Camera dei deputati - XV Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità e al mercato dei diritti radiotelevisivi dei campionati di calcio - A.C. 1496 e abb.-A
Riferimenti:
AC n. 1496/XV   AC n. 711/XV
AC n. 1803/XV   AC n. 1840/XV
AC n. 1496-A/XV   AC n. 587/XV
AC n. 1195/XV     
Serie: Progetti di legge    Numero: 39    Progressivo: 2
Data: 24/11/2006
Descrittori:
CALCIO   GARE E MANIFESTAZIONI SPORTIVE
TRASMISSIONI RADIOTELEVISIVE     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione


Camera dei deputati

XV LEGISLATURA

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti radiotelevisivi dei campionati di calcio

A.C. 1496 e abb.-A

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 39/2

 

 

24 novembre2006


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura

 

SIWEB

 

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File: CU0031b.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi per l’istruttoria legislativa

Dati identificativi3

Struttura e oggetto  9

Contenuto  9

Elementi per l’istruttoria legislativa  21

Necessità dell’intervento con legge  21

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite  21

Rispetto degli altri princìpi costituzionali21

Compatibilità comunitaria  22

Incidenza sull’ordinamento giuridico  26

Impatto sui destinatari delle norme  27

Schede di lettura

Quadro della normativa vigente  31

L’autonomia dell’ordinamento sportivo  31

Il sistema di finanziamento dello sport32

Le società sportive professionistiche  34

La mutualità  36

I diritti televisivi37

La delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1° luglio 1999  37

Recenti orientamenti in merito alla vendita dei diritti televisivi40

Progetti di legge

A.C. 1496-A, (Governo), Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale  59

A.C. n. 587, (on. Ciocchetti ed altri), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio  75

A.C. n. 711, (on. Giancarlo Giorgetti ed altri), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi81

A.C. n. 1195, (on. Ronchi ed altri), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcioModifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi prove  85

A.C. n. 1803, (on. Pescante ed altri), Disposizioni in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle competizioni calcistiche professionisticheModifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio  91

A.C. n. 1840, (on. Del Bue), Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio Disposizioni in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle competizioni calcistiche professionistiche  99

Normativa nazionale

Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 41, 42, 87, 117)105

L. 22 aprile 1941, n. 633. Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio (artt. 16, 17)109

L. 23 marzo 1981, n. 91 Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti (art. 10)111

L. 10 ottobre 1990, n. 287. Norme per la tutela della concorrenza e del mercato (artt. 14, 15)113

L. 31 luglio 1997, n. 249. Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo (art. 1, co.- 6, lett. c), n. 11)115

D.L. 30 gennaio 1999, n. 15, conv. con mod., L. 29 marzo 1999, n. 78. Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo  116

D.L. 19 agosto 2003, n. 220  convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 ottobre 2003, n. 280  Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva  121

Del.Aut.gar.com. 2 marzo 2005, n. 136/05/CONS.  Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della L. 3 maggio 2004, n. 112. (Deliberazione n. 136/05/CONS)124

D.Lgs. 31 luglio 2005, n. 177. Testo unico della radiotelevisione (artt. 2, 5, 25 e 43)166

Del.Aut.gar.com. 22 marzo 2006, n. 163/06/CONS.  Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale.  (Delibera n. 163/06/CONS)177

Normativa comunitaria

Trattato 25 marzo 1957 Trattato che istituisce la Comunità europea  (Versione in vigore dal 1° febbraio 2003).  (artt. 81 e 82)185

Conclusioni della Presidenza  Consiglio europeo di Nizza 7, 8 e 9 dicembre 2000 (All. IV)187

Decisione della Commissione del 23 luglio 2003 relativa ad un procedimento a norma dell'articolo 81 del trattato CE e dell'articolo 53 dell'accordo SEE (COMP/C.2-37.398 — Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League) (Testo rilevante ai fini del SEE.)191

Giurisprudenza

Corte costituzionale

Sentenza 14 giugno 1962, n. 54  241

Documentazione

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 6869 (1362) del 10 febbraio 1999 (Vendita diritti televisivi)245

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 7340 (1362) del 1° luglio 1999 (Vendita diritti televisivi)248

Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 10985 (1362B) del 18 luglio 2002 (Vendita diritti televisivi)326

F.I.G.C., Comunicato ufficiale n. 11/Cf  del 18 dicembre, 2003 concernente i criteri di ripartizione tra le società dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti televisivi collettivi335

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 14156 del 31 marzo 2005 (Settore del calcio professionistico)343

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Prot. N. 33532/05, del 25 novembre 2005, Nota informativa presentata al Parlamento relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo  345

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 15108, del 25 gennaio 2006  (Reti televisive italiane/ramo di azienda di Europa TV)361

Autorità garante della Concorrenza e del Mercato,  Provvedimento n. 15632, del 28 giugno 2006  (Diritti calcistici)367

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,  Parere all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato in merito al procedimento A362 “Diritti calcistici” nei confronti delle società RTI S.P.A., MEDIASET S.P.A. e FININVEST S.P.A.  (Delibera n. 415/06/CONS)412

 

 


Scheda di sintesi
per l’istruttoria legislativa



Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1496-A

Titolo

Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati di calcio  e delle altre competizioni calcistiche professionistiche organizzate a livello nazionale

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§      presentazione alla Camera

27 luglio 2006

§      annuncio

31 luglio 2006

§      assegnazione

1° agosto 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, V, IX, X e XIV

 

 


 

Numero del progetto di legge

587

Titolo

Modifica all’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§      presentazione alla Camera

10 maggio 2006

§      annuncio

18 maggio 2006

§      assegnazione

13 giugno 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, e IX

 


 

Numero del progetto di legge

711

Titolo

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§      presentazione alla Camera

16 maggio 2006

§      annuncio

21 settembre 2006

§      assegnazione

21 settembre 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

Comitato per la legislazione, I, II, V, IX, X, XIV

 


 

Numero del progetto di legge

1195

Titolo

Modifica all’articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§      presentazione alla Camera

23 giugno 2006

§      annuncio

27 giugno 2006

§      assegnazione

17 luglio 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, e IX

 


 

Numero del progetto di legge

1803

Titolo

Disposizioni in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle competizioni calcistiche professionistiche

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

8

Date

 

§      presentazione alla Camera

11 ottobre 2006

§      annuncio

17 ottobre 2006

§      assegnazione

17 ottobre 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, V,  IX, X XIV

 


 

Numero del progetto di legge

1840

Titolo

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio

Iniziativa

Parlamentare

Settore d’intervento

Sport, radiotelevisione, concorrenza

Iter al Senato

no

Numero di articoli

1

Date

 

§      presentazione alla Camera

20 ottobre 2006

§      annuncio

25 ottobre 2006

§      assegnazione

25 ottobre 2006

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I, II, V, IX, X e XIV

 


Struttura e oggetto

Contenuto

 

Il provvedimento in esame – come modificato dalla Commissione di merito – reca una delega al governo per la revisione della disciplina relativa alla titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi inerenti i campionati professionistici.

Il testo in oggetto, il cui esame in sede referente è stato avviato il 13 settembre 2006 a seguito della presentazione da parte del governo di un disegno di legge, tiene conto delle proposte di legge di iniziativa parlamentare sull’argomento presentate dai deputati Ciocchetti ed altri (n. 587), Giancarlo Giorgetti e Caparini (n. 711), Ronchi ed altri (n. 1195), Pescante ed altri (n. 1803), Del Bue (n. 1840) nonché delle numerose audizioni con le parti interessate e gli organi vigilanti.

Rispetto al testo del relatore adottato come testo base - che nell’impianto riproduce sostanzialmente quello del governo - tali proposte condividono l’orientamento verso una commercializzazione congiunta, da parte del soggetto organizzatore degli eventi sportivi dei diritti di trasmissione, differenziandosene con riferimento alle modalità di attuazione: il testo del relatore prevede, infatti, una delega legislativa, finalizzata – secondo quanto è emerso dal dibattito - a garantire più ampi margini di flessibilità nelle modalità attuative, consentendo di tenere nella dovuta considerazione il diritto dei soggetti interessati ad esercitare la propria autonomia organizzativa; le proposte di iniziativa parlamentare prevedono al contrario l’affermazione del principio della vendita collettiva per legge e ne rimettono l’attuazione (in alcuni casi secondo principi e criteri direttivi specifici) al soggetto organizzatore, talvolta prevedendo una preventiva deliberazione del CONI.

 

Il provvedimento si compone di un unico articolo.

 

Il primo comma dell’articolo 1 delega il governo ad adottare entro sei mesi uno o più decreti legislativi volti a disciplinare la titolarità e l’esercizio dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati professionistici e delle altre competizioni professionistiche organizzate a livello nazionale nonché il mercato degli stessi. Si segnala che la disciplina, originariamente prevista per i soli campionati di calcio, è stata estesa a tutti gli sport professionistici (calcio, pallacanestro, pugilato, golf ciclismo e motociclismo).

 

Quanto alle trasmissioni, sono incluse nella delega tutte le modalità di trasmissione e di comunicazione, gratuite o in forma codificata, delle partite di calcio: sono quindi comprese nell'ambito della delega le trasmissioni su tutte le piattaforme distributive attualmente esistenti - ossia sul digitale satellitare, sul digitale terrestre, via cavo, sul cosiddetto «mobile broadcasting», via UMTS, via INTERNET o banda larga, nonché sull'analogico terrestre in chiaro - e su quelle future[1].

 

Con riferimento, infine, ai prodotti audiovisivi, la relazione illustrativa del disegno di legge del governo precisa che la delega si riferisce a: diretta integrale, differita integrale, sintesi, moviola e highlights.

 

La procedura prevede che i decreti siano emanati su proposta del Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive e del Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per le politiche europee ed il Ministro dello sviluppo economico, con il parere delle commissioni parlamentari competenti.

 

Eventuali decreti integrativi e correttivi possono essere emanati – con le medesime procedure e gli stessi principi e criteri direttivi- entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.

 

Il comma 1 esplicita inoltre le finalità del provvedimento:

-            garantire l’equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive;

-            realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi.

 

La disciplina dei diritti di trasmissione televisiva delle partite di calcio è contenuta nel decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15[2]che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata alle singole squadre di calcio di serie A e B (comma 1 dell’articolo 2).

Il decreto-legge contiene inoltre la disciplina volta ad evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, con riferimento alla trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio, in quanto segmento dell’offerta di programmi ritenuto cruciale ai fini dell’acquisto di quote di mercato (vedi oltre)[3].

 

Si ricorda che fino alla stagione 1998/1999 i diritti di trasmissione televisiva delle partite del campionato di Serie A, sia in chiaro sia in criptato, erano negoziati per il tramite della Lega Calcio[4], che provvedeva a distribuire i relativi proventi tra le società calcistiche professionistiche sostanzialmente su base paritetica.

Il 10 febbraio 1999, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) avviò un’istruttoria nei confronti della Lega Calcio, per presunta violazione delle norme poste a tutela della concorrenza recate dalla legge 287/1990[5], rilevando che il regolamento organizzativo della Lega attribuiva in esclusiva a quest’ultima la gestione dei diritti televisivi relativi alle partite del Campionato di calcio e della Coppa Italia, e ravvisando in ciò una possibile intesa tra le società di calcio restrittiva della concorrenza nel mercato italiano dei diritti televisivi. Il 1° luglio 1999 l’AGCM concludeva il procedimento censurando l'intesa costituita dal precedente regolamento di Lega, nel frattempo modificato, e nello stesso tempo prendendo atto del venire meno dell’intesa in seguito alle intervenute modifiche regolamentari.

 

Quanto al mercato rilevante, merita ricordare che l’AGCM considera gli eventi calcistici in grado di attrarre significative quantità di contatti televisivi che, in ragione, tra l'altro, delle specifiche caratteristiche degli spettatori, risultano di particolare interesse per gli inserzionisti pubblicitari. Questi programmi, infatti, oltre ad avere come caratteristica elevati indici di ascolto, sono seguiti con continuità da un pubblico ben identificabile come target pubblicitario. I contenuti calcistici costituiscono tanto per gli operatori televisivi in chiaro, quanto per gli operatori televisivi a pagamento, un'importante fonte di ricavi pubblicitari e rappresentano, anche in prospettiva, fattori determinanti ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo, ed in particolare nel mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo (pertanto individuato dall’AGCM come mercato rilevante)[6]. Conseguentemente, tali eventi sono considerati altresì quale strumento di ingresso e di affermazione nel settore televisivo e, in particolare, quale mezzo insostituibile per lo sviluppo e l'affermazione di nuovi mezzi di trasmissione (piattaforme emergenti)[7].

 

 

Il comma 2 e il comma 3 dell’articolo 1 contengono, rispettivamente, i principi e i criteri direttivi della delega, che vengono di seguito illustrati tenendo conto dei principali ambiti di intervento.

 

1. Carattere sociale e specificità del fenomeno sportivo

 

Sono innanzitutto riconosciuti il carattere sociale dell’attività sportiva e la specificità del fenomeno sportivo, secondo quanto affermato nella dichiarazione del Consiglio europeo di Nizza del 2000 (co. 2, lett. a) e b));

 

Con la dichiarazione di Nizza nel dicembre 2000[8], il Consiglio europeo ha preso atto delle caratteristiche specifiche dello sport e delle sue funzioni sociali in Europa di cui tener conto nell'attuazione delle politiche comuni. Lo sport viene definito “un'attività umana che si fonda su valori sociali, educativi e culturali essenziali” nonché “un fattore di inserimento, di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di accettazione delle differenze e di rispetto delle regole”.

In tale circostanza, il Consiglio ha espresso l’intenzione di salvaguardare la coesione e i legami di solidarietà che uniscono le pratiche sportive a tutti i livelli, l'imparzialità delle competizioni, gli interessi morali e materiali, segnatamente quelli dei giovani sportivi minorenni, nonché l'integrità fisica degli sportivi.

 

2. Contitolarità del diritto alla utilizzazione ai fini economici degli eventi sportivi

 

Il riconoscimento del diritto alla utilizzazione ai fini economici della competizione, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi deve essere attribuito al soggetto organizzatore della competizione sportiva ed ai soggetti partecipanti (co. 2, lett. c)); a questi ultimi è comunque garantita la salvaguardia dell’autonomia commerciale (co. 3, lett. a)) nonché la titolarità esclusiva dei diritti di archivio (co. 2, lett. d)).

 

La norma in esame configura pertanto una situazione giuridica di “contitolarità” dei diritti di sfruttamento tra il soggetto organizzatore e i soggetti partecipanti alle competizioni (società sportive).

Si segnala che già la Commissione europea ha utilizzato una formulazione analoga nella decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League (vedi oltre); in particolare la Commissione ha ritenuto che sussiste “comproprietà” tra le società calcistiche e l’ente organizzatore, i cui sforzi intellettuali e capacità organizzative contribuiscono a creare una competizione calcistica con una propria immagine distinta da quella dei club calcistici partecipanti.

 

Si ricorda che la contitolarità di un diritto sussiste allorché un diritto soggettivo sia imputabile a più soggetti contestualmente. L’ordinamento non disciplina in maniera specifica la contitolarità delle situazioni giuridiche: il quadro normativo di riferimento è dato essenzialmente (vedi, tuttavia, anche i contratti plurilaterali) dalle disposizioni dettate dal codice civile in materia di comunione (per i diritti reali) e di obbligazioni plurisoggettive (per i diritti di credito). Per quanto concerne la comunione, l’articolo 1100 del codice civile stabilisce che essa si realizza “quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone”. In tale quadro, l’individuazione della disciplina applicabile alla contitolarità è strettamente connessa alla qualificazione ed alla natura dei diritti che ne sono oggetto.

 

Nel caso in esame, la contitolarità (tra il soggetto preposto all’organizzazione della competizione sportiva, nello specifico la Lega Calcio, ed i soggetti partecipanti alla competizione medesima) è riferita esclusivamente al diritto alla utilizzazione a fini economici della competizione sportiva, limitatamente alla trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi. Dal concetto di contitolarità sembra, quindi, derivare una proprietà collettiva dei diritti di trasmissione caratterizzata da un vincolo di indisponibilità pro-quota del bene indiviso.

 

Si segnala peraltro che la disciplina proposta innova rispetto alla disciplina prevista dal DL n. 15 del 1999 nel senso che essa riguarda non solo i diritti di trasmissione in forma codificata, bensì tutti i diritti di utilizzazione a fini economici degli eventi sportivi, sia che riguardino prodotti televisivi in chiaro, sia che riguardino prodotti televisivi a pagamento, su qualunque piattaforma di trasmissione.

 

Quanto alla natura giuridica dei soggetti in questione, si segnala che la natura di impresa delle società sportive è stata riconosciuta dalla Commissione europea, la quale ha altresì ritenuto - con riferimento al calcio - che la stessa Federazione Italiana Giuoco Calcio - FIGC[9] (sotto l'egida della quale opera la Lega Calcio) costituisce a sua volta un’impresa[10]. Tale riconoscimento è stato condiviso nel tempo dalla giurisprudenza nazionale e, in particolare, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha stabilito che poiché l'articolo 1, comma 1, del Regolamento della Lega nazionale professionisti stabilisce che la Lega "associa in forma privatistica le società affiliate alla FIGC che partecipano ai Campionati di Serie A e B e che, a tal fine, si avvalgono delle prestazioni di calciatori professionisti", la Lega può essere qualificata quale associazione di imprese ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2, comma 1, legge n. 287/1990[11].

 

Con riferimento alla salvaguardia dell’autonomia commerciale, si segnala che, secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del disegno di legge del governo, deve essere consentita al soggetto partecipante e organizzatore del singolo evento sportivo la possibilità di negoziare individualmente i diritti rimasti invenduti a seguito della commercializzazione in forma centralizzata. Tale possibilità di negoziazione individuale non è peraltro esplicitata nell’articolato del provvedimento.

 

Si ricorda inoltre che le società sportive professionistiche, ai sensi del decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, possono perseguire lo scopo di lucro e sono quindi identificate con le altre società commerciali disciplinate dalle leggi comuni e, innanzitutto, dal codice civile; è stata infatti eliminata la disposizione che obbligava le società sportive a prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva[12].

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa del disegno di legge del governo, per diritto di library o diritto di archivio si intende il “diritto di svolgere quelle attività necessarie per riprodurre la partita di calcio in un momento successivo all'utilizzazione primaria delle partite (convenzionalmente il momento successivo decorre dopo che sono trascorse quarantotto ore dalla conclusione dell'evento agonistico)”.

Si segnala che l’Assemblea della Lega Calcio ha stabilito, nel dicembre 2005, che il diritto di archivio, ovvero il diritto sulle immagini delle competizioni trasmesse, cessa trentasei ore dopo la fine di ciascun incontro; alla fine di ogni stagione i diritti relativi sono ceduti dalla Lega ai singoli club.

 

3. Commercializzazione in forma centralizzata dei diritti

 

E’ prevista la commercializzazione in forma centralizzata dei diritti mediante procedure che garantiscano la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione, la realizzazione di un sistema equilibrato di trasmissione in chiaro e a pagamento, la salvaguardia delle esigenze delle emittenti locali (co. 2, lett. e)), secondo i seguenti criteri:

 

§      garanzia di accesso e parità di trattamento a tutti gli operatori della comunicazione in possesso del prescritto titolo abilitativi (co. 3, lett. b));

§      commercializzazione dei diritti per singola piattaforma, prevedendo modalità che assicurino, ove possibile, la presenza di più operatori della comunicazione nella distribuzione dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi (co. 3, lett. c));

§      commercializzazione dei diritti, anche attraverso divieti di acquistare diritti relativi a piattaforme per le quali non si possiede il titolo abilitativo, di sublicenziare i diritti acquisiti nonché di cedere, in tutto o in parte, i relativi contratti di licenza (co. 3, lett. d));

Tale norma è stata resa più flessibile, rispetto al testo originario del governo, a seguito del dibattito svolto in commissione sulla opportunità di non rendere eccessivamente rigide le regole di un mercato in continua evoluzione, nonché delle audizioni degli operatori del settore, i quali hanno messo in evidenza l’importanza, soprattutto per gli operatori locali, di poter acquistare pacchetti limitati ad alcune partite e quindi, sostanzialmente, mediante contratti di sublicenza.

