locale al comparto dei servizi pubblici locali, si ricorda che l’articolo 1, comma 48, della legge 308/2004 (Delega al Governo per il riordino in materia ambientale) ha inserito un comma 1-bis all’articolo 113 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali sui servizi pubblici locali, a norma del quale il trasporto pubblico locale è escluso dall’ambito di applicazione della disciplina generale sui servizi pubblici locali, dovendosi pertanto applicare in tale ambito la disciplina “speciale” di settore.

 

In relazione all’apertura al mercato dei servizi di trasporto pubblico locale si ricorda che il testo originario dell’articolo 18, comma 3-bis, del d.lgs. 422/1997, prevedeva che le regioni fissassero un periodo transitorio, da concludersi comunque entro il 31 dicembre 2003, nel corso del quale vi fosse la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali. Trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi avrebbero dovuto essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali.

L’articolo 11, comma 3, della legge n. 166 del 2002 (cd. “collegato infrastrutture e trasporti”) ha stabilito la prorogabilità (da parte delle regioni), per un biennio, e quindi fino al 31 dicembre 2005, di tale periodo transitorio, decorso il quale, come già detto, tutti i servizi devono essere affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali [64].

Da ultimo l’articolo 1, commi 393-394, della legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), è intervenuto di nuovo sul regime transitorio. Il comma 394 – modificando il comma 3-bis dell’articolo 18 del d.lgs. 422/1997 – ha prorogato al 31 dicembre 2006 il termine finale del periodo nel corso del quale vi è la possibilità di mantenere tutti gli affidamenti agli attuali concessionari e alle società derivanti dalla trasformazione delle aziende speciali e dei consorzi, pur con l’obbligo di affidamento di quote di servizio o di servizi speciali mediante procedure concorsuali: trascorso il periodo transitorio, tutti i servizi vengono affidati esclusivamente tramite le procedure concorsuali.

Sulla base delle ulteriori modifiche apportate dal comma 393 all’articolo 18, le regioni, ferme restando le procedure di gara ad evidenza pubblica già avviate o concluse, possono disporre un’eventuale proroga dell’affidamento, fino a un massimo di due anni, in favore dei soggetti che soddisfino – entro il termine del periodo transitorio del 31 dicembre 2006 – alcuni requisiti

I soggetti titolari dell’affidamento dei servizi “in house”, ai sensi dell'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, provvedono ad affidare, con procedure ad evidenza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione, una quota di almeno il 20 per cento dei servizi eserciti, a soggetti privati o a società, purché non partecipate dalle medesime regioni o dagli stessi enti locali affidatari dei servizi.

Le società che fruiscono dell’ulteriore proroga non possono partecipare a procedure ad evidenza pubblica attivate sul resto del territorio nazionale per l'affidamento di servizi.

 

Quanto all’incentivazione di forme di mobilità sostenibile legate soprattutto a fattori ambientali, si segnala che il DM 27 marzo 1998 ha previsto forme di mobilità sostenibile nelle aree urbane, prevedendo che i comuni delle zone a rischio di inquinamento atmosferico incentivino associazioni o imprese ad organizzare servizi di uso collettivo ottimale delle autovetture, nonché a promuovere e sostenere forme di multiproprietà delle autovetture destinate ad essere utilizzate da più persone; i servizi di uso collettivo ottimale e le forme di multiproprietà devono avvenire con autoveicoli elettrici, ibridi, con alimentazioni a gas naturale o GPL dotati di dispositivo per l'abbattimento delle emissioni inquinanti.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

1. Obblighi di servizio pubblico

Il 20 luglio 2005 la Commissione ha presentato una nuova proposta di regolamento riguardante i servizi pubblici di trasporto viaggiatori per strada, per ferrovia e per via navigabile interna (COM(2005)319). L’intento della Commissione è quello di trovare una soluzione ai problemi sorti in occasione dell’esame della precedente proposta[65]e di tenere conto, inoltre, degli ultimi sviluppi giurisprudenziali[66] nonché del libro bianco sui servizi di interesse generale (COM(2004)374) (vedi infra).

Il nuovo approccio proposto dalla Commissione si fonda sulla definizione delle modalità in base alle quali le autorità competenti possono intervenire, nel rispetto del diritto comunitario, nel settore dei trasporti pubblici di passeggeri per garantire la fornitura di servizi di interesse generale più numerosi, più sicuri e di migliore qualità o offerti a prezzi inferiori rispetto a quelli che potrebbero essere forniti solo basandosi sul gioco delle forze di mercato. La proposta affronta, fra l’altro, i profili relativi all’attribuzione di diritti esclusivi e al versamento di compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, misure che più di altre sono suscettibili di incidere sulla concorrenza e gli scambi fra Stati membri. Il nuovo approccio si basa in particolare su tre elementi:

§       la semplificazione di alcune disposizioni della proposta del 2000 soprattutto quelle riguardanti l’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico - per i quali sono previste solo le procedure dell’appalto pubblico e dell’affidamento diretto – e le compensazioni quando non si sia proceduto a pubblica gara;

§       il riconoscimento, alle autorità competenti, della possibilità di autoproduzione di qualsiasi tipo di servizio di trasporto (autobus, tram, metropolitana, treno, servizi integrati, ecc...) senza esperire procedure concorsuali. Tale facoltà è tuttavia strettamente subordinata al rispetto delle norme relative alla trasparenza e alla fissazione di criteri precisi applicabili alle compensazioni per gli obblighi di servizio pubblico, di cui alla direttiva 80/723/CEE sulla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche come da ultimo modificata dalla direttiva 2005/81/CE[67]. Essa, inoltre, può essere esercitata solo a condizione che l’attività dell’autorità competente resti circoscritta ad una zona geografica limitata;

§       la promozione del principio di sussidiarietà: alle autorità pubbliche è rimesso un maggiore margine di discrezionalità per organizzare nei dettagli il ricorso a procedure concorsuali. Per il settore dei trasporti pubblici terrestri, inoltre, non sono stabilite regole specifiche in materia di subfornitura o di abuso di posizione dominante e non viene definito il livello adeguato di qualità dei trasporti pubblici o dell’informazione da fornire ai passeggeri.

Sulla proposta, che segue la procedura di codecisione, il Consiglio trasporti ha adottato, nella riunione dell’11-12 dicembre 2006, la posizione comune in prima lettura che dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in seconda lettura il 9 maggio 2007.

 

Il 12 maggio 2004 la Commissione ha presentato un libro bianco sui servizi di interesse generale (COM(2004)374).

Il libro bianco illustra la strategia della Commissione al fine di promuovere servizi di interesse generale di alta qualità e a prezzi accessibili per i cittadini e le imprese nel pieno rispetto della diversità delle tradizioni, delle strutture e delle caratteristiche nazionali. La Commissione, in particolare, pone l’accento sul concetto di “responsabilità comune” – contemplato dall’articolo 16 del Trattato CE - che affida alla Comunità e agli Stati membri l’incarico di garantire, nell’ambito delle rispettive competenze, che le proprie politiche consentano agli operatori di servizi di interesse economico generale di assolvere i loro compiti. A questo riguardo la Commissione ritiene che i poteri di cui dispone allo stato attuale la Comunità in questo settore siano adeguati e sufficienti a garantire il mantenimento e lo sviluppo di servizi efficienti in tutta l’UE.

L’approccio della Commissione è basato su una serie di princìpi che trovano riflesso nelle politiche settoriali della Comunità ovvero: chiarire e semplificare il quadro giuridico riguardante la compensazione degli obblighi di servizio pubblico; fornire un quadro chiaro e trasparente per la selezione delle imprese incaricate di gestire un servizio di interesse generale; consentire alle autorità pubbliche di operare nell’interesse dei cittadini; realizzare gli obiettivi del servizio pubblico all’interno di mercati aperti e competitivi; garantire la coesione e l’accesso universale; mantenere un alto livello di qualità e sicurezza; garantire i diritti dei consumatori e degli utenti; controllare e valutare le prestazioni; rispettare la diversità dei servizi e delle situazioni nell’ambito di un quadro coerente; garantire la certezza giuridica.

2. Diritti dei passeggeri

Facendo seguito agli orientamenti del libro bianco sui trasporti (COM(2001)370) volti a porre gli utenti al centro della politica comune dei trasporti, la Commissione ha adottato, il 16 febbraio 2005, una comunicazione relativa al rafforzamento dei diritti dei passeggeri nell’Unione europea (COM(2005)46).

Il documento reca un bilancio delle disposizioni già adottate, che riguardano principalmente la tutela dei diritti dei passeggeri del trasporto aereo, e prospetta una serie di nuove misure al fine di estendere tali diritti anche ad altre modalità di trasporto. Fra i settori prioritari di intervento individuati nella comunicazione figurano:

§       la tutela dei passeggeri a mobilità ridotta che utilizzano il trasporto internazionale per autobus;

§       i mezzi per presentare i ricorsi e le modalità di trattamento degli stessi;

§       l’informazione dei passeggeri al fine di aumentare la consapevolezza dei loro diritti;

§       la creazione di biglietterie integrate per consentire ai passeggeri di utilizzare diverse modalità di trasporto in occasione di un medesimo viaggio.

La comunicazione è stata trasmessa al Parlamento europeo e al Consiglio.

3. Ambiente urbano

Strategia tematica per l’ambiente urbano

Conformemente agli orientamenti delineati in tal senso dal sesto programma d’azione in materia di ambiente[68], l’11 febbraio 2004 la Commissione ha adottato la comunicazioneVerso una strategia tematica sull’ambiente urbano” (COM(2004)60).

Nel sottolineare che il traffico ha un impatto significativo sull’ambiente e sulla salute dei cittadini, oltre che sulla qualità complessiva della vita nelle città, la comunicazione propone una serie di azioni specifiche per la futura strategia tematica. L’obiettivo è contribuire a livello comunitario alla definizione di un quadro di riferimento per promuovere iniziative locali basate sulle migliori pratiche, lasciando la scelta delle soluzioni e degli obiettivi ai responsabili locali. L’elemento fondamentale di questo quadro di riferimento è l’obbligo per le capitali e gli agglomerati urbani con popolazione superiore a 100 mila abitanti (ossia le 500 maggiori città dell’UE) di adottare un piano di gestione dell’ambiente urbano che stabilisca gli obiettivi da conseguire per dar vita ad un ambiente urbano sostenibile, e di introdurre un apposito sistema di gestione ambientale per assicurare l’esecuzione del piano. A tal fine la Commissione ritiene che possano essere stabiliti specifici obblighi a livello comunitario.

La comunicazione prospetta una serie di azioni in quattro settori prioritari di intervento tra cui la gestione urbana sostenibile e il trasporto urbano sostenibile.

Al fine di realizzare le priorità prefissate, la Commissione intende: identificare una serie di indicatori fondamentali in materia di trasporto urbano sostenibile; proseguire le proprieenibile; proseguire le sue l' fissati dal programma stresso in specifici settori di intervento. Una d iqueste strategie ri attività promozionali, quali la giornata europea senza auto e la settimana della mobilità; valutare la necessità di orientamento e formazione sulle tematiche relative al trasporto urbano sostenibile e il contributo di nuovi metodi di lavoro, come il telelavoro.

La comunicazione ricorda, infine, che, nell’ambito del libro bianco sui trasporti (COM(2001)370), la Commissione ha preannunciato la presentazione di una proposta di direttiva riguardante gli appalti per l’acquisizione di autoveicoli a basso consumo energetico e a basso livello di emissioni da parte delle amministrazioni pubbliche (vedi infra il paragrafo “Altre iniziative”)

 

La strategia tematica per l’ambiente urbano è stata successivamente delineata dalla Commissione con una comunicazione dell’11 gennaio 2006 (COM(2005)718).

Partendo dalla considerazione che lo stato dell’ambiente urbano europeo desta sempre maggiori preoccupazioni e riconoscendo l’importanza delle aree urbane al fine di attrarre investimenti e lavoro, importanti per contribuire alla realizzazione degli obiettivi di Lisbona, la Commissione propone una serie di misure da attuare in stretta cooperazione con le autorità locali il cui ruolo è considerato decisivo ai fini del miglioramento dell’ambiente urbano. Le misure proposte comprendono:

§       l’adozione di orientamenti sulla gestione integrata dell’ambiente urbano e sull’elaborazione di piani per il trasporto urbano sostenibile;

§       la promozione di attività di formazione al fine di sviluppare le competenze necessarie per gestire l’ambiente urbano e di incoraggiare la collaborazione e l’apprendimento reciproco tra le autorità locali;

§       l’elaborazione di un nuovo programma europeo per lo scambio di esperienze e conoscenze sui problemi dell’ambiente urbano;

§       l’istituzione di un portale Internet della Commissione destinato alle autorità locali.

La comunicazione prevede che gli Stati membri, le autorità locali e regionali nonché le parti interessate comunichino il proprio parere sull’impatto delle misure proposte ad intervalli regolari e, successivamente, in occasione di un ampio processo di consultazione nel 2009. Tali pareri, unitamente ai dati disponibili sulle prestazioni ambientali a livello urbano, saranno esaminati nel 2010 nel quadro del sesto programma di azione in materia ambientale, anche al fine di valutare l’opportunità di ulteriori interventi.

Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato conclusioni sulla strategia sull’ambiente urbano, in cui tra l’altro: chiede agli Stati membri di intensificare gli sforzi per far sì che le città possano raggiungere un'elevata qualità urbana a livello ambientale e sanitario, e di tenere presenti le possibilità offerte dai quadri strategici nazionali di riferimento (definiti nell’ambito della politica di coesione) per affrontare i problemi dell'ambiente urbano, come pure le opportunità nell'ambito del regolamento e dei fondi LIFE+[69]; incoraggia la Commissione a fornire orientamenti su come gli Stati membri possano utilizzare tali fondi per integrare il rinnovamento urbano nei loro piani nazionali, prevedendo meccanismi innovativi e flessibili; invita l'Unione europea, gli Stati membri e le loro città, nell'ambito delle rispettive competenze, a migliorare la qualità della vita nelle città e nelle aree urbane attraverso la promozione e l'attuazione della gestione ambientale integrata.

Il 26 settembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla strategia sull’ambiente urbano nella quale, fra l’altro, raccomanda di migliorare in via generale la qualità della vita nei centri delle città attraverso una strategia globale, soprattutto a carattere sociale, culturale ed ecologico.

Trasporto urbano

Le questioni connesse al trasporto urbano sono affrontate nell’ambito di una comunicazione del 22 giugno 2006dal titolo “Mantenere l’Europa in movimento: una mobilità sostenibile per il nostro continente” (COM(2006)314), intesa ad effettuare un esame intermedio delle misure contenute nel libro bianco del 2001 sulla politica comune dei trasporti (COM(2001)370).

La Commissione traccia un quadro della situazione attuale nel settore del trasporto urbano dal quale risulta, tra l’altro, che i trasporti urbani producono il 40% delle emissioni globali di CO2 generate dal trasporto stradale e che tale modalità di trasporto è confrontata a notevoli problemi in termini di sicurezza e di congestione. In tale contesto sisottolinea l’importanza di assicurare un livello elevato di mobilità per i cittadini e le imprese in tutta l’UE: la mobilità costituisce, infatti, non soltanto un diritto fondamentale, ma anche una componente essenziale per promuovere la competitività dell’industria e dei servizi europei. La Commissione precisa, tuttavia, che è necessario, ricorrendo ad un’ampia gamma di strumenti politici, dissociare la mobilità dalle conseguenze negative da essa prodotte quali la congestione, l’inquinamento e gli incidenti. Fra le possibili opzioni, la Commissione considera di primaria importanza la promozione della co-modalità, vale a dire l’uso efficiente dei vari modi di trasporto singolarmente o in combinazione tra di loro al fine di favorire un consumo ottimale e sostenibile delle risorse

La comunicazionesottolinea che spetta alle singole città, e non all’Unione europea, promuovere iniziative al fine di dare soluzione a questi problemi, e ricorda a tale proposito l’esperienza positiva di alcune città quali Atene, Londra e Stoccolma che hanno adottato politiche per una mobilità sostenibile basate essenzialmente sulla promozione di modalità di trasporto alternative al trasporto in auto. L’UE, dal canto suo, continua ad adoperarsi al fine di promuovere gli studi e lo scambio delle migliori prassi a livello comunitario in settori quali le infrastrutture di trasporto, la regolamentazione, la gestione della congestione e del traffico, i servizi pubblici di trasporto, la tassazione delle infrastrutture, la pianificazione urbana, la sicurezza, la protezione e la cooperazione con le regioni limitrofe. Dato il grande interesse emerso in occasione di alcune consultazioni in relazione alla necessità che l’UE dia il proprio contributo in questo settore, la Commissione si impegna a sfruttare l’esperienza maturata nell’ambito dell’iniziativa CIVITAS[70] e della strategia tematica sull’ambiente urbano e a promuovere la ricerca sulla mobilità urbana. La Commissione ritiene, inoltre, che sia necessario valutare se esistono ostacoli alla politica in materia di trasporto urbano a livello comunitario ed individuare le situazioni in cui esiste un consenso favorevole allo sviluppo di soluzioni congiunte, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà.

La comunicazione sottolinea, infine, l’esigenza di procedere ad investimenti nel settore della ricerca e dello sviluppo tecnologico e sviluppare programmi congiunti di ricerca nel settore dei trasporti e dell’energia, con particolare riferimento ai veicoli intelligenti ed ecologici.

 

Gli aspetti urbani sono affrontati altresì nell’ambito della politica di coesione la cui disciplina è contenuta nei regolamenti relativi ai fondi strutturalinel periodo di programmazione 2007-2013[71]. I regolamenti stabiliscono, in particolare, la concentrazione degli interventi strutturali su tre nuovi obiettivi: convergenza, competitività ed occupazione regionale e cooperazione territoriale.

In questo nuovo quadro legislativo, il campo di intervento delle iniziative comunitarie relative al periodo 2000-2006, tra cui URBAN[72] sarà integrato nelle priorità dei suddetti nuovi obiettivi. In particolare il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), riserverà una particolare attenzione alle specificità territoriali delle zone urbane, soprattutto quelle relative alle cittadine di medie dimensioni il cui ruolo nel promuovere lo sviluppo regionale sarà valorizzato mediante aiuti alla riqualificazione urbana.

Il 18 agosto 2006, il Consiglio ha adottato una decisione sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione[73], che con riferimento alle zone urbane, prevedono interventi intesi a potenziare le infrastrutture di trasporto, segnatamente gli investimenti nei collegamenti secondari nell’ambito di una strategia regionale integrata per i trasporti e le comunicazioni nelle zone urbane e rurali, e nella promozione di reti di trasporto sostenibili dal punto di vista ambientale. Al fine di completare i suddetti orientamenti strategici, il 13 luglio 2006, la Commissione ha adottato la comunicazioneLa politica di coesione e le città: il contributo delle città e degli agglomerati urbani alla crescita e all’occupazione all’interno delle regioni” (COM(2006)385). Il documento propone l’elaborazione di un approccio integrato che deve agire non soltanto a favore della crescita e dell’occupazione, ma anche perseguire obiettivi sociali ed ambientali. Tale approccio mira ad agire su alcuni aspetti specifici della dimensione urbana e, in particolare, a rafforzare l’attrattiva delle città,facendo leva, tra l’altro, su trasporti, accessibilità e mobilità.

Sulla base degli orientamenti strategici gli Stati membri, tra cui l’Italia, stanno definendo, di concerto con la Commissione, i quadri strategici nazionali per la coesione relativi al 2007-2013, che disegnano la cornice nel cui ambito aranno elaborati i programmi operativi nazionali e regionali, recanti gli interventi e le misure concrete.

 

Tra le iniziative strategiche intese a migliorare la qualità della vita in Europa previste nel programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2007, figura l’adozione, presumibilmente nel mese di settembre 2007, di un libro verde sul trasporto urbano per valutare i possibili benefici derivanti da una politica europea del trasporto urbano ed individuare i problemi, le sfide, eventuali nuove azioni e responsabilità, attraverso le quali l’UE potrà migliorare i trasporti urbani. Il libro verde è attualmente sottoposto ad un processo di consultazione che si concluderà il 30 aprile 2007.

Altre iniziative

Sono attualmente all’esame delle istituzioni europee una serie di iniziative, anche di natura non legislativa, volte a promuovere la produzione di veicoli ecocompatibili al fine di ridurre l’impatto dei trasporti sull’ambiente e di favorire al contempo il raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di efficienza energetica e di lotta ai cambiamenti climatici.

Fra tali documenti figurano:

§       un piano d'azione in materia di efficienza energetica (COM(2006)545) del 19 ottobre 2006 inteso a delineare un quadro coerente per conseguire l’obiettivo di risparmiare, entro il 2020, il 20% del consumo primario di energia nell’Unione europea. Considerato che il settore dei trasporti figura tra quelliche presentano il maggiore potenziale di risparmio energetico, il piano propone un approccio organico e coerente rivolto a tutte le parti interessate, fra cui i produttori di motori e pneumatici, i conducenti, i fornitori di petrolio e combustibili e i responsabili della pianificazione infrastrutturale, allo scopo di: garantire l’efficienza energetica dei veicoli; sviluppare un mercato dei veicoli ecologici; migliorare l’efficienza dei sistemi di trasporto su strada, ferroviari, marittimi ed aerei; sviluppare la co-modalità, vale a dire l’uso efficiente di diverse modalità di trasporto, che operano singolarmente o in combinazione.

§       In questo contesto il piano propone quali azioni prioritarie: l’elaborazione di norme atte a garantire che l’obiettivo di portare le emissioni dei veicoli a 120 g. CO2/km sia conseguito entro il 2012 (vedi infra) nonché il potenziamento dei requisiti comunitari in materia di etichettatura delle autovetture, quali ad esempio il risparmio di carburante. Il piano d’azione contiene anche l’impegno della Commissione ad adottare un libro verde sul trasporto urbano (vedi supra), nel quale si prospettino una serie di soluzioni quali, ad esempio, l’imposizione di tasse per l’uso delle infrastrutture e sulla congestione delle strade nonché nuove metodologie per incoraggiare l’uso dei trasporti pubblici, il car-sharing, l’uso di modi di trasporto non motorizzati e il telelavoro nelle città europee;

§       una comunicazione del 10 gennaio 2007 relativa ad una roadmap per le energie rinnovabili (COM(2006)848), che espone una visione a lungo termine per le fonti energetiche rinnovabili nell'UE. La comunicazione annovera tra i settori interessati i biocarburanti, stimando che entro il 2020 essi potrebbero costituire fino al 14% dei carburanti destinati ai trasporti. Essa sostiene la necessità che per i biocarburanti l'obiettivo minimo giuridicamente vincolante sia fissato, per il 2020, al 10% del consumo totale di benzina e di gasolio per il trasporto;

§       una comunicazione del 7 febbraio 2007 dal titolo “Un quadro normativo competitivo nelsettore automobilisticoper il XXI secolo – Posizione della Commissione sulla relazione finale del gruppo ad alto livello CARS 21[74]” (COM(2007)22), intesa a delineare la futura politica europea in campo automobilistico. Per quanto riguarda le iniziative volte a definire un trasporto su strada sostenibile per l’ambiente, la Commissione propone un approccio integrato volto, tra l’altro, alla riduzione delle emissioni inquinanti e delle emissioni di CO2 del settore dei trasporti stradali, al fine di raggiungere l’obiettivo comunitario di 120 g/km di CO2 entro il 2012[75].A tal fine, si prospetta una combinazione di interventi volti a definire un quadro legislativo incentrato su riduzioni obbligatorie delle emissioni di CO2 fino a 130 g/km per il nuovo parco automobilistico, grazie al miglioramento della tecnologia dei motori per autoveicoli, nonché un’ulteriore riduzione di 10 g/km di CO2 tramite altri miglioramenti tecnologici e un maggiore uso dei biocarburanti. Tali miglioramenti dovrebbero riguardare, tra l’altro, anche l’efficienza degli impianti di condizionamento e degli pneumatici. La strategia dell’UE volta a ridurre le emissioni di CO2 dovrebbe, infine, incoraggiare ulteriori sforzi da parte di altri comparti del trasporto stradale, fra cui i veicoli commerciali pesanti, da parte degli Stati membri (tassazione connessa alle emissioni di CO2 e altri incentivi fiscali, gli appalti pubblici, la gestione del traffico, le infrastrutture, ecc.), e da parte dei consumatori (comportamenti di guida responsabili, scelte di acquisto informate);

§       una proposta di direttiva del 21 dicembre 2005 relativa alla promozione di veicoli puliti nel trasporto stradale (COM(2005)634). La proposta fissa l'obbligo a carico degli enti pubblici (autorità statali, regionali e locali, organismi di diritto pubblico, imprese pubbliche e operatori vincolati da contratti con enti pubblici per la fornitura di servizi di trasporto) di acquistare o prendere in leasing,ogni anno, “veicoli ecologici migliorati”[76] per una quota pari ad almeno il 25% di mezzi pesanti superiori a 3,5 tonnellate, come autobus o camion per la raccolta dei rifiuti. E' fatta salva la possibilità per gli Stati membri di incoraggiare l'acquisto di veicoli più rispettosi dell'ambiente anche per altre categorie di peso inferiore a 3,5 tonnellate, privilegiando le più recenti norme Euro sulle emissioni inquinanti definite nella direttiva 70/220/CEE e, per quanto riguarda le auto private, di veicoli le cui emissioni di CO2 non superino i 120g/Km.

§       Gli Stati membri sono tenuti a trasmettere ogni anno alla Commissione una relazione al fine di fornire informazioni statistiche sui veicoli ecologici acquistati o presi in leasing. Sulla base di queste informazioni, la Commissione elaborerà a sua volta una relazione sull'applicazione della direttiva, valutando, eventualmente, l'opportunità di estendere l'obbligo di acquisto di veicoli ecologici anche ad altre categorie di veicoli.

     La proposta, che segue la procedura di codecisione, dovrebbe essere esaminata dal   Parlamento europeo in prima lettura il 19 giugno 2007;

§       una proposta di direttiva del 31 gennaio 2007 concernente la qualità dei carburanti (COM(2007)18) al fine di modificare, aggiornandola, la direttiva 98/70/CE sulla qualità di benzina e gasolio, con l'obiettivo di rendere i carburanti più puliti ed incoraggiare lo sviluppodi carburanti a bassa emissione di CO2 e di altri gas ad effetto serra, con ridotta presenza percentuale di zolfo nonché dei biocarburanti di seconda generazione.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, sarà trasmessa prossimamente al Parlamento europeo e al Consiglio.

L’iniziativa comunitaria volta a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri si inserisce tra le iniziative strategiche del programma di lavoro della Commissione per il 2007 che considera prioritario, in particolare, il miglioramento della normativa inerente le emissioni dei veicoli a motore, nell’ottica di un più elevato livello di tutela ambientale.

A questo fine il programma individua, quali iniziative prioritarie, una proposta di regolamento relativa ai veicoli a motore che utilizzano idrogeno liquido o compresso gassoso ed una proposta di regolamento sull’omologazione dei motori e veicoli pesanti per quanto riguarda le loro emissioni (cosiddetta “proposta Euro VI”), che dovrebbero essere presentate entro settembre 2007.

Si segnala, infine, che il 14 febbraio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sui cambiamenti climatici che sottolinea l'urgenza di prendere iniziative concrete ed immediate a livello mondiale per affrontare i cambiamenti climatici.

Il PE condivide l’obiettivo della Commissione di riduzione, entro il 2020, del 30% le emissioni di gas ad effetto serra, sollecitando la promozione dell'efficienza energetica e un ricorso crescente alle fonti rinnovabili, soprattutto nel settore dei trasporti. Nel sottolineare che nel settore dei trasporti si sta registrando il più elevato aumento dei consumi energetici e che il trasporto su strada contribuisce per circa il 25% alle emissioni comunitarie di CO2, il PE chiede lo sviluppo di trasporti pubblici più integrati ed ecologici che rispettino l'ambiente e misure vincolanti per tale settore affinché consegua entro il 2020 riduzioni delle emissioni equivalenti a quelle degli altri settori.


Articolo 8
(Incentivi)

      1. Il Governo, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle regole comunitarie, un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione.

      2. Dal regolamento di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

 

L’articolo 8 prevede l’emanazione di un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, finalizzato a favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione (comma 1)

 

Si ricorda che nel DPEF 2007-2011[77] il Governo aveva introdotto, nel campo della distribuzione dell’energia, promozione di operazioni di aggregazione territoriale delle reti e delle utilities locali, a vantaggio della riduzione dei costi del servizio.

 

Si segnala inoltre che si trova attualmente all’esame della 10° Commissione (Industria, commercio, turismo)del Senato, in sede referente, il disegno di leggegovernativo (AS 691[78]) recante un’ampia delega al Governoper il completamento della liberalizzazione in campo energetico.

L’articolo 1 di tale disegno di legge delega il Governo ad adottare, entro un anno, uno o più decreti legislativi[79] per completare il processo di liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale. Tra i principi e criteri direttivi della delega si trovano, fra gli altri, la promozione dioperazioni di aggregazione territoriale delle attività di distribuzione, a vantaggio della riduzione dei costi di distribuzione, attraverso l’identificazione, in base a criteri di efficienza, di bacini minimi di utenza (articolo 1, comma 2, punto h) e la definizione di indicatori i criteri in base ai quali valutare le offerte per il servizio di distribuzione di gas naturale, tenendo conto dei princìpi di cui al comma 6 dell’articolo 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (articolo 1, comma 2, punto i). Nella relazione illustrativa del provvedimento, il Governo pone in rilievo il settore della distribuzione, in vista dell’efficienza e dell’economicità dei sistemi dell’elettricità e del gas. In entrambi i settori occorre stimolare il raggiungimento di masse critiche significative per gli operatori, innalzando la qualità del servizio reso e potenziando la capacità di investire e innovare. Inoltre occorre definire con precisione una scala di valori in base ai quali valutare le gare per l’affidamento dei servizi di distribuzione del gas, salvaguardando l’interesse degli enti locali, ma facendo prevalere logiche industriali e di investimento di lungo termine su logiche meramente economico-finanziarie.

 

Il settore della distribuzione del gas è storicamente caratterizzato da un forte grado di frazionamento ascrivibile alla prerogativa dei comuni sulla gestione dei servizi pubblici locali.

Nello studio condotto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas nel 2000 (Bernardini – Di Marzio, 2001)[80] le problematiche del settore venivano così elencate: l’estrema frammentazione, l’eterogeneità delle tipologie di affidamento, il ruolo egemone degli enti locali nella proprietà delle imprese esercenti, lo scarso grado di concorrenza per il mercato, l’esclusività del servizio ed i meccanismi di conservazione dei diritti acquisiti, la controversa proprietà e devoluzione degli impianti ecc.

Il D.Lgs. n.164/2000, di attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, ha apportato importanti modificazioni alle condizioni di svolgimento del servizio pubblico di distribuzione del gas, con gli articoli dal 14 al 21.

In particolare si segnala che l’articolo 19 dispone che alle imprese di gas naturale si applicano le norme in materia di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione di cui alla legge 10 ottobre 1990, n. 287.

 

Tale regolamento è da adottarsi entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto delle regole comunitarie.

Si ricorda che l’articolo 16 della legge comunitaria 2004[81] delega il governo all’'attuazione della direttiva 2003/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale, al fine di promuovere una effettiva concorrenza, anche rafforzando le misure relative alla separazione societaria, organizzativa e decisionale tra le imprese operanti nelle attività di trasporto, distribuzione e stoccaggio e le imprese operanti nelle attività di produzione, approvvigionamento, misura e commercializzazione, promuovendo la gestione delle reti di trasporto del gas naturale da parte di imprese indipendenti. Inoltre, tra i principi e i criteri direttivi della delega, si ribadisce la necessità di incentivare le operazioni di aggregazione territoriale delle attività di distribuzione del gas, a vantaggio della riduzione dei costi di distribuzione, in base a criteri oggettivi, trasparenti e non discriminatori, prevedendo meccanismi che tengano conto degli investimenti effettuati e incentivi, anche di natura fiscale, per la rivalutazione delle attività delle imprese concessionarie, anche a favore dell'efficienza complessiva del sistema.

 

Il comma 2 prevede la clausola di invarianza finanziaria per il regolamento di riordino. L’assenza di nuovi o maggiori oneri a carico dalla finanza pubblica è confermato anche dalla relazione tecnica, la quale evidenzia al contrario l’intento di razionalizzazione del regolamento di delegificazione da emanarsi.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Con la comunicazioneUna politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1)[82], la Commissione ha presentato,  in forma di piano d’azione energetico in dieci punti, un insieme di misure (c.d. “pacchetto energia”) volte a definire la strategia dell’UE nel settore per conseguire l’obiettivo strategico di trasformare l’Europa in un’economia dal profilo energetico altamente efficiente ed a basse emissioni di CO2[83].

Il piano d’azione, tra l’altro, richiama la comunicazione sulle prospettive per il mercato interno del gas e dell’elettricità (COM(2006)841), con cui la Commissione propone nuove misure intese a rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla creazione di un mercato unico europeo dell'energia.

Tali proposte tengono in gran parte conto dei risultati dell’indagine sullo stato della concorrenza in questi due settori (COM(2006)851)[84]. Per ciò che attiene al commercio all'ingrosso del gas, la Commissione ritiene che esso conservi ancora una portata nazionale e, in generale, un elevato livello di concentrazione. Gli operatori storici controllano in ampia misura le importazioni di gas a monte e/o la produzione interna e scambiano una piccola quota del loro gas sulle borse del gas, limitando così le possibilità di nuovi ingressi sui mercati al dettaglio. La prospettiva generale per i potenziali nuovi operatori è quella della dipendenza dai servizi degli operatori storici.

In particolare, la Commissione sottolinea che l'attuale livello di separazione fra attività di rete e di fornitura ha ripercussioni negative sia sul funzionamento del mercato, sia sugli incentivi a investire nelle reti e, perciò, ritiene che sia fondamentale garantire che i proprietari e/o i gestori di rete non abbiano incentivi distorti dagli interessi di fornitura delle affiliate, considerando tale elemento particolarmente importante proprio nel momento in cui l'Europa ha bisogno di ingenti investimenti per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e creare mercati integrati e competitivi.

Per ciò che riguarda il GNL (Gas Naturale Liquefatto), le importazioni continuano ad essere effettuate dagli operatori storici nazionali che sono al tempo stesso proprietari dei terminal GNL, con conseguenti limitazioni della concorrenza a valle. Per consentire il trasferimento di maggiori capacità a nuovi operatori e ai produttori stessi, sono stati effettuati o pianificati ingenti investimenti in alcuni terminal GNL che hanno beneficiato di incentivi sotto forma di deroghe rispetto all’obbligo di garantire l’accesso dei terzi. La Commissione ritiene che a tali deroghe alle disposizioni in materia di accesso debbano essere applicati rigorosamente i principi di concorrenza affinché tali incentivi per gli investimenti ex ante non si trasformino in una indebita limitazione dell'accesso alle nuove infrastrutture e possano avere, invece, un impatto positivo sulla concorrenza a valle.

Infine, la Commissione ritiene che, per fornire sufficienti garanzie di effettivo accesso, occorre riesaminare l'accesso dei terzi allo stoccaggio di gas in modo da realizzare il giusto equilibrio tra l'esigenza di accesso effettivo e il mantenimento di incentivi allo sviluppo di nuove capacità di stoccaggio.

 

Per ulteriori elementi in materia di liberalizzazione del mercato del gas si veda la scheda relativa all’articolo 4.

 

 

 


Articolo 9
(Principi generali relativi al procedimento
presso lo sportello unico per le attività produttive)

      1. Le dichiarazioni e le domande di cui al presente capo sono presentate esclusivamente presso lo sportello unico per le attività produttive del comune nel cui territorio è situato l'impianto, di seguito denominato «sportello unico».

      2. Il comune designa l'ufficio competente a ricevere le comunicazioni e a svolgere le attività previste dalle disposizioni del presente capo in caso di mancata attivazione dello sportello unico.

      3. Le altre amministrazioni pubbliche interessate al procedimento trasmettono immediatamente allo sportello unico le denunce e le domande ad esse eventualmente presentate, dandone comunicazione al richiedente.

      4. Le domande, le dichiarazioni, gli atti dell'amministrazione e i relativi allegati sono predisposti in formato elettronico e trasmessi per via telematica. Lo sportello unico assicura gratuitamente, d'intesa con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai privati che ne facciano richiesta.

      5. Lo sportello unico, oltre ad assicurare l'informazione di tutti i possibili interessati, mediante il proprio sito internet, circa gli adempimenti e le opportunità relativi alla realizzazione di impianti produttivi, rende immediatamente e gratuitamente note a tutti gli interessati, per via telematica, le informazioni sulle dichiarazioni e sulle domande presentate ai sensi del comma 1, sul loro iter procedimentale e sugli atti adottati, anche in sede di controllo successivo, dallo stesso sportello unico, dall'ufficio o da altre amministrazioni competenti. Tali informazioni sono escluse dal diritto alla riservatezza concernendo l'uso del territorio, fatta salva la tutela degli eventuali profili di privativa industriale.

      6. I comuni possono esercitare le funzioni inerenti allo sportello unico anche in forma associata, ovvero attribuendo allo stesso le competenze dello sportello unico per l'edilizia e di altri uffici comunali preposti al rilascio di titoli autorizzatori.

      7. Sono esonerati dall'acquisizione delle autorizzazioni, concernenti l'utilizzazione dei servizi ivi presenti, purché non comportino ulteriori lavori o interventi, gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate, istituite dalle regioni, con il concorso degli enti locali interessati, utilizzando prioritariamente le aree o le zone con nuclei industriali già esistenti, anche se parzialmente o totalmente dismessi.

      8. Qualora risulti che il progetto di impianto produttivo, sebbene conforme alla vigente disciplina ambientale, sanitaria, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di sicurezza sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, contrasta con lo strumento urbanistico, e lo stesso strumento non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti o non utilizzabili in relazione al progetto presentato, la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificati dall'articolo 12 della presente legge, è convocata in seduta pubblica, previa idonea pubblicità, e in tale sede acquisisce e valuta le osservazioni di tutti i soggetti interessati, anche portatori di interessi diffusi o collettivi. Il verbale è trasmesso al consiglio comunale, che delibera senza ritardi sulla variante urbanistica, con decisione definitiva ove la regione abbia già manifestato il proprio assenso nella conferenza di servizi. In caso di decisione negativa, il consiglio comunale può deliberare una diversa localizzazione, ovvero diverse modalità di realizzazione del progetto. In tal caso, la conclusione della conferenza di servizi, se conforme alla delibera, non richiede un'ulteriore delibera del consiglio comunale.

      9. Resta a carico degli interessati il pagamento delle spese e dei diritti previsti da leggi statali e regionali, in misura pari agli importi relativi ai procedimenti autorizzatori previsti dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ridotti della metà per i profili di procedimento attivati dalla presentazione della dichiarazione di conformità. Le amministrazioni interessate utilizzano tali importi ai fini dei controlli sul territorio, per i quali non può essere richiesto alcun corrispettivo all'impresa interessata.

      10. Nei casi in cui, eccezionalmente, non sia tecnicamente possibile provvedere per via telematica, l'amministrazione interessata trasmette gli atti e gli allegati di cui al comma 4 con modalità equipollenti atte a garantire la tempestività della trasmissione. Il soggetto o, eccezionalmente, l'amministrazione che siano privi delle strutture tecniche necessarie possono partecipare alla conferenza di servizi per via telematica accedendo con i propri rappresentanti alla sede di un'altra amministrazione partecipante in possesso delle predette strutture, che deve garantirne l'accesso.

 

 

L’articolo 9 definisce i principi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive.

 

L’istituzione di uno sportello unico per le attività produttive presso ogni comune è stata prevista dagli articoli 23-25 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112 recante “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali”, adottato in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 (c.d. legge Bassanini).

In particolare, l'articolo 23 del D.Lgs. 112 attribuisce ai comuni le competenze in materia di localizzazione degli impianti produttivi. Le regioni provvedono al coordinamento e al miglioramento dei servizi e dell'assistenza alle imprese, con particolare riferimento alla localizzazione e autorizzazione degli impianti produttivi e alla creazione di aree industriali. Le funzioni di assistenza sono esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive.

L'articolo 24 impone ai comuni di organizzarsi in modo da assicurare che un'unica struttura sia responsabile dell'intero procedimento per la localizzazione dell'impresa. Questa struttura - presso la quale è istituito uno sportello unico - garantisce informazioni e svolge gli adempimenti necessari per le procedure autorizzatorie. Per la realizzazione di questi sportelli unici i comuni possono stipulare convenzioni con le camere di commercio. Gli enti locali possono inoltre avvalersi, nelle forme concordate, di altre amministrazioni ed enti pubblici, cui possono anche essere affidati singoli atti istruttori del procedimento. Infine, laddove siano stipulati patti territoriali o contratti d'area, l'accordo tra gli enti locali coinvolti può prevedere che la gestione dello sportello unico sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o del contratto.

L'articolo 25, parallelamente, dispone che il procedimento amministrativo in materia di autorizzazione all'insediamento di attività produttive sia unico. La relativa istruttoria deve avere per oggetto soprattutto i profili urbanistici, sanitari, della tutela ambientale e della sicurezza.

I principi ispiratori della normativa sul provvedimento amministrativo di autorizzazione all'insediamento di attività produttive - che costituiscono principi generali dell'ordinamento dello Stato - sono espressamente elencati dallo stesso art. 25 (comma 2). I principi riportati riprendono le innovazioni sul procedimento amministrativo tipiche della legislazione più recente, quali lo snellimento delle procedure, soprattutto con l'individuazione di un responsabile del procedimento e la creazione del già accennato "sportello unico", nonché con il ricorso all'autocertificazione, a meccanismi di silenzio-assenso e alla convocazione di conferenze di servizi per accelerare i momenti decisionali; l'inserimento di regole di trasparenza, tra le quali la partecipazione alla fase istruttoria dei provvedimenti di tutti i portatori di interessi coinvolti e l'effettuazione del collaudo da parte di soggetti abilitati in posizione di terzietà rispetto all'impresa richiedente l'autorizzazione.

Le disposizioni contenute nel D.Lgs. 112/98 sono state integrate successivamente dalla legge 24 novembre 2000, n. 340 recante "Disposizioni per la delegificazione di norme per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999", che ha introdotto il nuovo articolo 27-bis con il quale si stabilisce che le amministrazioni, gli enti e le autorità competenti a svolgere attività istruttoria in materia provvedano all'adozione delle misure organizzative necessarie al fine dello snellimento di tale attività.

Le funzioni dello sportello unico sono state definite nel dettaglio dall'articolo 3 del DPR 20 ottobre 1998, n. 447[85], recante disposizioni di semplificazione dei procedimenti autorizzatori concernenti gli impianti produttivi di beni e servizi tra i quali, a seguito delle modifiche introdotte dal DPR 7 dicembre 2000, n. 440[86] (art. 1 comma 1-bis), sono stati inclusi anche quelli relativi alle attività agricole, commerciali e artigiane, alle attività turistiche ed alberghiere, ai servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari, ai servizi di telecomunicazioni.

Ai fini del rilascio dell’'autorizzazione, l'articolo 3, comma 1, prevede che i comuni predispongano una apposita struttura unica, cui viene affidato l'intero procedimento. La struttura, che può essere articolata in appositi uffici, deve essere dotata di uno sportello unico, ai fini della cui realizzazione i comuni possono stipulare convenzioni con le camere di commercio ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del D.Lgs. 112/98.

Il comma 2 dell'art. 3 dispone che la struttura comunale si doti di uno sportello unico per le attività produttive, previa predisposizione di un archivio informatico contenente le informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure previste dal regolamento, l'elenco delle domande di autorizzazione presentate, lo stato del loro iter procedurale, nonché tutte le informazioni utili - comprese quelle concernenti le attività promozionali - disponibili presso le strutture di coordinamento regionale (contemplate dall'articolo 23, comma 2, del citato decreto legislativo 112/98). E' garantito l'accesso gratuito all'archivio informatizzato a chiunque vi abbia interesse, anche in via telematica. Tutti gli interessati si possono rivolgere allo sportello unico per gli adempimenti connessi ai procedimenti di cui al presente regolamento.

E' prevista anche una verifica intermedia dei progetti per l'insediamento di attività produttive rispetto agli strumenti urbanistici. Più esattamente, gli interessati possono richiedere alla citata struttura comunale di pronunciarsi sulla conformità (allo stato degli atti in suo possesso), dei progetti preliminari sottoposti al suo parere, con gli strumenti di pianificazione paesistica, territoriale e urbanistica vigenti, senza che ciò pregiudichi la definizione del successivo procedimento autorizzatorio. La struttura deve pronunciarsi in tal senso entro 90 giorni.

Il termine concesso ai comuni per dotarsi della struttura e nominare il responsabile del procedimento è fissato dal comma 4 dell'articolo 2 del D.P.R. in 90 giorni dalla entrata in vigore del provvedimento stesso.

Si ricorda che il recente D.Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale), all’art. 10,ha previsto la realizzazione in modalità informatica dello sportello unico, di cui all’art. 3 del DPR 447, che eroga i propri servizi verso l'utenza anche in via telematica. Lo stesso articolo dispone, altresì, che lo Stato, d'intesa con la Conferenza unificata, allo scopo di  promuovere la massima efficacia ed efficienza dello sportello unico, anche attraverso l'adozione di modalità di relazione con gli utenti omogenee in tutto il territorio nazionale, proceda alla individuazione di uno o più modelli tecnico-organizzativi di riferimento, tenendo presenti le migliori esperienze realizzate.

Nell’ambito dell’adozione di misure finalizzate alla semplificazionedegli adempimenti amministrativi delle imprese e al rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive, si segnala la novella all’art. 23, comma 3, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

Inizialmente prevista nel disegno di legge “competitività” (AS 3533), tra le misure volte alla semplificazione nei rapporti con le pubbliche amministrazioni, e successivamente confluita nella legge finanziaria 2006 (L. 266/05), la novella, introdotta dall’art. 1, comma 370, della citata legge finanziaria dispone che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317[87].

Merita ricordare, infine, che l’articolo 5, comma 1, della legge n.246 del 2005 (Legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005) ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la semplificazione delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva dello Stato vigenti in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e per il rafforzamento dello sportello unico per le attività produttive.Il termine per l’attuazione della delega inizialmente fissato al 16 giugno 2007 è stato prorogato al 31 dicembre 2007 dall’art. 1, comma 10 del disegno di legge di conversione del DL 173/06, convertito con modificazioni dalla legge 228 del 12 luglio 2006. Lo stesso articolo al comma 2 ha stabilito che il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, al fine, tra l’altro, di assicurare la rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l'estensione e lo sviluppo dell'operatività degli stessi, favorendo:

1) l'adozione di modelli organizzativi differenziati in relazione alla dimensione territoriale e demografica di interesse, nel rispetto dell'autonomia dei soggetti coinvolti, al fine di garantire adeguati livelli di funzionalità, nonché il coordinamento e la cooperazione tra i diversi livelli di governo;

2) l'affidamento di ulteriori ambiti procedimentali alla gestione degli sportelli unici, sia a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle fasi di avvio, svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, sia a fini di promozione territoriale;

3) l'implementazione di modelli innovativi per la formazione del personale addetto agli sportelli unici;

4) l'adozione di efficaci strumenti di informatizzazione dei processi e di diffusione della conoscenza del contesto territoriale.

I suddetti accordi possono inoltre prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, meccanismi di premialità regionale, cofinanziabili, limitatamente alle aree sottoutilizzate, con il Fondo di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

Le novità di maggiore rilievo previste dall’articolo 9 in commento rispetto alla normativa vigente sono le seguenti:

·       previsione che in caso di mancata attivazione dello sportello unico i Comuni designino l’ufficio competente a ricevere le comunicazioni relative alla realizzazione degli impianti produttivi (comma 2);

·       previsione di più efficaci forme di raccordo tra lo sportello unico e le altre PA interessate al procedimento, le quali sono tenute a trasmettere all’ sportello unico le domande ad esse eventualmente presentate, dandone comunicazione al richiedente (comma 3);

·       ampliamento e qualificazione dell’attività informativa dello sportello unico. In particolare, si prevede l’implementazione dei siti internet e l’estensione dell’attività informativa agli atti adottati in sede di controllo successivo, anche da altre PA (comma 5);

L’articolo 3 del DPR n.447/1998 prevede che lo sportello unico assicuri, previa predisposizione di un archivio informatico contenente i necessari elementi informativi, a chiunque vi abbia interesse, l'accesso gratuito, anche in via telematica, alle informazioni sugli adempimenti necessari per le procedure previste dal presente regolamento, all'elenco delle domande di autorizzazione presentate, allo stato del loro iter procedurale, nonché a tutte le informazioni utili disponibili a livello regionale comprese quelle concernenti le attività promozionali.

·       possibilità di attribuire allo sportello unico per le attività produttive le competenze dello sportello unico per l’edilizia (comma 6);

Le competenze dello sportello unico dell’edilizia sono disciplinate dall’articolo 5 del D.P.R. n. 380/2001 recante “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia”. Ai sensi di tale disposizione le amministrazioni comunali costituiscono un ufficio denominato “sportello unico per l'edilizia”, che cura tutti i rapporti fra il privato, l'amministrazione e, ove occorra, le altre amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto della richiesta di permesso o di denuncia di inizio attività. Tale ufficio provvede in particolare:

a) alla ricezione delle denunce di inizio attività e delle domande per il rilascio di permessi di costruire e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia, ivi compreso il certificato di agibilità;

b) a fornire informazioni, anche mediante predisposizione di un archivio informatico ad accesso gratuito, sugli adempimenti necessari per lo svolgimento delle procedure previste dal regolamento;

d) all'adozione, nelle materie di cui alla lettera a), dei provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi in favore di chiunque vi abbia interesse ai sensi dell'art. 22 e seguenti della n. 241 del 1990;

e) al rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità, nonché delle certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio;

f) alla cura dei rapporti tra l'amministrazione comunale, il privato e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto dell'istanza o denuncia, con particolare riferimento agli adempimenti connessi all'applicazione della parte seconda del testo unico.

Ai fini del rilascio del permesso di costruire o del certificato di agibilità, l'ufficio acquisisce direttamente, ove questi non siano stati già allegati dal richiedente:

a) il parere dell'A.S.L. nel caso in cui non possa essere sostituito da una autocertificazione ai sensi dell'art. 20, comma 1;

b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio.

L'ufficio cura altresì gli adempimenti necessari ai fini dell'acquisizione, anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli artt. 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater della n. 241, degli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio.

·       obbligo di convocazione della conferenza di servizi (che la normativa vigente prevede, invece, come mera facoltà del responsabile del procedimento) nel caso in cui il progetto di impianto produttivo contrasti con lo strumento urbanistico (comma 8).

L’articolo 5 del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447, come modificato dal D.P.R. 7 dicembre 2000, n. 440, in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi, prevede che qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento è tenuto a rigettare l'istanza. Tuttavia, nel caso in cui il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro, ma lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato, è il responsabile del procedimento che ha la facoltà, con obbligo di motivazione, di convocare una conferenza di servizi ai sensi dell'art. 14 della legge n. 241 del 1990, come modificato dall'art. 17 della legge n. 127 del 1997, per le conseguenti decisioni, dandone contestualmente pubblico avviso.

Alla conferenza può intervenire qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dalla realizzazione del progetto dell'impianto industriale.

Qualora l'esito della conferenza di servizi comporti la variazione dello strumento urbanistico, la determinazione costituisce proposta di variante sulla quale, tenuto conto delle osservazioni, proposte e opposizioni formulate dagli aventi titolo, il consiglio comunale si pronuncia definitivamente entro sessanta giorni. La disposizione precisa che non è richiesta l'approvazione della regione, le cui attribuzioni sono fatte salve dall'articolo 14, comma 3-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

 

Al riguardo si segnala che appare opportuno chiarire la formulazione della disposizione, con particolare riferimento alla disciplina dei passaggi procedurali conseguenti all’ipotesi di decisione negativa del consiglio comunale e ai tempi di adozione della delibera comunale sulla variante urbanistica.

 

·       introduzione di una nuova disciplina sul pagamento delle spese e dei diritti dovuti dal richiedente. In particolare, si prevede che le entrate debbano essere utilizzate dalle PA interessate per lo svolgimento dei controlli sul territorio, per i quali non può essere richiesto alcun corrispettivo all’impresa interessata. Non viene invece riproposta la norma vigente (art.10, co.2, del DPR n.447/1998) volta a penalizzare le PA le quali, nello svolgimento delle attività istruttorie ad esse assegnate, non abbiano rispettato i termini previsti (comma 9);

L’articolo 10 del DPR n.447/1998 prevede che la struttura responsabile del procedimento provvede alla riscossione delle spese e dei diritti, riversandoli alle PA che hanno svolto attività istruttorie. Qualora le suddette PA non abbiano rispettato i termini previsti, non si dà luogo al rimborso.

·       mancata riproposizione della disposizione (articolo 8 del DPR n.447/1998) che prevede la possibilità per lo sportello unico di affidare specifiche fasi e attività istruttorie a strutture pubbliche qualificate (ARPA, ASL, Camere di commercio, Università o Centri pubblici di ricerca).

L’articolo 8 del DPR n.447/1998 prevede che lo sportello unico può affidare, mediante convenzione, che fissi termini compatibili con la conclusione dei procedimenti, specifiche fasi e attività istruttorie alle agenzie regionali per l'ambiente, ad aziende sanitarie locali o loro consorzi regionali, alle camere di commercio, industria e artigianato nonché a università o altri centri e istituti pubblici di ricerca che assicurino requisiti di indipendenza, di competenza e di adeguatezza tecnica.

 


Articolo 10
(Dichiarazione unica per l'immediata realizzazione
degli impianti produttivi)

      1. Le disposizioni del presente capo disciplinano la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi nei casi in cui le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge richiedano una o più dichiarazioni o autorizzazioni.

      2. Sono impianti produttivi gli insediamenti di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, relativi a tutte le attività di produzione di beni e di servizi, ivi inclusi le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni.

      3. Chiunque voglia realizzare o modificare un impianto produttivo presenta allo sportello unico una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, corredata degli elaborati progettuali e della dichiarazione di conformità del progetto alla normativa applicabile, resa sotto la propria responsabilità dal progettista dell'impianto o dell'intervento dichiarato, che a tale fine deve essere munito di idonea assicurazione per responsabilità professionale.

      4. Lo sportello unico rilascia contestualmente la ricevuta che, unitamente alla documentazione di cui al comma 3, costituisce titolo per l'immediato avvio dell'intervento dichiarato e che vale anche quale titolo edilizio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 11.

      5. La dichiarazione di conformità di cui al comma 3 concerne, in particolare, gli aspetti edilizi e urbanistici e quelli attinenti ai prescritti pareri igienico-sanitari e in materia di sicurezza quando la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni discrezionali.

      6. Per gli ulteriori profili non rientranti nelle ipotesi previste dall'articolo 11 e suscettibili di dichiarazione di conformità, l'immediato avvio dell'intervento è subordinato alla previa presentazione di una dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un ente tecnico accreditato, non collegato professionalmente né economicamente, in modo diretto o indiretto, all'imprenditore interessato all'intervento.

      7. Qualora occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell'impianto, lo sportello unico, d'ufficio ovvero su richiesta dell'interessato o dei soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, o dei soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati che vi abbiano interesse, convoca una riunione, anche per via telematica, di cui viene redatto apposito verbale, fra i soggetti interessati e le amministrazioni competenti. Qualora al termine della riunione sia raggiunto un accordo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sulle caratteristiche dell'impianto, il relativo verbale vincola le parti.

 

 

L'articolo 10 dispone che l'immediato avvio della realizzazione o della modifica di impianti produttivi è consentito sulla base della presentazione di una dichiarazione unica dell'imprenditore, attestante la sussistenza dei requisiti di legge, corredata degli elaborati progettuali e di una dichiarazione di conformità del progetto, resa dal progettista (per i profili edilizi e urbanistici, igienico-sanitari e di sicurezza) o da un ente tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore (per gli altri profili autocertificabili), cui fa seguito il rilascio di una ricevuta da parte dello sportello unico. Qualora occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell’impianto, lo sportello unico può convocare una riunione con tutti i soggetti interessati, al fine di conseguire un accordo vincolante in luogo del provvedimento finale.

 

Si evidenzia la necessità di chiarire se la convocazione della riunione abbia un effetto sospensivo rispetto al rilascio della ricevuta (nel qual caso, non essendo previsto un termine entro il quale la riunione debba essere convocata e conclusa, risulterebbe indefinito il momento in cui l’avvio dell’attività è effettivamente consentito) o rispetto alla prosecuzione dell’attività avviata (nel qual caso non vi sarebbe incertezza in ordine alla possibilità di avviare immediatamente l’attività una volta conseguita la ricevuta; tuttavia, non essendo previsto un termine entro il quale la riunione debba essere conclusa, risulterebbe indefinito il momento a partire dal quale l’attività può essere ripresa conformemente all’accordo). Al riguardo si fa presente che la normativa vigente, recata dall’articolo 6, commi 4-5, del D.P.R. 447/1998, ove pure si prevede la possibilità di convocare in contraddittorio l’interessato da parte del responsabile del procedimento nel caso in cui si rendano necessari chiarimenti di ordine tecnico, chiarisce espressamente che il termine per la formazione del silenzio-assenso a seguito della presentazione dell’autocertificazione (fissato in 60 giorni dal successivo comma 8) resta sospeso fino alla presentazione del progetto modificato conformemente all’accordo.

 

Inoltre, appare necessario chiarire il rapporto tra il comma 3 e il comma 6, al fine di distinguere i profili oggetto della dichiarazione di conformità di competenza del progettista e quelli oggetto della dichiarazione di conformità che deve essere resa da un ente accreditato.

 

L’articolo 6, commi 4 e 5, del D.P.R. 447/1998 dispone che ove occorrano chiarimenti in ordine alle soluzioni tecniche e progettuali o al rispetto delle normative amministrative e tecniche di settore o qualora il progetto si riveli di particolare complessità ovvero si rendano necessarie modifiche al progetto o il comune intenda proporre una diversa localizzazione dell'impianto, il responsabile del procedimento può convocare il soggetto richiedente per una audizione in contraddittorio di cui viene redatto apposito verbale. Qualora, al termine dell'audizione, sia raggiunto un accordo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, sulle caratteristiche dell'impianto, il relativo verbale vincola le parti. Il termine per la formazione del silenzio-assenso a seguito della presentazione dell’autocertificazione (fissato in 60 giorni dal successivo comma 8) resta sospeso fino alla presentazione del progetto modificato conformemente all’accordo.

Si ricorda, altresì, che ai sensi dell’art. 11 della L. 241/1990 (richiamata dalla disposizione in commento) l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo. Al fine di favorire la conclusione di tali accordi il responsabile del procedimento può predisporre un calendario di incontri cui invita, separatamente o contestualmente, il destinatario del provvedimento ed eventuali controinteressati. Gli accordi debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Gli accordi sostitutivi di provvedimenti sono soggetti ai medesimi controlli previsti per questi ultimi. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse l'amministrazione può eccedere unilateralmente dall'accordo, salvo l'obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione agli eventuali pregiudizi verificatisi in danno del privato. A garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa, in tutti i casi in cui una pubblica amministrazione conclude accordi nelle ipotesi previste al comma 1 la stipulazione dell'accordo è preceduta da una determinazione dell'organo che sarebbe competente per l'adozione del provvedimento Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui all’articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

 


Articolo 11
(Casi di esclusione dall'immediato avvio dell'intervento)

      1. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 è esclusa per i profili attinenti:

          a) alla tutela del patrimonio archeologico, storico, artistico, culturale e paesaggistico;

          b) alla difesa nazionale e alla pubblica sicurezza;

          c) alla tutela dell'ambiente, della salute e della pubblica incolumità quando la normativa vigente richiede un'autorizzazione espressa.

      2. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 previa dichiarazione di conformità non si applica altresì:

          a) ai casi per i quali la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali;

          b) ai casi per i quali il rilascio del titolo edilizio è prescritto dalle norme regionali di adeguamento alle disposizioni della presente legge;

          c) alle medie e alle grandi strutture di vendita per i profili attinenti all'autorizzazione commerciale;

          d) agli impianti che utilizzano materiali nucleari o producono materiali di armamento;

          e) ai depositi costieri e agli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di olii minerali;

          f) agli impianti di deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio di rifiuti;

          g) alle attività e agli impianti comportanti l'utilizzo di frequenze radio.

 

 

 

L’articolo 11 elenca i casi in cui l’immediato avvio dell’intervento non è consentito.

In particolare, rispetto alla normativa vigente (recata dall’art.27 del D.Lgs. n.112/1998, nonché dall’art.1, co.3 e dall’art. 6, co.1 e 6, del DPR n.447/1998) la disposizione introduce quali nuove ipotesi di esclusione “le “medie e grandi strutture di vendita per i profili attinenti all’autorizzazione commerciale” e le “attività e gli impianti comportanti l’utilizzo di frequenze radio”.

L’articolo 27 del D.Lgs. n.112 del 1998 prevede che sono fatte salve le vigenti norme in materia di valutazione di compatibilità e di impatto ambientale. Per gli impianti nei quali siano utilizzati materiali nucleari, per gli impianti di produzione di materiale d'armamento, per i depositi costieri, per gli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di oli minerali e deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio dei rifiuti non si applicano i princìpi in materia di autocertificazione e silenzio-assenso.

L’articolo 6, comma 1, del DPR n.447/1998 chiarisce che l’autocertificazione non può riguardare le materie di cui all’articolo 1, comma 3 (ossia le attività che implicano l’uso di sostanza pericolose e in materia di prevenzione e riduzione dell’inquinamento) e le ipotesi per le quali la normativa comunitaria prevede la necessità di una apposita autorizzazione.

 

Si evidenzia la necessità di chiarire a quali “necessarie domande di autorizzazione”, di cui deve essere corredata la dichiarazione di conformità, si intenda fare riferimento, posto che i casi di esclusione dall’immediato avvio dell’intervento sono già espressamente elencati all’articolo 11.


Articolo 12
(Autorizzazione degli impianti produttivi mediante conferenza
di servizi per via telematica)

      1. Nelle ipotesi di cui all'articolo 10, la dichiarazione di conformità è corredata anche delle necessarie domande di autorizzazione, che sono immediatamente trasmesse dallo sportello unico per via telematica alle amministrazioni competenti. Lo sportello unico provvede altresì alla convocazione di una conferenza di servizi, che si svolge per via telematica.

      2. Il verbale conclusivo della conferenza di servizi è perfezionato e comunicato entro il termine di un mese dalla prima riunione della conferenza, che deve tenersi entro sette giorni dalla presentazione della documentazione da parte dell'interessato; decorso tale termine si provvede ai sensi dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

      3. Se il progetto dell'impianto è munito della dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un soggetto tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore, al decorso degli ulteriori termini di cui all'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, senza che siano intervenuti atti interdittivi o prescrittivi, le opere possono essere avviate, fatti salvi gli ulteriori atti dell'amministrazione. Tale disposizione non si applica nei casi di dissenso qualificato di cui al comma 3 del medesimo articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni.

      4. Resta ferma la disciplina della valutazione di impatto ambientale resa nell'ambito della conferenza di servizi di cui ai commi 4, 5 e 10 dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

      5. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 01 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e può svolgersi per via telematica»;

          b) dopo il comma 01 sono inseriti i seguenti:

      «02. La convocazione della conferenza di servizi è pubblica e ad essa possono partecipare, senza diritto di voto, i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che vi abbiano interesse. Gli stessi soggetti possono proporre osservazioni. Si applica l'articolo 10, comma 1, lettera b).

      03. Alla conferenza di servizi partecipano anche, senza diritto di voto, i concessionari, i gestori o gli incaricati di pubblici servizi chiamati ad adempimenti nella realizzazione di opere, che sono vincolati alle determinazioni assunte nella conferenza. Alla stessa possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione»;

          c) al comma 9, le parole: «Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce» sono sostituite dalle seguenti: «Il verbale recante la determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis, nonché le indicazioni delle dichiarazioni, degli assensi, dei dinieghi e delle eventuali prescrizioni integrative, sostituiscono».

 

 

Il comma 1 dell’articolo 12 prevede che nelle ipotesi in cui, ai sensi dell’art. 10 della proposta in esame (vedi supra), ai fini della realizzazione o della modifica di impianti produttivi, in luogo delle dichiarazioni o autorizzazioni richieste dalla legislazione vigente, sia presentata allo sportello unico per le attività produttiveuna dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, a tale dichiarazione debbano essere allegate anche le domande di autorizzazione necessarie alla realizzazione dell’intervento.

Lo sportello unico provvede immediatamente a trasmettere tali domande per via telematica alle amministrazioni competenti e a convocare una conferenza di servizi, da svolgersi anch’essa per via telematica.

In questo caso, quindi, diversamente da quanto previsto dalla disciplina generale in materia (su cui v. infra), la convocazione della conferenza pare configurarsi come automatica pur non conseguendo alla mancata espressione di assensi comunque denominati entro il termine di 30 giorni dalla richiesta (o all’espressione di dissensi) da parte delle altre amministrazioni interpellate.

 

La conferenza di servizi costituisce uno strumento organizzativo da attivarsi nella fase decisoria di procedimenti amministrativi complessi ed è volta ad accelerare l’espressione dei consensi delle amministrazioni coinvolte[88].