 

§      disciplina della commercializzazione sul mercato internazionale (co. 3, lett. e));

§      disciplina specifica della commercializzazione su piattaforme emergenti (co. 3, lett. f));

§      previsione di una durata ragionevole dei contratti, allo scopo di garantire l’ingresso nel mercato di nuovi operatori e di evitare la creazione di posizioni dominanti (co. 3, lett. g));

 

Attualmente la disciplina sulla costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, con riferimento alla trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio, è contenuta nel citato decreto legge 30 gennaio 1999, n. 15. Il comma 1 dell’articolo 2 prevede che uno stesso soggetto attivo nel settore televisivo non possa detenere più del 60 per cento dei diritti televisivi criptati afferenti al Campionato italiano di Serie A o della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinino la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. La norma affida all’AGCM, sentito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il compito di vigilare sul rispetto di tale soglia, con la facoltà di derogare al predetto limite in considerazione delle condizioni generali del mercato, della titolarità di altri diritti sportivi e della loro durata, al fine di garantire che il gioco della concorrenza non venga falsato.

 

Al riguardo si segnala che l’AGCM, nella delibera n. 10716 del 13 maggio 2002 ha autorizzato l’operazione di concentrazione tra i due operatori della televisione satellitare a pagamento (Groupe Canal+ e Stream) subordinatamente ad alcune condizioni. In particolare, con riferimento ai campionati di calcio, è previsto un diritto unilaterale di recesso per le società sportive, con proporzionale riduzione dei corrispettivi previsti e senza applicazione di penali; la rinuncia dell’operatore a tutti i diritti di esclusiva ed esclusiva negativa in relazione allo sfruttamento dei diritti su altre piattaforme nonché la rinuncia esplicita al titolo abilitativo per il digitale terrestre; una durata massima del contratto di due stagioni.

Condizioni analoghe per permettere tale fusione sono contenute nella decisione della Commissione europea del 2 aprile 2003 (Caso COMP/M.2876).

 

§      tutela degli utenti, in Italia e all’estero, dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi (co. 2, lett. h)).

 

In proposito si ricorda che la legge 3 maggio 2004 n. 112 (c.d. “legge Gasparri”)[13] ha stabilito alcune norme di carattere generale a tutela dell’utente, poi confluite nel Testo unico della radiotelevisione (d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177)[14]. In particolare, con riferimento alla tutela dei minori, l’articolo 34, comma 4 del Testo unico prevede che nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti sportivi, in particolare calcistici, siano osservate specifiche misure anche al fine di contribuire alla diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell'avversario, per prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive.

 

Si ricorda inoltre che l’AGCM, nella delibera n. 10716 del 13 maggio 2002 –concernente concentrazione tra imprese indipendenti (Groupe Canal+/Stream) - ha indicato nell’AGCOM il soggetto idoneo a vigilare sulle modalità di tutela degli utenti.

 

4. Ripartizione delle risorse e mutualità

 

La ripartizione delle risorse economiche deve avvenire in modo da assicurare l’equilibrio competitivo tra i soggetti partecipanti alle competizioni, mentre una quota delle medesime deve essere destinata ai fini di mutualità generale del sistema (co. 2, lett. g)).

In particolare, una quota prevalente delle risorse deve essere ripartita - anche attraverso regole che potranno essere determinate dal soggetto preposto all’organizzazione della competizione sportiva - tra tutti i partecipanti alle competizioni in parti uguali, mentre le restanti risorse sono attribuite al soggetto organizzatore, che provvede a ridistribuirle tenendo conto anche del bacino d’utenza e dei risultati sportivi conseguiti; una quota – non quantificata dal testo – è infine destinata alla mutualità generale del sistema (co. 3, lett. h)); la ripartizione deve avvenire in modo tale da valorizzare e incentivare le categorie inferiori e lo sviluppo del settore giovanile (co. 3, lett. i)).

 

Il sistema di mutualità ridistribuisce, sulla base di accordi interni alla Lega nazionale professionisti, una quota delle risorse prodotte dalla Serie A alla Serie B; esiste inoltre un meccanismo di ripartizione dei proventi tra le squadre di Serie A[15]. L’articolo 46 del Regolamento della Lega prevede che i criteri di ripartizione dei crediti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi (approvati dall’assemblea del 19 marzo 1999) abbiano durata fino al 30 giugno 2005 e, qualora non si raggiunga una soluzione idonea a perseguire l’identico scopo mutualistico, si intendano prorogati per un triennio, sino al 30 giugno 2008. Con decisione del 18 dicembre 2003, la Corte federale ha dichiarato tale disposizione inefficace per eccessiva onerosità sopravvenuta ed ha stabilito la necessità di rinegoziare l’accordo. Tale decisione ha aperto un dibattito interno che ancora non ha trovato una soluzione definitiva.

 

Si ricorda poi che l’articolo 10 della legge n. 91 del 1981, come modificato dal DL 20 settembre 1996, n. 485) dispone che una quota degli utili delle società professionistiche, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.

 

Sulla ripartizione delle risorse e sulla necessità di destinare una quota dei proventi allo sviluppo del settore giovanile, si è svolto un ampio e approfondito dibattito in Commissione, anche con riferimento alla questione se la definizione dei criteri per la ripartizione delle risorse fosse un contenuto proprio della norma di rango primario ovvero se non dovesse essere rimessa all’autonomia contrattuale delle singole società (che l’hanno esercitata finora, anche per il tramite delle Leghe). Tale principio dell’autonomia del mondo dello sport ha ispirato gran parte degli interventi e, sotto questo profilo, nel corso dell’esame sono stati approvati, con alcune riformulazioni volte a tenere in considerazione le diverse posizioni, emendamenti della maggioranza e dell’opposizione[16]. In tal senso, già il nuovo testo presentato dal relatore aveva individuato, anche a seguito dell’orientamento espresso dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato, una formulazione più flessibile, ritenendo eccessivamente vincolante l’introduzione di un limite numerico in una norma di rango primario.

Il testo approvato dalla Commissione prevede quindi che la ripartizione avvenga anche attraverso regole che potranno essere determinate dal soggetto preposto all’organizzazione della competizione sportiva; viene in tal modo favorita una iniziativa autonoma del soggetto organizzatore, con l’obiettivo di circoscrivere l’esercizio della delega legislativa e garantire l’autonomia del settore. E’ stata inoltre precisata la necessità che la ripartizione avvenga in modo tale da valorizzare e incentivare le categorie inferiori e lo sviluppo del settore giovanile.

 

 

5. Vigilanza

 

All’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie elle comunicazioni sono attribuite le funzioni di vigilanza e controllo sulla corretta applicazione della disciplina attuativa della legge (co. 3, lett. l)).

 

6. Decorrenza e norme transitorie

 

E’ previsto che la nuova disciplina entri in vigore dal 1° luglio 2007; conseguentemente sarà abrogato l’articolo 2, comma 1 del decreto legge n. 15 del 1999 (co. 3, lett. m)).

 

La delega prevede, infine, la disciplina di un periodo transitorio al fine, in particolare, di regolare diritti e aspettative derivanti da contratti aventi ad oggetto lo sfruttamento dei diritti in esame (co. 3, lett. n)), consentendo una graduale applicazione dei principi relativi alla commercializzazione in forma centralizzata ed all’equa ripartizione delle risorse (lettere f) e g) del comma 2); a tal fine la norma prevede che si distingua tra i contratti stipulati prima e dopo il 31 maggio 2006 (co. 3, lett. n)).

 

Tale norma sembra destinata ad incidere su accordi che hanno già fatto sorgere diritti e obblighi in capo a soggetti privati, per i quali appare possibile immaginare esclusivamente un intervento finalizzato ad una rinegoziazione consensuale tra le parti interessate. Si tratta, in particolare, dei diritti per la trasmissione attraverso il satellite, il digitale terreste, il cavo e via adsl che diverse società hanno già ceduto fino al 2009[17]. In relazione alla definizione di tale periodo transitorio, peraltro, la previsione di una distinzione tra i contratti stipulati prima e dopo il 31 maggio 2006 non appare supportata da atti o situazioni giuridicamente rilevanti.

 

 


Elementi per l’istruttoria legislativa

Necessità dell’intervento con legge

L'utilizzazione dello strumento legislativo appare coerente, in quanto il provvedimento in esame interviene in una materia regolata da norme di rango primario. Si rileva peraltro che il provvedimento contiene alcune norme di dettaglio che potrebbero essere rimesse all’autonomia contrattuale dei soggetti coinvolti.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame, sia in relazione ai principali contenuti della disciplina, sia in relazione alle sue finalità, appare innanzitutto riconducibile alla materia “tutela della concorrenza”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. e) Cost.).

Con riguardo ad alcune disposizioni che attengono alla disciplina dei contratti (aventi ad oggetto lo sfruttamento dei prodotti audiovisivi relativi agli eventi sportivi), può essere richiamata la materia “ordinamento civile”, sempre riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. l) Cost.).  

Il testo in esame, in particolare in relazione all’oggetto della disciplina, appare altresì riconducibile alle materie “ordinamento sportivo” e “ordinamento della comunicazione” che l’art. 117, terzo comma, Cost., annovera tra le materie di competenza legislativa concorrente.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Si ricorda che l’articolo 41 della Costituzione,il quale tutela la libertà di iniziativa economica privata, prevede tra l’altro che l’intervento legislativo dello Stato incidente sulla libertà di iniziativa economica e sull’autonomia negoziale è giustificato dal perseguimento di fini sociali.

A tale riguardo varie disposizioni del testo in esame richiamano la finalità della tutela della concorrenza, dell’equilibrio competitivo tra gli operatori del settore, nonché il carattere sociale dell’attività sportiva, quale strumento di sviluppo sociale.

 

In questo quadro vanno valutate le disposizioni relative ai criteri direttivi recati dalla delega in esame, in particolare concernenti la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie e la previsione di una disciplina transitoria, che appare destinata ad incidere su accordi che hanno già fatto sorgere diritti e obblighi in capo a soggetti privati.

 

Si ricorda che la Corte costituzionale (sentenza n. 54 del 1962) ha ritenuto che la finalità sociale non può escludersi, in via di principio, per il carattere particolare o localmente limitato della categoria di operatori economici; e nemmeno in considerazione della natura voluttuaria del prodotto. Al contrario la Corte considera lesiva dell’iniziativa economica privata la non rispondenza al principio della riserva di legge, in particolare qualora le norme in questione non specifichino indirizzi e programmi, ovvero dati attraverso i quali si manifestino in qualche modo i fini di utilità sociale e i criteri ai quali la legge stessa si sarebbe ispirata.

Tali considerazioni sono da ultimo confermate nella sentenza n. 176 del 2004, in cui la Corte rileva che la presenza di limiti certi, nonché l'esistenza di strumenti di tutela azionabili in caso di inosservanza degli stessi da parte della pubblica amministrazione, forniscono una protezione adeguata alla libertà di iniziativa economica.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Il provvedimento in esame è meritevole di valutazione alla luce della disciplina comunitaria in materia di concorrenza.

Si ricorda che l’articolo 81 del trattato CE vieta, in quanto incompatibili con il mercato comune, gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune ed in particolare, per quanto qui interessa,  quelli consistenti nel fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione. Tali restrizioni possono essere dichiarate inapplicabili a qualsiasi accordo o pratica che contribuisca a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico.

L’articolo 82 prevede inoltre che sia incompatibile con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato comune o su una parte sostanziale di questo.

Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:

a)   nell'imporre direttamente od indirettamente prezzi d'acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;

b)   nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;

c)   nell'applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;

d)   nel subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.

 

In attuazione di tali norme, il Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 consente alle imprese di evitare un accertamento di infrazione proponendo impegni adeguati.

In particolare, l’art. 7 del Regolamento stabilisce che la Commissione può obbligare, attraverso una decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine alla infrazione constatata. La Commissione può a tal fine imporre a tali soggetti l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali che siano proporzionati alla infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione posta in essere. L’art. 9 disciplina inoltre il caso in cui la Commissione intenda adottare una decisione volta a far cessare una infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni per ovviare alle preoccupazioni della Commissione. E’ previsto al riguardo che la Commissione possa mediante decisione rendere gli impegni proposti dalle imprese interessate obbligatori.

 

Per quanto riguarda lo sport, si ricorda che, secondo quanto affermato dalla Corte di giustizia, esso costituisce un’attività economica ai sensi dell’articolo 2 del trattato[18]. La Commissione ha peraltro riconosciuto la specificità dello sport, come espresso ad esempio nella dichiarazione del Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000[19]. In quella occasione il Consiglio ha assunto una posizione favorevole alla messa in comune di una parte degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV, ai livelli appropriati, come vantaggiosa per il principio di solidarietà tra tutti i livelli e le discipline dello sport.

 

Si ricorda che il Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa[20]  ha introdotto all’art. III-282, una norma di sostegno allo sport, i cui profili europei sono promossi dall’Unione tenendo conto della specificità del settore, delle sue strutture fondate sul volontariato e della sua funzione sociale e educativa. In tal senso l'azione dell'Unione promuove l'imparzialità e l'apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e protegge l'integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei giovani.

 

 

Nella recente decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League[21], la Commissione ha concesso un’esenzione ai sensi del citato articolo 81 del trattato, fino al 31 luglio 2009.

In particolare, la Commissione ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un’agenzia di vendita congiunta (punto 153 della decisione). La Commissione ha poi ritenuto che gli effetti negativi derivanti dall’accordo comune di vendita siano controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico o economico dei contenuti mediatici stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono (punto 161) e che la decisione dei club calcistici e della UEFA riguardo l’accordo comune di vendita migliora la produzione e la distribuzione della UEFA Champions League ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, consentendo la creazione di un prodotto di marca di qualità e costituendo un vantaggio per gli operatori dei media, i club calcistici e gli spettatori, in quanto porta alla creazione di un punto vendita unico per l’acquisizione di un pacchetto di prodotti “campionato”. Tuttavia, poiché nessuno di tali vantaggi deriva dalla limitazione della libertà dei singoli club di vendere i diritti della diretta TV a emittenti diverse dalle pay-TV/pay-per-view, la Commissione ha subordinato tale decisione alla condizione che venga consentito ai club calcistici di vendere i propri diritti di diretta TV ad emittenti non a pagamento, qualora non vi sia un’offerta ragionevole da parte di una emittente a pagamento (punto 168).

 

 

Da ultimo, si segnala il Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006[22], realizzato con l’obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell’ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.

 

Tra le misure volte garantire l’equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, necessario per assicurare l’attrattiva del calcio; il Rapporto individua la redistribuzione delle risorse mediante la vendita collettiva dei diritti commerciali, che viene definita, nello stesso tempo, necessaria e compatibile con il diritto comunitario.

Il Rapporto propone poi l’adozione da parte della Commissione europea di linee guida relative all’applicazione allo sport delle regole sulla concorrenza, in cui si precisino, tra l’altro, le regole sportive che non rientrano nell’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato, le misure che meritano deroghe al divieto di accordi tra imprese noché la disciplina giuridica di specifiche tematiche quali la vendita collettiva dei diritti, la valorizzazione dei vivai, la partecipazione degli atleti alle rappresentative nazionali, le limitazioni agli stipendi, la concessione delle licenze ai club.

 

Dall’analisi dei documenti sopra citati, emerge un orientamento favorevole al riconoscimento della specificità dello sport e della necessità di derogare ad alcune norme generali in materia di concorrenza, anche in considerazione delle finalità sociali dello sport recepite nella dichiarazione di Nizza.

 

Si segnala peraltro che le disposizioni concernenti la vendita collettiva dei diritti sportivi a livello comunitario hanno riguardato specifiche e circoscritte deroghe alla normativa antitrust, limitate nel tempo, su singoli casi. Il provvedimento in esame al contrario prevede una disciplina di carattere generale disposta con norme di rango primario.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Riflessi sulle autonomie e sulle altre potestà normative

Si ricorda che l’articolo 1 del DL 19 agosto 2003, n. 220[23] ha riconosciuto l'autonomia dell'ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell'ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale.

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 1, comma 3, lettera l) prevede l’attribuzione di attività di vigilanza e controllo all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Coordinamento con la normativa vigente

Il coordinamento con la normativa vigente risulta assicurato dall’abrogazione o sostituzione delle norme in contrasto con la disciplina che si vuole introdurre.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si segnala che la Commissione Cultura sta svolgendo un’indagine conoscitiva sulle violazioni al sistema delle regole e dei controlli nel settore del calcio professionistico riscontrate al termine del campionato di calcio di Serie A 2005/2006.

L’indagine, che trae origine dalle emergenze finanziarie e organizzative che hanno interessato il settore negli ultimi anni, intende approfondire in particolare i seguenti temi:

-    l’evoluzione degli eventi relativi alle violazioni al sistema delle regole e dei controlli nel settore del calcio professionistico riscontrate al termine del campionato di calcio di Serie A 2005/2006, con particolare riferimento alle cause che hanno determinato la loro realizzazione;

-    la riferibilità degli eventi indicati al sistema delle regole interne al mondo del calcio, con particolare riguardo al finanziamento delle società professionistiche e al sistema dei controlli;

-    le connessioni con le questioni relative all’utilizzo dei diritti televisivi, anche rispetto all’uso delle nuove tecnologie;

-    la necessità di prevedere meccanismi trasparenti nell’esercizio della professione degli agenti di calciatori;

-    l’indipendenza e l’autonomia degli operatori del settore arbitrale e la ridefinizione del sistema sanzionatorio per condotte illecite.

Impatto sui destinatari delle norme

Il provvedimento modificano la disciplina relativa alla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in tal modo incidendo sui criteri di distribuzione delle risorse finanziare delle società sportive interessate.

Inoltre, sono disciplinati alcuni aspetti connessi alle piattaforme distributive, in modo da evitare alterazioni del mercato e della concorrenza.

 

In proposito occorre inoltre ricordare che l’AGCM ha più volte affermato che i contenuti calcistici costituiscono, tanto per gli operatori televisivi in chiaro, quanto per gli operatori televisivi a pagamento, un’importante fonte di ricavi pubblicitari, in quanto, oltre ad avere come caratteristica elevati indici di ascolto, sono seguiti con continuità da un pubblico ben identificabile come target pubblicitario. In virtù di tali elementi, i diritti televisivi sugli eventi calcistici appaiono rappresentare, anche in prospettiva, fattori determinanti ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo ed in particolare sul mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo, nonché un importante strumento di affermazione dei nuovi mezzi di trasmissione[24].

 


Schede di lettura

 


 

Quadro della normativa vigente

Ai fini di una migliore comprensione delle disposizioni introdotte dal disegno di legge in esame, la presente scheda di lettura fornisce un quadro della normativa vigente nel settore dello sport e del calcio professionistico, con particolare riferimento agli aspetticonnessi con la struttura giuridica dei soggetti coinvolti nelle competizioni sportive, le modalità di finanziamento del settore ed i rapporti economici tra le società professionistiche[25]. Particolare attenzione è inoltre rivolta alla normativa nazionale ed europea in materia di sfruttamento commerciale dei diritti televisivi e di politiche anticoncentrative nel settore delle trasmissioni radiotelevisive e su altre reti di comunicazione elettronica.

L’autonomia dell’ordinamento sportivo

Il decreto-legge 19 agosto 2003, n. 220, recante “Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva”, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280 (relativo al cosiddetto “caso Catania”) ha definito le relazioni tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria, sancendo il principio dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato internazionale olimpico (CIO); tale autonomia trova un limite unicamente a fronte di situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale.

E’ quindi riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto:

a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive;

b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive;

 

Per quanto concerne i rapporti tra giurisdizione sportiva e statale in materie non riservate alla giurisdizione esclusiva sportiva, viene previsto, in via generale, l’obbligo di previo esperimento dei relativi ricorsi presso gli organi di giustizia sportiva. Solo una volta esauriti i gradi della giustizia sportiva, le questioni potranno essere sollevate innanzi al giudice ordinario, per quanto concerne i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, o al TAR del Lazio, competente in via esclusiva in primo grado e chiamato ad operare secondo modalità accelerate di definizione del giudizio, per ogni altra controversia che abbia ad oggetto atti del CONI o delle federazioni sportive.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242[26], il CONI è la Confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai princìpi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. L'ente cura, per quanto qui interessa, l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale, ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per tutte le manifestazioni sportive nazionali o internazionali.

 

In tale ambito, per quanto riguarda il calcio, si ricorda che la Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile.

 

La Lega Calcio è affiliata alla Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC); quest’ultima è l’associazione, con personalità giuridica di diritto privato, delle società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi ad essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. Ai sensi del proprio statuto, la FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. In particolare, sono affidate alla FIGC - oltre alla disciplina sportiva e alla gestione tecnico-organizzativa ed economica delle squadre nazionali, alla determinazione dei criteri di ripartizione delle risorse attribuite alla F.I.G.C. e alla tutela del principio di solidarietà finanziaria tra calcio professionistico e dilettantistico -  tutte le funzioni che, a motivato giudizio del Consiglio federale, le Leghe non possono svolgere autonomamente a causa degli effetti generali delle decisioni da adottare (art. 3 dello Statuto).

Il sistema di finanziamento dello sport

Il sistema di finanziamento dello sport italiano è stato modificato in primo luogo dall’articolo 4 del DL 8 luglio 2002, n. 138 (convertito dalla legge 8 agosto 2002, n. 178) che ha unificato le competenze in materia di giochi, con il trasferimento dell’organizzazione di tutti i giochi, scommesse e concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive (in regime di concessione) all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Il CONI mantiene i rapporti con le federazioni e acquista la rappresentanza nel Comitato generale per i giochi, che coadiuva il Ministro nella formulazione degli indirizzi strategici per il settore dei giochi, delle scommesse e dei concorsi pronostici.

 

Il DL ha inoltre ha provveduto alla creazione di una società per azioni, denominata CONI Servizi spa, a totale partecipazione pubblica (le azioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze), chiamata a supportare l’insieme delle attività del Comitato olimpico. In particolare, si è previsto che i rapporti tra il CONI (ente pubblico) e la CONI Servizi vengano disciplinati da un contratto di servizio annuale e che il personale alle dipendenze del CONI venga trasferito alle dipendenze della CONI Servizi, la quale succede in tutti i rapporti attivi e passivi, compresi i rapporti di finanziamento con le banche, nonché nella titolarità dei beni facenti capo all’ente pubblico.

 

Nel corso della XIV legislatura il CONI è stato in un primo momento beneficiario di interventi straordinari di finanziamento, determinati dalla drastica riduzione delle entrate derivanti dai concorsi pronostici; si ricorda in particolare il contributo di 103,2 milioni di euro per il 2002 per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali e il potenziamento dell’attività sportiva (art.16-sexies del DL n. 452 del 2001[27]) nonché il contributo di 130 milioni di euro per il 2004, a titolo di apporto al capitale sociale della CONI servizi spa  (legge finanziaria per il 2004, art. 4, co. 232).

In seguito la legge finanziaria per il 2005 (art.1 co. 281-282) ha modificato le modalità di finanziamento destinando al CONI, a partire dal 1° gennaio 2005, una quota parte (da stabilire) delle entrate erariali ed extraerariali derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva, da scommesse, lotto ed enalotto, bingo, apparecchi da divertimento ed intrattenimento, lotterie. In via transitoria, per il quadriennio 2005-2008, è attribuito al CONI un contributo di 450 milioni di euro annui, comprensivi del contributo straordinario previsto per i Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 e per i Giochi di Pechino 2008. E’ rimasta invariata la previsione di un contributo all’Istituto per il credito sportivo[28]pari al 2,45% delle entrate derivanti dai concorsi pronostici su base sportiva previsto dal D.M. 19 giugno 2003, n. 179[29].

Si ricorda che un parziale riordino di tale Istituto è stato introdotto dalla legge finanziaria per il 2004 (articolo 4, co. 14, L 350/2003). In particolare la norma ne ha ampliato i compiti, non più limitati al finanziamento dell’impiantistica sportiva, ma estesi al credito a favore delle attività sportive e culturali. Compiti da attuarsi come banca di diritto pubblico, ai sensi dell'articolo 151 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[30]. L’approvazione dello nuovo statuto, che tiene conto dei  nuovi compiti ed assicura la rappresentanza delle regioni e delle autonomie locali negli organi dell’Istituto è avvenuta con DM 4 agosto 2005. La legge finanziaria per il 2004 prevede inoltre la concessione di contributi per interessi sui mutui e prestiti per le finalità istituzionali, attraverso le disponibilità di un fondo speciale costituito presso l'Istituto, alimentato principalmente con il versamento da parte dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato del contributo del 2,45% della posta dei concorsi pronostici.

Si segnala, peraltro, che la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, co. 41) ha rideterminato in 450 milioni di euro la quota del fondo patrimoniale dell’Istituto del credito sportivo da restituirsi allo Stato, stabilita in una cifra sensibilmente più contenuta da un precedente decreto del ministero dell’economia, riducendo quindi in maniera considerevole i fondi necessari ad assicurare la prosecuzione delle attività dell’istituto.

 

Si ricorda infine che, recentemente, il DL n. 181 del 18 Maggio 2006[31] ha attribuito (comma 19 lettera a) al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999, inclusa quindi la vigilanza sul CONI. Il testo integrato nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione ha previsto (indirettamente, attraverso la fissazione del termine per la modifica dello statuto) che l’Istituto per il credito sportivo sia sottoposto alla vigilanza congiunta del Presidente del Consiglio dei ministri e del ministro per i beni e le attività culturali.

Le società sportive professionistiche

In materia di sport professionistico, la disciplina generale è contenuta nella legge 23 marzo 1981, n. 91, recante “Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, cui è sotteso il principio fondamentale per il quale l’attività sportiva è libera, sia che venga svolta in forma individuale o collettiva, a livello dilettantistico o professionistico.

Il rapporto di lavoro professionistico, con il conseguente tesseramento, si costituisce con la stipulazione di un contratto in forma scritta tra l’atleta e la società destinataria della prestazione sportiva. La durata dei contratti viene stabilita con libera trattativa tra l’atleta e la società e non può essere superiore a cinque anni.

È ammessa la cessione del contratto prima della scadenza da una società sportiva ad un’altra, purché vi consenta l’altra parte e siano osservate le modalità fissate dalle federazioni sportive. Le federazioni sportive devono prevedere un premio di addestramento e formazione tecnica dovuto dalla società con la quale un atleta stipula il primo contratto da professionista alla società con la quale l’atleta ha svolto la sua ultima attività dilettantistica.

La legge contiene anche disposizioni sulla tutela assicurativa, sanitaria e previdenziale degli sportivi professionisti, nonché sul trattamento tributario dei redditi derivanti dalle prestazioni sportive e dagli altri contratti tipici del settore dello sport professionistico.

Nel settore professionistico possono operare solamente le società costituite nelle forme della società per azioni o società a responsabilità limitata.

Con il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, recante “Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche”, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586, si è consentito alle società professionistiche il perseguimento dello scopo di lucro e quindi l'identificazione con le altre società commerciali disciplinate dalle leggi comuni e, innanzitutto, dal codice civile; è stata infatti eliminata la disposizione che obbligava le società sportive a prevedere nel proprio statuto che gli utili fossero interamente reinvestiti nella società per il perseguimento esclusivo dell'attività sportiva; la norma novellata (articolo 10 della legge n. 91 del 1981) dispone invece che l'atto costitutivo debba prevedere, da un lato, che la società possa svolgere esclusivamente attività sportive e attività ad esse connesse e, dall'altro, che una quota degli utili, in misura non inferiore al 10 per cento, sia destinata alle scuole giovanili di addestramento e formazione tecnico-sportiva.

 

In proposito, l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999 sulla vendita collettiva dei diritti TV, ha sottolineato che “la riforma del settore dello sport professionistico, determinata dalle modifiche alla disciplina delle società sportive apportate dalla legge n. 586/1996, ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi. L'eliminazione di tale vincolo risulta, in particolare, funzionale all'esigenza delle principali società sportive - quelle calcistiche in particolare - di vedere quotate in mercati ufficiali le proprie azioni. Lo stesso legislatore ha con ciò confermato la natura intrinsecamente imprenditoriale dell'attività esercitata dalle società calcistiche”.

 

Lo stesso decreto-legge – sempre attraverso una modifica della legge n. 91 del 1981 - ha introdotto, al solo fine di garantire il regolare svolgimento dei campionati sportivi, verifiche sull'equilibrio finanziario delle società sportive da parte delle federazioni sportive, su delega del CONI e secondo le modalità e i princìpi da questo stabiliti.

La mutualità

Il sistema di mutualità ridistribuisce, sulla base di accordi interni alla Lega nazionale professionisti, una quota delle risorse prodotte dalla Serie A alla Serie B; esiste inoltre un meccanismo di ripartizione dei proventi tra le squadre di Serie A. Si tratta, in particolare, dell’assegnazione di una quota pari al 18 per cento dei diritti TV e degli incassi da biglietti alla squadra ospite (tendenzialmente a favore dei club minori di Serie A), nonché del 20 per cento dei ricavi da diritti televisivi, in chiaro e criptati, da giochi e scommesse e da sponsorizzazioni dei campionati a favore della Serie B, con un importo garantito pari a 103 milioni di euro.

 

L’articolo 46 del Regolamento della Lega nazionale professionisti prevede che i criteri di ripartizione dei crediti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, approvati dall’assemblea del 19 marzo 1999 (riguardanti la mutualità verso la Serie B), abbiano durata fino al 30 giugno 2005 e, qualora non si raggiunga una soluzione idonea a perseguire l’identico scopo mutualistico, si intendano prorogati per un triennio, sino al 30 giugno 2008.

 

Con decisione del 18 dicembre 2003, la Corte federale ha dichiarato tale disposizione inefficace - a decorrere dal 1° luglio 2004 - per eccessiva onerosità sopravvenuta, in quanto impegna le società di Serie A al pagamento di contribuzioni superiori a quanto dalle stesse percepito in base ai diritti televisivi in questione ed ha stabilito che, fermo restando il principio mutualistico, l’accordo fra le società appartenenti alla Lega debba essere rinegoziato al fine di ricondurlo ad equità.

Per la nuova negoziazione la Corte ha stabilito che i criteri di mutualità siano utilizzati in favore di tutte le società economicamente più deboli (prestando attenzione non solo alla collocazione all’interno del campionati di serie A o di serie B, ma anche ad altri criteri, quali quelli del bacino di utenza e della potenzialità di diffusione televisiva delle singole società e della partecipazione alle Coppe europee) nonché il criterio della ragionevolezza, al fine di non imporre oneri eccessivi ai soggetti chiamati unilateralmente ad operare esborsi di denaro in favore di altri soggetti.

Tale decisione ha aperto un dibattito che ancora non ha trovato una soluzione definitiva, anche se occorre segnalare che nel corso dell’Assemblea della Lega del 7 luglio 2005, è stato raggiunto un accordo di ripartizione che prevede il mantenimento della percentuale delle risorse ripartite (18 per cento) ma amplia la base di calcolo includendo, oltre ai diritti per l’estero e la Tv digitale satellitare e terrestre, anche quelli relativi ad Internet ed alla telefonia mobile. L’accordo è valido fino al giugno 2007.

 

La Serie C ha già da tempo attuato forme di ripartizione dei contributi federali sulla base dell’effettivo ricorso delle società a calciatori provenienti dai vivai. In particolare, nella stagione 2005/2006 hanno beneficiato del contributo le squadre che schierano in partite di campionato calciatori nati dal 1° gennaio 1982 in poi, e che abbiano, comunque, compiuto anagraficamente il 15° anno di età, e siano di cittadinanza italiana[32].

I diritti televisivi

La delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 1° luglio 1999

Fino alla stagione 1998/1999 i diritti di trasmissione televisiva delle partite del campionato di Serie A, sia in chiaro[33] sia in criptato, erano negoziati per il tramite della Lega Calcio, che provvedeva a distribuire i relativi proventi tra le società calcistiche professionistiche sostanzialmente su base paritetica.

Dall'inizio del 1998, alcune società calcistiche iniziarono trattative con una emittente televisiva a pagamento per la vendita individuale dei diritti televisivi di propria pertinenza. Per il Milan, la Juventus, l'Inter, il Napoli, l'Empoli, il Bologna, il Cagliari, il Torino e il Bari tali trattative portarono, tra il maggio del 1998 e il marzo del 1999, alla conclusione di contratti definitivi aventi ad oggetto la cessione dei diritti televisivi criptati relativi al Campionato di Serie A e B nonché dei diritti televisivi esteri.

 

Il 10 febbraio 1999, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) avviò un’istruttoria nei confronti della Lega Calcio, per presunta violazione delle norme poste a tutela della concorrenza recate dalla legge 287/1990[34], rilevando che il regolamento organizzativo della Lega attribuiva in esclusiva a quest’ultima la gestione dei diritti televisivi relativi alle partite del Campionato di calcio e della Coppa Italia, e ravvisando in ciò una possibile intesa tra le società di calcio restrittiva della concorrenza nel mercato italiano dei diritti televisivi.

 

Nel frattempo, il 30 gennaio 1999 era stato emanato il decreto legge n. 15[35] che, al comma 1 dell’articolo 2,conteneva disposizioni volte a fissare la disciplina di base utilizzabile dalle competenti Autorità per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel particolare settore dell’emittenza televisiva in forma codificata, intervenendo su un segmento dell’offerta di programmi ritenuto cruciale ai fini dell’acquisto di quote di mercato: la trasmissione in diretta delle partite del campionato nazionale di calcio; il decreto prevede quindi che uno stesso soggetto attivo nel settore televisivo non possa detenere più del 60 per cento dei diritti televisivi criptati afferenti al Campionato italiano di Serie A o della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore. Nel caso in cui le condizioni dei relativi mercati determinino la presenza di un solo acquirente il limite indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata non superiore a tre anni. La norma affida all’Antitrust, sentito il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il compito di vigilare sul rispetto di tale soglia, con la facoltà di derogare al predetto limite in considerazione delle condizioni generali del mercato, della titolarità di altri diritti sportivi e della loro durata, al fine di garantire che il gioco della concorrenza non venga falsato.

In sede di conversione in legge del decreto - tramite un emendamento introdotto al Senato - fu definita a livello legislativo la questione preliminare della titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle partite di calcio, precisando che i diritti di trasmissione televisiva in forma codificata spettano alle singole squadre di calcio di serie A e B.

 

Intanto Il 19 marzo 1999, l'assemblea delle società aderenti alla Lega Calcio modificava gli articoli 1 e 25 del regolamento della Lega, limitando la possibile rappresentanza della Lega – in ogni caso su delega specifica rilasciata per ogni singolo contratto e da ogni singola società – in ordine alla vendita dei diritti  relativi alla diffusione:

·         televisiva, sul solo territorio italiano, degli highlights in chiaro e in differita dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         radiofonica, con esclusione dell'ambito locale, dei campionati di Serie A e di Serie B;

·         televisiva e radiofonica - senza limitazioni territoriali - sia in chiaro che in criptato, della Coppa Italia per le sole fasi a eliminazione diretta.

Tali modifiche furono in seguito approvate in via definitiva nella riunione del 9 aprile 1999 del Consiglio Federale della FIGC.

 

Il 1° luglio 1999 l’AGCM concludeva il procedimento di infrazione aperto nei confronti della Lega Calcio per violazione dell’articolo della legge 287/90 non riconoscendo alla Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, un ruolo tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Veniva quindi censurata l'intesa costituita dal precedente regolamento di Lega[36], avente ad oggetto la vendita collettiva dei diritti televisivi del Campionato di calcio di Serie A e B e della Coppa Italia, relativamente ai periodi 1993/96, 1996/99 sino al gennaio 1999 - in quanto diretta alla fissazione dei prezzi e quindi in violazione dell'articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90, - e nello stesso tempo prendendo atto del venire meno dell’intesa in seguito alle intervenute modifiche regolamentari.

Per quanto riguarda gli highlightsl’AGCM ha ritenuto che la vendita collettiva non presentasse carattere restrittivo in quanto tale prodotto non avrebbe potuto essere commercializzato su base individuale da parte delle singole società.

Quanto all'intesa avente ad oggetto la vendita collettiva da parte della Lega dei diritti della Coppa Italia limitatamente ai turni a eliminazione diretta, l’AGCM concedeva un’autorizzazione in deroga, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 4, comma 1, legge n. 287/90, sino al 30 giugno 2002; tale deroga è stata successivamente estesa dall’Autorità (con provvedimento del 19 luglio 2002) fino al 30 giugno 2005. Per i diritti 2005-2006 è stato concordato con l’AGCM di effettuare un’asta pubblica per un solo anno.

Recenti orientamenti in merito alla vendita dei diritti televisivi

Sulla vendita dei diritti televisivi la Commissione europea ha modificato negli ultimi anni il proprio orientamento in senso più favorevole alla vendita collettiva.

Ferma restando la configurazione come attività economica ai sensi dell’articolo 2 del trattato[37], la Commissione ha riconosciuto la specificità dello sport nella dichiarazione del Consiglio europeo a Nizza nel dicembre 2000[38]. In quella occasione il Consiglio ha assunto una posizione favorevole alla messa in comune di una parte degli introiti derivanti dalla vendita dei diritti TV, ai livelli appropriati, come vantaggiosa per il principio di solidarietà tra tutti i livelli e le discipline dello sport.

 

Nella decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League[39], la Commissione ha concesso un’esenzione ai sensi dell’articolo 81 del trattato, fino al 31 luglio 2009.

 

In particolare, la Commissione ha riconosciuto che i club calcistici sono avvantaggiati dalla vendita dei diritti commerciali tramite un punto vendita unico o un’agenzia di vendita congiunta (punto 153 della decisione). La Commissione ha poi ritenuto che gli effetti negativi derivanti dall’accordo comune di vendita siano controbilanciati dalla maggiore quantità di contenuti resi disponibili per una più ampia distribuzione, promuovendo così il progresso tecnico o economico dei contenuti mediatici stessi e dei nuovi vettori mediatici che li distribuiscono (punto 161) e che la decisione dei club calcistici e della UEFA riguardo l’accordo comune di vendita migliora la produzione e la distribuzione della UEFA Champions League ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 3, del trattato, consentendo la creazione di un prodotto di marca di qualità e costituendo un vantaggio per gli operatori dei media, i club calcistici e gli spettatori, in quanto porta alla creazione di un punto vendita unico per l’acquisizione di un pacchetto di prodotti “campionato”. Tuttavia, poiché nessuno di tali vantaggi deriva dalla limitazione della libertà dei singoli club di vendere i diritti della diretta TV a emittenti diverse dalle pay-TV/pay-per-view, la Commissione ha subordinato tale decisione alla condizione che venga consentito ai club calcistici di vendere i propri diritti di diretta TV ad emittenti non a pagamento, qualora non vi sia un’offerta ragionevole da parte di una emittente a pagamento (punto 168).

 

In tema di vendita collettiva dei diritti televisivi la Commissione è intervenuta in altri due casi a livello nazionale. In tali circostanze la Commissione ha autorizzato la vendita dei diritti relativi al campionato di calcio utilizzando la nuova procedura che consente alle imprese di evitare un accertamento di infrazione proponendo impegni adeguati (Regolamento CE n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del Trattato)[40].

 

Il 23 giugno 2001 la Commissione ha avviato di propria iniziativa un'inchiesta sugli accordi di vendita congiunta connessi alle partite della Football Association Premier League Limited (FAPL), vale a dire ilcampionato di calcio di serie A nel Regno Unito. A seguito dell’inchiesta, la FAPL ha modificato le proprie modalità di vendita: a partire dai diritti per la stagione del 2007, nessun acquirente potrà acquistare in esclusiva tutti i pacchetti di diritti per la diretta commercializzati a livello centrale; i pacchetti continueranno ad essere costituiti in modo da riflettere le condizioni di mercato e da tener conto delle esigenze delle emittenti nonché dell'obiettivo di rappresentare adeguatamente il campionato di Premier League[41];

 

il 25 agosto 1998, la Deutsche Fußballbund (DFB) ha presentato una richiesta di attestazione negativa o, in subordine, di esenzione ai sensi dell'articolo 81, paragrafo 3, del trattato CE per la vendita congiunta dei diritti radiotelevisivi e di altre forme tecniche di sfruttamento delle partite di campionato di calcio tedesco della prima e della seconda divisione maschile (Bundesliga e 2 Bundesliga, rispettivamente).