Quando risulti opportuno esaminare contestualmente più interessi pubblici ovvero sia necessario acquisire una pluralità di atti di intesa (concerti, nulla osta, pareri, etc.) l’amministrazione procedente può indire una conferenza di servizi, le cui decisioni sostituiscono, a tutti gli effetti, ogni atto di tutte le amministrazioni partecipanti.

Al di fuori di questa ipotesi, le amministrazioni pubbliche possono comunque concludere tra loro accordi volti a disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

La legge 241/1990 prevede tre tipi di conferenza dei servizi:

§         conferenza c.d. istruttoria (art. 14, co. 1 e 3);

§         conferenza su istanze o progetti preliminari (art. 14-bis);

§         conferenza c.d. decisoria (art. 14, co. 2).

La conferenza istruttoria costituisce la fattispecie più generale, può, infatti, essere indetta ogni qual volta sia opportuno un confronto tra più amministrazioni portatrici di interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo. La conferenza è convocata dall’amministrazione responsabile del procedimento.

La conferenza su istanza o progetti preliminari, istituita dalla L. 340/2000, è un particolare tipo di conferenza “preliminare” convocata – su richiesta dell’interessato – per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo.

L’obiettivo della conferenza preliminare è di verificare le condizioni alle quali potrebbe essere dato l’assenso sull’istanza o sul progetto definitivo stesso, in modo di eliminare, od almeno limitare, l’emersione di ostacoli amministrativi nelle fasi ulteriori della procedura. La conferenza, in tale sede, è tenuta a pronunciarsi entro un temine determinato (30 giorni).

Tempi più lunghi sono previsti nel caso in cui sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA). In ogni caso l’autorità competente alla VIA è tenuta ad esprimersi in tempi definiti, ed il suo intervento costituisce parte integrante della procedura di VIA che prosegue anche dopo la presentazione del progetto definitivo.

Le indicazioni fornite dalle amministrazioni coinvolte nella conferenza preliminare, comprese quelle eventuali dell’autorità competente alla VIA, non possono essere modificate in assenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.

La terza e principale fattispecie è la conferenza decisoria. Essa interviene nei procedimenti che prevedono, per il loro perfezionamento, l’assenso, sotto forma di intesa, concerto, nulla osta, o comunque altrimenti denominato, di più autorità. In questi casi l’amministrazione responsabile del procedimento è tenuta prima ad esperire la procedura normale richiedendo formalmente, al momento dell’avvio del procedimento, l’assenso alle altre amministrazioni interessate. Se questo non è ottenuto entro 30 giorni dalla richiesta (o si è verificato il dissenso di una amministrazione coinvolta) si procede con la convocazione della conferenza.

Viene disciplinata l’espressione di eventuali dissensi in seno alla conferenza da parte di rappresentanti di una o più amministrazioni: in questi casi il dissenso deve essere espresso in sede di conferenza, deve essere motivato, deve riferirsi a questioni connesse al procedimento e, soprattutto, deve indicare le modifiche necessarie per l’ottenimento dell’assenso.

 

La previsione secondo cui la conferenza di servizi deve svolgersi in via telematica costituisce un rafforzamento delle disposizioni attualmente vigenti volte ad incentivare l’utilizzo di mezzi informatici di comunicazione, poiché allo stato il ricorso a conferenze on-line rappresenta una mera facoltà rimessa all’apprezzamento delle amministrazioni partecipanti alla conferenza stessa[89].

 

Il comma 5-bis dell’art. 14 della L. 241/1990, aggiunto dalla L. 15/2005, prevede infatti che la convocazione e lo svolgimento della conferenza di servizi con l'utilizzo degli strumenti informatici disponibili avvenga previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, secondo tempi e modalità stabiliti dalle stesse amministrazioni.

Più in generale si evidenzia che, ai sensi dell’art. 10 del Codice dell'amministrazione digitale[90], lo sportello unico per le attività produttive è realizzato in modalità informatica ed eroga i propri servizi verso l'utenza anche in via telematica.

 

Il comma 2 della disposizione in esame fissa termini abbreviati per la conclusione della conferenza di servizi, stabilendo che il verbale conclusivo della conferenza debba essere completato e comunicato entro un mese dalla prima riunione della medesima conferenza, la quale a sua volta deve tenersi entro 7 giorni dalla presentazione della documentazione da parte dell'interessato.

 

La disciplina generale prevista per i lavori della conferenza dei servizi dall’art. 14-ter della L. 241/1990 prevede che la prima riunione della conferenza sia convocata entro 15 giorni dalla data di indizione; detto termine può essere aumentato a 30 giorni in caso di particolare complessità dell'istruttoria. Quanto alla conclusione della conferenza, le amministrazioni convocate devono stabilire nella prima riunione della conferenza, o in quella immediatamente successiva, il termine per l’adozione della decisione conclusiva, che comunque non può pervenire oltre i 90 giorni dalla prima seduta, così come da ultimo stabilito dalla L. 340/2000, che per la prima volta definisce un termine certo per la conclusione dei lavori della conferenza stessa. Specifiche disposizioni sono inoltre previste per le fattispecie in cui sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA), essendo prevista la sospensione dei termini per non più di 90 giorni e la conclusione dei lavori della conferenza in tempi certi in caso di mancato intervento della VIA in detti termini (v. anche infra).

 

Una volta decorso il termine per la conclusione della conferenza, in base allo stesso comma trovano applicazione le misure sostitutive previste dall'articolo 14-quater della L. 241/1990 per i casi di dissenso espressi nell’ambito della conferenza stessa.

 

A seguito delle modifiche introdotte dalla L. 15/2005[91], l’art. 14-ter della L. 241/1990 prevede che la decisione finale dell’amministrazione procedente in esito alla conferenza  tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede.

Il successivo art. 14-quater– dopo aver precisato che il dissenso deve, a pena di inammissibilità, essere manifestato nella conferenza di servizi, essere congruamente motivato, strettamente riferito alle questioni oggetto della conferenza e deve indicare le modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso – disciplina in primo luogo le fattispecie di dissensi espressi da amministrazioni preposte alla tutela di “interessi sensibili” (tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico, della salute e della pubblica incolumità). Al riguardo il co. 3 dell’art. 14-quater prevede che si incardini uno specifico sub-procedimento nell’ambito del quale la decisione venga rimessa al Consiglio dei Ministri, alla Conferenza Stato-Regioni ovvero alla Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs 281/1997, a seconda che il dissenso riguardi amministrazioni statali, amministrazioni statali e regionali o più amministrazioni regionali ovvero amministrazioni statali o regionali ed enti locali, o più enti locali.

Il successivo comma 3-bis regola invece le fattispecie di dissenso espresso dalle regioni e dalle province autonome nelle materie di loro competenza, prevedendo la rimessione della determinazione rispettivamente alla Conferenza Stato-regioni, se il dissenso è sorto tra un'amministrazione statale e una regionale o tra amministrazioni regionali, ovvero alla Conferenza unificata, in caso di dissenso tra una regione o provincia autonoma e un ente locale.

Quanto alla definizione dei termini e delle modalità fissati per le procedure di cui all’art. 14-quater in esame, si può ricordare che:

§         la determinazione sostitutiva deve essere richiesta dall’amministrazione procedente entro 10 giorni (decorrenti, presumibilmente, dalla formalizzazione del dissenso);

§         la decisione è assunta entro i 30 giorni successivi, verificata la completezza della documentazione inviata ai fini istruttori;

§         in relazione alla complessità dell'istruttoria, il termine di 30 giorni può essere prorogato per un ulteriore periodo non superiore a 60 giorni.

In caso di mancata decisione entro detti termini da parte della Conferenza Stato-regioni o della Conferenza unificata la decisione, su iniziativa del Ministro per gli affari regionali, è rimessa al Consiglio dei ministri quando verta in materia attribuita alla competenza statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, e dell'articolo 118 della Costituzione, e altrimenti alla competente Giunta regionale o della provincia autonoma di Trento e di Bolzano. Il termine assegnato alle Giunte regionali ed al Consiglio dei ministri per decidere in via sostitutiva è di 30 giorni. Qualora le Giunte regionali non provvedano entro detto ulteriore termine, la decisione è rimessa al Consiglio dei ministri, che delibera con la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate.

Il comma 3-quater precisa che il dissenso tra le amministrazioni regionali non comporta la rimessione della decisione alla Conferenza Stato-Regioni-Province autonome ed eventualmente al Consiglio dei ministri, qualora le regioni interessate abbiano concluso intese, ratificate in forma legislativa, dirette a comporre i dissensi, anche mediante l’individuazione di organi comuni cui affidare le relative determinazioni.

Nel caso, infine, l’opera sia sottoposta a VIA ed essa abbia avuto esito negativo, il presidente del Consiglio può deferire la questione al Consiglio dei ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti.

 

Al riguardo si osserva che non risulta evidente il motivo per cui – in assenza della conclusione della conferenza nei termini previsti – il comma 2 faccia rinvio alla disciplina della fattispecie del dissenso delle amministrazioni partecipanti contenuta nell’art. 14-quater della L. 241/1990 e non a quella prevista dai commi 6-bis e 9 dell’art. 14-ter della medesima legge per la fattispecie di decorso del termine per l'adozione della decisione conclusiva, che consente l’adozione di una determinazione sulla base delle posizioni prevalenti espresse nell’ambito della conferenza.

In base al successivo comma 3, qualora il progetto dell'impianto produttivo sia munito della dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un soggetto tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore (la disposizione sembra far riferimento alla dichiarazione di cui al comma 6 del precedente articolo 10), al decorso degli ulteriori termini previsti per l’emissione delle determinazioni sostitutive dall'articolo 14-quater della L. 241/1990 senza che siano intervenuti atti interdittivi o prescrittivi, le opere possono essere avviate, fatti salvi gli ulteriori atti dell'amministrazione. Non è tuttavia possibile avviare le opere nei casi in cui, ai sensi del medesimo art. 14-quater, co. 3, sia stato espresso un dissenso da parte di amministrazioni preposte alla tutela di interessi “sensibili”.

Il comma 4 precisa che la nuova regolamentazione introdotta per la conferenza di servizi promossa dallo sportello unificato non incide sulla disciplina recata dai commi 4, 5 e 10 dell'articolo 14-ter della L. 241/1990 per le fattispecie nelle quali nell'ambito della conferenza di servizi sia richiesta la valutazione di impatto ambientale (VIA).

 

L’art. 14-ter prevede una disciplina speciale per le fattispecie in cui nell’ambito della conferenza di servizi sia richiesta la VIA.

Al comma 4 si prevede che, in tali fattispecie, la conferenza di servizi si esprima solo dopo aver acquisito detta valutazione e che, pertanto, il termine generale di conclusione dei lavori della conferenza (che, come si è detto, è fissato in 90 giorni dalla prima riunione della conferenza stessa) resti sospeso, per non più di 90 giorni, fino all'acquisizione della richiesta pronuncia sulla compatibilità ambientale. Qualora la VIA non intervenga entro questo ulteriore termine, l'amministrazione competente esprime la propria posizione nella conferenza di servizi, che dovrà concludersi entro 30 giorni dal termine conseguente alla menzionata proroga. La maggioranza dei partecipanti alla conferenza di servizi può tuttavia prorogare tale termine di ulteriori 30 giorni qualora si rendano necessari approfondimenti istruttori.

Il comma 5 stabilisce inoltre che, qualora sia stata acquisita la VIA, le disposizioni di cui agli articoli 14-quater, 16 e 17 della L. 241/1990 in materia di misure sostitutive in caso di dissenso espresso da parte di amministrazioni preposte alla tutela di “interessi sensibili” e di decorso dei termini procedimentali per l’acquisizione di pareri e valutazioni tecniche di competenza di tali amministrazioni si applichino alle sole amministrazioni preposte alla tutela della salute, del patrimonio storico-artistico e della pubblica incolumità, e non anche a quelle competenti in materia di tutela ambientale e paesaggistico-territoriale[92].

Il comma 10 disciplina, infine, le forme di pubblicità del provvedimento finalerelativo ad opere sottoposte a VIA, prevedendo che il proponente debba curarne la pubblicazione,congiuntamente all'estratto della VIA stessa, nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino ufficiale regionale quando si tratti di VIA regionale, nonché in un quotidiano a diffusione nazionale. Dalla data della pubblicazione decorrono i termini per eventuali impugnazioni in sede giurisdizionale da parte degli interessati.

 

Il comma 5 introduce infine tre novelle all’art. 14-ter della L. 241/1990, con riferimento alla disciplina generale della conferenza di servizi decisoria.

In particolare, la lettera a) modifica il comma 01 dell’art. 14-ter introducendo una previsione generale relativa ai lavori della conferenza di servizi volta a rendere possibile il ricorso a forme di svolgimento della conferenza in via telematica.

Al riguardo si osserva che non risulta chiaro il rapporto tra la novella in esame e la disciplina già recata dall’art. 14, comma 5-bis, della L. 241/1990, in base al quale – come si è detto – la convocazione e lo svolgimento della conferenza di servizi possono avvenire, previo accordo tra le amministrazioni coinvolte, con l'utilizzo degli strumenti informatici disponibili, secondo tempi e modalità stabiliti dalle stesse amministrazioni.

La successiva lettera b)inserisce due nuovi commi dopo il comma 01 dell’art. 14-ter, prevedendo un allargamento della partecipazione alla conferenza dei servizi anche a soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche coinvolte, senza tuttavia l’attribuzione a tali soggetti del diritto di voto.

 

Al riguardo si segnala che la conferenza di servizi, nel testo originario della L. 241/1990, prevedeva la partecipazione unicamente delle amministrazioni pubbliche. L’unica apertura a soggetti esterni era costituita dalla possibilità di convocazione su richiesta dell’interessato, quando l’attività del privato fosse subordinata ad atti di consenso (art. 14, co. 4).

Successivamente, la L. 15/2005 ha ampliato la possibilità di intervento da parte di soggetti estranei alla pubblica amministrazione. Innanzitutto, ha stabilito che, in caso di affidamento di lavori pubblici, la conferenza di servizi può essere convocata su richiesta, oltre che del concedente, anche del concessionario (art. 14, co. 5).

In secondo luogo, sempre nel caso di lavori pubblici, i concessionari partecipano alla conferenza di servizi, senza diritto di voto, così come partecipano, anch’essi senza diritto di voto, i soggetti privati che intervengono in una operazione di project financing.

 

Più specificamente, con l’inserimento del comma 02 si prevede che la conferenza sia convocata in modo pubblico e che abbiano la facoltà di partecipare anche i soggetti titolari di interessi pubblici o privati, anche a carattere collettivo, nonché i titolari di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati che abbiano interesse al procedimento oggetto della conferenza stessa. Quanto ai poteri riconosciuti a tali soggetti, che corrispondono sostanzialmente a quelli cui l’art. 9 della L. 241/1990 attribuisce la facoltà di intervenire nel procedimento, la norma in esame esclude – come già segnalato –che essi possano esercitare il diritto di voto nell’ambito della conferenza, potendo tuttavia proporre osservazioni.

Gli stessi soggetti possono proporre osservazioni, nonché presentare memorie scritte e documenti, ai sensi dell’art. 10, comma 1, lettera b) della medesima legge n. 241/1990. Ai sensi di tale ultima disposizione l’amministrazione competente dovrà tener conto degli atti presentati purché siano pertinenti all’oggetto del procedimento.

Con l’inserimento del successivo comma 03 si prevede inoltre che alla conferenza di servizi partecipino anche, senza diritto di voto, i concessionari, i gestori o gli incaricati di pubblici servizi chiamati ad adempimenti nella realizzazione di opere, che sono vincolati alle determinazioni assunte nell’ambito della stessa conferenza.

 

Una definizione di servizio pubblico è indicata nella direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994[93], secondo la quale sono considerati “servizi pubblici, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all'assistenza e previdenza sociale, alla istruzione e alla libertà di comunicazione, alla libertà e alla sicurezza della persona, alla libertà di circolazione, ai sensi dell'art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146, e quelli di erogazione di energia elettrica, acqua e gas”.

 

Si osserva che il comma 1 dell’art. 6 del disegno di legge governativo A.C. 2161 (Modernizzazione, efficienza delle Amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese), in corso di esame presso la I Commissione della Camera, reca una novella all’art. 14 della L. 241/1990 dal contenuto sostanzialmente analogo a quello della disposizione testé esaminata. L’art. 6, co. 1, stabilisce infatti che alla conferenza di servizi partecipino, senza diritto di voto, anche i soggetti impegnati nell’erogazione di servizi pubblici, quando il procedimento o il progetto oggetto della conferenza comportino loro attività adempitive.

La novella prevede inoltre che alla conferenza possano partecipare, sempre senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.

La lettera c) del comma 5 reca infine una novella al comma 9 dell’art. 14-ter della L. 241/1990 che semplifica la fase conclusiva della conferenza di servizi, essendo previsto che le autorizzazioni, concessioni, i nulla osta o gli atti di assenso comunque denominati di competenza delle amministrazioni partecipanti alla conferenza o ad essa invitate siano sostituiti dal verbale recante la determinazione di conclusione della conferenza, adottata dall’amministrazione procedente, e non, come avviene ora, da un diverso provvedimento finale conforme a tale determinazione.

A tal fine, il verbale dovrà altresì indicare, gli assensi, i dinieghi e le eventuali prescrizioni integrative espressi nell’ambito della conferenza.

 

 


Articolo 13
(Comunicazione di chiusura dei lavori e collaudo)

      1. L'interessato comunica allo sportello unico l'ultimazione dei lavori, con apposita dichiarazione corredata di un certificato del direttore dei lavori, con il quale si attestano la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità.

      2. Quando le norme vigenti subordinano la messa in opera dell'impianto a collaudo, lo stesso è effettuato da un ente tecnico accreditato indipendente, ovvero da professionisti abilitati ai sensi della normativa vigente, scelti dall'imprenditore ma diversi dal progettista dell'impianto e dal direttore dei lavori e non collegati professionalmente o economicamente, in modo diretto o indiretto, all'impresa.

      3. Il certificato positivo di collaudo, ai sensi del presente articolo, consente l'immediata messa in funzione degli impianti, fermi restando i poteri di vigilanza e di controllo delle amministrazioni competenti.

 

 

L'articolo 13 disciplina la comunicazione di fine lavori e il collaudo (ove necessario) che, resi a cura dell'imprenditore, consentono l'immediata messa in funzione dell'impianto, fermi restando i poteri di controllo delle amministrazioni competenti.

Le novità di maggiore rilievo previste dall’articolo 13 in commento rispetto alla normativa vigente sono le seguenti:

§      viene introdotta la comunicazione allo sportello unico della ultimazione dei lavori (non prevista dalla normativa vigente), corredata da un certificato del direttore dei lavori attestante la conformità dell’opera al progetto e la sua agibilità (comma 1);

§      viene esclusa la partecipazione diretta dello sportello unico, tramite propri tecnici, alle operazioni di collaudo, che restano quindi affidate in prima battuta all’impresa, la quale si può avvalere di propri professionisti, purché ad essa non collegati professionalmente o economicamente (comma 2);

§      viene previsto che il certificato positivo di collaudo consente l’immediata messa in funzione degli impianti (comma 3).

 

L’articolo 9 del DPR n.447/1998 disciplina le modalità di esecuzione dei collaudi degli impianti produttivi. La disposizione prevede, innanzitutto, che quando il collaudo sia previsto dalle norme vigenti, le strutture e gli impianti sono collaudati da professionisti o da altri soggetti abilitati dalla normativa vigente, diversi dal progettista dell'impianto e dal direttore dei lavori e non collegati professionalmente né economicamente, in modo diretto o indiretto, all'impresa, che ne attestano la conformità al progetto approvato, l'agibilità e l'immediata operatività. Al collaudo partecipano i tecnici dello sportello unico per le attività produttive, il quale a tal fine può avvalersi del personale dipendente da altre amministrazioni. L'impresa chiede allo sportello unico di fissare la data del collaudo in un giorno compreso tra il ventesimo e il sessantesimo successivo a quello della richiesta. Decorso inutilmente tale termine, il collaudo può avere luogo a cura dell'impresa, che ne comunica le risultanze alla competente struttura. In caso di esito positivo del collaudo l'impresa può iniziare l'attività produttiva. Il certificato di collaudo riguarda tutti gli adempimenti previsti dalla legge e, in particolare, le strutture edilizie, gli impianti produttivi, le misure e gli apparati volti a salvaguardare la sanità, la sicurezza e la tutela ambientale, nonché la loro conformità alle norme sulla tutela del lavoratori nei luoghi di lavoro ed alle prescrizioni indicate in sede di autorizzazione. Il certificato positivo di collaudo consente la messa in funzione degli impianti fino al rilascio definitivo del certificato di agibilità, del nulla osta all'esercizio di nuova produzione e di ogni altro atto amministrativo richiesto.

 

 

 


Articolo 14
(Poteri di controllo e di vigilanza nel procedimento)

      1. A seguito della realizzazione o di modifiche dell'impianto di cui al presente capo, anche successive al rilascio del certificato di cui all'articolo 13, comma 3, resta fermo il potere delle amministrazioni e degli uffici competenti di verificare la conformità della realizzazione dell'impianto alla normativa vigente e di adottare provvedimenti contenenti le misure interdittive o le prescrizioni necessarie, che sono comunicate allo sportello unico e all'interessato, il quale può chiedere la convocazione della conferenza di servizi secondo le disposizioni del presente capo, ai fini della loro verifica congiunta. I provvedimenti indicano le modifiche progettuali necessarie, nonché i tempi e le modalità di adeguamento dell'impianto. Qualora l'imprenditore non vi ottemperi, incorre nell'applicazione delle sanzioni previste per la difformità rilevata. Non si applica l'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

      2. A seguito delle verifiche di cui al comma 1, le amministrazioni e gli uffici competenti possono altresì adottare misure cautelari ad efficacia immediata esclusivamente per motivate ragioni di tutela dell'ambiente, della salute, della sicurezza del lavoro e della pubblica incolumità. L'interessato può chiedere che la conferenza di servizi sia convocata, ai sensi del comma 1, ai fini del riesame delle misure cautelari entro il trentesimo giorno successivo alla richiesta.

      3. Quando sia accertata, fatti salvi i casi di errore od omissione materiale suscettibili di correzione o di integrazione, la falsità di alcuna delle dichiarazioni di cui al presente capo o di autocertificazioni presentate nel corso dei procedimenti di cui al medesimo capo, gli atti sono trasmessi alla competente procura della Repubblica, nonché all'ordine professionale cui eventualmente appartenga il soggetto che le ha sottoscritte. Fermi restando gli obblighi e le sanzioni di legge, qualora i lavori siano stati avviati o realizzati viene ordinata la riduzione in pristino a spese dell'impresa.

 

 

L'articolo 14 regola l'esercizio dei poteri di controllo e di vigilanza delle amministrazioni competenti, prevedendo che le eventuali misure interdittive, prescrittive e cautelari debbano essere riesaminate in sede di conferenza di servizi, su richiesta dell'interessato, ai fini della loro conferma e della individuazione dei tempi e delle modalità dell'adeguamento dell'impianto, fatta salva la riduzione in pristino (oltre alle altre conseguenze penali e disciplinari) in caso di accertata falsità delle autocertificazioni.

Le novità di maggiore rilievo previste dall’articolo 14 in commento rispetto alla normativa vigente sono le seguenti:

·       la possibilità per la PA di adottare misure cautelari ad efficacia immediata per motivate ragioni di tutela dell’ambiente, della salute, della sicurezza del lavoro e della pubblica incolumità;

·       la possibilità per l’imprenditore di chiedere le convocazione di una conferenza di servizi ai fini di una verifica congiunta delle misure interdittive e cautelari eventualmente adottate dalla PA.

Si evidenzia che la disposizione in esame prevede che la conferenza di servizi debba essere convocata entro un termine massimo prestabilito (30 giorni), a decorrere dalla richiesta dell’imprenditore, nelle sole ipotesi in cui oggetto del riesame siano misure cautelari (e non anche interdittive o prescrittive). Appare pertanto opportuno, al fine di assicurare certezza dei tempi, integrare la norma prevedendo un termine di convocazione della conferenza di servizi anche nel caso in cui l’esame abbia ad oggetto misure interdittive o prescrittive.

L’articolo 9 del DPR n.447/1998 disciplina le modalità di esecuzione dei collaudi degli impianti produttivi. La disposizione prevede che il certificato è rilasciato sotto la piena responsabilità del collaudatore. Nel caso in cui la certificazione risulti non conforme all'opera ovvero a quanto disposto dalle vigenti norme, fatti salvi i casi di mero errore od omissione materiale, lo sportello unico assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la riduzione in pristino, a spese dell'impresa, e trasmette gli atti alla competente procura della Repubblica, dandone contestuale comunicazione all'interessato. disposto dalle vigenti norme, fatti salvi i casi di mero errore od omissione materiale, la struttura assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la riduzione in pristino, a spese dell'impresa, e trasmette gli atti alla competente procura della Repubblica, dandone contestuale comunicazione all'interessato. La regione e gli altri enti competenti effettuano i controlli di competenza sugli impianti produttivi, ne comunicano le risultanze agli interessati che possono presentare memorie o chiedere la ripetizione in contraddittorio dell'eventuale esperimento di prove e adottano i provvedimenti, anche in via d'urgenza, previsti dalla legge. L'effettuazione e l'esito dei controlli sono registrati anche presso l'archivio informatico della regione e della struttura comunale. Il collaudo non esonera le amministrazioni competenti dalle proprie funzioni di vigilanza e di controllo in materia e dalle connesse responsabilità previste dalla legge, da esercitare successivamente al deposito del certificato di collaudo degli impianti.

L’articolo 10-bis della legge n.241 del 1990 (di cui la disposizione in commento esclude l’applicazione nel caso di specie) prevede che nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l'autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all'accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione interrompe i termini per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Dell'eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale. Le norma non si applica alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali.

 


Articolo 15
(Svolgimento dei controlli sulle attività produttive)

      1. Al fine di favorire l'efficacia e la trasparenza dell'attività di controllo sul territorio, i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari competenti per territorio e i sindaci promuovono la stipulazione di intese fra tutte le amministrazioni competenti, per definire le modalità e i criteri per l'esecuzione dei controlli.

      2. Le intese di cui al comma 1, in particolare, garantiscono che i controlli si svolgano con modalità e in tempi compatibili con lo svolgimento dell'attività produttiva, anche assicurando la contestualità dei controlli svolti da più uffici ed evitando ogni duplicazione non necessaria.

      3. I controlli si svolgono, anche a campione o su segnalazione di cittadini e di associazioni, senza preavviso, fatta salva l'eventuale ripetizione in contraddittorio su motivata istanza dell'interessato, e vengono immediatamente comunicati, con i relativi esiti, allo sportello unico competente per territorio, il quale rende accessibili a tutti gli interessati, anche per via telematica, le informazioni circa gli uffici competenti a svolgere i controlli e le intese intercorse ai sensi del comma 1, i criteri adottati per la loro esecuzione, i controlli svolti e i relativi esiti.

      4. Il Governo, le regioni e gli enti locali concordano in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e degli articoli 4, comma 1, e 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le modalità di cui al comma 2 del presente articolo ritenute essenziali ai fini dell'effettuazione dei controlli, la cui violazione determina il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario a carico dell'amministrazione, la cui corresponsione prescinde dall'esito del controllo, nonché la misura del predetto indennizzo. Resta salva la possibilità di rivalsa dell'amministrazione nei confronti dei dirigenti e degli impiegati responsabili.

 

 

L'articolo 15 disciplina i controlli sulle attività produttive.

La disposizione prevede, in particolare, che i controlli debbano svolgersi secondo modalità e tempi compatibili con lo svolgimento delle attività imprenditoriali, anche garantendone la contestualità e l'unitarietà ove siano competenti più uffici. A tal fine si prevedono intese tra i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari, nonché i sindaci.

Per quanto concerne la definizione delle modalità essenziali di svolgimento dei controlli, la norma rinvia ad accordi da assumere, tra Governo, regioni ed enti locali, in sede di Conferenza unificata. La violazione delle modalità essenziali di svolgimento dei controlli così definite determina, a prescindere dall’esito del controllo svolto, il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario, con conseguente rivalsa della PA nei confronti dei dipendenti responsabili delle violazioni.

 

La normativa vigente in materia di controlli sulle attività produttive, molto ampia e articolata, individua vari soggetti competenti a svolgere controlli aventi differenti finalità.

Di seguito si fornisce un quadro riassuntivo delle principali tipologie di controlli previsti sulle attività produttive.

Il sistema della vigilanza sull’applicazione delle leggi in materia di lavoro e di previdenza è affidata principalmente ad uffici facenti capo al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nel rispetto delle competenze affidate alle regioni ed alle province autonome; alle A.S.L., invece, spetta la vigilanza sulla prevenzione degli infortuni e sulla igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro.

Gli uffici del Ministero del lavoro competenti per l’attività ispettiva e di vigilanza sono costituti, a livello centrale, dalla Direzione generale per l’attività ispettiva, con compiti di direzione e coordinamento, e a livello territoriale dalle Direzioni regionali e provinciali del lavoro, con il compito di fornire le linee guida sull’attività ispettiva e di svolgere operativamente la medesima attività.

In seguito alle riforma dei servizi ispettivi introdotta dal D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124[94], i richiamati uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale assumono e coordinano le iniziative di contrasto del lavoro sommerso ed irregolare, nonché la vigilanza in materia di legislazione sociale e lavoro, compreso il rispetto e l’applicazione dei contratti collettivi di lavoro e la normativa previdenziale, anche mediante l’ausilio degli enti previdenziali.

Le funzioni di vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale e le funzioni ispettive in materia di previdenza ed assistenza sociale sono svolte operativamente dagli ispettori in forza presso le Direzioni regionali e provinciali del lavoro. Le funzioni ispettive in materia di previdenza ed assistenza sociale sono svolte anche dal personale di vigilanza degli enti previdenziali per i quali sussiste la contribuzione obbligatoria (quali l’INPS, l’INAIL, l’ENPALS). Si ricorda che presso le Direzioni provinciali del lavoro sono istituiti nuclei dei carabinieri che costituiscono parte integrante della struttura e che dipendono gerarchicamente dal Comando Carabinieri Ispettorato del lavoro, con identici poteri degli ispettori del lavoro. Infine, presso le Direzioni regionali del lavoro è possibile, d’intesa con le Direzioni regionali dell’INPS e dell’INAIL e con il Comando Carabinieri Ispettorato del lavoro, costituire, nel territorio di competenza, gruppi di intervento straordinario, secondo le direttive della Direzione generale, per contrastare specifiche violazioni di norme sul lavoro e sulla previdenza.

Oltre alle strutture richiamate operano le Commissioni di coordinamento, sia a livello centrale che regionale, nell’ambito delle quali partecipano gli organismi di vigilanza interessati, compresi la Guardia di finanza, l’Agenzie delle entrate ed i rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori.

L’attività di controllo sulla prevenzione degli infortuni e sull’igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro spetta invece principalmente ai Dipartimenti di prevenzioni delle A.S.L.. Alcune attribuzioni in materia spettano anche ai servizi ispettivi delle Direzioni provinciali del lavoro ed alle rappresentanze sindacali.

Le attività di prevenzione e di controllo svolta dalle A.S.L. sono rivolte all’individuazione, all’accertamento ed al controllo dei fattori di nocività, pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro. Tale attività, tra l’altro, ha lo scopo di garantire il rispetto dei limiti massimi inderogabili di accettabilità delle concentrazioni e di esposizione ad inquinanti di natura chimica, fisica e biologica nonché delle emissioni sonore.

Per lo svolgimento di tali compiti le A.S.L sono dotate di specifici poteri, tra i quali rientrano la prescrizione ad adempiere in caso di accertamento di contravvenzioni, il potere di accesso (cioè il potere di visitare in ogni parte e in qualunque ora del giorno cantieri, opifici laboratori nonché i dormitori e refettori annessi agli stabilimenti) e il potere di disposizione (cioè il potere di imporre al datore di lavoro un determinato comportamento, al fine di colmare eventuali lacune normative).

Infine, anche i lavoratori, attraverso le loro rappresentanze, hanno diritto al controllo dell’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. In assenza di strutture sindacali aziendali, la partecipazione dei lavoratori ha luogo tramite le organizzazioni sindacali territoriali.

 

Le strutture tecniche per il monitoraggio e i controlli ambientali sono prevalentemente gestite dal sistema delle agenzie ambientali (APAT[95], ARPA e APPA) che rappresentano il soggetto principale per le attività di controllo.

Si tratta di un sistema a rete, che conta oggi la presenza sul territorio nazionale di 21 tra agenzie regionali (ARPA) e provinciali (APPA) costituite con apposita legge regionale.

Le attività delle ARPA e APPA si aggiungono a quelle svolte da numerosi altri soggetti. Non esiste, infatti, nel nostro Paese un'unica autorità competente in materia di ispezioni ambientali, ma più soggetti facenti capo a livelli e gerarchie diverse. Da una parte i Comandi dei Carabinieri per la tutela dell'ambiente, la Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato, le Capitanerie di porto, ecc., appartenenti al livello nazionale e dipendenti dalle amministrazioni centrali. Dall'altra le ARPA e le Polizie provinciali o municipali, enti strumentali delle regioni e degli enti locali.

Anche nella pianificazione delle ispezioni sono chiamati ad intervenire più soggetti: le Regioni, che definiscono gli obiettivi generali delle attività di prevenzione e controllo ambientale; le Province, che formulano proposte o pianificano controlli annuali sulla base delle priorità individuate sul territorio; il Ministero dell’ambiente, l’Autorità giudiziaria o cittadini singoli o associati, che possono richiedere ispezioni straordinarie, in presenza di situazioni di potenziale pericolo o di non rispondenza alle norme di legge.

La Raccomandazione 2001/331/CE stabilisce i criteri minimi che gli Stati membri dovrebbero adottare per le ispezioni ambientali, aventi il fine di verificare la conformità degli impianti agli standard ambientali comunitari e a monitorare l’impatto ambientale degli impianti controllati. Tale raccomandazione riguarda l’ispezione ambientale di tutti gli impianti industriali, imprese e siti per i quali è necessario il rilascio di un’autorizzazione o permesso a norma del diritto comunitario.

Con il recepimento nell’ordinamento nazionale della direttiva 96/61/CE (cd. IPPC), avvenuto in modo integrale solo con il d.lgs. n. 59/2005, nella normativa italiana è stato introdotta l'autorizzazione integrata ambientale (AIA) che sostituisce ad ogni effetto ogni altra autorizzazione, visto, nulla osta o parere in materia ambientale per le attività industriali di maggiore dimensione e rilievo dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente[96]. L’approccio integrato di tale normativa investe anche il settore dei controlli: le ispezioni, i cui oneri sono posti a carico dei gestori degli impianti, sono effettuate, per impianti di competenza statale, dall'APAT mentre, negli altri casi, dalle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente.

Si segnalano le iniziative di coordinamento assunte in alcune regioni al fine di coordinare l’attività svolta dai vari soggetti competenti in materia di controlli ambientali (si cita l’esempio della regione Marche, il cui Assessorato all’Ambiente ha promosso un Protocollo d’intesa tra i soggetti competenti all’esecuzione dei controlli ambientali[97], allo scopo di assicurare il flusso delle informazioni, evitare sovrapposizioni e stabilire principi comuni per le ispezioni).

 

Per quanto riguarda il settore tributario, si ricorda che l’articolo 12 della legge 27 dicembre 2000, n. 212 (c.d. “Statuto del contribuente”), riconosce i diritti e le garanzie dei contribuenti sottoposti a verifiche fiscali.

In particolare si segnala che il comma 1 del citato articolo 12, analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 15 in esame, prevede che gli accessi, le ispezioni e le verifiche nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali si devono svolgere, salvo casi eccezionali e urgenti, adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.

Gli operatori dell'amministrazione finanziaria non possono trattenersi presso la sede del contribuente, per più di trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta, nei casi di particolare complessità dell'indagine. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso il suddetto periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero per specifiche ragioni, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio.

L’articolo 12 della legge n. 212 del 2000 prevede inoltre che le verifiche sono effettuate sulla base di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo. Viene riconosciuto il diritto del contribuente di essere informato delle ragioni che giustificano la verifica e del suo oggetto, della facoltà di farsi assistere da un professionista, abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonché dei propri diritti ed obblighi.

Il contribuente ha facoltà di richiedere che l'esame dei documenti amministrativi e contabili sia effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.

Salvo casi di particolare e motivata urgenza, l’avviso di accertamento non può essere emanato prima che siano scaduti sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo. Durante tale periodo il contribuente può comunicare osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori.

Si prevede infine che il contribuente, il quale ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, possa rivolgersi al Garante del contribuente.


Articolo 16
(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici,
certificazioni e dichiarazioni di conformità
da parte di enti tecnici accreditati indipendenti)

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, uno o più decreti legislativi, nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazioni e di dichiarazioni di conformità, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) disciplinare gli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation for Accreditation (EA), anche al fine di consentire loro di operare ai sensi delle disposizioni del presente capo;

          b) prevedere che gli enti di cui alla lettera a) siano iscritti in un elenco conservato presso il Ministero dello sviluppo economico, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del medesimo Ministero;

          c) rivedere le disposizioni che regolano i rapporti convenzionali e negoziali fra le pubbliche amministrazioni e altri soggetti, anche al fine di garantire la trasparenza, la competenza e l'imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell'università e della ricerca, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi trenta giorni, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

 

L’articolo 16 reca una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi volti a disciplinare i requisiti tecnici, di affidabilità e di indipendenza necessari per accreditare gli enti privati cui si rivolge l’imprenditore per la certificazione dei propri progetti.

Il termine ultimo per l’esercizio della delega è stabilito in quattro mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento, vale a dire dal giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta come stabilto dall’articolo 18, comma 2, del presente disegno di legge.

Il comma 1 dell’articolo stabilisce i principi e i criteri direttivi – di seguito illustrati - ai quali il Governo dovrà attenersi per l’adozione deidecreti legislativi, nel rispetto delle norme comunitarie e degli accordi internazionali in materia di normative tecniche, certificazioni  e dichiarazioni di conformità.

 

In particolare i suddetti decreti provvederanno a:

§      disciplinare gli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell’European Cooperation for Accreditation (EA) in modo che possano operare nel rispetto delle disposizioni contenute nel presente capo del disegno di legge.

Si ricorda che gli enti di certificazione svolgono attività di valutazione e di attestazione di conformità a norme o a regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale (certificazione di prodotti, certificazione di sistemi di gestione, certificazione di personale, ispezioni). Apposite norme tecniche europee - della serie EN 45000 - prevedono i requisiti di professionalità e competenza che un organismo di certificazione o un laboratorio deve soddisfare. Affinché la certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli organismi di certificazione (come i laboratori) siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale. Il termine accreditamento sta ad indicare la verifica e la garanzia della competenza e della professionalità di un organismo di certificazione o di un laboratorio di prova/taratura, secondo parametri oggettivi.

In Italia l’UNI e il CEI (enti di normazione)[98] hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di accreditamento laboratori)[99], con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale, il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di certificazione)[100], con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità. Si segnala, inoltre SIT - Servizio di Taratura in Italia[101] - destinato all’accreditamento dei laboratori di taratura e, conseguentemente, a garanzia dell’adeguatezza e dell’accuratezza delle misure che vengono eseguite.

Grazie agli accordi di mutuo riconoscimento vigenti tra i vari paesi dell'Unione, un ente accreditato in Italia da SINAL, SINCERT e SIT può operare con pari riconoscimento anche negli altri Paesi che aderiscono all'accordo. I tre organismi sono, infatti membri di EA (European Cooperation for Accreditation) Associazione di diritto privato, registrata sul territorio Europeo e precisamente in Olanda nella città di Utrecht, per motivi connessi con la semplicità della legislazione olandese in materia;

§      prevedere l’iscrizione dei suddetti enti tecnici in un elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, i cui uffici tecnici di livello dirigenziale dovranno essere previamente riordinati;

§      rivedere l’attuale regolamentazione delle convenzioni tra PA e altri soggetti a garanzia della trasparenza, competenza e imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione.

 

Ai sensi del comma 2 per l’adozione dei suddetti decreti legislativi, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, è previsto il concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell’università e della ricerca e il previo parere delle competenti commissioni parlamentari e della Conferenza Stato-regioni che dovrà essere espresso entro il termine di trenta giorni, decorso il quale si potrà ugualmente procedere all’adozione dei decreti.

Lo stesso comma consente inoltre l’adozione di ulteriori decreti correttivi e integrativi dei predetti decreti legislativi – sempre nel rispetto dei criteri e dei principi dettati dal presente articolo - entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Infine, comma 3 stabilisce che dai decreti legislativi in parola non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio statale.

 

 


Articolo 17
(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni
e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese)

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) riordino e coordinamento delle disposizioni legislative recanti le prescrizioni e gli adempimenti procedurali che devono essere rispettati, ai sensi della presente legge, ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

          b) abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della lettera a).

      2. Il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto emanando, anche contestualmente ai decreti legislativi di cui al comma 1, una raccolta organica delle norme regolamentari che disciplinano la medesima materia, ove necessario adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo le modalità di cui all'articolo 20, comma 3-bis, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, dell'interno, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1.

      5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il medesimo termine previsto dal comma 4, secondo i propri statuti e le relative norme di attuazione.

 

 

L’articolo 17 delega il Governo ad adottare, entro 4 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi volti al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese.

I decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella PA, dell’economia e delle finanze, dell’interno, della salute, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali.

Le regioni e gli enti locali sono tenuti ad adeguarsi alle nuove norme entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Per quanto concerne le modalità di adozione dei decreti legislativi, la disposizione rinvia all’articolo 20 della legge n.59 del 1997.

 

L’articolo 20, comma 5, della legge n.59 del 1997 prevede che i decreti legislativi ivi previsti siano adottati previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e, successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

 

La disposizione prevede, inoltre, che i decreti legislativi possano essere adottati anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega recata dall’articolo 5 della legge n. 246 del 2005.

 

L’articolo 5, comma 1, della legge n.246 del 2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005) ha delegato il Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2007[102], uno o più decreti legislativi per il riassetto delle disposizioni di competenza legislativa esclusiva statale, di cui all'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, vigenti in materia di adempimenti amministrativi delle imprese, a esclusione di quelli fiscali, previdenziali, ambientali e di quelli gravanti sulle stesse in qualità di datori di lavoro, secondo i princìpi, i criteri direttivi e le procedure di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previa consultazione delle organizzazioni di rappresentanza delle categorie economiche, produttive e professionali interessate:

1) semplificazione, razionalizzazione e snellimento degli adempimenti relativi alle fasi di svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, ivi incluse le attività di certificazione, e agli aspetti inerenti l'iscrizione al registro delle imprese, anche prevedendo il coordinamento con le attività degli sportelli unici;

2) previsione di forme di autoregolazione, ove non vi contrastino interessi pubblici primari, al fine di favorire la concorrenza tra i soggetti economici e l'accrescimento delle capacità produttive del sistema nazionale;

3) delegificazione della disciplina dei procedimenti amministrativi connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa, secondo i criteri di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni;

4) sostituzione, ove possibile, delle norme prescrittive con sistemi di incentivi e disincentivi;

b) riduzione degli atti sottoposti ad obbligo di conservazione da parte delle imprese e riduzione dei tempi di conservazione degli stessi ai fini degli accertamenti amministrativi.

 

Si fa presente che la delega di cui all’articolo 5 della legge n.246 del 2005 non è stata fin qui attuata.

 

Per quanto concerne i principi e criteri direttivi, la disposizione prevede:

a) il riordino e coordinamento degli adempimenti procedurali da rispettare ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento dell’attività di impresa;

b) l’abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, di tutte le disposizioni di legge statale non espressamente attuate;

c) la possibilità di adottare, contestualmente ai decreti legislativi, una raccolta organica e semplificata delle norme regolamentari che disciplinano la materia;

c) il rinvio ai principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge n.59 del 1997.

 

L’articolo 20 della legge n.59 del 1997 ha introdotto la legge annuale disemplificazione. Ai sensi di tale disposizione, sulla base di un programma di priorità di interventi, definito, con deliberazione del Consiglio dei Ministri, in relazione alle proposte formulate dai Ministri competenti, sentita la Conferenza unificata, presenta al Parlamento, entro il 31 maggio di ogni anno, un disegno di legge per la semplificazione e il riassetto normativo, volto a definire, per l'anno successivo, gli indirizzi, i criteri, le modalità e le materie di intervento, anche ai fini della ridefinizione dell'area di incidenza delle pubbliche funzioni con particolare riguardo all'assetto delle competenze dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Il disegno di legge di semplificazione prevede l'emanazione di decreti legislativi, relativamente alle norme legislative sostanziali e procedimentali, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;

a-bis) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

b) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c) indicazione dei princìpi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi ai quali si attengono i regolamenti previsti dal comma 2 del presente articolo, nell'àmbito dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

d) eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica;

e) sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;

f) determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;

g) revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:

1) alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;

2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;

3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;

4) alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;

5) alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;

h) promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi;

i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;

l) attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;

m) definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;

n) indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 20 della legge n.59 del 1997 (richiamato al comma 2 dell’articolo 17 in commento) il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di codificazione di ciascuna materia emanando, anche contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la medesima materia, se del caso adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo i criteri di cui ai successivi commi (65).

 

Merita ricordare, infine, che l’articolo 5, comma 2, della legge n.246 del 2005 (Legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005) ha stabilito che il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano o di Conferenza unificata, al fine di:

a) favorire il coordinamento dell'esercizio delle competenze normative in materia di adempimenti amministrativi delle imprese e di procedimenti di autorizzazione, di licenza o di assenso, comunque denominati, per l'esercizio dell'attività di impresa;

b) favorire l'armonizzazione della regolamentazione relativa alla semplificazione degli adempimenti connessi all'esercizio dell'attività d'impresa;

c) favorire il conseguimento di livelli minimi di semplificazione degli adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività d'impresa su tutto il territorio nazionale, previa individuazione delle migliori pratiche e verifica dei risultati delle iniziative sperimentali adottate dalle regioni e dagli enti locali;

d) individuare particolari forme di semplificazione, omogenee su tutto il territorio nazionale, degli adempimenti connessi allo svolgimento dell'attività delle piccole e medie imprese e delle imprese artigiane;

e) adottare le misure idonee a garantire la completezza e l'aggiornamento costante delle informazioni contenute nel Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, di cui all'articolo 16 della legge 29 luglio 2003, n. 229, nonché a coordinarne i contenuti con i processi di semplificazione e riassetto della regolazione statale, regionale e locale;

f) assicurare la rimozione degli ostacoli, ove esistenti, alla piena operatività degli sportelli unici di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonché l'estensione e lo sviluppo dell'operatività degli stessi, favorendo:

1) l'adozione di modelli organizzativi differenziati in relazione alla dimensione territoriale e demografica di interesse, nel rispetto dell'autonomia dei soggetti coinvolti, al fine di garantire adeguati livelli di funzionalità, nonché il coordinamento e la cooperazione tra i diversi livelli di governo;

2) l'affidamento di ulteriori ambiti procedimentali alla gestione degli sportelli unici, sia a fini di semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi alle fasi di avvio, svolgimento, trasformazione, trasferimento e cessazione dell'attività d'impresa, sia a fini di promozione territoriale;

3) l'implementazione di modelli innovativi per la formazione del personale addetto agli sportelli unici;

4) l'adozione di efficaci strumenti di informatizzazione dei processi e di diffusione della conoscenza del contesto territoriale.

I suddetti accordi possono inoltre prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, meccanismi di premialità regionale, cofinanziabili, limitatamente alle aree sottoutilizzate, con il Fondo di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 


Articolo 18
(Abrogazioni e misure transitorie e di attuazione)

1. Le disposizioni del presente capo entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

      2. Le disposizioni del presente capo si applicano ai procedimenti avviati oltre il termine di sessanta giorni dalla loro entrata in vigore. A decorrere dallo stesso termine sono abrogati il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modificazioni, e ogni altra disposizione di legge o di regolamento statali incompatibili.

      3. Le regioni e i comuni possono prevedere che la disciplina dei procedimenti per la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, vigente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, continui a trovare applicazione per i sei mesi successivi, fermi restando le disposizioni del comma 5 e l'obbligo dei comuni di rendere operativo lo sportello unico e l'obbligo delle regioni di intervenire in via sostitutiva in caso di inadempienza.

      4. Resta comunque ferma, per il medesimo periodo di cui al comma 2, la facoltà degli interessati di presentare alle amministrazioni competenti le dichiarazioni e le domande di autorizzazione secondo la normativa previgente.

      5. Il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di disciplinare l'istituzione degli sportelli unici e i poteri di controllo sostitutivo regionali e statali.

      6. Con uno o più decreti del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, adottati ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, entro il termine di cui al comma 2 del presente articolo, sono individuate le regole tecniche e le modalità operative per l'attuazione delle disposizioni del presente capo relative all'applicazione di strumenti informatici e telematici, ivi comprese le modalità di partecipazione alla conferenza di servizi di cui all'articolo 12 da parte di soggetti che non siano in possesso di idonei strumenti nonché le modalità di redazione e di sottoscrizione del verbale della conferenza di servizi per via telematica.

 

 

L’articolo 18 detta le misure abrogative, transitorie e di attuazione relative all’intero Capo I del Titolo II, concernente la semplificazione degli adempimenti amministrativi per le imprese.

La disposizione prevede che le norme entrino in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale ma che trovino applicazione solo con riferimento ai procedimenti avviati oltre il termine di 60 giorni dalla loro entrata in vigore. A decorrere dal 60° giorno successivo alla data di entrata in vigore delle legge, pertanto, è abrogata la normativa vigente incompatibile e, in particolare, il DPR n.447 del 1998[103] (commi 1, 2 e 4).

Le regioni e i comuni possono tuttavia derogare a tale tempistica prevedendo che si continui ad applicare la normativa vigente per i 6 mesi successivi all’entrata in vigore delle nuove disposizioni (comma 3).

Fermo restando l’obbligo per i Comuni di rendere operativo lo sportello unico e per le Regioni di intervenire in via sostitutiva in caso di inadempienza, il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, possono promuovere intese e la conclusione di accordi, in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della L. 131/2003 e dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 281/1997, al fine di disciplinbare l’istituzione degli sportelli unici e i poteri di controllo sostitutivo statali e regionali (comma 5).

 

L’art. 8, co. 6 della L. 131/2003 stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni (per una dettagliata descrizione della disposizione, si rinvia a quanto riportato nella scheda di lettura sull’art. 24).

L’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 281/1997 prevede che il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere in sede di Conferenza Stato-Regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

 

Il comma 6, infine, rinvia a un decreto interministeriale del Ministro per le riforme e le innovazioni nelle PA, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l’individuazione delle regole tecniche e delle modalità operative necessarie a consentire l’applicazione delle disposizioni che prevedono l’uso di strumenti informatici e telematici, ivi compresa la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’articolo 12 da parte di soggetti che non siano in possesso di idonei strumenti nonché le modalità di redazione e sottoscrizione del verbale della conferenza di servizi per via telematica.

 

Per quanto concerne le modalità di adozione del decreto interministeriale, la disposizione rinvia all’articolo 71 del decreto legislativo n.82 del 2005 (“Codice dell’amministrazione digitale”), ove si prevede che le tale tipo di regole siano adottate con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sentiti la Conferenza unificata ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previo parere tecnico del CNIPA, al fine di garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche del sistema pubblico di connettività.

 

Si evidenzia le necessità di chiarire meglio, nel suo complesso, la tempistica relativa all’entrata in vigore delle nuove norme e alla possibilità di continuare ad applicare le norme vigenti, avendo riguardo, in particolare, alla necessità di assicurare certezza in ordine alla normativa in ogni momento applicabile e di contenere i rischi connessi ad un’attuazione eccessivamente differenziata tra i vari territori regionali e comunali.

 

 

 


 

Articolo 19
(Semplificazione della procedura per la verifica  degli impianti
a pressione e degli apparecchi di sollevamento)

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

      2. Ai sensi del comma 1, il professionista attesta le prove e le verifiche effettuate a regola d'arte e il relativo esito. Il gestore e il professionista attestano, altresì, l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

      3. Decorsi trenta giorni dall'invio della documentazione di cui ai commi 1 e 2, l'impianto può essere messo in funzione.

      4. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

      5. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti. In tali casi, non si applica il comma 3 ed è consentita la continuità del funzionamento dell'impianto a condizione che la comunicazione sia presentata nel tempo prescritto.

      6. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

      7. Il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni, è abrogato.

 

 

L’articolo 19 è volto a semplificare la procedura di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento mediante il ricorso all'autocertificazione dell'interessato, asseverata da un professionista indipendente, fatto salvo il successivo controllo pubblico.

Secondo il comma 1, l’installazione di uno degli impianti di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93[104] è comunicata all'azienda sanitaria locale (ASL)[105] territorialmente competente dal proprietario e dal gestore del suddetto impianto.

Si ricorda che il citato decreto legislativo reca l’attuazione della direttiva 97/23/CE (nota anche come “direttiva PED”, acronimo di Pressare Equipment Directive) in materia di attrezzature a pressione. Le disposizioni del D.Lgs. si applicano alla progettazione, alla fabbricazione e alla valutazione di conformità delle attrezzature a pressione e degli insiemi sottoposti ad una pressione massima ammissibile superiore a 0,5 bar. Per «attrezzature a pressione» si intendono i recipienti, le tubazioni, gli accessori di sicurezza e gli accessori a pressione, compresi gli elementi annessi a parti pressurizzate.

Si segnala inoltre che, in attuazione dell’articolo 19 del medesimo D.Lgs. è stato emanato tramite il DM 1° dicembre 2004, n. 329, il regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui al citato articolo 19.

Il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) con la Circolare 2 marzo 2005, n.12117[106], ha precisato che:

§         la legislazione di riferimento per la costruzione delle attrezzature a pressione e agli insiemi, gli apparecchi semplici a pressione, i generatori di vapore d'acqua o ad acqua calda surriscaldata, i recipienti in pressione di vapore d'acqua ovvero di gas compressi liquefatti o disciolti, i recipienti di vapori diversi dal vapore d'acqua, i recipienti degli impianti funzionanti con liquidi caldi sotto pressione, i recipienti per liquidi, i recipienti per vapori e gas ed alle tubazioni, è individuata dal decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, di recepimento della direttiva 97/23/CEE e dal decreto legislativo 27 settembre 1991, n. 311, di recepimento delle direttive n. 87/404/CEE e n. 90/488/CEE;

§         la legislazione in ordine alla messa in servizio e l'utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi, questa è costituita dal regolamento 1° dicembre 2004, n. 329.

Il DM n. 329/2004, dunque, disciplina nel dettaglio le varie tipologie di verifiche, le esclusioni, gli obblighi da osservare per la messa in servizio e l'utilizzazione, dichiarazione di messa in servizio, le verifiche periodiche, le riqualificazioni, le riparazioni e le modifiche.

In particolare, a norma dell’articolo 6 del citato DM, all'atto della messa in servizio l'utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi soggetti a controllo o a verifica invia all'ISPESL e all'Unità Sanitaria Locale (USL) o all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente, una dichiarazione di messa in servizio, contenente, tra l’altro, l'elenco delle singole attrezzature, con le loro caratteristiche, una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, recante le condizioni d'installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate, una dichiarazione attestante che l'installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d'uso nonché il verbale della verifica di primo impianto, ove prescritta.

 

Il proprietario e il gestore dell’impianto attestano sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegano la conforme attestazione di un professionista abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

 

Si evidenzia la necessità precisato meglio cosa si intenda per “professionista abilitato”, elencando i requisiti che lo caratterizzano, e come questa figura professionale si coordini con i soggetti verificatori[107] previsti dalla normativa vigente, nel rispetto della direttiva PED.

 

Il comma 2 prevede l’attestazione

§         da parte del professionista, della regolarità delle prove e delle verifiche, e il relativo esito;

§         da parte del gestore e del professionista, dell’assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

 

Decorsi trenta giorni dall'invio della documentazione di cui ai commi 1 e 2, l'impianto può essere messo in funzione (comma 3).

 

Il comma 4 concerne le verifiche dell'azienda sanitaria locale. L'ASL effettua verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti suindicati, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

 

Le procedure descritte ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti. In tali casi, non si applica il comma 3 ed è consentita la continuità del funzionamento dell'impianto a condizione che la comunicazione sia presentata nel tempo prescritto.

Si ricorda che il DM n. 329/2004 reca numerose disposizioni in materia, e in particolare gli articoli 8 e 9 (relativi alle verifiche periodiche), gli articoli 10 e 11 (sulla riqualificazione periodica), gli articoli 11 e 12 (sulle verifiche di integrità e di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche) e l’articolo 14 (relativo alle riparazioni e alle modifiche).

Si segnala che inoltre che l’ex Ministero delle attività produttive, con la circolare del 23 maggio 2005 (pubblicata nella G.U. 26 maggio 2005, n. 121) ha chiarito alcuni problemi interpretativi circa l'individuazione dei soggetti preposti alle verifiche periodiche successive alla prima. Infatti, l'articolo 5, comma 1, lettera d), considera la possibilità che, quando richiesto, il controllo della messa in servizio - prima verifica - possa essere effettuato, a determinate condizioni, da un organismo notificato o da un ispettorato degli utilizzatori. Le verifiche periodiche a diverso titolo contemplate negli articoli 9, 10, 11, 12 e 14 nonché le verifiche di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche o le verifiche conseguenti ad una attività di riparazione, configurano – secondo la circolare - un'attività che si può comparare alla prima verifica e richiede simile livello di professionalità da parte dei tecnici di parte terza utilizzati, e possono pertanto essere operate dai medesimi soggetti. Restano ovviamente invariate le competenze delle Unità sanitarie locali, delle Aziende sanitarie locali e delle ARPA derivando le stesse da una normativa specifica non vincolata al precedente quadro legislativo sulle attrezzature a pressione.

 

Il comma 6 estende l’applicazione delle procedure di cui ai commi 1 e 2 alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547.

Si ricorda che l’articolo 194 del DPR n. 547/1955, recante norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, dispone l’obbligatorietà di verifiche annuali per le gru e gli altri apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, esclusi quelli azionati a mano e quelli già soggetti a speciali disposizioni di legge, ai fini di accertare lo stato di funzionamento e di conservazione a tutela della sicurezza dei lavoratori. Tali verifiche sono state affidate all'E.N.P.I. (Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni) dall’articolo 5 del DM 12 settembre 1959.

 

In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

 

Il comma 7 abroga il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni.

Si ricorda che tale regio decreto reca l’”approvazione del regolamento per la esecuzione del R.D.L. 9 luglio 1926, numero 1331, che costituisce l'Associazione nazionale per il controllo della combustione” e contiene norme relative alla prevenzione degli infortuni relative alla sicurezza degli apparecchi a pressione e del controllo della combustione. Con il DM 21 maggio 1974 sono state emanate norme integrative del regolamento approvato con RD 12 maggio 1927, numero 824 e disposizioni per l'esonero da alcune verifiche e prove stabilite per gli apparecchi a pressione.

Si segnala inoltre che il Ministero delle attività produttive con la Circolare 2 marzo 2005, n.12117[108], ha provveduto a chiarire alcuni aspetti relativi alla legislazione pregressa, ed ha affermato che “l'utilizzazione in atti amministrativi di riferimenti allo storico regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, non appare più compatibile con il nuovo quadro legislativo”.

Per quanto concerne, inoltre, i riferimenti riguardanti la sicurezza sui luoghi di lavoro e degli operatori, presenti nel citato regio decreto gli stessi sono stati superati dalla legislazione di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, modificato dal decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 242 e successive modifiche.

Restano, di conseguenza, invariate le competenze della Unità sanitarie locali, Aziende sanitarie locali e ARPA, derivando le stesse da una normativa specifica.

 

Secondo la relazione illustrativa al disegno di legge, la semplificazione delle attività di verifica operata dall’articolo 19, tramite la valorizzazione della responsabilità del proprietario o del gestore e del tecnico da essi scelto, libera energie pubbliche per successivi controlli sul territorio.

La norma, infatti, tende a far emergere nei rapporti che intercorrono tra i diversi operatori, nel rispetto delle singole competenze, gradi di professionalità e di responsabilità al fine di garantire trasparenza e sicurezza nella realizzazione e nel funzionamento degli impianti, utilizzando l'autocertificazione dell'interessato asseverata da un professionista indipendente, e riservando l’intervento pubblico per i controlli successivi.

 

La relazione tecnica afferma che l’articolo 19, analogamente alle altre disposizioni che rientrano nel Capo II, non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica operando, al contrario, una razionalizzazione e una diminuzione della spesa.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 10 marzo 2006la Commissione ha presentato una comunicazione (COM(2006)19) sulla valutazione dell’utilizzo degli ispettorati degli utilizzatori nell’ambito della direttiva 97/23/CE per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di attrezzature a pressione.

La direttiva in questione prevede che gli Stati membri possono autorizzare nel loro territorio la commercializzazione e la messa in servizio di attrezzature a pressione la cui conformità sia stata valutata e verificata da “Ispettorati degli utilizzatori”.  Tali servizi di controllo, facenti capo a gruppi industriali applicanti una politica comune di sicurezza, sono strutture autonome normalmente costituite da personale specializzato e qualificato e non direttamente coinvolto in procedimenti produttivi (di progettazione, di fabbricazione, di fornitura, di montaggio, di funzionamento o manutenzione delle attrezzature a pressione) e diretto da una gerarchia autonoma non coinvolta nel processo produttivo: ciò a garanzia dei requisiti di indipendenza degli ispettorati stessi. 

Il documento analizza l’attuazione della direttiva da parte degli Stati membri concludendo che, dal punto di vista della sicurezza relativa ad eventuali conflitti di interesse, “non sono stati identificati né problemi né abusi” e che d’altra parte non è necessario prevedere un ampliamento dei compiti di tali ispettorati.

 

 

 


Articolo 20
(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure
per il rilascio del certificato di prevenzione incendi

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;           b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

          c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37;

          d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del certificato di prevenzione incendi;

          e) individuzione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame delega il Governo ad adottare, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI).

Lo stesso comma prevede che tale semplificazione, che dovrà realizzare un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, avvenga nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;

b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al DPR 12 gennaio 1998, n. 37[109];

d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del CPI;

e) individuazione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

 

Il comma 2 disciplina la procedura per l’emanazione dei decreti delegati. Viene infatti previsto che tali decreti siano adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Nel caso in cui le Commissioni non si pronuncino entro trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono comunque essere emanati.

Il comma in esame contiene inoltre la delega per l’emanazione di eventuali ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo, da esercitare entro i due anni successivi all’entrata in vigore dei decreti legislativi.

Il certificato di prevenzione incendi (CPI)

L’articolo 16, comma 1, del d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139 (Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'articolo 11 della L. 29 luglio 2003, n. 229)[110] disciplina il procedimento del rilascio del certificato di prevenzione riunendo e riorganizzando le varie disposizioni in materia recate da diversi provvedimenti previgenti, anche di rango regolamentare.

Ai sensi del comma 1 dell’articolo citato, il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l'incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con apposito DPR, cui compete anche la fissazione del periodo di validità del certificato per le attività ivi individuate.

Il comma successivo del medesimo articolo dispone che il certificato di prevenzione incendi è rilasciato dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su istanza dei soggetti responsabili delle attività interessate, a conclusione di un procedimento che comprende il preventivo esame ed il parere di conformità sui progetti, finalizzati all'accertamento della rispondenza dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi, e l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a valutare direttamente i fattori di rischio ed a verificare la rispondenza delle attività alla normativa di prevenzione incendi e l'attuazione delle prescrizioni e degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività medesime.

Inoltre, indipendentemente dal periodo di validità del certificato di prevenzione incendi stabilito con il regolamento suddetto, l'obbligo di richiedere un nuovo certificato ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.

Il comma 7, infine, demanda ad apposito DPR la fissazione delle disposizioni attuative relative al procedimento per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, nonché - tra l’altro - la disciplina del procedimento per il rinnovo del certificato medesimo.

I regolamenti previsti dai commi 1 e 7 non sono a tutt’oggi stati emanati.

Le procedure per il rilascio del CPI sono attualmente disciplinate dall’articolo 3 del D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37 (Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59).

In base a tale articolo, completate le opere, gli enti e i privati sono tenuti a presentare domanda di sopralluogo al comando provinciale dei vigili del fuoco, che vi provvede entro 90 giorni, al fine di accertare il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione degli incendi nonché la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti. Il termine di 90 giorni può essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, dandone motivata comunicazione all'interessato.

Entro 15 giorni dalla data di effettuazione del sopralluogo viene rilasciato all'interessato, in caso di esito positivo, il certificato di prevenzione incendi che costituisce, ai soli fini antincendio, il nulla osta all'esercizio dell'attività.

Qualora invece venga riscontrata la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti, il comando ne dà immediata comunicazione all'interessato e alle autorità competenti ai fini dell'adozione dei relativi provvedimenti.