A seguito dell’istruttoria intercorsa, il 10 giugno 2003 la DFB ha presentato alla Commissione un piano che modifica significativamente l'originaria disciplina notificata prevedendo la commercializzazione in modo centrale di una parte dei diritti di diffusione in base a disposizioni precise e trasparenti. Inoltre, i club potranno commercializzare in modo individuale determinati diritti. In proposito, la Commissione ha concluso che i vantaggi per i consumatori che la disciplina modificata è idonea a raggiungere sono superiori rispetto ai problemi che essa pone in materia di concorrenza ed ha quindi giudicato positivamente la nuova disciplina[42].

 

Da ultimo, si segnala il Rapporto indipendente sul calcio europeo 2006[43], realizzato con l’obiettivo di fornire alcune raccomandazioni alle autorità europee e nazionali affinché intervengano con norme trasparenti nell’ambito delle quali gli organi di autogoverno dello sport siano in grado di risolvere le questioni che interessano il settore.

 

Il Rapporto, che si compone di 7 capitoli e 3 allegati, mette in evidenza due esigenze: da una parte, la necessità di conciliare l’aspetto “sociale” del calcio con le problematiche di carattere commerciale; dall’altra, l’urgenza di fornire certezza e stabilità legale al sistema sportivo.

Tali esigenze possono trovare risposta in primo luogo attraverso la completa applicazione dei principi sanciti nella dichiarazione di Nizza, adottata dal Consiglio europeo nel dicembre 2000, che ha sottolineato l'importanza della funzione sociale dello sport e la necessità di tener conto delle sue caratteristiche al momento dell'attuazione di tutte le politiche comunitarie.

Quanto al rapporto tra il mondo dello sport e la giurisprudenza comunitaria, si sottolinea la specificità dello sport e l’importanza dell’autonomia delle autorità sportive (internazionali e nazionali), accompagnata dalla partecipazione alle decisioni di tutti i soggetti coinvolti. Le autorità sportive (anche in quanto soggetti portatori di notevoli esperienze) devono avere chiari ambiti in cui esercitare la propria discrezionalità, ed è importante quindi fornire una interpretazione certa delle decisioni della giurisprudenza comunitaria in ambito sportivo. Il Rapporto individua tre aree:

§       per la prima, relativa al funzionamento e alla regolarità dei campionati, si ritiene che l’autonomia sportiva non debba essere limitata dal diritto comunitario;

§       per la seconda – integrità ed autenticità delle competizioni – si riconosce l’importanza di regole autonome relative al controllo finanziario sui club (per evitare dissesti che possano falsare la regolarità di una competizione) e limiti al possesso di più club;

§       la terza area è quella relativa alle equilibrio tra le squadre partecipanti ad una stessa competizione, equilibrio necessario per garantire l’attrattiva del calcio; si sta invece assistendo ad una concentrazione delle risorse economiche, e conseguentemente di successi sportivi, all’interno delle singole leghe e tra le diverse leghe. Le possibili risposte a questo fenomeno possono essere:

·  di carattere non finanziario: ad esempio, limitazione delle “rose” (numero di calciatori presenti in una squadra) e valorizzazione dei vivai (da preferire - dal punto di vista della compatibilità comunitaria - ai meccanismi che si basano sulla nazionalità dei giocatori schierati);

·  redistribuzione delle risorse (la vendita collettiva dei diritti commerciali viene definita, nello stesso tempo,  necessaria e compatibile con il diritto comunitario);

·  controllo dei costi (cd. salary cap), non con riferimento al singolo calciatore ma rispetto alla percentuale dei costi destinata alle spese per stipendi, che si ritiene possa essere oggetto di una autonoma regolamentazione da parte delle autorità sportive.

 

Nel complesso si giudica necessaria un’ampia autonomia dello sport, e comunque, anche nei casi in cui le decisioni sportive hanno rilevanza economica, si deve tenere presente la specificità dello sport e riconoscere la terzietà delle autorità sportive, che devono in ogni caso agire con ragionevolezza, proporzionalità e senza decisioni arbitrarie nonché essere democratiche e rappresentative. Nello stesso tempo è opportuno che l’Unione europea adotti un approccio complessivo per garantire certezza giuridica alle relazioni sportive.

 

Il Rapporto illustra poi alcune proposte di iniziative per riconoscere la specificità dello sport nel diritto comunitario. Una prima proposta riguarda la possibile applicazione delle deroghe, previste dall’art. 81.3 del Trattato UE, al divieto di accordi tra imprese per specifiche materie; tra le deroghe, potrebbero rientrare la vendita dei diritti di trasmissione degli eventi sportivi e le regole sul trasferimento dei giocatori.

Accanto a ciò - e in parte in alternativa - si propone poi l’adozione da parte della Commissione europea di linee guida relative all’applicazione allo sport delle regole sulla concorrenza, in cui si precisi:

§         quali siano le regole sportive che non rientrano nell’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato UE (accordi tra imprese ed abuso di posizione dominante);

§         quali siano le misure che meritano deroghe al divieto di accordi tra imprese;

§         Il riconoscimento delle organizzazioni sportive quali imprese per la gestione di servizi di interesse economico generale (art 86.2);

§         la specificità dello sport nel contesto degli aiuti di stato e la conseguente applicazione delle lettere c) e d) (sviluppo di attività o regioni, promozione della cultura) dell’articolo 87.3 del Trattato UE;

§         la disciplina giuridica di specifiche tematiche quali la vendita collettiva dei diritti, la valorizzazione dei vivai, la partecipazione degli atleti alle rappresentative nazionali, le limitazioni agli stipendi, la concessione delle licenze ai club.

 

Infine, i governi dei 25 paesi membri dei paesi dell’Unione europea vengono invitati ad attuare le seguenti proposte:

§         adozione del Rapporto da parte dei Consiglio dei ministri UE o del Consiglio UE;

§         approvazione di un memorandum di intesa contenete l’impegno all’adozione delle misure suggerite entro una data prefissata;

§         attuazione di quanto previsto nel Rapporto attraverso le politiche e la legislazione dei singoli stati membri.

 

Per ciò che concerne gli orientamenti a livello nazionale, merita segnalare che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato, il 31 marzo 2005, un'indagine conoscitiva di natura generale nel settore del calcio professionistico (IC27, provv. n. 14156), con particolare riferimento alle previsioni normative e regolamentari di settore, all'individuazione dei mercati rilevanti, alla rilevanza concorrenziale dei comportamenti tenuti dagli operatori attivi nel settore.

Con il provvedimento di apertura dell’indagine l’Autorità ha riconosciuto le peculiarità proprie del mondo dello sport e, in particolare, del calcio professionistico, che includono la definizione di regole non solo tecniche necessarie al corretto funzionamento delle competizioni sportive; l’Autorità ha inoltre riconosciuto che tali regole, qualora incidano sull'attività economica degli operatori coinvolti, potrebbero comunque giustificare delle restrizioni della concorrenza, quando siano finalizzate al raggiungimento del legittimo obiettivo di garantire un equilibrato svolgimento delle competizioni sportive, nonché parità di condizioni nello sviluppo dell'attività sportiva medesima. Tuttavia, l'Autorità ritiene che le eventuali restrizioni di natura concorrenziale debbano rispondere al criterio di proporzionalità, dovendo quindi risultare strettamente necessarie e indispensabili per raggiungere i suddetti obiettivi, costituendo, al tempo stesso, la soluzione meno restrittiva della concorrenza.

Nel provvedimento non è contenuta alcuna specifica menzione della problematica della vendita dei diritti televisivi[44].

 

L’AGCM ha inoltre avviato il 22 marzo 2005 una istruttoria (A362-Diritti Calcistici, provv. 14137) ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 287/90, nei confronti di Mediaset per presunta violazione dell’articolo 82 del Trattato CE sull’abuso di posizione dominante, con riferimento alla stipula, avvenuta nel corso dell’estate 2004, con numerose società sportive (tra le quali Milan, Inter, Juventus e Roma), di contratti di licenza triennale dei diritti di trasmissione attraverso il digitale terreste, il cavo e la trasmissione via adsl delle partite casalinghe del campionato nazionale di calcio; inoltre, Mediaset ha acquisito, attraverso scritture private, un diritto di prima negoziazione e di prelazione per nove stagioni sportive consecutive, dal 2007/2008 al 2015/2016 su tutti i mezzi di diffusione televisiva, inclusa la televisione satellitare.

 

Con la delibera 28 giugno 2006 di chiusura dell’istruttoria (provv. 15632), l’AGCM ha ritenuto che la stipulazione dei contratti di licenza e delle scritture private, sottoscritte dal Gruppo Mediaset, configuri una violazione del divieto di abuso di posizione dominante, in quanto tali pattuizioni contengono esclusive di lunga durata, estese a tutte le piattaforme trasmissive esistenti e future, comprese quelle diverse dalla piattaforma utilizzata dal Gruppo Mediaset, e clausole di prima negoziazione e di prelazione.

Tuttavia l’Autorità ha considerato che l’impegno preso dal Gruppo Mediaset, nel corso dell'istruttoria, di mantenere per tutte le squadre contrattualizzate - a partire dal 2007 - l'esclusiva solo per la trasmissione sulla piattaforma digitale terrestre, cedendoa terzi i diritti relativi ad altre modalità trasmissive secondo modalità eque, trasparenti e non discriminatorie e l’avere stipulato, esercitando il diritto di prima negoziazione, accordi di durata biennale più un diritto di opzione per un'ulteriore stagione sportiva, per i diritti acquisiti a partire dal 2007, risultano idonei ad impedire il prodursi degli effetti distorsivi della concorrenza che si sarebbero determinati nel mercato rilevante.

 

Si segnala inoltre, con riferimento alle nuove piattaforme tecnologiche, che il 27 gennaio 2006, l’AGCM ha avviato un’istruttoria (provv. 15108) sulla concentrazione delle frequenze televisive terrestri con riferimento all’acquisizione da parte di Mediaset di un ramo d’azienda di proprietà di Europa TV, destinando le frequenze alla televisione mobile con standard DVB-H (Digital video broadcasting – handheld)

Con delibera del 10 aprile 2006 (provv. 15333) l’AGCM ha deciso di chiudere l’istruttoria, autorizzando, ai sensi dell'articolo 6 della legge n. 287/90, l'operazione di concentrazione tra le società RTI S.p.A. ed Europa TV S.p.A., considerando i seguenti elementi essenziali:

- la rete sarà dedicata esclusivamente alla fornitura di contenuti televisivi su terminali mobili in tecnica DVB-H;

- la rete sarà aperta agli operatori di telecomunicazioni che ne faranno richiesta e la capacità trasmissiva sarà concessa a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie;

- sulla rete stessa potranno essere trasportati anche contenuti di fornitori terzi,

- il modello di business previsto dalla società nella fornitura di servizi di trasmissione televisiva digitale su terminali mobili in tecnologia DVB-H implica la piena responsabilità degli operatori telefonici in relazione all'offerta e alla gestione dei contenuti;

- la raccolta pubblicitaria sarà di esclusiva competenza e profitto degli operatori mobili;

 

L’AGCM non ha comunque ritenuto - allo stato attuale - di individuare compiutamente un mercato della trasmissione in standard DVB-H, separato da quello della trasmissione in DVB-T. (digitale terrestre), non escludendo che l'evoluzione tecnologica e commerciale possa in futuro indirizzare il mercato del DVB-H verso una sua autonoma individuazione.

 

 

Disciplina anticoncentrazione

 

La legge n. 112 del 2004 (c.d. “legge Gasparri”) – recante disposizioni per il riassetto del sistema radiotelevisivo e della RAI (concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo), nonché una delega al Governo per l’emanazione del testo unico della radiotelevisione – è stata adottata al fine di definire una normativa “di sistema” che tenesse conto dell’evoluzione tecnologica e dei mercati, nonché del nuovo quadro regolamentare europeo  dettato dalle direttive sulle “comunicazioni elettroniche”, favorendo il processo di convergenza tecnologica e la conversione dalla trasmissione in tecnica analogica a quella in tecnica digitale, il pluralismo e la concorrenza nel settore, ed altresì ridefinendo il ruolo del servizio pubblico in tale contesto.

Alla disciplina a tutela della concorrenza e del mercato, anche per gli aspetti che involgono il pluralismo dell’informazione, è dedicato il Capo II della legge n. 112 del 2004, sostanzialmente confluito nel Titolo VI del testo unico della radiotelevisione (d.lgs. 177/2005).

L’articolo 14 della legge assegna all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni compiti di verifica[45] relativi alla individuazione del mercato rilevante, conformemente ai principi previsti dalla direttiva 2002/21/CE in materia di comunicazioni elettroniche , nonché alla formazione di posizioni dominanti[46]  nel sistema integrato delle comunicazioni e nei mercati che lo compongono, tenendo conto di un complesso di parametri[47]; nel caso in cui dall’accertamento emergano casi di violazione dei limiti imposti dalla legge, l’Autorità può operare con i poteri conferiti dalla legge 249/97, adottando anche provvedimenti “deconcentrativi”[48].

L’articolo 15 reca una nuova disciplina antitrust, con la individuazione dei limiti al cumulo dei programmi e dei limiti al cumulo delle risorse, questi ultimi calcolati in rapporto ai ricavi relativi ai settori che compongono il “sistema integrato delle comunicazioni(c.d. “SIC”) , definito dall’articolo 2 della legge n. 112 del 2004 come “il settore economico che comprende le seguenti attività: stampa quotidiana e periodica; editoria annuaristica ed elettronica anche per il tramite di INTERNET; radio e televisione; cinema; pubblicità esterna; iniziative di comunicazione di prodotti e servizi; sponsorizzazioni[49]. Si ricorda che l’AGCOM con delibera n. 341/06/CONS ha valutato le dimensioni economiche del Sistema Integrato delle Comunicazioni, definendolo in 21.567 milioni di euro per il 2004 e in 22.144 milioni di euro per il 2005. L’articolo contempla inoltre alcune disposizioni puntuali relative ai limiti di affollamento pubblicitario previsti dalla L. 223/1990[50].

Per quanto concerne la disciplina dei nuovi limiti antitrust, si ricorda in particolare che:

§      un medesimo fornitore di contenuti non può essere titolare di autorizzazioni che consentano di diffondere più del 20% del totale dei programmi (rispettivamente, televisivi o radiofonici), irradiabili su frequenze terrestri in ambito nazionale, mediante le reti previste dal piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale[51].

Quanto al “fornitore di contenuti”, la lettera d) dell’articolo 2, comma 1, del testo unico della radiotelevisione – in cui risulta confluita l’identica lettera d)  dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 112 del 2004 (vedi infra) – identifica il fornitore di contenuti nel soggetto che ha la responsabilità editoriale nella predisposizione dei programmi televisivi o radiofonici e dei relativi programmi-dati destinati alla diffusione anche ad accesso condizionato su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite o con ogni altro mezzo di comunicazione elettronica e che è legittimato a svolgere le attività commerciali ed editoriali connesse alla diffusione delle immagini o dei suoni e dei relativi dati. La successiva lettera h) dello stesso comma 1 dell’articolo 2 del testo unico definisce “fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato[52] il soggetto che “fornisce, attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato, compresa la pay per view, mediante distribuzione agli utenti di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi, alla fatturazione dei servizi ed eventualmente alla fornitura di apparati, ovvero che fornisce servizi della società dell'informazione ovvero fornisce una guida elettronica ai programmi”;

§         il limite alla raccolta delle risorse del sistema integrato delle comunicazioni è individuato nel 20% dei ricavi complessivi del “sistema integrato delle comunicazioni”: pertanto, un soggetto iscritto nel registro degli operatori di comunicazione non può conseguire ricavi superiori a tale percentuale.

Il comma 3 dell’art. 15 individua le tipologie di ricavi da considerare ai fini del calcolo della percentuale: si tratta di“quelli derivanti dal finanziamento del servizio pubblico radiotelevisivo al netto dei diritti dell’erario, da pubblicità nazionale e locale anche in forma diretta, da televendite, da sponsorizzazioni, da attività di diffusione del prodotto realizzata al punto vendita con esclusione di azioni sui prezzi,  da convenzioni con soggetti pubblici a carattere continuativo e da provvidenze pubbliche erogate direttamente ai soggetti indicati dall’art. 2, comma 1, lettera g), da offerte televisive a pagamento, dagli abbonamenti e dalla vendita di quotidiani e periodici inclusi i prodotti librari e fonografici commercializzati in allegato, nonché dalle agenzie di stampa a carattere nazionale, dall’editoria elettronica e annuaristica  anche per il tramite di INTERNET e dalla utilizzazione delle opere cinematografiche nelle diverse forme di fruizione del pubblico”;

§      gli organismi di telecomunicazioni i cui ricavi nel mercato dei servizi di telecomunicazioni siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di quel mercato non possono conseguire ricavi superiori al 10% dei ricavi del settore integrato delle comunicazioni;

§      è fatto divieto ai soggetti esercenti attività televisiva nazionale attraverso più di una rete di acquisire partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani[53], nonché di partecipare alla costituzione di nuove imprese editrici di giornali quotidiani, fino al 31 dicembre 2010.

In materia di posizioni dominanti e di sviluppo del digitale terrestre sono intervenute diverse delibere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche al fine della attuazione della nuova disciplina introdotta dalla legge n. 112 del 2004.[54].

 

La legge 112/2004 individua un’articolata disciplina transitoria relativa alla fase del passaggio dalla tecnica analogica a quella digitale terrestre, sino alla definitiva cessazione delle trasmissioni analogiche (c.d. switch off)[55].

La disciplina transitoria prevede, in primo luogo, che, fino all’attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze in tecnica digitale, i soggetti esercenti a qualunque titolo attività di radiodiffusione televisiva in ambito nazionale e locale, in possesso dei requisiti previsti dalla disciplina vigente per ottenere l’autorizzazione alla sperimentazione, possono effettuare tale sperimentazione – anche attraverso la ripetizione simultanea dei programmi già diffusi in tecnica analogica – fino alla completa conversione delle reti; la sperimentazione può essere effettuata sugli impianti legittimamente operanti in tecnica analogica e i medesimi soggetti possono altresì richiedere le licenze e le autorizzazioni per avviare le trasmissioni in tecnica digitale terrestre.

L’articolo 25 della legge - i cui effetti sono stati in parte anticipati dal DL 352 del 2003[56] – ha disciplinato le modalità per accelerare ed agevolare la conversione alla trasmissione in tecnica digitale. In particolare, la disposizione ha previsto:

§         l’attivazione, a decorrere dal 31 dicembre 2003, di reti televisive digitali terrestri, con un’offerta di programmi in chiaro accessibili mediante decoder o ricevitori digitali;

§         in capo alla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, l’obbligo di realizzare almeno due blocchi di diffusione su frequenze terrestri con una copertura del territorio nazionale che raggiunga il 50% della popolazione dal 1º gennaio 2004, ed il 70%entro il 1º gennaio 2005, nonché di individuare uno o più bacini di diffusione, di norma coincidenti con uno o più comuni situati in aree con difficoltà di ricezione del segnale analogico, nei quali avviare entro il 1º gennaio 2005 la completa conversione alla tecnica digitale;

§         in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni il compito di verificare – entro il 30 aprile 2004 – l’effettivo sviluppo del digitale terrestre e la rispondenza di tale sviluppo ai tempi e alle modalità previste dalla legge, nonché il compito di adottare provvedimenti deconcentrativi nel caso di verifica dell’assenza delle condizioni previste per l’ampliamento del pluralismo.

L’Autorità ha provveduto a tali adempimenti, presentando la relazione prevista entro i termini stabiliti (DOC XXVII, n. 14). Con tale relazione si è dato contodell’accertamento positivo relativo alle condizioni poste dalla legge, segnalando, al contempo, le azioni positive ancora necessarie affinché “l’avvio promettente della televisione digitale terrestre si tramuti in un reale cambiamento del grado di concorrenzialità del mercato televisivo ed in un effettivo ampliamento del pluralismo culturale, politico ed informativo”.

 

Titoli abilitativi

 

Il titolo III del testo unico della radiotelevisione (d. lgs. 177/2005) contiene, agli articoli da 15 a 22 (Capi I, II e III), la disciplina delle attività dei vari soggetti che operano nel settore radiotelevisivo: attività di operatore di rete radiotelevisiva; attività di fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri, via satellite e via cavo, e radiofonici su frequenze terrestri, in ambito nazionale e locale; attività di fornitore di servizi.

Nell’ambito della vasta disciplina in questione, si segnala in particolare che l’articolo 15 del testo unico in esame, il quale riprende in larga parte contenuti già presenti negli artt. 5, 23 e 25 della legge n. 112 del 2004, specifica che l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale è soggetta al regime dell’autorizzazione generale, ricollegando così tale disciplina a quella di cui all’articolo 25 del d.lgs. 259/2003, recante il codice delle comunicazioni elettroniche.

Si ricorda che l’articolo 5, comma 1, lett. b), c) e d) della legge n. 112  ha previsto il passaggio dal regime concessorio al regime autorizzatorio sia per gli operatori di rete che per i fornitori di contenuti e servizi, senza tuttavia introdurre direttamente il titolo dell’”autorizzazione generale”, disciplinato dal codice delle comunicazioni elettroniche, sulla base delle direttive comunitarie[57]; tale titolo è destinato a sostituire anche la licenza di operatore di rete, e consegue ad una procedura ulteriormente semplificata, rispetto a quella della autorizzazione. Peraltro, alcune disposizioni della legge n. 112 fanno salvi, in via transitoria, oltre ai titoli concessori e autorizzatori in base ai quali operano i soggetti presenti sul mercato, la licenza di operatore di rete, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale[58]

L’articolo 25 del citato d.lgs. n. 259, che reca la disciplina dell’autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, oltre a richiamare principi presenti nella direttiva 2002/20/CE[59], stabilisce in particolare al comma 3 che la fornitura di reti o di servizi di comunicazione elettronica[60], è assoggettata ad un'autorizzazione generale, che consegue alla presentazione di una dichiarazione, secondo le modalità di cui al comma 4[61]; tale comma precisa tra l’altro che tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività.

Ai sensi del comma 6, le autorizzazioni generali hanno durata non superiore a venti anni e sono rinnovabili. L'impresa interessata può indicare nella dichiarazione di cui al comma 4 un periodo inferiore. Per il rinnovo si applica la procedura di cui al medesimo comma 4 e la presentazione della dichiarazione deve avvenire con sessanta giorni di anticipo rispetto alla scadenza.

 

L’articolo 15, comma 1, nel prevedere che “l’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale è soggetta al regime dell’autorizzazione generale, ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”  precisa che sono “fatti salvi i criteri e le procedure specifici per la concessione dei diritti di uso delle radiofrequenze per la diffusione sonora e televisiva, previsti dal presente testo unico in considerazione degli obiettivi di tutela del pluralismo e degli altri obiettivi di interesse generale”.

Viene inoltre precisato, nei commi 2 e 3, sulla base di disposizioni già presenti nella legge n. 112/2004 (v. in particolare art. 5, comma 1, lett. b)), che il diritto di uso delle radiofrequenze, comprese quelle di collegamento, sia per la diffusione televisiva che per quella sonora, è conseguito con distinto provvedimento[62].

L’articolo prevede poi, al comma 5, una disposizione ad hoc in relazione alla durata del titolo abilitativo, prevedendo che l’autorizzazione generale, per i soggetti cui si è fatto poc’anzi riferimento, ha durata non superiore a 20 anni e non inferiore a 12 anni, ed è rinnovabile per uguali periodi. Tale disposizione si discosta parzialmente da quella di cui all’articolo 25 del richiamato d.lgs. 259/2003, che  non prevede la durata “non inferiore a 12 anni”, né precisa  che il rinnovo avvenga “per uguali periodi”.

Peraltro, per l’attività di operatore di rete via cavo o via satellite, la disciplina, recata comma 7, nel prevedere il regime dell’autorizzazione generale, presentaun mero rinvio all’articolo 25 del d.lgs. n. 259; pertanto, non si applica tale ultima disposizione, relativa alla durata del titolo.

Si ricorda infine che il comma 6 specifica che l’operatore di rete televisiva su frequenze terrestri in tecnica digitale è tenuto al rispetto delle norme a garanzia dell’accesso dei fornitori di contenuti di particolare valore alle reti per la televisione digitale terrestre di cui alla delibera dell’Autorità n. 253/04/CONS e successive modificazioni.

Il medesimo articolo precisa, al comma 4, che sono comunque fatte salve, nella fase di avvio delle trasmissioni televisive in tecnica digitale, le disposizioni di cui agli articoli 23 e 25 della legge n. 112 del 2004 che hanno previsto un’articolata disciplina, relativa anche alla validità dei titoli abilitativi già rilasciati, per accelerare ed agevolare il passaggio alla trasmissione televisiva in tecnica digitale terrestre .Tali disposizioni sono peraltro in parte riprodotte nell’ambito del testo unico. In particolare, con riguardo alla disciplina dei titoli abilitativi nella “fase transitoria”, va ricordato che l’articolo 23 consente, secondo quanto già sostanzialmente stabilito dalla legge n. 112/2004 (art. 25, commi 11 e 8 e 23, comma 1) il prolungamento del periodo di validità delle concessioni e delle autorizzazioni per le trasmissioni televisive in tecnica analogica in ambito nazionale, in presenza di determinate condizioni, fino alla scadenza del termine previsto dalla legge per la conversione definitiva delle trasmissioni in tecnica digitale (attualmente fissato al 2008); la prosecuzione dell’attività è altresì prevista per i soggetti non titolari di concessione, sempre in presenza di alcuni requisiti[63].

 

Per quanto attiene agli articoli da 16 a 19 (Capo II), relativi alla disciplina del fornitore di contenuti radiotelevisivi su frequenze terrestri, essi – che contengono vari rinvii alla normativa vigente, e in particolare a delibere dell’Autorità - attengono rispettivamente ai seguenti aspetti:

 

§         autorizzazione per fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri (art. 16), che rinvia in larga parte a quanto stabilito dalla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 435/01/CONS; i soggetti  titolari dell’autorizzazione sono tenuti al rispetto degli obblighi previsti per i fornitori di contenuti televisivi da tale delibera, e si precisa che i fornitori di contenuti in tecnica digitale su frequenze terrestri devono assicurare il rispetto dei medesimi obblighi a tutela degli utenti, compresi quelli relativi alla pubblicità ed ai limiti di affollamento, previsti per la radiodiffusione dei programmi televisivi su frequenze terrestri in tecnica analogica.

§         contributi dovuti per le autorizzazioni per la fornitura di contenuti su frequenze terrestri in tecnica digitale(art. 17); la determinazione dei relativi criteri è rimessa all’Autorità, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lett. c), n. 5 della legge 31 luglio 1997, n. 249; anche in tal caso, si rinvia alla deliberazione dell’Autorità 435/01/CONS,  per quanto concerne la fase di prima applicazione della disciplina[64].

§         autorizzazione per fornitore di contenuti televisivi su frequenze terrestri in ambito regionale e provinciale (art. 18)[65], cheè rilasciata dai competenti organi della Regione o della Provincia[66], nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel Titolo I e sulla base dei principi di cui all’articolo 12 del Testo unico[67]. Fino alla fissazione dei criteri di rilascio di tali autorizzazioni da parte della regione o della Provincia, esse sono rilasciate secondo i criteri di cui alla deliberazione dell’Autorità n. 435/01/CONS.

§         autorizzazione per fornitore di contenuti radiofonici su frequenze terrestri (art. 19), per la cui disciplina si rinvia al regolamento dell’Autorità di cui all’articolo 15, comma 3, la cui adozione è già prevista dall’art. 24, comma 1, della legge n. 112.

 

La disciplina del fornitore di contenuti radiotelevisivi via satellite e via cavo  è recata dai successivi articoli 20-21 (Capo III), che riprendono in larga parte disposizioni della legge n. 249/97, nonché del DL n. 5/2001).  In particolare:

§         con riguardo all’autorizzazione alla diffusione di contenuti radiotelevisivi via satellite (art. 20), essa è rilasciata dall’Autorità sulla base della deliberazione n. 127/00/CONS, con la quale è stato approvato il regolamento concernente la diffusione via satellite di programmi televisivi (v. art. 3, comma 10, legge n. 249);

§         con riguardo all’autorizzazione alla diffusione di contenuti radiotelevisivi via cavo, essa è rilasciata dal Ministero delle comunicazioni sulla base della deliberazione dell’Autorità n. 289/01/CONS, recante modifica e integrazione della delibera n. 127/00/CONS (v. art. 2-bis, co 1 del DL 5/2001)

 

L’articolo 22 riguarda infine le trasmissioni simultanee, e riprende l’articolo 2, comma 13, nonché l’art. 2-bis, comma 10 del DL n. 5/2001, con alcune modifiche volte tra l’altro ad adeguare la terminologia a quella delle “comunicazioni elettroniche”, nonché a richiamare le delibere dell’Autorità intervenute in materia.

L’articolo dispone che, al fine di favorire la progressiva affermazione delle nuove tecnologie trasmissive, ai fornitori di contenuti in chiaro su frequenze terrestri è consentita, previa autorizzazione del Ministero, la trasmissione simultanea di programmi per mezzo di ogni rete di comunicazione elettronica, sulla base delle deliberazioni dell’Autorità n. 127/00/CONS e n. 289/01/CONS.

 


Progetti di legge


 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 587

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

CIOCCHETTI, CIRO ALFANO, BARBIERI, COMPAGNON, DE LAURENTIIS, DIONISI, FORLANI, FORMISANO, GRECO, LUCCHESE, MARTINELLO, PERETTI

 

 

 

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

         

 

 

                  

Presentata il 10 maggio 2006

                  

 

 

 


Onorevoli Colleghi! - Le recenti vicende del calcio italiano, che hanno visto coinvolti dirigenti della Federazione italiana gioco calcio, esponenti e vertici della classe arbitrale, procuratori, nonché dirigenti della più importante squadra italiana, per numero di tifosi e trofei nazionali vinti, la Juventus, possono essere l'occasione giusta per ridare al mondo del calcio quel fascino di una volta, che sembra avere smarrito, e per fornire una spinta al rinnovamento e a ripristinare una vera cultura sportiva. Sicuramente tale situazione è anche figlia della difficile situazione economica in cui versano le società calcistiche professionistiche (ad esclusione ovviamente delle tre, quattro «sorelle»), che ha determinato evidenti differenze strutturali e gestionali, escludendo a priori tentativi di indipendenza e affrancamento dalle sfere di influenza delle società più forti finanziariamente.

      Questo gap strutturale e finanziario si è approfondito con il passare degli anni anche in virtù della trasformazione della mission delle società di calcio professionistiche in base ai dettami della legge n. 91 del 1981. Si poteva fare qualcosa? Evidentemente sì, se solo si fosse realizzato quel riequilibrio di risorse economiche tra le società di calcio (da molti invocato) attraverso una equa divisione dei diritti televisivi in forma codificata. Il decreto-legge n. 15 del 1999, convertito,  con modificazioni, dalla legge n. 78 del 1999, ha mutato (peggiorando) i termini della questione, in quanto si è passati da un sistema basato sulla figura giuridica dei diritti collettivi di trasmissione radio-televisiva, peraltro recepita nel previgente regolamento della Lega nazionale professionisti, alla soggettivizzazione dei diritti medesimi.

      Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con un mercato caratterizzato dalla posizione dominante di pochissime società calcistiche che, per bacino di utenza e per risultati conseguiti, fanno la parte del leone nella spartizione della golosa torta dei diritti televisivi.

      Stadi vuoti e disaffezione a un campionato di calcio di serie A sempre più monotono (negli ultimi 10 anni 8 scudetti sono andati a due sole squadre) sono le naturali conseguenze.

      Sarebbe pertanto opportuno, in un quadro di ripensamento generale delle regole del sistema calcio, procedere anche a una riforma della disciplina relativa alla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata delle manifestazioni ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali del calcio.

      Con la presente proposta di legge si intende, pertanto, sostituire il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, introducendo una disciplina che riconosce la titolarità dei diritti di trasmissione in forma codificata ai soggetti organizzatori dei campionati nazionali di calcio di serie A e B e delle altre competizioni agonistiche ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali.

      Si ritiene opportuno prevedere, inoltre, che i criteri di ripartizione degli introiti siano stabiliti dal soggetto stesso, nell'ambito della autonomia regolamentare derivante dalla sua natura associativa, con delibere da adottare annualmente dagli organi statutari competenti, la cui congruità, per tutelare le cosiddette società minori, sarà in seguito sottoposta alla approvazione del Comitato olimpico nazionale italiano, che provvederà a conferire efficacia ai criteri in parola. Tale soluzione, peraltro, risulta in linea con le disposizioni UEFA relative alla commercializzazione centralizzata dei diritti commerciali e di diffusione radiotelevisiva della Champions League e si inserisce nel collaudato solco dell'esperienza statunitense dei maggiori sport professionistici e di numerosi Paesi europei.

      Solo in questo modo, a nostro avviso, è possibile conseguire quel riequilibrio delle risorse finanziarie e tecniche tra le varie società calcistiche che potrà salvare, oltre che realtà storiche del calcio professionistico italiano, l'interesse per i campionati di calcio e fornire un nuovo slancio per la diffusione della cultura sportiva.

 

 

 


PROPOSTA DI LEGGE

   

 

 

Art. 1.

 

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «Il soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei medesimi campionati. Gli utili della cessione di tali diritti sono divisi tra le società di calcio partecipanti a tali campionati secondo criteri annualmente definiti dal soggetto organizzatore e approvati dal consiglio nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)».

 


N. 711

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

GIANCARLO GIORGETTI, CAPARINI

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Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio e di destinazione dei relativi proventi

 

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Presentata il16 maggio 2006

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Onorevoli Colleghi! - A partire dagli anni novanta, l'industria della televisione ha fondato gran parte del proprio successo commerciale sullo sfruttamento dei diritti televisivi degli eventi sportivi. In particolare, il calcio ha assunto un ruolo strategico per l'economia del settore, superando nel fatturato prodotti d'intrattenimento e cinema. Le televisioni a pagamento, pay TV e pay per view, a differenza delle televisioni generaliste che dipendono dalle inserzioni pubblicitarie, sono strettamente legate alle preferenze e ai consumi degli abbonati: la vendita dei diritti delle partite di calcio oggi ne costituiscono i tre quarti del fatturato.

      In generale, si può affermare che il contenuto calcistico è potenzialmente un fattore determinante ai fini della definizione delle dinamiche concorrenziali nel settore televisivo, poiché il calcio è seguito, con continuità, da un segmento di pubblico con caratteristiche nettamente identificabili.

      L'evento che ha costituito il punto di svolta della nuova struttura dell'industria del calcio è stata la modifica della regolamentazione in materia, intervenuta con il decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, dove, all'articolo 2, la cosiddetta «norma Veltroni», ha stabilito il diritto soggettivo delle società di calcio professionistico nella vendita dei diritti di trasmissione televisiva. La medesima norma ha poi stabilito, per evitare la costituzione di posizioni dominanti, limitazioni quantitative all'esclusiva dei diritti televisivi attraverso il divieto per un medesimo soggetto di acquistare più del sessanta per cento dei diritti criptati della manifestazione calcistica nazionale di maggior valore.

      Da quel momento in avanti le società di calcio di serie A e B hanno potuto gestirsi economicamente sul mercato secondo i principi della libera contrattazione, mentre la Lega calcio ha mantenuto, secondo un accordo interno con le società affiliate, l'incarico di negoziare la contrattazione collettiva dei diritti offerti per l'utilizzo in chiaro ed in differita, operando successivamente una redistribuzione degli introiti parametrata all'audience.

      Si ricorda che la rappresentanza collettiva della Lega, rilasciata su delega da ogni società calcistica, può essere relativa anche alla diffusione radiofonica nazionale ed alla diffusione, sia televisiva che radiofonica, sia in chiaro sia criptata, delle fasi di eliminazione della Coppa Italia.

      Per effetto della contrattazione individuale dei diritti, nel mercato televisivo si è verificato un eccesso di offerta del prodotto calcistico che ha portato alla progressiva diminuzione delle entrate derivanti dallo sfruttamento dei diritti. Contemporaneamente, le nuove prospettive di vendita dei diritti generate dallo sviluppo tecnologico con nuovi terminali di fruizione (INTERNET, telefonia mobile) e le ultime tecniche di trasmissione (digitale terrestre, via cavo e ADSL) hanno allargato la platea dei fornitori di contenuto, incidendo sensibilmente sulle capacità di crescita del settore televisivo satellitare.

      L'intera organizzazione calcistica si è progressivamente evoluta, passando da una dimensione propriamente sportiva ad una fruizione sempre più spettacolare e modellata sulle esigenze e le modalità di visione televisiva. Inoltre, si è creato un forte squilibrio tra le ricche società di serie A, con oltre il 75 per cento degli introiti, e quelle dei club delle serie «minori», con il conseguente depotenziamento dei settori giovanili e del calcio dilettantistico. Il mondo del calcio non è stato il solo a pagare il prezzo di questa alterazione del mercato; essendo i proventi dei concorsi pronostici gestiti dal CONI la principale fonte di finanziamento di molte discipline sportive, la preponderanza delle manifestazioni calcistiche ha avuto importanti ricadute sull'intera organizzazione sportiva nazionale.

      Si deve ricordare come il modello redistributivo delle risorse sia un fattore centrale, in quanto il settore dello sport e in particolare quello del calcio ha una particolarità che consiste nell'essere un settore costretto per le sue caratteristiche intrinseche a cooperare. Questo poiché nel calcio la scarsa competitività dell'avversario arreca un danno anche al suo concorrente. Solo gare equilibrate in campionati competitivi con un risultato finale incerto creano aspettativa nel pubblico e ne influenzano positivamente la partecipazione. Dal momento che i ricavi sono proporzionali al numero dei tifosi e degli spettatori, se ne deduce che le regole ed i meccanismi economici del calcio non possono prescindere da un aspetto cooperativo e mutualistico. Gli stessi ricavi sono anche funzionali agli investimenti (in termini di acquisto di sportivi) che le squadre devono porre in essere per ottenere performance elevate, innescando un circolo vizioso che tutela il dominio monocratico di poche società di vertice.

      In Italia la mutualità si esplica oggi attraverso un accordo interno alla Lega professionisti, che prevede un supporto economico della serie A verso le squadre di serie B e, all'interno della serie A, verso le squadre «minori» attraverso una quota (18 per cento) dei diritti criptati e degli incassi dei biglietti di ciascuna partita che ogni squadra versa alla squadra ospite.

      In Europa sono già in vigore norme che si fondano sul principio di mutualità; per esempio, in Germania i diritti sono gestiti collegialmente e ne beneficia anche il settore dilettantistico, mentre in Inghilterra la distribuzione prevede una quota paritaria, una in relazione al bacino d'utenza ed una quota che premia i risultati delle squadre.

      Il sistema della contrattazione individuale resta comunque evidentemente inadeguato a risolvere lo stato di profondo disequilibrio del settore calcistico sulla base della sola mutualità. Negli ultimi anni si è affermata la convinzione, diffusamente condivisa anche tra gli addetti al settore, che solo il ritorno alla gestione collettiva di tutti i diritti di trasmissione del calcio potrebbe arginare il divario tra le società calcistiche e, non ultimo, porre un freno al dilagare della monocoltura mediatica del calcio a discapito degli altri sport attualmente esclusi dalla redditizia «industria» dei diritti televisivi.

      La presente proposta di legge interviene in tal senso, abolendo il diritto soggettivo alla vendita dei diritti TV, reintroducendo la contrattazione congiunta da parte della Lega professionisti, rispettivamente di serie A, di serie B e C, e prevedendo una ripartizione paritaria dei ricavi tra le società affiliate. In considerazione delle prospettive evolutive del settore, viene quindi opportunamente specificato come tale norma vada applicata sia alle trasmissioni in chiaro sia a pagamento e ad accesso condizionato, con qualsiasi modalità tecnica presente e futura di accesso ed a prescindere dal terminale di fruizione.