In attesa del sopralluogo, l’interessato può presentare al comando una dichiarazione, corredata da certificazioni, di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta il rispetto della normativa in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5 del medesimo DPR. Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

La citata dichiarazione costituisce la sostanziale innovazione del regolamento, in quanto consente all’interessato, ai fini antincendio e senza ulteriori incombenze e costi aggiuntivi, di avviare l’attività, purché risulti presentata al Comando la domanda di sopralluogo, completa della prevista documentazione[111].

Infatti come meglio precisato nel decreto 4 maggio 1998[112], le certificazioni di conformità da presentare a corredo della predetta dichiarazione sono le stesse che devono essere prodotte in allegato alla domanda di sopralluogo.

Al fine di evitare duplicazioni, il sopralluogo effettuato dal Comando nell’ambito di organi collegiali[113] previsti dalla vigente normativa, è da ritenersi comprensivo degli accertamenti in merito al rispetto della norme antincendio e alla sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio richiesti; ne consegue che i termini da rispettare sono quelli definiti dalle vigenti disposizioni per gli organi in questione.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il 23 giugno 2006la Commissione ha presentato una proposta di raccomandazione sulla prevenzione degli incendi e la promozione della sicurezza (COM(2006)329). La proposta è volta a sollecitare gli Stati membri perché vengano adottate una serie di iniziative, come la creazione di piani nazionali di prevenzione, lo sviluppo di sistemi nazionali di sorveglianza e notifica nonché l’inserimento della prevenzione e la promozione della sicurezza nella formazione del personale sanitario. La Commissione, da parte sua, dovrà creare un meccanismo a livello comunitario per lo scambio di informazioni e dare sostegno e priorità alle azioni volte alla creazione di un sistema di sorveglianza e notifica degli infortuni a livello comunitario.

La proposta è stata esaminata il 12 dicembre 2006 dal Parlamento europeo che, nell’ambito della procedura di consultazione, l’ha approvata con alcuni emendamenti. E’ previsto un accordo politico nel Consiglio per il 30 maggio 2007.

 

 

 


Articolo 21
(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali
per favorire la capitalizzazione delle imprese)

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento nel capitale di rischio delle società da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; i decreti legislativi sono emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

          a) per le società di capitali, applicazione di un aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non inferiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

          b) deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; limitazione della deduzione ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società; previsione di un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 33 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 21 delega il Governo ad adottare, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari nel capitale di rischio delle società, nonché a favorire l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'Unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

I principi e criteri direttivi che dovranno essere rispettati in sede di esercizio della delega sono definiti nelle lettere a) e b) del comma 1.

 

Per quanto riguarda la lettera a) del comma 1, essa contiene numerosi principi di delega che delineano complessivamente un sistema di agevolazioni fiscali finalizzatea favoriresostanzialmente la capitalizzazione delle imprese.

Si segnala preliminarmente che, nell’ambito di tale lettera a), si consente al legislatore delegato una scelta tra due possibili modi alternativi di concedere le agevolazioni.

La prima modalità prevede, per le società di capitali, la possibilità di fruire di un’agevolazione fiscale ai fini dell’IRES, consistente in una riduzione dell’aliquota, qualora la società provveda ad un aumento di capitale o alla quotazione in mercati regolamentati, ma nella sola ipotesi che tale aumento di capitale ovvero l’acquisto delle azioni in occasione della quotazione sia finanziato da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

 

Si ricorda che le società che chiedono di essere ammesse alla quotazione devono assumere la forma della società per azioni, perché sia assicurata la piena trasferibilità delle azioni, e soddisfare taluni requisiti minimi in materia di capitalizzazione.

 

Dal punto di vista oggettivo l’agevolazione è concessa pertanto solo qualora il capitale venga sottoscritto, ovvero acquistato, da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), oppure da loro società partecipate costituite allo scopo.

La norma di delega pone, come ulteriore condizione da soddisfare per poter accedere all’agevolazione, che l’attivo di tali OICVM sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali.

 

Per quanto riguarda la nozione di OICVM, si ricorda che si tratta degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari definiti dalla normativa comunitaria. In particolare, l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (modificata da numerose successive direttive[114] tra cui in particolare la direttiva 2001/108/CE), ha definito come organismi di investimento collettivo in valori mobiliari gli organismi con le seguenti caratteristiche:

-        il loro oggetto esclusivo è costituito dall’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide;

-        le quote di tali organismi sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un organismo agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario.

Nell’ordinamento italiano il Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF),emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, ha invece introdotto la figura degli organismi di investimento collettivo del risparmio. In tale dizione rientrano, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera m), del TUF, sia i fondi comuni d’investimento che le società d’investimento a capitale variabile (SICAV).

I fondi comuni d’investimento sono patrimoni autonomi, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, suddivisi in quote e gestiti in monte da una società di gestione del risparmio (SGR).I fondi comuni d’investimento possono essere distinti in fondi chiusi e fondi aperti. Nei fondi aperti l’investitore ha diritto di richiedere in qualsiasi momento il riscatto delle quote; nei fondi chiusi, invece, il diritto al riscatto delle quote matura, in linea di massima, soltanto al termine della durata prevista del fondo.

Le Sicav sono invece società per azioni a capitale variabile, con sede legale e direzione generale in Italia, aventi per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta di proprie azioni al pubblico.

La differenza tra fondi comuni di investimento e Sicav consiste quindi nel fatto che mentre l’acquisto di una quota di un fondo comune d’investimento non rende soci del fondo, le Sicav si configurano come società per azioni e quindi l’acquisto di una loro quota si configura come partecipazione al loro capitale. Anche nelle Sicav, come nei fondi aperti, il riscatto delle quote può avvenire in qualsiasi momento.

Gli organismi di investimento collettivo del risparmio rappresentano pertanto una categoria più ampia rispetto a quella degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari definita dalla normativa comunitaria. Infatti, nei primi possono essere ricompresi anche fondi che non operano con valori mobiliari, quali i fondi pensione e i fondi d’investimento immobiliari, nonché i “fondi chiusi”, che, consentendo il riscatto delle quote solo con determinate scadenze temporali, non sono invece compresi nell’ambito degli OICVM. La direttiva 85/611/CEE esclude infatti espressamente:

-        gli OICVM di tipo chiuso;

-        gli OICVM che raccolgono capitali senza promuovere la vendita delle loro quote tra il pubblico all'interno della Comunità o in qualsiasi parte di essa;

-        gli OICVM la cui vendita delle quote è riservata dal regolamento del fondo o dai documenti costitutivi della società d'investimento al pubblico dei paesi terzi.

 

Per quanto riguarda l’entità dell’agevolazione, la lettera a) del comma 1, consente l’applicazione di un’aliquota ridotta dell'imposta sul reddito delle società, rispetto a quella ordinaria, in misura comunque non inferiore al 20 per cento, e che si applicherà solo sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione. Si tratta sostanzialmente di un meccanismo di riduzione dell’imposta, da applicare sugli utili corrispondenti alla quota di capitale di nuova emissione. Tale capitale dovrà essere:

1)   sottoscritto e versato;

2)   ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati o in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo.

 

Si ricorda che con il decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344[115], in parziale attuazione alla delega, contenuta nella legge n. 80 del 2003, per la riforma del sistema fiscale statale, è stata riformata l’imposizione sul reddito delle società, sostituendo alla precedente imposta, denominata imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), una nuova imposta, denominata imposta sul reddito delle società (IRES). Disposizioni integrative e correttive sono state emanate con il successivo decreto legislativo 18 novembre 2005, n. 247.

I principali elementi di novità dell’IRES rispetto alla precedente imposta sono:

-        fissazione dell’aliquota dell’imposta al 33 per cento (articolo 77 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 - TUIR).

-        Abolizione del credito d’imposta sui dividendie nuovo regime di tassazione degli utili percepiti dai soci delle società di capitali (articoli 47 e 59 del TUIR): fermo restando il pagamento dell’imposta da parte della società, gli utili percepiti dai soci concorrono alla formazione del reddito del socio stesso solo per una percentuale del loro importo. La percentuale è variamente determinata in relazione alla natura del socio (persona fisica, imprenditore o meno, o persona giuridica) e alla misura della sua partecipazione alla società (qualificata o meno).

-        Esenzione parziale, ai fini fiscali, di alcune plusvalenze realizzate mediante cessione di partecipazioni (c.d. participation exemption: articolo 87 del TUIR)[116]. L’esenzione è riconosciuta, al ricorrere di determinate condizioni, esclusivamente alle plusvalenze realizzate dai soggetti IRES e ad essa corrisponde l’indeducibilità delle relative minusvalenze (articolo 101 del TUIR)[117].

-        Contrasto della sottocapitalizzazione delle imprese (c.d. thin capitalization:articolo 98 del TUIR): gli interessi passivi sui finanziamenti erogati o garantiti da soci qualificati della società, o loro parti correlate, sono indeducibili ai fini fiscali, qualora i suddetti finanziamenti superino determinati limiti. Il nuovo istituto mira a contrastare l’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione la quale consente alla società, mediante l’indebitamento verso i propri soci, di dedurre gli interessi passivi pagati ai soci stessi (con abbattimento dell’utile) e ai soci non imprenditori di beneficiare di una tassazione sostitutiva degli interessi percepiti, con aliquota inferiore a quella prevista per la tassazione dei proventi.

     L’articolo 62 del TUIR estende agli imprenditori individuali l’applicazione della normativa di contrasto della sottocapitalizzazione, con riferimento ai finanziamenti dell’imprenditore (o dei familiari, per quanto riguarda le imprese familiari).

 

Il principio di delega della lettera a) dell’articolo 21 in commento prevede una seconda modalità, alternativa a quella sopra descritta, di concedere l’agevolazione, cioè quella di consentire, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti.

E’ previsto comunque, come criterio direttivo generale per entrambe le suddette ipotesi – quindi sia per l’ipotesi dell’applicazione di un’aliquota ridotta che per l’ipotesi della deduzione di una quota degli utili - che sia fissato un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo.

 

La lettera a) prevede, come ulteriore criterio, la possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina agevolata alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo, determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali.

 

Si ricorda a tale proposito che esistono degli obblighi relativi alla politica d'investimento degli o.i.c.v.m., fissati dall’articolo 19 della direttiva 85/611/CE (come successivamente modificata), la quale prevede che gli investimenti di un fondo comune di investimento o di una società di investimento debbano essere effettuati esclusivamente in:

-        valori mobiliari e strumenti del mercato monetario ammessi o negoziati su un mercato regolamentato;

-        valori mobiliari e strumenti del mercato monetario negoziali su un altro mercato di uno stato membro, regolamentato, regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico;

-        valori mobiliari e strumenti del mercato monetario ammessi alla quotazione ufficiale di una borsa valori di uno stato terzo o negoziati su un altro mercato di uno stato terzo, regolamentato, regolarmente funzionante, riconosciuto e aperto al pubblico, purché la scelta di questa borsa valori o di questo mercato sia stata approvata dalle autorità competenti o sia prevista dalla legge e/o dal regolamento del fondo o dei documenti costitutivi della società d'investimento;

-        valori mobiliari emessi recentemente, solo a certe condizioni;

-        quote di OICVM autorizzati ai sensi della presente direttiva e/o di altri organismi di investimento collettivo, a certe condizioni;

-        depositi presso enti creditizi che siano rimborsabili su richiesta o possano essere ritirati e abbiano una scadenza non superiore a dodici mesi, a certe condizioni;

-        strumenti finanziari derivati, negoziati sui mercati regolamentati;

-        strumenti del mercato monetario diversi da quelli negoziati su un mercato regolamentato, a certe condizioni;

L’articolo 22 della direttiva 2001/108/CE stabilisce altresì che un OICVM non può investire più del 5 % delle sue attività in valori mobiliari o strumenti del mercato monetario di uno stesso emittente. Tuttavia è consentito agli Stati membri di elevare tale limite del 5% sino ad un massimo del 10 %.

L’articolo 25 stabilisce poi che una società di investimento o una società di gestione, per l'insieme dei fondi comuni di investimento che essa gestisce e che rientrano nel campo d'applicazione della presente direttiva, non può acquistare azioni che diano diritto di voto e che le consentano di esercitare un'influenza notevole sulla gestione di un emittente.

 

Nell’esercizio della delega dovrà prevedersi inoltre la cessazione dei benefici, sia dell'aliquota ridotta che della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore, cioè dell’OICVM, a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe.

 

Il principio di delega contenuto nella lettera b) del comma 1 prevede poi un sostegno alle imprese (deve trattarsi evidentemente di società per azioni, anche se testualmente il principio di delega non lo esplicita), che provvedano a quotarsi sui mercati regolamentati, consentendo la deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; tale deducibilità dovrà peraltro essere limitata ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società.

Le spese sostenute dalle società per la quotazione sono normalmente deducibili dal reddito d’impresa ai fini dell’IRES in quanto componenti negativi di reddito. Per questi si applica infatti il criterio generale previsto dall’articolo 109 del TUIR, che consente la deducibilità delle spese in quanto componenti negativi inerenti all’attività di impresa, se imputate al conto economico nell’esercizio di competenza.

Le spese per la quotazione (c.d. IPO- Initial Public Offerings), comprendono in genere i costi di due diligence, di consulenza esterna e le spese regolamentari, stimati, presso il mercato gestito da Borsa Italiana S.p.a., tra il 3,5 per cento e il 7 per cento dell'importo negoziato in occasione dell'operazione di quotazione. Ai fini fiscali le società devono ottenere da un revisore dei conti esterno una certificazione delle spese effettivamente sostenute.

 

Il principio di delega della lettera b) prevede che sia fissato un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e la possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

La quotazione in un mercato regolamentato degli strumenti finanziari emessi da una determinata società è frutto di un accordo di natura privatistica fra la società quotanda e il gestore del mercato (in Italia, attualmente, l'unico gestore è la Borsa Italiana S.p.A.), essendo riservati ai poteri pubblici solo poteri di controllo esterno. Le condizioni che devono essere rispettate affinché i titoli di una certa società possano essere ammessi alla quotazione, dunque, risultano tanto dalle norme di legge che disciplinano la struttura e l'attività delle società quotate (norme contenute prevalentemente nel TUF e nei rispettivi regolamenti attuativi), quanto dal regolamento di borsa con il quale il gestore del mercato fissa autonomamente le ulteriori condizioni alle quali l'ammissione deve ritenersi subordinata.

Per quanto riguarda la nozione di mercati regolamentati e di sistemi di scambio organizzati dell’Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio Economico Europeo, questa è contenuta nell’articolo 61 del TUF, il quale prevede che l'attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari abbia carattere di impresa e sia esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro (c. d. società di gestione). In base all’articolo 63 la CONSOB iscrive i mercati regolamentati in un elenco, curando l'adempimento delle disposizioni comunitarie in materia, e approva le modificazioni del regolamento del mercato. L’articolo 67 prevede inoltre che la CONSOB iscriva in un'apposita sezione del citato elenco i mercati regolamentati riconosciuti ai sensi dell'ordinamento comunitario e, previa stipula di accordi con le corrispondenti autorità, possa riconoscere mercati esteri di strumenti finanziari al fine di estenderne l'operatività sul territorio della Repubblica.

Si ricorda anche, a tale proposito, che l’articolo 10 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006) ha conferito delega al governo per l’attuazione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai mercati degli strumenti finanziari,volta alla costruzione di un mercato azionario europeo integrato, all’interno di un quadro regolamentare completo che regoli l'esecuzione delle transazioni degli investitori da parte non solo dei mercati regolamentati, ma anche di sistemi di negoziazione alternativi e degli intermediari che negoziano per conto proprio al di fuori degli uni e degli altri (internalizzatori sistematici). Tra le principali innovazioni vi è quella relativa alla disciplina dell’offerta di servizi di negoziazione che introduce la distinzione tra mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities – MTF) e intermediari autorizzati. In particolare per mercato regolamentato si intende un "sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l'incontro - al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente”.

 

Il comma 1 stabilisce anche, in generale, che i decreti legislativi in oggetto dovranno essere emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. Tutte le disposizioni sopra citate, sia l’agevolazione IRES che la possibilità di dedurre i costi di quotazione in mercati regolamentati dovranno essere pertanto notificate alla Commissione europea e da questa autorizzate. Le disposizioni che istituiscono regimi di aiuto devono essere comunicate[118] in tempo utile, cioè prima di darvi esecuzione, alla Commissione che ne valuta la compatibilità con il Trattato (art. 88, par. 3 TCE).

Si ricorda infatti che il Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE), che prevede tra i suoi obiettivi il rafforzamento della competitività dell'industria comunitaria, vieta gli aiuti di Stato alle imprese, in quanto distorsivi del principio della libera concorrenza, tranne in casi esplicitamente indicati. In particolare, ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato, sono ritenuti “incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

Si segnala che già in passato la Commissione europea si è pronunciata negativamente su aiuti di stato simili a quelli in oggetto, in particolare su quelli previsti dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge n. 326 del 2003. La Commissione europea infatti, con le decisioni C591 del 16 marzo 2005 e C3302 del 6 settembre 2005, ha affermato l'incompatibilità con il mercato comune del regime di aiuti di Stato concessi sotto forma di incentivi fiscali, di cui ai predetti articoli del D.L. n. 269/2003, e la necessità di procedere al loro recupero.

Nel decreto erano previste, tra l’altro, le seguenti disposizioni agevolative per le imprese relative alla quotazione in mercati regolamentati.

-        all’articolo 1, comma 1, lettera d), per i soggetti in attività alla data del 2 ottobre 2003, l'esclusione dal reddito imponibile dell'ammontare delle spese sostenute per la quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione europea ;

-        all’articolo 11, per le società le cui azioni fossero ammesse alla quotazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro dell'Unione Europea, nel periodo compreso tra il 2 ottobre 2003 e il 31 dicembre 2004, una riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito;

-        all'art. 12 una riduzione di aliquota dell'imposta sostitutiva per gli OICVM che investissero il proprio patrimonio in azioni emesse da società a piccola e media capitalizzazione, quotate nei mercati regolamentati italiani o di altro Stato membro dell'Unione europea.

 

In base al comma 2 dell’articolo 21 in commento, gli schemi dei decreti legislativi dovranno essere trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

Il successivo comma 3 prevede inoltre che, decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

 

In base al comma 4 sarà possibile adottare, nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, sempre nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

 

Infine, il comma 5 contiene la clausola di neutralità finanziaria, disponendo che dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 33 non debbano complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Si osserva in proposito che l’articolo in esame prevede l’introduzione di agevolazioni di natura fiscale in favore di società, le quali sembrerebbero comportare maggiori oneri a carico della finanza pubblica. La relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione al riguardo, limitandosi a richiamare la clausola di invarianza degli oneri. Analogamente la relazione tecnica non fornisce alcuna indicazione relativamente ad eventuali oneri  o risparmi derivanti dall’attuazione dell’articolo 33, che reca una delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento.

 

 


Articolo 22
(Misure di semplificazione in materia di cooperazione)

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «In caso di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di cui all'articolo 2513, l'obbligo previsto dal secondo comma del presente articolo è sospeso per il primo biennio successivo a tale perdita».

      2. La lettera c) del comma 10 dell'articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, è abrogata.

 

 

L’articolo 22 contiene disposizioni di semplificazione di adempimenti posti a carico delle cooperative a mutualità prevalente, in caso di perdita temporanea di tale requisito, e delle cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi.

 

Il comma 1, che novella l’articolo 2534-octies del codice civile, sospende per un biennio, nei confronti delle cooperative che hanno perso il requisito della mutualità prevalente, l'obbligo di redigere l’apposito bilancio per la determinazione del valore dell'attivo da imputare alle riserve indivisibili.

 

Si ricorda che l’articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario), ha dettato i criteri per la riforma della disciplina civilistica delle società cooperative, richiedendo, fra l’altro, la definizione della cooperazione costituzionalmente riconosciuta. La modifica delle disposizioni del codice civile è stata attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, il quale, con il nuovo articolo 2512 di detto codice, ha introdotto la categoria delle società cooperative a mutualità prevalente, alle quali, ai sensi del nuovo articolo 223-duodecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, sono riservate le agevolazioni fiscali previste da leggi speciali

Il citato articolo 2512 cod. civ. stabilisce che le società cooperative a mutualità prevalente sono quelle che:

1)    svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)    si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)    si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

Il successivo articolo 2513 cod. civ. impone agli amministratori e ai sindaci delle suddette società di documentare la sussistenza dei sopra indicati requisiti nella nota integrativa al bilancio evidenziando contabilmente che:

a)    i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci sono superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni risultanti dal conto economico;

b)    il costo del lavoro dei soci è superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro risultante dal conto economico[119], computate anche le forme di lavoro, diverse dal lavoro subordinato, aventi un collegamento con l’attuazione del rapporto mutualistico;

c)    il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci è rispettivamente superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi, ovvero al costo totale delle merci o materie prime acquistate o conferite, risultanti dal conto economico.

Il citato articolo 2513 stabilisce inoltre che, quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti. Nelle cooperative agricole la condizione di prevalenza sussiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

 

Il successivo articolo 2545-octies cod. civ. prevede che la cooperativa perde la qualifica di cooperativa a mutualità prevalente quando, per due esercizi consecutivi, non rispetti le condizioni di prevalenza sopra illustrate, ovvero quando modifichi le previsioni statutarie di cui all'articolo 2514 cod. civ.[120]. Quando si verifica una di queste circostanze gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, se presente, devono redigere un apposito bilancio, da notificare, entro sessanta giorni dalla approvazione, al Ministero delle attività produttive, al fine di determinare il valore effettivo dell'attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Il bilancio deve essere verificato senza rilievi da una società di revisione.

 

Con la modifica introdotta dal comma 1 dell’articolo 22 in esame, l’obbligo di redazione del bilancio, previsto dal citato articolo 2545-octies cod. civ., è sospeso per un biennio, limitatamente alle ipotesi di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per mancato rispetto delle condizioni di prevalenza di cui all’articolo 2513 cod. civ..

La relazione tecnica al disegno di legge in esame osserva che tale previsione “semplifica la tenuta delle scritture contabili per le società a mutualità prevalente in caso di momentanea perdita di tale status”.

 

Il comma 2 dell’articolo 22 abroga la lettera c) del comma 10 dell’articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, recante Nuove norme in materia di società cooperative.

 

Il citato articolo 13 istituisce l’albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi al quale possono essere iscritte le società cooperative edilizie di abitazione, costituite da non meno di diciotto soci, ed i loro consorzi che siano iscritti nel registro prefettizio e nello schedario generale della cooperazione, che siano disciplinati dai principi di mutualità e si trovino in una delle seguenti condizioni:

a)       siano stati costituiti con il conferimento da parte di ciascun socio di quote o di azioni per un valore non inferiore a lire cinquecentomila (pari a 258,23 euro);

b)       abbiano iniziato o realizzato un programma di edilizia residenziale;

c)       siano proprietari di abitazioni assegnate in godimento o in locazione o abbiano assegnato in proprietà gli alloggi ai propri soci.

L’iscrizione nell’albo è obbligatoria per ottenere contributi pubblici.

 

La disposizione della quale si propone l’abrogazione stabilisce che il Ministro del lavoro e della previdenza sociale[121] deve determinare con proprio decreto lo schema della comunicazione che le società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi, iscritte all’apposito albo, devono trasmettere entro il 30 giugno di ogni anno per documentare l’attività svolta nel corso dell’anno precedente.[122] L’abrogazione di questa disposizione comporta la soppressione dell’obbligo, per le società sopra indicate, di trasmettere la suddetta comunicazione annuale.

 

 

 


Articolo 23
(Interventi a favore delle imprese di spettacolo)

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

      2. Ai sensi del comma 1, le imprese dello spettacolo usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo.

 

 

L’articolo 23 attribuisce alle imprese di spettacolo l’applicabilità la naturadi piccola e media impresa secondo a disciplina comunitaria, consentendo pertanto a queste ultime di essere destinatarie di contributi e finanziamenti agevolati.

Con riguardo all’ambito soggettivo di applicazione, la disposizione fa riferimento agli organismi operanti nei settori delle attivita` teatrali, musicali e di danza, nonche´ di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa (comma 1).

Viene demandata al Governo la modifica dei decreti del ministro per i beni e le attività culturali (emanati in data 21 dicembre 2005) recanti criteri e modalità di erogazione dei contributi a valere sul Fondo unico dello spettacolo; per l’adozione di tale provvedimento governativo viene fissato il termine di due mesi dalla data di entrata in vigore della legge (comma 3).

 

Con riguardo alla definizione comunitaria delle PMI, si ricorda che con la Raccomandazione n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003 la Commissione UE ha esteso il concetto d’impresa ad ogni entità che svolga attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita.

Per essere riconosciuta come PMI, l'impresa deve rispettare i limiti massimi fissati dalla Raccomandazione relativamente al numero di dipendenti e al fatturato o ai totali di bilancio:

§       media impresa: occupa meno di 250 persone, realizza un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni di euro oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 43 milioni di euro;

§       piccola impresa: occupa meno di 50 persone, realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore ai 10 milioni di euro;

§       microimpresa: occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro.

Il Ministro delle attività produttive con DM 18 aprile 2005[123], ha provveduto ad adeguare alla citata raccomandazione 2003/361/CE i criteri di individuazione delle piccole e medie imprese, ai fini della concessione di aiuti- comunitari e non- alle attività produttive.

 

La platea dei destinatari dell’articolo 23 in commento appare in gran parte coincidente con quella desumibile dai sei decreti ministeriali emanati il 21 dicembre 2005 indicanti criteri e modalità di erogazione di contributi alle attività teatrali, musicali, di danza, nonché dello spettacolo viaggiante e delle attività circensi, in corrispondenza agli stanziamenti del Fondo Unico dello Spettacolo, di cui alla L. 30 aprile 1985, n. 163[124].

La formulazione del comma 1 sembra comunque escludere le fondazioni lirico sinfoniche[125] .

 

Con riguardo al finanziamento delle attività di spettacolo si ricorda che attualmente il principale strumento di sostegno pubblico è costituito dal citato Fondo unico dello spettacolo (F.U.S.). Al riparto di quest’ultimo tra i vari settori dello spettacolo provvedono attualmente decreti ministeriali di natura non regolamentare adottati di intesa con la Conferenza unificata (a questi ultimi, emanati il 21 dicembre 2005, si riferisce il comma 3 dell’articolo in commento).

Si riepilogano sinteticamente di seguito i principali destinatari di contribuiti a valere sul F.U.S. (subordinatamente al possesso di requisiti indicati nei decreti citati sopra): teatri stabili ad iniziativa pubblica o privata; teatri stabili di innovazione; imprese di produzione operanti nei diversi settori, compresa l’attività circense, lo spettacolo viaggiante, i parchi di divertimento; istituzioni concertistico orchestrali; associazioni musicali e complessi bandistici; soggetti che svolgano attività di promozione culturale e formazione del pubblico o attività di perfezionamento professionale; gestori si sale teatrali; soggetti pubblici e privati organizzatori di rassegne e festival inerenti i diversi settori.

 

In materia di spettacolo, si ricorda che la riforma costituzionale del 2001 - secondo quanto precisato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 255 del 2004 ) – contempla tale materianell’ambito della “promozione e organizzazione di attività culturali”, demandata alla competenza concorrente tra Stato e regioni. La sentenza citata ha evidenziato che se il sostegno finanziario degli spettacoli è riconducibile ad una materia di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost., ciò però non significa l'automatica sopravvenuta incostituzionalità della legislazione statale vigente in materia, anzitutto in conseguenza del principio della continuità dell'ordinamento, più volte richiamato dalla stessa Corte dopo la modifica del Titolo V. Con particolare riferimento al Fondo unico per lo spettacolo, di cui agli artt. 1 e seguenti della legge n. 163 del 1985, la Corte ha sottolineato la necessità ineludibile che in tale ambito caratterizzato da una procedura accentrata il legislatore statale riformasse profondamente le leggi vigenti per adeguarle alla mutata disciplina costituzionale. La Corte ha comunque riconosciuto che la necessità di continuare a dare attuazione, in considerazione della perdurante vigenza della legge n. 163 del 1985, alla erogazione annuale di contributi alle attività dello spettacolo ha indotto il legislatore ad adottare la disposizione impugnata di cui all’art. 1 del DL 24/2003 che demanda i criteri e le modalità di erogazione dei contributi alle attività dello spettacolo, previsti dalla legge 30 aprile 1985, n. 163, e le aliquote di ripartizione annuale del Fondo unico per lo spettacolo a decreti del Ministro per i beni e le attività culturali non aventi natura regolamentare,  “in attesa che la legge di definizione dei principi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato”. La temporanea applicazione della disposizione ha così portato la Corte a ritenere sussistente la legittimità costituzionale della disposizione impugnata, fermo restando che tale “sistema normativo non potrà essere ulteriormente giustificabile in futuro”.

 

La legge 15 novembre 2005, n. 239 ha introdotto l’intesa con la Conferenza unificata nella procedura di adozione dei decreti ministeriali (non aventi natura regolamentare) contemplati dal già citato articolo 1 del decreto legge n. 24/2003.

 

Ciascuno dei decreti emanati in data 21 dicembre 2005 fa riferimento (art. 1 di ciascun decreto) al carattere transitorio delle disposizioni ivi contenute “in attesa che la legge di definizione dei princìpi fondamentali di cui all'art. 117 della Costituzione fissi i criteri e gli ambiti di competenza dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali in materia di spettacolo”.

 

Si fa presente che non appare chiaro entro quali termini il riconoscimento della natura di piccola e media impresa agli organismi operanti nei settori delle attivita` teatrali, musicali e di danza, nonche´ di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa, produrrà le modifiche - previste al comma 3 dell’articolo in esame -

ai criteri e alle modalità di erogazione dei contributi alle attività di spettacolo di cui ai DM 21 dicembre 2005.

Compatibilità comunitaria

Ai sensi dell’art. 151 del Trattato UEla Comunità contribuisce allo sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune. L’azione dell’U.E. si esplica nell’incoraggiamento della cooperazione tra Stati membri e  e nell’integrazione dell'azione di questi ultimi in vari settori tra i quali, per quanto qui interessa, figurano il miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura nonché la creazione artistica.

In conformità con tali principi l’art. 87, paragrafo 1, del Trattato, pur definendo, in via generale, “incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”  introduce una deroga per quelli destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nella Comunità in misura contraria all'interesse comune” (art.87,paragrafo 3, lett. d)).

Il successivo art. 88 prevede, inoltre, che i progetti diretti a istituire o modificare aiuti siano comunicati alla Commissione perché esamini la loro compatibilità con il mercato comune.

Si segnala infine che con Decisione1855/2006 del Parlamento europeo e Consiglio del 12 dicembre 2006, è stato istituito il programma Cultura (2007 - 2013), con una dotazione finanziaria di 400 milioni di euro. Esso fa seguito al programma quadro Cultura 2000, che copriva il periodo 2000-2006, e costituisce uno strumento di finanziamento per lo sviluppo della cooperazione tra gli operatori dei diversi settori culturali dei paesi dell'Unione europea.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, nelle sue conclusioni, considerati i progressi compiuti nell'attuazione degli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, chiede agli Stati membri e alle istituzioni dell'UE di proseguire nell'azione volta a rafforzare il mercato interno e la competitività, a promuovere l'occupazione di qualità e a migliorare la coesione sociale.

In particolare, il Consiglio europeo sottolinea che, al fine di rafforzare il mercato interno e la competitività dell’Europa, si dovrebbe prestare particolare attenzione alla stimolazione del potenziale delle piccole e medie imprese, anche nei settori culturale e creativo, in considerazione del loro ruolo di motore della crescita, della creazione di posti di lavoro e dell'innovazione.

L’8 marzo 2007, si è svolta, presso la VII commissione della Camera, l’audizione del Commissario europeo per l'istruzione, formazione e cultura, Jàn Figel, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle problematiche connesse alla riforma del secondo ciclo del sistema educativo nazionale di istruzione e di quello di istruzione e formazione professionale. Nel corso dell’audizione, il Commissario ha, tra l’altro, sottolineato che l’attenzione sollecitata dal Consiglio europeo nei confronti delle piccole e medie imprese operanti nei settori culturale e creativo attribuisce, per la prima volta, importanza all’industria culturale anche sotto il profilo economico e di crescita.

 

 

 


Articolo 24
(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio)

      1. Il Governo, le regioni e gli enti locali promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di prevedere che la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sia eseguita anche in via informatica.

 

 

L’articolo 24 prevede che il Governo, le regioni e gli enti locali promuovano intese o concludano accordi affinché la pubblicazione degli atti nell’albo pretorio degli enti locali sia eseguita anche in via informatica.

La disposizione prosegue e completa lo spirito del D.Lgs. 82/2005[126], ovvero del Codice dell’amministrazione digitale, inteso a promuovere, attraverso la pubblicazione telematica dei dati di pubblico interesse, una maggiore partecipazione dei cittadini al processo democratico e a facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi.

L’art. 54 del Codice prevede infatti che anche i siti delle pubbliche amministrazioni regionali e locali, nei limiti delle risorse tecnologiche e organizzative disponibili e nel rispetto della loro autonomia normativa, contengano diverse tipologie di dati pubblici, fra i quali l’elenco di tutti i bandi di concorso e di gara banditi.

 

Il provvedimento si propone di promuovere la trasparenza delle attività della Pubblica amministrazione e la possibilità, per ogni cittadino, di accedere ai diversi momenti della vita delle istituzioni. La pubblicazione telematica delle deliberazioni relative all’attività degli organi degli enti pubblici territoriali, delle decisioni e dei provvedimenti da questi presi, è intesa quale possibilità di accesso diretta alla conoscenza dei processi decisionali rendendo più semplice e produttiva l’interazione tra il cittadino e le istituzioni.

Da una breve ricognizione in rete, risulta inoltre che il disposto dell’articolo in esame è stato già in parte attuato da moltissimi comuni, grandi e piccoli, e da numerose province. Allo stato attuale, e in mancanza di precise norme di riferimento, i comuni e le province hanno provveduto a pubblicare sugli albi pretori on line soltanto alcune fattispecie di atti; la norma in esame avrà quindi l’effetto di rendere esaustiva la pubblicazione di tutte le fattispecie di documenti ed atti pubblici di cui è prevista la pubblicità nell’albo pretorio.

 

Con riguardo all’albo pretorio, l’articolo in esame rimanda a quanto previsto dal Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, ovvero al D.Lgs. 267/2000[127], il quale all’art. 124 dispone che tutte le deliberazioni del comune e della provincia siano pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche e diverse disposizioni di legge.

 

Sono comprese fra gli atti soggetti a pubblicazione le deliberazioni del consiglio e della giunta, le determinazioni dei dirigenti o responsabili di uffici e servizi, le ordinanze, gli albi di giudici popolari, le donazioni effettuate all’ente territoriale, l’avviso della procedura di rilevazione delle passività, l‘elenco rilascio concessioni ed autorizzazioni edilizie nonché gli avvisi pubblici di varia natura di cui sia disposta pubblicazione sullo stesso albo pretorio. Vengono inoltre esposti gli atti destinati a singoli cittadini quando i destinatari risultano irreperibili al momento della consegna.

Le disposizioni di legge che prevedono la pubblicazione nell’albo pretorio dell’ente territoriale di specifiche deliberazioni, ordinanze, decreti, avvisi di convocazione, bandi, graduatorie, elenchi, comunicazioni ed atti di vari oggetti e finalità sono numerosissime.

 

Trattandosi di una disposizione relativa agli enti pubblici territoriali, secondo quanto previsto dall’art. 14[128] del già citato Codice dell’amministrazione digitale, il testo dell’articolo in esame rimanda a quanto stabilito dall’art. 8, co. 6 della L. 131/2003[129], che stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

 

L’art. 8, co. 6 della L. 131/2003 prevede inoltre che in tal caso sia esclusa l'applicazione dei co. 3 e 4 dell'art. 3 (Intese) del D.Lgs. 281/1997[130]. Tali commi individuano dei meccanismi che consentono al Governo di provvedere con deliberazione motivata o provvedimenti d’urgenza, quando non sia stato possibile giungere ad una intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. L’esclusione dell’applicazione dei commi 3 e 4 dell’art. 3 del D.Lgs. 281/1997 sottolinea come necessario il conseguimento di una intesa, ma rimanda anche alla necessità che le intese seguano quanto stabilito dal comma 2 delle stesso articolo, ovvero l’assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome.

Il co. 6 dell’art. 8 esclude poi espressamente che nelle materie di legislazione regionale, sia concorrente che primaria, di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, lo Stato possa adottare gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui all'art. 8 della L. 59/1997[131]. L’articolo richiamato dispone da parte sua che, salvo il caso dell’urgenza, gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, nonché gli atti di coordinamento tecnico, sono adottati previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni o con la singola Regione interessata; qualora entro 45 giorni dalla prima consultazione l'intesa non sia stata raggiunta, gli atti sono adottati con deliberazione del Consiglio dei ministri, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali (da esprimere entro 30 giorni dalla richiesta).

 

La necessità di procedere all’informatizzazione dell’albo pretorio tramite intese, viene inoltre rafforzata dal rinvio all’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 281/1997, che prevede che il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere in sede di Conferenza Stato-Regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

 

 


Articolo 25
(Abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese)

      1. Ai fini dell'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica, l'impresa interessata può allegare, in luogo delle richieste certificazioni, un'autocertificazione corredata dell'autorizzazione ad acquisire presso le pubbliche amministrazioni i dati necessari per la verifica, ferme restando, in caso di dichiarazione mendace, l'esclusione dalle procedure per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la responsabilità per falso in atto pubblico.

      2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le certificazioni la cui presentazione può essere sostituita ai sensi del comma 1.

 

 

L’articolo 25 mira a semplificare gli adempimenti burocratici delle imprese sostituendo alcune certificazioni da esse dovute con autocertificazioni.

Le certificazioni che possono essere sostituite (comma 1) sono quelle richieste per:

§      l’ottenimento di una autorizzazione o concessione da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici;

§      la partecipazione a procedure di evidenza pubblica.

La pubblica amministrazione è tenuta ad acquisire direttamente le informazioni già in proprio possesso per verificare il contenuto dell’autocertificazione. A tal fine l’atto di autocertificazione dell’impresa deve essere corredato dell’autorizzazione ad acquisire presso gli uffici pubblici tutti i dati per la verifica.

Le dichiarazioni mendaci comportano, oltre all’esclusione delle procedure per cui si è fatta la richiesta, la responsabilità per falso in atto pubblico.

 

Il falso in atto pubblico è contemplato dall’art. 483, 1° comma, del codice penale che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità.

 

Si potrebbe valutare, in proposito, l’opportunità di coordinare la disposizione di cui all’articolo in esame con l’ordinamento vigente. Infatti, sia l’esclusione dal procedimento connesso alla dichiarazione mendace, sia la responsabilità penale, sono già previste dalla disciplina generale in materia di autocertificazione recata dal testo unico sulla documentazione amministrativa (D.P.R. 445/2000, vedi oltre) che fa riferimento, per le dichiarazioni mendaci o false, genericamente alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia e, per le dichiarazioni non più veritiere, ad uso di atto falso (art. 489 c.p.).

L’individuazione puntuale delle certificazioni che possono essere sostituite è demandata dal comma 2 ad un decreto del Presidente del Consiglio, da emanare entro un mese dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

 

Tra gli strumenti di semplificazione che l’amministrazione deve utilizzare nello svolgimento della propria attività, la L. 241/1990[132] individua l’autocertificazione (o meglio, la dichiarazione sostitutiva, introdotta nell’ordinamento dalla L. 15/1968[133], ora confluita nel testo unico della documentazione amministrativa adottato con il DP.R. 445/2000[134]) e l’acquisizione diretta di documenti da parte della pubblica amministrazione. Entrambe le fattispecie sono contemplate dall’art. 18 della L. 241/1990.

In particolare, il co. 2 stabilisce che i documenti che attestano atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l'istruttoria di un procedimento amministrativo (quale ad esempio l’esame di una richiesta di autorizzazione o di concessione) sono acquisiti d'ufficio quando sono in possesso dell'amministrazione procedente o da altre pubbliche amministrazioni. L'amministrazione può richiedere agli interessati unicamente gli  elementi necessari per la ricerca dei documenti.

Si ricorda che il citato testo unico della documentazione amministrativa, all’art. 43 stabilisce il divieto delle pubbliche amministrazioni a richiedere atti o certificati indicanti alcuni dati personali espressamente indicati (data e luogo di nascita, residenza ecc.) che siano già in loro possesso. Tali documenti devono essere acquisiti d’ufficio o sostituiti da autocertificazioni. Anche in questo caso, nell’ipotesi dell’acquisizione d’ufficio, l’interessato è tenuto unicamente ad indicare gli elementi indispensabili per il reperimento dei documenti.

All’art. 46 sono indicati i fatti che possono essere autocertificati. Tra quelli di maggior interesse per le imprese si ricordano: la situazione economica, l’assolvimento di specifici obblighi contributivi, la qualità di legale rappresentante o di curatore di persone fisiche e giuridiche, di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento.

Anche i fatti e le notizie non contemplati nell’elenco di cui sopra possono essere autocertificati nei confronti della pubblica amministrazione e dei concessionari di pubblici servizi tramite dichiarazioni sostitutive dell’atto di notorietà (art. 47).

L’art. 76 rinvia alle norme del codice penale e alle leggi speciali in materia per la punizione delle dichiarazioni false. Inoltre, l’esibizione di un atto contenente dati non più rispondenti a verità equivale ad uso di atto falso (art. 489 c.p.).

La non veridicità delle dichiarazioni comporta anche, per il dichiarante, la decadenza dei benefici eventualmente conseguenti al procedimento connesso con la dichiarazione (art. 75).

 

La disciplina della partecipazione a procedure di evidenza pubblica con riferimento ai contratti delle pubbliche amministrazioni è contenuta nel decreto legislativo n. 163 del 2006 (cd. Codice dei contratti pubblici). In particolare, l’articolo 38, che disciplina i requisiti di ordine generale per partecipare alle gare, al comma 2 prevede l’attestazione dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle disposizioni del decreto n. 445 del 2000. Si segnalano poi l’articolo 39 che dispone in merito ai requisiti di idoneità professionale e gli articoli 41 e 42 che disciplinano la dimostrazione della capacità economica e finanziaria e della capacità tecnica e professionale dei concorrenti.

L’autocertificazione è prevista dall’art. 123 all’interno della procedura ristretta semplificata per gli appalti di lavori importo inferiore a 750.000. In tal caso, le stazioni appaltanti hanno facoltà di invitare a presentare offerta almeno venti concorrenti individuati tra gli operatori economici iscritti in un determinato elenco. Ogni domanda di iscrizione nell’elenco deve essere corredata da un’autocertificazione, ai sensi della normativa vigente, con cui il richiedente afferma di essere in possesso dei requisiti di qualificazione necessari e di non trovarsi in nessuna delle cause di esclusione previsti per l’esecuzione di lavori di pari importo con procedure aperte o ristrette.

 

 

 


Articolo 26
(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche

      1. All'articolo 2209 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

      «Quando il potere di compiere gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa è conferito al procuratore con deliberazione di un organo collegiale, la pubblicità è attuata mediante deposito di copia del verbale della deliberazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa, presso il competente ufficio del registro delle imprese».

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

      3. Qualora venga esibita la documentazione di cui al comma 2, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di richiedere la produzione della procura in forme diverse.

      4. Per le imprese il rilascio della procura per il compimento di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione può avvenire, previa richiesta sottoscritta congiuntamente dall'imprenditore e dal procuratore, mediante rilascio e trasmissione al registro delle imprese di un certificato digitale qualificato di rappresentanza da parte di un certificatore accreditato. La modifica e la revoca dei poteri conferiti sono disciplinate dall'articolo 2207 del codice civile.

 

 

L’articolo 26 reca disposizioni concernenti il conferimento di poteri di rappresentanza dell’imprenditore e il compimento di operazioni telematiche delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione.

Tali misure, si evidenzia nella relazione illustrativa del provvedimento, sono volte ad evitare aggravi di procedura per le imprese e a consentire un risparmio di costi per le stesse.

 

In particolare, il comma 1 aggiunge un comma all’art. 2209 del codice civile, al fine di semplificare la disciplina vigente in materia di pubblicità della nomina dei procuratori delle imprese.

 

I procuratori (art. 2209 c.c.) sono coloro i quali, in base a un rapporto continuativo, possono compiere per l'imprenditore gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa commerciale, pur non essendovi preposti.

Il procuratore, a differenza dell’institore (la cui figura è prevista dall’art. 2203 c.c.), esercita funzioni esecutive. Mentre l’institore è titolare di un’attività generale e complessa di gestione[135] che riguarda l’impresa nel suo insieme in quanto egli compie, ai sensi delll’art. 2204 c.c., tutti gli atti pertinenti all’esercizio della stessa, il procuratore è incaricato di mansioni specifiche, che si possono concretare soltanto in una serie di atti particolari relativi all’esercizio dell’impresa.

L’art. 2209 c.c. estende ai procuratori le medesime norme previste per gli institori in materia di:

§       pubblicità della procura (art. 2206, primo comma, c.c.), secondo le quali la nomina di un procuratore di un’impresa deve risultare da una procura notarile, che rechi la firma autenticata del rappresentato e che sia stata debitamente depositata per l'iscrizione presso il competente ufficio del registro delle imprese;

§       modificazione e revoca della procura (art. 2207 c.c.), per cui, nel caso in cui la procura venga successivamente limitata o revocata, gli atti relativi devono essere depositati, a fini dell'iscrizione nel registro delle imprese, anche se la procura non è stata in precedenza pubblicata.

 

La disposizione in esame stabilisce che, per assolvere gli obblighi di pubblicità dell’atto di conferimento della procura, nel caso in cui questa sia stata concessa con deliberazione di un organo collegiale, è sufficiente il deposito presso il registro delle imprese di copia del verbale della deliberazione di conferimento dei poteri, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa.

 

Il comma 2 concerne le procure speciali che un imprenditore può conferire ad un soggetto per il compimento di determinati atti nei confronti della pubblica amministrazione.

La disposizione stabilisce esse possano essere redatte in carta semplice. La veridicità della procura può essere attestata tramite la presentazione di una fotocopia di un documento di identità del rappresentato, firmata da quest'ultimo.

 

E’ espressamente posto il divieto per la pubblica amministrazione, nel caso si faccia ricorso alla procedura sopra illustrata, di richiedere la presentazione della procura con modalità diverse (comma 3).

 

Il comma 4 riguarda le procure per il compimento, da parte delle imprese, di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione.

Per tali atti viene prevista la possibilità del rilascio di una specifica procura (certificato digitale qualificato di rappresentanza) da parte di un certificatore accreditato, a seguito di una richiesta preventiva firmata congiuntamente dall’imprenditore e dal procuratore.

 

La relazione illustrativa precisa che la disposizione in esame garantisce comunque che l'esercizio della procura avvenga nel pieno rispetto delle regole di sicurezza informatica richieste dalla normativa vigente.

Si ricorda che con il D.P.C.M. 13 gennaio 2004[136] sono state emanate le regole tecniche per la formazione, trasmissione, conservazione, duplicazione, riproduzione e validazione, anche temporale, dei documenti informatici. Il provvedimento individua i requisiti tecnici ed organizzativi che i soggetti, pubblici e privati, che intendono emettere certificati qualificati devono possedere.

La Deliberazione CNIPA n. 4 del 17 febbraio 2005[137] ha dettato le "Regole per il riconoscimento e la verifica del documento informatico".

 

Ai fini dell’assolvimento degli obblighi di pubblicità, il certificato digitale rilasciato al procuratore deve essere trasmesso al registro delle imprese, nel quale viene pubblicato il relativo contenuto. Idonea pubblicità viene data anche ai casi di revoca o di modifica dei poteri conferiti, secondo quanto stabilisce l'art. 2207 c.c. (vedi supra).

 

Si ricorda che l’art. 31 della L. 340/2000[138] stabilisce che, dal 1 novembre 2003, le domande, le denunce e gli atti che le accompagnano da inviare all'ufficio del registro delle imprese[139] devono essere esclusivamente trasmesse per via telematica ovvero presentate su supporto informatico con firma digitale[140].

 

Il capo II (artt. 20-38) del Codice dell’amministrazione digitale(D.Lgs. 82/2005[141]) recepisce nella sostanza la disciplina già contenuta, in materia di documento informatico e di firme elettroniche, nel testo unico sulla documentazione amministrativa (il D.P.R. 445/2000[142]), ma apporta alcune rilevanti innovazioni, con particolare riguardo al valore probatorio del documento informatico in relazione alla tipologia delle firme elettroniche.

Con riguardo a queste ultime, il Codice ha inteso ridurre e semplificare, anche sul piano terminologico, la tipologia fino ad allora introdotta da diverse fonti anche di livello comunitario[143] (firma elettronica, firma elettronica avanzata, firma elettronica qualificata, firma digitale e, nel linguaggio comune, firma elettronica “debole” e “forte”…) individuando:

§       nella firma elettronica, un insieme di dati in forma elettronica, logicamente correlati ad altri dati, utilizzati come metodo di identificazione informatica;

§       nella firma elettronica qualificata, un particolare tipo di firma elettronica caratterizzato da elevate garanzie di sicurezza con riguardo all’identificazione del firmatario ed al controllo sull’integrità del documento; essa è basata su un certificato qualificato (fornito da appositi certificatori) e realizzata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma (come ad es. una smart card);

§       nella firma digitale un particolare tipo di firma elettronica qualificata, in cui la garanzia sulla provenienza e l’integrità del documento è basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, tra loro correlate.

Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica qualificata o con firma digitale soddisfa il requisito legale della forma scritta se formato nel rispetto delle regole tecniche che garantiscano l’identificabilità dell’autore e l’integrità del documento; il valore probatorio del documento informatico sottoscritto con firma elettronica è graduato in rapporto alla diversa caratteristica di validità e certezza della firma elettronica ad esso apposta.

In particolare, il documento informatico sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica qualificata, ha l’efficacia prevista dall’art. 2702 del codice civile, la medesima cioè della scrittura privata, che “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

Il documento cui è apposta una firma elettronica di tipo non qualificato è invece “liberamente valutabile in giudizio, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza”.

La firma digitale o elettronica qualificata può essere autenticata dal notaio o altro pubblico ufficiale, secondo modalità analoghe a quelle previste dall’art. 2703 del codice civile.

I documenti informatici formati da pubbliche amministrazioni costituiscono informazione primaria e originale da cui è possibile effettuare, su diversi tipi di supporto, riproduzioni e copie per gli usi consentiti dalla legge. Circa le copie e le riproduzioni di atti e documenti informatici, il Codice ne ribadisce la piena validità a tutti gli effetti di legge, purché siano conformi alle regole tecniche.

Il Codice disciplina l’attività dei certificatori (i soggetti cioè che prestano servizi di certificazione delle firme elettroniche) che, se stabiliti in Italia o in altro Stato membro dell’Unione europea, è libera e non richiede autorizzazione preventiva. Particolari controlli affidati al CNIPA[144] sono tuttavia effettuati sui certificatori che rilasciano al pubblico certificati qualificati, rispondenti cioè ai requisiti comunitari (la citata direttiva 1999/93/CE); i certificatori che intendono conseguire il riconoscimento del possesso dei requisiti del livello più elevato, in termini di qualità e di sicurezza, devono chiedere di essere accreditati presso il CNIPA dimostrando di possedere, tra l’altro, l’affidabilità organizzativa, tecnica e finanziaria necessaria per svolgere attività di certificazione. Il CNIPA svolge attività di vigilanza sui certificatori qualificati e accreditati i quali sono inseriti in apposito elenco pubblico, consultabile telematicamente, predisposto, tenuto ed aggiornato a cura del CNIPA[145].

Il Codice reca disposizioni specifiche sulla responsabilità del certificatore qualificato ed elenca gli obblighi di questi e del titolare del certificato di firma (tra i quali quello di custodire e utilizzare il dispositivo di firma con diligenza).

Entro 24 mesi dall’entrata in vigore del Codice (entro il 1 gennaio 2008), le pubbliche amministrazioni devono dotarsi di procedure informatiche e strumenti per la verifica delle firme digitali.

Il Codice detta le caratteristiche dei dispositivi sicuri e le procedure da utilizzarsi per la generazione delle firme: essi devono possedere requisiti di sicurezza che garantiscono l’integrità dei documenti dei documenti informatici a cui la firma si riferisce.

 

 


Articolo 27
(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata)

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

      «Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto nei riguardi della società dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese nei modi previsti dal secondo comma.

      L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro venti giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022».

      2. All'articolo 2478 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il numero 1) del primo comma è abrogato;

          b) al secondo comma, le parole: «I primi tre libri» sono sostituite dalle seguenti: «I libri indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma» e le parole: «e il quarto» sono sostituite dalle seguenti: «; il libro indicato nel numero 4) del primo comma deve essere tenuto».

      3. Al secondo comma dell'articolo 2478-bis del codice civile, le parole: «devono essere depositati» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere depositata» e le parole: «e l'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali» sono soppresse.

 

 

Le disposizioni contenute nell’articolo 27 eliminano l’obbligo di tenuta del libro dei soci delle società a responsabilità limitata (S.r.l.) e l’obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell’elenco dei soci delle stesse società, disegnando un nuovo sistema di pubblicità relativo alle quote sociali ed al loro trasferimento basato unicamente sulla loro iscrizione nel registro delle imprese.

Gli articoli del codice civile interessati dalle modifiche sono l’articolo 2470, l’articolo 2478 e l’articolo 2478-bis.

L'attuale disciplina, di cui all’articolo 2478, n. 1) del codice civile, prevede l'obbligo per gli amministratori di tenere il libro dei soci, nel quale devono essere indicati: “il nome dei soci, la partecipazione di spettanza di ciascuno, i versamenti fatti sulle partecipazioni, nonché le variazioni nelle persone dei soci”.

Si tratta peraltro di un libro non accessibile a terzi. L'assetto societario delle Srl è attualmente conoscibile e opponibile a terzi tramite il Registro delle imprese. In base all’articolo 2470, terzo comma infatti, se la quota è alienata con successivi contratti a più persone, quella tra esse che per prima ha effettuato in buona fede l'iscrizione nel registro delle imprese è preferita alle altre, anche se il suo titolo è di data posteriore.

Nel registro delle imprese è invece obbligatoria l’iscrizione di alcuni momenti della vita societaria:

·       l’iscrizione dell'atto costitutivo, in base dall’articolo 2463, terzo comma c.c., che prevede che si applichi alle S.r.l. l’obbligo di deposito previsto per le società per azioni dall’articolo 2330 c.c.;

·       l’obbligo del deposito dell'elenco soci annuale, previsto dall’articolo 2478-bis, da effettuarsi entro 30 giorni dall'approvazione del bilancio;

·       il successivo trasferimento delle quote, che avviene, in base all’articolo 2470 c.c., con l'intervento del notaio presso il quale viene depositato l’atto di trasferimento delle quote e con la successiva iscrizione del trasferimento, entro trenta giorni ed a cura del notaio stesso, nel registro delle imprese. Tale iscrizione nel registro delle imprese rende la modifica efficace nei confronti dei terzi. Per quanto riguarda invece l’efficacia della modifica nei confronti della società, questa si realizza, in base all’articolo 2470, primo comma, con l’iscrizione nel libro dei soci a cura degli amministratori della società stessa.

Si ricorda che l’iscrizione nel libro dei soci, tenuto a cura degli amministratori, deve essere bollata e vidimata e gli oneri sono di circa 30 euro di diritti camerali e di 14,62 euro ogni 100 pagine per imposta di bollo.

Per quanto riguarda pertanto la pubblicità del trasferimento delle quote, il sistema vigente, prevedendo una duplice trascrizione - l’una costituita dall’iscrizione nel libro dei soci ed efficace solo all’interno della società e l’altra costituita dall’iscrizione nel registro delle imprese  che opera come forma di pubblicità nei confronti dei terzi – può generare situazioni di disallineamento dei dati tra libro dei soci e registro delle imprese, anche in considerazione dell’informatizzazione del Registro imprese e della sua consultabilità via Internet.

 

Con l’articolo 27 in commento gli adempimenti relativi al trasferimento delle quote delle S.r.l. ed all’elenco dei soci vengono pertanto semplificati, abrogando sia l'obbligo di tenuta del libro soci che l’obbligo del deposito dell'elenco dei soci annuale presso l'ufficio del Registro imprese.

In tale ottica, il comma 1 dell’articolo 27 provvede a riscrivere i primi due commi dell’articolo 2470 c.c., prevedendo unicamente l’iscrizione nel registro delle imprese, anziché nel libro dei soci, del trasferimento delle partecipazioni sociali e conferendo a tale iscrizione efficacia nei confronti della società.

Il notaio pertanto, in base al novellato secondo comma dell’articolo 2470 c.c , dovrà dare pubblicità alla compagine sociale - oltre che nella fase di costituzione - anche in seguito all'atto di trasferimento della partecipazione, depositando entro 20 giorni (anziché entro 30 giorni come previsto attualmente) l’atto di trasferimento delle quote presso l’ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale.

Per effetto del nuovo sistema pertanto, l’iscrizione delle quote sociali nel Registro delle imprese avrà effetto sia nei confronti dei terzi che della società e potrà essere consultata in tempo reale, anche informaticamente, da tutti i soggetti interessati, eliminandosi altresì l’attuale dualismo che “scinde” la partecipazione societaria tra titolarità del bene-partecipazione, risultante dall’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, e titolarità dei diritti amministrativi e patrimoniali legati alla qualifica di socio risultanti dal libro dei soci e dall’elenco dei soci.

 

Sempre in base alla modifica proposta dal comma 1 dell’articolo 27 al secondo comma dell’articolo 2470, in caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022 anziché, come previsto nel testo vigente “verso presentazione della documentazione richiesta per l'annotazione nel libro dei soci dei corrispondenti trasferimenti in materia di società per azioni”.

L’articolo 2022 del codice civilerichiamato disciplina il trasferimento dei titoli di credito nominativi stabilendo che questo si opera mediante l'annotazione del nome dell'acquirente sul titolo e nel registro dell'emittente o col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo titolare e che del rilascio deve essere fatta annotazione nel registro. Colui che chiede l'intestazione del titolo a favore di un'altra persona, o il rilascio di un nuovo titolo ad essa intestato, deve provare la propria identità e la propria capacità di disporre, mediante certificazione di un notaio o di un agente di cambio.

Il rinvio alla documentazione prevista dall’articolo 2022 sembrerebbe doversi pertanto intendere alla certificazione del notaio o di un agente di cambio che provino l’identità dell’erede che chiede il trasferimento a proprio favore della quota societaria. 

L’articolo 2022 stabilisce anche che se l'intestazione o il rilascio è richiesto dall'acquirente, questi deve esibire il titolo e dimostrare il suo diritto mediante atto autentico.  L'esatto assolvimento di tali formalità vale ad esonerare da ogni responsabilità l'emittente, salvo il caso della colpa

In base alla dottrina ed alla giurisprudenza[146], le norme di cui all'art. 2022 trovano applicazione, in via analogica, anche in caso di acquisto mortis causa, pertanto probabilmente l’erede dovrà oltre a provare la propria identità, anche dimostrare il suo diritto, come deve fare l’acquirente del titolo.

 

Il comma 2 dell’articolo 27 provvede poi a modificare l’articolo 2478 del codice civile, recante l’elenco dei libri sociali obbligatori.

Da tale elenco viene innanzitutto eliminato il n. 1) del primo comma, cioè il libro dei soci [lettera a) del comma 2].

In secondo luogo viene conseguentemente coordinato formalmente il secondo comma dell’articolo 2478 che citava il n. 1) ora abrogato (lettera b) del comma 2).

 

Il comma 3 dell’articolo 27 infine modifica l’articolo 2478-bis, secondo comma, relativo all’obbligo di deposito di copia del bilancio approvato, entro trenta giorni dall’approvazione, presso l’ufficio del registro delle imprese.

La norma infatti, coerentemente con le modifiche operata dai precedenti commi 1 e 2, sopprime l’inciso finale che prevede l’obbligo di deposito presso il registro delle imprese dell’elenco dei soci  e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali.

 

 


Articolo 28
(Norme generali in materia di istruzione tecnico-professionale)

      1. Gli istituti tecnici e gli istituti professionali previsti dall'articolo 191, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali appartenenti al sistema dell'istruzione secondaria superiore e sono finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore; i predetti istituti di istruzione sono organicamente strutturati sul territorio attraverso stabili collegamenti con il mondo del lavoro e dell'impresa, ivi compresi il volontariato e il privato sociale, con la formazione professionale, con l'università e con la ricerca.

      2. Nel quadro del riordino e del potenziamento di cui al comma 1, con uno o più regolamenti adottati con decreto del Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono previsti: la riduzione del numero degli attuali indirizzi e il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo; la scansione temporale dei percorsi e i relativi risultati di apprendimento; la previsione di un monte ore annuale delle lezioni sostenibile per gli allievi, nei limiti del monte ore complessivo annuale già previsto per i licei economico e tecnologico dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, e del monte ore complessivo annuale da definire ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera f), della legge 27 dicembre 2006, n. 296; la conseguente riorganizzazione delle discipline di insegnamento al fine di potenziare le attività di laboratorio, di stage e di tirocini; l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

      3. Sono adottate apposite linee guida, predisposte dal Ministro della pubblica istruzione e definite in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, al fine di realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, compresi in un apposito repertorio nazionale.

      4. Alla disciplina delle materie di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 28 marzo 2003, n. 53, e alla revisione dei profili educativi di cui agli allegati A e B annessi al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e delle indicazioni nazionali allegate al medesimo decreto legislativo si provvede con regolamenti adottati, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Con analoghi regolamenti si provvede alla disciplina delle stesse materie di cui al presente comma, anche relativamente agli istituti tecnico-professionali previsti dal presente articolo.

 

 

L’articolo 28  reca disposizioni in materia di istruzione tecnico-professionale.

In particolare, si prevede il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali di cui all’articolo 191 del D.Lgs. 297/1994[147] come istituti tecnico-professionali connotati dalle seguenti caratteristiche:

§         appartenenza all’istruzione secondaria superiore;

§         rilascio di un diploma di istruzione secondaria superiore;

§         stabile collegamento con il mondo del lavoro e dell’impresa, ivi compresi il volontariato e il privato sociale, con la formazione professionale, con l’università e con la ricerca.

 

Si ricorda innanzitutto che il D.L. 7/07[148], attualmente all’esame del Senato per la conversione, interviene all’articolo 13 sulla disciplina recata dal D.Lgs. 226/2005[149], sostituendo il sistema dei licei, quale articolazione, insieme al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali contemplati al citato articolo 191 del D. Lgs. 297/2004. Conseguentemente, la disposizione del decreto legge reca l’abrogazione o la modifica di alcune disposizioni del D.Lgs. 226/2005 relative ai licei economici e tecnologici (art. 2 commi 6, 7, 8; artt. 6 e 10).

Circa il citato D.Lgs. 226/2005,recante riordino del secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione (ai sensi degli articoli 1, 2 e 7 della legge 28 marzo 2003, n. 53[150], cd “legge Moratti”), si fa presente che esso nel testo originario definisce il secondo ciclo distinguendo il sistema dei licei[151] ed il sistema dell'istruzione e della formazione professionale, la cui competenza è regionale ed in esito al quale si conseguono titoli e qualifiche professionali di differente livello, valevoli su tutto il territorio nazionale se rispondenti ai livelli essenziali di prestazione.

Circa l’entrata in vigore della riforma del secondo ciclo come sopra descritta, si ricorda che l’art 27 del D.Lgs. 226/2005 fissava l’avvio del passaggio al nuovo ordinamento dall’anno scolastico 2007-2008, a partire dalle prime classi dei percorsi liceali e dal primo anno di quelli di istruzione e formazione[152]. L’art.1, comma 8, del DL 173/2006[153] ha poi rinviato l’avvio della riforma all’anno scolastico 2008–2009.

Il citato art. 27 del D. Lgs. 226/2005, con riferimento all’istruzione e formazione professionale (disciplinata dal capo III del provvedimento) nel ribadire la competenza regionale in materia, ha previsto che, fino all’attuazione della disciplina degli adempimenti connessi alla competenza esclusiva regionale, l'offerta formativa nel settore fosse assicurata dagli istituti professionali di Stato (comma 7).

 

L’art. 191 del D.Lgs. 297/1994 reca l’elenco delle articolazioni dell’istruzione secondaria superiore: ginnasio-liceo classico; liceo scientifico; istituti tecnici; liceo artistico; istituto magistrale e scuola magistrale (attualmente non più attivi) [154]; istituti professionali; istituti d'arte.

In particolare (ai sensi del medesimo articolo) il corso di studio degli istituti tecnici come quello del ginnasio-liceo classico e del liceo scientifico ha la durata di cinque anni; la durata degli istituti professionali è invece stabilita con decreto del Ministro della pubblica istruzione[155]. Istituti tecnici, istituti professionali, licei artistici sono articolati in indirizzi e sezioni.

 

Si segnala infine che, a decorrere dalla piena attuazione della riforma del secondo ciclo di istruzione sopra illustrato (e precisamente dall’anno successivo all’esaurimento delle classi funzionanti con il vecchio ordinamento), l’art. 31 del D.Lgs.226/2005 dispone l’abrogazione di vari articoli del citato Testo unico, compreso il citato art. 191 recante l’attuale ordinamento dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado[156].