      Infine, la proposta, come segno concreto dell'importanza attribuita all'attività giovanile ed alla promozione dei vivai, riserva una significativa quota parte degli introiti redistribuiti alle singole società, prevedendo che ciascuna società organizzi e finanzi una scuola di aggiornamento tecnico sportivo, ubicata nella città di riferimento della squadra, indirizzata all'addestramento calcistico e sportivo di atleti minori di anni sedici e, in particolare modo, al recupero attraverso l'attività sportiva di giovani con problematiche di disagio sociale.



 


proposta di legge

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Art. 1.

      1. All'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, il comma 1 è sostituito dai seguenti:

      «1. I diritti di trasmissione televisiva delle partite di campionato di calcio di serie A, di serie B e di serie C, sia in chiaro sia a pagamento e ad accesso condizionato, con qualsiasi modalità tecnica presente e futura di accesso ed a prescindere dal terminale di fruizione, sono negoziati congiuntamente per conto delle singole società tramite rispettivamente la Lega nazionale professionisti di serie A, la Lega nazionale professionisti di serie B e la Lega professionisti di serie C. La contrattazione collettiva dei diritti di trasmissione televisiva riguarda la vendita relativa a singoli campionati, ad eventi o a più stagioni calcistiche ed i proventi sono distribuiti dalla Lega tra le società professionistiche affiliate su base paritetica. Per terminale di fruizione si intendono gli apparati tecnici e tecnologici attraverso i quali l'utente finale accede ai contenuti distribuiti dai cosiddetti «broadcaster». Le società di calcio di serie A, di serie B e di serie C non sono titolari dei diritti di trasmissione.

      1-bis. Una quota non inferiore al 10 per cento dei proventi distribuiti alle singole società deve essere destinata al finanziamento di scuole giovanili, ubicate nelle città di riferimento delle società, che organizzino corsi periodici di addestramento sportivo di base e di formazione tecnico-calcistica, aperti ad atleti minori di sedici anni e in particolar modo indirizzati al recupero delle situazioni di disagio sociale».

 

 


CAMERA DEI DEPUTATI

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N. 1195

¾

 

PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

RONCHI, LA RUSSA, LANDOLFI, GASPARRI

 

 

 

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei campionati di calcio

    

 

             

Presentata il 23 giugno 2006

             

 

 


Onorevoli Colleghi! - La difficile situazione economica in cui versano gran parte delle società calcistiche professionistiche rischia ultimamente di apparire come una crisi endemica del «sistema calcio». Se è vero che una patologia interna al mondo calcistico è rintracciabile in evidenti carenze strutturali e gestionali, non possono essere trascurati i fattori esogeni che hanno in vario modo contribuito al diffondersi e all'aggravarsi dello stato di crisi del calcio italiano.

      La disomogeneità di risorse finanziarie e patrimoniali tra società appartenenti alla stessa Lega e, addirittura, allo stesso campionato, si manifesta come elemento caratterizzante il momento di difficoltà della maggiore parte delle società calcistiche e finisce per agire come fattore di squilibrio delle competizioni e dell'intero sistema.

      Gli accordi di mutualità sino a oggi adottati nell'ambito delle strutture associative si sono rivelati inadeguati a colmare un divario di capacità economica e tecnica tra le società che, al contrario, è andato nel tempo ad ampliarsi anche in ragione della vocazione commerciale assunta dalle società di calcio professionistiche con la riforma della legge n. 91 del 1981. Al riguardo, appare evidente come l'attuale quadro normativo relativo alla commercializzazione dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata si ponga in relazione di stretta causalità con la disparità di risorse tra le varie società  e il conseguente disagio economico finanziario che attraversa il mondo calcio.

      Con l'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, infatti, si è provveduto a conferire la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B.

      Tale disposizione, in sostanza, ha segnato il passaggio per via legislativa, da un sistema basato sulla figura giuridica dei diritti collettivi di trasmissione radio-televisiva, peraltro recepita nel previgente regolamento della Lega nazionale professionisti, alla soggettivizzazione dei diritti medesimi.

      L'esperienza seguita all'entrata in vigore del citato decreto-legge n. 15 del 1999 ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza a garantire condizioni di mercato paritarie e a scongiurare un abuso di posizioni dominanti. Gli effetti perniciosi della norma introdotta sono stati frutto di una visione prospettica del mercato in termini ideali e non affatto ancorata alla realtà.

      La differenza di potere negoziale delle società calcistiche cosiddette minori, per bacino di utenza o per risultati conseguiti, è stata amplificata in termini negativi da condizioni di mercato caratterizzate, a un giudizio benevolo, da scarsa concorrenza.

      L'esistenza, da un lato, di un'unica piattaforma televisiva di trasmissione codificata quale acquirente in via esclusiva dei diritti in parola e, dall'altra, di una pluralità di soggetti offerenti diritti di diffusione radio-televisiva di singola appartenenza ha, senza dubbio, reso ancora più debole la posizione negoziale della maggiore parte delle società calcistiche, costrette a concludere contratti a condizioni economiche svantaggiose e, comunque, sperequate sotto l'incombente minaccia di dovere rinunciare agli introiti derivanti dalla vendita dei diritti in questione, che non trovano utile collocazione sul mercato.

      Sul piano fenomenico, le ricadute negative del sistema attuale hanno determinato una complessiva svalutazione del «prodotto calcio» e un suo conseguente impoverimento, ma soprattutto una evidente disparità economica e tecnica tra i soggetti competitori nelle varie manifestazioni sportive.

      Tale situazione riverbera le conseguenze dannose sull'interesse del pubblico nei confronti degli eventi sportivi, agendo così con un effetto moltiplicatore del depauperamento del «prodotto calcio». Sul piano sociale si assiste, poi, alla progressiva scomparsa della realtà calcistica professionistica di società con forte radicamento a livello locale sul territorio e ad un allontanamento dalla pratica sportiva, talvolta unico sfogo in contesti caratterizzati da diffuso disagio materiale e relazionale, o all'aumento delle tensioni sociali.

      Alla luce di quanto evidenziato, si avverte la necessità di procedere, nell'ambito di un complessivo ripensamento delle regole che governano il fenomeno sportivo, a una radicale riforma della disciplina sulla titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata delle manifestazioni ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali del calcio.

      Tale riforma è perseguibile con la seguente proposta di legge che sostituendo il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che attribuisce la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, introduce una disciplina che riconosce la titolarità dei diritti di trasmissione in forma codificata ai soggetti organizzatori dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B, e delle altre competizioni agonistiche ufficiali obbligatorie previste dai regolamenti federali.

      Si ritiene opportuno prevedere, inoltre, che i criteri di ripartizione degli introiti siano stabiliti dal soggetto stesso, nell'ambito della autonomia regolamentare derivante dalla sua natura associativa, con delibere da adottare annualmente dagli organi statutari competenti, la cui congruità, per tutelare le cosiddette società minori, sarà in seguito sottoposta alla approvazione di un soggetto terzo, nello specifico il Comitato olimpico nazionale  italiano, che provvederà a conferire efficacia ai criteri in parola.

      Tale disciplina appare maggiormente conforme ai princìpi giuridici ispiratori della materia, in quanto i diritti oggetto di compravendita sono quelli afferenti alla manifestazione sportiva nel suo complesso, cui le singole squadre prendono parte e assumono funzione economica giuridica nella loro considerazione collettiva, sicché il loro sfruttamento negoziale appare di competenza del soggetto organizzatore della manifestazione, ferma restando la logica redistributiva, in funzione compensativa, tra le società partecipanti in base a criteri equitativi e mutualistici lasciati alla libera determinazione delle parti.

      Del resto la soluzione prospettata si dimostra in linea, a livello europeo, con le disposizioni UEFA relative alla commercializzazione centralizzata dei diritti commerciali e di diffusione radiotelevisiva della Champions League, e si inserisce nel collaudato solco dell'esperienza statunitense dei maggiori sport professionistici e di numerosi Paesi europei.

      L'obiettivo chiaro della presente proposta di legge è, in sintesi, quello di rivalutare economicamente la diffusione televisiva degli eventi calcistici, in un quadro di accresciuto potere contrattuale dei soggetti titolari dei diritti, attraverso la negoziazione collettiva degli stessi. Del pari, è possibile, in questo modo, conseguire un riequilibrio delle risorse finanziarie e tecniche tra le varie società calcistiche, che possa salvaguardare non solo l'interesse per le competizioni, ma porre un freno al diffuso stato di crisi del settore, anche attraverso un rinnovato slancio solidaristico, con evidenti benefìci per la diffusione della cultura sportiva e la prevenzione di fenomeni sociali devianti.

 


PROPOSTA DI LEGGE

    

 

 

Art. 1.

 

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «Il soggetto organizzatore dei campionati nazionali di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata dei medesimi campionati. Gli utili della cessione di tali diritti sono divisi tra le società di calcio partecipanti a tali campionati secondo criteri annualmente definiti dal soggetto organizzatore e approvati dalla giunta nazionale del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)».

 


N. 1803

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa dei deputati

PESCANTE, ELIO VITO, CICCHITTO, GARAGNANI

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Disposizioni in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva delle competizioni calcistiche professionistiche

 

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Presentata l’11 ottobre 2006

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Onorevoli Colleghi! - Le profonde trasformazioni avvenute nell'ultimo decennio nell'ambito dell'industria, della tecnologia e del mercato radiotelevisivo, hanno prodotto una serie di conseguenze nel settore dello sport tali da rendere necessario un intervento del legislatore statale.

      In Italia la situazione è ancora più complicata rispetto ad altri Paesi europei, per due ordini di motivi. Il primo è la grande popolarità del fenomeno calcistico, un fenomeno non solo «praticato», per il gran numero di atleti, di tutte le età, in tutte le regioni, che si dedicano con passione a questa disciplina, ma soprattutto un fenomeno «visto, letto e parlato», che occupa una parte assolutamente preponderante, di gran lunga superiore a quella riservata a tutte le altre discipline sportive, nei giornali, nelle radio, nei palinsesti di tutte le emittenti, pubbliche e private, in chiaro o a pagamento.

      L'altro motivo è di carattere legislativo: l'esistenza in Italia di una disposizione di legge, l'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, che, operando un radicale cambiamento di rotta rispetto al sistema precedente che prevedeva la negoziazione collettiva dei diritti di trasmissione televisiva, stabilisce la contrattazione soggettiva.

      A ciò occorre aggiungere un ulteriore fattore che ha contribuito ad esasperare ancor di più la prevalenza degli aspetti economici e commerciali rispetto ai valori prettamente sportivi: l'introduzione del fine di lucro per le società sportive professionistiche, attraverso una modifica introdotta alla legge 23 marzo 1981, n. 91, dal decreto-legge 20 settembre 1996, n. 485, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586.

      Fermo restando il diritto esclusivo delle società di calcio professionistiche di sfruttare in qualsiasi forma l'evento sportivo che esse organizzano e di cui si assumono la responsabilità, la presente proposta di legge prevede che la commercializzazione dei diritti di trasmissione - in qualsiasi forma e attraverso qualsiasi strumento che ne consenta la ricezione audiovisiva - avvenga in forma centralizzata, sotto il controllo dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, da parte della Lega nazionale professionisti quale mandataria delle singole società sportive titolari dei suddetti diritti (cosiddetta licenza in forma centralizzata, analogamente a quanto previsto per l'UEFA in relazione alla Champions League, con l'autorizzazione della Commissione europea).

      Nel rispetto dei diritti delle società sportive professionistiche e dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, i criteri di ripartizione dei proventi derivanti dalle attività di commercializzazione poste in essere dalla Lega nazionale professionisti sono determinati dalla stessa Lega, ma nel rispetto di alcuni criteri che, lungi dallo scendere nel dettaglio delle modalità di trattazione e di ripartizione (il che sarebbe in contrasto con il diritto dei singoli e con l'autonomia dello sport), sono finalizzati a ristabilire l'equità e la maggiore competitività tra le società sportive partecipanti ai campionati di calcio di Serie A e B e alla Coppa Italia, tenendo però conto dei bacini di utenza e della valenza sportiva dei singoli club e della necessità, per le squadre italiane, di reggere la concorrenza a livello internazionale.

      Conseguentemente si prevede l'abrogazione dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, a decorrere dalla stagione sportiva 2010/2011, in ragione della necessità di rispettare i contratti attualmente in essere.

      Il provvedimento è composto da otto articoli.

1. La titolarità dei diritti (articolo 1).

      L'articolo affronta il tema della titolarità dei diritti connessi all'evento sportivo, attribuendoli ai soggetti (società sportive) responsabili dell'organizzazione dell'evento e che economicamente supportano il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva svolta.

       Al riguardo è significativo il riferimento a precedenti giurisprudenziali ed amministrativi che sono univoci nel loro dettato.

      Ad esempio nel provvedimento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) n. 70340 del 1999, al paragrafo 139 (Bollettino n. 26 del 1999), si legge: «La giurisprudenza di legittimità e di merito italiana appare univoca [...] nell'individuare nella società organizzatrice il soggetto titolare del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Non appare infatti possibile attribuire la titolarità dei diritti economici connessi alle manifestazioni sportive a soggetti diversi dalla società che giuridicamente ha la disponibilità del luogo chiuso ove viene svolta la partita e che economicamente sopporta il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva dalla stessa intrapresa, ovvero l'organizzatore dell'evento. Tale soggetto, nell'ambito del settore del calcio, viene tradizionalmente identificato con la squadra ospitante».

      Questi princìpi corrispondono ad una consolidata prassi contrattuale, tenendo conto che sino al 1999 i diritti televisivi sono stati negoziati dalla Lega nazionale professionisti quale mandataria delle singole società sportive titolari dei suddetti diritti (paragrafo 145 del succitato provvedimento AGCOM).

      In effetti, i diritti televisivi sono stati commercializzati dalla Lega nazionale professionisti dagli anni '50 e fino al 1999, quale mandataria delle singole società sportive, come, in esito ad approfondita indagine, ha accertato l'AGCOM (si veda al riguardo il medesimo paragrafo 145 del citato provvedimento).

      Ad ulteriore conforto delle considerazioni che precedono, si consideri che le responsabilità derivanti dall'organizzazione di una gara si riverberano in via esclusiva sulla società organizzatrice, che di tali responsabilità risponde sia sotto il profilo civilistico, sia sotto il profilo delle sanzioni sportive (in forza della cosiddetta e ben nota responsabilità oggettiva).

      Per quanto attiene al panorama internazionale e più specificatamente europeo, si rileva che la disponibilità dei diritti in questione fa capo alle società sportive e costituisce il presupposto giuridico che ispira, fra l'altro, anche la decisione della Commissione del 23 luglio 2003 (decisione 2003/778/CE), pur essendo essa costruita su presupposti di fatto del tutto difformi da quelli oggetto della presente proposta di legge.

      In effetti, il format creato ex novo dall'UEFA in relazione alla Champions League può in qualche misura giustificare la tesi, espressa nella decisione citata, della contitolarità del diritto di disporre dei diritti televisivi; ciò, però, non trova riscontro nell'ambito nazionale, attesa la natura di format a maglie larghe del campionato italiano. A riprova di quanto fin qui esposto, si aggiunga che, prima dell'ideazione della Champions League, come oggi essa è configurata, le singole società sportive licenziavano i diritti delle loro gare casalinghe, fatta eccezione per la finale, a titolo esclusivamente individuale, così come tuttora avviene per la Coppa UEFA.

      È anche indicativo sottolineare, in brevissima sintesi, i sistemi adottati dalle Leghe professionistiche dei principali Paesi europei.

      In Spagna i diritti in esame fanno capo ai singoli club; nel sistema tedesco, pur non essendo esplicitato il profilo relativo alla titolarità dei diritti, va rilevato che la DFB (cioè la Federazione tedesca) prevede che i club le conferiscano mandato alla commercializzazione dei diritti televisivi, ciò che per implicito comporta l'identificazione della loro titolarità in capo ai club; nel sistema francese i club sono proprietari dei diritti, che vengono per legge commercializzati collettivamente dalle Leghe; nel sistema inglese i diritti sono di proprietà dei club, pur essendo negoziati collettivamente, sulla base di un mandato esclusivo, dalla English Premier League; nel sistema olandese, infine, l'Alta Corte di Amsterdam ha affermato che la titolarità originaria dei diritti televisivi in materia calcistica spetta per ogni singola partita al club che gioca in casa (sentenza dell'Alta Corte di Amsterdam dell'8 novembre 1996).

      Per quanto attiene infine al ruolo della squadra ospitata, è evidente che si tratta di questione neutra dal punto di vista della identificazione della titolarità. Quando, infatti, una gara si disputa all'interno di un campionato, le squadre si incontreranno necessariamente due volte, all'andata e al ritorno, e ognuna sarà titolare del diritto di sfruttare l'evento sportivo che organizza.

2. Ambito di applicazione della proposta di legge.

      La proposta di legge attiene alla commercializzazione dei diritti sul piano sia nazionale sia internazionale. Riguarda peraltro la commercializzazione dei diritti dei soli campionati di Serie A e di Serie B e della Coppa Italia.

3. La licenza in forma centralizzata. Il ruolo della Lega (articoli 2-4).

      La proposta conferisce all'attuale Lega nazionale professionisti il diritto di commercializzare, separatamente per ciascuno dei campionati di Serie A e di Serie B e unitariamente per la Coppa Italia (articolo 9), i diritti specificati agli articoli 1 e 2. La soluzione della licenza in forma centralizzata, e dei conseguenti criteri di distribuzione dei ricavi tra le squadre mandanti, consente di contemperare il regime giuridico sopra delineato, relativo alla titolarità dei diritti in capo a ciascun club, con l'esigenza di attribuire adeguata rilevanza economica anche al «prodotto torneo», vale a dire al ruolo di tutti i soggetti nell'insieme della competizione sportiva. Tale forma di licenza potrebbe in effetti generare, a favore delle società mandatarie, risultati economici complessivamente più favorevoli rispetto a quelli ottenuti attraverso negoziazioni separate.

      Le procedure dovranno comunque avere tutte le caratteristiche espresse sinteticamente all'articolo 3 e, in particolare, garantire in modo effettivo la libera e piena libertà di accesso e di concorrenza fra i vari broadcasters, in modo che gli eventi sportivi siano accessibili a fasce di pubblico sempre più ampie, senza tuttavia deprimere il valore dei contenuti ceduti.

      La durata dei contratti è indicata in un triennio, conformemente alle indicazioni fornite sul tema dalle competenti authorities.

4. I criteri di distribuzione. La rilevanza europea (articolo 5).

      È rimessa alle Leghe professionistiche la determinazione dei criteri di ripartizione tra le singole società sportive in esito alla commercializzazione dei diritti: si tratta di pratica comune a tutti i Paesi europei nei quali ha luogo il conferimento delle licenze in forma centralizzata. Non esiste in effetti, in Europa, alcun caso nel quale i criteri siano determinati con legge dello Stato. Ed è cosa che non deve sorprendere, trattandosi di denaro privato, frutto di negoziazioni tra privati, quali sono le Leghe e le Società sportive che ne fanno parte.

      Le Leghe dovranno deliberare sulla scorta di criteri razionali, attenti ai dati del mercato e ispirati a criteri di equità.

      Si dovrà tenere conto del rispetto del principio di mutualità, che possa garantire un maggior equilibrio competitivo tra le società partecipanti ai campionati.

      I paramentri-base dovranno essere determinati attraverso l'identificazione del bacino di utenza e dei risultati sportivi delle singole squadre.

      Il concetto di bacino di utenza deve essere determinato sia tenendo conto del valore per così dire storico attribuito dai broadcasters alle singole società sportive.

      I risultati sportivi dovranno essere determinati con riguardo ad un ampio periodo di tempo e tradotti in «coefficienti», che terranno conto sia dei titoli conseguiti, sia dei piazzamenti delle singole società sportive nei campionati.

      Dovrà inoltre tenersi in considerazione la rappresentatività delle squadre italiane in sede europea e, dunque, la necessità per queste ultime di reggere la concorrenza di club di Paesi enormemente favoriti rispetto ai club italiani da legislazioni fiscali di gran lunga più leggere, che da qualche tempo consentono loro di trovarsi in prima fila nel tesseramento dei calciatori migliori. Si tratta, in altre parole, di mantenere vivo l'equilibrio competitivo nell'ambito delle Coppe europee.

      Sono previste anche misure dirette all'incentivazione dei vivai delle squadre partecipanti ai campionati, mediante la destinazione di una ragionevole quota dei proventi derivanti dalla licenza dei diritti alla Federazione italiana giuoco calcio, che provvederà all'assegnazione delle somme secondo criteri equitativi.

5. Decorrenza della nuova disciplina (articolo 7).

      Si è inteso, con l'articolo 7, salvaguardare le scelte negoziali liberamente fatte dalle singole società sportive in un quadro di perfetta legalità, nonché dare al sistema il tempo necessario per adeguarsi alle nuove regole.


 


 


proposta di legge

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Art. 1.

      1. Ciascuna società di calcio in ambito professionistico, di seguito denominata «società sportiva», ha il diritto esclusivo di sfruttare in qualsiasi forma l'evento sportivo che essa organizza e di cui assume la responsabilità. Il diritto esclusivo di cui al presente articolo riguarda tra l'altro i diritti conseguenti alla vendita dei titoli di accesso agli impianti, quelli di carattere pubblicitario, le sponsorizzazioni e le riprese nonché le trasmissioni, in qualsiasi forma e attraverso qualsiasi strumento che ne consenta la ricezione audiovisiva, delle gare definite come casalinghe dai regolamenti sportivi.

Art. 2.

      1. La presente legge è finalizzata a definire le modalità di commercializzazione dei diritti di trasmissione, in qualsiasi forma e attraverso qualsiasi strumento che ne consenta la ricezione audiovisiva, di tutte le gare disputate nell'ambito dei campionati di Serie A e di Serie B, comunque denominati, in diretta e nella forma di highlights, intesi questi ultimi quali le parti salienti di ciascuna gara, di durata unitaria non superiore a quattro minuti primi.

Art. 3.

      1. La commercializzazione dei diritti di cui all'articolo 2 ha luogo in forma centralizzata mediante procedure, separatamente organizzate per ciascuno dei campionati di Serie A e di Serie B, caratterizzate da trasparenza e finalizzate a garantire la libera concorrenza tra gli operatori della comunicazione e a tutelare gli utenti.

Art. 4.

      1. Le procedure di commercializzazione di cui all'articolo 3 sono poste in essere dall'associazione o dalle associazioni, di seguito denominate «leghe professionistiche», di cui fanno parte, in qualità di associate di diritto privato, le società sportive. I contratti stipulati all'esito di tali procedure hanno durata non superiore a tre stagioni sportive.

Art. 5.

      1. I criteri di ripartizione delle somme risultanti dalle attività di commercializzazione di cui agli articoli 3 e 4 sono determinati e deliberati, nelle forme previste dalle norme regolamentari interne, dalle leghe professionistiche, separatamente per i campionati di Serie A e di Serie B, tenuto conto che:

          a) una quota deve essere ripartita tra le singole società sportive in relazione al rispettivo bacino di utenza. Il bacino di utenza deve essere determinato tenuto conto, del valore di mercato, coincidente con quello attributo alle singole società sportive dalle imprese televisive;

          b) una quota deve essere ripartita tra le singole società sportive in relazione ai loro risultati sportivi, mediante l'assegnazione di coefficienti che tengono conto dei titoli conseguiti e dei piazzamenti nei precedenti campionati;

          c) una quota deve essere ripartita in applicazione del principio di equità, in modo tale da assicurare un equilibrio competitivo, in chiave europea, tra le singole società sportive;

          d) una quota residuale deve essere destinata all'incentivazione dei vivai delle società sportive. Le somme di cui alla presente lettera sono attribuite alla Federazione italiana giuoco calcio, cui compete la determinazione delle modalità della loro distribuzione.

      2. Anche ai fini di equità di cui al comma 1, lettera c), i criteri di ripartizione delle quote di cui al medesimo comma 1, lettere a), b) e c), sono determinati per periodi temporali più che congrui e modificati per tenere conto delle variazioni intervenute in relazione ai rispettivi presupposti.

Art. 6.

      1. La commercializzazione dei diritti di cui all'articolo 2 con riguardo alla Coppa Italia ha luogo con le modalità di cui agli articoli 3 4. Le somme risultanti sono ripartite tra le società sportive partecipanti alla Coppa Italia in misura proporzionale al numero di turni superato. Le leghe professionistiche attribuiscono le predette somme in misura crescente per ogni turno successivo al primo.

Art. 7.

      1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai campionati di Serie A e di Serie B a decorrere dalla stagione sportiva 2010-2011. A decorrere dalla data di inizio di tale stagione sportiva è abrogato il comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78.

      2. Le disposizioni dell'articolo 6 si applicano alla Coppa Italia a decorrere dalla stagione sportiva 2007-2008.

Art. 8.

      1. La vigilanza e il controllo sulle modalità di commercializzazione di cui agli articoli 3 e 4 da parte delle leghe professionistiche spetta all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nell'ambito delle rispettive competenze.

 

 

 


N. 1840

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CAMERA DEI DEPUTATI

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PROPOSTA DI LEGGE

 

d’iniziativa del deputato Del Bue

¾

 

Modifica all'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, in materia di titolarità dei diritti di trasmissione televisiva dei campionati di calcio

 

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Presentata il 20 ottobre 2006

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Onorevoli Colleghi! - L'entrata in campo della televisione a pagamento (pay per view) ha profondamente mutato la natura del calcio professionistico, con profonde ricadute anche su quello dilettantistico. I diritti televisivi delle società professionistiche costituiscono ormai di gran lunga il maggior introito delle stesse, di gran lunga superiore a tutti gli altri (incassi per biglietti e abbonamenti, sponsor eccetera). L'intervento delle televisioni ha certamente reso un grande servizio alle società sportive, consentendo a molte di esse di formare bilanci in grado di assorbire le elevate spese per calciatori, gli ingaggi dei quali sono divenuti sempre più alti e onerosi. Questo ha d'altro canto determinato un'ancora più consistente frattura tra società grandi e medio-piccole della massima categoria, tra le società della massima categoria e quelle della serie cadetta e tra le due categorie suddette e le altre (C1, C2 e dilettanti).

      La prima frattura è certamente accentuata dalla vendita singola dei diritti televisivi, che ha fortemente avvantaggiato le grandi società, quelle che possono contare su un maggiore bacino di utenza, e punito le medio-piccole, quelle che possono contare su un bacino inferiore. Se dal punto di vista del mercato questa disparità rientra nelle regole del gioco, dal punto di vista sportivo essa non fa che accentuare ulteriormente le difficoltà di bilancio delle società medio-piccole, che già possono contare su voci di bilancio minori (minori incassi, minore budget per gli sponsor eccetera), mettendo oltretutto l'utente televisivo spesso in condizione di non riuscire a captare tutte le frequenze necessarie

per vedere le gare calcistiche, se non al prezzo di una molteplicità di piattaforme e dunque di costi.

      Tra la massima serie e quella cadetta la disparità si è accentuata a causa della concorrenza delle grandi partite con quelle delle squadre di serie B, costrette, per evitarla, a scegliere lo spostamento delle partite al pomeriggio o alla sera del sabato, con gravi conseguenze sul piano degli incassi, se escludiamo quest'ultima stagione caratterizzata dalla presenza eccezionale in serie B, dopo le sentenze della giustizia sportiva, della squadra più amata dagli italiani.

      Tra le due serie e le serie minori la frattura è ancora più forte. Infatti i diritti televisivi del calcio delle due massime serie, coordinati dalla Lega di serie A e B e venduti dalle singole società, hanno profondamente turbato le categorie minori. Difficile non valutare la contemporaneità delle partite in diretta televisiva e le sue conseguenze sulla serie C e sul calcio dilettantistico che, senza nulla ottenere dalla vendita dei diritti televisivi delle partite di serie A e B, hanno visto di molto ridotta, com'era facilmente prevedibile, la partecipazione del pubblico, e dunque degli incassi, alle gare domenicali. Dette società hanno dunque pagato il prezzo più alto alla presenza della televisione a pagamento in Italia, senza ottenere alcun risarcimento. Sarebbe come se in un città dove esistono più cinema una parte di film venisse trasmessa contemporaneamente anche dalla televisione e una parte invece no e venisse contemporaneamente proiettata nella sala cinematografica. I cinema esclusi avrebbero tutti i diritti a pretendere una forma di risarcimento.

      Il passaggio dalla contrattazione individuale a quella collettiva e centralizzata basata sul principio della mutualità dei diritti televisivi non è più dunque rinviabile. La vigente legislazione, a cominciare dalla legge n. 91 del 1981, che ha attribuito alle società una valenza di tipo commerciale, e dall'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 78, che ha conferito la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata a ciascuna società di serie A e di serie B, è all'origine della attuale situazione e va corretta. In particolare, tale più recente legislazione si è scontrata con il monopolio dell'offerta televisiva via satellite, con un mercato complessivamente bloccato, mentre l'ingresso del digitale terrestre ha offerto all'utente un'opportunità di «soddisfazione» televisiva alternativa ma sempre misurata sul diritto individuale.

      La presente proposta di legge mira dunque ad un tempo a sancire la centralizzazione dei diritti televisivi in capo alla Federazione italiana giuoco calcio, la definizione dei criteri di suddivisione dei proventi tra le varie società e serie, la necessità di risarcimento per i soggetti danneggiati.

      Non si intende qui minimamente scalfire l'autonomia del governo sportivo che fa capo al CONI, ma, nello spirito della legge che attribuisce a Governo e Parlamento il potere di vigilanza e quello legislativo, definire criteri irrinunciabili, anche alla luce delle vicende che hanno colpito il mondo del calcio italiano e ne hanno messo in crisi il modello organizzativo. Il commissariamento della Federazione e la crisi del concetto di elezione di rappresentanza nel governo del calcio altro non sono che sintomi gravi di un'autosufficienza non più sostenibile e spesso coniugata con una dipendenza dal mondo della politica, il difetto più odioso, perché sotterraneo e non trasparente. Nell'attesa di una nuova legge quadro per l'autogoverno sportivo, che si rivendica nella sua attualità più impellente, la presente proposta di legge mira a costituire il primo, ma necessario passaggio verso criteri di governo delle risorse basato sull'equità, la solidarietà, il principio indifferibile della tutela dei diritti dell'utente, che devono restare prioritari nella proposta legislativa.



 


proposta di legge

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Art. 1.

      1. Il primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 del decreto-legge 30 gennaio 1999 n. 15, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78, è sostituito dai seguenti: «La Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) è titolare dei diritti di trasmissione televisiva. Gli utili della vendita centralizzata dei diritti televisivi del calcio devono essere ripartiti nel rispetto dei seguenti criteri: una quota è ripartita tra le società con maggiore utenza televisiva; una quota è ripartita tra le altre società di serie A e B; una quota è destinata alle associazioni di cui fanno parte le società calcistiche di serie C e D anche a titolo di risarcimento per le negative conseguenze procurate dalla televisione a pagamento. Le quote sono fissate annualmente dalla FIGC, sentite le associazioni di cui fanno parte le società calcistiche di serie A e B, di serie C e di serie D».

 

 

 




[1]    In proposito la relazione illustrativa al disegno di legge del governo richiama gli articoli 16 e 17 della legge 22 aprile 1941, n. 633, e successive modificazioni (legge sul diritto d'autore)

[2]    Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78

[3]    Per un quadro generale sulla normativa concernente le questioni esaminate nel corso della presente scheda, si rinvia alla scheda di lettura sulla normativa vigente.

[4]    La Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile e della squadra di calcio rappresentativa della stessa Lega Calcio.

[5]    Legge 10 ottobre 1990, n. 287 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Con tale leggeè stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999). La legge individua le tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

[6]    Il settore televisivo è composto da una serie di mercati collegati da relazioni di tipo orizzontale e verticale. In particolare, a valle operano emittenti che vendono direttamente i propri servizi televisivi ai consumatori finali ("mercato della televisione a pagamento") ed emittenti che offrono contenuti televisivi gratuiti (c.d. televisione in chiaro), finanziando tale attività attraverso la vendita di inserzioni pubblicitarie all'interno della propria programmazione ("mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo"). Nella fase finale della filiera televisiva sono quindi presenti due mercati distinti ma collegati. Un primo mercato – quello della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo – è caratterizzato da una struttura "a due versanti" (c.d. two sided market). In un versante (c.d. "versante del consumo dei contenuti televisivi"), le imprese televisive contattano i consumatori offrendo contenuti televisivi, quali informazioni, intrattenimento, sport, etc.. Sull'altro versante (c.d. "versante della compravendita di inserzioni televisive"), misurata la quantità (c.d. contatti) e la tipologia (c.d. target) di consumatori raggiunti, le imprese televisive, direttamente o attraverso concessionarie, vendono spazi pubblicitari agli inserzionisti, che mirano a promuovere i propri beni e servizi presso i consumatori utilizzando i contatti raggiunti dalle emittenti. Il mercato della raccolta pubblicitaria sul mezzo televisivo è quindi caratterizzato dalla circostanza che le transazioni economiche avvengono sul versante pubblicitario sulla base dei risultati di audience del versante dei telespettatori. La domanda è quindi esercitata dagli inserzionisti di pubblicità. Il secondo mercato – quello della televisione a pagamento – si esaurisce invece nella relazione economica diretta, quindi a un solo versante, tra l'emittente televisiva e i consumatori finali, che esercitano una domanda di prodotti televisivi a pagamento. In considerazione del fatto che la raccolta pubblicitaria televisiva e la televisione a pagamento soddisfano diversi ambiti di mercato, essi si configurano come mercati distinti. Infine, anche gli operatori di televisione in chiaro possono operare nel mercato della televisione a pagamento (usualmente con prodotti di pay per view), e rappresentano quindi una minaccia potenziale e/o effettiva alle posizioni acquisite dagli operatori di pay tv.

[7]    Vedi, tra gli altri, il provv. AGCM 15632 del 28 giugno 2006 in materia di abuso di posizione dominante.

[8]    Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”.

[9]    Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 , il CONI è la Confederazione delle federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai princìpi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. In tale ambito, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) è l’associazione, con personalità giuridica di diritto privato, delle società e delle associazioni che perseguono il fine di praticare il giuoco del calcio in Italia e degli altri organismi ad essa affiliati che svolgono attività strumentali al perseguimento di tale fine. Ai sensi del proprio statuto, la FIGC svolge le proprie funzioni in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi della F.I.F.A., dell’U.E.F.A., del C.I.O. e del C.O.N.I., in piena autonomia tecnica, organizzativa e di gestione. La Lega Calcio (Lega nazionale professionisti) costituisce l'associazione a carattere privatistico delle società calcistiche iscritte ai Campionati di Serie A e B. La sua funzione istituzionale è rappresentata dall'organizzazione e gestione amministrativa dei Campionati nazionali di calcio di Serie A e di Serie B, del torneo di Coppa Italia, della gara di SuperCoppa di Lega, nonché di alcuni campionati a carattere giovanile e della squadra di calcio rappresentativa della stessa Lega Calcio.

[10]   Da ultimo, vedi la decisione del 23 luglio 2003 sulla vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League. La giurisprudenza amministrativa nazionale ritiene che la FIGC, così come le altre federazioni sportive, rivesta la duplice natura di soggetto privato (in quanto associazione di diritto privato alla quale aderiscono le società calcistiche e le leghe) e di soggetto pubblico (in quanto organo del Comitato Olimpico Nazionale Italiano), da valutarsi nel caso concreto con riferimento alla natura dell'attività svolta da parte della stessa federazione e degli interessi dalla stessa di volta in volta perseguiti con la sua azione. Cons. di Stato, sez. VI, sent. n. 1050, 30 settembre 1995; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giurisdiz., sent. n. 536, 9 ottobre 1993 TAR Lazio, sez. III, sent. n. 1361, 23 giugno 1994.

[11]   vedi, per tutti, il provvedimento n. 14878 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 23 novembre 2005

[12]   Disposizioni urgenti per le società sportive professionistiche, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 novembre 1996, n. 586. In proposito l’AGCM, nella delibera del 1° luglio 1999, ha sottolineato che tale riforma “ha reso coerente la struttura formale-giuridica delle società sportive con l'attività imprenditoriale svolta, eliminando il vincolo relativo alla distribuzione dei dividendi. L'eliminazione di tale vincolo risulta, in particolare, funzionale all'esigenza delle principali società sportive - quelle calcistiche in particolare - di vedere quotate in mercati ufficiali le proprie azioni. Lo stesso legislatore ha con ciò confermato la natura intrinsecamente imprenditoriale dell'attività esercitata dalle società calcistiche”.

[13]   Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI-Radiotelevisione italiana S.p.a., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione

[14]   In linea generale vengono garantiti: l’accesso ad un’ampia varietà di informazioni e programmi; la trasmissione di programmi nonché di messaggi pubblicitari e televendite che rispettino i diritti fondamentali della persona, ed in particolare dei minori; la diffusione di messaggi sponsorizzati che siano riconosciuti come tali dagli utenti e rispettino l’autonomia editoriale del fornitore di contenuti; la trasmissione di rettifica nei casi previsti dalla normativa comunitaria; la diffusione in chiaro di un congruo numero di programmi radiotelevisivi nazionali nonché degli eventi di particolare rilevanza per la società (articolo 4).

[15]   Si tratta, in particolare, dell’assegnazione di una quota pari al 18 per cento dei diritti TV e degli incassi da biglietti alla squadra ospite (tendenzialmente a favore dei club minori di Serie A), nonché del 20 per cento dei ricavi da diritti televisivi, in chiaro e criptati, da giochi e scommesse e da sponsorizzazioni dei campionati a favore della Serie B, con un importo garantito pari a 95 milioni di euro.

[16]   Si ricorda che la revisione dei criteri di mutualità, insieme con il ritorno alla vendita collettiva dei diritti televisivi erano già stati sollecitati dal documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul calcio professionistico deliberata il 4 marzo 2004 dalla Commissione. In tal modo si intendeva introdurre una nuova logica mutualistica, che mettesse in moto un circolo virtuoso di riequilibrio del sistema, in grado di aumentarne la sostenibilità nonché di favorire la formazione e la promozione dei vivai. All’esito dell’indagine non aveva peraltro fatto riscontro alcun intervento da parte del mondo sportivo, come è emerso anche nel corso delle audizioni svolte in occasione dell’esame del provvedimento di delega. Tale ultima circostanza è stata considerata da più parti una delle cause che ha reso necessario l’attuale intervento legislativo.

[17]   Su tale cessione peraltro, l’AGCM si è già espressa con il più volte citato provv. N. 15632 concernete abuso di posizione dominante, a seguito del quale è stata accertata la violazione dell’articolo 82 TCE e sono state conseguentemente rinegoziate le condizioni dei contratti sottoscritti. (Secondo quanto riportato al punto 142 del provvedimento, il Gruppo MEDIASET, esercitando anticipatamente il diritto di prima negoziazione, ha concluso nuovi accordi con Juventus, Inter, Milan, Lazio, Roma e Livorno, nei quali la durata per i diritti acquisiti a partire dal 2007 è stata significativamente ridotta per un massimo di due anni più la previsione di un diritto di opzione per un'ulteriore stagione sportiva e pertanto, i futuri contratti di licenza, destinati originariamente a durare fino al 2016, andrebbero a scadenza nel 2009, salvo l'esercizio del diritto di opzione. Inoltre, gli accordi stipulati non hanno previsto l'inserimento di ulteriori diritti di prenegoziazione e prelazione e hanno confermato la volontà delle squadre di cedere i propri diritti in un pacchetto unitario, che comprende diverse piattaforme trasmissive, incluso il satellite, seppure il Gruppo MEDIASET abbia manifestato un intendimento diverso).

[18]   Tra le numerose sentenze in tal senso, si ricorda quella relativa alla causa C-415/93, URBSF contro Bosman, 1995, racc. I-4921, punto 73.

[19]   Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”. In particolare, per quanto qui interessa, nella dichiarazione si afferma che la vendita dei diritti di ritrasmissione televisiva costituisce oggi una delle più importanti fonti di entrate per talune discipline sportive. Il Consiglio europeo ritiene quindi che le iniziative prese per favorire la messa in comune, ai livelli appropriati e tenuto conto delle prassi nazionali, di una parte degli introiti provenienti da tale vendita, siano positive per attuare il principio della solidarietà tra tutti i livelli di pratica sportiva e tutte le discipline.