 

Il comma 2 detta indicazioni per il riordino degli istituti tecnici e degli istituti professionali, da attuarsi nelle forme del regolamento ministeriale (segnatamente, regolamento del Ministro della pubblica istruzione) di cui all’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988. Si tratta dei seguenti elementi:

§         riduzione del numero attuale degli indirizzi e ammodernamento degli stessi in relazione ad ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo;

§         scansione temporale dei percorsi e relativi risultati di apprendimento;

§         monte ore annuale delle lezioni, nei limiti del monte ore complessivo annuale già previsto per i licei economico e tecnologico dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, e del monte ore complessivo annuale da definire ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera f), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

L’articolo 6, comma 5, del d. lgs. 226/2005 (abrogato dal comma 1 dell’articolo 13 del DL 7/07 sopra richiamato) prevedeva che l'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti fosse nel liceo economico di 1.056 ore nel primo biennio e 858 ore nel secondo biennio e nel quinto anno; l'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo (economico-aziendale; economico-istituzionale) avrebbe dovuto essere di 198 ore nel secondo biennio e nel quinto anno, mentre l'orario annuale delle attività e insegnamenti facoltativi, di 66 ore per ciascuno dei cinque anni di corso, elevate, nel secondo biennio e nel quinto anno, a 99 ore per gli studenti che si fossero avvalsi dei settori dei servizi, del credito, del turismo, delle produzioni agro-alimentari e della moda.

Per quanto riguarda il liceo tecnologico, l’articolo 10 del D.Lgs. 226/2005, anch’esso abrogato dal DL 7/07, prevedeva un orario annuale delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti di 1.023 ore nel primo biennio, 594 ore nel secondo biennio e 561 ore nel quinto anno; l'orario annuale delle attività e insegnamenti obbligatori di indirizzo, ivi compresi i laboratori, era di 561 ore nel secondo biennio e 594 ore nel quinto anno; l'orario annuale delle attività e insegnamenti facoltativi, per tutti gli indirizzi, era di 66 ore per ciascuno dei cinque anni di corso.

L’articolo 1, comma 605, lettera f). della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) ha affidato ad un decreto ministeriale il miglioramento dell’efficienza ed efficacia degli attuali ordinamenti dell’istruzione professionale anche attraverso la riduzione del carico orario settimanale delle lezioni a partire dall’anno scolastico 2007-2008, secondo criteri di maggiore flessibilità, di più elevata professionalizzazione e di funzionale collegamento con il territorio.

 

§      riorganizzazione delle discipline di insegnamento al fine di potenziare le attività di laboratorio, di stage e di tirocini;

§      orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

 

Il comma 3 prevede l’adozionedi linee guida del Ministro della pubblica istruzione definite in sede di Conferenza unificata finalizzate ai seguenti obiettivi:

 

§         realizzare raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Il citato comma 622 - che prevede a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008 l’obbligo di istruzione per almeno dieci anni (finalizzato a consentire il conseguimento di un titolo di studio di scuola secondaria superiore o di una qualifica professionale di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età), elevando a tal fine a 16 anni l’età per l’accesso al lavoro – contempla la possibilità di accordi tra Ministero e regioni per progetti finalizzati alla riduzione della dispersione ed al successo nell'assolvimento dell'obbligo. Questi ultimi potranno essere realizzati da strutture formative accreditate inserite in apposito elenco predisposto secondo criteri predefiniti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza Stato-regioni.

 

§         conseguimento di qualifiche e diplomi professionali - nell’ambito della competenza delle regioni in materia di istruzione e formazione professionale  comunque rispondente ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 -  compresi in un apposito repertorio nazionale.

Il Capo III (articolo 15-22) del D.Lgs. citato detta i livelli essenziali (L.E.P) per i percorsi di istruzione e formazione professionale che le Regioni devono assicurare nell’esercizio delle loro competenze legislative. I livelli essenziali (riguardanti offerta formativa, orario annuale, requisiti dei docenti, valutazione e certificazione delle competenze, adeguatezza delle strutture) costituiscono i requisiti per l'accreditamento e l'attribuzione dell'autonomia alle istituzioni formative delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano.Le modalità di accertamento del rispetto dei livelli essanziali sono demandate ad apposito regolamento. Merita segnalare che già l’articolo 6, comma 5, del D.Lgs. 15 aprile 2005, n. 76 (recante norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione, a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 28 marzo 2003, n. 53) aveva previsto che, in attesa della definizione dei L.E.P., le strutture sedi dei percorsi di istruzione e formazione professionale fossero accreditate dalle regioni in base alle indicazioni del Decreto del Ministro del lavoro 25 maggio 2001 recante Accreditamento delle sedi formative e delle sedi orientative. L’accordo del 19 giugno 2003, sancito in sede di Conferenza unificata, ha poi previsto, dall’anno scolastico 2003-2004, un’offerta formativa sperimentale di istruzione e formazione professionale (anticipando in tal senso il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione prevista dalla legge 53/2003). Dall’anno scolastico 2006-2007, ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs 226/2005, tali percorsi - in alternativa al primo triennio delle scuole secondarie superiori - avrebbero costituito attuazione graduale del diritto dovere all’istruzione.

La legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha poi ridefinito l’obbligo di istruzione elevandolo a dieci anni (art. 1, comma 622) e, fino alla messa a regime della nuova disciplina, ha autorizzato la prosecuzione dei percorsi sperimentali di istruzione e formazione professionale di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, prescrivendo l’accreditamento delle strutture formative da parte delle regioni sulla base dei criteri generali definiti con decreto adottato dal Ministro della pubblica istruzione di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previa intesa con la Conferenza unificata.

 

Si segnala che la formulazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 risulta identica a quella di alcune disposizioni dell’articolo 13 del DL 7/07 come modificato nel corso della conversione in legge alla Camera. Con riferimento alla disposizione di cui al comma 2, si fa presente che nel testo del decreto legge come attualmente modificato è previsto quale termine per l’emanazione dei regolamenti ministeriali finalizzati al riordino e al potenziamento degli istituti tecnici e professionali, la data del 31 luglio 2008.

 

Il comma 4 demanda a regolamenti ministeriali ( ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988), anche relativamente agli istituti tecnico-professionali contemplati dall’articolo in esame:

§         la disciplina delle materie di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 28 marzo 2003, n. 53;

§         la revisione dei profili educativi di cui agli allegati A e B annessi al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;

§         la revisione delle indicazioni nazionali allegate al citato decreto legislativo;

 

L’articolo 7, comma 1, della legge n. 53/2003 demanda a uno o più regolamenti da adottare a norma dell'articolo 117, sesto comma, della Costituzione e dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, le seguenti materie:

a) individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale relativamente agli obiettivi specifici di apprendimento, alle discipline e alle attività costituenti la quota nazionale dei piani di studio, agli orari, ai limiti di flessibilità interni nell'organizzazione delle discipline;

b) determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici;

c) definizione degli standard minimi formativi, richiesti per la spendibilità nazionale dei titoli professionali conseguiti all'esito dei percorsi formativi, nonché per i passaggi dai percorsi formativi ai percorsi scolastici.

 

Gli allegati A e B al D.Lgs. n. 226/2005 individuano, rispettivamente, il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione e il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema dei licei.

 

Gli allegati C, C/1, C/2, C/3, C/4, C/5, C/6, C/7 e C/8 al D.Lgs. n. 226/2005 recano le indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei diversi percorsi liceali.

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

Istruzione tecnico-professionale

Sulla base di un documento presentato il 31 ottobre 2006 e oggetto di consultazione pubblica fino a marzo 2007 (SEC(2006)1431), la Commissionesi è impegnata a sviluppare un sistema europeo di crediti accademici nel campo dell’istruzione e formazione professionale (ECVET)[157], che aiuti a trasferire, cumulare e rendere riconoscibili tra paesi e sistemi educativi diversi le conoscenze professionali acquisite individualmente lungo tutto l’arco della vita. Sulla base dei risultati della consultazione, delle risultanze di una conferenza organizzata sul tema dalla Presidenza tedesca dell’Unione europea e di eventuali contribuiti specifici, quali quelli forniti dal programma Leonardo da Vinci sull’istruzione professionale, la Commissione potrebbe decidere, entro dicembre 2007, ulteriori iniziative per perfezionare l’introduzione dell’ECVET.

 

Il Consiglio Istruzione nella riunione del 14 novembre 2006 ha approvato conclusioni sulle priorità future di una maggiore cooperazione europea in materia di istruzione e formazione professionale.

Il Consiglio, ribadendo il ruolo chiave dell’istruzione e formazione professionale nel fornire un’ampia base di capacità e conoscenze, nel miglioramento della coesione sociale e nel sostegno alla competitività del mercato del lavoro europeo, sottolinea, tra l’altro, la necessità di sviluppare strumenti europei comuni per creare uno spazio europeo in materia di istruzione e formazione professionale (IFP) che includono, ad esempio, l’ECVET, il sistema EUROPASS, quadro comunitario unico per la trasparenza delle qualifiche e delle competenze ed il quadro europeo delle qualifiche.

Sulla base delle conclusioni del Consiglio, il 4 – 5 dicembre 2006 i ministri europei dell’istruzione hanno elaborato il “comunicato di Helsinki”, documento che ha aggiornato le strategie e le priorità del processo di Copenhagen[158]per lo sviluppo della cooperazione europea nel settore dell’istruzione e formazione professionale.

Il 23 febbraio 2006, il Consiglio, d'intesa con la Commissione, ha adottato la relazione intermedia comune 2006 sui progressi compiuti nell'ambito del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010" (COM(2005)549), elaborato per assicurare il follow-up degli obiettivi fissati dall'agenda di riforma di Lisbona per quanto riguarda i sistemi di istruzione e formazione in Europa.

Il documento sottolinea, tra l’altro, che il miglioramento della qualità e dell'attrattiva dell’IFP, pur essendo una priorità dei programmi di riforma nazionali nella maggior parte degli Stati membri, resta una sfida chiave per il futuro.

In tale contesto, inoltre, il documento esamina gli sforzi fatti dagli Stati membri per applicare i principi comuni, definiti a livello europeo, del processo di Copenhagen, mettendo in evidenza che lo sforzo per rendere adeguata l’IFP alle realtà del mercato del lavoro ed il miglioramento delle relazioni con i datori di lavoro e le parti sociali costituiscono un fattore importante per la maggior parte dei paesi, che tentano di affrontare il tema della qualità e dell'attrattiva dell’IFP.

Sottolineando l'effetto positivo dell’IFP sulla riduzione dei tassi di abbandono scolastico precoce, il documento della Commissione e del Consiglio ribadisce l’importanza della partecipazione al mercato del lavoro e del ruolo dei sistemi di IFP come mezzi chiave per garantire l'inserimento sociale.

Lo sviluppo professionale dei docenti e degli istruttori nel campo della formazione professionale rimane, infine, una sfida concreta per la maggior parte dei paesi.

 

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, nelle sue conclusioni, sottolinea l’importanza di rafforzare innovazione, ricerca e istruzione ai fini del raggiungimento degli  obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione.

In particolare, il Consiglio europeo, evidenzia come l'istruzione e la formazione siano presupposti essenziali per il buon funzionamento del triangolo della conoscenza (istruzione - ricerca - innovazione) e svolgano un ruolo fondamentale per stimolare la crescita e l'occupazione. Pertanto, ribadisce  l’importanza di destinare il 3% del PIL alla ricerca e allo sviluppo entro il 2012. Il Consiglio sottolinea, inoltre, che gli Stati membri sono impegnati a modernizzare l'istruzione superiore, assicurando un'istruzione e formazione professionale di alta qualità a condizioni attraenti e attuando strategie nazionali per l'apprendimento permanente, in armonia con i progressi realizzati nell'attuazione del programma di lavoro "Istruzione e formazione 2010".

 

Si ricorda, inoltre, che l’8 settembre 2006la Commissione ha presentato la comunicazione: “Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione” (COM(2006)481), con la quale la Commissione individua nell’efficienza e nell’equità[159]i temi chiave per promuovere il processo di modernizzazione dei sistemi d’istruzione e di formazione negli Stati, come previsto dal quadro della Strategia di Lisbona. La Commissione ritiene, infatti, che solo aumentando il livello medio di capacità della popolazione e migliorando le opportunità per i più bisognosi e per le persone diversamente qualificate è possibile creare maggiore crescita, occupazione e coesione sociale.

Il Consiglio istruzione del 15 novembre 2006 ha approvato conclusioni su efficienza ed equità nell’istruzione e formazione, osservando, tra l’altro, come sia necessaria una cooperazione a livello europeo per condividere esperienze e buone prassi ed individuare comuni indicatori e parametri di riferimento per valutarne l’evoluzione.

In particolare, la Commissione invita gli Stati membri a mettere a punto percorsi chiari e diversificati di IFP per favorire l’apprendimento e l’occupazione, migliorando i programmi di formazione pubblici per i disoccupati e per i discenti svantaggiati poiché, ad avviso della Commissione, nei paesi con sistemi di istruzione e formazione professionale ben sviluppati i partecipanti possono sperare di ottenere miglioramenti della propria condizione economica. La qualità e l’efficacia di tali programmi può, secondo la Commissione, essere potenziata incentivando la compartecipazione delle parti in causa a livello regionale e locale e favorendo il coinvolgimento del settore privato dal momento che i programmi di formazione collegati al mercato del lavoro si sono dimostrati particolarmente efficaci nell’accrescere le opportunità di occupazione per i soggetti svantaggiati, quando si sono concentrati sulle qualifiche richieste dall’economia regionale e locale.

Al fine di rendere i sistemi di formazione professionale più attraenti, infine, secondo la Commissione occorre eliminare i vicoli ciechi che impediscono agli studenti di accedere all’istruzione terziaria.

Agevolazioni fiscali

La Commissione europea – nell’ambito delle azioni previste dalla Strategia di Lisbona – ha adottato il 13 settembre 2006 la comunicazione "Mettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell'innovazione per l'UE" (COM(2006)502), nella quale delinea una strategia politica in materia di innovazione concentrata su dieci azioni fondamentali, tra cui si ricorda in particolare quella volta a promuovere sistemi di istruzione favorevoli all'innovazione.

La comunicazione, fra l’altro, pone l’accento sulle agevolazioni fiscali, che considera uno strumento politico potenzialmente importante, cui possono ricorrere gli Stati membri per stimolare la ricerca e l’innovazione nelle imprese e gli investimenti privati, nel pieno rispetto del diritto comunitario. La Commissione, inoltre, ritiene che gli Stati membri dovranno prendere in considerazione le buone pratiche per migliorare l’efficacia delle agevolazioni fiscali di portata generale a favore della ricerca e sviluppo tecnologico e ottimizzarne l’applicazione.

 

 

 


Articolo 29
(Delega al Governo in materia di organi collegiali
delle istituzioni scolastiche)

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto dell'autonomia scolastica, per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche al fine di garantire un maggiore raccordo tra le stesse e le istituzioni, gli enti, le imprese e le associazioni operanti nel territorio, nonché per assicurare una maggiore efficienza ed efficacia al funzionamento delle istituzioni scolastiche.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Ulteriori disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con le procedure previsti dal presente articolo.

      4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) valorizzazione del collegamento delle scuole con le comunità locali e attuazione delle disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;

          b) previsione della possibilità, per le istituzioni scolastiche, di far partecipare agli organi collegiali e alla giunta esecutiva rappresentanze delle autonomie locali, delle università, delle associazioni, delle fondazioni e delle organizzazioni rappresentative del mondo economico, del terzo settore, del lavoro e delle realtà sociali e culturali presenti sul territorio;

          c) attribuzione alla giunta esecutiva, prevista dagli articoli 8 e 10 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, di funzioni di supporto e di collaborazione, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio di circolo o di istituto, in merito alle decisioni di rilevanza economico-finanziaria, nonché in materia di gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche autonome e di gestione delle risorse derivanti alle scuole da donazioni o da altri contributi secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti;

          d) previsione della possibilità di istituire, all'interno di ciascuna istituzione scolastica, un comitato tecnico volto a coadiuvare e a controllare la corretta attuazione del piano dell'offerta formativa durante l'intero anno scolastico;

 

          e) previsione di specifici corsi di formazione per i dirigenti scolastici e per i direttori dei servizi generali e amministrativi in servizio, organizzati dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica di cui all'articolo 1, comma 610, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzati al più efficace esercizio delle rispettive funzioni. Allo svolgimento dei predetti corsi è destinata una quota delle risorse di bilancio previste per la formazione.

 

 

L’articolo 29 reca una delega al Governo per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche, al fine di migliorarne il funzionamento e garantire un maggiore raccordo con gli enti, le istituzioni, le imprese e le associazioni operanti nel territorio (comma 1).

Quanto alla modalità per l’emanazione dei decreti legislativi si prevede che essi siano adottati entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata Stato-regioni, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro sessanta giorni dalla trasmissione degli schemi: la decorrenza di tale termine comporta la possibilità di adozione dei decreti legislativi(comma 2). Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi potranno essere adottate, entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore degli stessi decreti legislativi (comma 3).

 

Gli organi collegiali della scuola, attualmente disciplinati dagli artt. da 5 a 10 e da 26 a 50 del T.U. della scuola (D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297[160]), sono costituiti a livello di circolo[161] (nelle scuole materne ed elementari) e di istituto (nelle scuole secondarie).

Si riepilogano di seguito gli organi e le competenze:

§       i consigli di intersezione (nelle scuole materne), di interclasse (nelle scuole elementari) oppure di classe (negli istituti secondari), composti dai docenti e da rappresentanti dei genitori  nonché (nelle scuole superiori) degli studenti; i consigli hanno compiti inerenti la didattica e la valutazione degli alunni, in tal caso alla sola presenza dei docenti (art. 5 del T.U.).

§      il collegio dei docenti -presieduto dal dirigente scolastico- esercita attribuzioni inerenti il funzionamento didattico dell'istituto e la programmazione dell'azione educativa (art. 7 T.U.).

§       il consiglio di circolo o di istituto (art. 8 T.U.) è composto da rappresentanti del personale docente, del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, dei genitori degli studenti e - nella scuola secondaria superiore - degli studenti stessi, nonché dal dirigente scolastico. Il consiglio è presieduto da uno dei membri - eletto tra i rappresentanti dei genitori degli alunni -ed elegge nel suo seno una giunta esecutiva composta da un docente, un impiegato amministrativo, tecnico o ausiliario, due genitori (un genitore ed un rappresentante degli studenti nella scuola secondaria superiore); sono membri di diritto della giunta esecutiva il dirigente scolastico, che la presiede, ed il capo dei servizi di segreteria dell'istituto, che svolge funzioni di segretario (art. 9 T.U.).

§       Le attribuzioni del consiglio di istituto e della giunta esecutiva sono poi definite nell'art. 10 del T.U. ed integrate dai regolamenti attuativi dell’art. 21 della legge 59/1997[162] (così detta “Bassanini 1). I due organismi hanno, tra le altre, competenze relative all’impiego dei mezzi finanziari dell’istituzione scolastica con particolare riferimento alla predisposizione del documento contabile annuale; all’approvazione del conto consuntivo ed alla gestione dell’attività negoziale (DM 44/2001)[163]. Il consiglio di istituto ha inoltre competenze relative all’ adozione del Regolamento interno, alla programmazione delle attività didattiche(con particolare riferimento all’approvazione del Piano dell’offerta formativa di cui all’art. 3 del D.P.R. n.275 del 1999 vedi infra), ed alla predisposizione di iniziative complementari e integrative dell’iter formativo degli studenti (art .4 D.P.R. n. 567 del 1996[164]), ivi comprese le modalità di apertura della scuola in relazione alle domande di tipo educativo e culturale provenienti dal territorio[165].

 

Con riguardo all’attività parlamentare, si ricorda che, nella XIV legislatura, la VII Commissione della Camera aveva esaminato alcune proposte di legge di riordino degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche (AC  774, A.C. 1186, A.C. 1954, A.C. 2010 e A.C. 2221) pervenendo da ultimo all’adozione di un testo unificato (seduta del 15 dicembre 2004); l’iter di quest’ultimo non è stato tuttavia completato[166].

 

I decreti legislativi di riordino degli organi collegiali sono emanati nel rispetto dei princìpi ed i criteri direttivi indicati di seguito (comma 4):

 

a) collegamento delle scuole con le comunità locali e attuazione delle disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

Si ricorda in proposito che l’art. 21 della legge 59/1997 (così detta “Bassanini 1) ha disposto l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche, demandandone la realizzazione principalmente a regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, della L. 400/1988 ), da adottare previo parere delle Commissioni parlamentari di merito. Si segnalano, per quanto qui interessa, due provvedimenti attuativi del citato art. 21: il  D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275[167], che disciplina l'autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni scolastiche il cui esercizio fa perno sul Piano dell'offerta formativa (POF) adottato da ciascuna istituzione; il D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, recante istruzioni sulla contabilità e i criteri per la formazione del bilancio delle istituzioni scolastiche autonome.

 

b) eventuale partecipazione - agli organi collegiali e alla giunta esecutiva –di rappresentanze delle autonomie locali, delle università, delle associazioni, delle fondazioni e delle organizzazioni rappresentative del mondo economico, del terzo settore, del lavoro e delle realtà sociali e culturali presenti sul territorio in cui opera la scuola.

 

c) attribuzione alla giunta esecutiva di funzioni di supporto, in armonia con gli indirizzi del consiglio di circolo o di istituto, nelle decisioni di rilievo economico-finanziaria, nella gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche autonome e sull’utilizzo di risorse derivanti da donazioni o da altri contributi.

 

Si ricorda che l’art. 13, comma 3 ,del DL 7/2007[168] (attualmente all’esame del Senato per la conversione) ha introdotto agevolazioni fiscali per le erogazioni liberali a favore delle scuole di ogni ordine e grado. Il comma 7 del DL, nel testo originario, precludeva ai soggetti che avessero effettuato erogazioni liberali la partecipazione al consiglio di istituto ed alla giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche; il testo come modificato dalla Camera esclude dal divieto quanti effettuino una donazione di importo inferiore a 2.000 euro in ciascun anno scolastico

Ai sensi dell’art.10 del D.Lgs.297/1994  il Consiglio delibera il bilancio preventivo e il conto consuntivo dell’istituto e dispone in ordine all'impiego dei mezzi finanziari per il funzionamento amministrativo e didattico; la Giunta predispone il bilancio preventivo e il conto consuntivo; prepara i lavori del consiglio di circolo o di istituto, fermo restando il diritto di iniziativa di quest’ultimo, e cura l'esecuzione delle relative delibere.

Si ricorda comunque che ulteriori specificazioni in ordine alla competenze  degli organi collegiali citati sono contenute nel citato DM 44/2001 (regolamento di contabilitàdelle istituzioni scolastiche); esso tiene conto delle attribuzioni connesse all’autonomia finanziaria (attività negoziale, ivi compresa l’accettazione di donazioni ) nonché del ruolo del dirigente scolastico[169].

Con riguardo ai bilanci delle istituzioni scolastiche si segnala infine che l’art.1 comma 601 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha introdotto una semplificazione nelle procedure di assegnazione delle risorse finanziarie alle istituzioni scolastiche, prevedendo che le stesse siano attribuite dal Ministero della pubblica istruzione direttamente alle scuole, sulla base di criteri e parametri definiti con decreto del Ministro, criteri e parametri che infatti sono stati individuati con il D.M. n. 21 del 1° marzo 2007[170].

 

d) possibilità di istituire presso ciascuna istituzione scolastica un comitato tecnico per controllare l’attuazione del piano dell'offerta formativa durante l'intero anno scolastico.

 

Il piano dell'offerta formativa è il principale strumento dell'autonomia didattica degli istituti. Esso “esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano nell'ambito della loro autonomia”, in armonia con gli obiettivi degli indirizzi di studio ed in raccordo con il contesto culturale e socio-economico della struttura scolastica (art. 3 del D.P.R. 275/1999[171]). Il Piano è elaborato dal collegio dei docenti, sulla base delle scelte definite dal consiglio di circolo o di istituto delle proposte delle famiglie nonchè (nelle scuole superiori) degli studenti; esso è adottato dal consiglio di circolo o di istituto ed è reso noto agli studenti all'atto dell'iscrizione.

 

e) previsione di specifici corsi di formazione per i dirigenti scolastici e per i direttori dei servizi generali e amministrativi, organizzati dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica[172], finalizzati ad un più efficace esercizio delle rispettive funzioni. Allo svolgimento dei corsi è destinata una quota delle risorse di bilancio previste per la formazione.

 

 

Si fa presente che – nonostante l’oggetto della delega sia individuato nella ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche – i principi e i criteri direttivi previsti sembrano riguardare essenzialmente gli organi di gestione “amministrativa” della scuola (consiglio di circolo-istituto e giunta esecutiva).

Inoltre, non appare chiaro quali possano essere le modifiche in relazione ai compiti della giunta esecutiva, atteso che già sulla base della normativa vigente tale organo appare titolare di quelle “funzioni di supporto e di collaborazione” previste dal criterio direttivo di cui al comma 4, lett. c).

 

 


Articolo 30
(Fondo di perequazione)

      1. Al fine di assicurare alle istituzioni scolastiche l'assegnazione perequativa di cui all'articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, è istituito, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, un apposito fondo denominato Fondo perequativo. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono definiti i criteri per l'assegnazione delle risorse. La consistenza annuale del Fondo perequativo è fissata nella misura del 5 per cento della dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede a carico dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della medesima legge n. 440 del 1997.

 

 

L’articolo 30 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione di un fondo denominato “Fondo perequativo” finalizzato ad assicurare alle istituzioni scolastiche l’assegnazione perequativa prevista all’articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997 n. 59 (c.d. “legge Bassanini 1” ). I criteri per l’assegnazione delle risorse del Fondo sono definiti con decreto del Ministro della pubblica istruzione.

 

Il citato articolo 21 della legge n. 59/1997 ha disposto l'attribuzione della personalità giuridica e dell'autonomia didattica, di ricerca, organizzativa e finanziaria alle singole istituzioni scolastiche, demandandone la realizzazione principalmente a regolamenti di delegificazione (ex art. 17, co. 2, della L. 400/1988), da adottare previo parere delle Commissioni parlamentari di merito.

In particolare, il comma 5 prevede che l’assegnazione finanziaria dello Stato per il funzionamento amministrativo e didattico destinata alle istituzioni scolastiche già in possesso di personalità giuridica e aventi i requisiti per ottenerla, si suddivide in assegnazione ordinaria e assegnazione perequativa.

Quanto alla assegnazione perequativa, il comma dispone che, in sede di prima determinazione, essa è costituita dalle disponibilità finanziarie residue sui capitoli di bilancio riferiti alle istituzioni scolastiche non assorbite dalla dotazione ordinaria. La dotazione perequativa è rideterminata annualmente sulla base del tasso di inflazione programmata e di parametri socio-economici e ambientali individuati di concerto dai Ministri della pubblica istruzione e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentito il parere delle commissioni parlamentari competenti.

 

Ai fini della determinazione della consistenza annuale del Fondo perequativo viene presa come riferimento la misura del 5 per cento della dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440.

 

Il citato articolo 1 prevede l’istituzione nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, a decorrere dall'esercizio finanziario 1997, un fondo denominato «Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi» destinato alla piena realizzazione dell'autonomia scolastica, all'introduzione dell'insegnamento di una seconda lingua comunitaria nelle scuole medie, all'innalzamento del livello di scolarità e del tasso di successo scolastico, alla formazione del personale della scuola, alla realizzazione di iniziative di formazione postsecondaria non universitaria, allo sviluppo della formazione continua e ricorrente, agli interventi per l'adeguamento dei programmi di studio dei diversi ordini e gradi, ad interventi per la valutazione dell'efficienza e dell'efficacia del sistema scolastico, alla realizzazione di interventi perequativi in favore delle istituzioni scolastiche tali da consentire, anche mediante integrazione degli organici provinciali, l'incremento dell'offerta formativa, alla realizzazione di interventi integrati, alla copertura della quota nazionale di iniziative cofinanziate con i fondi strutturali dell'Unione europea.

 

All'onere derivante dall’attuazione dell’articolo in esame si provvede mediante l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della citata legge n. 440 del 1997, a norma del quale la dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi è determinata in lire 100 miliardi per l'anno 1997, in lire 400 miliardi per l'anno 1998 e in lire 345 miliardi annue a decorrere dall'anno 1999.

 

 

 


Articolo 31
(Disposizioni finali e abrogazioni)

      1. Il termine di trentasei mesi previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 12 luglio 2006, n. 228, per l'adozione delle disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, è ulteriormente prorogato di dodici mesi.

      2. All'articolo 27, comma 4, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dall'articolo 1, comma 8, della legge 12 luglio 2006, n. 228, le parole: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2008-2009» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2009-2010».

      3. Al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 1 dell'articolo 1 è abrogato;

          b) all'articolo 2:

              1) al comma 3, la parola: «C/3» è soppressa e le parole: «, C/7 e C/8» sono sostituite dalle seguenti: «e C/7»;

              2) al comma 6, le parole: «economico,» e «, tecnologico» sono soppresse;

              3) il comma 7 è abrogato;

              4) al comma 8, le parole: «I percorsi liceali artistico, economico e tecnologico si articolano» sono sostituite dalle seguenti: «Il percorso liceale artistico si articola»;

          c) all'articolo 3, comma 2, quinto periodo, le parole: «6,» e «, 10» sono soppresse;

          d) il comma 5 dell'articolo 12 è abrogato;

          e) i commi 2 e 3 dell'articolo 25 sono abrogati;

          f) nell'allegato B, le parole da: «Liceo economico» fino a: «i fenomeni economici e sociali» e da «Liceo tecnologico» fino alla fine sono soppresse;

          g) l'allegato D-bis è abrogato.

      4. Le abrogazioni previste dall'articolo 31, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, non hanno effetto relativamente alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, che fanno riferimento agli istituti tecnici e professionali.

      5. All'attuazione del presente titolo si provvede nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatte salve le competenze esercitate nella materia dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

L’articolo 31 reca disposizioni finali e abrogazioni in materia di istruzione.

 

Il comma 1 reca la proroga del termine per l’adozione di disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. n. 226/2005 relativo al secondo ciclo di istruzione (circa tale decreto legislativo e la relativa legge delega n. 53/2003, si veda il commento all’articolo 28).

 

L’articolo 1, comma 4, della legge n. 53/2003 (c.d. “legge Moratti”) prevedeva l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei diversi decreti legislativi di attuazione tra i quali rientra il D.Lgs. n. 226/2005, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti medesimi.

L’articolo 1 del DL 173/2006 come modificato dalla legge n. 228/2006[173] ha disposto la proroga del termine per l’adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi recanti disciplina del diritto dovere all’istruzione e alla formazione (D.Lgs.76/2005), alternanza scuola lavoro (D.Lgs. 77/2005), riordino del secondo ciclo (D.Lgs.226/2005), fissandolo a 36 mesi dalla data di entrata in vigore degli stessi decreti.

 

Il comma in esame prevede un’ulteriore proroga di dodici mesi.

 

Il comma 2 modifica l’articolo 27, comma 4, del D.Lgs. n. 226/2005 recante l’individuazione dell’anno scolastico di avvio del passaggio al nuovo ordinamento del secondo ciclo di istruzione, spostandolo all’anno scolastico 2009-2010.

 

Il testo originario del comma prevedeva tale avvio per le prime classi dei percorsi liceali e del primo anno di istruzione e formazione a decorrere dall’anno scolastico 2007-2008. L’articolo 1, comma 8, del citato DL n. 173/2006, come modificato dalla legge n. 228/2006, ha poi rinviato l’avvio della riforma all’anno scolastico 2008–2009.

 

Si fa presente che la proroga all’anno scolastico 2009-2010 della fase di avvio del passaggio al nuovo ordinamento del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione è altresì prevista dal DL 7/07 nel testo modificato dalla Camera dei deputati e attualmente all’esame del Senato (su tale decreto si veda infra).

 

Il comma 3 reca le sottoelencate modifiche al D.Lgs. n. 226/2005, in gran parte conseguenti all’intervento del DL 7/07[174], attualemnte all’esame del Senato per la conversione in legge. Il decreto legge ha eliminato i licei economico e tecnologico dal secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione, avendo sostituito il sistema dei licei - quale articolazione, insieme al sistema dell'istruzione e della formazione professionale, di tale ciclo - con il sistema dell'istruzione secondaria superiore del quale fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali contemplati all’articolo 191 del D. Lgs. n. 297/2004 (testo unico in materia di istruzione):

 

a) All’articolo 1, è stato abrogato il comma 1, a norma del quale il secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione è costituito dal sistema dei licei e dal sistema dell'istruzione e formazione professionale ed è il secondo grado in cui si realizza, in modo unitario, il diritto-dovere all'istruzione e alla formazione.

 

Si fa presente che non appare chiara la portata di tale abrogazione alla luce di quanto disposto dal DL 7/2007, attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge. All’articolo 13, il citato decreto legge, nel testo come modificato dalla Camera, interviene sulla disciplina recata dal D.Lgs n. 226/2005, sostituendo il sistema dei licei con il sistema dell'istruzione secondaria superiore (licei, istituti tecnici e  istituti professionali). L’intervento disposto dal DL non incide pertanto sull’altra articolazione del secondo ciclo di istruzione (istruzione e formazione professionale) che risulterebbe invece soppressa a seguito dell’abrogazione in commento.

 

b)All’articolo 2:

1)   al comma 3, viene soppresso il riferimento agli allegati C/3 e C/ 8 recanti indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei percorsi dei licei economico e tecnologico;

2)   al comma 6, recante l’articolazione del sistema dei licei (artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico e delle scienze umane), è soppresso il riferimento ai licei economico e tecnologico;

3)   è abrogato il comma 7, a norma del quale nel liceo economico e nel liceo tecnologico è garantita la presenza di una consistente area di discipline e attività tecnico-professionali tale da assicurare il perseguimento delle finalità e degli obiettivi inerenti alla specificità dei licei medesimi;

Si fa presente che tale abrogazione risulta già disposta all’articolo 13, comma 1, del citato DL 7/07;

4)   al comma 8, che prevede l’articolazione dei percorsi liceali artistico, economico e tecnologico in indirizzi per corrispondere ai diversi fabbisogni formativi, è soppresso il riferimento ai percorsi liceali economico e tecnologico.

Si fa presente che la modifica del comma 8 dell’articolo 2 del D.Lgs. n. 226/2005 risulta già disposta all’articolo 13, comma 1, del citato DL 7/07.

 

c) All’articolo 3, comma 2, nella parte in cui si prevede che gli istituti, nella loro autonomia, possono ripartire il monte ore complessivo del quinquennio, relativo alle attività e insegnamenti facoltativi, diversamente da quanto definito dalle disposizioni relative ai diversi licei (artt. 6, 7, 8, 9, 10 e 11), viene soppresso il riferimento agli articoli sui licei economico (art. 6) e tecnologico (art. 10).

 

d) All’articolo 12, è abrogato il comma 5 a norma del quale le modifiche alle indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati dei percorsi liceali, contenute negli allegati C, C/1, C/2, C/3, C/4, C/5, C/6, C/7, C/8, nonché agli allegati D, D-bis , E e F relativi a obiettivi specifici di apprendimento per le lingue e per le scienze, sono adottate con regolamenti governativi, sentite le Commissioni parlamentari competenti, nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche.

 

e) All’articolo 25 sono abrogati i commi 2 e 3.

Il comma 2 dell’articolo 25 prevede che, al fine di offrire agli studenti l'opportunità di conseguire un livello di apprendimento della lingua inglese analogo a quello della lingua italiana è data facoltà, nella scuola secondaria di primo grado, alle famiglie che ne facciano richiesta, di utilizzare, per l'apprendimento della predetta lingua, anche il monte ore dedicato alla seconda lingua comunitaria. Tale scelta è effettuata al primo anno della scuola secondaria di primo grado e si intende confermata per l'intero corso della scuola secondaria di primo grado ed anche per i percorsi del secondo ciclo di istruzione e formazione. I livelli di apprendimento in uscita dalla scuola secondaria di primo grado e dai percorsi dei licei sono determinati, per gli studenti che si sono avvalsi della scelta medesima, secondo l'allegato D-bis , peraltro abrogato dall’articolo in esame [co. 3, lett. g)].

A norma del comma 3 dell’articolo 25 resta ferma la possibilità, per gli studenti sopra indicati, di avvalersi dell'insegnamento di una seconda lingua comunitaria nell'àmbito delle attività ed insegnamenti facoltativi.

 

f) Nell’allegato B relativo al profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema dei licei, sono soppresse le parti relative al profilo del liceo economico e del liceo tecnologico.

 

g) L’allegato D-bis

 

 

Il comma 4 precisa che le abrogazioni disposte dall’articolo 31, comma 2, del D.Lgs. n. 226/2005 non operano per le disposizioni del testo unico in materia di istruzione (D.Lgs. n. 297/2004) relative agli istituti tecnici e professionali.

La disposizione è così correlata all’introduzione – disposta dall’articolo 13 del citato DL 7/07 - degli istituti tecnici e degli istituti professionali nel secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione (vedi supra).

 

A decorrere dalla piena attuazione della riforma (e precisamente dall’anno successivo all’esaurimento delle classi funzionanti con il vecchio ordinamento), l’articolo 31, comma 2, del D.Lgs. 226/2005 dispone l’abrogazione di vari articoli del Testo unico in materia di istruzione. Fanno riferimento agli istituti tecnici e professionali le disposizioni di cui all’ art. 191 recante l’articolazione dell’ istruzione secondaria di secondo grado in licei, istituti tecnici e istituti professionali[175] (richiamata peraltro all’articolo 13 del DL 7/07)  e all’articolo 195 relativo agli esami di qualifica presso gli istituti professionali.

 

Si fa presente che gran parte delle modifiche al D.Lgs. n. 226/2005 indicate al comma 3 (cfr. lett. b), numero 1), lett. c) e f)), nonché le disposizioni del comma 4 sono già previste nel testo del DL 7/07 come modificato nel corso dell’esame alla Camera .

 

Il comma 5 reca disposizioni in ordine alla copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del titolo III del disegno di legge in esame (artt. 28, 29, 30 e 31): in particolare a tali oneri si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica,nell’ambito delle risorse (strumentali, finanziarie e umane) presenti a legislazione vigente.

La disposizione fa poi salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 


Articolo 32
(Nullità della clausola di massimo scoperto)

      1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

      2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro sessanta giorni dalla medesime data.

 

 

L’articolo 32 in esame stabilisce la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto, stabilite a favore del cliente titolare di conto corrente.

 

La cosiddetta “commissione di massimo scoperto”, secondo la giurisprudenza, costituisce la remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma[176].

 

Secondo la relazione illustrativa, la commissione di massimo scoperto “ha carattere di corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma per un tempo stabilito. Pertanto, essa va calcolata o sull'intera somma messa a disposizione dalla banca ovvero sulla somma rimasta disponibile in quel dato momento e non utilizzata dal cliente. La banca, infatti, nel momento in cui assume l'obbligo di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro, la destina a quell'utente per la durata dell'affidamento, a prescindere dalla sua effettiva utilizzazione, poiché deve tenerla a disposizione. Attualmente, la commissione di massimo scoperto non viene calcolata sulla somma affidata o rimasta disponibile, bensì, al contrario, sulla somma massima utilizzata nel periodo (solitamente il trimestre) e per tutti i giorni del periodo di riferimento.”.

 

Sulla natura giuridica della commissione di massimo scoperto la giurisprudenza segue due diverse teorie, intendendola come interesse accessorio ovvero remunerazione della disponibilità delle somme concesse a titolo di apertura di credito, esigibile a prescindere dall’effettivo utilizzo delle stesse[177].

 

La dottrina tuttavia non manca di esprimere taluni dubbi su tali soluzioni[178], osservando che “alla costruzione della commissione di massimo scoperto come un interesse (accessorio) si oppone la circostanza che questa non si calcola in funzione del tempo, non cresce cioè in ragione del periodo di utilizzo delle somme affidate, al contrario, gli interessi aumentano in modo direttamente proporzionale al tempo. Nella medesima ottica […] vi è la constatazione della non rilevanza della commissione di massimo scoperto nel calcolo del tasso annuo effettivo globale ed altresì […] nel computo del tasso usurario. Ancora, sui conti chiusi la commissione di massimo scoperto non è dovuta, mentre continuano a maturare gli interessi, cui soltanto si applica il princio della perpetuatio obbligationis ex art. 1284 c.c. Parimenti rileva che la commissione di massimo scoperto sia indicata negli estratti conto, destinati alla clientela, come una voce di spesa autonoma dagli interessi, secondo quanto peraltro accade per le diverse competenze di servizio a vario titolo addebitate al beneficiario dell’affidamento.

Per quanto attiene alla seconda ipotesi interpretativa, il configurarsi della commissione di massimo scoperto come una commissione cd. di affidamento, ovvero come un corrispettivo dovuto sic e simpliciter per la messa a disposizione di una somma di denaro, non desta minori perplessità. Essa, benché preferita dalla dottrina più risalente, male si adatta alla normativa del codice civile, che nulla prevede in tal senso, e, parimenti, non ha precedenti nella prassi contrattuale bancaria, che non registra casi di remunerazione dell’affidamento in sé; al contrario, è il massimo utilizzo del fido accordato la base di calcolo dell’onere.

Minoritaria appare, inoltre, l’opposta teoria, secondo la quale la commissione di massimo scoperto remunera la facoltà di non utilizzare le somme concesse all’accreditato. Sulla base di tale interpretazione l’opposta ipotesi, ovvero l’esonero dal pagamento della commissione di massimo scoperto implicherebbe l’obbligo per lo stesso accreditato di utilizzare il credito. Tuttavia proprio tale corollario costituisce un’insuperabile punto debole della costruzione proposta, dal momento che presuppone l’esistenza di una prestazione obbligatoria (un dovere) di cui la fattispecie legale non reca alcuna menzione: l’affidato ha, al contrario, il diritto di utilizzare il credito ed è proprio tale diritto ad essere remunerato con l’applicazione della commissione di massimo scoperto.”.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 32 in esame prevede che siano nulle:

1) le clausole aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto;

2) le clausole che prevedono una remunerazione a favore della banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma;

3) le clausole che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

 

Si rileva che le norme in esame andrebbero più appropriatamente formulate come novella al codice civile, relativamente alla disciplina del contratto di apertura di credito.

 

Il comma 2 chiarisce che le somme dovute dal cliente alla banca in dipendenza della effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa in materia di interessi usurari.

Nel dettaglio, la norma prevede espressamente che gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente debbano considerarsi rilevanti ai fini dell'applicazione:

1)  dell'articolo 1815 del codice civile;

Il richiamato articolo 1815 c.c. stabilisce che, salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutuante. Per la determinazione degli interessi si osservano le disposizioni dell'articolo 1284. Se sono convenuti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi.

 

2)  dell'articolo 644 del codice penale,  che punisce il reato di usura;

Nel dettaglio, il richiamato articolo 644 c.p. stabilisce che chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel sopra detto delitto, procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario. La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari. Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria. Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà: 1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare; 2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari; 3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno; 4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale; 5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione. Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno di tali delitti, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

 

3)  degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura.

 

La legge n. 108 del 1996 ha apportato rilevanti modifiche al regime penale del delitto di usura introducendo un parametro di riferimento per la valutazione dell’usurarietà degli interessi.

 

Nel dettaglio, il richiamato articolo 2 prevede, al comma 1, che il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall'Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia ai sensi degli artt. 106 e 107 del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 , nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.

Il comma 2 stabilisce che la classificazione delle operazioni per categorie omogenee, tenuto conto della natura, dell'oggetto, dell'importo, della durata, dei rischi e delle garanzie è effettuata annualmente con decreto del Ministro del tesoro, sentiti la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi e pubblicata senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.

Il comma 3 stabilisce che le banche e gli intermediari finanziari di cui al comma 1 ed ogni altro ente autorizzato alla erogazione del credito sono tenuti ad affiggere nella rispettiva sede, e in ciascuna delle proprie dipendenze aperte al pubblico, in modo facilmente visibile, apposito avviso contenente la classificazione delle operazioni e la rilevazione dei tassi previsti nei commi 1 e 2.

Ai sensi del comma 4, il limite previsto dal terzo comma dell'articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall'ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà.

Il richiamato articolo 3 stabilisce, al comma 1, che la prima classificazione di cui al comma 2 dell'articolo 2 verrà pubblicata entro il termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Entro i successivi centottanta giorni sarà pubblicata la prima rilevazione trimestrale di cui al comma 1 del medesimo articolo 2. Fino alla pubblicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2 è punito a norma dell'articolo 644, primo comma, del codice penale chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643 del codice penale, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, da soggetto in condizioni di difficoltà economica o finanziaria, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e ai tassi praticati per operazioni similari dal sistema bancario e finanziario, risultano sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità. Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dall'articolo 644, primo comma, del codice penale, procura a soggetto che si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria una somma di denaro o altra utilità facendo dare o promettere, a sé o ad altri, per la mediazione, un compenso che, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto, risulta sproporzionato rispetto all'opera di mediazione.

 

Si ricorda che le “soglie d’usura” sono fissate nella misura del 50% in aumento rispetto ai tassi effettivi globali medi praticati per le diverse operazioni di credito dalle banche e dagli intermediari finanziari, rilevati dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi e pubblicati con cadenza trimestrale con decreto del Ministro dell’economia.

L’applicazione di condizioni eventualmente usurarie da parte di un intermediario è, di norma, verificata sulla base del contenuto delle “Istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura” (pubblicate, nella versione aggiornata, nella G.U. n. 5 dell’8 gennaio 2003). Il rispetto delle “istruzioni” assicura l’univocità dei comportamenti da parte degli operatori e la confrontabilità tra il tasso in concreto applicato e la relativa “soglia” di legge.

Con riguardo alle fattispecie in esame, nel decreto ministeriale 17 marzo 2004, recante “Rilevazione dei tassi effettivi globali medi – periodo aprile /giugno 2005 (legge 7 marzo 1996, n. 108)”, è ad esempio stabilito dall’articolo 1, comma 2, che i tassi non sono comprensivi della commissione di massimo scoperto eventualmente applicata. La percentuale media della commissione di massimo scoperto rilevata nel trimestre è riportata separatamente.

Già nel decreto ministeriale 8 luglio 1992, recante “Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione del credito al consumo”, l’articolo 2 stabiliva che il calcolo del Taeg non è richiesto per le operazioni di credito al consumo effettuate nella forma dell’apertura di credito in conto corrente ad utilizzo rotativo, non connessa all’uso di carta di credito. La Banca d’Italia con circolare del 1° ottobre 1996, intervenendo per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura n. 108 del 1996, aveva precisato che la commissione di massimo scoperto non entra nel calcolo del Teg (Tasso effettivo globale) ma deve essere computata in modo autonomo ed espressa in termini percentuali.

 

Il comma 3 dell’articolo 32 in esame reca infine una disposizione transitoria, stabilendo che i contratti in corso alla data di entrata in vigore del provvedimento siano adeguati alle disposizioni dell’articolo 32 in esame entro sessanta giorni dalla medesima data.

 


Articolo 33
(Delega al Governo in materia di modernizzazione
degli strumenti di pagamento)

      1. Al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici, previa stipulazione di convenzioni, tramite procedura competitiva, con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione;

          b) graduale estensione dell'obbligo di cui alla lettera a) ai soggetti incaricati di servizi pubblici, alle banche, alle assicurazioni e ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

          c) introduzione di una soglia massima oltre la quale lo stipendio, la pensione e i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera non possono essere erogati in contanti o con assegni;

          d) previsione di misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni;

          e) introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, nell'invarianza del gettito, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica;

          f) revisione, nell'invarianza del gettito, della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie, rendendo più favorevole il trattamento tributario delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica e della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo;

          g) superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica;

          h) individuazione di strumenti idonei a ridurre i costi amministrativi a carico degli operatori e i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento, anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali e in coordinamento con le autorità che regolano il settore;

          i) coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti;

          l) introduzione di una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina;

          m) previsione dell'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche.

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione.

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 21 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

      6. Le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

 

 

L’esigenza di modernizzazione degli strumenti di pagamento e la spinta verso una maggiore diffusione della monetica

Il comma 1 dell’articolo 33 in esame delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, apposite misure legislative per favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, al fine di ridurre i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei.

 

Secondo la relazione illustrativa al provvedimento, infatti, l'attuale sistema dei pagamenti appare caratterizzato “da un uso eccessivo di strumenti «materiali», come denaro contante e assegni. La norma, pertanto, detta i princìpi cui il Governo dovrà attenersi per delineare un nuovo quadro normativo che conduca alla progressiva estensione di un sistema di pagamenti caratterizzato dall'utilizzo di strumenti elettronici. Le innovazioni consentiranno, con innegabile vantaggio per gli utenti e per gli operatori, l'abbattimento dei costi connessi alla gestione materiale del denaro. In tale ottica, il perseguimento dell'obiettivo posto dalla norma di delega consentirà, inoltre, di colmare la distanza che esiste attualmente tra l'Italia e gli altri Paesi europei, ove l'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento ha quasi del tutto sostituito l'uso del contante.”.

 

Con riguardo al grado di innovazione negli strumenti di pagamento esistente nel nostro Paese, la Relazione annuale del Governatore della Banca d’Italia per il 2005[179] rileva che “la diffusione della moneta elettronica e delle carte prepagate bancarie e postali è notevolmente aumentata: alla fine del 2005 risultavano in essere 3,3 milioni di strumenti prepagati (pari all’11,4 per cento delle carte di credito in circolazione), oltre 4 milioni includendo quelli emessi da istituti operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi. La diffusione di tali strumenti è accompagnata da una crescita ancora più significativa del loro utilizzo (circa 20 milioni di operazioni nel 2005 contro 11 nel 2004) nonché dell’importo medio delle transazioni (circa 79 euro a fronte di 61 nel 2004)[180]. I pagamenti in internet continuano a crescere più di quelli eseguiti per il tramite di altri canali. L’incremento è trainato dai bonifici disposti in rete (35 milioni), aumentati del 52 per cento rispetto al 2004, che rappresentano l’8,5 per cento del totale delle operazioni con bonifico; seguono le operazioni in internet con carte di credito, salite del 27 per cento. Sebbene meno numerose in valore assoluto, le operazioni di pagamento in rete con carte prepagate e moneta elettronica (oltre 7 milioni) sono triplicate, fenomeno quasi esclusivamente attribuibile all’utilizzo in internet delle carte prepagate postali. Relativamente alla composizione dei diversi strumenti telematici, lo spostamento delle preferenze delle famiglie e delle imprese verso i bonifici in rete appare congruente con i costi relativi dei canali e degli strumenti di pagamento[181] e con la progressiva diffusione dell’e-banking tra la clientela bancaria. Tali tendenze trovano conferma nei risultati delle indagini condotte dalla Banca d’Italia sull’uso dei pagamenti elettronici da parte delle famiglie e delle imprese.”.

 

Nel confronto con la situazione europea, si osserva[182] che “nell’Eurosistema la quota percentuale di pagamenti “non cash” regolati con carta rispetto al totale delle transazioni “non cash”, era solo dell’8 per cento nel 1990. In poco meno di quindici anni quella percentuale è salita  al 29 per cento. In Italia lo sviluppo di questo strumento è stato ancora più sorprendente perché nello stesso periodo la quota dei pagamenti con carte è salita dal 3 al 34 per cento. Oggi in Italia  sono installati 17 POS ogni mille abitante, un livello superiore ai 15 della media europea. L’esperienza degli Stati Uniti e del Regno Unito mostra che vi sono ulteriori spazi di crescita perché in quei paesi la quota dei pagamenti con carte sull’insieme dei pagamenti non cash ha raggiunto quasi il 50 per cento, grazie anche alla complementarietà con il mercato dei pagamenti su Internet.”.

 

Con riguardo alla posizione dell’Eurosistema, è attualmente in corso di realizzazione Il progetto SEPA (Single Euro Payments Area), promosso dalle banche europee e supportato dal SEBC, finalizzato alla creazione di un’area unica per i pagamenti al dettaglio, mediante la realizzazione di strumenti e infrastrutture paneuropei basati su standard condivisi.

 

In particolare, si segnala[183] che “nel corso del 2006, lo European Payment Council (EPC), l’organismo espressione della comunità bancaria europea responsabile del progetto SEPA, ha definito la cornice di riferimento per gli schemi con requisiti europei, il cosiddetto SEPA Card Framework, volto a individuare standard comuni nelle diverse fasi di cui si compone il ciclo di pagamento con carte. La Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulle carte, Sector Inquiry Report on Cards, concentrandosi principalmente sulla struttura e sul livello delle tariffe e dei costi associati agli schemi internazionali e nazionali di carte. Da ultimo, l’Eurosistema ha reso esplicite le proprie aspettative nel documento  “Eurosystem’s view of a SEPA for cards”. L’Eurosistema vede ovviamente una grande opportunità nella SEPA. L’integrazione dei mercati in Europa, attraverso la creazione di comuni infrastrutture, e la standardizzazione di alcune procedure eliminerebbero segmentazioni tuttora esistenti. Queste segmentazioni mantengono elevato il costo dei pagamenti transfrontalieri e incidono negativamente sulla competitività dell’economia europea.”. 

 

A livello nazionale la Banca d’Italia, quale autorità di vigilanza sul sistema dei pagamenti nazionale, è direttamente impegnata nella SEPA sia come componente dell’Eurosistema sia nel suo ruolo di gestore del Servizio di Tesoreria dello Stato e del sistema di compensazione e regolamento dei pagamenti al dettaglio (BI-COMP)[184].

Al fine di accompagnare l’introduzione della moneta unica con la creazione di un sistema integrato per la circolazione della moneta in Europa, il progetto SEPA ha come obiettivo finale quello di consentire ai cittadini europei di effettuare pagamenti all’interno dell’area dell’euro in condizioni di efficienza e sicurezza non inferiori a quelle oggi esistenti nei singoli paesi, e di fare in modo che ogni cliente possa accedere al proprio conto indipendentemente dal luogo fisico in cui opera e movimentare quel conto per ogni pagamento nell’area dell’euro. Mediante la standardizzazione dei servizi e degli strumenti elettronici di pagamento e la realizzazione di modalità di collegamento tra le infrastrutture di compensazione, la SEPA dovrebbe far sorgere procedure unificate di pagamento per tutta l’area dell’euro.

 

Con riguardo in particolare al ruolo della Pubblica Amministrazione, si osserva[185] che essa “può assumere una funzione di guida nel processo di migrazione vero i nuovi standard delle varie piazze nazionali, fungendo da volano al successo dell’iniziativa. In Italia i pagamenti pubblici rappresentano una quota elevata del totale dei pagamenti.”

 

Nell’ultimo triennio la sola tesoreria statale ha immesso nel sistema nazionale circa 45 milioni di bonifici al dettaglio all’anno, il 13 per cento del totale dei bonifici. Di questi però solo circa 30.000 riguardano operazioni cross-border. Per la PA inoltre la realizzazione della SEPA può offrire un’occasione unica per migliorare la qualità dei servizi offerti al pubblico. L’automazione dei cicli di pagamento è direttamente collegata all’informatizzazione dei sistemi amministrativi, presupposto indispensabile per un miglioramento della qualità dei servizi amministrativi[186].

 

Per quanto concerne il grado di automazione dei pagamenti pubblici in Italia si rileva[187] che “oggi il livello di automazione dei cicli di pagamento del settore pubblico si presenta diversificato. Presso le Amministrazioni Statali l’utilizzo dell’ICT è abbastanza diffuso, così come le iniziative per la realizzazione dell’e-government nel settore dei pagamenti pubblici. Le innovazioni realizzate nel corso degli ultimi anni sono state accompagnate da una semplificazione dei processi amministrativi, la dematerializzazione dei documenti giustificativi della spesa, l’introduzione di vincoli temporali per il riconoscimento delle somme ai creditori. La principale innovazione è stata la costituzione nel 2001 del SIPA (Sistema Informatizzato per i pagamenti della P.A.) che collega la rete del sistema pubblico con quella nazionale interbancaria e la conseguente introduzione nel 2003 di procedure telematiche per il pagamento degli stipendi al personale statale. Attualmente oltre il 90 per cento dei pagamenti statali è automatizzato e raggiunge direttamente il beneficiario, mediante bonifico, senza più richiedere interventi da parte della banca del beneficiario. I progressi sono stati notevoli anche sul versante delle entrate. L’introduzione, con una legge del 1997, delle modalità di versamento unificato ha razionalizzato l’acquisizione delle entrate e introdotto modalità telematiche per il regolamento degli introiti. Nel complesso, i tempi dei pagamenti statali negli ultimi cinque anni si sono più che dimezzati. Il processo è però ancora incompleto perché alcune specie di pagamento continuano a essere gestiti con modalità cartacee.

 

A livello normativo, si ricorda che nella legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) è stata inserita una misura  diretta a unificare le procedure di pagamento degli stipendi del personale statale, facendole confluire in un unico canale telematico e in tal modo conseguire un notevole snellimento delle procedure.

 

Il comma 446 dell’articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 dispone infatti che allo scopo di razionalizzare, omogeneizzare ed eliminare duplicazioni e sovrapposizioni degli adempimenti e dei servizi della pubblica amministrazione per il personale e per favorire il monitoraggio della spesa del personale, tutte le amministrazioni dello Stato, ad eccezione delle Forze armate compresa l'Arma dei carabinieri, per il pagamento degli stipendi si avvalgono delle procedure informatiche e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del tesoro.

 

Inoltre, la legge finanziaria per il 2007 ha aperto la strada all’utilizzo di carte d’acquisto elettroniche.

 

Il comma 451 dell’articolo 1 della citata legge finanziaria per il 2007 dispone infatti che il Ministero dell'economia e delle finanze è autorizzato, anche in deroga alla normativa vigente, a sperimentare l'introduzione della carta di acquisto elettronica per i pagamenti di limitato importo relativi agli acquisti di beni e servizi. Successivamente, con regole tecniche da emanare ai sensi degli articoli 38 e 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è disciplinata l'introduzione dei predetti sistemi di pagamento per la pubblica amministrazione.

 

Come in altre esperienze straniere, da esso potrebbero scaturire significativi risparmi nel tempo medio delle procedure di pagamento e nei costi di gestione[188].

 

Il “Codice dell’amministrazione digitale”, recato dal D.Lgs 82/2005, come modificato dal D.Lgs 159/2006, promuove fra l’altro l’utilizzo di strumenti informatici per i pagamenti che coinvolgono la Pubblica Amministrazione, nonché lo sviluppo di portali interattivi.

 

Si ricorda infine che, a livello normativo comunitario, sul settore influirà in misura determinante la Payment Services Directive (PSD). La proposta di direttiva, introducendo una comune cornice normativa per i servizi di pagamento europei, potrà fornire il quadro di riferimento certo di cui gli operatori hanno bisogno per realizzare gli investimenti necessari, in coerenza con la SEPA. Sarà importante un suo recepimento negli ordinamenti nazionali in tempi brevi e nel modo più uniforme possibile. In particolare, la proposta di direttiva prevede una nuova figura di intermediario comunitario – la cosiddetta Payment Institution (PI) – abilitato a svolgere un’ampia gamma di attività di pagamento. La nuova normativa europea tende ad assicurare un aumento della competizione nel settore e la stabilità degli intermediari specializzati nell’offerta di servizi di pagamento, richiedendo il rispetto di requisiti prudenziali  commisurati ai rischi assunti qualora questi abbiano un rilievo significativo.

I principi e criteri direttivi indicati dalla norma di delega legislativa

Il comma 1 dell’articolo 33 in esame indica i principi e criteri direttivi che il Governo dovrà seguire nell’emanazione di uno o più decreti legislativi concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento.

 

Nel dettaglio, la lettera a) del comma 1 indica, quale primo criterio, la progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici.

A tal fine, la pubblica amministrazione dovrà provvedere alla stipulazione di convenzioni con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione. La stipulazione di convenzioni dovrà avvenire tramite procedura competitiva

 

Si rileva l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica”, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera h-ter), del testo unico bancario di cui al d.lgs. n. 385 del 1993, indica un “valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da soggetti diversi dall'emittente”. Ciò escluderebbe, ad esempio, dalla disciplina in esame le carte di credito.

 

La lettera b) del comma 1 prevede che l'obbligo di cui alla lettera a) sia gradualmente esteso:

a)      ai soggetti incaricati di servizi pubblici;

b)       alle banche;

c)      alle assicurazioni;

d)      ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche.

 

Si rileva l’eccessiva genericità, ai fini dell’esercizio della delega, dell’espressione “specifiche categorie economiche”.

 

La lettera c)del comma 1 stabilisce l’introduzione di una soglia massima oltre la quale non possono essere erogati in contanti o con assegni:

a)      lo stipendio;

b)       la pensione;

c)      i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera.

 

Si ricorda che il comma 69 della legge finanziaria per il 2007 è intervenuto sui termini per l’applicazione graduale delle nuove disposizioni le quali prescrivono che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico.

Il comma 12 dell’articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha aggiunto infatti i commi 3 e 4 all’articolo 19 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

Per effetto di questa aggiunta, gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, hanno l’obbligo di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.

È altresì previsto che i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni vengano riscossi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico. Quest’ultima previsione non si applica quando il pagamento consista in un importo unitario inferiore a 100 euro. Il comma 12-bis del medesimo articolo 35 – nella versione previgente – modulava l’entrata a regime del precedente comma 12, stabilendo che, fino al 30 giugno 2007, il limite sia stabilito in 1.000 euro, dal 1° luglio 2007 fino al 30 giugno 2008 in 500 euro, e che il limite di 100 euro si applichi soltanto a partire dal 1° luglio 2008. Per effetto della novella apportata dal comma 69, che sostituisce il comma 12-bis dell’articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, viene ulteriormente graduata nel tempo l’entrata a regime del limite massimo fissato per i pagamenti in contanti. Infatti, il limite transitorio dei 1.000 euro – operante dal 12 agosto 2006, data di entrata in vigore della legge n. 248 di conversione del decreto 223 – verrà applicato fino al 30 giugno 2008, per poi ridursi a 500 euro nel periodo compreso tra il 1° luglio 2008 e il 30 giugno 2009. Pertanto, il limite a regime di 100 euro troverà applicazione soltanto a partire dal 1° luglio 2009, ossia con un anno di ritardo rispetto alla data inizialmente prevista. L’ultimo periodo del nuovo comma 12-bis introduce poi una possibilità di deroga agli obblighi in questione. In particolare, la norma stabilisce che il Ministro dell’economia e delle finanze sia autorizzato ad individuare, mediante proprio decreto, le condizioni che consentono di derogare ai limiti indicati nel medesimo comma 12-bis, qualora il soggetto debitore del pagamento versi in condizioni d’impedimento determinate dal decreto medesimo. Pertanto, il decreto ministeriale potrà individuare le fattispecie che, costituendo impedimento all’esecuzione del pagamento nelle forme prescritte dalla legge, legittimano il soggetto debitore a pagare per contante o comunque attraverso mezzi diversi da quelli contemplati dal quarto comma dell’articolo 19 del D.P.R. n. 600 del 1973, introdotto dal comma 12 dell’articolo 35 del D.L. n. 223 del 2006. S’intende che rimane comunque fermo il divieto di uso del contante oltre i superiori limiti d’importo previsti dalla disciplina volta alla prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività illecite. Si è previsto, infine, che il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 31 gennaio 2008, debba presentare al Parlamento una relazione sull’applicazione del comma 12-bis così modificato.

 

La lettera d) dispone che debbano essere previste misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni.

 

La lettera e) prevede l’introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica; tali strumenti dovrebbero essere ad esempio i POS (Point of Sales) utilizzati dagli esercizi commerciali per ricevere i pagamenti con carta). L’introduzione di incentivi dovrà avvenire nell'invarianza del gettito.

 

Si rileva anche in tal caso l’utilizzo atecnico della nozione di “moneta elettronica” (v. supra sub lettera a).

Potrebbe inoltre essere chiarito il meccanismo che dovrà consentire l’introduzione di incentivi nell'invarianza del gettito.

 

La lettera f) dispone la revisione della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie.

 

Si ricorda che il D.M. 20 agosto 1992, recante “Approvazione della tariffa dell'imposta di bollo”, stabilisce alla nota 2 dell’articolo 2 della Tariffa allegata che per i contratti relativi alle operazioni e servizi bancari e finanziari e contratti di credito al consumo, previsti dal titolo VI del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e contratti relativi ai servizi di investimento posti in essere dalle società di intermediazione mobiliare (SIM), dalle società fiduciarie e dagli altri intermediari finanziari di cui al decreto legislativo 23 luglio 1996, n. 415, sia dovuta, per ogni contratto, indipendentemente dal numero degli esemplari o copie, un tributo di euro 14,62.

 

Si dovrà rendere, in particolare, più favorevole il trattamento tributario:

a) delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica;

b) della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo.

La revisione dovrà avvenire nell'invarianza del gettito.

 

Potrebbe essere chiarito il meccanismo che dovrà rendere più favorevole il trattamento tributario nell'invarianza del gettito.

 

La lettera g) prevede il superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica. Si ricorda che l’articolo 37, comma 8, del decreto-legge n. 223 del 2006, aggiungendo il comma 4-bis all'articolo 8-bis del Dpr 322/1998, ha reintrodotto uno specifico obbligo dichiarativo a carico parte dei soggetti Iva, in precedenza soppresso, aggiornandolo secondo gli attuali strumenti informatici a disposizione. L'adempimento è rappresentato dall'invio dell'elenco dei soggetti verso i quali sono state emesse fatture (cessioni e prestazioni), nonché di quello relativo ai soggetti da cui sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini Iva.

 

Secondo la relazione illustrativa, il superamento dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori conseguente all'utilizzo di sistemi di fatturazione elettronica potrà facilitare il suddetto adempimento da parte dei titolari di partita IVA.

 

La lettera h) prevede l’individuazione di strumenti idonei a ridurre:

a) i costi amministrativi a carico degli operatori;

b) i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento.

Ciò dovrà avvenire anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali, in coordinamento con le autorità che regolano il settore.

 

La lettera i) del comma 1 prevede il necessario coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti.

La lettera l) stabilisce che venga introdotta una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina.

La lettera m) dispone che si debba prevedere l'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche. La stipula delle convenzioni dovrà avvenire senza maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Si rileva che la norma prevede la stipula di convenzioni soltanto con la società Poste italiane Spa o con banche, non prevedendo invece che le stesse convenzioni possano essere stipulate, al fine di garantire parità di concorrenza, con intermediari emittenti carte di pagamento ovvero con istituti di moneta elettronica abilitati ai sensi del testo unico bancario.

 

Più in generale, si rileva che le norme di delega in esame, con particolare riguardo ai criteri indicati nella lettera h), non tengono conto delle competenze attribuite dall’ordinamento attuale alla Banca d’Italia, anche quale componente del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), in materia di  vigilanza sui sistemi di pagamento, di guisa che si potrebbe determinare un mancato coordinamento tra le varie autorità.

 

Le richiamate competenze della Banca d’Italia, infatti, comprendono tra l’altro il comparto dei pagamenti retail ei relativi profili di efficienza e affidabilità [189].Tali competenze trovano formale riconoscimento, a livello europeo, nel Trattato di Maastricht (art. 105(2)) e nello Statuto del SEBC/BCE (artt. 3(1) e 22). A livello nazionale, il Testo Unico Bancario (art. 146) affida alla Banca d’Italia il compito di promuovere il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento anche attraverso l’emanazione di apposite disposizioni.

 

In attuazione di tale potere dispositivo, la Banca d’Italia ha emanato il 24 febbraio 2004 un provvedimento quadro sull’esercizio dell’attività di Sorveglianza sul sistema dei pagamenti. In esso trovano esplicitazione il campo applicativo della funzione (sistemi, infrastrutture e strumenti di pagamento) e le finalità del suo esercizio, espresse in termini di affidabilità (contenimento dei rischi finanziari e operativi) ed efficienza (tempi e costi dell’intero ciclo di trasferimento monetario, dall’ordinante al beneficiario). Altri provvedimenti sono stati successivamente emanati su materie specifiche[190].

 

Le competenze della banca centrale nel comparto in esame trovano riscontro anche in altre disposizioni di legge primaria, che riconoscono il ruolo della Banca d’Italia e conferiscono ad essa gli occorrenti poteri di promozione/intervento. Tra le principali si richiamano le norme sulla moneta elettronica (art. 114-quater del TUB), il DPR 144/2001 (servizi di Bancoposta), il D.Lgs 507/99 e relativi regolamenti attuativi (sulla Centrale d’Allarme Interbancaria degli assegni e delle carte di pagamento).

In punto pratico, il ruolo della Banca d’Italia quale autorità di settore nel campo dei pagamenti si orienta anche in direzione del perseguimento di obiettivi di ammodernamento del sistema e di promozione dell’utilizzo di strumenti elettronici in luogo del contante e degli assegni. I suddetti obiettivi trovano espressione sia nel richiamato progetto SEPA sia in numerose ulteriori iniziative, tra le quali si richiamano: a) la promozione dello sviluppo della moneta elettronica e di altre funzionalità innovative di pagamento (es. Carta Nazionale dei Servizi); b) il supporto alla telematizzazione dei pagamenti della PA (es. mandato informatico, Codice dell’Amministrazione digitale); c) il contrasto alle frodi e all’utilizzo illecito degli strumenti e dei circuiti di pagamento, al fine di garantire l’integrità degli strumenti e dei circuiti innalzando, per tale via, la fiducia del pubblico nell’utilizzo di questi ultimi (es. spinta all’adozione di tecnologia a microchip); d) gli interventi sul circuito degli assegni, al fine di accrescerne l’efficienza (es. tempi di incasso) e l’affidabilità (es. Centrale d’Allarme Interbancaria); e) l’analisi dei rapporti banca-impresa e la promozione dell’integrazione dei flussi bancari e commerciali (fattura elettronica); f) l’integrazione dei circuiti di pagamento bancario e postale.

 

In coerenza con tale impegno, la Banca d’Italia supporta i lavori presso la Commissione e il Consiglio UE per la definizione di un quadro giuridico armonizzato per i pagamenti retail, in linea con il Piano d’Azione sui Servizi Finanziari (PASF) e la Strategia di Lisbona, che si propongono l’obiettivo di modernizzare e accrescere l’efficienza dell’industria europea dei pagamenti. Tappe significative di tale percorso sono rappresentate dalla Direttiva 97/5/CE sui bonifici transfrontalieri (recepita con il D.lgs 253/2000), dal Regolamento CE 2560/2001 sui pagamenti transfrontalieri in euro, dal Regolamento CE 1781/2006 in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. In prospettiva, di assoluta rilevanza è la proposta di Direttiva sui servizi di pagamento (Payment Services Directive - PSD) che rappresenta il complemento normativo della SEPA (il testo della proposta, ancora in discussione presso il Consiglio e il Parlamento UE, è disponibile sul sito della Commissione Europea).

Le norme sull’attuazione della delega legislativa

I commi da 2 a 6 dell’articolo 33 in esame disciplinano le modalità di attuazione della delega legislativa.

Nel dettaglio, il comma 2 stabilisce che gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 dovranno essere trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione. Il comma 3 stabilisce che, decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

Il comma 4 autorizza il Governo, nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, ad adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per realizzare il migliore coordinamento normativo.

Il comma 5 precisa che dall'attuazione delle deleghe non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Il comma 6 dispone che le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi debbano essere adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

 

Il richiamato articolo 71, al comma 1, stabilisce che le regole tecniche previste nel presente codice sono dettate, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con le amministrazioni di volta in volta indicate nel presente codice, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previa acquisizione obbligatoria del parere tecnico del CNIPA in modo da garantire la coerenza tecnica con le regole tecniche sul sistema pubblico di connettività e con le regole di cui al disciplinare pubblicato in allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Ai sensi del comma 1-bis, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri emanati su proposta del Ministro delegato per l'innovazione e le tecnologie, sentito il Ministro per la funzione pubblica, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono adottate le regole tecniche e di sicurezza per il funzionamento del sistema pubblico di connettività. Ai sensi del comma 1-ter, le regole tecniche di cui al presente codice sono dettate in conformità alle discipline risultanti dal processo di standardizzazione tecnologica a livello internazionale ed alle normative dell'Unione europea. Il comma 2 precisa che le regole tecniche vigenti nelle materie del presente codice restano in vigore fino all'adozione delle regole tecniche adottate ai sensi del presente articolo.

 

Si rileva che tali norme non considerano, ai fini del necessario coordinamento dell’azione normativa e regolamentare, il ruolo attualmente svolto dalla Banca d’Italia e riconosciuto dalle stesse disposizioni del codice dell'amministrazione digitale.

 

Infatti il predetto Codice dell’Amministrazione digitale, di cui al d.lgs n. 82 del 2005, prevede agli articoli 38 e 62 il coinvolgimento della Banca d’Italia in materia di pagamenti informatici, carta d’identità elettronica e carta nazionale dei servizi.

 

Il richiamato articolo 38 prevede che il trasferimento in via telematica di fondi tra pubbliche amministrazioni e tra queste e soggetti privati è effettuato secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell'articolo 71 di concerto con i Ministri per la funzione pubblica, della giustizia e dell'economia e delle finanze, sentiti il Garante per la protezione dei dati personali e la Banca d'Italia.

Il comma 5 del richiamato articolo 62 prevede che la carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi possono essere utilizzate quali strumenti di autenticazione telematica per l'effettuazione di pagamenti tra soggetti privati e pubbliche amministrazioni, secondo le modalità stabilite con le regole tecniche di cui all'articolo 71, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia.

 

Documentazione predisposta dall’Ufficio RUE

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Ue

Le istituzioni dell’Unione europea hanno adottato o stanno esaminando numerose iniziative volte a semplificare la costituzione di nuove imprese e ridurre gli oneri regolamentari gravanti sulle stesse.

Il 10 novembre 2005la Commissione ha presentato la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: una politica moderna a favore delle PMI per la crescita e l’occupazione (COM(2005) 551)”.

La Commissione intende istituire, con tale iniziativa, un quadro politico per le iniziative riferite alle PMI; rilevando le enormi potenzialità non sfruttate che le PMI hanno di creare crescita e occupazione, propone di semplificare norme e regolamenti, di promuovere una cultura imprenditoriale e di assistere le PMI nell’accesso all’innovazione, al credito, alla formazione e ai mercati europei e internazionali.

Il Consiglio, nelle conclusioni del 13 marzo 2006 sulla comunicazione, ha approvato l’approccio proposto per una politica a favore delle PMI, contenuto nella comunicazione, e ha invitato gli Stati membri, fra l’altro, a migliorare il contesto normativo per le PMI in modo da permettere la creazione di maggiore occupazione.

 

A complemento della comunicazione sopra richiamata, la Commissione ha presentato, il 29 giugno 2006, la comunicazione “Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle piccole e medie imprese – promuovere il valore aggiunto europeo” (COM(2006)349), nella quale propone una serie di azioni relative al finanziamento delle piccole e medie imprese.

 

Il programmalegislativo e di lavoro della Commissione per il 2007 considera fra le sue priorità una revisione intermedia della nuova politica a favore delle piccole e medie imprese.

Nell’ambito delle iniziative di semplificazione, il programma legislativo e di lavoro della Commissione annuncia – per l’ultimo trimestre del 2007 – la revisione della direttiva 2001/23/CE sui trasferimenti di imprese. Principale obiettivo è chiarire e semplificare l’applicazione della direttiva 2001/23/CE, per le operazioni transfrontaliere, ed introdurre le modifiche che emergeranno dalla consultazione con gli Stati membri e le parti sociali.

 

La Commissione ha presentato, l’8 febbraio 2005, la quinta[191] relazione annuale sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese (COM(2005)30), basata sulle relazioni nazionali dei paesi partecipanti.

La relazione presenta un quadro dei principali sviluppi occorsi dall’autunno 2003 all’autunno 2004, individua i punti di forza e le carenze nell’UE e nei paesi limitrofi, sottolinea le misure nazionali promettenti e contiene una serie di raccomandazioni per le azioni future; esamina i progressi realizzati in tre dei settori principali della Carta: formazione all’imprenditorialità, migliore regolamentazione e mancanza di personale qualificato.

Il 19 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull’attuazione della Carta europea per le piccole imprese, nella quale deplora il fatto che in futuro non saranno più elaborate relazioni annuali, essendone l’oggetto considerato assorbito nell’ambito delle relazioni sulla strategia di Lisbona. Il Parlamento europeo si compiace dell’intenzione della Commissione di valutare l’attuazione della Carta nel contesto del processo di Lisbona, ma richiede che le relazioni nazionali continuino ad essere basate sull’introduzione delle migliori prassi, la sperimentazione, la presentazione di misure legislative concrete e impegni politici precisi, destinati alle piccole e microimprese. Il Parlamento europeo invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad avviare il processo di ammodernamento della Carta e prende atto del suggerimento di associare le relazioni sullo stato d’avanzamento del piano d’azione sullo spirito imprenditoriale[192] ai lavori sul seguito della Carta.

 

Il 30 novembre 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul tema “E’ ora di cambiare marcia – Creare un’Europa dell’imprenditorialità e della crescita”, nella quale, in particolare, sollecita maggiori investimenti nell’istruzione e nella ricerca per sviluppare l’innovazione e la crescita economica; invita gli Stati membri ad incoraggiare lo spirito imprenditoriale a partire dalle prime fasi della carriera scolastica e ad aumentare il loro sostegno alla formazione per tutto l’arco della vita; chiede una maggiore apertura dei mercati, più aiuti alle imprese innovative (“start ups”), la creazione di un brevetto europeo; il potenziamento degli Eurosportelli e la riduzione degli oneri burocratici.

 

Il 5 febbraio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale sollecita la definizione di uno statuto della società privata europea (SPE) al fine, soprattutto, di agevolare le piccole e medie imprese europee nelle loro attività transfrontaliere. Al riguardo formula una serie di raccomandazioni che riguardano, tra l’altro, la strutturazione della forma societaria, il capitale iniziale, l'organizzazione e le responsabilità degli amministratori. Secondo il Parlamento europeo, inoltre, alle SPE dovrebbe applicarsi in via esclusiva la normativa UE.

Piano d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi

La Commissione europea ha adottato il 14 novembre 2006 una comunicazione sulla revisione strategica delle iniziative sulla qualità della legislazione (COM(2006) 689), accompagnata da due documenti di lavoro dedicati, rispettivamente, allo stato di avanzamento della strategia per la semplificazione legislativa (COM(2006) 690) e alla riduzione dei costi amministrativi nell’Unione europea (COM(2006)691).

In tali documenti la Commissione prospetta una serie di iniziative, tra le quali, in particolare, una strategia volta a ridurre gli oneri amministrativi derivanti dalle normative esistenti. La Commissione propone che il Consiglio europeo di marzo 2007 (su cui cfr. infra) stabilisca un traguardo del 25% per tale riduzione, che l’UE e gli Stati membri dovranno raggiungere congiuntamente entro il 2012.

La Commissione europea ha poi adottato il 24 gennaio 2007 una comunicazione relativa al programma d’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea (COM (2007) 23). Nella comunicazione la Commissione si propone, da una parte, di operare, con l'aiuto degli Stati membri, una misurazione degli oneri amministrativi legati alla legislazione comunitaria, e di elaborare iniziative per la riduzione dei medesimi; dall'altra, che gli Stati membri misurino e riducano gli oneri amministrativi imposti dalle legislazioni nazionali e regionali. Il programma dovrebbe essere varato nel maggio 2007 e avere l’obiettivo di fornire, entro il novembre 2008, la valutazione dei costi amministrativi imposti dalla legislazione comunitaria.

Nella comunicazione la Commissione europea chiede, in particolare, al Consiglio europeo di primavera (8 e 9 marzo 2007) di:

-        approvare il piano d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi;

-        invitare gli Stati membri ad appoggiare la Commissione nel suo esercizio di misurazione degli oneri amministrativi associati alla legislazione comunitaria e di recepimento;

-        fissare un obiettivo comune del 25% di riduzione degli oneri amministrativi previsti dalla legislazione europea e nazionale, da raggiungere al più tardi nel 2012;

-        invitare gli Stati membri a fissare obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi a livello nazionale entro, al più tardi, l'ottobre 2008 e a presentare, a partire dal 2007 e a cadenza annuale, una relazione sull'esercizio di misurazione e sulla riduzione degli oneri amministrativi.

Anche la Relazione generale della Commissione sull’attività dell’Unione europea nel 2006, presentata il 13 febbraio 2007, ribadisce la volontà della Commissione di adottare iniziative in materia di riduzione e semplificazione degli oneri amministrativi.

Il Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007, sottolineando che la riduzione degli oneri amministrativi costituisce una misura importante per stimolare l'economia europea, specialmente attraverso il suo impatto sulle PMI, ha concordato sulla necessità di ridurre del 25% entro il 2012 gli oneri amministrativi derivanti dalla legislazione UE.

Il Consiglio europeo ha, inoltre, invitato:

·       gli Stati membri a fissare i loro obiettivi nazionali entro il 2008;

·       la Commissione a varare il programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi con l'ausilio degli Stati membri, convenendo che la misurazione dei costi amministrativi della legislazione comunitaria debba iniziare nei settori prioritari, che saranno proposti dalla Commissione;

·       il Consiglio e il Parlamento europeo ad annettere una particolare priorità alle misure per un'azione immediata enunciate nel programma d'azione, una volta che la Commissione avrà presentato le corrispondenti proposte, in vista della loro adozione il più presto possibile nel 2007.

Il Consiglio europea ha, infine, espresso sostegno all'intenzione della Commissione europea di istituire un comitato di esperti indipendenti incaricato di assistere la Commissione e gli Stati membri nell'attuazione del programma d'azione per la riduzione degli oneri amministrativi.

 

 

 


Articolo 34
(Famiglie di invalidi civili minori)

      1. Nell'articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

      «3-bis. Nei casi in cui la concessione dell'indennità mensile di frequenza si fonda sulla frequenza di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, da parte del minore, la domanda non deve essere rinnovata ogni anno. Il legale rappresentante del minore ha comunque l'obbligo di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale l'eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni per la fruizione dell'indennità».

 

 

L’articolo 34 introduce, in chiusura del Titolo IV, alcune semplificazioni in ordine agli adempimenti concernenti la concessione di indennità per le famiglie di invalidi civili minori.

In particolare, la disposizione inserisce, un comma 3-bis all’articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289.

 

L’articolo 1 della citata legge n. 289 del 1990 (Modifiche alla disciplina delle indennità di accompagnamento di cui alla legge 21 novembre 1988, n. 508, recante norme integrative in materia di assistenza economica agli invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e istituzione di un'indennità di frequenza per i minori invalidi) prevede che ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18, cui siano state riconosciute dalle competenti commissioni mediche periferiche difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni della propria età, nonché ai minori ipoacusici con deficit uditivo superiore ai 60 decibel nell'orecchio migliore nelle frequenze di 500, 1.000, 2.000 hertz, è concessa, per il ricorso continuo o anche periodico a trattamenti riabilitativi o terapeutici, una indennità mensile di frequenza di importo pari all'assegno di cui all'articolo 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118[193] (comma 1). La concessione della predetta indennità è subordinata alla frequenza continua o anche periodica di centri ambulatoriali o di centri diurni, anche di tipo semiresidenziale, pubblici o privati, purché operanti in regime convenzionale, specializzati nel trattamento terapeutico o nella riabilitazione e nel recupero di persone portatrici di handicap (comma 2). Ai sensi del comma 3, l'indennità mensile di frequenza è altresì concessa, nel rispetto dei requisiti sopra indicati, ai mutilati ed invalidi civili minori di anni 18 che frequentano scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, a partire dalla scuola materna, nonché centri di formazione o di addestramento professionale finalizzati al reinserimento sociale[194]. In base al comma 5, l'indennità mensile di frequenza è erogata alle medesime condizioni reddituali previste per l'assegno di cui al comma 1 ed applicando lo stesso sistema di perequazione automatica.

L’articolo 2 della stessa legge disciplina le modalità di concessione dell’indennità mensile di frequenza, prescrivendo che la domanda è presentata dal legale rappresentante del minore alla commissione medica periferica per le pensioni di guerra e di invalidità civile competente per territorio, secondo le modalità previste dal decreto del Ministro del tesoro 20 luglio 1989, n. 292, allegando la documentazione che attesti l'iscrizione o l'eventuale frequenza di trattamenti terapeutici o riabilitativi, di corsi scolastici o di centri di formazione o di addestramento professionale (comma 1). L'indennità mensile di frequenza è concessa, poi, dal comitato provinciale di assistenza e beneficenza pubblica, previa acquisizione di ulteriore idonea certificazione di frequenza che contenga la precisa indicazione della durata del trattamento terapeutico o riabilitativo o del corso scolastico o di quello di formazione o di addestramento professionale. Ai sensi del comma 3, la concessione della suddetta indennità è limitata alla reale durata del trattamento o del corso, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di effettivo inizio della frequenza al corso o al trattamento stesso fino al mese successivo a quello di cessazione della frequenza. Il comma 4 stabilisce, infine, che l'indennità mensile di frequenza può, in ogni momento, essere revocata, qualora si accerti che non sia soddisfatto il requisito della frequenza.

 

Il nuovo comma 3-bis del citato articolo 2, nel semplificare la procedura per il conseguimento dell’indennità mensile di frequenza, stabilisce che non è necessario il rinnovo annuale della domanda, nei casi in cui la concessione della suddetta indennità è connessa alla frequenza da parte del minore di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado.

Resta tuttavia fermo l’obbligo del legale rappresentante del minore di comunicare all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) l’eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni richieste per la fruizione dell’indennità.

 

 


Articolo 35
(Portabilità della targa dei veicoli)

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.

 

 

L’articolo 35 introduce per gli autoveicoli il sistema della targa personale, che realizza un collegamento diretto fra la targa stessa ed il titolare. La norma precisa che tale innovazione deve avvenire nel rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche.

Va ricordato in proposito che l’attuale disciplina in materia è dettata dagli articoli 100 e seguenti del codice della strada, e prevede che gli autoveicoli devono essere muniti anteriormente e posteriormente di una targa, con caratteristiche rifrangenti, recante i dati di immatricolazione del veicolo. Analoga prescrizione è prevista per i motoveicoli (che devono essere muniti di targa solo posteriormente). Le targhe, che sono prodotte e distribuite esclusivamente dallo Stato, vengono consegnate agli intestatari dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri all'atto dell'immatricolazione dei veicoli.

In caso di cessazione definitiva di circolazione del veicolo, il proprietario deve informarne gli uffici del PRA, restituendo il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe. Il PRA provvede a sua volta a riconsegnare al Dipartimento dei trasporti terrestri la carta di circolazione e le targhe.

La targa assolve pertanto, come emerge dalla normativa ora illustrata, a finalità di identificazione del veicolo ed è a questo strettamente collegata, seguendone le vicende sia in caso di alienazione, sia quando il veicolo stesso cessi, per qualsiasi ragione, di circolare.

La disposizione di cui all’articolo 35in esame apporta quindi una rilevante innovazione in tale materia, introducendo il principio della targa personale, che risulta collegata non più al veicolo ma alla persona. Ne consegue che, in occasione di modifiche nella titolarità del veicolo stesso (trasferimento di proprietà), o anche in caso di cessazione definitiva della circolazione, la targa non dovrà essere restituita - tramite il PRA - al Dipartimento dei trasporti terrestri, ma resterà attribuita al titolare, che potrà successivamente utilizzarla su altri veicoli.

Con tale nuova disciplina, si deve ritenere conseguentemente modificata anche l’attuale connessione fra targa e dati di immatricolazione del veicolo, prevista dal citato art. 100. Tali dati, insieme a tutte le altre informazioni concernenti il veicolo, saranno comunque riportati dalla carta di circolazione, che resta ovviamente, come già con l’attuale normativa, documento collegato esclusivamente al veicolo.

Si ricorda che un sistema ispirato al medesimo principio è stato introdotto per i ciclomotori[195] dall’art. 97 del codice della strada, come modificato dal d.lgs. 15 gennaio 2002, n. 9. Tale norma prevede infatti che la targa dei ciclomotori identifica l’intestatario del certificato di circolazione, è personale, viene abbinata a un solo veicolo e il titolare la trattiene in caso di vendita.

La disposizione di cui all’art. 35 in esame precisa, come sopra accennato, che le modifiche introdotte al regime delle targhe devono collocarsi in un quadro di rispetto delle finalità di sicurezza, ordine pubblico e certezza delle situazioni giuridiche. Tale specificazione deve presumibilmente intendersi connessa all’esigenza di evitare che il passaggio al sistema della targa personalizzata possa ridurre, nei confronti dei terzi interessati, le garanzie di conoscibilità e di trasparenza dei dati relativi agli autoveicoli.

Peraltro, la diretta riconducibilità della targa al proprietario potrebbe consentire una più efficace gestione dei provvedimenti emessi per violazione di norme del codice della strada: essi infatti saranno direttamente imputabili al titolare della targa e, quindi, del veicolo, eliminando quindi le problematiche, spesso riscontrate, e connesse alla attribuzione delle sanzioni all’effettivo titolare, nelle more delle procedure di trasferimento di proprietà del veicolo.

 

Si segnala, con riferimento all’art. 35, ma anche a tutto il Titolo V del disegno di legge, che le modifiche apportate alla disciplina relativa alla circolazione dei veicoli, prevalentemente dettata dal d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada), non viene inserita, mediante novellazione, nell’ambito di tale decreto, restando collocate in altro e autonomo provvedimento legislativo e incidendo, pertanto, sulla organicità del quadro normativo regolatorio della circolazione stradale.

 

 


Articolo 36
(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi)

      1. Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessano di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati, di cui all'articolo 2683, numero 3), e all'articolo 2810, commi secondo, per la parte relativa agli autoveicoli, e terzo, del codice civile. Ai predetti beni si applicano, ai sensi del terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, le disposizioni sui beni mobili, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

      2. Gli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni di cui al comma 1 sono registrati nell'archivio nazionale dei veicoli istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente titolo. Gli stessi atti sono soggetti ad annotazione nella carta di circolazione.

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

 

 

L’articolo 36 reca modifiche alla normativa concernente gli autoveicoli e i motoveicoli, che sono attualmente assoggettati al regime dei beni mobili registrati, previsto dall’art. 2683 del codice civile. Il comma 1 dell’articolo in esame dispone che tali veicoli siano sottratti al predetto regime e sottoposti alla disciplina dettata dall’art. 812 del codice per i beni mobili, mentre il comma 3 dispone l’abolizione del Pubblico registro Automobilistico (PRA), con decorrenza dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione previsti dall’art. 39 del disegno di legge in esame.

 

Va ricordato che disposizioni sostanzialmente analoghe erano contenute nel disegno di legge A.C. 6956, Modifica del regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, presentato dal Governo nel corso della XIII legislatura, il cui esame non era poi giunto a conclusione.

 

L’articolo 815 del codice civile prevede per i beni mobili iscritti in pubblici registri (o “registrati”), un regime di circolazione giuridica controllata diverso da quello comune a tutti gli altri beni mobili[196] (le disposizioni relative a questi ultimi si applicano infatti solo nei limiti in cui per essi non valgano norme più specifiche). La ratio originariadi tale distinzione attiene all’importanza economica rivestita da tali beni e alla connessa esigenza di renderne possibile l’individuazione e garantire una sicura negoziazione.

In particolare, l’art. 2863 del codice civile stabilisce che debbono essere resi pubblici, attraverso la trascrizione, gli atti che hanno per oggetto le navi e i galleggianti iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione, gli aeromobili iscritti nei registri indicati dallo stesso codice (art. 753 ss. c.nav.); gli autoveicoli iscritti nelpubblico registro automobilistico. Con riferimento a quest’ultima categoria occorre precisare che vi rientrano tutti i veicoli a motore con almeno quattro ruote nonché i motoveicoli, cioè i veicoli con due o tre ruote, di cilindrata superiore a 50 cmc.

Nel sistema della trascrizione mobiliare gli effetti della trascrizione (stabiliti dall’art. 2644 c.c.) non si producono per tutte le tipologie di atti previsti dalla norma generale (art. 2643 c.c.), ma solo per quelle espressamente contemplate dall’art. 2684 c.c. e specificamente:

1)    gli atti che trasferiscono la proprietà o che costituiscono la comunione;

2)    i contratti costitutivi dei diritti di usufrutto o di uso o che trasferiscono il primo o modificano l’uno o l’altro;

3)    le transazioni relative agli stessi;

4)    gli atti di trasferimento coattivo adottati nel giudizio di espropriazione degli stessi;

5)    le sentenze che comunque costituiscano, modifichino o trasferiscano uno dei diritti suddetti.

 

In base al citato articolo 2683 del codice civile, il pubblico registro automobilistico (PRA) è lo strumento tramite il quale si realizza l’applicazione agli autoveicoli del regime di pubblicità previsto per i beni mobili registrati.

Il PRA - la cui introduzione risale alR.D.L. 15 marzo 1927, n. 436[197] ed al regolamento di esecuzione adottato con R.D. 27 luglio 1927, n. 1814 - è istituito presso le sedi provinciali dell'ACI[198], che provvede alla tenuta ed all’aggiornamento dei registri: uno riservato agli autoveicoli, autocarri e veicoli assimilabili, uno ai motocicli (con esclusione dei ciclomotori) e uno alle trattrici agricole.

Nei registri sono iscritti i dati necessari all'identificazione dei veicoli ed alla proprietà; sono inoltre annotati i successivi trasferimenti della proprietà e iscritte le garanzie reali. I registri sono pubblici, con conseguente diritto di ciascun interessato di esaminarli e di ottenere copia di iscrizioni o annotazioni in essi contenute oppure una certificazione da cui risulti che non ve ne sia alcuna (art. 11 del r.d.l. n. 436/1927).

La legge 9 luglio 1990 n. 187 (con il relativo regolamento di esecuzione - D.M. 2 ottobre 1992, n. 514) ha previsto l'automazione del registro e introdotto il certificato di proprietà attestante lo stato giuridico attuale del veicolo (che sostituisce il foglio complementare).

 

Il codice della strada (d.lgs. n. 285/1992) prevede, ai fini della circolazione degli autoveicoli, una serie di adempimenti burocratici che si aggiungono a quelli inerenti alla pubblicità legale delle vicende relative alla proprietà e agli altri diritti reali di godimento e di garanzia attuata attraverso il PRA.

In particolare, l'art. 93 prevede che gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi debbano essere immatricolati e devono essere muniti di una carta di circolazione; il successivo art. 100 prescrive inoltre che essi debbano essere muniti anteriormente e posteriormente (solo posteriormente per i motoveicoli) di una targa contenente i dati di immatricolazione.

L'immatricolazione e il rilascio della carta e delle targhe sono di competenza degli uffici del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, che provvede a dare immediata comunicazione delle nuove immatricolazioni al PRA (per i veicoli soggetti ad iscrizione nel PRA). L'art. 93dispone inoltre che l'immatricolazione e la carta di circolazione si aggiungono al certificato di proprietà rilasciato dal PRA; il quarto comma dell'articolo prescrive che l'interessato debba richiedere entro 60 giorni dal rilascio della carta di circolazione il certificato al PRA competente.

Il successivo art. 94 prevede che in caso di alienazione del veicolo, di costituzione di usufrutto su di esso o di stipulazione di locazione con facoltà di acquisto, l'interessato debba, entro 60 giorni, richiedere al PRA la trascrizione dell'atto e il rilascio di un nuovo certificato di proprietà, e al Dipartimento per i trasporti terrestri l'aggiornamento o il rilascio di una nuova carta di circolazione (analoga formalità è prescritta in caso di cambiamento di residenza).

 

Va ricordato che le trascrizioni dei veicoli presso il PRA sono soggette, ai sensi dell’art. 56 del d.lgs. n. 446/1997, al pagamento della imposta provinciale di trascrizione (IPT). Le relative tariffe sono indicate dal decreto del Ministro delle finanze n. 435/1998, variano in relazione al tipo ed alla potenza del veicolo e possono essere maggiorate dalle province fino ad un massimo del 30% (art. 56, comma 2, d.lgs. n. 446/1997, come modificato dall’articolo 1, comma 154, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 – legge finanziaria 2007)

 

Il comma 2 dell’articolo 36 in esame dispone che tutti gli atti modificativi del diritto di proprietà, nonchè quelli riguardanti diritti reali, locazione, sequestro e pignoramento dei veicoli stessi, debbono essere registrati nell’archivio nazionale di cui agli articoli 225 e 226 del codice della strada, ed annotati sulla carta di circolazione.

 

Si ricorda, in proposito, che l’archivio nazionale dei veicoli opera presso il Dipartimento per i trasporti terrestri ed assolve a funzioni parzialmente diverse da quelle di competenza del PRA, pur riguardando atti e situazioni in larga parte coincidenti.

L’art. 225 del codice precisa infatti che l’archivio risponde a finalità di sicurezza stradale, e per rendere possibile l'acquisizione dei dati inerenti allo stato dei veicoli, degli utenti e dei relativi mutamenti.

L’archivio – completamente informatizzato - contiene, per ogni veicolo, i dati relativi alle caratteristiche di costruzione e di identificazione, all'emanazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà, a tutte le successive vicende tecniche e giuridiche del veicolo, agli incidenti in cui il veicolo sia stato coinvolto. L’archivio viene aggiornato con i dati forniti dal Dipartimento per i trasporti terrestri, dal PRA, dagli organi addetti all'espletamento dei servizi di polizia stradale, dalle compagnie di assicurazione.

L’archivio viene quindi alimentato direttamente dagli organi pubblici competenti in materia di circolazione stradale, mentre l’onere di comunicare i dati dei veicoli al PRA è a carico dei proprietari.

 

Va ricordato che, in relazione alle esigenze di semplificazione degli adempimenti amministrativi relativi al regime giuridico dei veicoli, il DPR 19 settembre 2000, n. 358 ha istituito lo Sportello Telematico dell'Automobilista (STA), che risulta attivato presso:

-    gli Uffici Provinciali dell'ACI

-    gli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile

-    le Delegazioni degli Automobile Club e gli Studi di consulenza automobilistica abilitati al servizio.

Lo STA rilascia la carta di circolazione e il certificato di proprietà dei veicoli contestualmente i documenti e, in caso di immatricolazione o di reimmatricolazione, anche le targhe.

 

Le pratiche gestite dallo Sportello Telematico dell'Automobilista, come previsto dal Decreto che lo ha istituto, sono le seguenti:

§       l' immatricolazione e l'iscrizione di autoveicoli e motoveicoli nuovi,

§       la reimmatricolazione/rinnovo di iscrizione e il trasferimento di proprietà degli autoveicoli e dei motoveicoli ad esclusione dei veicoli che necessitano di particolari titoli autorizzativi oppure di collaudo o certificato di approvazione (es. taxi, autocarro trasporto merci conto proprio, ecc.).

§       la cessazione dalla circolazione (radiazione) per demolizione e per esportazione definitiva all'estero degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi.

 

Secondo quanto indicato dalla relazione illustrativa, le funzioni assolte dall’archivio nazionale dei veicoli possono assorbire quelle attualmente attribuite al PRA, che, peraltro, trovano la loro origine in un contesto economico e sociale profondamente diverso da quello attuale; in particolare, sembra sostanzialmente superata la funzione di garanzia del credito attribuita ai veicoli. Per altri versi, il sistema della trascrizione degli atti di trasferimento di proprietà nel PRA, ai fini della opponibilità ai terzi, sembra – sempre secondo la citata relazione - non più rispondente ad effettive esigenze sociali, atteso che tali atti, già soggetti alla previa verifica da parte del notaio (o degli altri soggetti abilitati[199]), dovranno essere registrati nell’archivio nazionale di cui all’art. 225 del codice della strada, cu si potrà quindi fare riferimento in ogni caso di incertezza o di contestazione circa la titolarità dei diritti costituiti sui veicoli.

Il superamento dell’attuale regime giuridico viene anche motivato dalla esigenza di agevolare e semplificare le procedure di compravendita delle auto, da un lato riducendone i tempi, e, dall’altro, limitandone i costi, in relazione alle tariffe amministrative gravanti sulle iscrizioni al PRA.

In proposito, si rileva che l’istituzione dello Sportello telematico dell’automobilista – di cui al citato DPR n. 358/2000 - ha apportato significativi miglioramenti nella funzionalità delle procedure connesse alle immatricolazioni degli autoveicoli. Presso lo sportello vengono infatti rilasciati sia i documenti di competenza del Dipartimento per i trasporti terrestri (carta di circolazione e targa), sia il certificato di proprietà, emesso dal PRA.

 


Articolo 37
(Personale del pubblico registro automobilistico)

      1. Al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo in esame dispone che al personale dell’Automobile Club d’Italia (ACI), già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico di cui si dispone l’abolizione ai sensi del precedente articolo 36 (cfr. supra), che in ogni caso conserva il rapporto di pubblico impiego, si applicano le disposizioni previste per i lavoratori del settore pubblico in materia di eccedenze di personale, di mobilità collettiva e di collocamento in disponibilità di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165[200].

 

Gli articoli 33, 34 e 34-bis del D.Lgs. 165 del 2001 recano la disciplina della gestione del personale in esubero delle pubbliche amministrazioni, prevedendo in primo luogo che sia attivata una apposita procedura volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni (cd. “mobilità collettiva”). All’esito di tale procedura, il personale eccedente di cui non è stata possibile la ricollocazione lavorativa viene collocato in disponibilità e quindi, oltre a percepire un’indennità, viene iscritto in appositi elenchi da cui le pubbliche amministrazioni che necessitano di personale sono obbligate ad attingere prima di poter avviare le procedure per nuove assunzioni. Decorso il termine massimo di ventiquattro mesi dal collocamento in disponibilità, in mancanza di ricollocazione presso altra amministrazione, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto di diritto.

Più in dettaglio, l’articolo 33, al comma 1, dispone che le pubbliche amministrazioni che rilevino esuberi di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni sindacali e ad osservare le apposite procedure di “mobilità collettiva” previste dal medesimo articolo. Si precisa che, salvo quanto previsto dal medesimo articolo, si applicano le disposizioni in materia di collocamento in mobilità di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223[201], ed in particolare l'articolo 4, comma 11 (relativo alla possibilità per gli accordi sindacali che prevedano il riassorbimento totale o parziale dei lavoratori ritenuti eccedenti, di stabilire la loro assegnazione a mansioni diverse da quelle svolte, anche in deroga al secondo comma dell'art. 2103 del codice civile) e l'articolo 5, commi 1 e 2 (relativi alle modalità di individuazione dei lavoratori da collocare in mobilità).

La disciplina relativa alla “mobilità collettiva” di cui all’articolo 33 si applica qualora l’eccedenza di personale interessi almeno 10 dipendenti (articolo 33, comma 2). In tal caso la pubblica amministrazione interessata dall’eccedenza attiva una apposita procedura alla quale partecipano le organizzazioni sindacali, volta a ricollocare totalmente o parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. Tale procedura può concludersi - comunque entro quarantacinque giorni dal suo avvio - con il raggiungimento dell’accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni sindacali possono richiedere che il confronto prosegua secondo determinate modalità; comunque la procedura si conclude in ogni caso, anche dopo tale eventuale ulteriore fase di confronto, al massimo entro sessanta giorni dal suo avvio (articolo 33, commi 3, 4 e 5).

I contratti collettivi nazionali possono inoltre stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso la mobilità volontaria presso altre amministrazioni nell'ambito della provincia o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia stabilito dai contratti collettivi nazionali (articolo 33, comma 6).

All’esito della prevista procedura o comunque nel caso l’esubero riguardi meno di 10 dipendenti, l’amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione, che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi precedenti, ne avrebbe consentito il ricollocamento (articolo 33, comma 7).

Il lavoratore “in disponibilità” ha comunque diritto ad un’indennità pari all’80% dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di 24 mesi. I periodi di godimento dell'indennità sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa (articolo 33, comma 8).

L’articolo 34 del D.Lgs. n. 165/2001 dispone in via generale che il personale risultato in eccedenza e posto in disponibilità al termine dell’apposita procedura disciplinata dall’articolo 33 del medesimo decreto legislativo, sia iscritto, secondo l’ordine cronologico di sospensione del relativo rapporto di lavoro, in appositi elenchi formati e gestiti:

-        dal Dipartimento della funzione pubblica, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali (comma 2);

-        dalle strutture regionali e provinciali individuate con legge regionale ai sensi del D.Lgs. 469/1997, per le altre amministrazioni (comma 3).

È previsto espressamente che il Dipartimento della funzione pubblica realizzi "opportune forme di coordinamento" tra l'elenco da esso gestito e quelli tenuti dalle strutture regionali e provinciali. A tale coordinamento, nonché alla collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica ai fini della riqualificazione e ricollocazione del personale, fa riferimento il comma 3 dell’articolo 34 ove dispone che "le leggi regionali previste dal D.Lgs. n. 469/1997, nel provvedere all’organizzazione del sistema regionale per l’impiego, si adeguano ai principi di cui al comma 2".

Principalmente alle strutture regionali e provinciali sono affidati i compiti relativi allariqualificazione professionaledel personale e alla sua ricollocazione presso altre amministrazioni; per quanto riguarda il personale statale, infatti, è previsto che a tali fini il Dipartimento della funzione pubblica si avvalga della loro collaborazione. In materia interviene poi il successivo comma 5, che prevede che i contratti collettivi nazionali possano costituire fondi riservati per riqualificare personale in disponibilità ed incentivarne la ricollocazione, in particolare mediante mobilità volontaria. Tali fondi possono essere utilizzati per riqualificare anche il personale eccedente trasferito ai sensi dell'articolo 33 prima del collocamento in disponibilità.

Il comma 4 completa la disciplina relativa all’indennità di disponibilità prevista dall’articolo 33, comma 8, e dispone la definitiva risoluzione del rapporto di lavoro del pubblico dipendente alla decorrenza del periodo massimo di fruizione della stessa. Viene stabilito che il dipendente collocato in disponibilità ha diritto all’indennità per la durata prevista dall’articolo 33 (al massimo 24 mesi); per tutto tale periodo, ha altresì diritto a che siano corrisposti all’ente previdenziale di riferimento gli oneri sociali relativi alla retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità. Le spese, relative sia all’erogazione dell’indennità che alla corresponsione degli oneri sociali, gravano sul bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente fino alla sua ricollocazione o alla decorrenza del termine massimo di disponibilità.

Scaduto tale termine senza che sia stata possibile la ricollocazione presso altra amministrazione, e a far data da esso, il rapporto di lavoro si intende definitivamente risolto.

Ilcomma 6 dell’articolo 34 subordina la possibilità di procedere a nuove assunzioni all’utilizzo del personale collocato in disponibilità. Viene infatti disposto che, nell’ambito della programmazione triennale delle assunzioni prevista dall’articolo 39 della L. 27 dicembre 1997, n. 449, recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica[202], le nuove assunzioni siano subordinate alla verifica dell’impossibilità di ricollocare tale personale.

Infine, i commi 7 e 8 dell'articolo 34dettano disposizioni particolari per gli enti pubblici territoriali in generale e per gli enti locali in situazione di dissesto finanziario. I primi vengono autorizzati ad utilizzare le economie derivanti dalla minore spesa dal collocamento in disponibilità del personale per la formazione e riqualificazione di esso. Quanto agli enti territoriali in dissesto, si prevede che ad essi continui ad applicarsi la disciplina dettata in materia di gestione del personale in disponibilità dal D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, recante Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.

L’articolo 34-bis, che reca disposizioni in materia di mobilità, prevede l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di utilizzare il personale già collocato in disponibilità prima di avviare le procedure per le nuove assunzioni.

In particolare, il comma 1 stabilisce che le amministrazioni pubbliche, prima di avviare le procedure di assunzione del personale, devono comunicare una serie di informazioni relative al personale per il quale si intende bandire il concorso, con particolare riguardo per l’area, il livello (ovvero la posizione economica all’interno dell’area), la sede di destinazione.

I soggetti ai quali è rivolta la comunicazione - che sono gli stessi i quali, ai sensi del precedente articolo 34, formano e gestiscono gli elenchi del personale in disponibilità - sono:

-        il Dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri per le assunzioni da effettuare presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali;

-        le strutture regionali e provinciali di cui al D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469[203], per le assunzioni da effettuare presso le altre amministrazioni[204].

Il comma 2 stabilisce che il soggetto al quale è rivolta la comunicazione provvede entro 15 giorni dalla stessa ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. L’assegnazione del personale deve avvenire secondo l’anzianità di iscrizione nell’elenco del personale collocato in disponibilità.

Nel caso in cui la comunicazione sia stata rivolta alle strutture regionali e provinciali e queste abbiano accertato l’assenza nei propri elenchi di personale da assegnare alle amministrazioni richiedenti, le suddette strutture devono tempestivamente (non è stabilito un termine preciso) comunicare al Dipartimento della funzione pubblica le informazioni che gli sono state a loro volta comunicate dall’amministrazione richiedente. Il Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, provvederà, entro 15 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione, ad assegnare all’amministrazione richiedente il personale che risulta iscritto nel proprio elenco. Avvenuta l’assegnazione, l’amministrazione provvede ad iscrivere il dipendente ad essa destinato nei propri ruoli; conseguentemente il rapporto di lavoro prosegue con l’amministrazione che ha comunicato l’intenzione di bandire il concorso.

Ai sensi del comma 3, le amministrazioni possono provvedere ad organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.

Il comma 4 prevede che le amministrazioni potranno avviare la procedura di assunzione mediante concorso per tutte le posizioni che non sono state coperte con assegnazione di personale in disponibilità, decorsi due mesi dalla ricezione della comunicazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica. La comunicazione è diretta se proviene dalle amministrazioni statali e dagli enti pubblici non economici comprese le università e per conoscenza per le altre amministrazioni..

Il comma 5 dispone la nullità delle assunzioni effettuate in violazione delle procedure previste dallo stesso articolo per la mobilità attivata d’ufficio.

Il comma 5-bis dà mandato al Dipartimento della funzione pubblica di verificare presso le amministrazioni pubbliche l’eventuale interesse ad acquisire in mobilità i dipendenti in eccedenza di altre amministrazioni. In tal caso saranno applicate le disposizioni dell’articolo 4, comma 2, del D.L. n. 163/1995[205], che ha previsto un meccanismo di snellimento delle procedure di assegnazione dei dipendenti pubblici dichiarati eccedenti, disponendo che essi possano essere trasferiti con decreto del Ministro della funzione pubblica ad altra amministrazione che ne faccia richiesta, previo assenso dell'interessato.

 

In sostanza al personale già adibito al pubblico registro automobilistico, ferma restando la conservazione del rapporto di lavoro pubblico presso l’ACI, si applica la disciplina prevista per le eccedenze di personale delle pubbliche amministrazioni. Pertanto l’ACI potrà attivare la procedura di mobilità collettiva di cui all’articolo 33 del D.Lgs. 165/2001, volta a raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali per ricollocare almeno parzialmente il personale in esubero nell'ambito della medesima amministrazione o presso altre amministrazioni. All’esito di tale procedura, il personale eccedente di cui non sia stata possibile la ricollocazione lavorativa potrebbe essere collocato in disponibilità e quindi gestito ed eventualmente ricollocato secondo le disposizioni di cui agli articoli 34 e 34-bis del D.Lgs. 165/2001 (cfr. supra).

 

 


Articolo 38
(Disposizioni in materia fiscale)

      1. Agli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni continua ad applicarsi l'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni.

 

 

L’articolo 38 disciplina la tassazione degli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti su veicoli in conseguenza dell’abolizione del pubblico registro automobilistico, disposta dal precedente articolo 36 del presente disegno di legge, e dell’obbligo, previsto dallo stesso articolo, di registrare i suddetti atti nell’archivio nazionale dei veicoli.

 

L’articolo in esame prevede infatti che agli atti, soggetti a registrazione nell’archivio nazionale dei veicoli, ai sensi del comma 2 del menzionato articolo 36, continua ad applicarsi l’imposta provinciale di trascrizione (IPT). Tale imposta è disciplinata dall’articolo 56 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, con riferimento alle formalità richieste al pubblico registro automobilistico, il quale, come sopra indicato, è abolito dal comma 3 dell’articolo 36.

Gli atti ai quali si applica la disposizione in esame sono quelli che, relativamente ai beni di cui all’articolo 36, comma 1, del presente disegno di legge, costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono:

-       il diritto di proprietà;

-       i diritti reali, anche di garanzia;

-       la locazione con facoltà di acquisto;

-       il sequestro conservativo;

-       il pignoramento.

 

Il citato articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 consente alla province di istituire, con proprio regolamento, l’imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. Lo stesso regolamento disciplina inoltre la liquidazione, riscossione e contabilizzazione dell'imposta e i relativi controlli e sanzioni per l'omesso o ritardato pagamento. La tariffa dell’imposta è stata stabilita con il D.M. 27 novembre 1998, n. 435, in misura differenziata a seconda del tipo e potenza dei veicoli, con possibilità per le province di aumentare tale tariffa fino ad un massimo del trenta per cento. L’imposta è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità. Nel caso di iscrizione di più formalità ipotecarie per uno stesso credito, l’imposta è dovuta una sola volta.

Sono escluse dall’applicazione dell’imposta le cessioni di mezzi di trasporto usati, effettuate nei confronti dei contribuenti che ne fanno commercio e i trasferimenti di veicoli conseguenti a fusioni tra società esercenti attività di locazione di veicoli senza conducente.

L’imposta è invece ridotta ad un quarto per gli autoveicoli muniti di carta di circolazione per uso speciale ed i rimorchi destinati a detti veicoli, purché siano inadatti al trasporto di cose. Ai rimorchi ad uso abitazione per campeggio e simili si applica l’imposta in misura pari ad un quarto dell’importo risultante dal citato D.M. n. 435 del 1998.

Alle formalità richieste ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2688 del cod. civ., ovvero quando non risulta trascritto nel registro l’atto di acquisto anteriore a quello del quale si chiede la trascrizione, l’imposta si applica in misura pari al doppio della relativa tariffa.

Le controversie concernenti l'imposta provinciale di trascrizione, le sanzioni e gli accessori sono soggette alla giurisdizione delle commissioni tributarie.

 

Per quanto riguarda la formulazione letterale della norma, si ritiene che sarebbe stato più corretto prevedere che il sopra illustrato articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997, in relazione alle sua natura di imposta di trascrizione, continui ad applicarsi alla registrazione degli atti, piuttosto che agli atti stessi.

Per maggior precisione si potrebbe specificare che la norma in esame si riferisce ai beni di cui al comma 1 dell’articolo 36 del presente disegno di legge.

Sarebbe inoltre opportuno individuare con precisione, anche per relationem, il momento a decorrere dal quale l’imposta si applicherà in conseguenza della registrazione degli atti nell’archivio nazionale dei veicoli, anziché per le formalità eseguite nel pubblico registro automobilistico, anche in relazione all’entrata in vigore dei regolamenti di attuazione del Titolo V del presente disegno di legge (per i quali di veda il successivo articolo 39), a decorrere dalla quale sarà abolito il pubblico registro automobilistico.

 

 

 


Articolo 39
(Regolamenti di attuazione)

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 36 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 37 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

 

 

L’articolo 39 prevede l’emanazione di una serie di regolamenti per l’attuazione della nuova disciplina, introdotta dall’art. 36, in materia di immatricolazione, di annotazione degli atti, di cessazione della circolazione degli autoveicoli, nonché in materia di procedure concernenti i casi di smarrimento, distruzione, della carta di circolazione e per i cambi di residenza dell’intestatario della carta. Con tali provvedimenti dovranno inoltre essere adeguate alla nuova disciplina le norme previste dal regolamento di cui al DPR 19 settembre 2000, n. 358, concernenti la semplificazione delle procedure per l’immatricolazione degli autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, e saranno regolate le modalità di trasferimento dei dati e del personale dal PRA all’archivio nazionale dei veicoli. Con i medesimi regolamenti verranno infine dettate le norme transitorie che si renderanno necessarie, e definite le ulteriori modalità attuative del titolo V, nel rispetto della invarianza della spesa, con specifico riferimento alle risorse finanziarie attualmente derivanti dal PRA, se destinate al funzionamento del registro stesso.

I regolamenti dovranno essere emanati – entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge - ai sensi dell’art. dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che disciplina i regolamenti di delegificazione[206].

 

Va ricordato che con il DPR n. 358/2000 è stato adottato il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. L’art. 2 di tale regolamento ha istituito lo sportello telematico dell’automobilista (per l’illustrazione del quale si rinvia alla scheda sull’articolo 36).

 

 

 


Articolo 40
(Sanzioni)

      1. Chiunque circola con un veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433. Alla medesima sanzione è soggetto il proprietario del veicolo o l'usufruttuario o il locatario con facoltà d'acquisto o l'acquirente con patto di riservato dominio. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      2. Chiunque circola con un rimorchio agganciato ad una motrice senza che sulla relativa carta di circolazione siano riportate le prescritte indicazioni relative alla caratteristiche del rimorchio medesimo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286.

      3. Chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca delle targhe, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      4. Ai gestori dei centri di raccolta e di vendita degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi che alienano, smontano o distruggono gli stessi mezzi senza avere prima restituito la targa e la carta di circolazione al competente ufficio, qualora non vi abbiano provveduto i titolari, si applica la sanzione prevista dall'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 36, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 39.

 

 

L’articolo 40 prevede le sanzioni applicabili per le violazioni delle norme concernenti gli adempimenti richiesti per la circolazione degli autoveicoli.

In particolare:

il comma 1 – che riproduce il vigente art. 93, comma 7 del codice della strada - dispone la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433 per chi circoli con un veicolo per il quale non sia stata rilasciata la carta di circolazione; analoga sanzione è prevista per il proprietario, il locatario, l’usufruttuario, l’acquirente con patto di riservato dominio. Alla predetta  violazione sanzione consegue inoltre la sanzione accessoria della confisca del veicolo, secondo quanto previsto dal titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada;

 

il comma 2 – che riproduce sostanzialmente il contenuto dell’art. 93, comma 8, del citato art. 93 del codice della strada - dispone la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286 per chi circoli con un rimorchio agganciato ad una motrice, senza che sulla carta di circolazione siano riportate le indicazioni relative alla caratteristiche del rimorchio stesso;

 

il comma 3 – che riproduce il contenuto dei commi 5 e 6 dell’art. 101 del codice della strada – prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433 per chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi, e dispone che a tale violazione consegue la sanzione accessoria della confisca delle targhe, secondo quanto previsto dal titolo VI, capo I, sezione II del codice della strada;

 

il comma 4 prevede che i gestori di raccolta degli autoveicoli che smontino o distruggano tali mezzi senza prima avere restituito agli uffici competenti la targa e la carta di circolazione, sono soggetti alla sanzione di cui all’art. 255 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Tale articolo prevede, al comma 2, la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 260 a euro 1550 per i titolari dei centri di raccolta, concessionari o titolari di succursale, che violino le disposizioni relative alla demolizione dei veicoli previste dall’art. 231, comma 5, dello stesso d.lgs. n. 152 del 2006, secondo cui i predetti soggetti sono tenuti, entro novanta giorni dalla consegna del veicolo da demolire, comunicare l'avvenuta consegna e consegnare il certificato di proprietà, la carta di circolazione e le targhe al competente Ufficio del PRA;

 

il comma 5 introduce una sanzione amministrativa, che consiste nel pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300, per coloro che non provvedano all'annotazione e registrazione nell’archivio nazionale dei veicoli dei dati relativi all’acquisto delle posizioni giuridiche indicate dall’art. 36, comma 2 del disegno di legge (diritto di proprietà, diritti reali e di garanzia, locazione con facoltà di acquisto, sequestro conservativo, pignoramento). La sanzione viene ridotta alla metà qualora si provveda al relativo adempimento entro trenta giorni dal termine che verrà stabilito con i regolamenti previsti dall’art. 39.

 

Va segnalato che la sanzione prevista dal comma 5, ora illustrato, equivale sostanzialmente a quella (che prevede il pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.003) attualmente disposta dall’art. 94, comma 3, del codice della strada, per coloro che non comunichino entro 60 giorni al PRA il trasferimento di proprietà, la costituzione di usufrutto o la stipula di locazione di un autoveicolo o, nello stesso termine, non informino il Dipartimento dei trasporti terrestri, ai fini dell’aggiornamento della carta di circolazione.

 

Va rilevato che le sanzioni introdotte dall‘art. 40 in esame sostituiscono quelle attualmente previste da alcune disposizioni del D.Lgs. n. 285/1992 (codice della strada), che vengono infatti abrogate dal successivo art. 41 del disegno di legge.

 

 

 


Articolo 41
(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie)

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 39 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

          a) nel codice civile:

              1) alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, le parole: «agli aeromobili e agli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e agli aeromobili»;

              2) il numero 3) dell'articolo 2683 è abrogato;

              3) al primo comma dell'articolo 2695, le parole: «e dalla legge speciale per quanto riguarda gli autoveicoli» sono soppresse;

              4) all'articolo 2810, al secondo comma, le parole: «gli aeromobili e gli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e gli aeromobili» e il terzo comma è abrogato;

          b) il regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, è abrogato, ad eccezione dell'articolo 29;

          c) il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abrogato;

          d) l'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, e successive modificazioni, è abrogato;

          e) nel codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, l'articolo 78, comma 1, secondo periodo, è soppresso; l'articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, l'articolo 94, l'articolo 95, l'articolo 101, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e l'articolo 103 sono abrogati;

          f) l'articolo 245 e l'articolo 247 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, sono abrogati.

 

 

L’articolo 41 reca alcune modifiche e abrogazioni alla normativa vigente in materia di circolazione degli autoveicoli, e stabilisce che le disposizioni introdotte dal Titolo V, nonchè quelle che verranno emanate con i regolamenti di attuazione di cui all’art. 39, saranno applicate dalla data di entrata in vigore di tali regolamenti; in pari data avranno effetto le predette modifiche ed abrogazioni.

 

In particolare, la lettera a) dell’articolo in esame interviene sul codice civile, prevedendo che:

-            alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, concernente la trascrizione dei beni mobili registrati, vengono soppressi i riferimenti agli autoveicoli; restano pertanto assoggettati alla relativa disciplina soltanto gli aeromobili e le navi;

-            all’art. 2683 (Beni per i quali è disposta la pubblicità), il riferimento agli autoveicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico viene soppresso;

-            al primo comma dell'articolo 2695 (Forme e modalità della trascrizione), viene soppresso il periodo che fa rinvio alle legge speciale per la disciplina delle trascrizioni degli autoveicoli;

-            all’art. 2810 (Oggetto dell’ipoteca) vengono soppressi i riferimenti agli autoveicoli; restano quindi soggetti all’ipoteca, fra i beni mobili registrati, le navi e gli aeromobili;

-            al medesimo art. 2810, viene abrogato il comma 3, che equipara alle ipoteche i privilegi iscritti sugli autoveicoli.

 

La lettera b) dispone l’abrogazione delregio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510(Disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia), ad eccezione dell’art. 29; tale articolo prevede che il Ministro per le finanze può autorizzare le società esercenti la vendita a rate di autoveicoli ad emettere obbligazioni, anche per somma eccedente il capitale versato e tuttora esistente secondo l'ultimo bilancio approvato, o speciali buoni fruttiferi, per un ammontare non superiore ai crediti garantiti sugli autoveicoli, in esenzione dell'imposta di ricchezza mobile.

 

La lettera c) provvede ad abrogare il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, recante il regolamento di attuazione del provvedimento istitutivo del PRA (Disposizioni di attuazione e transitorie del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, concernente la disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli e l'istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia).

 

La lettera d) dispone l’abrogazione dell'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n.187 (Norme in materia di tasse automobilistiche e automazione degli uffici del pubblico registro automobilistico). L’art. 7 di tale provvedimento concerne, in particolare, il rilascio del certificato di proprietà del veicolo da parte del pubblico registro automobilistico, le modalità e le procedure per il funzionamento degli uffici, per la tenuta degli archivi e per la conservazione della documentazione prescritta da parte dello stesso PRA.

 

La lettera e) reca una serie di abrogazioni di norme contenute nel d.lgs. n. 285/1992 (codice della strada):

-       articolo 78, comma 1, secondo periodo, che prevede la comunicazione da parte del Dipartimento per i trasporti terrestri al PRA circa le modifiche apportate alle caratteristiche costruttive di veicoli in circolazione;

-       articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, che disciplinano le modalità necessarie per la circolazione dei veicoli, con specifico riferimento alle procedure di immatricolazione e di rilascio della carta di circolazione. Restano in vigore i commi 10 e 11 dell’articolo 93, che riguardano i veicolo delle forze armate e quelli destinati esclusivamente all'impiego dei servizi di polizia stradale

-       articolo 94, che regola le formalità di trasferimento della proprietà degli autoveicoli e di trasferimento di residenza dell’intestatario;

-       articolo 95, che disciplina le procedure per il rilascio della carta provvisoria di circolazione e il duplicato della carta medesima;

-       articolo 101, commi 2, 3, 4, 5, 6, che riguardano le procedure di distribuzione, restituzione e ritiro delle targhe; resta in vigore il comma 1, che stabilisce il principio in base al quale la produzione e la distribuzione delle targhe dei veicoli a motore sono riservate allo Stato;

-       articolo 103, che regolamenta  gli obblighi conseguenti alla cessazione della circolazione dei veicoli a motore.

 

La lettera f), infine, reca l’abrogazione degli articoli 245 e 247 del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. Tali articoli riguardano le modalità e le procedure di comunicazione di dati fra la Direzione generale della Motorizzazione civile (ora Dipartimento per i trasporti terrestri) e gli uffici provinciali del PRA.

 


 

Articolo 42
(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali)

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge.

 

 

L’articolo 42 afferma il principio della collaborazione tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori e anche per garantire l’applicazione e la verifica degli effetti derivanti  dalle disposizioni contenute nel presente provvedimento.

A tal fine prescrive la promozione di intese  e la conclusione di accordi tra Stato e regioni, in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della L. 131/2003[207] e dell’art. 4, comma 1, del D.Lgs. 281/1997.

 

L’art. 8, co. 6 della L. 131/2003 stabilisce che il Governo possa promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata Stato-Regioni-città e autonomie locali, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni (per una dettagliata descrizione della disposizione, si rinvia a quanto riportato nella scheda di lettura sull’art. 24).

L’art. 4, co. 1 del D.Lgs. 281/1997 prevede che il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione e nel perseguimento di obiettivi di funzionalità, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa, possano concludere in sede di Conferenza Stato-Regioni accordi, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune.

 

 

 


Articolo 43
(Invarianza della spesa)

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare oneri aggiuntivi o diminuzioni di entrate per la finanza pubblica.

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, 5, 8, 9, 13, comma 3, 14, comma 1, 15, comma 4, 19, comma 4, 24 e 33 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

 

 

L’articolo 43 introduce la clausola di invarianza della spesa stabilendo, al comma 1, che dall’attuazione del presente provvedimento non devono derivare oneri aggiuntivi o riduzioni di entrate a carico della finanza pubblica (comma 1).

Il comma 2, a sua volta, precisa che lo svolgimento degli adempimenti contemplati dalle disposizioni degli artt. 3, comma 2, 5, 8, 9, 13, comma 3, 14, comma 1, 15, comma 4, 19, comma 4, 24 e 33 spetta alle competenti amministrazioni, che vi provvedono nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio e delle risorse - sia umane che strumentali - previste e disponibili a legislazione vigente.

 

Si ricorda che:

§       l’articolo 3, comma 2, subordina l’entrata in vigore della nuova disciplina è subordinata alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge;

§       l’articolo 5 prevede adozione di misure e correttivi concreti per la effettiva liberalizzazione nel settore dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili;

§       l’articolo 8 prevede l’emanazione, entro quattro mesi, di un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale;

§       l’articolo 9 definisce i principi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive;

§       l’articolo 13 riguarda la comunicazione di fine lavori e il collaudo;

§       l’articolo 14 regola l'esercizio dei poteri di controllo e di vigilanza delle amministrazioni competenti nel procedimento;

§       l’articolo 15 disciplina i controlli sulle attività produttive;

§       l’articolo 19 semplifica la procedura di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento;

§       l’articolo 24 riguarda intese e accordi tra Governo e regioni inerenti la pubblicazione degli atti nell’albo pretorio, anche in via informatica,

§       l’articolo 33 interviene in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento.

 


Progetto di legge

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 2272

¾

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dello sviluppo economico

(BERSANI)

dal vicepresidente del consiglio dei ministri

(RUTELLI)

dal ministro della pubblica istruzione

(FIORONI)

e dal ministro per le politiche europee

(BONINO)

di concerto con il ministro per gli affari regionali
e le autonomie locali

(LANZILLOTTA)

con il ministro per le riforme e le innovazioni
nella pubblica amministrazione

(NICOLAIS)

con il ministro dell'economia e delle finanze

(PADOA SCHIOPPA)

con il ministro dell'interno

(AMATO)

con il ministro dei trasporti

(BIANCHI)

e con il ministro delle infrastrutture

(DI PIETRO)

                       

Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale

                                                          

Presentato il 16 febbraio 2007

                                                          

 


Onorevoli Deputati! - Il disegno di legge proposto è finalizzato a promuovere lo sviluppo economico del Paese, intervenendo su tre ambiti tra loro connessi: l'apertura del mercato alla concorrenza, la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche e di fronte ai poteri economici forti, e la riduzione e la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e di contribuire alla crescita economica.

      Tali interventi erano già previsti nel programma di Governo e il documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011 ha dedicato, per la prima volta, un intero capitolo a questi aspetti, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità d'intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori.