[20]   Firmato a Roma il 29 ottobre 2004 e in attesa di ratifica da parte degli Stati membri (per ora il Trattato è stato ratificato da 14 Stati membri tra cui l’Italia, con legge n. 57 del 7 aprile 2005, recante Ratifica ed esecuzione del Trattato che adotta una Costituzione per l' Europa e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Roma il 29 ottobre 2004).

[21]   La UEFA (Union des Associations Européennes de Football) è l’associazione delle associazioni calcistiche nazionali dei paesi europei. L’UEFA organizza diversi tornei calcistici europei ed in particolare la UEFA Champions League.

[22]   The Independent European sport review 2006; l’indagine trae origine da un incontro - svoltosi a Lipsia l’8 dicembre 2005, su iniziativa della presidenza di turno britannica dell’Unione europea, tra i ministri dello sport di Austria (in quel momento presidente di turno) Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, la Commissione europea e le autorità indipendenti del calcio (UEFA e FIFA) – durante il quale è emersa la necessità di approfondire in particolare i seguenti temi: governo del calcio e ruolo delle autorità indipendenti; controllo sulle società calcistiche; fissazione di un limite alla spese; disciplina dell’attività degli  agenti dei calciatori e dei trasferimenti; distribuzione dei ricavi e sviluppo del movimento di base; investimenti per stadi sicuri.  Su queste basi si è sviluppato il lavoro di 12 esperti coordinati dall’ex ministro portoghese José Luìs Arnaut, anche attraverso numerosi incontri ed audizioni nonché l’apertura di un dibattito pubblico con la realizzazione di un apposito sito internet. Per una sintesi più dettagliata del rapporto, vedi il dossier Documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 9.

[23]   Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva,convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280

[24]   Vedi, da ultimo, la nota informativa approvata dall’Autorità relativa all’attività istituzionale svolta nel settore radiotelevisivo (prot. 33532/05 del 25 novembre 2005).

[25]   Per un quadro generale sulle questioni concernenti il calcio professionistico si rinvia al dossier del Servizio Studi Documentazione e ricerche n. 135 della XIV legislatura.

[26]   Riordino del Comitato olimpico nazionale italiano - C.O.N.I., a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59

[27]    Decreto legge 28 dicembre 2001, n. 452 “Disposizioni urgenti in tema di accise, di gasolio per autotrazione, di smaltimento di oli usati, di giochi e scommesse, nonché sui rimborsi IVA, sulla pubblicità effettuata con veicoli, sulle contabilità speciali, sui generi di monopolio, sul trasferimento di beni demaniali, sulla giustizia tributaria, sul funzionamento del servizio nazionale della riscossione dei tributi e su contributi ad enti ed associazioni”, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 27 febbraio 2002, n. 16.

[28]   L'Istituto per il credito sportivo (ICS), fondato con la legge 24 dicembre 1957, n. 1295, è un ente pubblico con personalità giuridica, gestione autonoma e sede legale in Roma, ed esercita il credito sotto forma di mutui a medio e lungo termine concessi per la costruzione, l'ampliamento, l'attrezzatura e il miglioramento di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, nonché per l'acquisto di immobili da destinare ad attività sportive.

[29]   Regolamento recante la disciplina dei concorsi pronostici su base sportiva.

[30]    Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. L'articolo 151 stabilisce che l'operatività, l'organizzazione e il funzionamento delle banche pubbliche residue sono disciplinati dal medesimo testo unico, dagli statuti e dalle altre norme in questi richiamate.

[31]   Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito, con modificazioni, dalla leggen. 233 del 17 Luglio 2006.

[32]   Il calcolo delle quote viene realizzato attraverso la rilevazione dei minuti complessivamente giocati dai “giovani” in alcune giornate. Si divide il contributo federale inerente il periodo preso in considerazione per il totale dei minuti giocati in C1 e C2 e si ottiene la quota minuto rispettivamente per le due categorie. La quota minuto viene quindi moltiplicata per la somma dei minuti giocati dai “giovani” di ciascuna squadra e si determina la cifra da liquidare alle varie società.

[33]   Si segnala in proposito che un elenco di eventi sportivi ritenuti “di particolare rilevanza per la società”, e pertanto esclusi dalle trasmissioni televisive criptate, è contenuto nella delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 8 del 9 marzo 1999. Il provvedimento cita, in particolare:

a) le Olimpiadi estive ed invernali;

b) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato del mondo di calcio;

c) la finale e tutte le partite della nazionale italiana nel Campionato europeo di calcio;

d) tutte le partite della nazionale italiana di calcio, in casa e fuori casa, in competizioni ufficiali;

e) la finale e le semifinali della Coppa dei campioni e della Coppa UEFA qualora vi siano coinvolte squadre italiane;

f) il Giro d'Italia;

g) il Gran premio d'Italia automobilistico di formula 1.

[34]   Legge 10 ottobre 1990, n. 287 Norme per la tutela della concorrenza e del mercato. Con tale leggeè stata introdotta nell'ordinamento italiano una disciplina organica della concorrenza, nel solco dei principi stabiliti dagli artt. 85 e 86 del Trattato CEE (ora artt. 81 e 82 a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam il 1° maggio 1999). La legge individua le tre fattispecie anticoncorrenziali vietate, ossia intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione dominante e concentrazioni aventi determinate caratteristiche, e provvede all'istituzione di un organo di tutela e di promozione dei meccanismi concorrenziali, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Per ciò che rileva in questa sede, sono vietate (articolo 2) le intese, definite come gli accordi oppure le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni di consorzi, associazioni di impresa ed organismi similari, che abbiano per oggetto o per effetto la limitazione della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante. E' prevista tuttavia la possibilità di autorizzare, per un periodo limitato, anche intese vietate ai sensi dell'articolo 2, qualora diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta e comportino un sostanziale beneficio per i consumatori o assicurino alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale, o siano connesse in particolare all'aumento o al miglioramento qualitativo della produzione (articolo 4).

L'Autorità esercita poteri ispettivi e di indagine per verificare l'esistenza di infrazioni ai divieti di intese restrittive della libertà di concorrenza, di abuso di posizione dominante e di operazioni di concentrazione. Con particolare riferimento alle intese restrittive della libertà di concorrenza e all'abuso di posizione dominante, si ricorda che l'Autorità può procedere d'ufficio all'esercizio del potere di indagine.

Nei casi di presunta infrazione ai divieti di cui sopra, l'Autorità notifica alle imprese interessate l'apertura dell'istruttoria. Nella fase dell'istruttoria essa può disporre ispezioni, perizie e analisi economiche; essa può altresì richiedere ad imprese, enti e a qualsiasi altro soggetto che ne sia in possesso informazioni e documenti utili ai fini dell'istruttoria. Nel caso di accertamento di un’infrazione l’Autorità fissa alle imprese e agli enti interessati un termine per l’eliminazione delle infrazioni. Nel caso in cui queste siano gravi, tenuto conto anche della durata delle stesse, oltre alla diffida può essere comminata una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 10 percento del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio anteriore alla notificazione della diffida.

[35]   Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1999, n. 78

[36]   Nella delibera dell’AGCM, tra l’altro, si afferma che:”la giurisprudenza di legittimità e di merito italiana appare univoca (…) nell'individuare nella società organizzatrice il soggetto titolare del diritto di sfruttamento economico dell'evento sportivo. Non appare, infatti, possibile attribuire la titolarità dei diritti economici connessi alle manifestazioni sportive a soggetti diversi dalla società che giuridicamente ha la disponibilità del luogo chiuso ove viene svolta la partita e che economicamente sopporta il rischio imprenditoriale dell'attività sportiva dalla stessa intrapresa, ovvero l'organizzatore dell'evento. Tale soggetto, nell'ambito del settore del calcio, viene tradizionalmente identificato con la squadra ospitante”; e più avanti: “il ruolo della Lega Calcio, quale responsabile organizzativo del funzionamento dei campionati sotto l'egida e il controllo della FIGC, non è tale da giustificare l'attribuzione originaria della titolarità o contitolarità del diritto di utilizzazione economica e commerciale di cui trattasi. La Lega Cacio non assume alcun rischio imprenditoriale diretto in connessione alle manifestazioni calcistiche, limitandosi alla gestione dei campionati di calcio esclusivamente con riferimento all'organizzazione tecnico-sportiva e amministrativa di questi. I fini istituzionali, a cui appare preposta la Lega Cacio, non appaiono pertanto sufficienti a spiegare un eventuale riconoscimento in capo alla stessa della titolarità o contitolarità dei diritti televisivi calcistici”.

[37]   Tra le numerose sentenze  della Corte di giustizia in tal senso, si ricorda quella relativa alla causa C-415/93, URBSF contro Bosman, 1995, racc. I-4921, punto 73.

[38]   Allegato IV alle Conclusioni della Presidenza, Consiglio europeo di Nizza – 7, 8 e 9 dicembre 2000 “Dichiarazione relativa alle caratteristiche specifiche dello sport e alle sue funzioni sociali in Europa che devono essere prese in considerazione nelle politiche comuni”. In particolare, per quanto qui interessa, nella dichiarazione si afferma che la vendita dei diritti di ritrasmissione televisiva costituisce oggi una delle più importanti fonti di entrate per talune discipline sportive. Il Consiglio europeo ritiene quindi che le iniziative prese per favorire la messa in comune, ai livelli appropriati e tenuto conto delle prassi nazionali, di una parte degli introiti provenienti da tale vendita, siano positive per attuare il principio della solidarietà tra tutti i livelli di pratica sportiva e tutte le discipline.

[39]   La UEFA (Union des Associations Européennes de Football) è l’associazione delle associazioni calcistiche nazionali dei paesi europei. L’UEFA organizza diversi tornei calcistici europei ed in particolare la UEFA Champions League.

[40]   In particolare, l’art. 7 del Regolamento stabilisce che la Commissione può obbligare, attraverso una decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine alla infrazione constatata. La Commissione può a tal fine imporre a tali soggetti l’adozione di tutti i rimedi comportamentali o strutturali che siano proporzionati alla infrazione commessa e necessari a far cessare effettivamente l’infrazione posta in essere. L’art. 9 disciplina inoltre il caso in cui la Commissione intenda adottare una decisione volta a far cessare una infrazione e le imprese interessate propongano degli impegni per ovviare alle preoccupazioni della Commissione. E’ previsto al riguardo che la Commissione può mediante decisione rendere gli impegni proposti dalle imprese interessate obbligatori.

[41]   Comunicazione ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio — Caso COMP/C.2/38.173 e 38.453 — Vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi alla FA Premier League (campionato di calcio di serie A nel Regno Unito) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 115 del 30/04/2004 (2004/C 115/2)

[42]   Comunicazione a norma dell'articolo 19, paragrafo 3, del regolamento n. 17 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 - Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 261 del 30.10.2003 (2003/C 261/07) e Comunicazione a norma dell'articolo 27, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio Caso COMP/C.2/37.214 — Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato di calcio tedesco (Bundesliga) Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. 229 del 14.9.04  (2004/C 229/04)

[43]   The Independent European sport review 2006; l’indagine trae origine da un incontro - svoltosi a Lipsia l’8 dicembre 2005, su iniziativa della presidenza di turno britannica dell’Unione europea, tra i ministri dello sport di Austria (in quel momento presidente di turno) Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, la Commissione europea e le autorità indipendenti del calcio (UEFA e FIFA) – durante il quale è emersa la necessità di approfondire in particolare i seguenti temi: governo del calcio e ruolo delle autorità indipendenti; controllo sulle società calcistiche; fissazione di un limite alla spese; disciplina dell’attività degli  agenti dei calciatori e dei trasferimenti; distribuzione dei ricavi e sviluppo del movimento di base; investimenti per stadi sicuri.  Su queste basi si è sviluppato il lavoro di 12 esperti coordinati dall’ex ministro portoghese José Luìs Arnaut, anche attraverso numerosi incontri ed audizioni nonché l’apertura di un dibattito pubblico con la realizzazione di un apposito sito internet. Per una sintesi più dettagliata del rapporto, vedi il dossier Documentazione e ricerche del Servizio Studi n. 9.

[44]   Con delibera del 24 maggio 2006 (provv. 15477) l’AGCM ha deciso di procedere alla chiusura dell'indagine conoscitiva limitatamente all'analisi della vigente regolamentazione dell'attività di agente di calciatori, ritenendo opportuno dare conto degli accertamenti sinora svolti in ragione dell'esigenza di procedere con urgenza alla modifica della regolamentazione medesima, considerata la contingente situazione di criticità che sta interessando il settore.

[45]    La disposizione fa obbligo ai soggetti che effettuano intese o operazioni di concentrazioni di notificarle all’Autorità, al fine di consentire la verifica del rispetto dei limiti imposti dalla legge.

[46]   Nel quadro dei principi della concorrenza, la nozione di mercato rilevante, ai fini dell’eventuale individuazione di una posizione dominante, secondo la giurisprudenza comunitaria  comprende quei prodotti o servizi tra loro intercambiabili sia sotto il profilo delle caratteristiche tecnologiche, sia per la loro idoneità a soddisfare egualmente le esigenze dei consumatori.

[47]    Oltre che dei ricavi, la disposizione prevede che si tenga conto del livello di concorrenza all’interno del sistema, delle barriere all’ingresso, delle dimensioni di efficienza economica dell’impresa, degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi e degli altri prodotti dei mercati che compongono il sistema (prodotti editoriali, opere fonografiche e cinematografiche).

[48]    Il testo rinvia espressamente all’art. 2, co. 7, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il quale prevede il potere dell’Autorità di adottare provvedimenti necessari per eliminare o impedire il formarsi di posizioni dominanti o lesive del pluralismo, e prevede altresì procedure specifiche, che possono portare anche all’adozione di un provvedimento di dismissione di rami d’azienda.

[49]   Si ricorda che la definizione sopra riportata di “sistema integrato delle comunicazioni” esclude – a differenza di formulazioni precedenti - l’editoria libraria e le imprese fonografiche.

[50]    Le modifiche sono dirette ad escludere le “telepromozioni” dall’applicazione di tali limiti di affollamento pubblicitario (con la sostituzione della parola “spot” pubblicitari alla parola “messaggi” pubblicitari).

[51]    L’operatività del limite è testualmente riferita all’“atto della completa attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche e televisive in tecnica digitale”.  Nella fase transitoria il limite del 20% é calcolato sul numero complessivo dei programmi televisivi concessi o irradiati in ambito nazionale su frequenze terrestri indifferentemente in tecnica analogica o in tecnica digitale.

[52]   Ai sensi dello stesso testo unico (art. 2, co. 1, lett. i), è da intendere “accesso condizionato” ogni misura e sistema tecnico in base ai quali l’accesso in forma intelligibile al servizio protetto sia subordinato a preventiva e individuale autorizzazione da parte del fornitore del servizio di accesso condizionato.

[53]    Anche tramite imprese controllate, controllanti o collegate ex art. 2359 del codice civile.

[54]    Vedi in particolare Delibera n. 136/05/CONS recante Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n. 112 e la Delibera n. 163/06/CONS recante Atto di indirizzo - Approvazione di un programma di interventi volto a favorire l’utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla tecnica digitale.

[55]   La scadenza, originariamente fissata al 31 dicembre 2006, è stata successivamente prorogata al 31 dicembre 2008 dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51. Peraltro il ministro delle comunicazioni on. Paolo Gentiloni, nell’audizione sulle linee programmatiche del suo dicastero tenutasi presso la IX commissione Trasporti in data 29 giugno 2006, ha precisato che tale scadenza presumibilmente si allineerà con quella prevista dalla Commissione europea fissata tra il 2010 e il 2012.

[56]   In relazione allo sviluppo del sistema digitalein ambito televisivo il decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 352, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2004, n. 43, è intervenuto a disciplinare modalità e tempi di cessazione definitiva del regime transitorio previsto dalla legge n. 249 del 1997, autorizzando, tra l’altro, le reti cosiddette “eccedentarie” (rispetto ai limiti previsti dalla legge n. 249), a proseguire nell’esercizio dell’attività, nonché consentendo alla RAI di avvalersi di risorse pubblicitarie su tutte le proprie reti televisive (analogiche e digitali).

[57]   Cfr. in particolare la direttiva 2002/21/CE, art. 2, lett. a), e art. 3

[58]   V. in particolare art. 25, comma 12, nonché art. 23, commi 1 e 5 e 25, commi 8 e 11 della legge n. 112.

[59]   Ai sensi dei commi 1 e 2, “l'attività di fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica è libera ai sensi dell'articolo 3, fatte salve le condizioni stabilite nel presente Capo e le eventuali limitazioni introdotte da disposizioni legislative regolamentari e amministrative che prevedano un regime particolare per i cittadini o le imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, o che siano giustificate da esigenze della difesa e della sicurezza dello Stato e della sanità pubblica, compatibilmente con le esigenze della tutela dell'ambiente e della protezione civile, poste da specifiche disposizioni, ivi comprese quelle vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.Le disposizioni del presente Capo si applicano anche ai cittadini o imprese di Paesi non appartenenti all'Unione europea, nel caso in cui lo Stato di appartenenza applichi, nelle materie disciplinate dal presente Titolo, condizioni di piena reciprocità. Rimane salvo quanto previsto da trattati internazionali cui l'Italia aderisce o da specifiche convenzioni”.

[60]   Fatti salvi gli obblighi specifici di cui all'articolo 28, comma 2, o i diritti di uso di cui all'articolo 27 del medesimo d.lgs.

[61]   Ai sensi di tale comma, l'impresa interessata presenta al Ministero una dichiarazione resa dalla persona fisica titolare ovvero dal legale rappresentante della persona giuridica, o da soggetti da loro delegati, contenente l'intenzione di iniziare la fornitura di reti o servizi di comunicazione elettronica, unitamente alle informazioni strettamente necessarie per consentire al Ministero di tenere un elenco aggiornato dei fornitori di reti e di servizi di comunicazione elettronica, da pubblicare sul proprio Bollettino ufficiale e sul sito Internet. Tale dichiarazione costituisce denuncia di inizio attività e deve essere conforme al modello di cui all'allegato n. 9. L'impresa è abilitata ad iniziare la propria attività a decorrere dall'avvenuta presentazione della dichiarazione e nel rispetto delle disposizioni sui diritti di uso stabilite negli articoli 27, 28 e 29. Ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni, il Ministero, entro e non oltre sessanta giorni dalla presentazione della dichiarazione, verifica d'ufficio la sussistenza dei presupposti e dei requisiti richiesti e dispone, se del caso, con provvedimento motivato da notificare agli interessati entro il medesimo termine, il divieto di prosecuzione dell'attività. Le imprese titolari di autorizzazione sono tenute all'iscrizione nel registro degli operatori di comunicazione di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249

[62]   Secondo quanto stabilito dalla delibera dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni 15 novembre 2001, n. 435/01/CONS (e successive modificazioni).

[63]   In tal caso, si tratta dei requisiti di cui all’articolo 6, commi 1, 3, 4, 6, 8 e 9 della deliberazione dell’Autorità n. 78 del 1° dicembre 1998, ed il termine è dato dalla “attuazione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale”; tali soggetti possono proseguire l’esercizio della radiodiffusione televisiva in tecnica analogica, con i diritti e gli obblighi del concessionario.

[64]   Si applicano i contributi nella misura prevista dall’articolo 5 di tale delibera

[65]   Testualmente l’autorizzazione riguarda “la fornitura di contenuti televisivi e dati destinati alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito regionale e provinciale”

[66]   La disposizione si basa sull’articolo 16, comma 2, lett. c) e d) della legge n. 112/2004.

[67]   L’articolo rinvia, ai fini della definizione dell’ambito “regionale” o “provinciale” , a quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera p), del presente Testo unico. Inoltre, l’autorizzazione deve essere rilasciata secondo i criteri oggettivi di cui all’articolo 12, comma 1, lettera d). Qualora l’operatore di rete televisiva in tecnica digitale in ambito locale abbia richiesto una o più autorizzazioni per lo svolgimento di attività di cui al comma 1, ha diritto a ottenere almeno una autorizzazione che consenta di irradiare nel proprio blocco di programmi televisivi numerici.