      Le disposizioni proposte fanno idealmente seguito a quelle approvate dal Consiglio dei ministri nella riunione del 30 giugno 2006 e, in particolare, al decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

      Il Governo, con tale decreto, ha dato un primo parziale, ma deciso, segnale di apertura del mercato e di abbattimento dei vincoli amministrativi, eliminando 14 restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Le misure di luglio hanno rappresentato una rilevante discontinuità politico-culturale, molto apprezzata dalla maggioranza degli italiani, toccando settori che nel loro insieme assumono rilevanza strategica, per la complessiva incidenza sul versante della competitività e sulla vita quotidiana dei cittadini: le libere professioni e la distribuzione commerciale, i panifici e i conti correnti bancari, i tassisti e la vendita dei farmaci, i notai e le polizze assicurative per la responsabilità civile derivante dalla circolazione degli autoveicoli, i trasporti locali e i prezzi dei prodotti agroalimentari, gli apparati pubblici locali e i poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

      Il «pacchetto per il cittadino consumatore» di luglio, a sei mesi di distanza, ha superato con immediata evidenza la verifica di efficacia, cui è stato sottoposto mediante un monitoraggio condotto dagli uffici del Ministero dello sviluppo economico; basti pensare alle circa 600 parafarmacie aperte in tutta Italia e alla conseguente riduzione del prezzo dei farmaci, all'avvenuto adeguamento dei codici deontologici della generalità degli ordini professionali entro il previsto termine del 1o gennaio 2007, agli accordi intervenuti in molte città per il potenziamento del servizio dei taxi, alla progressiva riduzione dei costi di gestione dei conti correnti grazie alla maggiore mobilità dei clienti messa in atto con la definitiva soppressione delle spese di chiusura dei conti stessi e al successo popolare ottenuto dalle norme che consentono di fare a meno del notaio per il passaggio di proprietà dei veicoli.

      Insieme al decreto-legge di luglio, il Consiglio dei ministri ha approvato altre importanti misure di liberalizzazione e cioè un disegno di legge delega per la riforma dei servizi pubblici locali, che impone di ricorrere alla gara pubblica secondo i princìpi della concorrenza e della tutela degli utenti, e un disegno di legge delega per l'introduzione della cosiddetta «class action», quale strumento fondamentale per tutelare, finalmente, la generalità dei consumatori dalle inaccettabili disparità di trattamento da parte dei grandi gruppi economici.

      Inoltre, a luglio è stato approvato un regolamento che introdurrà un notevole cambiamento nel settore dell'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto (che è divenuto esecutivo dal 1o febbraio): il risarcimento diretto. In base alle nuove regole, l'80-90 per cento dei sinistri che normalmente si verificano saranno indennizzati agli automobilisti dalla loro compagnia assicurativa in tempi brevi e certi (dai trenta ai novanta giorni).

      Peraltro, fin dal suo insediamento, il Governo ha presentato un disegno di legge per la riforma e la liberalizzazione del mercato dell'energia e, dopo luglio, ha approvato molti altri importanti progetti normativi di semplificazione dei procedimenti amministrativi e di riforma di importanti settori, quali le libere professioni, il trasporto aereo e il mercato radiotelevisivo.

      Infine, anche la legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) contiene, in realtà, importanti misure di riordino volte, ad esempio, a favorire gli investimenti economici per le energie rinnovabili e il risparmio energetico, in accordo con le nuove esigenze di tutela ambientale, e a consentire una nuova e più incisiva politica per l'innovazione industriale e per la competitività del sistema produttivo italiano.

      Nelle more dell'esame dei progetti di legge già sottoposti al Parlamento, il Governo intende proseguire lungo la duplice via dell'apertura del mercato al principio della concorrenza e della semplificazione amministrativa delle attività economiche, quali iniziative per garantire lo sviluppo economico e la tutela dei consumatori.

      In questo contesto, occorre pensare a diverse e articolate misure di tutela dei consumatori, di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, legando tutti questi interventi ad una duplice e unitaria finalità.

      Da una parte, combattere le pratiche anticoncorrenziali diffuse nell'economia e nella società italiane, che sono determinate dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, ed eliminare gli oneri amministrativi non giustificati dalla tutela di alcun interesse pubblico primario, di cui sono emblematici gli attuali obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze fra esercizi, volti in realtà a chiudere il mercato ai nuovi operatori.

      Dall'altra, arricchire di nuovi operatori l'economia italiana, accelerare la nascita e lo svolgimento di nuove attività e favorire la realizzazione di insediamenti che concretino nuove occasioni di lavoro nel pieno rispetto dell'ambiente, rafforzando, ove necessario, la tutela degli utenti di beni e di servizi di grande rilevanza collettiva.

      Per perseguire questi ambiziosi obiettivi di ordine economico e sociale, il presente disegno di legge si ispira all'idea di una democrazia efficiente, che collega la trasparenza e la partecipazione alla certezza delle decisioni, abbandonando la logica statalistica e burocratica dell'imposizione per una logica della responsabilità tanto per gli operatori economici quanto per i pubblici poteri, che sono chiamati a ridurre all'essenziale l'attività di intermediazione amministrativa e a concentrare la loro attività nelle funzioni strategiche di programmazione e di costante e severo controllo della veridicità delle attestazioni fornite dagli operatori di mercato.

      In conclusione, si rende necessaria una nuova iniziativa legislativa del Governo, volta a favorire nuovi e più alti livelli di tutela dei consumatori, anche mediante l'apertura del mercato con l'eliminazione delle più gravi restrizioni alla concorrenza e la riduzione degli adempimenti amministrativi e delle intermediazioni burocratiche, che appesantiscono senza giustificazione le attività economiche e d'impresa, consentendo lo sprigionarsi di nuove energie imprenditoriali.

       Si illustrano, di seguito, brevemente, i singoli articoli.

      Il titolo I reca norme volte a rendere più libero l'esercizio di imprese e professioni.

      L'articolo 1 interviene per eliminare limitazioni allo svolgimento di attività commerciali tra loro complementari in forma integrata, tra cui quella della distribuzione di carburanti.

      L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha più volte richiamato l'attenzione (da ultimo con la decisione 4 novembre 2004 - segnalazione AS 283) sulla necessità di riformare il settore in senso favorevole alla concorrenza, modificando la disciplina vigente (in particolare il decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32).

      Distorsioni alla concorrenza, con effetti di sovrapprezzo per i consumatori, derivano, peraltro, anche da alcune normative regionali, che hanno ulteriormente irrigidito le prescrizioni fissate dalla normativa nazionale (con riferimento anche al Piano nazionale per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, approvato con decreto del Ministro delle attività produttive 31 ottobre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2001) e hanno comportato disomogeneità nelle condizioni richieste agli operatori sul territorio nazionale. L'intervento qui proposto, per il quale la competenza legislativa statale è garantita dai princìpi comunitari in materia di libertà economica e da quelli costituzionali di tutela della concorrenza e dei consumatori, è finalizzato a escludere che l'apertura di nuovi impianti sia subordinata a parametri numerici o di distanza minima. L'imposizione di tali vincoli, infatti, si traduce nella predeterminazione di un numero massimo di operatori e ostacola di fatto l'apertura di nuovi punti di vendita caratterizzati da strutture moderne e automatizzate. Il comma 1 vieta qualunque limitazione riguardo all'abbinamento della vendita di prodotti o servizi complementari e accessori rispetto a quelli principali. L'Autorità garante ha evidenziato come una simile imposizione comporti in termini economici solo un aumento dei costi, non corrispondendo ad una specifica e rigida domanda dei consumatori. Il comma 2 elimina le distanze minime e i parametri numerici prestabiliti per l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione di carburanti. Il comma 3 dispone le conseguenti abrogazioni. Il comma 4 garantisce, comunque, la competenza delle regioni e degli enti locali a disciplinare nel dettaglio le attività di distribuzione di carburanti, nel rispetto dei princìpi di liberalizzazione e di tutela della concorrenza posti dalla nuova norma.

      L'articolo 2 riguarda le attività di intermediazione commerciale e di affari.

      L'attuale disciplina delle attività di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere e raccomandatario marittimo subordina, peraltro con varie disomogeneità tra le diverse categorie, l'esercizio dell'attività all'iscrizione in ruoli o in elenchi, per l'accesso ai quali sono stabiliti requisiti vari, o ad autorizzazioni di pubblica sicurezza oramai prive di una vera ragione. La normativa comunitaria (si veda in particolare la direttiva 86/653/CE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, in materia di agenti commerciali) esclude per l'esercizio di tali professioni la necessità di iscrizione in ruoli. Con la sentenza del 6 marzo 2003 la Corte di giustizia delle comunità europee ha affermato che l'iscrizione dell'agente commerciale nel ruolo non può essere ritenuta condizione di validità dei contratti di agenzia conclusi dall'agente con il suo proponente. Pur non essendo preclusa l'esistenza di norme nazionali che per l'iscrizione dell'agente commerciale nel registro delle imprese richiedano la preventiva iscrizione nell'apposito ruolo, ne deriva che chi non è iscritto nel ruolo suddetto può qualificarsi agente, può stipulare un valido contratto di agenzia, ma non può iscriversi come tale nel registro delle imprese. Anche l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato la necessità di rimuovere le ingiustificate restrizioni all'esercizio delle attività professionali in esame (si confronti, in particolare, la segnalazione AS 219 del 18 ottobre 2001, in materia di agenti e rappresentanti del commercio). Per rispondere a tali necessità di liberalizzazione e di promozione della concorrenza, il presente articolo, da un lato, unifica i profili professionali di agente di affari in mediazione, agente immobiliare, agente d'affari, agente e rappresentante di commercio, mediatore marittimo, spedizioniere e raccomandatario marittimo nella nuova categoria degli intermediari commerciali e di affari; dall'altro, richiede per l'esercizio della relativa attività unicamente una dichiarazione di inizio di attività (da presentare alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio e, per conoscenza, alla questura), corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente, alla quale consegue, verificato il possesso dei requisiti, l'iscrizione nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), tenuto presso le camere di commercio, e la contestuale attribuzione della qualifica.

      L'articolo 3 attiene alla materia relativa alla componentistica dei veicoli a motore.

      La normativa attualmente in vigore in materia di veicoli - sia per quanto riguarda l'omologazione del primo equipaggiamento che per quanto concerne le successive modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali - è disciplinata dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante il codice della strada, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. Con la presente disposizione si intende incidere esclusivamente sulle modifiche al veicolo successive all'omologazione del primo equipaggiamento (dettagliatamente disciplinata da regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive dell'Unione europea) e che riguardano non i singoli pezzi di ricambio - il cui regime è già ampiamente liberalizzato (per l'equivalenza delle caratteristiche tecniche del ricambio al pezzo originario in dotazione) - ma singoli componenti o sistemi di componenti finalizzati ad aumentare le prestazioni, la comodità e la sicurezza del veicolo e che non sono stati previsti dalla casa costruttrice in sede di omologazione del veicolo e, quindi, non sono originariamente in dotazione. Questi componenti e sistemi soddisfano la scelta del consumatore di personalizzare il proprio mezzo; il settore cosiddetto dell'«after market» si è fortemente sviluppato negli ultimi venti anni e si contraddistingue per l'elevata innovazione tecnologica e per l'evoluzione costante dei componenti originali del veicolo. Nato inizialmente in ambiti molto specifici e settoriali, come quello delle competizioni sportive, si è poi esteso all'intero settore dell'automotive. Il settore merceologico è considerevole e riguarda sia i componenti e gli accessori interni, sia quelli esterni. L'Italia si distingue in questo mercato, in continua crescita nei Paesi europei e nel mondo, grazie ad una ricerca di prodotto, una qualità e un design propri del made in Italy. Non è un caso, infatti, che siano italiane le aziende più rappresentative del settore, con una realtà variegata composta sia da piccole e medie imprese che da più consistenti gruppi imprenditoriali. La finalità dell'intervento normativo proposto è dunque duplice:

 

          a) garantire l'apertura e la liberalizzazione di un mercato a favore di un intero settore produttivo del Paese che, a differenza dei produttori dei singoli pezzi di ricambio, è ancora irrigidito da una regolamentazione obsoleta e onerosa che ne impedisce la crescita e lo sviluppo in Italia;

 

          b) assicurare una significativa semplificazione amministrativa a favore del cittadino-consumatore proprietario del veicolo, che intenda apportarvi modifiche al fine di personalizzarlo.

 

      Sono due le tipologie di modifica delle caratteristiche costruttive del veicolo che possono essere previste: la sostituzione del singolo componente o di un intero sistema di componenti (singole parti che interagiscono per garantire il funzionamento di un determinato meccanismo). Alla prima categoria, appartiene la maggior parte degli accessori e della componentistica (il cosiddetto «tuning»), mentre alla seconda appartengono quelle modifiche di sistema (più componenti) che rappresentano, al contrario, un settore di nicchia con volumi decisamente minori (anche in considerazione dell'alto costo dei prodotti esistenti). In Italia, come è noto, la materia risulta disciplinata in modo fortemente restrittivo e penalizzante; l'articolo 78 del citato decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, infatti, prevede - qualora si apportino modifiche alle caratteristiche costruttive o funzionali o ai dispositivi di equipaggiamento o al telaio - una visita e una prova presso gli uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, previo rilascio da parte della casa costruttrice di un nulla osta che può essere comunque negato anche per motivi diversi da quelli tecnici e che impedisce di fatto, il più delle volte, di eseguire le modifiche. L'attuale formulazione dell'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dell'articolo 236 del relativo regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, è in netto contrasto con il principio di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e con quello di libera circolazione delle merci e dei servizi, che consentono di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta dei prodotti offerti sul mercato. Quanto sopra è reso evidente dalla circostanza che mentre il nostro Paese non può rifiutare l'immatricolazione di un veicolo omologato in un altro Paese membro dell'Unione europea, un componente - pur se omologato in un altro Paese membro dell'Unione europea, o, quanto meno, perfettamente rispondente nelle sue caratteristiche tecniche agli standard contenuti nelle direttive comunitarie e dotato di una certificazione tecnica che ne attesta il positivo inserimento per singolo modello di veicolo - non può essere montato senza una visita e una prova e senza il nulla osta della casa costruttrice del veicolo. È fin troppo evidente che il previsto nulla osta non tutela l'aspetto tecnico - e cioè la sicurezza attiva e passiva del veicolo -, che è garantito dalla certificazione di cui il componente è dotato, ma l'interesse commerciale della casa costruttrice del veicolo, in stridente contrasto con i citati princìpi comunitari.

      A garanzia della sicurezza degli utenti, si prevede infine che le disposizioni in esame trovino applicazione dalla data di entrata in vigore del decreto con cui il Ministro dei trasporti dovrà, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, individuare i casi in cui resta necessaria una specifica verifica da parte degli uffici della citata Direzione generale per la Motorizzazione.

      L'articolo 4 prevede una misura di apertura nel mercato della distribuzione del GPL, assicurando all'utente la facoltà di acquistare il gas liberamente sul mercato, senza essere legato per il suo rifornimento all'impresa che oggi dà in comodato il serbatoio imponendo il rifornimento solo presso di essa e che, con la norma in esame, dovrà invece dare in locazione il medesimo serbatoio, lasciando al consumatore la libertà di scelta del fornitore.

      Il contratto di locazione del serbatoio ha una durata di cinque anni, rinnovabile per altri cinque salva formale disdetta da parte del locatario; al suo termine il consumatore può chiedere, senza sopportare spese, la rimozione del serbatoio.

      Le clausole difformi sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in corso entro sei mesi. È infine previsto che anche le regioni e i comuni adeguino le proprie norme entro sei mesi.

      L'articolo 5 intende promuovere l'effettiva liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti situati nel territorio nazionale. All'esito del monitoraggio, il Ministero dei trasporti, qualora risulti insufficiente il grado di concorrenza nel mercato, indicherà le misure e i correttivi concreti che possono realizzare una effettiva liberalizzazione nel settore. Si stabilisce poi che il Ministero adotterà i provvedimenti ordinatori volti a garantire una effettiva concorrenza nel mercato dei servizi di handling aeroportuale.

      L'articolo 6 prevede talune misure in materia di trasporto ferroviario favorendo la prosecuzione del processo di apertura del mercato già avviato nel settore dei trasporti di persone e di merci per ferrovia, come appare evidente già dal comma 1, laddove vengono sanciti i seguenti princìpi ispiratori: a) separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; b) efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; c) professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio; d) stretta ed espressa connessione, attraverso la garanzia di una specifica destinazione, tra proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria e manutenzione del materiale rotabile.

      Si affida poi al Ministero dei trasporti - nelle more della costituzione dell'Autorità per i servizi e le infrastrutture di trasporto - il compito di avviare in tempi brevissimi un'indagine conoscitiva volta all'accertamento della situazione attuale in merito all'attuazione dei princìpi dettati al comma 1, in particolare individuando gli eventuali ostacoli normativi o derivanti dall'attuale assetto societario della «filiera» ferroviaria o, ancora, dal comportamento dei soggetti operanti nel settore, che si frappongono al dispiegamento della concorrenza nell'ambito del trasporto passeggeri di media e di lunga percorrenza, nonché al corretto ed efficace espletamento delle gare nel settore del trasporto dei passeggeri in ambito regionale. In considerazione dell'esito di tale indagine, sarà possibile individuare i provvedimenti eventualmente utili a favorire l'ulteriore liberalizzazione del settore e ordinare al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte dei soggetti in possesso dei prerequisiti appropriati, la cui specificazione è demandata dal successivo comma 3 al Ministro dei trasporti.

      L'articolo 7 promuove lo sviluppo di nuovi servizi di trasporto pubblico individuale e collettivo all'interno delle città e soprattutto delle grandi aree urbane, anche al fine di accrescere l'attrattività di mezzi di trasporto alternativi all'auto privata. Lo sviluppo di tali servizi è ostacolato dall'attuale rigida regolamentazione dell'accesso al mercato. L'introduzione di sistemi e di tecnologie innovativi nel settore del trasporto pubblico locale - che non prevedono interventi infrastrutturali ma sono volti al miglioramento del servizio ampliando il ventaglio di offerte a disposizione dei cittadini - si sostanzia nei servizi di uso multiplo, di condivisione dei veicoli, di trasporto ecologico e di trasporto per categorie disagiate.

      La norma rimuove gli ostacoli alla crescita di questi servizi, prevedendo la completa liberalizzazione dell'offerta, stabilendo - da una parte - il principio che il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione del servizio non sia soggetto a limitazioni numeriche e prevedendo - dall'altra - che i comuni incoraggino la crescita e la diffusione del servizio attraverso forme di incentivazione.

      La tutela dei diritti del cittadino è poi ulteriormente rafforzata attraverso l'adozione di una carta dei servizi di trasporto innovativo, mentre è prevista un'incentivazione dei comuni che adotteranno le misure previste dall'articolo 7, sotto forma di accesso preferenziale ai finanziamenti per l'acquisto di materiale rotabile, previsti dalla legge finanziaria per il 2007.

      L'articolo 8 prevede il riordino degli incentivi non fiscali in favore delle imprese di distribuzione operanti nel settore del gas naturale.

      Con la disposizione normativa si stabilisce di riordinare il sistema di incentivi attualmente operante per le imprese del settore del gas naturale, mediante regolamento di delegificazione da adottare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con l'intento di favorire la crescita dimensionale degli operatori e la loro aggregazione. La norma non implica maggiori oneri o minori entrate per il bilancio dello Stato.

      Il titolo II, al capo I (articoli 9-18) disciplina la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, individuando nello sportello comunale per le attività produttive la struttura amministrativa unica di riferimento.

      Le disposizioni in esame attengono ai livelli essenziali delle prestazioni e alla tutela della concorrenza di cui, rispettivamente, all'articolo 117, secondo comma, lettera m) e lettera e), della Costituzione e si applicano, quindi, a tutte le amministrazioni pubbliche, ferma restando la previsione di un congruo termine e di un'articolata disciplina transitoria per l'entrata a regime delle nuove norme, rinviando ad accordi e intese in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata l'adozione di misure idonee a garantire la piena operatività del nuovo regime e l'eventuale esercizio di poteri sostitutivi delle regioni e dello Stato. Il nuovo strumento operativo mira ad integrare i due momenti, spesso considerati antitetici, del marketing territoriale, dell'informazione agli imprenditori e dell'assistenza allo start-up di impresa, da un lato, e della tutela sanitaria, ambientale e paesistico-territoriale dall'altro, affidando al comune, quale ente esponenziale della comunità locale radicata nel territorio secondo il principio di sussidiarietà sancito dal nuovo articolo 117 della Costituzione, la gestione dei diversi interessi, legando la possibilità di stimolare e di valorizzare uno sviluppo economico del territorio caratterizzato dalla massima innovatività e dinamicità all'introduzione di una nuova procedura che consenta la massima libertà e rapidità di azione dell'imprenditore, compatibilmente con il rispetto dei diritti della persona e dell'interesse pubblico generale, nella realizzazione e nella modifica degli insediamenti produttivi necessari alle strategie di impresa, come volano di sviluppo economico e occupazionale del territorio. Del resto, non sembrano esservi alternative nell'attuale contesto, caratterizzato dalla progressiva integrazione europea ma anche dalla globalizzazione dell'economia, in cui i territori non solo devono entrare nella competizione globale per poter attrarre risorse e investimenti, ma devono anche conquistare sul campo la possibilità di conformare le attività economiche nel rispetto della salute e della sicurezza delle popolazioni residenti e in conformità alle vocazioni e alle caratteristiche locali, per garantire uno sviluppo duraturo ed equilibrato. In tale quadro, la competizione tra territori diviene inevitabilmente competizione tra amministrazioni che operano su territori diversi, in termini di efficienza ma anche e soprattutto di idoneità ed efficacia delle azioni che, per quanto concerne gli insediamenti produttivi, devono garantire la massima libertà di iniziativa economica nei limiti strettamente richiesti dalla garanzia del rispetto della salute, della sicurezza e dell'ambiente.

      Il programma del Governo ha attribuito la massima importanza alla riduzione e alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese, e fin dal suo insediamento il nuovo esecutivo ha avviato molteplici iniziative e tavoli di discussione sul tema. In particolare, il Ministro dello sviluppo economico ha istituito, presso il Gabinetto del proprio Ministero, una Commissione di studio, con la partecipazione (a titolo del tutto gratuito, giova ricordare) di rappresentanti delle amministrazioni e degli enti interessati ad ogni livello, di centri di studi e di formazione e del mondo accademico. Durante la scorsa estate, la Commissione ha coinvolto tutte le principali associazioni imprenditoriali, le cui proposte e osservazioni sono state attentamente vagliate dagli uffici legislativi dei Ministeri dello sviluppo economico e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, ai fini della redazione della proposta del Governo che, così come suggerito dalle stesse associazioni, è stata articolata in due distinti momenti.

      Da un lato, con decreto-legge è stata avviata ad immediata soluzione l'esigenza di consentire la nascita e l'avvio di attività delle nuove imprese nello stesso giorno della presentazione, da parte dell'imprenditore, di un'unica dichiarazione che viene, poi, trasmessa alle diverse amministrazioni statali competenti per i controlli. D'altro lato, con il presente disegno di legge si è affrontata la più complessa problematica, relativa alla necessità di ridurre e di semplificare gli adempimenti amministrativi connessi alla localizzazione, alla realizzazione e alla messa in esercizio dei nuovi impianti produttivi, salvaguardando al contempo le esigenze di tutela della salute, della sicurezza, dell'ambiente e dei beni culturali e ambientali.

      Quest'ultimo profilo è stato, parallelamente, approfondito in sede parlamentare. In particolare, è già da tempo all'esame delle competenti Commissioni parlamentari la proposta di legge atto Camera n. 1428 (primo firmatario l'onorevole Capezzone, appartenente alla maggioranza di Governo), che segna un'importante messa a punto delle problematiche concernenti gli adempimenti amministrativi delle imprese e delinea una credibile prospettiva di riforma, prevedendo una drastica riduzione dei termini procedimentali e delegando il Governo a modificare di conseguenza le norme vigenti sullo sportello unico per le attività produttive.

      Il Governo, preso atto della rilevanza della questione e dell'esistenza di un progetto di riforma già all'esame del Parlamento, si è orientato favorevolmente in ordine all'esame in sede legislativa, ai fini di una rapida conclusione dell'iter parlamentare della suddetta proposta di legge.

      Condividendo le finalità della citata proposta di legge, il Governo ha inteso altresì anticipare la sua operatività, attuando le previste misure di semplificazione. Peraltro, avendo il nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione attribuito buona parte delle materie di interesse alla competenza concorrente delle regioni, l'intervento semplificatore deve necessariamente avvenire in via legislativa e non in via regolamentare, al fine di introdurre princìpi capaci di semplificare gli adempimenti imposti alle imprese a livello statale, regionale e comunale.

      Il Governo confida, pertanto, che la presente iniziativa potrà essere abbinata, per la parte ora in esame, alla citata proposta di legge atto Camera n. 1428, ai fini della redazione, da parte della X Commissione in sede legislativa, di un testo unificato che consenta di giungere in tempi rapidi ad una tempestiva semplificazione degli adempimenti per la realizzazione di nuovi impianti produttivi.

      L'articolo 9 prosegue e rinnova, dopo gli ultimi anni di immobilità normativa, le linee di riforma avviate, dieci anni fa, dal precedente Governo Prodi con la legge delega n. 59 del 1997, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, che trasferì competenze e risorse alle regioni e agli enti locali, e con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 447 del 1998, che disciplinò lo sportello unico comunale per le attività produttive e che si propone ora di abrogare per dare spazio alla nuova disciplina. La vigente disciplina dello sportello unico per le attività produttive ha infatti evidenziato nel tempo una profonda innovatività, collocandosi a cavallo fra l'istanza di valorizzazione delle competenze degli enti locali e l'esigenza di semplificazione dei procedimenti amministrativi statali, cercando di avviare a soluzione lo storico dilemma fra sviluppo economico e tutela del territorio, secondo una linea strategicamente connessa allo sviluppo locale e divenendo una sorta di laboratorio per l'applicazione e la sperimentazione delle novità organizzative e procedimentali della fine degli anni novanta. La novità del descritto approccio, unitamente alla mancata o ritardata semplificazione delle normative e alle ristrettezze organizzative e finanziarie, ha reso assai difficoltoso l'operare dei comuni, ma anche degli altri soggetti istituzionali partecipanti alle istruttorie, talvolta restii ad abdicare al loro precedente ruolo, e persino degli stessi professionisti, collaboratori degli imprenditori, chiamati ad una inedita sfida che valorizzava iniziativa e competitività e che reclamava, peraltro, una forte assunzione di responsabilità al di fuori dello schermo finora troppo spesso offerto dalle lentezze e farraginosità amministrative. Oggi la rinnovata attenzione del Governo verso l'esigenza di una profonda innovazione del sistema produttivo non può certamente limitarsi a snellimenti procedurali e a riduzioni dei termini procedimentali, più o meno accentuati e più o meno credibili nel panorama italiano, né ad operazioni di deregulation deleterie per la tutela dei diritti della persona e dell'ambiente, ma deve, viceversa, misurarsi con una più difficoltosa, ma ben più efficace attività di individuazione e abbattimento di tutti gli adempimenti amministrativi non giustificati da interessi pubblici primari, valorizzando le reciproche responsabilità dell'imprenditore e dell'amministrazione.

      L'articolo 10, in particolare, dispone che l'immediato avvio della realizzazione o della modifica di impianti produttivi è consentito dalla presentazione di una «dichiarazione unica» dell'imprenditore, attestante la sussistenza dei requisiti di legge, corredata degli elaborati progettuali e di una dichiarazione di conformità del progetto, resa dal progettista (per i profili edilizi e urbanistici, igienico-sanitari e di sicurezza), ovvero da un ente tecnico indipendente dall'imprenditore, per gli altri profili autocertificabili.

      I casi o i profili in cui non è ammessa la dichiarazione unica sono tassativamente elencati all'articolo 11.

      L'articolo 12, integrando le disposizioni dell'articolo 14 della legge n. 241 del 1990, introduce la previsione che lo sportello unico comunale, ove necessitino una o più autorizzazioni, debba convocare una conferenza di servizi on line, che, proprio grazie alle modalità telematiche di svolgimento, può concludere i suoi lavori entro un mese, decorso il quale intervengono le misure sostitutive previste dall'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990. Alla scadenza dei termini previsti da tale disposizione, i progetti asseverati da enti tecnici indipendenti possono, di regola, essere realizzati. Infine, è fatta salva la procedura di valutazione di impatto ambientale. Il nuovo procedimento si caratterizza per l'ampio utilizzo di modalità informatiche e telematiche, per la sua completa pubblicità e per la possibilità di intervento di tutti i soggetti, anche portatori di interessi diffusi o collettivi (articolo 9). Viene altresì confermata per la conferenza di servizi convocata dallo sportello unico la possibilità, oggi prevista, di proporre la variante urbanistica necessaria alla realizzazione dell'impianto snellendo il relativo iter (articolo 9, comma 8).

      L'articolo 13 disciplina la comunicazione di fine lavori e il collaudo (ove necessario) che, resi a cura dell'imprenditore, consentono l'immediata messa in funzione dell'impianto, fermi restando i poteri di controllo delle competenti amministrazioni.

      L'articolo 14 regola l'esercizio dei poteri di controllo e di vigilanza delle amministrazioni competenti nell'ambito del procedimento, prevedendo che le eventuali misure immediatamente interdittive debbano essere riesaminate in sede di conferenza di servizi, su richiesta dell'interessato, ai fini della loro conferma e della individuazione dei tempi e delle modalità dell'adeguamento dell'impianto, fatta salva la riduzione in pristino (oltre alle altre conseguenze penali e disciplinari) in caso di accertata falsità delle autocertificazioni.

      Di notevole rilievo è l'articolo 15, che disciplina i controlli sulle attività produttive (anch'essi resi pubblici via internet unitamente ai risultati) secondo modalità e tempi compatibili con lo svolgimento delle attività imprenditoriali, anche garantendone la contestualità e l'unitarietà ove siano competenti più uffici. A tal fine, si prevedono intese tra i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari nonché i sindaci, mentre la Conferenza unificata potrà individuare le modalità essenziali, la cui violazione determinerà il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario.

      L'articolo 16 delega il Governo a disciplinare i requisiti tecnici e di affidabilità e indipendenza necessari per l'accreditamento degli enti privati ai quali l'imprenditore può rivolgersi per far asseverare il proprio progetto, adottando le disposizioni conseguentemente necessarie in materia di norme tecniche ed enti tecnici.

      L'articolo 17 delega, infine, il Governo al riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, che dovranno essere specificamente riordinati e coordinati, con l'abrogazione di ogni altra disposizione vigente. Il medesimo articolo prevede che le regioni e gli enti locali si adeguino, quanto alla disciplina e ai procedimenti di propria competenza, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo.

      L'articolo 18 disciplina le abrogazioni e le misure transitorie e di attuazione.

      Il capo II (articoli 19-27) reca alcune misure di immediata semplificazione per l'attività delle imprese.

      L'articolo 19 tende a semplificare l'attività di verifica degli impianti a pressione, di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, nonché delle gru e degli apparecchi di sollevamento di portata superiore a 200 chilogrammi, di cui all'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, valorizzando la responsabilità del proprietario o del gestore e del tecnico da essi scelto e liberando energie pubbliche per successivi controlli sul territorio.

      In particolare, si tende a far emergere nei rapporti che intercorrono tra i diversi operatori, nel rispetto delle singole competenze, gradi di professionalità e di responsabilità al fine di garantire trasparenza e sicurezza nella realizzazione e nel funzionamento degli impianti, mediante il ricorso all'autocertificazione dell'interessato, asseverata da un professionista indipendente, fatto salvo il successivo controllo pubblico.

      L'articolo 20 delega il Governo ad introdurre procedure semplificate per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, assicurando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e un conseguente abbattimento dei costi per le imprese.

      L'articolo 21 delega il Governo ad adottare provvedimenti diretti a garantire, nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, il raggiungimento del duplice obiettivo di incentivare le società italiane ad intervenire nell'assetto proprietario di investitori indipendenti qualificati e di favorire l'accesso di nuovi titoli alle negoziazioni nei mercati borsistici. A tal fine, con il primo principio e criterio direttivo di delega, viene prevista una misura agevolativa, nei confronti sia delle società non quotate che di quelle quotate, consistente nella riduzione dell'aliquota dell'imposta sul reddito delle società (IRES) applicabile alla parte di imponibile corrispondente al capitale di nuova formazione sottoscritto da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, ovvero da società da essi appositamente create. Si deve sottolineare che, affinché operi il meccanismo agevolativo, gli organismi d'investimento devono rispondere a determinati requisiti di composizione del proprio attivo e che, inoltre, è in facoltà del legislatore delegato porre anche un limite, sia in termini percentuali che in termini assoluti, all'ammontare massimo di capitale sottoscritto. L'applicazione della misura, inoltre, non spetta solo in caso di sottoscrizione diretta del capitale di nuova emissione, ma anche in caso di acquisizione in occasione del collocamento dello stesso per la quotazione in mercati regolamentati, ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE). In alternativa alla riduzione di aliquota, è data facoltà al legislatore delegato di attuare le finalità della delega prevedendo un diverso meccanismo agevolativo, operante del pari in favore della società partecipata, ma consistente nella deduzione dall'imponibile, nell'anno della delibera, di una quota dei dividendi formati con utili prodotti dalla società a partire dall'esercizio d'ingresso dell'organismo d'investimento nel capitale di rischio. Quale che sia il meccanismo applicativo che il legislatore delegato intenderà adottare, è peraltro stabilito che il risparmio d'imposta derivante per la società non potrà comunque eccedere, in ciascun periodo d'imposta, un determinato limite massimo; ciò servirà evidentemente ad evitare che nei confronti delle società di grandi dimensioni l'agevolazione possa raggiungere un ammontare sproporzionato. Al fine di contrastare possibili manovre elusive, inoltre, è espressamente previsto che il beneficio è destinato a cessare qualora la quota di capitale originariamente sottoscritta o acquisita dal l'organismo sia successivamente ceduta a un soggetto diverso da un altro organismo simile. Il secondo obiettivo della delega, come si è detto, è quello di favorire l'accesso di nuovi titoli al mercato borsistico. A tal fine viene introdotta una disciplina agevolativa permanente per la deduzione dal reddito d'impresa, ferma restando la deduzione già applicabile in base alle ordinarie regole, delle spese sostenute per l'ammissione alle negoziazioni in mercati regolamentati, ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo. Importa notare che anche in questo caso sono previste la fissazione di un limite massimo alla deduzione da parte del legislatore delegato e, inoltre, la facoltà di ripartire la deduzione nell'arco di più esercizi fino a un massimo di tre. Anche questa misura, al pari della prima, ha carattere permanente, ritenendosi che la crescita del numero delle società quotate sia un obiettivo strategico da perseguire in funzione dello sviluppo e della ripresa economica.

      L'articolo 22 disciplina misure di semplificazione in materia di cooperazione prevedendo un'integrazione all'articolo 2545-octies del codice civile, mediante la quale è sospeso, per il biennio successivo alla perdita del requisito della mututalità prevalente da parte della cooperativa, l'obbligo di redigere apposito bilancio per determinare il valore dall'attivo da imputare alle riserve indivisibili.

      L'articolo 23 è volto a sanare una disparità di trattamento che vede tra i primi effetti, per le imprese di spettacolo, quello di non poter usufruire di agevolazioni al pari delle imprese operanti in altri settori economici. Invero, l'estensione dell'applicabilità della nozione comunitaria di piccola e media impresa alle imprese di spettacolo consente alle stesse di poter risultare destinatarie di contributi e finanziamenti agevolati. Appare importante sostenere e valorizzare politiche sociali volte a rispondere ai bisogni di crescita culturale, promovendo lo sviluppo delle attività in materia di spettacolo per l'alto valore di formazione e di aggregazione sociale che le diverse espressioni artistiche perseguono.

      L'articolo 24 prescrive che il Governo, le regioni e gli enti locali, attraverso le modalità di cooperazione amministrativa previste nel decreto legislativo n. 281 del 1997, raggiungano intese o accordi che prevedano la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio anche in via informatica, al fine di garantire una maggiore celerità e diffusione della pubblicità degli atti stessi e la trasparenza della comunicazione amministrativa.

      L'articolo 25 prevede l'abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese. La norma è finalizzata a diminuire in maniera consistente gli obblighi di certificazione a carico degli imprenditori per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica. Il meccanismo delineato è quello di un'autocertificazione con contestuale autorizzazione per le pubbliche amministrazioni a reperire direttamente presso le proprie banche dati le necessarie informazioni. Si passa così per le imprese dal modello dell'autocertificazione, introdotto con le cosiddette «riforme Bassanini» della XIII legislatura, che a loro volta avevano sensibilmente semplificato rispetto alla situazione precedente, a un nuovo approccio secondo il quale la pubblica amministrazione utilizza direttamente i dati e le informazioni già in proprio possesso, senza gravare ulteriormente l'operatore economico.

      L'articolo 26 reca alcune misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di atti telematici. In particolare, il comma 1 concerne la pubblicità della nomina di procuratori, semplificando l'attuale disciplina, ai sensi della quale in tutti i casi di nomina di un procuratore è comunque necessaria la redazione di una procura notarile con firma autenticata del rappresentato, e consentendo di depositare direttamente il verbale della deliberazione di conferimento dei poteri, evitando ulteriori aggravi di procedura e consentendo un risparmio di costi per le imprese. I commi 2 e 3 semplificano le modalità di produzione di procure speciali per il compimento di determinati atti nei confronti della pubblica amministrazione. In attuazione dei princìpi di semplificazione per le imprese e con l'obiettivo di far conseguire risparmi di spesa alle stesse, viene consentito di redigere le procure speciali in carta semplice, senza necessità di autenticazione della firma. L'identità e la veridicità della procura sono garantite dall'allegazione della copia fotostatica di un documento del rappresentato, sottoscritta da quest'ultimo. Infine, il comma 4, concernente le procure per atti telematici nei confronti delle pubbliche amministrazioni, intende consentire il rilascio di un'apposita procura per tali atti, con modalità semplificate, assicurando comunque che l'esercizio della stessa avvenga nel pieno rispetto delle regole di sicurezza informatica richieste dalla normativa. La pubblicità del rilascio della procura è assicurata dalla pubblicazione del contenuto del certificato digitale rilasciato al procuratore nel registro delle imprese, garantendo altresì che venga data idonea pubblicità anche ai casi di revoca o di modifica dei poteri conferiti, secondo le previsioni di cui all'articolo 2207 del codice civile.

      L'articolo 27, in materia di tenuta dei libri obbligatori e di elenco dei soci, sostituisce il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile, conferendo efficacia costitutiva all'iscrizione del trasferimento di proprietà delle quote di società a responsabilità limitata (srl) nel registro delle imprese. La nuova disciplina prevede che tale iscrizione abbia efficacia dirimente rispetto a più acquisti successivi, stabilendo che prevale sugli altri acquirenti colui che per primo abbia iscritto l'atto presso il registro. Preso atto dell'obbligatorietà dell'iscrizione nel registro delle imprese dell'atto di trasferimento delle quote sociali, anche al fine di far valere il proprio diritto verso terzi, e considerato che il nuovo testo legislativo incentiva gli acquirenti a procedere a detta iscrizione, si intende semplificare maggiormente gli obblighi di tenuta dei libri sociali da parte delle srl, eliminando per tali tipologie di società il libro dei soci, la cui tenuta appare oramai superflua. La proprietà delle quote di capitale di una srl, infatti, è comunque quella risultante dal registro delle imprese, la cui consultazione assicura la piena conoscibilità di tali informazioni. In tal senso, anche la distinzione tra efficacia del trasferimento nei confronti della società ed efficacia del trasferimento nei confronti dei terzi appare superflua, dato che l'acquirente ha comunque interesse ad iscrivere quanto prima l'atto nel registro delle imprese, momento in cui il trasferimento potrebbe acquisire efficacia sia nei confronti della società sia nei confronti dei terzi. La soppressione del libro dei soci per le srl ha come conseguenza anche l'eliminazione dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei soci, di cui all'articolo 2478-bis, secondo comma, del codice civile. Le variazioni della compagine sociale, infatti, sono sempre e comunque rilevabili dal registro delle imprese e l'invio di detto elenco non può apportare elementi di novità rispetto a quanto già pubblicizzato nel registro stesso.

      Il titolo III riguarda la materia dell'istruzione tecnico-professionale, che viene riordinata e potenziata, finalizzandola all'immediato inserimento nel mondo produttivo.

      La riforma degli ordinamenti scolastici introdotta dalla legge n. 53 del 2003 ha determinato profondi mutamenti e innovazioni nell'ordinamento scolastico e in particolare, per quanto riguarda l'istruzione secondaria superiore, nel settore dell'istruzione tecnica e professionale. Il decreto legislativo n. 226 del 2005, emanato in attuazione della delega prevista dalla predetta legge n. 53 del 2003, nel disciplinare il sistema dei licei, ha infatti previsto l'istituzione dei licei economico e tecnologico e la soppressione degli istituti tecnici e professionali fino al completo esaurimento delle classi del precedente ordinamento ancora funzionanti. Nella scorsa legislatura si è provveduto, peraltro, a rinviare l'avvio della riforma del secondo ciclo, al fine di avere un arco temporale più congruo per iniziative legislative di revisione, consentendo ancora la possibilità di iscrizione ai predetti istituti. Si è creata, d'altronde, una notevole incertezza in ordine alla congruità della formazione assicurata dai futuri licei tecnologici ed economici rispetto a quella degli attuali istituti tecnici e professionali, ai fini della preparazione specifica dei giovani per l'accesso al mercato dell'occupazione. Non vanno inoltre sottovalutati i negativi riflessi che tale situazione determina anche per le aspettative e la funzionalità delle imprese, che vedono in tale modo diminuire le possibilità di reclutamento di giovani già formati per l'impiego lavorativo in quanto dotati delle necessarie competenze tecnico-professionali richieste dal mondo produttivo e dei servizi. In considerazione del ruolo strategico di tale settore di istruzione si potrebbe, quindi, determinare un effetto negativo sulla stessa competitività delle imprese, sulla valutazione della convenienza ad investire in Italia e sulla programmazione a breve e medio periodo dell'attività del mondo imprenditoriale, con particolare riferimento al settore delle piccole e medie imprese.

      L'articolo 28, comma 1, dispone pertanto che gli istituti tecnici e professionali, previsti dall'articolo 191 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, siano riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali, appartenenti al sistema dell'istruzione secondaria superiore e finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. Questi istituti sono strutturati organicamente sul territorio attraverso collegamenti stabili con il mondo del lavoro - ivi compresi il volontariato e il privato sociale - con la formazione professionale e con l'università e la ricerca. Il comma 2, nel demandare al potere regolamentare, nella specie a regolamenti ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, il riassetto degli istituti tecnici e professionali di cui al comma 1, detta una serie di princìpi ai quali i regolamenti attuativi devono attenersi:

 

          a) la riduzione del numero degli attuali indirizzi di studio e il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo;

 

          b) la scansione temporale dei percorsi e i relativi risultati di apprendimento;

 

          c) la previsione di un monte ore di lezioni sostenibile per gli allievi e il conseguente riassetto delle discipline di insegnamento con un più ampio spazio per le esperienze di laboratorio, di stage e di tirocini;

 

          d) l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

 

      Al riguardo va precisato che l'adozione di regolamenti ministeriali in materia di assetti ordinamentali dei corsi di istruzione era già prevista dall'articolo 205 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994. Il comma 3 prevede l'adozione di apposite linee guida, predisposte dal Ministro della pubblica istruzione e definite in sede di Conferenza unificata, per realizzare raccordi organici tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative previste dall'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, compresi in un apposito repertorio nazionale. Il comma 4 prevede in via generale la possibilità di provvedere, con appositi regolamenti ministeriali, adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, a disciplinare le materie di cui all'articolo 7, comma 1, della legge n. 53 del 2003 (nucleo essenziale dei piani di studio scolastici per la quota nazionale, determinazione delle modalità di valutazione dei crediti scolastici e definizione degli standard minimi formativi per i titoli professionali) e a rivedere i profili educativi di cui agli allegati A e B del decreto legislativo n. 226 del 2005. Con analoghi regolamenti si provvede anche per quanto riguarda gli adempimenti relativi agli istituti tecnico-professionali previsti dal presente articolo. La materia, pertanto, non è più oggetto di regolamenti governativi di delegificazione, così come previsto dalla legge n. 53 del 2003, bensì di regolamenti ministeriali.

      L'articolo 29 prevede, al comma 1, un'apposita delega per il riordino degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche; a tale fine si prevede che il Governo emani, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto dell'autonomia scolastica, per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche, al fine di garantire un maggiore raccordo tra le stesse e le istituzioni, gli enti, le imprese e le associazioni operanti nel territorio e di assicurare altresì una maggiore efficienza ed efficacia al funzionamento delle istituzioni scolastiche. Al comma 2 si dispone che i decreti legislativi in questione sono adottati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro il termine di sessanta giorni, scaduto il quale i decreti legislativi possono essere comunque adottati. Il comma 3 prevede che eventuali disposizioni integrative o correttive dei citati decreti legislativi possono essere adottate entro il termine di diciotto mesi dalla loro entrata in vigore, fermo restando il rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e delle stesse procedure. Il comma 4 elenca i seguenti princìpi e criteri direttivi, ai quali si devono conformare i decreti legislativi sopra citati:

 

          a) valorizzazione del collegamento delle scuole con le comunità locali e attuazione delle disposizioni in materia di autonomia scolastica;

 

          b) possibilità per le scuole di far partecipare agli organi collegiali e alla giunta esecutiva rappresentanti delle autonomie locali, delle università, delle associazioni, delle fondazioni e delle organizzazioni rappresentative del mondo economico, del terzo settore, del lavoro e delle realtà sociali e culturali presenti nel territorio;

 

          c) attribuzione alla giunta esecutiva di funzioni di supporto e collaborazione, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio di circolo o di istituto, in materia economico-finanziaria e di gestione amministrativo-contabile delle scuole e di gestione delle risorse derivanti da donazioni o da altri contributi;

 

          d) possibilità di istituire all'interno di ciascuna istituzione scolastica un comitato tecnico, deputato a coadiuvare e a controllare la corretta attuazione del piano dell'offerta formativa durante l'intero anno scolastico;

 

          e) previsione di appositi corsi di formazione per dirigenti scolastici e per direttori dei servizi generali e amministrativi, organizzati dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, finalizzati al più efficace esercizio delle rispettive funzioni, da finanziare con una quota parte delle risorse di bilancio previste per la formazione.

 

      L'articolo 30 prevede l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, di un apposito fondo, denominato «Fondo perequativo», destinato ad assicurare alle istituzioni scolastiche l'assegnazione perequativa prevista dall'articolo 21, comma 5, della legge n. 59 del 1997. I criteri per l'assegnazione delle risorse alle scuole sono definiti con decreto del Ministro, mentre la consistenza annuale del Fondo è fissata nella misura del 5 per cento della dotazione relativa al Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'articolo 1 della legge n. 440 del 1997.

      L'articolo 31 reca le disposizioni finali, le modificazioni e le abrogazioni delle norme vigenti, conseguenti all'entrata in vigore della legge. In particolare, il comma 1 proroga di ulteriori dodici mesi il termine di trentasei mesi, già previsto dal l'articolo 1, comma 5, della legge n. 228 del 2006, per l'adozione di disposizioni correttive o integrative del decreto legislativo n. 226 del 2005.

      Il comma 2 prevede invece che all'articolo 27, comma 4, del decreto legislativo n. 226 del 2005, come modificato dall'articolo 1, comma 8, della legge n. 228 del 2006, le parole: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2008-2009» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2009-2010». Al comma 3, poi, si elencano le disposizioni del decreto legislativo n. 226 del 2005 che sono soppresse ovvero modificate, in relazione ai riferimenti ivi contenuti ai licei tecnologici ed economici, compresi quelli degli allegati B e D-bis. Il comma 4 stabilisce espressamente che le abrogazioni contenute nell'articolo 31, comma 2, del decreto legislativo n. 226 del 2005 non abbiano efficacia relativamente alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, che fanno riferimento agli istituti tecnici e professionali. Il comma 5, infine, dispone che all'attuazione delle norme contenute nella presente legge si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

      Il titolo IV è dedicato al cittadino consumatore.

      L'articolo 32 riguarda la nullità della clausola di massimo scoperto. La commissione di massimo scoperto ha carattere di corrispettivo dell'obbligo della banca di tenere a disposizione del cliente una determinata somma per un tempo stabilito. Pertanto, essa va calcolata o sull'intera somma messa a disposizione dalla banca ovvero sulla somma rimasta disponibile in quel dato momento e non utilizzata dal cliente. La banca, infatti, nel momento in cui assume l'obbligo di tenere a disposizione del cliente una determinata somma di denaro, la destina a quell'utente per la durata dell'affidamento, a prescindere dalla sua effettiva utilizzazione, poiché deve tenerla a disposizione.

      Attualmente, la commissione di massimo scoperto non viene calcolata sulla somma affidata o rimasta disponibile, bensì, al contrario, sulla somma massima utilizzata nel periodo (solitamente il trimestre) e per tutti i giorni del periodo di riferimento. Al fine di favorire la posizione del cliente della banca, con la norma proposta - al comma 1 - si vuole eliminare la commissione di massimo scoperto e, infatti, si sanziona con la nullità l'inserimento di clausole contrattuali aventi questo oggetto. Inoltre, con il comma 2 si prevede che interessi, commissioni e provvigioni, derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione a favore della banca, rilevano ai fini dell'applicazione delle norme in materia di interessi usurari (articolo 1815 del codice civile; articolo 644 del codice penale; articoli 2 e 3 della legge n. 108 del 1996).

      L'articolo 33 delega il Governo a modernizzare l'attuale sistema dei pagamenti, caratterizzato da un uso eccessivo di strumenti «materiali», come denaro contante e assegni. La norma, pertanto, detta i princìpi cui il Governo dovrà attenersi per delineare un nuovo quadro normativo che conduca alla progressiva estensione di un sistema di pagamenti caratterizzato dall'utilizzo di strumenti elettronici. Le innovazioni consentiranno, con innegabile vantaggio per gli utenti e per gli operatori, l'abbattimento dei costi connessi alla gestione materiale del denaro. In tale ottica, il perseguimento dell'obiettivo posto dalla norma di delega consentirà, inoltre, di colmare la distanza che esiste attualmente tra l'Italia e gli altri Paesi europei, ove l'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento ha quasi del tutto sostituito l'uso del contante. La delega è ispirata, tra l'altro, ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) progressiva «dematerializzazione» dei pagamenti nei confronti della pubblica amministrazione, da attuare con la previsione dell'obbligo, per quest'ultima, di attrezzarsi per consentire pagamenti con modalità elettroniche nonché attraverso servizi telematici e telefonici;           b) introduzione graduale, sostenuta da opportuni incentivi anche di natura fiscale, del sistema di pagamento elettronico nei confronti dei soggetti incaricati di servizi pubblici, delle banche, delle assicurazioni e di altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

 

          c) previsione di un limite massimo, superato il quale gli emolumenti per prestazioni lavorative (stipendi, pensioni) e i compensi comunque corrisposti in via continuativa non possono essere erogati in contanti o con assegni;

 

          d) previsione di misure agevolative per ridurre i costi di gestione dei pagamenti effettuati con sistemi elettronici, anche mediante la previsione di incentivi fiscali nonché la revisione, per i conti caratterizzati da un ridotto rilievo finanziario e da un limitato impatto amministrativo, della disciplina concernente l'imposta di bollo gravante sui servizi bancari;

 

          e) superamento dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori conseguente all'utilizzo di sistemi di fatturazione elettronica che facilita il suddetto adempimento da parte dei titolari di partita IVA.

 

      L'articolo 34 prevede che non è più necessario rinnovare ogni anno la domanda per ottenere l'indennità mensile di frequenza a beneficio degli invalidi civili minori che frequentino scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado. Si prevede il solo obbligo, a carico del legale rappresentante del minore, di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) l'eventuale cessazione della frequenza.

      Il titolo V disciplina la semplificazione della circolazione giuridica dei veicoli.

      L'articolo 35 reca disposizioni in materia di regime delle targhe automobilistiche. La norma prevede che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, sia istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.

      Le disposizioni successive (articoli 36-41) mirano a dare compimento a un processo di riforma che si è articolato, nel corso della XIII legislatura, prima con il disegno di legge del Governo atto Camera n. 6956, presentato il 28 aprile 2000 ma non approvato dal Parlamento entro la conclusione della legislatura, e poi con l'adozione del regolamento ad efficacia delegificante 19 settembre 2000, n. 358, che, «in attesa della riforma del regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e loro rimorchi», istituì il cosiddetto «sportello unico dell'automobilista». Nella successiva legislatura il percorso riformatore si è interrotto. Oggi, pertanto, in Italia è ancora applicato ai veicoli stradali il regime giuridico del bene mobile registrato, che non trova riscontro in alcun Paese membro dell'Unione europea. Negli altri Paesi europei non esiste un pubblico registro automobilistico appositamente costituito per l'iscrizione di tali beni. Esistono, invece, archivi in cui sono registrati i dati tecnici e di proprietà, allo scopo di potere rapidamente individuare il responsabile della circolazione di ciascun veicolo, abbinando alla targa di immatricolazione il numero del telaio del veicolo e l'identità del relativo proprietario. Anche in Italia esiste, come negli altri Paesi europei, un archivio del tipo indicato: l'archivio nazionale dei veicoli, istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, che svolge le identiche funzioni, annotando per ciascun veicolo, identificato dalla targa fin dall'immatricolazione, tutti i trasferimenti di proprietà, la residenza dei proprietari, le revisioni effettuate, gli incidenti in cui è incorso, la data di cessazione della circolazione. È altresì indicata l'identità dell'eventuale usufruttuario, locatario o venditore con patto di riservato dominio, al precipuo fine di consentire, in ogni momento, l'identificazione del soggetto responsabile della circolazione del veicolo, tant'è vero che lo stesso archivio è in costante collegamento telematico con le Forze di polizia. Nel nostro Paese, peraltro, esiste anche il pubblico registro automobilistico, dove i veicoli, pur già registrati nell'archivio nazionale dei veicoli, devono essere nuovamente registrati a cura dei proprietari, in conformità alla disciplina civilistica dei beni mobili registrati, che prevede la trascrizione, fra gli altri, dei contratti di trasferimento della proprietà e costitutivi o modificativi di diritti reali immobiliari, ai fini dell'opponibilità nei confronti dei terzi, per dirimere i possibili conflitti fra gli interessati al medesimo bene, secondo una complessa disciplina giuridica. L'inclusione degli autoveicoli fra i beni mobili registrati (ai sensi dell'articolo 2683, numero 3), del codice civile), con il conseguente obbligo di iscrizione nel pubblico registro automobilistico previsto dal regio decreto n. 1814 del 1927, sembra peraltro poter essere rivisitata in considerazione dei notevoli mutamenti che hanno caratterizzato il ruolo e la diffusione degli autoveicoli, che si sono moltiplicati e che hanno visto vertiginosamente aumentare la velocità di circolazione giuridica (più di 6 milioni di immatricolazioni e di successivi trasferimenti di proprietà all'anno), amplificando enormemente i problemi di tutela della sicurezza della circolazione, anche sotto il profilo della identificabilità del responsabile della circolazione di ogni singolo veicolo. Parallelamente, è venuta scemando, nell'attuale società, la rilevanza dei medesimi veicoli sotto il profilo della garanzia dei crediti e l'istituto dell'iscrizione immobiliare è divenuto del tutto desueto. Il fatto è che, ormai, quasi più nessuno iscrive ipoteche sui veicoli e quasi tutti, invece, preferiscono più moderni ed efficienti sistemi di finanziamento all'acquisto. Il regime della trascrizione dei contratti e degli atti indicati nel pubblico registro automobilistico e dell'iscrizione dei veicoli in entrambi i registri ha evidenziato, nel corso degli anni, gravissimi problemi quanto alla inammissibile durata delle procedure, alla complessità e all'onerosità degli adempimenti per gli interessati e alla sostanziale inefficacia rispetto alla tutela degli interessi pubblici. In particolare, la scelta che si impone è quella dell'abolizione dell'obbligo di iscrizione e di trascrizione nel pubblico registro automobilistico, disposto dal codice civile, che si sovrappone all'altra secondo una complessa disciplina, non più attuale, afferendo a un regime di circolazione giuridica e di garanzia dei crediti non rispondente alle odierne esigenze del commercio giuridico, e neppure idoneo a garantire la perseguita tutela delle parti contraenti e dei terzi alla luce dei numerosissimi episodi di truffa in danno dei consumatori, connessi alla ripetuta vendita del veicolo prima della trascrizione, o di intestazione di decine di veicoli a cittadini ignari, talvolta ad opera della criminalità organizzata per dissimulare il proprio patrimonio, nonché alla luce degli altri innumerevoli ulteriori inconvenienti riscontrati, ad esempio, in caso di fallimento del concessionario dopo la vendita e il pagamento del prezzo, ma prima della relativa trascrizione. Tutti gli episodi descritti, in realtà, trovano una matrice comune nella stessa natura dell'istituto giuridico derivante dalla qualificazione di «bene mobile registrato» che si va ad eliminare, la quale impone, a fini di opponibilità ai terzi, la successiva trascrizione di un atto contrattuale già perfetto ed efficace fra le parti, oltretutto oggi sottoposto a verifica notarile, con i conseguenti relativi oneri finanziari, ma limitatamente all'accertamento dell'identità del solo venditore. Risultano, pertanto, ampiamente superati sia il regime giuridico di circolazione, già venuto meno, ad esempio, per le imbarcazioni di minore dimensione, sia il pubblico registro automobilistico, a cui va peraltro riconosciuto di avere svolto, a decorrere dagli anni venti dello scorso secolo, un ruolo fondamentale nel tentativo, poi ampiamente riuscito, di far diventare l'auto un bene di massa attraverso la rateizzazione del prezzo di acquisto con garanzia ipotecaria. La descritta anomalia dell'attuale assetto giuridico, organizzativo e procedimentale produce lungaggini burocratiche a costi elevati, colpisce le operazioni di compravendita dei veicoli, ostacola la naturale espansione del mercato dell'auto, crea difficoltà all'industria e agli operatori. Un ulteriore grave ostacolo alla circolazione giuridica degli autoveicoli è costituito dai pesanti oneri economici connessi, causati dall'apposizione delle marche da bollo sugli atti afferenti ad entrambi i registri e sulle relative domande e dalle tariffe amministrative applicate. Ciò appare particolarmente grave rispetto all'attuale esigenza di un rapido ricambio del parco auto circolante, al fine di limitare l'inquinamento ambientale e di garantire la sicurezza stradale, in conformità alle prescrizioni comunitarie. Solo attraverso una maggiore facilità e fluidità della compravendita dei vecchi veicoli già a norma sarà, infatti, possibile innescare un circuito economico in grado di favorire anche l'acquisto dei veicoli di nuova fabbricazione, con indubitabili vantaggi ambientali ed economico-occupazionali. Sotto entrambi i profili, risulta quindi necessario procedere lungo la linea di riforma già individuata dal Governo con il citato disegno di legge atto Camera n. 6956 della XIII legislatura, per completare e integrare il processo di semplificazione regolamentare, eliminando radicalmente il regime giuridico di bene mobile registrato relativamente agli autoveicoli, mediante l'abrogazione delle relative disposizioni del codice civile e quindi del citato articolo 2683, lettera c), e delle altre disposizioni di legge che finora impongono l'iscrizione e la trascrizione nel pubblico registro automobilistico, facendo venire meno, conseguentemente, le relative imposte di bollo, che oggi gravano pesantemente sulla compravendita degli autoveicoli. In conclusione, il provvedimento riconduce la disciplina degli autoveicoli al comune regime dei beni mobili, concentrando nell'archivio nazionale dei veicoli, che ha già dimostrato di assolvere egregiamente le proprie funzioni in materia di circolazione, anche le attuali ineludibili esigenze di certezza circa la titolarità dei diritti relativi; lo stesso archivio, in particolare, include già i dati relativi ai trasferimenti di proprietà e alle principali vicende giuridiche del bene; risulta pertanto sufficiente prevedere l'annotazione di talune ulteriori vicende giuridiche, quali il sequestro conservativo e il pignoramento. La nuova disciplina, al contrario del precedente sistema, sancisce la predetta esigenza di pubblicità sanzionando in via amministrativa la mancata annotazione sulla carta di circolazione e la mancata registrazione dei relativi dati nell'archivio nazionale dei veicoli e attribuendo ai precedenti dati, in armonia con la nuova qualifica del bene, un mero valore di pubblicità a fini di sola notizia sotto il profilo civilistico.

      Il presente capo del disegno di legge in materia di tutela della concorrenza, in sintesi, si prefigge di innovare radicalmente il sistema speciale in esame e di ricondurlo ai più generali istituti civilistici, nonché alle previsioni già presenti in tutti i Paesi europei:

          a) eliminando, per i veicoli stradali, il regime giuridico del bene mobile registrato;

          b) abolendo, di conseguenza, il pubblico registro automobilistico;

          c) attribuendo al già esistente archivio nazionale dei veicoli un valore analogo a quello rivestito dai corrispondenti archivi degli altri Stati europei;

          d) riducendo, in definitiva, i tempi e i costi delle pratiche automobilistiche, per riportarle a livelli di efficienza confrontabili con quelli degli altri Paesi.

      L'articolo 36 dispone, in relazione ai veicoli stradali, il superamento del regime giuridico previsto dal codice civile per i beni mobili registrati; conseguentemente è abolito il pubblico registro automobilistico presso l'Automobile Club d'Italia, che è sostituito in tutti i riferimenti normativi dall'archivio nazionale dei veicoli già esistente presso il Ministero dei trasporti.

      L'articolo 37 salvaguarda il mantenimento del rapporto di pubblico impiego del personale dell'Automobile Club d'Italia addetto al pubblico registro automobilistico, che potrà anche avvalersi del vigente regime della mobilità.

      L'articolo 38 disciplina l'applicazione dell'imposta provinciale di trascrizione alle nuove fattispecie.

      L'articolo 39 rimette ad uno o più regolamenti ad efficacia delegificante, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l'adeguamento della disciplina di settore in conseguenza della soppressione dell'obbligo di trascrizione dei veicoli stradali presso il pubblico registro automobilistico. Con gli stessi si provvederà a disciplinare, inoltre, la fase transitoria e le ulteriori modalità attuative, in modo da garantire l'invarianza di spesa, avuto riguardo alla quota di entrate finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

      L'articolo 40 stabilisce le sanzioni pecuniarie e accessorie, in caso di violazione della nuova disciplina basata sull'iscrizione nell'archivio nazionale dei veicoli, in conformità alle disposizioni del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992.

      Infine, l'articolo 41 dispone la modificazione e l'abrogazione delle norme del codice civile che prevedono l'applicazione dell'istituto giuridico del bene mobile registrato ai veicoli stradali, l'abrogazione del regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, ad eccezione dell'articolo 29, e delle relative norme di attuazione, nonché l'abrogazione delle norme del decreto legislativo n. 285 del 1992 e del relativo regolamento di esecuzione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, che disciplinano l'immatricolazione, il trasferimento di proprietà e la cessazione della circolazione dei veicoli stradali.

      Il titolo VI, infine, reca le norme finali, prevedendo, oltre alla clausola di invarianza della spesa (articolo 43), il principio di collaborazione fra lo Stato, le regioni e le autonomie locali (articolo 42), e prescivendo che gli stessi promuovano accordi e intese al fine di pervenire a ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché al fine di garantire la piena applicazione e il monitoraggio degli effetti derivanti dalle disposizioni della legge in esame.

 

 

 


RELAZIONE TECNICA

 

(Articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni).

 

Titolo I

Imprese e professioni più libere (articoli da 1 a 8).

 

        Le norme in esame prevedono l'eliminazione di ostacoli ad attività commerciali (articolo 1), nell'intermediazione commerciale e di affari (articolo 2), l'applicazione del principio comunitario di libera concorrenza al settore della componentistica dei veicoli a motore (articolo 3), alle misure della distribuzione del GPL (articolo 4), la verifica della liberalizzazione dei servizi a terra degli aeroporti civili (articolo 5), alcune norme di principio e la previsione di una indagine conoscitiva in materia di trasporto ferroviario (articolo 6), alcune misure per la liberalizzazione dei servizi di trasporto locale di carattere innovativo - con ciò intendendosi servizi quali l'uso multiplo, la condivisione di veicoli e il trasporto ecologico - (articolo 7) e il riordino, senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato, degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale (articolo 8).

        Le citate norme non comportano alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica, liberando al contrario le risorse umane, organizzative e finanziarie oggi impegnate dalle procedure amministrative di interdizione o di selezione al fine dell'accesso limitato alle attività in esame.

 

Titolo II - Impresa più facile.

Capo I - Abolizione e semplificazione degli adempimenti amministrativi per gli impianti produttivi (articoli da 9 a 18).

 

        L'articolo 9 stabilisce i nuovi princìpi generali per il procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive.

        Gli articoli da 10 a 16 sono riferiti all'installazione di impianti produttivi; in particolare gli articoli 10 e 11 riguardano la dichiarazione unica e i casi esclusi, l'articolo 12 l'autorizzazione mediante conferenza di servizi telematica, l'articolo 13 la chiusura dei lavori e il collaudo, gli articoli 14 e 15 i controlli; gli articoli 16 e 17 conferiscono deleghe al Governo in materia, l'articolo 18 abroga precedenti disposizioni.

        Le norme in esame non comportano alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica, risolvendosi in una razionalizzazione dei compiti delle amministrazioni statali, regionali e comunali coinvolte, che potranno utilizzare le risorse umane, organizzative e finanziarie, liberate dall'abbattimento degli adempimenti amministrativi e dalle semplificazioni procedurali, per le proprie finalità istituzionali di controllo nel territorio a tutela degli interventi pubblici della comunità locale e dei diritti dei cittadini.

        In particolare, l'articolo 9, comma 9, non comporta alcuna riduzione di gettito per la finanza pubblica, in quanto la misura del dimezzamento delle spese e dei diritti dovuti per procedure autorizzatorie per il caso di presentazione di dichiarazione di conformità è già prevista, a legislazione vigente, dall'articolo 10, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, come sostituito dall'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2000, n. 440, in conformità alle previsioni della legge 15 marzo 1997, n. 59, e al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Ai sensi di tale disposizione, infatti, le spese e i diritti sono dovuti nella misura del 50 per cento anche nel caso di procedimento mediante autocertificazione, in relazione alle attività di verifica.

        Quanto, poi, alla previsione di un indennizzo forfetario per la violazione delle modalità di effettuazione dei controlli, di cui all'articolo 15, comma 4, la disposizione è da intendere nel senso che le eventuali spese verranno fronteggiate nell'ambito delle disponibilità delle amministrazioni interessate previste a legislazione vigente.

 

Capo II - Ulteriori misure per le imprese (articoli da 19 a 27).

        Il capo disciplina misure di semplificazione dell'attività amministrativa.

        In particolare l'articolo 19 semplifica la procedura di verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento; l'articolo 20 conferisce delega al Governo in materia di semplificazione per il rilascio del certificato di prevenzione incendi; l'articolo 21 delega il Governo ad adottare misure fiscali dirette a favorire la capitalizzazione delle imprese garantendo espressamente che dall'attuazione congiunta delle deleghe di cui allo stesso articolo e all'articolo 33 non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 22 semplifica la tenuta delle scritture contabili per le società a mutualità prevalente in caso di momentanea perdita di tale status.

        L'articolo 23 estende la nozione di media e piccola impresa alle imprese di spettacolo, dando a queste ultime la possibilità di accedere alle agevolazioni già previste dalla normativa comunitaria e nazionale, andando, quindi, ad incidere solo sulla platea dei soggetti ammessi ai contributi, senza comportare altresì oneri per la finanza pubblica.

        L'articolo 24 si occupa della pubblicazione informatica degli atti nell'albo pretorio; l'articolo 25 abolisce altre certificazioni dovute dalle imprese; gli ultimi due articoli 26 e 27 introducono modifiche al codice civile, semplificando le formalità per il conferimento di poteri di rappresentanza dell'imprenditore e in materia di tenuta dei libri obbligatori e dell'elenco dei soci.

        Tutte le citate norme non comportano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica operando, al contrario, una razionalizzazione e una diminuzione della spesa.

        Con riferimento, infine, all'articolo 23, si evidenzia che l'estensione delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste per le piccole e medie imprese dalle normative vigenti agli organismi dello spettacolo è da intendere circoscritta agli stanziamenti già esistenti.

 

Titolo III

Scuola, imprese e società (articoli da 28 a 31).

 

        L'articolo 28 prevede norme generali in materia di istruzione tecnico-professionale e dunque non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

        L'articolo 29, prevedendo una delega al Governo in materia di organi collegiali delle istituzioni scolastiche, non comporta oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

        L'articolo 30 istituisce il Fondo di perequazione presso il Ministero della pubblica istruzione. La norma non prevede oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato in quanto la consistenza annuale del Fondo stesso, fissata nella misura del 5 per cento, è posta a carico del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi di cui all'articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440.

        L'articolo 31 detta disposizioni finali, modificazioni e abrogazioni.

 

Titolo IV

Cittadino e consumatore (articoli da 32 a 34).

 

        L'articolo 32, eliminando la clausola di massimo scoperto e sanzionando con la nullità l'inserimento di clausole contrattuali aventi questo oggetto, non comporta oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 33 prevede una delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica come espressamente sancito al comma 5, il quale prevede che dall'attuazione congiunta delle deleghe di cui al presente articolo e all'articolo 21 non si determinano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

        L'articolo 34 semplifica gli adempimenti relativi alla concessione di indennità per le famiglie di invalidi civili minori.

 

Titolo V

Semplificazione del regime della circolazione giuridica dei veicoli (articoli da 35 a 41).

 

        Le norme in esame riguardano la semplificazione in materia di circolazione giuridica dei veicoli e, in particolare:

            l'articolo 35 disciplina la portabilità della targa, che diviene personale;             l'articolo 36 dispone la modifica del regime giuridico di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, prevedendo, per gli atti opponibili ai terzi, la registrazione presso l'archivio nazionale dei veicoli e l'abolizione del pubblico registro automobilistico;

            l'articolo 37 prevede che al personale del pubblico registro automobilistico vengano applicate le procedure di mobilità previste dagli articoli 33 e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001;

            l'articolo 38 conferma l'applicazione dell'imposta di trascrizione già prevista dall'articolo 56 del decreto legislativo n. 446 del 1997;

            l'articolo 39 reca norme di attuazione;

            l'articolo 40 prevede l'applicazione di sanzioni amministrative nei casi specificati dalla norma;

            l'articolo 41 reca modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie.

        Tutte le sopra specificate norme non comportano alcun onere aggiuntivo a carico della finanza pubblica. In particolare l'articolo 39 prevede, in via cautelativa, che con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, siano dettate, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, tutte le disposizioni per la disciplina dei nuovi procedimenti e le norme transitorie eventualmente necessarie, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

 

Titolo VI

Norme finali (articoli 42 e 43).

 

        L'articolo 42 dispone in merito alla collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali.

        L'articolo 43 regola l'invarianza della spesa.

 


DISEGNO DI LEGGE

 

Titolo I

IMPRESE E PROFESSIONI PIÙ LIBERE

Art. 1.

(Eliminazione di ostacoli alle attività commerciali).

      1. Al fine di garantire la libertà di concorrenza in condizioni di pari opportunità sul territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all'acquisto di prodotti e di servizi sul territorio nazionale e alle attività di distribuzione commerciale e di servizio, non possono essere poste limitazioni alla possibilità di abbinare nello stesso locale o nella stessa area la vendita di prodotti e di servizi complementari e accessori rispetto a quella principale o originaria, fatti salvi il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie, igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché la distinzione fra settore merceologico alimentare e non alimentare. Tale principio si applica anche alla distribuzione dei carburanti.

      2. Al fine di assicurare un corretto funzionamento del mercato secondo i princìpi della concorrenza, nonché una maggiore possibilità di accesso al servizio da parte del consumatore, l'installazione e l'attività di un impianto di distribuzione dei carburanti non possono essere subordinate al rispetto del criterio della distanza minima o di parametri numerici prestabiliti né alle limitazioni di cui al comma 1.

      3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le disposizioni legislative e regolamentari statali incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.

      4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie disposizioni legislative e regolamentari ai princìpi di cui ai commi 1 e 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 2.

(Attività di intermediazione commerciale e di affari).

      1. Sono considerate attività di intermediazione commerciale e di affari le seguenti:

          a) agente di affari in mediazione;

          b) agente immobiliare;

          c) agente d'affari;

          d) agente e rappresentante di commercio;

          e) mediatore marittimo;

          f) spedizioniere;

          g) raccomandatario marittimo.

      2. Le attività di cui al comma 1, salvo quanto previsto dal comma 5, possono essere svolte previa presentazione della dichiarazione di inizio di attività, ai sensi della normativa vigente, alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura competente per territorio, corredata delle autocertificazioni e delle certificazioni attestanti il possesso dei requisiti soggettivi, morali, professionali, tecnici e finanziari, ove prescritti dalla legislazione vigente.

      3. Le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura verificano il possesso dei requisiti di legge da parte degli esercenti le attività di cui al comma 1 e iscrivono i relativi dati nel registro delle imprese, se l'attività è svolta in forma di impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) previsto dall'articolo 8, comma 8, lettera d), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e dal relativo regolamento di attuazione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581, e successive modificazioni, assegnando ad essi la qualifica di intermediario distintamente per tipologia di attività.

      4. Per l'attività di agente di affari in mediazione e di agente immobiliare è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 febbraio 1989, n. 39, e successive modificazioni.

      5. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle attività di agente d'affari di cui al comma 1, lettera c), con esclusione di quelle relative al recupero di crediti e ai pubblici incanti, per le quali resta ferma l'applicazione dell'articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

      6. Per l'attività di agente o rappresentante di commercio, in attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio, del 18 dicembre 1986, è soppresso il ruolo di cui all'articolo 2 della legge 3 maggio 1985, n. 204.

      7. Per l'attività di mediatore marittimo è soppresso il ruolo di cui agli articoli 1 e 4 della legge 12 marzo 1968, n. 478.

      8. Per l'attività di spedizioniere è soppresso l'elenco autorizzato di cui all'articolo 2 della legge 14 novembre 1941, n. 1442.

      9. Per l'attività di raccomandatario marittimo è soppresso l'elenco interprovinciale di cui all'articolo 6 della legge 4 aprile 1977, n. 135.

      10. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le disposizioni di legge e di regolamento statali incompatibili con le disposizioni del presente articolo. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro i due mesi successivi alla suddetta data di entrata in vigore, sono disciplinate le modalità di iscrizione nel registro delle imprese e nel REA dei soggetti iscritti negli elenchi, albi e ruoli di cui al presente articolo, nonché le nuove procedure di iscrizione, in modo da garantire l'invarianza degli oneri complessivi per la finanza pubblica.

 

 

 

 

 

Art. 3.

(Componentistica dei veicoli a motore).

      1. In conformità al principio comunitario di libera concorrenza delle attività economiche secondo condizioni di pari opportunità e al principio di libera circolazione delle merci e dei servizi, al fine di assicurare ai consumatori finali un'effettiva facoltà di scelta e di comparazione dei prodotti offerti sul mercato, le modifiche alle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore sono consentite senza un preventivo nulla osta della casa costruttrice del veicolo e senza una visita e una prova presso i competenti uffici della Direzione generale per la motorizzazione del Dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero dei trasporti, qualora vengano rispettate le seguenti condizioni:

 

          a) ciascun componente deve essere certificato da una relazione tecnica di un ente a ciò abilitato che attesti, per singolo modello di veicolo, la possibilità di esecuzione della sostituzione;

 

          b) la relazione tecnica di cui alla lettera a) deve essere redatta sulla base di collaudi e di prove effettuati in conformità alle disposizioni tecniche previste dai regolamenti internazionali ECE-ONU e dalle direttive comunitarie e deve certificare che le caratteristiche tecniche e funzionali dei componenti sono equivalenti o superiori a quelle originarie in dotazione al veicolo nel rispetto della sicurezza attiva e passiva del veicolo stesso.

 

      2. Le disposizioni di cui al presente articolo trovano applicazione a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dei trasporti, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, che individua i casi nei quali la sostituzione, fermo restando il pieno rispetto degli adempimenti di cui al comma 1, lettere a) e b), necessita di una verifica da effettuare a cura degli uffici provinciali dalla citata Direzione generale per la motorizzazione, che devono certificare la corretta installazione, aggiornare la carta di circolazione e darne comunicazione agli uffici dell'archivio nazionale dei veicoli soltanto ai fini di eventuali conseguenti adempimenti fiscali.

      3. Con il decreto di cui al comma 2 sono individuati gli enti di cui al comma 1, lettera a). Con decreto del Presidente della Repubblica si provvede ad apportare all'articolo 236 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, le modificazioni necessarie per adeguarlo alle disposizioni del presente articolo.

      4. Chiunque circola con un veicolo al quale sono state apportate modifiche alle caratteristiche indicate nel certificato di omologazione e nella carta di circolazione, oppure con il telaio modificato, senza che tali modifiche siano state realizzate nel pieno rispetto della disposizioni dei commi 1 e 2, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1.433. Le suddette violazioni comportano la sanzione amministrativa accessoria del ritiro della carta di circolazione secondo le norme del titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      5. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è abrogato l'articolo 78 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, nonché ogni altra disposizione legislativa o regolamentare statale di disciplina del settore dei veicoli a motore e loro rimorchi incompatibile con le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo.

 

Art. 4.

(Misure per la distribuzione del GPL).

      1. Dopo l'articolo 16 del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, è inserito il seguente:

      «Art. 16-bis. - (Locazione dei serbatori di GPL installati presso gli utenti). - 1. Le aziende distributrici di GPL, proprietarie dei serbatoi installati presso gli utenti, devono concederli in locazione. Il locatario ha facoltà di acquistare il gas in regime di libera concorrenza e il proprietario non ha alcun diritto di esclusiva per quanto concerne i rifornimenti. I serbatoi possono essere rimossi a richiesta del locatario, decorsi cinque anni dalla loro installazione, a cura e a spese del locatore. Alla scadenza, il contratto di locazione è rinnovato automaticamente per altri cinque anni, salva disdetta comunicata dal locatario mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno sei mesi prima della scadenza. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas vigila affinché il canone per la locazione sia tale da far conseguire un ragionevole utile al locatario, in relazione all'investimento effettuato, con l'esclusione di possibili rendite di posizione. Agli adempimenti amministrativi relativi all'installazione e alla gestione del serbatoio e alla relativa assicurazione provvede l'azienda che ne ha la proprietà.

      2. Le regioni e i comuni adeguano le proprie norme alle disposizioni del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla data della sua entrata in vigore.

      3. Le clausole contrattuali in contrasto con il presente articolo sono nulle ai sensi dell'articolo 1418 del codice civile, fatta salva la facoltà delle parti di adeguare i rapporti contrattuali in essere alla data dell'entrata in vigore del presente articolo entro il termine di sei mesi dalla stessa data».

 

      2. A decorrere dalla data di entrata in vigore dell'articolo 16-bis del decreto legislativo 22 febbraio 2006, n. 128, introdotto dal comma 1 del presente articolo, sono abrogati i commi 7 e 8 dell'articolo 18 del medesimo decreto legislativo n. 128 del 2006, nonché ogni norma di legge o di regolamento statali in contrasto con il citato articolo 16-bis.

 

Art. 5.

(Verifica della liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili).

      1. Il Ministero dei trasporti, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, verifica il grado di liberalizzazione dei servizi a terra negli aeroporti civili.

      2. Nel caso in cui il grado di concorrenza nel mercato dei servizi aeroportuali a terra risulti insufficiente, il Ministero dei trasporti individua le misure e i correttivi concreti che possono realizzare un'effettiva liberalizzazione nel settore. Fatti salvi i poteri ispettivi e sanzionatori delle amministrazioni indipendenti preposte alla vigilanza del mercato, il medesimo Ministero adotta i provvedimenti volti a garantire un'effettiva concorrenzialità del mercato, eventualmente disponendo che gli enti gestori degli aeroporti indìcano procedure di evidenza pubblica, liberino infrastrutture aeroportuali per metterle a disposizione degli operatori, compatibilmente con le esigenze di sicurezza del trasporto aereo, e destinino una parte dei loro ricavi al finanziamento delle strutture di accesso all'aeroporto e delle infrastrutture di assistenza a terra (handling).

 

 

Art. 6.

(Misure in materia di trasporto ferroviario).

      1. La disciplina del settore del trasporto ferroviario è informata ai seguenti princìpi: separazione fra autorità regolatrice e gestore della rete; efficiente gestione della rete, anche attraverso l'allocazione non discriminatoria della capacità di rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri; professionalità e capacità organizzativa degli operatori privati che intendono prestare il servizio di trasporto pubblico di passeggeri e di merci su rotaia e utilizzare le infrastrutture in possesso del gestore, sulla base di contratti di servizio a condizioni uniformi e non discriminatorie; destinazione di quota parte dei proventi dei contratti di servizio relativi all'utilizzo della rete ferroviaria alla manutenzione del materiale rotabile.

      2. Il Ministero dei trasporti avvia, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, un'indagine conoscitiva per l'individuazione delle misure idonee a incentivare l'efficienza del gestore della rete ferroviaria e a garantire l'allocazione non discriminatoria della capacità della rete e dei terminali delle merci e dei passeggeri, nonché sul mercato del materiale rotabile. A seguito dell'indagine conoscitiva, da concludere entro sei mesi dall'avvio, il Ministero dei trasporti adotta i provvedimenti amministrativi necessari a garantire l'effettiva liberalizzazione del settore e ordina al gestore della rete di porre in essere tutti gli atti organizzativi necessari a garantire l'accesso alla rete da parte di soggetti terzi aventi i requisiti imprenditoriali occorrenti e prefissati per lo svolgimento del servizio pubblico di trasporto.

      3. Con regolamento emanato mediante decreto del Ministro dei trasporti, da adottare entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale dei titolari dei contratti di servizio e i requisiti organizzativi minimi che connotano le imprese di trasporto ferroviario. Con il medesimo regolamento sono altresì determinati i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale che i componenti degli organi di amministrazione e di gestione devono possedere, quando le imprese esercenti i servizi sono costituite in forma societaria.

 

Art. 7.

(Misure in materia di trasporto innovativo).

      1. Al fine della tutela della concorrenza, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, e allo scopo di promuovere la funzionale crescita e l'innovazione del settore del trasporto locale, il rilascio di licenze e di autorizzazioni per la prestazione di servizi di trasporto pubblico locale innovativo non è soggetto a limitazione numerica. Per trasporto pubblico locale innovativo si intendono i servizi quali uso multiplo, condivisione dei veicoli, trasporto ecologico e trasporto per categorie disagiate.

      2. I comuni favoriscono la diffusione del trasporto pubblico locale innovativo mediante l'incentivazione dei servizi di cui al comma 1.

      3. Entro quaranta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro dei trasporti stabilisce con proprio decreto i requisiti di ordine generale e di idoneità professionale cui devono rispondere i prestatori dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo, sia quali imprenditori individuali sia in forma societaria o consorziata.

      4. I comuni predispongono una carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo concernente le prestazioni dei servizi di cui al comma 1 e recante, tra l'altro, la disciplina tecnica relativa:

 

          a) all'elencazione dei servizi offerti e alle relative formule di pagamento e abbonamento;

 

          b) ai livelli minimi del servizio offerto, con particolare riferimento a fasce orarie di prestazione e a frequenza dei trasporti;

 

          c) alle modalità di prenotazione del servizio, di raccolta e di smistamento delle richieste mediante centralini telefonici, rete internet e telefonia mobile;

 

          d) alle modalità di rendicontazione e di fatturazione del servizio;

 

          e) ad ogni altro elemento ritenuto utile per il miglioramento dei livelli qualitativi del servizio.

 

      5. I prestatori del servizio di trasporto pubblico locale innovativo sono tenuti all'osservanza delle prescrizioni adottate dal comune nella carta dei servizi di trasporto pubblico locale innovativo di cui al comma 4 e, nel caso di violazione delle prescrizioni stesse, sono tenuti a corrispondere un indennizzo a favore dei fruitori del servizio, nella misura stabilita dal comune con la medesima carta.

      6. L'adozione delle misure di cui ai commi 2 e 4 del presente articolo costituisce titolo preferenziale per i comuni ai fini dell'accesso ai finanziamenti di cui all'articolo 1, commi 1031 e 1032, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

 

Art. 8.

(Incentivi).

      1. Il Governo, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto delle regole comunitarie, un regolamento per il riordino della disciplina degli incentivi non fiscali in favore delle imprese operanti nel settore del gas naturale, al fine di favorire la crescita dimensionale delle imprese di distribuzione e la loro aggregazione.

      2. Dal regolamento di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

Titolo II

IMPRESA PIÙ FACILE

Capo I

ABOLIZIONE E SEMPLIFICAZIONE DEGLI ADEMPIMENTI AMMINISTRATIVI PER GLI IMPIANTI PRODUTTIVI

 

Art. 9.

(Princìpi generali relativi al procedimento presso lo sportello unico per le attività produttive).

      1. Le dichiarazioni e le domande di cui al presente capo sono presentate esclusivamente presso lo sportello unico per le attività produttive del comune nel cui territorio è situato l'impianto, di seguito denominato «sportello unico».

      2. Il comune designa l'ufficio competente a ricevere le comunicazioni e a svolgere le attività previste dalle disposizioni del presente capo in caso di mancata attivazione dello sportello unico.

      3. Le altre amministrazioni pubbliche interessate al procedimento trasmettono immediatamente allo sportello unico le denunce e le domande ad esse eventualmente presentate, dandone comunicazione al richiedente.

      4. Le domande, le dichiarazioni, gli atti dell'amministrazione e i relativi allegati sono predisposti in formato elettronico e trasmessi per via telematica. Lo sportello unico assicura gratuitamente, d'intesa con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e con le associazioni imprenditoriali, il necessario supporto tecnico ai privati che ne facciano richiesta.

      5. Lo sportello unico, oltre ad assicurare l'informazione di tutti i possibili interessati, mediante il proprio sito internet, circa gli adempimenti e le opportunità relativi alla realizzazione di impianti produttivi, rende immediatamente e gratuitamente note a tutti gli interessati, per via telematica, le informazioni sulle dichiarazioni e sulle domande presentate ai sensi del comma 1, sul loro iter procedimentale e sugli atti adottati, anche in sede di controllo successivo, dallo stesso sportello unico, dall'ufficio o da altre amministrazioni competenti. Tali informazioni sono escluse dal diritto alla riservatezza concernendo l'uso del territorio, fatta salva la tutela degli eventuali profili di privativa industriale.

      6. I comuni possono esercitare le funzioni inerenti allo sportello unico anche in forma associata, ovvero attribuendo allo stesso le competenze dello sportello unico per l'edilizia e di altri uffici comunali preposti al rilascio di titoli autorizzatori.

      7. Sono esonerati dall'acquisizione delle autorizzazioni, concernenti l'utilizzazione dei servizi ivi presenti, purché non comportino ulteriori lavori o interventi, gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate, istituite dalle regioni, con il concorso degli enti locali interessati, utilizzando prioritariamente le aree o le zone con nuclei industriali già esistenti, anche se parzialmente o totalmente dismessi.

      8. Qualora risulti che il progetto di impianto produttivo, sebbene conforme alla vigente disciplina ambientale, sanitaria, di tutela dei beni culturali e paesaggistici, di sicurezza sul lavoro e di tutela della pubblica incolumità, contrasta con lo strumento urbanistico, e lo stesso strumento non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti o non utilizzabili in relazione al progetto presentato, la conferenza di servizi di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, come da ultimo modificati dall'articolo 12 della presente legge, è convocata in seduta pubblica, previa idonea pubblicità, e in tale sede acquisisce e valuta le osservazioni di tutti i soggetti interessati, anche portatori di interessi diffusi o collettivi. Il verbale è trasmesso al consiglio comunale, che delibera senza ritardi sulla variante urbanistica, con decisione definitiva ove la regione abbia già manifestato il proprio assenso nella conferenza di servizi. In caso di decisione negativa, il consiglio comunale può deliberare una diversa localizzazione, ovvero diverse modalità di realizzazione del progetto. In tal caso, la conclusione della conferenza di servizi, se conforme alla delibera, non richiede un'ulteriore delibera del consiglio comunale.

      9. Resta a carico degli interessati il pagamento delle spese e dei diritti previsti da leggi statali e regionali, in misura pari agli importi relativi ai procedimenti autorizzatori previsti dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della presente legge, ridotti della metà per i profili di procedimento attivati dalla presentazione della dichiarazione di conformità. Le amministrazioni interessate utilizzano tali importi ai fini dei controlli sul territorio, per i quali non può essere richiesto alcun corrispettivo all'impresa interessata.

      10. Nei casi in cui, eccezionalmente, non sia tecnicamente possibile provvedere per via telematica, l'amministrazione interessata trasmette gli atti e gli allegati di cui al comma 4 con modalità equipollenti atte a garantire la tempestività della trasmissione. Il soggetto o, eccezionalmente, l'amministrazione che siano privi delle strutture tecniche necessarie possono partecipare alla conferenza di servizi per via telematica accedendo con i propri rappresentanti alla sede di un'altra amministrazione partecipante in possesso delle predette strutture, che deve garantirne l'accesso.

 

 

 

Art. 10.

(Dichiarazione unica per l'immediata realizzazione degli impianti produttivi).

      1. Le disposizioni del presente capo disciplinano la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi nei casi in cui le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge richiedano una o più dichiarazioni o autorizzazioni.

      2. Sono impianti produttivi gli insediamenti di cui all'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni, relativi a tutte le attività di produzione di beni e di servizi, ivi inclusi le attività agricole, commerciali e artigiane, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni.

      3. Chiunque voglia realizzare o modificare un impianto produttivo presenta allo sportello unico una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti per la realizzazione dell'intervento, corredata degli elaborati progettuali e della dichiarazione di conformità del progetto alla normativa applicabile, resa sotto la propria responsabilità dal progettista dell'impianto o dell'intervento dichiarato, che a tale fine deve essere munito di idonea assicurazione per responsabilità professionale.

      4. Lo sportello unico rilascia contestualmente la ricevuta che, unitamente alla documentazione di cui al comma 3, costituisce titolo per l'immediato avvio dell'intervento dichiarato e che vale anche quale titolo edilizio, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 11.

      5. La dichiarazione di conformità di cui al comma 3 concerne, in particolare, gli aspetti edilizi e urbanistici e quelli attinenti ai prescritti pareri igienico-sanitari e in materia di sicurezza quando la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni discrezionali.

      6. Per gli ulteriori profili non rientranti nelle ipotesi previste dall'articolo 11 e suscettibili di dichiarazione di conformità, l'immediato avvio dell'intervento è subordinato alla previa presentazione di una dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un ente tecnico accreditato, non collegato professionalmente né economicamente, in modo diretto o indiretto, all'imprenditore interessato all'intervento.

      7. Qualora occorrano chiarimenti circa il rispetto delle normative tecniche e la localizzazione dell'impianto, lo sportello unico, d'ufficio ovvero su richiesta dell'interessato o dei soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, o dei soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati che vi abbiano interesse, convoca una riunione, anche per via telematica, di cui viene redatto apposito verbale, fra i soggetti interessati e le amministrazioni competenti. Qualora al termine della riunione sia raggiunto un accordo, ai sensi dell'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sulle caratteristiche dell'impianto, il relativo verbale vincola le parti.

 

Art. 11.

(Casi di esclusione dall'immediato avvio dell'intervento).

      1. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 è esclusa per i profili attinenti:

          a) alla tutela del patrimonio archeologico, storico, artistico, culturale e paesaggistico;

          b) alla difesa nazionale e alla pubblica sicurezza;           c) alla tutela dell'ambiente, della salute e della pubblica incolumità quando la normativa vigente richiede un'autorizzazione espressa.

 

      2. La possibilità di avviare immediatamente gli interventi di cui all'articolo 10 previa dichiarazione di conformità non si applica altresì:

          a) ai casi per i quali la normativa comunitaria impone l'adozione di provvedimenti amministrativi formali;

          b) ai casi per i quali il rilascio del titolo edilizio è prescritto dalle norme regionali di adeguamento alle disposizioni della presente legge;

          c) alle medie e alle grandi strutture di vendita per i profili attinenti all'autorizzazione commerciale;

          d) agli impianti che utilizzano materiali nucleari o producono materiali di armamento;

          e) ai depositi costieri e agli impianti di produzione, raffinazione e stoccaggio di olii minerali;

          f) agli impianti di deposito temporaneo, smaltimento, recupero e riciclaggio di rifiuti;

          g) alle attività e agli impianti comportanti l'utilizzo di frequenze radio.

 

Art. 12.

(Autorizzazione degli impianti produttivi mediante conferenza di servizi per via telematica).

      1. Nelle ipotesi di cui all'articolo 10, la dichiarazione di conformità è corredata anche delle necessarie domande di autorizzazione, che sono immediatamente trasmesse dallo sportello unico per via telematica alle amministrazioni competenti. Lo sportello unico provvede altresì alla convocazione di una conferenza di servizi, che si svolge per via telematica.

      2. Il verbale conclusivo della conferenza di servizi è perfezionato e comunicato entro il termine di un mese dalla prima riunione della conferenza, che deve tenersi entro sette giorni dalla presentazione della documentazione da parte dell'interessato; decorso tale termine si provvede ai sensi dell'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

      3. Se il progetto dell'impianto è munito della dichiarazione di conformità degli elaborati progettuali alla normativa applicabile, resa da un soggetto tecnico accreditato indipendente dall'imprenditore, al decorso degli ulteriori termini di cui all'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, senza che siano intervenuti atti interdittivi o prescrittivi, le opere possono essere avviate, fatti salvi gli ulteriori atti dell'amministrazione. Tale disposizione non si applica nei casi di dissenso qualificato di cui al comma 3 del medesimo articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni.

      4. Resta ferma la disciplina della valutazione di impatto ambientale resa nell'ambito della conferenza di servizi di cui ai commi 4, 5 e 10 dell'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

      5. All'articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al comma 01 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e può svolgersi per via telematica»;

          b) dopo il comma 01 sono inseriti i seguenti:

      «02. La convocazione della conferenza di servizi è pubblica e ad essa possono partecipare, senza diritto di voto, i soggetti portatori di interessi pubblici o privati, individuali o collettivi, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o in comitati che vi abbiano interesse. Gli stessi soggetti possono proporre osservazioni. Si applica l'articolo 10, comma 1, lettera b).

      03. Alla conferenza di servizi partecipano anche, senza diritto di voto, i concessionari, i gestori o gli incaricati di pubblici servizi chiamati ad adempimenti nella realizzazione di opere, che sono vincolati alle determinazioni assunte nella conferenza. Alla stessa possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione»;

          c) al comma 9, le parole: «Il provvedimento finale conforme alla determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis sostituisce» sono sostituite dalle seguenti: «Il verbale recante la determinazione conclusiva di cui al comma 6-bis, nonché le indicazioni delle dichiarazioni, degli assensi, dei dinieghi e delle eventuali prescrizioni integrative, sostituiscono».

 

Art. 13.

(Comunicazione di chiusura dei lavori e collaudo).

      1. L'interessato comunica allo sportello unico l'ultimazione dei lavori, con apposita dichiarazione corredata di un certificato del direttore dei lavori, con il quale si attestano la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità.

      2. Quando le norme vigenti subordinano la messa in opera dell'impianto a collaudo, lo stesso è effettuato da un ente tecnico accreditato indipendente, ovvero da professionisti abilitati ai sensi della normativa vigente, scelti dall'imprenditore ma diversi dal progettista dell'impianto e dal direttore dei lavori e non collegati professionalmente o economicamente, in modo diretto o indiretto, all'impresa.

      3. Il certificato positivo di collaudo, ai sensi del presente articolo, consente l'immediata messa in funzione degli impianti, fermi restando i poteri di vigilanza e di controllo delle amministrazioni competenti.

 

Art. 14.

(Poteri di controllo e di vigilanza nel procedimento).

      1. A seguito della realizzazione o di modifiche dell'impianto di cui al presente capo, anche successive al rilascio del certificato di cui all'articolo 13, comma 3, resta fermo il potere delle amministrazioni e degli uffici competenti di verificare la conformità della realizzazione dell'impianto alla normativa vigente e di adottare provvedimenti contenenti le misure interdittive o le prescrizioni necessarie, che sono comunicate allo sportello unico e all'interessato, il quale può chiedere la convocazione della conferenza di servizi secondo le disposizioni del presente capo, ai fini della loro verifica congiunta. I provvedimenti indicano le modifiche progettuali necessarie, nonché i tempi e le modalità di adeguamento dell'impianto. Qualora l'imprenditore non vi ottemperi, incorre nell'applicazione delle sanzioni previste per la difformità rilevata. Non si applica l'articolo 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

      2. A seguito delle verifiche di cui al comma 1, le amministrazioni e gli uffici competenti possono altresì adottare misure cautelari ad efficacia immediata esclusivamente per motivate ragioni di tutela dell'ambiente, della salute, della sicurezza del lavoro e della pubblica incolumità. L'interessato può chiedere che la conferenza di servizi sia convocata, ai sensi del comma 1, ai fini del riesame delle misure cautelari entro il trentesimo giorno successivo alla richiesta.

      3. Quando sia accertata, fatti salvi i casi di errore od omissione materiale suscettibili di correzione o di integrazione, la falsità di alcuna delle dichiarazioni di cui al presente capo o di autocertificazioni presentate nel corso dei procedimenti di cui al medesimo capo, gli atti sono trasmessi alla competente procura della Repubblica, nonché all'ordine professionale cui eventualmente appartenga il soggetto che le ha sottoscritte. Fermi restando gli obblighi e le sanzioni di legge, qualora i lavori siano stati avviati o realizzati viene ordinata la riduzione in pristino a spese dell'impresa.

 

 

 

 

Art. 15.

(Svolgimento dei controlli sulle attività produttive).

      1. Al fine di favorire l'efficacia e la trasparenza dell'attività di controllo sul territorio, i presidenti delle regioni, i capi delle prefetture-uffici territoriali del Governo e degli uffici finanziari competenti per territorio e i sindaci promuovono la stipulazione di intese fra tutte le amministrazioni competenti, per definire le modalità e i criteri per l'esecuzione dei controlli.

      2. Le intese di cui al comma 1, in particolare, garantiscono che i controlli si svolgano con modalità e in tempi compatibili con lo svolgimento dell'attività produttiva, anche assicurando la contestualità dei controlli svolti da più uffici ed evitando ogni duplicazione non necessaria.

      3. I controlli si svolgono, anche a campione o su segnalazione di cittadini e di associazioni, senza preavviso, fatta salva l'eventuale ripetizione in contraddittorio su motivata istanza dell'interessato, e vengono immediatamente comunicati, con i relativi esiti, allo sportello unico competente per territorio, il quale rende accessibili a tutti gli interessati, anche per via telematica, le informazioni circa gli uffici competenti a svolgere i controlli e le intese intercorse ai sensi del comma 1, i criteri adottati per la loro esecuzione, i controlli svolti e i relativi esiti.

      4. Il Governo, le regioni e gli enti locali concordano in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e degli articoli 4, comma 1, e 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, le modalità di cui al comma 2 del presente articolo ritenute essenziali ai fini dell'effettuazione dei controlli, la cui violazione determina il diritto dell'imprenditore interessato a un indennizzo forfetario a carico dell'amministrazione, la cui corresponsione prescinde dall'esito del controllo, nonché la misura del predetto indennizzo. Resta salva la possibilità di rivalsa dell'amministrazione nei confronti dei dirigenti e degli impiegati responsabili.

 

Art. 16.

(Delega al Governo in materia di norme ed enti tecnici, certificazioni e dichiarazioni di conformità da parte di enti tecnici accreditati indipendenti).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, uno o più decreti legislativi, nel rispetto della normativa comunitaria e degli accordi internazionali in materia di normativa tecnica, di certificazioni e di dichiarazioni di conformità, attenendosi ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) disciplinare gli enti tecnici accreditati da organismi nazionali o comunitari facenti parte dell'European Cooperation for Accreditation (EA), anche al fine di consentire loro di operare ai sensi delle disposizioni del presente capo;

 

          b) prevedere che gli enti di cui alla lettera a) siano iscritti in un elenco conservato presso il Ministero dello sviluppo economico, previo riordino degli uffici tecnici di livello dirigenziale del medesimo Ministero;

 

          c) rivedere le disposizioni che regolano i rapporti convenzionali e negoziali fra le pubbliche amministrazioni e altri soggetti, anche al fine di garantire la trasparenza, la competenza e l'imparzialità necessarie in materia di norme tecniche e di accreditamento degli enti di certificazione.

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione e dell'università e della ricerca, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Decorsi trenta giorni, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      3. Dai decreti legislativi di cui al comma 1 non devono derivare maggiori spese o diminuzione di entrate a carico del bilancio dello Stato.

 

Art. 17.

(Delega al Governo per il riassetto normativo delle prescrizioni e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1, anche integrando i decreti legislativi emanati in attuazione della delega di cui all'articolo 5 della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, uno o più decreti legislativi per il riassetto delle prescrizioni normative e degli adempimenti procedurali applicabili alle imprese, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) riordino e coordinamento delle disposizioni legislative recanti le prescrizioni e gli adempimenti procedurali che devono essere rispettati, ai sensi della presente legge, ai fini della realizzazione di impianti produttivi e dello svolgimento di attività di impresa;

 

          b) abrogazione, dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all'alinea, di tutte le disposizioni di legge statale non individuate ai sensi della lettera a).

 

      2. Il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di riassetto emanando, anche contestualmente ai decreti legislativi di cui al comma 1, una raccolta organica delle norme regolamentari che disciplinano la medesima materia, ove necessario adeguandole alla nuova disciplina di livello primario e semplificandole secondo le modalità di cui all'articolo 20, comma 3-bis, della legge 15 marzo 1997, n. 59.

      3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, dell'economia e delle finanze, dell'interno, della salute, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e per i beni e le attività culturali. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi, possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

      4. Le regioni e gli enti locali si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, stabilita ai sensi dell'articolo 18, comma 1.

      5. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano si adeguano ai princìpi del presente articolo, quanto ai procedimenti amministrativi di loro competenza, entro il medesimo termine previsto dal comma 4, secondo i propri statuti e le relative norme di attuazione.

 

Art. 18.

(Abrogazioni e misure transitorie e di attuazione).

1. Le disposizioni del presente capo entrano in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

      2. Le disposizioni del presente capo si applicano ai procedimenti avviati oltre il termine di sessanta giorni dalla loro entrata in vigore. A decorrere dallo stesso termine sono abrogati il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, e successive modificazioni, e ogni altra disposizione di legge o di regolamento statali incompatibili.

      3. Le regioni e i comuni possono prevedere che la disciplina dei procedimenti per la realizzazione e la modifica degli impianti produttivi, vigente alla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente capo, continui a trovare applicazione per i sei mesi successivi, fermi restando le disposizioni del comma 5 e l'obbligo dei comuni di rendere operativo lo sportello unico e l'obbligo delle regioni di intervenire in via sostitutiva in caso di inadempienza.

      4. Resta comunque ferma, per il medesimo periodo di cui al comma 2, la facoltà degli interessati di presentare alle amministrazioni competenti le dichiarazioni e le domande di autorizzazione secondo la normativa previgente.

 

      5. Il Governo e le regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di disciplinare l'istituzione degli sportelli unici e i poteri di controllo sostitutivo regionali e statali.

 

      6. Con uno o più decreti del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, adottati ai sensi dell'articolo 71 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, entro il termine di cui al comma 2 del presente articolo, sono individuate le regole tecniche e le modalità operative per l'attuazione delle disposizioni del presente capo relative all'applicazione di strumenti informatici e telematici, ivi comprese le modalità di partecipazione alla conferenza di servizi di cui all'articolo 12 da parte di soggetti che non siano in possesso di idonei strumenti nonché le modalità di redazione e di sottoscrizione del verbale della conferenza di servizi per via telematica.

 

Capo II

ULTERIORI MISURE PER LE IMPRESE

 

Art. 19.

(Semplificazione della procedura per la verifica degli impianti a pressione e degli apparecchi di sollevamento).

      1. Il proprietario e il gestore dell'impianto di cui al decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 93, comunicano all'azienda sanitaria locale (ASL) territorialmente competente l'avvenuta installazione di uno degli impianti di cui al medesimo decreto legislativo, attestando sotto la propria responsabilità che l'impianto è installato a regola d'arte e in conformità alla normativa vigente e che sono state effettuate le verifiche e le prove obbligatorie e allegando la conforme attestazione di un professionista abilitato e la certificazione dei componenti utilizzati.

 

      2. Ai sensi del comma 1, il professionista attesta le prove e le verifiche effettuate a regola d'arte e il relativo esito. Il gestore e il professionista attestano, altresì, l'assenza di qualunque collegamento contrattuale, professionale o economico, diretto o indiretto, del professionista con il fabbricante, il distributore, l'installatore e il gestore dell'impianto.

 

      3. Decorsi trenta giorni dall'invio della documentazione di cui ai commi 1 e 2, l'impianto può essere messo in funzione.

 

      4. L'ASL effettua, anche mediante convenzioni con soggetti pubblici muniti di adeguata competenza tecnica, verifiche tecniche a campione, senza preavviso, degli impianti indicati ai commi 1 e 2. In caso di esito negativo, sottopone a verifica tutti gli altri impianti gestiti o verificati dai medesimi soggetti. Ciascuna ASL pubblica periodicamente nel proprio sito internet l'elenco delle verifiche e i relativi esiti.

 

      5. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nei casi di riqualificazione periodica, di riparazione e di modifica degli impianti. In tali casi, non si applica il comma 3 ed è consentita la continuità del funzionamento dell'impianto a condizione che la comunicazione sia presentata nel tempo prescritto.

 

      6. Le procedure di cui ai commi 1 e 2 si applicano altresì alle verifiche periodiche degli apparecchi di sollevamento previste dall'articolo 194 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547. In tale caso la comunicazione è effettuata all'ASL o al diverso ente individuato dalla legge regionale in materia di prevenzione degli infortuni.

 

      7. Il regolamento di cui al regio decreto 12 maggio 1927, n. 824, e successive modificazioni, è abrogato.

 

Art. 20.

(Delega al Governo per la semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per semplificare, nel rispetto del mantenimento dei livelli di sicurezza per la collettività, le procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, realizzando un'effettiva riduzione degli adempimenti amministrativi e dei costi a carico delle imprese, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) diversificazione delle procedure e dei tempi per le attività aventi natura semplice o complessa;           b) diversificazione delle procedure e dei tempi in relazione alle attività disciplinate da norme tecniche, rispetto a quelle che, in relazione alla loro peculiare natura, non sono riconducibili ad una espressa disciplina tecnica;

          c) disciplina dell'istituto di inizio attività di cui al comma 5 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37;

          d) adozione di strumenti telematici per il rilascio del certificato di prevenzione incendi;

          e) individuzione di un costo forfetario massimo sia per le attività semplici e assoggettate a norme tecniche, sia per quelle complesse.

 

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza di detti pareri. Entro i due anni successivi alla data di entrata in vigore dei predetti decreti legislativi possono essere adottati ulteriori decreti correttivi e integrativi, nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi e con la procedura previsti dal presente articolo.

 

Art. 21.

(Delega al Governo in materia di disposizioni fiscali per favorire la capitalizzazione delle imprese).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme dirette a favorire l'intervento nel capitale di rischio delle società da parte di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l'ammissione dei titoli di partecipazione alla quotazione nei mercati regolamentati dell'unione europea o dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; i decreti legislativi sono emanati in conformità alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato e nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

 

          a) per le società di capitali, applicazione di un aliquota dell'imposta sul reddito delle società ridotta rispetto a quella ordinaria, comunque non inferiore al 20 per cento, sulla parte di imponibile proporzionalmente corrispondente al capitale di nuova formazione, sottoscritto e versato, ovvero acquistato in occasione della quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo, da organismi di investimento collettivo in valori mobiliari ovvero da loro partecipate costituite allo scopo, il cui attivo sia prevalentemente investito in partecipazioni in società di capitali; possibilità di prevedere, in alternativa alla riduzione dell'aliquota, la deduzione dal reddito imponibile della società partecipata di una quota degli utili formatisi successivamente all'ingresso degli organismi suddetti nel capitale e ad essi corrisposti; fissazione di un limite massimo al risparmio d'imposta fruibile in ciascun periodo attraverso l'applicazione dell'aliquota ridotta ovvero della deduzione dall'imponibile; possibilità di condizionare l'applicazione della disciplina alla sottoscrizione, da parte di tali organismi di investimento, di una quota del capitale non superiore a un limite massimo determinato sia in termini assoluti, sia in termini percentuali; cessazione del beneficio dell'aliquota ridotta, ovvero della deduzione di una quota dei dividendi dall'imponibile, in caso di successiva alienazione delle partecipazioni acquisite da parte dell'originario organismo sottoscrittore a soggetti diversi da organismi di investimento con caratteristiche analoghe;

 

          b) deduzione, in aggiunta a quella già spettante in base alle ordinarie regole dell'imposizione sul reddito d'impresa, delle spese sostenute per l'ammissione alla quotazione in mercati regolamentati ovvero in sistemi di scambio organizzati dell'Unione europea e dei Paesi aderenti allo Spazio economico europeo; limitazione della deduzione ai soli effetti dell'imposta sul reddito delle società; previsione di un limite massimo in valore assoluto dell'ammontare deducibile e possibilità di ripartirne l'imputazione, a prescindere dai criteri valevoli per la deduzione ordinaria, nell'arco massimo di tre periodi d'imposta.

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, da esprimere entro trenta giorni dall'assegnazione.

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 33 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

 

Art. 22.

(Misure di semplificazione in materia di cooperazione).

      1. All'articolo 2545-octies del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

      «In caso di perdita della qualifica di cooperativa a mutualità prevalente per il mancato rispetto della condizione di cui all'articolo 2513, l'obbligo previsto dal secondo comma del presente articolo è sospeso per il primo biennio successivo a tale perdita».

 

      2. La lettera c) del comma 10 dell'articolo 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, è abrogata.

 

Art. 23.

(Interventi a favore delle imprese di spettacolo).

      1. Gli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di generi e di settori, di attività teatrali, musicali e di danza, nonché di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa sono considerati piccole e medie imprese secondo la disciplina comunitaria.

 

      2. Ai sensi del comma 1, le imprese dello spettacolo usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in applicazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

 

      3. Il Governo, con apposito provvedimento, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, apporta ai decreti del Ministro per i beni e le attività culturali 21 dicembre 2005, pubblicati nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 29 del 4 febbraio 2006, le modificazioni necessarie per adeguare gli stessi alle disposizioni del presente articolo.

 

Art. 24.

(Pubblicazione informatica dell'albo pretorio).

      1. Il Governo, le regioni e gli enti locali promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di prevedere che la pubblicazione degli atti nell'albo pretorio, ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sia eseguita anche in via informatica.

 

 

 

 

Art. 25.

(Abolizione di alcune certificazioni dovute dalle imprese).

      1. Ai fini dell'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori da parte della pubblica amministrazione o dei concessionari di servizi pubblici e ai fini della partecipazione a procedure di evidenza pubblica, l'impresa interessata può allegare, in luogo delle richieste certificazioni, un'autocertificazione corredata dell'autorizzazione ad acquisire presso le pubbliche amministrazioni i dati necessari per la verifica, ferme restando, in caso di dichiarazione mendace, l'esclusione dalle procedure per l'ottenimento di titoli autorizzatori o concessori o dalle procedure di evidenza pubblica e la responsabilità per falso in atto pubblico.

 

      2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le certificazioni la cui presentazione può essere sostituita ai sensi del comma 1.

 

Art. 26.

(Misure in materia di rappresentanza dell'imprenditore e di compimento di operazioni telematiche).

      1. All'articolo 2209 del codice civile è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

      «Quando il potere di compiere gli atti pertinenti all'esercizio dell'impresa è conferito al procuratore con deliberazione di un organo collegiale, la pubblicità è attuata mediante deposito di copia del verbale della deliberazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell'impresa, presso il competente ufficio del registro delle imprese».

 

      2. Il conferimento da parte di un imprenditore a un determinato soggetto del potere di rappresentanza, per il compimento di specifici atti nei confronti della pubblica amministrazione, può essere provato mediante esibizione di una procura in forma scritta non autenticata e di copia fotostatica di un valido documento di identità del rappresentato sottoscritta dal medesimo.

      3. Qualora venga esibita la documentazione di cui al comma 2, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di richiedere la produzione della procura in forme diverse.

      4. Per le imprese il rilascio della procura per il compimento di operazioni telematiche verso la pubblica amministrazione può avvenire, previa richiesta sottoscritta congiuntamente dall'imprenditore e dal procuratore, mediante rilascio e trasmissione al registro delle imprese di un certificato digitale qualificato di rappresentanza da parte di un certificatore accreditato. La modifica e la revoca dei poteri conferiti sono disciplinate dall'articolo 2207 del codice civile.

 

Art. 27.

(Tenuta dei libri obbligatori ed elenco dei soci nelle società a responsabilità limitata).

      1. Il primo e il secondo comma dell'articolo 2470 del codice civile sono sostituiti dai seguenti:

 

      «Il trasferimento delle partecipazioni ha effetto nei riguardi della società dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese nei modi previsti dal secondo comma.

      L'atto di trasferimento, con sottoscrizione autenticata, deve essere depositato entro venti giorni, a cura del notaio autenticante, presso l'ufficio del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale. In caso di trasferimento a causa di morte, il deposito e l'iscrizione sono effettuati a richiesta dell'erede o del legatario verso presentazione della documentazione di cui all'articolo 2022».

 

      2. All'articolo 2478 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il numero 1) del primo comma è abrogato;

          b) al secondo comma, le parole: «I primi tre libri» sono sostituite dalle seguenti: «I libri indicati nei numeri 2) e 3) del primo comma» e le parole: «e il quarto» sono sostituite dalle seguenti: «; il libro indicato nel numero 4) del primo comma deve essere tenuto».

 

      3. Al secondo comma dell'articolo 2478-bis del codice civile, le parole: «devono essere depositati» sono sostituite dalle seguenti: «deve essere depositata» e le parole: «e l'elenco dei soci e degli altri titolari di diritti sulle partecipazioni sociali» sono soppresse.

 

Titolo III

SCUOLA, IMPRESE E SOCIETÀ

 

Art. 28.

(Norme generali in materia di istruzione tecnico-professionale).

      1. Gli istituti tecnici e gli istituti professionali previsti dall'articolo 191, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali appartenenti al sistema dell'istruzione secondaria superiore e sono finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore; i predetti istituti di istruzione sono organicamente strutturati sul territorio attraverso stabili collegamenti con il mondo del lavoro e dell'impresa, ivi compresi il volontariato e il privato sociale, con la formazione professionale, con l'università e con la ricerca.

      2. Nel quadro del riordino e del potenziamento di cui al comma 1, con uno o più regolamenti adottati con decreto del Ministro della pubblica istruzione ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono previsti: la riduzione del numero degli attuali indirizzi e il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area di istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree di indirizzo; la scansione temporale dei percorsi e i relativi risultati di apprendimento; la previsione di un monte ore annuale delle lezioni sostenibile per gli allievi, nei limiti del monte ore complessivo annuale già previsto per i licei economico e tecnologico dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, e del monte ore complessivo annuale da definire ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera f), della legge 27 dicembre 2006, n. 296; la conseguente riorganizzazione delle discipline di insegnamento al fine di potenziare le attività di laboratorio, di stage e di tirocini; l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.

 

      3. Sono adottate apposite linee guida, predisposte dal Ministro della pubblica istruzione e definite in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, al fine di realizzare organici raccordi tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali e i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative comprese nell'elenco di cui all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al capo III del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, compresi in un apposito repertorio nazionale.

      4. Alla disciplina delle materie di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 28 marzo 2003, n. 53, e alla revisione dei profili educativi di cui agli allegati A e B annessi al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e delle indicazioni nazionali allegate al medesimo decreto legislativo si provvede con regolamenti adottati, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Con analoghi regolamenti si provvede alla disciplina delle stesse materie di cui al presente comma, anche relativamente agli istituti tecnico-professionali previsti dal presente articolo.

 

Art. 29.

(Delega al Governo in materia di organi collegiali delle istituzioni scolastiche).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, nel rispetto dell'autonomia scolastica, per la ridefinizione delle funzioni degli organi collegiali delle istituzioni scolastiche al fine di garantire un maggiore raccordo tra le stesse e le istituzioni, gli enti, le imprese e le associazioni operanti nel territorio, nonché per assicurare una maggiore efficienza ed efficacia al funzionamento delle istituzioni scolastiche.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da rendere entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dei relativi schemi; decorso tale termine, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      3. Ulteriori disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere adottate, entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e con le procedure previsti dal presente articolo.

      4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) valorizzazione del collegamento delle scuole con le comunità locali e attuazione delle disposizioni in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche;

 

          b) previsione della possibilità, per le istituzioni scolastiche, di far partecipare agli organi collegiali e alla giunta esecutiva rappresentanze delle autonomie locali, delle università, delle associazioni, delle fondazioni e delle organizzazioni rappresentative del mondo economico, del terzo settore, del lavoro e delle realtà sociali e culturali presenti sul territorio;

 

          c) attribuzione alla giunta esecutiva, prevista dagli articoli 8 e 10 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, di funzioni di supporto e di collaborazione, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio di circolo o di istituto, in merito alle decisioni di rilevanza economico-finanziaria, nonché in materia di gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche autonome e di gestione delle risorse derivanti alle scuole da donazioni o da altri contributi secondo quanto previsto dalle disposizioni vigenti;

 

          d) previsione della possibilità di istituire, all'interno di ciascuna istituzione scolastica, un comitato tecnico volto a coadiuvare e a controllare la corretta attuazione del piano dell'offerta formativa durante l'intero anno scolastico;

 

          e) previsione di specifici corsi di formazione per i dirigenti scolastici e per i direttori dei servizi generali e amministrativi in servizio, organizzati dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica di cui all'articolo 1, comma 610, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzati al più efficace esercizio delle rispettive funzioni. Allo svolgimento dei predetti corsi è destinata una quota delle risorse di bilancio previste per la formazione.

 

Art. 30.

(Fondo di perequazione).

      1. Al fine di assicurare alle istituzioni scolastiche l'assegnazione perequativa di cui all'articolo 21, comma 5, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, è istituito, nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione, un apposito fondo denominato Fondo perequativo. Con decreto del Ministro della pubblica istruzione sono definiti i criteri per l'assegnazione delle risorse. La consistenza annuale del Fondo perequativo è fissata nella misura del 5 per cento della dotazione del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, di cui all'articolo 1 della legge 18 dicembre 1997, n. 440. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede a carico dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4 della medesima legge n. 440 del 1997.

 

Art. 31.

(Disposizioni finali e abrogazioni).

      1. Il termine di trentasei mesi previsto dall'articolo 1, comma 5, della legge 12 luglio 2006, n. 228, per l'adozione delle disposizioni correttive e integrative del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, è ulteriormente prorogato di dodici mesi.

      2. All'articolo 27, comma 4, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dall'articolo 1, comma 8, della legge 12 luglio 2006, n. 228, le parole: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2008-2009» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dall'anno scolastico e formativo 2009-2010».

      3. Al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

          a) il comma 1 dell'articolo 1 è abrogato;

           b) all'articolo 2:

              1) al comma 3, la parola: «C/3» è soppressa e le parole: «, C/7 e C/8» sono sostituite dalle seguenti: «e C/7»;

              2) al comma 6, le parole: «economico,» e «, tecnologico» sono soppresse;

              3) il comma 7 è abrogato;

              4) al comma 8, le parole: «I percorsi liceali artistico, economico e tecnologico si articolano» sono sostituite dalle seguenti: «Il percorso liceale artistico si articola»;

          c) all'articolo 3, comma 2, quinto periodo, le parole: «6,» e «, 10» sono soppresse;

 

          d) il comma 5 dell'articolo 12 è abrogato;

          e) i commi 2 e 3 dell'articolo 25 sono abrogati;

          f) nell'allegato B, le parole da: «Liceo economico» fino a: «i fenomeni economici e sociali» e da «Liceo tecnologico» fino alla fine sono soppresse;

          g) l'allegato D-bis è abrogato.

 

      4. Le abrogazioni previste dall'articolo 31, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, non hanno effetto relativamente alle disposizioni del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, che fanno riferimento agli istituti tecnici e professionali.

      5. All'attuazione del presente titolo si provvede nell'ambito delle risorse umane strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Sono fatte salve le competenze esercitate nella materia dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Titolo IV

CITTADINO E CONSUMATORE

Art. 32.

(Nullità della clausola di massimo scoperto).

      1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente.

      2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente sono comunque rilevanti ai fini dell'applicazione dell'articolo 1815 del codice civile, dell'articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.

      3. I contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro sessanta giorni dalla medesime data.

 

Art. 33.

(Delega al Governo in materia di modernizzazione degli strumenti di pagamento).

      1. Al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, riducendo i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, concernenti il riordino della disciplina in materia di sistemi di pagamento, con l'osservanza dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

          a) progressiva introduzione, a carico delle pubbliche amministrazioni e senza ulteriori oneri, dell'obbligo di accettare pagamenti tramite moneta elettronica, nonché attraverso servizi telematici e telefonici, previa stipulazione di convenzioni, tramite procedura competitiva, con banche e loro associazioni, volte ad escludere che dall'applicazione delle disposizioni dei medesimi decreti legislativi derivino oneri o aggravi finanziari per i cittadini e per l'amministrazione;

 

          b) graduale estensione dell'obbligo di cui alla lettera a) ai soggetti incaricati di servizi pubblici, alle banche, alle assicurazioni e ad altri soggetti appartenenti a specifiche categorie economiche;

 

          c) introduzione di una soglia massima oltre la quale lo stipendio, la pensione e i compensi comunque corrisposti in via continuativa a prestatori d'opera non possono essere erogati in contanti o con assegni;

 

          d) previsione di misure per agevolare i pagamenti delle pubbliche amministrazioni con strumenti diversi dal denaro contante e dagli assegni;

 

          e) introduzione di incentivi, anche di natura fiscale, nell'invarianza del gettito, per favorire l'acquisto, anche da parte dei soggetti privati, di strumenti idonei a consentire la ricezione di pagamenti tramite moneta elettronica;

 

          f) revisione, nell'invarianza del gettito, della disciplina concernente l'imposta di bollo sui documenti relativi alle operazioni bancarie, rendendo più favorevole il trattamento tributario delle operazioni effettuate in via telematica ed elettronica e della tenuta di conti correnti caratterizzati da ridotto rilievo finanziario e da limitato impatto amministrativo;

 

          g) superamento progressivo dell'obbligo di trasmissione dell'elenco dei clienti e dei fornitori in ragione della graduale introduzione dell'emissione della fattura in forma elettronica;

 

          h) individuazione di strumenti idonei a ridurre i costi amministrativi a carico degli operatori e i costi amministrativi e finanziari a carico degli utenti, connessi all'utilizzo di moderni sistemi di pagamento, anche mediante la semplificazione delle procedure, da realizzare in via regolamentare o con l'adozione di provvedimenti amministrativi generali e in coordinamento con le autorità che regolano il settore;

 

          i) coordinamento della nuova disciplina con le disposizioni vigenti;

 

          l) introduzione di una adeguata normativa transitoria volta a regolamentare il passaggio alla nuova disciplina;

 

          m) previsione dell'autorizzazione in favore degli enti nazionali di previdenza e assistenza sociale a stipulare, senza maggiori oneri per la finanza pubblica, apposite convenzioni con la società Poste italiane Spa o con banche, alle condizioni di cui alla lettera a), per la distribuzione di carte di pagamento che consentano ai titolari delle prestazioni dei medesimi enti la riscossione delle somme loro spettanti presso gli sportelli automatici degli uffici postali e delle banche.

 

      2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle competenti Commissioni parlamentari, le quali si esprimono entro trenta giorni dall'assegnazione.

      3. Decorso il termine di cui al comma 2 senza che le Commissioni parlamentari abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati.

      4. Nei due anni successivi alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi possono essere adottati, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi e delle procedure di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive, nonché tutte le modificazioni necessarie per il migliore coordinamento normativo.

      5. Dall'attuazione delle deleghe di cui al presente articolo e di cui all'articolo 21 non devono complessivamente derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

      6. Le regole tecniche per l'attuazione dei decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottate con le modalità e secondo le procedure previste dall'articolo 71, commi 1 e 1-ter, del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni.

 

Art. 34.

(Famiglie di invalidi civili minori).

      1. Nell'articolo 2 della legge 11 ottobre 1990, n. 289, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

 

      «3-bis. Nei casi in cui la concessione dell'indennità mensile di frequenza si fonda sulla frequenza di scuole, pubbliche o private, di ogni ordine e grado, da parte del minore, la domanda non deve essere rinnovata ogni anno. Il legale rappresentante del minore ha comunque l'obbligo di comunicare all'Istituto nazionale della previdenza sociale l'eventuale cessazione della frequenza, ovvero il venir meno dei requisiti reddituali o delle altre condizioni per la fruizione dell'indennità».

 

Titolo V

SEMPLIFICAZIONE DEL REGIME DELLA CIRCOLAZIONE GIURIDICA DEI VEICOLI

 

Art. 35.

(Portabilità della targa dei veicoli).

      1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge è istituito, nel rispetto delle finalità di sicurezza, di ordine pubblico e della certezza delle situazioni giuridiche, il regime personale della targa dei veicoli, che consente il collegamento permanente della targa con il relativo titolare, nonché l'identificazione del proprietario del veicolo.

 

Art. 36.

(Regime giuridico degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi).

      1. Gli autoveicoli, i motoveicoli e i rimorchi cessano di essere sottoposti alle disposizioni riguardanti i beni mobili registrati, di cui all'articolo 2683, numero 3), e all'articolo 2810, commi secondo, per la parte relativa agli autoveicoli, e terzo, del codice civile. Ai predetti beni si applicano, ai sensi del terzo comma dell'articolo 812 del codice civile, le disposizioni sui beni mobili, fatto salvo quanto disposto dal comma 2.

      2. Gli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni di cui al comma 1 sono registrati nell'archivio nazionale dei veicoli istituito ai sensi degli articoli 225 e 226 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, secondo le modalità stabilite dal presente titolo. Gli stessi atti sono soggetti ad annotazione nella carta di circolazione.

      3. Il pubblico registro automobilistico di cui al regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, e di cui al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abolito dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di attuazione di cui all'articolo 39 della presente legge, che devono essere emanati garantendo l'invarianza del gettito.

 

Art. 37.

(Personale del pubblico registro automobilistico).

      1. Al personale dell'Automobile Club d'Italia, già adibito al funzionamento del pubblico registro automobilistico, che conserva comunque il rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 33, 34 e 34-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

 

Art. 38.

(Disposizioni in materia fiscale).

      1. Agli atti che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono il diritto di proprietà, i diritti reali, anche di garanzia, la locazione con facoltà di acquisto, il sequestro conservativo e il pignoramento dei beni continua ad applicarsi l'articolo 56 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni.

 

Art. 39.

(Regolamenti di attuazione).

      1. Con uno o più regolamenti, emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono dettate le disposizioni per la disciplina del procedimento di immatricolazione, di annotazione e di registrazione del contenuto degli atti di cui al comma 2 dell'articolo 36 della presente legge, di perdita del possesso e di cessazione della circolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, nonché le disposizioni da osservarsi nei casi di smarrimento, sottrazione, distruzione o deterioramento della carta di circolazione e per il trasferimento di residenza dell'intestatario della carta di circolazione medesima. Con gli stessi regolamenti è adeguato alla nuova disciplina il regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento relativo all'immatricolazione, ai passaggi di proprietà e alla reimmatricolazione degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358, e successive modificazioni, e sono disciplinati i tempi e le modalità del trasferimento dei dati e del personale eventualmente occorrente, da trasferire ai sensi dell'articolo 37 della presente legge, dal pubblico registro automobilistico all'archivio nazionale dei veicoli, nonché le altre norme transitorie eventualmente necessarie; sono, inoltre, individuate le ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni del presente titolo, garantendo l'invarianza degli oneri, con specifico riguardo alla quota di risorse finanziarie attualmente derivanti dall'attività del pubblico registro automobilistico, ove destinate al funzionamento dello stesso.

 

Art. 40.

(Sanzioni).

      1. Chiunque circola con un veicolo per il quale non è stata rilasciata la carta di circolazione è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433. Alla medesima sanzione è soggetto il proprietario del veicolo o l'usufruttuario o il locatario con facoltà d'acquisto o l'acquirente con patto di riservato dominio. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      2. Chiunque circola con un rimorchio agganciato ad una motrice senza che sulla relativa carta di circolazione siano riportate le prescritte indicazioni relative alla caratteristiche del rimorchio medesimo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 71 a euro 286.

      3. Chiunque abusivamente produce o distribuisce targhe per autoveicoli, per motoveicoli o rimorchi è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 357 a euro 1433. Dalla violazione del presente comma consegue la sanzione amministrativa accessoria della confisca delle targhe, secondo le norme di cui al titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni.

      4. Ai gestori dei centri di raccolta e di vendita degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi che alienano, smontano o distruggono gli stessi mezzi senza avere prima restituito la targa e la carta di circolazione al competente ufficio, qualora non vi abbiano provveduto i titolari, si applica la sanzione prevista dall'articolo 255 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

      5. L'acquirente di uno dei diritti di cui al comma 2 dell'articolo 36, che omette di effettuare l'annotazione e la registrazione previste al medesimo comma, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 600 a euro 3.300. La predetta sanzione è ridotta della metà qualora l'adempimento sia effettuato entro trenta giorni dalla scadenza del termine stabilito con i regolamenti di cui all'articolo 39.

 

Art. 41

(Modificazioni, abrogazioni e disposizioni transitorie).

      1. Le disposizioni del presente titolo e dei regolamenti di cui all'articolo 39 si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti stessi. A decorrere dalla stessa data:

 

          a) nel codice civile:

              1) alla rubrica della sezione I del capo III del titolo I del libro VI, le parole: «agli aeromobili e agli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e agli aeromobili»;

              2) il numero 3) dell'articolo 2683 è abrogato;

              3) al primo comma dell'articolo 2695, le parole: «e dalla legge speciale per quanto riguarda gli autoveicoli» sono soppresse;

              4) all'articolo 2810, al secondo comma, le parole: «gli aeromobili e gli autoveicoli» sono sostituite dalle seguenti: «e gli aeromobili» e il terzo comma è abrogato;

          b) il regio decreto-legge 15 marzo 1927, n. 436, convertito dalla legge 19 febbraio 1928, n. 510, e successive modificazioni, è abrogato, ad eccezione dell'articolo 29;

          c) il regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e successive modificazioni, è abrogato;

          d) l'articolo 7 della legge 9 luglio 1990, n. 187, e successive modificazioni, è abrogato;

          e) nel codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, l'articolo 78, comma 1, secondo periodo, è soppresso; l'articolo 93, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 12, l'articolo 94, l'articolo 95, l'articolo 101, commi 2, 3, 4, 5 e 6, e l'articolo 103 sono abrogati;

          f) l'articolo 245 e l'articolo 247 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, sono abrogati.

 

Titolo VI

NORME FINALI

 

Art. 42.

(Collaborazione tra Stato, regioni e autonomie locali).

      1. Il Governo e le regioni promuovono intese o concludono accordi, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e dell'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del medesimo decreto legislativo n. 281 del 1997, e successive modificazioni, al fine di assicurare ulteriori livelli di promozione della concorrenza e di tutela dei consumatori, nonché di garantire la piena applicazione e la verifica degli effetti derivanti delle disposizioni della presente legge.

 

Art. 43.

(Invarianza della spesa).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare oneri aggiuntivi o diminuzioni di entrate per la finanza pubblica.

      2. Le attività e gli adempimenti previsti dalle disposizioni di cui agli articoli 3, comma 2, 5, 8, 9, 13, comma 3, 14, comma 1, 15, comma 4, 19, comma 4, 24 e 33 sono svolti dalle amministrazioni competenti nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, nonché delle risorse umane e strumentali previste e disponibili a legislazione vigente.

 


 

 



[1]    D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese. Il decreto legge è attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge.

 

[2]     Dir.P.C.M. 27 marzo 2000 “Analisi tecnico-normativa e analisi dell'impatto e della regolamentazione” (Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 maggio 2000, n. 118). L’art.2, concernente l’ATN, prevede che l'ATN verifica l'incidenza della normativa proposta sull'ordinamento giuridico vigente, dà conto della sua conformità alla Costituzione e alla disciplina comunitaria nonché dei profili attinenti al rispetto delle competenze delle regioni e delle autonomie locali e ai precedenti interventi di delegificazione. L'ATN, inoltre, dà conto della correttezza delle definizioni e dei riferimenti normativi contenuti nel testo della normativa proposta, nonché delle tecniche di modificazione e abrogazione delle disposizioni vigenti, riportando eventuali soluzioni alternative prese in considerazione ed escluse. L'analisi è condotta anche alla luce della giurisprudenza esistente e di eventuali progetti di modifica della stessa materia già in corso di esame. L’art.3, concernente l’AIR, prevede che l'AIR è uno strumento per stabilire la necessità di un intervento di regolamentazione e per scegliere quello più efficace. L'AIR consiste nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sull'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e nella valutazione dell'impatto della regolamentazione sui cittadini e sulle imprese. L'AIR contiene la descrizione degli obiettivi del provvedimento di regolamentazione la cui eventuale adozione è in discussione e delle opzioni alternative, nonché la valutazione dei benefìci e dei costi derivanti dalla misura regolatoria.

[3]     Si ricorda che la tendenza recente, ai fini della semplificazione dell’ordinamento, è nel senso della delegificazione. Quanto alle ipotesi di rilegificazione, la Circolare presidenziale del 20 aprile 2001 sulle “Regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi normativi”  dispone che “Quando si intenda disciplinare con legge una materia già oggetto di delegificazione, si opera non mediante novella di atti di rango subprimario, bensì mediante autonoma disposizione legislativa chiarendo: 1) ove possibile, le parti dell’atto secondario che sono abrogate; 2) se la modifica comporta anche un aggiornamento dei principi della delegificazione; 3) se in futuro permane l’autorizzazione già conferita al Governo a disciplinare la materia con regolamento.

[4]     L’articolo 6, comma 1, del DPR n.447/1998 si limita invece a prevedere, senza particolari specificazioni, che le attestazioni di conformità alla normativa vigente siano “redatte da professionisti abilitati o da società di professionisti e sottoscritte dai medesimi, unitamente al legale rappresentante dell’impresa”. Sul punto la pdl Capezzone (art.1, com 1, lett.m)) appare ispirata all’ulteriore ampliamento della platea dei soggetti abilitati al rilascio delle attestazioni di conformità, prevedendo la modifica del DPR n.447/1998 nel senso di garantire “la possibilità di consentire l’asseverazione delle dichiarazioni da parte di professionisti, anche associati, associazioni, consorzi, società od altri enti per l’erogazione di servizi alle imprese, debitamente delegati”.

[5]     Al riguardo merita evidenziare che l’articolo 25, comma 2, lettera f), del D.Lgs. n.112/1998, con riferimento ai procedimenti presso lo sportello unico, prevede la possibilità del Comune di fare ricorso alla conferenza di servizi (le cui determinazioni sostituiscono il provvedimento finale) esclusivamente “ove non sia esercitata la facoltà […] per l’interessato di ricorrere all’autocertificazione”.

[6]     Al riguardo merita evidenziare che la normativa vigente, recata dall’articolo 6, commi 4-5, del DPR n.447/1998, ove pure si prevede la possibilità di convocare in contraddittorio l’interessato da parte del responsabile del procedimento, chiarisce espressamente che il termine per la formazione del silenzio-assenso a seguito della presentazione dell’autocertificazione (fissato in 60 giorni dal successivo comma 8) resta sospeso fino alla presentazione del progetto modificato conformemente all’accordo.

[7]     Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi a regioni e enti locali, ai sensi dell’art. 1 della L. 59/97), ha fatto salva la disciplina del D.Lgs. 32/1998 (art. 1, comma 1). Peraltro, il successivo art. 105, co. 2, lett. f), ha attribuito alle regioni le funzioni in materia di concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti lungo le autostrade ed i raccordi autostradali.

[8]     Procedura 2004/4365

[9]     Sul piano generale l’articolo 43 stabilisce il principio fondamentale che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro nel quadro del mercato interno.

[10]    Decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 in materia di razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti come modificato dal decreto legislativo 8 settembre 1999, n. 346, legge 28 dicembre 1999, n. 496, in materia di accise sui prodotti petroliferi e di accelerazione del processo di liberalizzazione del relativo settore, legge 5 marzo 2001, n. 57, relativa all’apertura e alla regolazione dei mercati che prevede, tra l’altro, l’adozione di un piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti, piano approvato con decreto ministeriale del 31 ottobre 2001.

[11]    Il piano nazionale contenente le linee guida per l'ammodernamento del sistema distributivo dei carburanti richiede alle regioni l’elaborazione di documenti di programmazione, da concordarsi tra gli operatori, i comuni, le province e la regione stessa, che contengano, tra l’altro, la definizione di criteri autorizzativi per l’installazione di nuovi impianti.

[12]    Sentenza 15 gennaio 2002, Commissione contro l’Italia, causa C-439/99, punto 22.

[13]    Cfr. sentenza 13 febbraio 2003, in causa C-131/01.

[14]   Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale;alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la nuova disciplina della DIA prevede: la presentazione, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; la sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. Resta comunque salva la possibilità per l’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.

[15]    Legge 29 dicembre 1993, n.580 (“Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”).

[16]   Il comma 4dell'articolo 8 della legge n.580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.

[17]    La circolare del Ministro dell'industria n. 3243 del 17 maggio 1991 ha precisato che vi rientrano anche i diplomi di qualifica professionale ottenuto dopo corsi di durata inferiore ai cinque anni, purché di indirizzo commerciale.

[18]    DM 21 febbraio 1990, n. 300.

[19]   Le innovazioni introdotte dal decreto legislativo 303/1991, di recepimento della direttiva 86/653/CEE, sono consistite principalmente:

-        nella previsione del diritto di ognuna delle parti di ottenere dall'altra una copia del contratto sottoscritto (art. 1742, comma 2);

-        nel diritto dell'agente alla provvigione sugli affari conclusi anche dopo lo scioglimento del contratto, quando la conclusione degli stessi è effetto soprattutto dell'attività da lui svolta (art. 1748, comma 3);

-        nella previsione di specifici obblighi del proponente nei riguardi dell'agente (art. 1748, commi 5, 6 e 7);

-        nella trasformazione in contratto a tempo indeterminato del contratto di agenzia la cui esecuzione è proseguita dalle parti oltre la scadenza del termine fissato e nella disciplina del preavviso in caso di recesso di una delle parti dal contratto (art. 1750); nella modifica della disciplina dell'indennità in caso di cessazione del rapporto (art. 1751);

-        nella disposizione, di nuova introduzione, relativa al cd. patto di non concorrenza, volto alla limitazione della concorrenza all'impresa preponente da parte dell'agente, nella stessa zona, dopo la conclusione del contratto di agenzia (art. 1751-bis).

[20]   Il decreto legislativo 15 febbraio 1999, n. 65, “Adeguamento della disciplina relativa agli agenti commerciali indipendenti, in ulteriore attuazione della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986" ha pertanto modificato e sostituito gli articoli 1742, 1746, 1748, 1749 e 1751 del codice civile. In particolare, per quanto riguarda la prova del contratto di agenzia che deve essere data per iscritto, si ricorda che l'attuale formulazione dell'art. 1742, comma 2, cc, riproduce letteralmente l'articolo 13, comma 1, della direttiva, e si differenzia dalla precedente formulazione per l'espresso richiamo alla necessaria prova per iscritto del contratto e alla trasposizione in un documento del contenuto del contratto stesso e delle clausole aggiuntive, nonché per la prevista irrinunciabilità del diritto ad avere copia di tale documentazione. Inoltre, sono precisati gli obblighi e i diritti dell'agente e del preponente.

[21]    Si ricorda che l’appendice V del regolamento 495/1992 elenca le caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli a motore e loro rimorchi in ordine ai seguenti parametri:

A - Masse, dimensioni ed allestimenti

B – Prestazioni

C - Sicurezza attiva

D - Sicurezza passiva

E - Protezione ambientale

F - Norme per particolari categorie di veicoli

G - Disposizioni fiscali

H - Varie

[22]    Comunicazione n. 2006/C 67/06, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, serie C, n. 67, del 18 marzo 2006.

[23]    L’UNECE è la Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite, una delle cinque commissioni regionali dell’ONU istituita nel 1947 al fine di promuovere l’integrazione economica paneuropea. L’UNECE, tra l’altro, fissa norme, standard e convenzioni per facilitare la cooperazione internazionale. Il campo di attività dell’UNECE comprende: l’integrazione e la cooperazione economica, l’energia, l’ambiente, le statistiche, il commercio ed i trasporti.

[24]    Accordo della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite relativo all'adozione di condizioni uniformi di omologazione e al riconoscimento reciproco dell'omologazione degli accessori e delle parti dei veicoli a motore, firmato a Ginevra il 20 marzo 1958. La Comunità europea ha aderito, il 31 dicembre 2005, all’Accordo del 1958 riveduto.

[25]    CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico - Stati membri, rappresentanti dell'industria, ONG e deputati europei – al fine di esaminare gli ambiti politici di maggiore rilievo che interessano l'industria automobilistica europea e di formulare raccomandazioni in merito alle future politiche pubbliche e al futuro quadro normativo.

[26]    Comunicazione n. 1996/143/04, pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, serie C, n. 143, del 15 maggio 1996. Il 14 febbraio 2007 la Commissione ha presentato un aggiornamento della comunicazione interpretativa in questione (SEC(2007)169).

[27]    Il D.Lgs 22 febbraio 2005 recante “Riordino della disciplina relativa all'installazione e all'esercizio degli impianti di riempimento, travaso e deposito di GPL, nonché all'esercizio dell'attività di distribuzione e vendita di GPL in recipienti, a norma dell'articolo 1, comma 52, della L. 23 agosto 2004, n. 239 è stato pubblicato nella GU 29 marzo 2006, n. 74.

[28]   La precedente normativa di riferimento era costituita dalla legge 21 marzo 1958, n. 327, recante "Norme per la concessione e l'esercizio delle stazioni di riempimento di gas di petrolio liquefatti", che aveva introdotto norme relative alla concessione e all’esercizio delle stazioni di riempimento di gas di petrolio liquefatti. Successivamente, con la legge 2 febbraio 1973, n. 7, recante "Norme per l'esercizio delle stazioni di riempimento e per la distribuzione di gas di petrolio liquefatti in bombole", era stato disciplinato l’esercizio delle predette stazioni, nonché la distribuzione di GPL in bombole. Il provvedimento era stato poi modificato e integrato dalla legge 1° ottobre 1985, n. 539, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge 2 febbraio 1973, n. 7". Più recentemente, con il DPR 18 aprile 1994, n. 420, recante "Regolamento recante semplificazione delle procedure di concessione per l'installazione di impianti di lavorazione o di deposito di oli minerali", si era provveduto a semplificare le procedure di concessione e per l’installazione di impianti di lavorazione o di depositi di oli. Il provvedimento di semplificazione riguarda anche i depositi di GPL. Sotto il profilo della sicurezza degli impianti nel tempo erano  stati adottati vari decreti da parte del Ministro degli interni.

[29]   Vedi Bollettino Attività dell’Unione europea “Una nuova politica energetica per l’Europa”, n. 6- gennaio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[30]    In particolare, si persegue il nuovo obiettivo strategico della politica energetica europea - ridurre almeno del 20 %, entro il 2020,  le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990 - ed un insieme di misure concrete finalizzate al raggiungimento dello stesso.

[31]    L’indagine settoriale è stata avviata nel giugno 2005. Alla presentazione dei primi risultati, nel novembre 2005, è seguita una relazione preliminare del febbraio 2006 che ha lanciato una consultazione pubblica a cui hanno partecipato operatori del settore, autorità nazionali, associazioni di categoria ed enti governativi.

[32]    SEC(2006)1709.

[33]    Il 18 dicembre 2006 la Commissione ha inviato all’Italia due pareri motivati, nei quali si contesta l’inadeguato recepimento delle direttive comunitarie nel settore dell’energia (procedure n. 2006/2057 e n. 2006/2068).

[34]    Articolo 1, comma 30, della legge n. 239 del 23 agosto 2004, “Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia”.

[35]   Le infrastrutture centralizzate sono elencate nell’allegato al decreto come segue:

      1. Gestione sistema di smistamento e riconsegna bagagli.

      2. Gestione tecnica pontili per l'imbarco e lo sbarco dei passeggeri o altri sistemi non frazionabili di trasporto dei passeggeri.

      3. Gestione impianti centralizzati di alimentazione, condizionamento e riscaldamento aeromobili.

      4. Gestione sistemi centralizzati di sghiacciamento aeromobili.

      5. Gestione sistemi informatici centralizzati (informativa al pubblico, sala annunci, sistema di scalo CUTE, ecc.).

      6. Gestione impianti statici centralizzati di distribuzione carburanti.

      7. Gestione impianti centralizzati di stoccaggio e lavaggio materiali catering.

[36]    Per un approfondimento sulla procedura d’infrazione relativa all’articolo 14 del D.Lgs. 18/1999 si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 23 della legge comunitaria per il 2006, contenuta nel relativo dossier quaderni del Servizio Studi.

[37]    COM (2006) 821 definitivo del 24 gennaio 2007

[38]    Vedi Bollettino tematico XV legislatura n. 7 “Pacchetto aeroportuale”, del 14 febbraio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[39]    La direttiva 96/67/CE è stata recepita in Italia con legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria per il 2003).

[40]  Procedura di infrazione n. 1999/4472.

[41]  L’articolo 228 del TCE recita:

“1. Quando la Corte di giustizia riconosca che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del presente trattato, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta.

      2. Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la Commissione, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, formula un parere motivato che precisa i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza della Corte di giustizia.

      Qualora lo Stato membro in questione non abbia preso entro il termine fissato dalla Commissione i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte comporta, la Commissione può adire la Corte di giustizia. In questa azione essa precisa l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze.

      La Corte di giustizia, qualora riconosca che lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza da essa pronunciata, può comminargli il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità.

      Questa procedura lascia impregiudicate le disposizioni dell'articolo 227.”

[42]    La disposizione prevede infatti che le associazioni internazionali di imprese e le imprese ferroviarie, hanno il diritto all'accesso ed all'utilizzo, a condizioni eque e non discriminatorie, di:

      a) impianti di approvvigionamento di combustibile;

      b) stazioni passeggeri, strutture ed edifici ad esse annessi;

      c) scali e terminali merci;

      d) aree e impianti di smistamento e di composizione dei treni;

      e) aree, impianti ed edifici destinati alla sosta, al ricovero ed al deposito di materiale rotabile e di merci;

      f) centri di manutenzione ed ogni altra infrastruttura tecnica;

      g) servizi di manovra;

      h) controllo dei trasporti di merci pericolose, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura;

      i) assistenza alla circolazione di treni speciali, previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell'infrastruttura.

[43]    Costituito da tre direttive 2001/12/CE, 2001/13/CE e 2001/14/CE

[44]   Si segnala che un secondo “pacchetto ferroviario” è stato approvato in sede europea al fine dell’ulteriore apertura alla concorrenza delle reti nazionali, e della introduzione di maggiori garanzie per la sicurezza del trasporto ferroviario. In data 20 marzo 2007, la Commissione europea ha deferito alla Corte di Giustizia l’Italia ed altri nove Paesi membri della Ue per non avere adottato le disposizioni contenute in tale secondo “pacchetto ferroviario”, il cui termine di recepimento era fissato al 30 aprile 2006.

[45]    L’attuazione a livello nazionale del suddetto quadro normativo ha imposto la trasformazione del Gruppo FS e la costituzione di soggetti distinti e formalmente autonomi che garantissero la separazione tra le attività di gestione dell’infrastruttura, attraverso la società RFI, e l’attività di impresa ferroviaria, attraverso Trenitalia.

[46]    Legge 13 dicembre 2000, n. 388

[47]    Legge 1° agosto 2002, n. 166 recante Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti

[48]   Si ricorda che il termine originario era fissato al 31 dicembre 2003 ed è stato così prorogato dall’articolo 6 del DL 24 giugno 2003, n. 147, recante Proroga di termini e disposizioni urgenti ordinamentali, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 1° agosto 2003, n. 200.

[49]   Per trasporto combinato si intende il trasporto merci per cui l'autocarro, il rimorchio, il semirimorchio con o senza il veicolo trattore, la cassa mobile o il contenitore effettuano la parte iniziale o terminale del tragitto su strada e l'altra parte per ferrovia senza rottura di carico. Per trasporto ferroviario di merci pericolose, anche in carri tradizionali, si intende il trasporto delle merci classificate dal regolamento internazionale per il trasporto di merci pericolose (RID).

[50]   Per trasporto accompagnato si intende il trasporto di merci, caricate su veicoli adibiti al trasporto di merci su strada, mediante carri ferroviari speciali.

[51]   DPR 22 dicembre 2004, n. 340, Regolamento recante disciplina delle agevolazioni tariffarie, in materia di servizio di trasporto ferroviario di passeggeri e dell'incentivazione del trasporto ferroviario combinato, accompagnato e di merci pericolose, a norma dell'articolo 38 della L. 1° agosto 2002, n. 166

[52]   Il certificato di sicurezza  - che è rilasciato dal gestore dell’infrastruttura - deve attestare la conformità delle imprese ferroviarie alle normative nazionali, compatibili con il diritto comunitario, in materia di requisiti tecnici e operativi specifici per i servizi ferroviari e di requisiti di sicurezza relativi al personale, al materiale rotabile e all’organizzazione interna dell’impresa ferroviaria, con particolare riguardo agli standard in materia di sicurezza della circolazione e alle disposizioni relative alle singole linee e ai singoli servizi.

[53]   Si ricorda che sul tema della sicurezza ferroviaria è stata avviata dalla IX Commissione (Trasporti, poste e telecomunicazioni) della Camera un ‘indagine conoscitiva avente ad oggetto, altresì, la qualità del servizio fornito agli utenti e lo stato del processo di liberalizzazione in atto relativamente ai servizi di trasporto pubblico locale.

[54]   Tra i servizi per i quali è riconosciuto alle imprese ferroviarie il diritto di utilizzo, dietro pagamento di corrispettivo, figurano i servizi di manovra, il controllo dei trasporti di merci pericolose e di assistenza alla circolazione di treni speciali, questi ultimi previa sottoscrizione di contratti specifici con il gestore dell’infrastruttura.

[55]   La disciplina risulta assai articolata e dettagliata, e riguarda i diritti connessi alla capacità di infrastruttura, la stipula di accordi quadro tra gestore dell'infrastruttura e “richiedente” (che può anche essere un soggetto diverso dall’impresa ferroviaria), la richiesta di capacità specifiche di infrastruttura (tracce orarie), il contratto per la concessione dei diritti di utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, il riesame - da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in qualità di organismo di regolazione - delle determinazioni del gestore dell'infrastruttura ferroviaria in materia.

[56]    La COSAC dell’Aja (23 novembre 2004) ha deciso di condurre un progetto pilota per valutare il funzionamento della procedura di “allerta precoce” in materia di sussidiarietà, previsto dal Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa. Il progetto pilota è stato condotto sulle proposte della Commissione europea relative al “terzo pacchetto ferroviario” e si è svolto dal 1° marzo 2005 al 12 aprile 2005. Hanno partecipato al progetto pilota 31 camere delle 37 che compongono i Parlamenti nazionali (la Camera dei deputati non ha partecipato). 14 Parlamenti  nazionali hanno affermato che una o più delle proposte contenute nel pacchetto violerebbe il principio di sussidiarietà, altri 3 hanno espresso generici dubbi.

[57]    Il “primo pacchetto ferroviario” comprende: la direttiva 2001/12/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie; la direttiva 2001/13/CE relativa alle licenze delle imprese ferroviarie; la direttiva 2001/14/CE relativa alla ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria, all'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria e alla certificazione di sicurezza.

[58] Il secondo pacchetto ferroviario comprende: una comunicazione (COM(2002)18) che presenta una strategia per la creazione di uno spazio ferroviario europeo integrato; la direttiva 2004/49/CE relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie; la direttiva 2004/50/CE relativa all'interoperabilità del sistema ferroviario transeuropeo; la direttiva 2004/51/CE relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie;il regolamento (CE) n. 881/2004 che istituisce un'Agenzia ferroviaria europea; una decisione del Consiglio che autorizza la Commissione a negoziare un accordo che definisce le condizioni di adesione della Comunità alla Convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia (COTIF) del 9 maggio 1980, come modificata dal protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999.

[59]Questo gruppo è stato istituito dalla Commissione nel 2004, in seno al Comitato sull’interoperabilità della rete ferroviaria transeuropea, al fine di risolvere il problema del riconoscimento reciproco del materiale rotabile. Il gruppo ha elaborato un documento di consultazione che è stato presentato alle autorità degli Stati membri e alle parti interessate in occasione di una riunione che ha avuto luogo a Bruxelles il 26 aprile 2006. Su questo documento la Commissione ha avviato una consultazione pubblica che si è conclusa il 1° giugno 2006 durante la quale le parti interessate e le autorità degli Stati membri hanno sottolineato la necessità di intervenire al fine di migliorare la situazione, adottando un approccio volontario e sostenendo l’adozione delle opportune iniziative legislative.

[60]    Si tratta di una serie di sentenze emesse dalla Corte di giustizia, fra cui la sentenza del 24 luglio 2003 (causa C-280/00) “Altmark Trans GmbH” nelle quali viene affrontata la questione se le compensazioni di servizio pubblico nei vari settori dell’economia costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del Trattato CE. In base a questa sentenza, le compensazioni per la fornitura di servizi di interesse generale non rappresentano aiuti di Stato - e non sono pertanto soggette alla notifica e all'approvazione preventive della Commissione - soltanto se sono soddisfatte quattro condizioni fondamentali:

il beneficiario deve essere incaricato dell'assolvimento di obblighi di servizio pubblico definiti in modo chiaro;

      i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente;

      la compensazione non deve eccedere i costi originati dall'adempimento degli obblighi di servizio pubblico, detratti gli introiti ricavati con la fornitura del servizio (può tuttavia comprendere un ragionevole profitto);

      il beneficiario viene selezionato sulla base di una procedura di appalto pubblico, oppure la compensazione non deve eccedere i costi di un'impresa gestita in modo efficiente ed adeguatamente dotata di mezzi atti a garantire la fornitura del servizio pubblico.

[61]    Si tratta della proposta di regolamento (COM(2000)7) del 26 luglio 2000 relativa all’azione degli Stati membri in materia di obblighi di servizio pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via navigabile interna.  La proposta, che era destinata a sostituire il regolamento (CEE) n. 1191/69, è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura secondo la procedura di codecisione, nel novembre 2001, con l’approvazione dioltre 100 emendamenti. Successivamente la Commissione ha presentato una proposta modificata (COM(2002)107) nella quale vengono recepiti parzialmente gli emendamenti del PE, e l’ha trasmessa al Consiglio che, dalla fine della presidenza spagnola (1° semestre 2002), ne ha sospeso l’esame a causa delle forti divergenze fra gli Stati membri, determinate essenzialmente dai diversi gradi di liberalizzazione dei mercati nazionali.

[62]    Procedura n. 2006/0462.

[63]    Procedura n. 2006/0463.

[64]    Sul termine del periodo transitorio sono intervenuti anche, con effetti più circoscritti, gli articoli 22 e 23 del decreto-legge n. 355/2003. In particolare l’articolo 22 ha previsto il mantenimento in capo agli attuali concessionari dell’affidamento dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale fino al 31 dicembre 2004 (prolungando di un anno la durata del regime transitorio di cui sopra) per i soli servizi ferroviari per i quali non risulti raggiunto almeno il rapporto del 35 per cento tra ricavi e costi del trasporto (al netto dei costi relativi all’infrastruttura), escludendo esplicitamente dall’applicazione della norma i servizi automobilistici integrativi. L’articolo 23, comma 3-bis ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 2005 del termine del periodo transitorio fissato dall’articolo 18, comma 3- bis, del d. lgs. 422/1997, per l’affidamento dello svolgimento dei soli servizi di trasporto automobilistici .

[65]    Si tratta della proposta di regolamento (COM(2000)7) del 26 luglio 2000 relativa all’azione degli Stati membri in materia di obblighi di servizio pubblico e di aggiudicazione di contratti di servizio pubblico nel settore del trasporto di passeggeri per ferrovia, su strada e per via navigabile interna. La proposta, che era destinata a sostituire il regolamento (CEE) n. 1191/69, è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura secondo la procedura di codecisione, nel novembre 2001, con l’approvazione dioltre 100 emendamenti. Successivamente la Commissione ha presentato una proposta modificata (COM(2002)107) nella quale vengono recepiti parzialmente gli emendamenti del PE, e l’ha trasmessa al Consiglio che, dalla fine della presidenza spagnola (1° semestre 2002), ne ha sospeso l’esame a causa delle forti divergenze fra gli Stati membri, determinate essenzialmente dai diversi gradi di liberalizzazione dei mercati nazionali.

[66]    Per un’illustrazione delle sentenze emesse dalla Corte di giustizia, fra cui la sentenza del 24 luglio 2003 (causa C-280/00) “Altmark Trans GmbH”, si rinvia alla scheda del presente dossier relativa all’articolo 6 del ddl in esame.

[67]Tale ultima ha inteso meglio precisare gli obblighi di trasparenza nelle relazioni finanziarie tra lo Stato (o altri enti pubblici) e le imprese incaricate della gestione di servizi pubblici che godono a tale scopo di diritti speciali o esclusivi.

[68]Il sesto programma di azione in materia di ambiente è stato istituito dalla decisione n. 1600/2002/CE. Il programma, valido per il periodo 2002-2012, prevede l’elaborazione di sette strategie tematiche al fine di perseguire gli obiettivi fissati dal programma stesso in specifici settori di intervento, fra cui l’ambiente urbano.

[69]Il 29 settembre 2004 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativa ad un nuovo strumento finanziario per l’ambiente (LIFE+) (COM(2004)621), inteso a riunire gran parte degli attuali programmi finanziari destinati all’ambiente, al fine di migliorarne l’efficienza. Il 27 giugno 2006 il Consiglio ha adottato, secondo la procedura di codecisione, una posizione comune sulla proposta che è stata approvata con emendamenti in seconda lettura dal Parlamento europeo il 24 ottobre 2006.

[70]    CIVITAS (CIty-VItality-Sustainability) è un’iniziativa dell’Unione europea intesa ad aiutare le città a sviluppare un sistema di trasporto urbano più sostenibile, efficiente dal punto di vista energetico ed ecocompatibile. Dopo la fase CIVITAS I relativa al periodo 2002-2006, è attualmente in corso una seconda fase, CIVITAS II, che si concluderà nel 2009.

[71]    Regolamento (CE) n. 1083/2006 recantenorme e principi comuni applicabili al Fondo europeo di sviluppo regionale, al Fondo sociale e al Fondo di coesione (c.d. regolamento generale); regolamento (CE) n. 1080/2006 sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FEDER); regolamento (CE) n. 1081/2006 sul Fondo sociale europeo (FSE); regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo alla creazione di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT).

[72]    URBAN è l'iniziativa comunitaria, finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), a favore dello sviluppo sostenibile di città e quartieri in crisi dell'Unione europea. La prima fase relativa al periodo 1994-1999 è stata seguita da una nuova fase, nota come URBAN II, che si è svolta dal 2001 al 2006. Fra i settori prioritari di intervento dell’iniziativa figuravano lo sviluppo di trasporti pubblici più rispettosi dell’ambiente nonché lo scambio di informazioni e di esperienze sullo sviluppo urbano ecocompatibile nell'Unione europea.

[73]    Secondo tale regolamento, gli orientamenti costituiscono la base per predisporre i quadri strategici nazionali ed i programmi operativi del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di coesione. I programmi sono intesi a promuovere lo sviluppo equilibrato armonioso e sostenibile dei paesi dell’UE nonché il miglioramento della qualità di vita dei cittadini europei.

[74]    CARS 21 (Competitive Automotive Regulatory System for the 21st Century) è un gruppo ad alto livello istituito dalla Commissione nel gennaio 2005 e composto dai principali attori del settore automobilistico.

[75]    Il 7 febbraio 2007 la Commissione ha presentato anche un progetto di comunicazione contenente i “risultati del riesame della strategia comunitaria per ridurre le emissioni di CO2 delle autovetture e dei veicoli commerciali leggeri” (COM(2007)19), che illustra, in modo più approfondito ed esteso, la nuova strategia per la riduzione delle emissioni di CO2 degli autoveicoli.

[76]    Conformemente all'articolo 1 della direttiva 2005/55/CE relativa all'emissione di inquinanti gassosi e di particolato prodotti dai motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di veicoli e contro l'emissione di inquinanti gassosi prodotti dai motori ad accensione comandata alimentati con gas naturale o con gas di petrolio liquefatto destinati alla propulsione di veicoli, per "veicolo ecologico migliorato (EEV)" si intende il veicolo azionato da un motore conforme ai valori di emissione limite facoltativi indicati nelle tabelle di cui al punto 6.2.1 dell'allegatoI alla medesima direttiva..

[77]   http://www.governo.it/GovernoInforma/Dossier/dpef_2007_2011/politiche_crescita.pdf, pag. 103.

[78]   Recante delega al Governo per completare la liberalizzazione dei settori dell' energia elettrica e del gas naturale e per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili, in attuazione delle direttive comunitarie 2003/54/CE, 2003/55/CE e 2004/67/CE.

[79]   Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, tali decreti legislativi sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas. Gli schemi dei decreti legislativi sono sottoposti al parere della Conferenza uniflcata e delle competenti Commissioni parlamentari; decorsi sessanta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza dei predetti pareri. Con la stessa procedura, e nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei suddetti decreti legislativi, può emanare disposizioni correttive e integrative.

[80]   Tale pubblicazione è consultabile sul sito dell’Autorità per l’energia al link http://www.autorita.energia.it/pubblicazioni/distribuzione_gas.pdf.

[81]   Legge 18 aprile 2005, n. 62, recante "Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee”.

[82]    Vedi Bollettino Attività dell’Unione europea “Una nuova politica energetica per l’Europa”, n. 6- gennaio 2007, a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[83]    In particolare, il nuovo obiettivo strategico della politica energetica europea – è volto a ridurre almeno del 20 %, entro il 2020,le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990.

[84]    L’indagine settoriale è stata avviata nel giugno 2005. Alla presentazione dei primi risultati, nel novembre 2005, è seguita una relazione preliminare del febbraio 2006 che ha lanciato una consultazione pubblica a cui hanno partecipato operatori del settore, autorità nazionali, associazioni di categoria ed enti governativi.

 

[85]   “Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi, per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[86]   "Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della repubblica 20 ottobre 1998, n. 447, in materia di sportelli unici per gli impianti produttivi ".

[87]   Per quanto concerne i consorzi di sviluppo industriale, si ricorda che il citato articolo 36 della legge n. 317 del 5 ottobre 1991, al comma 4, qualifica tali consorzi, costituiti ai sensi della vigente legislazione nazionale e regionale come enti pubblici economici e demanda alle regioni il controllo sui piani economici e finanziari degli stessi.

[88]    L’istituto della conferenza di servizi, la cui disciplina generale è stata fissata dalla L. 241/1990 (artt. da 14 a 15), è stato in seguito modificato più volte e parzialmente riformato dalla L. 127/1997. Una completa riforma è stata operata dalla legge di semplificazione per il 1999, la legge 24 novembre 2000, n. 340 (artt. 9-15). Modifiche di rilievo sono state apportate dalla L. 15/2005 (artt. 8-13).

[89]    Si fa presente che l’articolo 18, comma 6, rinvia a un decreto ministeriale, da adottare enteo 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, l’individuazione delle regole tecniche e delle modalità operative necessarie a consentire l’applicazione delle disposizioni che prevedono l’uso di strumenti informatici e telematici, “ivi compresa la partecipazione alla conferenza di servizi di cui all’articolo 12 da parte di soggetti che non siano in possesso di idonei strumenti nonché le modalità di redazione e sottoscrizione del verbale della conferenza di servizi per via telematica”.

[90]   D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[91]    L. 11 febbraio 2005, n. 15, Modifiche ed integrazioni alla L. 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa.

[92]    In ragione della loro diversa formulazione, tuttavia, l’art. 16, comma 3, e 17, comma 2, della L. 241/1990 dovrebbero applicarsi solo ai casi di pareri e valutazioni tecniche di competenza di amministrazioni preposte alla tutela della salute.

[93]    Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 gennaio 1994, Princìpi sull'erogazione dei servizi pubblici.

[94]   “Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della L. 14 febbraio 2003, n. 30.

[95]    Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici, istituita dall'art. 38 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

[96]    Si tratta delle attività industriali elencate nell’allegato I al decreto n. 59/2005, quali le attività energetiche, l’industria dei metalli, quella dei prodotti minerali, l’industria chimica, le attività di gestione dei rifiuti ecc.

[97]    http://www.marchesicure.it/documenti/INTESA_COMPLETA.PDF.

[98]   Si tratta degli enti che provvedono alla emanazione di norme tecniche vale a dire di documenti di natura volontaria elaborati con il consenso delle parti interessate – quali produttori, consumatori, pubblica amministrazione ecc.- che definiscono le prestazioni e le caratteristiche di prodotti, processi produttivi o servizi sotto diversi profili: qualitativi, dimensionali, teconologici, di sicurezza ecc.Le norme tecniche sono emesse da organismi nazionali e internazionali di normazione, enti di diritto privati riconosciuti, rappresentativi di organizzazioni imprenditoriali, pubbliche amministrazioni, associazioni di consumatori e componenti tecnico-scientifiche. In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO e IEC International Electrotechnical Commission).

[99]   Il SINAL è stato costituito nel 1988 in forma di Associazione privata senza scopi di lucro.

[100]Il SINCERT è stato costituito nel 1991 anch’esso  in forma di Associazione privata senza scopo di lucro, legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano con DM 16 Giugno 1995.

[101]Il Servizio di Taratura in Italia è stato costituito nel 1979 dagli Istituti metrologici primari italiani (enti pubblici).

[102]  Il termine, originariamente fissato al 16 giugno 2007 (entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge) è stato prorogato, non ancora scaduto, al 31 dicembre 2007 dall'art. 1, co. 10, della L. 12 luglio 2006, n. 228, di conversione del D.L. 12 maggio 2006, n. 173.

[103]  Per la descrizione del contenuto del DPR n.447 del 1998 si rinvia alle schede di lettura relative agli articoli Da 9 a 17.

[104]La determinazione delle tariffe per i servizi resi dal Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), finalizzati all'autorizzazione degli organismi, alla vigilanza sugli stessi e all'effettuazione dei controlli sui prodotti soggetti alla marcatura CE in attuazione di quanto disposto dal citato decreto legislativo è stata effettuata dal D.M. 13 febbraio 2004.

[105]La competenza della ASL in questo ambito deriva dal DL n. 390/1982, art. 2, che richiama l’articolo 20 della 23 dicembre 1978, n. 833.

[106]Normativa tecnica di riferimento per le attrezzature a pressione e per gli insiemi di cui alla direttiva 97/23/CEE e degli apparecchi semplici a pressione di cui alle direttive 87/404/CEE e 90/488/CEE (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2005).

[107]Il riferimento è agli organismi notificati e all’ispettorato degli utilizzatori previsti dagli articoli 12 e 14 del D.Lgs. n. 93/2000, nonché dalla stessa direttiva PED.

[108]Normativa tecnica di riferimento per le attrezzature a pressione e per gli insiemi di cui alla direttiva 97/23/CEE e degli apparecchi semplici a pressione di cui alle direttive 87/404/CEE e 90/488/CEE (Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 2005).

[109]  Tale disposizione, ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi. prevede che l'interessato, in attesa del sopralluogo, possa presentare al comando provinciale dei vigili del fuoco una dichiarazione, corredata da certificazioni di conformità dei lavori eseguiti al progetto approvato, con la quale attesta che sono state rispettate le prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio e si impegna al rispetto degli obblighi di cui all'articolo 5. Il comando rilascia all'interessato contestuale ricevuta dell'avvenuta presentazione della dichiarazione che costituisce, ai soli fini antincendio, autorizzazione provvisoria all'esercizio dell'attività.

[110]  Pubblicato nella G.U. 5 aprile 2006, n. 80, S.O.

[111]Cfr. Ministero dell’Interno, Circolare 5 Maggio 1998 n. 9 (Prot. n. P796/4101 sott. 72/E), D.P.R. 12 gennaio 1998, n. 37.- Regolamento per la disciplina dei provvedimenti relativi alla prevenzione incendi - Chiarimenti applicativi.

[112]D.M. Ministro dell'interno 4 maggio 1998, Disposizioni relative alle modalità di presentazione ed al contenuto delle domande per l'avvio di procedimenti di prevenzione incendi, nonché all'uniformità dei connessi servizi resi dai Comandi provinciali dei vigili del fuoco.

[113]Si ricordano alcuni degli organi collegiali cui è chiamato a partecipare il Comando:

      - Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo (art. 141 del regolamento del T.U.L.P.S.);

      - Commissione tecnica provinciale depositi di olii minerali e g.p.l. nominata dal Prefetto;

      - Commissione tecnica nominata Fabbriche, deposito e rivendite di esplosivi nominata dal Prefetto (art. 49 del T.U.L.P.S.)

[114]La direttiva 85/611/CEE è stata successivamente modificata dalle direttive n. 88/220/CEE, n. 95/26/CE, n. 2000/64/CE, n. 2001/107/CE, n. 2001/108/CE, n. 2004/39/CE e n. 2005/1/CE.

[115]  Riforma dell'imposizione sul reddito delle società, a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80.

[116]  La disciplina è stata modificata dall’articolo 5 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[117]  Per la disciplina di tale istituto relativamente ai soggetti IRPEF si vedano gli articoli 58 e 64 del TUIR.

[118]L’obbligo di notifica non sussiste per gli aiuti rientranti nel c.d. regime de minimis.

[119]  Il costo del lavoro risultante dal conto economico comprende:

-          i salari e gli stipendi;

-          gli oneri sociali;

-          il trattamento di fine rapporto;

-          il trattamento di quiescenza e simili;

-          gli altri costi sostenuti per il personale.

[120]  Il citato articolo 2514 cod. civ. dispone che negli statuti delle cooperative a mutualità prevalente deve essere previsto:

a)       il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;

b)       il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;

c)       il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;

d)       l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

[121]  Si evidenzia che le funzioni in materia di sviluppo e vigilanza della cooperazione sono state trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale al Ministero delle attività produttive (attualmente denominato Ministero dello sviluppo economico) dall’articolo 28, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, recante Riforma dell’organizzazione del Governo. Si veda inoltre, per la decorrenza della citata disposizione, l’articolo 2 del D.P.C.M. 10 aprile 2001, pubblicato sulla G.U. del 7 maggio 2001, n. 104.

[122]  Il decreto ministeriale, oltre a quanto sopra indicato, determina lo schema di domanda di iscrizione all’albo e l’elenco della documentazione da allegare ad essa. L’ultimo decreto in materia è quello del 6 ottobre 1997, pubblicato sulla G.U. 10 dicembre 1997, n. 287.

[123]Il DM recante Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

[124]La legge 30 aprile 1985, n. 163, recante Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo, ha unificato la spesa per lo spettacolo, affidata in precedenza a singoli provvedimenti di carattere settoriale. L’art. 1 della legge ha infatti istituito nello stato di previsione del Ministero del turismo e dello spettacolo (oggi, del Ministero per i beni e le attività culturali) il (FUS), destinato a finanziare le diverse attività e alimentato da un importo da definirsi annualmente in sede di legge finanziaria (tabella C). Inoltre, ai sensi dell’art. 6 della citata legge, il Ministro per i beni e le attività culturali presenta annualmente al Parlamento una relazione sulla utilizzazione del F.U.S. e sull’andamento complessivo dello spettacolo .

[125]Com’è noto, la legge n. 800 del 1967, che ha dichiarato il “rilevante interesse generale” dell’attività lirica e concertistica ed ha attribuito agli enti autonomi lirici e alle istituzioni concertistiche assimilate la personalità giuridica di diritto pubblico, sottoponendoli alla vigilanza del Ministero del turismo e dello spettacolo. In particolare, l’articolo 6 della legge riconosceva come enti autonomi 11 teatri lirici ed individuava l’Accademia nazionale di Santa Cecilia e l’Istituzione dei concerti e del teatro lirico Giovanni Pierluigi da Palestrina (Cagliari) quali istituzioni concertistiche assimilate. Le istituzioni citate (alle quali si è aggiunta a seguito della legge n. 310/2003 la Fondazione lirico-sinfonica Petruzzelli e il Teatro di Bari ) sono state poi trasformate (d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367), in fondazioni di diritto privato, al fine di eliminare rigidità organizzative connesse alla natura pubblica dei soggetti e di creare disponibilità di risorse private in aggiunta al finanziamento statale, costituito principalmente dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 163/1985. Recentemente l’art.1 comma 1148 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) - mediante sostituzione dell’articolo 24 del D.Lgs. 367/1996 - é intervenuta sui criteri di ripartizione della quota del Fondo unico per lo spettacolo a favore delle fondazioni lirico sinfoniche demandandone la definizione ad un decreto ministeriale e precisando che questi ultimi dovranno essere determinati sulla base degli elementi quantitativi e qualitativi della produzione e tenendo conto degli interventi di riduzione delle spese.

[126]  D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[127]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[128]  L’art. 14 (Rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali) recita:

      “1. In attuazione del disposto dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, lo Stato disciplina il coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, dettando anche le regole tecniche necessarie per garantire la sicurezza e l'interoperabilità dei sistemi informatici e dei flussi informativi per la circolazione e lo scambio dei dati e per l'accesso ai servizi erogati in rete dalle amministrazioni medesime.

      2. Lo Stato, le regioni e le autonomie locali promuovono le intese e gli accordi e adottano, attraverso la Conferenza unificata, gli indirizzi utili per realizzare un processo di digitalizzazione dell'azione amministrativa coordinato e condiviso e per l'individuazione delle regole tecniche di cui all'articolo 71.

      3. Lo Stato, ai fini di quanto previsto ai commi 1 e 2, istituisce organismi di cooperazione con le regioni e le autonomie locali, promuove intese ed accordi tematici e territoriali, favorisce la collaborazione interregionale, incentiva la realizzazione di progetti a livello locale, in particolare mediante il trasferimento delle soluzioni tecniche ed organizzative, previene il divario tecnologico tra amministrazioni di diversa dimensione e collocazione territoriale.

      3-bis. Ai fini di quanto previsto ai commi 1, 2 e 3, è istituita senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, presso la Conferenza unificata, previa delibera della medesima che ne definisce la composizione e le specifiche competenze, una Commissione permanente per l'innovazione tecnologica nelle regioni e negli enti locali con funzioni istruttorie e consultive”.

[129]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[130]  D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

[131]  L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[132]  L. 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[133]  L. 4 gennaio 1968, n. 15, Norme sulla documentazione amministrativa e sulla legalizzazione e autenticazione di firme.

[134]  D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa. (Testo A).

[135]  La figura dell’institore è contraddistinta da un generale potere sia di gestione sia di rappresentanza: la preposizione institoria, essendo caratterizzata dall'ampiezza dei poteri rappresentativi che fanno dell'institore l'alter ego dell'imprenditore, postula la volontà di quest'ultimo di delegare al preposto poteri di gestione del tutto coincidenti con i propri (cfr. Cassazione civile, Sez. II, sent. n. 2020 del 19 febbraio 1993).

[136]  Il D.P.C.M., pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 98 del 27 aprile 2004, ha abrogato il D.P.C.M. 8 febbraio 1999.

[137]  Pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 51 del 3 marzo 2005.

[138]  L. 24 novembre 2000 n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1999.

[139]L’art. 11 del Codice dell’amministrazione digitale prevede l’istituzione presso il Ministero delle attività produttive (ora, dello sviluppo economico), che si avvale a questo scopo del sistema informativo delle camere di commercio, il Registro informatico degli adempimenti amministrativi per le imprese, nel quale è contenuto l'elenco completo degli adempimenti amministrativi previsti dalle pubbliche amministrazioni per l'avvio e l'esercizio delle attività di impresa. Il Registro, articolato su base regionale, fornisce il supporto necessario a compilare in via elettronica la relativa modulistica. Il regolamento recante le modalità di coordinamento, di attuazione e di accesso al Registro è stato adottato con D.P.C.M. 3 aprile 2006, n. 200.

[140]Sono escluse da questo obbligo quelle presentate dagli imprenditori individuali e dai soggetti iscritti nel repertorio delle notizie economiche e amministrative.

[141]D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Codice dell'amministrazione digitale.

[142]D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa.

[143]  Dir. 1999/93/CE del 13 dicembre 1999, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche. Il D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, Attuazione della direttiva 1999/93/CE relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, ha provveduto al recepimento della disciplina comunitaria sulle firme elettroniche. La normativa italiana previgente in materia garantiva livelli più elevati di sicurezza rispetto a quella comunitaria; tale circostanza ha reso necessaria l’adozione del D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10 e del D.P.R. 7 aprile 2003, n. 137, Regolamento recante disposizioni di coordinamento in materia di firme elettroniche a norma dell'articolo 13 del D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10.

[144]Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione.

[145]Nella Gazzetta ufficiale n. 45 del 23 febbraio 2007 è stata pubblicata la circolare del CNIPA del 15 febbraio 2007, n. 52, relativa allo svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo sull’attività dei certificatori qualificati e accreditati, di cui all’articolo 31 del Codice dell’amministrazione digitale.

[146]In dottrina: Fiorentino, Dei titoli di credito, Commentario Scialoja Branca, 235; in giurisprudenza, v. C 99/1410.

[147]Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado (nel prosieguo: “TU”). Si ricorda che il TU ha compiuto una complessa opera di sistemazione delle fonti (legislative ma anche, in alcuni casi, di natura originariamente regolamentare) che sono andate man mano disciplinando i vari tipi di istituti e scuole ivi menzionati.

[148]Decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

[149]D.Lgs. 17 ottobre 2005, n. 226 Decreto legislativo concernente le norme generali ed i livelli essenziali delle prestazioni sul secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28 marzo 2003, n.53. Il D.Lgs è stato predisposto ai sensi degli art 1, 2 e7 della Legge 53/2003 (cosidetta legge Moratti).

[150]L. 28 marzo 2003, n 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull'istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

[151]Il sistema dei licei (ai sensi dell’art. 2, co. 6 del D.Lgs.) comprende otto percorsi: artistico, classico, economico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, tecnologico, delle scienze umane. I corsi hanno durata quinquennale; l'attività didattica si sviluppa in due periodi biennali e in un quinto anno che completa il percorso disciplinare. I licei economico e tecnologico sono contraddistinti da discipline ed attività tecnico professionali (art. 2, comma7) e se ne prevede l’articolazione in indirizzi (art. 2 comma 8) per meglio corrispondere ai bisogni formativi. Gli articoli 6 e 10 del D.Lgs. specificano il numero e le caratteristiche degli indirizzi sopra citati (2 indirizzi per il liceo economico e 8 indirizzi per il liceo tecnologico)

[152]Con riguardo a tale riforma si ricorda che il ministero dell’Istruzione università e ricerca, dopo avere definito le Tabelle di confluenza dei percorsi e dei titoli relativi al secondo ciclo con quelli dell’ordinamento previgente (Decreto 28 dicembre 2005,adottato ai sensi dell’art.27 co.1 lettere a) e b) del D.Lgs. 226/05) ed incrementato fino al 20% la quota dei piani di studio rimessa alle istituzioni scolastiche (DM 28 dicembre 2005), ha autorizzato con DM 31 gennaio 2006, n. 775 un progetto di innovazione in ambito nazionale concernente l’introduzione di innovazioni riguardanti gli ordinamenti liceali e l’articolazione dei relativi percorsi di studio, come previsti dal d.lgs. 226/2005. Le innovazioni, da attuarsi nell’anno scolastico 2006-2007 limitatamente alle prime classi, avrebbero dovuto essere adottate liberamente dagli istituti di istruzione secondaria superiore interessati.

Nella XV legislatura, con DM 31 maggio 2006 tale disposizione è stata poi sospesa, anche in relazione al contenzioso in atto promosso da numerose Regioni davanti al TAR del Lazio ed al ricorso elevato dalla Regione Toscana davanti alla Corte Costituzionale per conflitto di attribuzioni (ricorso pubblicato sulla G.U. prima serie speciale n. 19del 10.05.2006). Con due decreti emessi in pari data (13 giugno 2006, n. 46 e 47) il ministero ha poi precisato l’inapplicabilità del DM relativo alle tabelle di confluenza e viceversa ha confermato la quota oraria dei curricoli riservata alle istituzioni scolastiche (20 %).

[153]D.L. 12 maggio 2006, n. 173 recante Proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare e legislativa convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 12 luglio 2006, n. 228.

[154]Scuole ed istituti magistrali (della durata di tre e di quattro anni) erano preposti alla formazione dei docenti della scuola materna ed elementare; l’art. 3 della legge 341/1990 (recante riforma degli ordinamenti didattici) ha previsto invece il conseguimento di un titolo di laurea a seguito di appositi corsi per l’insegnamento in tali ordini di scuole ed ha demandato ad un DM la definizione del graduale passaggio al nuovo regime. Contestualmente all’effettiva attivazione dei nuovi corsi di laurea il Decreto del Ministro dell’istruzione 10 marzo 1997 ha disposto la graduale soppressione (a partire dall’anno scolastico 1998-1999) dei corsi ordinamentali delle scuole e degli istituti magistrali.

[155]Gli istituti professionali sono stati originariamente istituiti ai sensi dell’art. 9 del R.D.L. 21 settembre 1938 n. 2030 che autorizzava il Governo alla costituzione o alla trasformazione di scuole tecniche ad ordinamento speciale. Tali strutture, le cui caratteristiche (compresi orari e programmi) erano definite nei decreti istitutivi, sono finalizzate ad una formazione di carattere pratico in settori quali agricoltura, nautica, artigianato, commercio, turismo, industria alberghiera. I diplomi rilasciati a conclusione dei corsi (solitamente di durata triennale) hanno carattere di qualifica professionale; tuttavia in tale settore dell’istruzione sono state avviate numerose sperimentazioni, confermate dall’art. 191 comma 6 del D.Lgs.297/1994, consistenti in un biennio post qualifica (facoltativo) che completa la formazione professionale e consente l’accesso all’università.

[156]L’abrogazione disposta non concerne il comma 7 che prevede la presenza nelle scuole di laboratori, officine, reparti di lavorazione.

[157]  ECVET: European Credit System for Vocational Education and Training.

[158]  Avviato con la Dichiarazione di Copenhagen del 30 novembre 2002, il processo di Copenhagen intende sviluppare un clima di fiducia reciproca e promuovere maggiore trasparenza nel riconoscimento delle competenze e delle qualifiche professionali, con l’intento di aumentare la mobilità e le possibilità di accesso all’apprendimento permanente. Vi aderiscono i 27 Stati membri dell’Unione europea, due dei Paesi candidati (Croazia e Turchia), tre Paesi dell’EFTA (Islanda, Liechtenstein e Norvegia), le parti sociali e la Commissione europea. Il processo è aggiornato da una conferenza ministeriale che si tiene ogni due anni.

[159]  Il consiglio europeo di primavera 2006, nelle sue conclusioni, ha sottolineato la necessità di accelerare riforme che pongano in essere sistemi scolastici di elevata qualità che siano tanto efficaci quanto equi.

[160]D.Lgs. 16 aprile 1994, n.297, Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado).

[161]  Il circolo didattico costituisce una circoscrizione amministrativa, affidata al direttore didattico, che raggruppa classi di più scuole elementari. Per la scuola materna l'istituzione dei circoli, pure prevista dal D.P.R. n. 416/1974 (art. 30: ora art. 44 del T.U.) non è stata mai effettuata, e trova quindi ancora applicazione la norma transitoria (art. 33 del D.P.R. n. 416/1974: ora art. 47 del T.U.) in base alla quale gli organi collegiali della scuola materna sono costituiti presso il competente circolo didattico di scuola elementare.

[162]Legge 15 marzo 1997, n. 59, “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.

[163]D.M. 1 febbraio 2001, n. 44, “Regolamento recante le Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche”.

[164]  D.P.R. 10 ottobre 1996, n.567, “Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche”.

[165]Si ricorda, infine, che ai genitori degli alunni delle scuole di ogni ordine e grado e agli studenti della scuola secondaria superiore è riconosciuto il diritto di assemblea, disciplinato negli artt. da 12 a 15 del T.U. In particolare, l’art.13 prevede che i rappresentanti degli studenti nei consigli di classe possano esprimere un comitato studentesco di istituto che formula proposte direttamente al consiglio di istituto . L’art. 4 del D.P.R. n. 567 del 1996( Regolamento recante la disciplina delle iniziative complementari e delle attività integrative nelle istituzioni scolastiche), ha poi previsto che il comitato studentesco, integrato con i rappresentanti degli studenti nel consiglio di istituto e nella consulta provinciale (composta da due rappresentanti degli studenti per ciascun istituto ), formuli proposte ed esprima pareri su tutte le attività integrative e le iniziative complementari nelle istituzioni scolastiche

[166]Inizialmente, la Commissione Cultura aveva conferito al relatore il mandato a riferire favorevolmente in Assemblea su un nuovo testo della proposta di legge n. 1186. La discussione in Assemblea era stata avviata il 4 marzo 2002, con lo svolgimento della discussione sulle linee generalii: successivamente a tale seduta, l'Assemblea non aveva più ripreso la discussione del provvedimento. Pertanto, prendendo atto dell'impossibilità di proseguire l'esame del testo allora elaborato, conformemente a quanto convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione, l'Assemblea aveva deliberato il rinvio dei progetti di legge in Commissione (1˚ aprile 2004).

[167]D.P.R. 8 marzo1999, n. 275, “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della L. 15 marzo 1997, n.59”.

[168]Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese.

[169]Si ricorda tra l’altro che l’art.1, comma 616, della legge finanziaria 2007, intervenendo indirettamente sul DM 44/2001, ha ridotto da tre a due il numero dei revisori dei conti delle istituzioni scolastiche statali (mantenendo i due membri nominati rispettivamente dal ministro della Pubblica istruzione e dell’economia e delle finanze ed eliminando il membro designato dagli enti locali) ed ha assegnato alle istituzioni stesse le economie derivanti dalla riduzione della spesa per i compensi.

[170]L’articolo 1, comma 601, della legge finanziaria per il 2007 ha riaggregato in due Fondi (upb 2.1.1.3 – istituzioni scolastiche, capitoli 1203 e 1204) destinati rispettivamente alle competenze per il personale ed al funzionamento delle istituzioni scolastiche ) gli stanziamenti di varie u.p.b. dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione ed ha disposto la diretta assegnazione delle risorse ivi allocate alle istituzioni scolastiche al fine di accelerare le procedure di erogazione dei finanziamenti, in passato attribuiti attraverso gli uffici scolastici regionali. Il DM n. 21 del 1° marzo 2007 ha poi previsto che la Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del Ministero della pubblica istruzione assegni le risorse con periodicità quadrimestrale secondo parametri indicati nel medesimo DM e nella tabella allegata.

[171]D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, avente per oggetto l'autonomia didattica, organizzativa e di ricerca delle istituzioni scolastiche.

[172]I commi 610 e 611 dell’art.1 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) istituiscono e disciplinano l’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica, con sede a Firenze ed articolazioni periferiche presso gli uffici scolastici regionali; la disposizione è finalizzata a sostenere e sviluppare l’autonomia scolastica, i processi di innovazione e ricerca educativa, l’interazione con il territorio. L’agenzia assume i compiti svolti dagli istituti regionali di ricerca educativa (IRRE) e dall’Istituto nazionale di documentazione e ricerca educativa (INDIRE), che vengono contestualmente soppressi .

[173]Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 12 maggio 2006, n. 173, recante proroga di termini per l'emanazione di atti di natura regolamentare. Ulteriori proroghe per l'esercizio di deleghe legislative e in materia di istruzione.

[174]D.L. 31 gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese. Il decreto legge è attualmente all’esame del Senato per la conversione in legge.

[175]L’abrogazione disposta non concerne il comma 7 che prevede la presenza nelle scuole di laboratori, officine, reparti di lavorazione.

[176]Cfr., da ultimo, Cassazione, sez. I, sentenza 18 gennaio 2006, n. 870, in Foro it., 2006, I, 1762.

[177]  Cfr. di recente Tribunale Firenze 17 febbraio 2004, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2006, 3, 396.

[178]  Cfr. C. Carlevale, La commissione di massimo scoperto e il costo del credito bancario, in Banca Borsa Titoli di Credito, 2006, 3, 397 ss.

[179]  Pagg. 402-403.

[180]  Nel marzo del 2006 erano operativi 32 schemi, senza significative variazioni rispetto all’anno precedente. Dall’emanazione delle Istruzioni di Vigilanza sugli Imel nel marzo del 2004 fino al marzo del 2006 sono state presentate quattro istanze di autorizzazione. Alla stessa data risultava iscritta all’Albo degli Imel una società, non ancora operativa, promotrice di quattro schemi di moneta elettronica e un Imel comunitario attivo, operante in libera prestazione di servizi con l’offerta di uno schema. 

[181]  V. la tavola H2 della Relazione.

[182]  F. Passacantando, Il mercato delle carte di pagamento: la situazione attuale e le prospettive di sviluppo, "WAR ON CASH - Una nuova sfida per le carte di pagamento", Convegno ABI-Cogeban "CARTE 2006 - Conference&Expo" – Roma, Roma, 27 novembre 2006. 

[183]  F. Passacantando, Il mercato delle carte di pagamento: la situazione attuale e le prospettive di sviluppo, cit.

[184]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., X CONVENTION ABI “Banca, Impresa e P.A. L’efficienza del sistema paese per lo sviluppo”, Roma, 7 novembre 2006.

[185]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., cit.

[186]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A., cit.

[187]  F. Passacantando, Il nuovo scenario della SEPA e le implicazioni per la P.A.,cit.

 

[188]  Nel settore pubblico inglese la Government Procurement Card è stata introdotta nel 1997, riscuotendo un forte successo per gli acquisti inferiori alle 5.000 sterline e notevoli risparmi di tempo e risorse per pagamento.

[189]  A prescindere dal ruolo della Banca d’Italia, il DDL potrebbe comunque dover essere sottoposto alla BCE, così come previsto dal Trattato per i provvedimenti nazionali che ricadano nell’ambito delle competenze di quest’ultima.

[190]  Cfr., tra gli altri, i Provvedimenti della Banca d’Italia del 29.11.2006 – in materia di trattamento del contante – e dell’11.11.2005 – in materia di vigilanza sui sistemi di pagamento di importo non rilevante.

[191]  Le relazioni precedenti sono state presentate il 7 marzo 2001 (COM(2001)122); il 6 febbraio 2002 (COM(2002) 68); il 21 gennaio 2003 (COM(2003) 21) e l’11 febbraio 2004 (COM(2004) 64).

[192]  Comunicazione della Commissione dell’11 febbraio 2004 “Piano d’azione:un’agenda europea per l’imprenditorialità (COM(2004) 70).

[193]Si tratta di un assegno mensile a carico dello Stato erogato per tredici mensilità ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura superiore ai due terzi, incollocati al lavoro (articolo 13 della legge n. 118 del 1971). Per l'anno 2007 l'importo mensile è di euro 242,84 corrisposto per 13 mensilità.

[194]La Corte costituzionale, con sentenza 20-22 novembre 2002, n. 467 ha dichiarato l'illegittimità del comma 3 dell’articolo 1 nella parte in cui non prevede che l'indennità mensile di frequenza sia concessa anche ai minori che frequentano l'asilo nido.

[195]  Ai sensi dell’art. 52 del codice della strada, sono definiti ciclomotori i veicoli, a due o tre ruote, con motore di cilindrata non superiore a 50 centimetri cubici, e con capacità di sviluppare una velocità non superiore a 45 Km orari.

[196]  I mezzi di trasporto elencati nell’articolo 2683 richiamato vengono assoggettati al regime pubblicitario citato solo attraverso l’effettiva iscrizione nei pubblici registri: le disposizioni non si applicano pertanto ai beni mobili astrattamente iscrivibili ma in concreto non registrati (quali, ad es., gli autoveicoli che si trovino ancora presso l’azienda costruttrice).

[197]  Con la sentenza n. 42/1997 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del RDL n. 436/1927, concernente la disciplina dei contratti di compravendita degli autoveicoli ed istituzione del Pubblico Registro Automobilistico presso le sedi dell'Automobile club d'Italia, per difetto di omogeneità del quesito.

[198]  L'ACI, il cui ordinamento è stato più volte modificato, svolge varie funzioni: disciplina delle attività svolte da soggetti ed enti non governativi nel settore automobilistico; promozione e sviluppo dell'automobilismo; gestione dei rapporti tra lo Stato e le persone e gli enti che operino nel settore dell'automobilismo civile; controllo delle manifestazioni automobilistiche (come gare, esposizioni etc.); gestione del pubblico registro automobilistico e riscossione delle tasse automobilistiche. Organi dell'ente sono l'assemblea, il consiglio generale, il comitato esecutivo e il presidente (le modalità di conferimento di questi uffici e le funzioni sono disciplinate negli artt. 6 e segg. dello statuto approvato con D.P.R. 8-9-50, n. 881). L'ente ha un proprio patrimonio che amministra autonomamente, così come i singoli automobile club provinciali. La legge 20-3-1975, n. 70 ha espressamente qualificato l'ACI come ente preposto ad un servizio di pubblico interesse; l'ACI costituisce dunque un ente substatale, appartenente cioè al cd. parastato, con tutte le relative implicazioni in ordine ad es. alla vigilanza sull'attività (che spetta al ministro dei trasporti e della navigazione) e al controllo sulla gestione (che spetta alla Corte dei conti ai sensi della legge 21-3-58, n. 259).

[199]  In proposito, si ricorda peraltro che l’art. 7 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, ha stabilito che l’autenticazione della sottoscrizione degli atti aventi ad oggetto l’alienazione di beni mobili registrati può essere richiesta – oltre che ai notai – agli uffici comunali ed ai titolari degli sportelli telematici dell’automobilista, che sono tenuti a rilasciarla gratuitamente, salvi i diritti di segreteria.

[200]  Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[201]  Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[202]  L’articolo 39 della legge n. 449/1997 disciplina le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, ponendo a carico dei loro organi di vertice un obbligo di programmazione triennale del fabbisogno di personale (comma 1), per assicurare le esigenze di funzionalità e ottimizzare le risorse compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio.

[203]  D.Lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'articolo 1 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[204]  Si ricorda che i capi I-III del D.Lgs. 469/1997, e successive modificazioni, hanno conferito alle regioni, nonché - tramite queste ultime - agli enti locali (in particolare, alle province) le funzioni amministrative in materia di collocamento (pubblico) e di politiche attive del lavoro, fermo restando il ruolo generale di indirizzo, promozione e coordinamento da parte dello Stato.

[205]  D.L. 12 maggio-1995, n. 163, recante Misure urgenti per la semplificazione dei procedimenti amministrativi e per il miglioramento dell'efficienza delle pubbliche amministrazioni, convertito con modificazioni dalla L. 11 luglio 1995, n. 273.

[206] Si tratta di regolamenti, emanati con decreto del Presidente della Repubblica, che disciplinano materie non coperte da riserva assoluta di legge, e per le quali la legge abbiano autorizzato al potestà regolamentare del governo ed abbiano dettato le norme generali regolatrici della materia e disposto l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.

[207]  L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.